Language of document : ECLI:EU:C:2014:256

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

10 aprile 2014 (*)

Indice

I – Contesto normativo

II – Fatti e decisione controversa

III – Ricorsi dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

IV – Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

V – Sulle impugnazioni

A – L’impugnazione della Commissione

1. Sui motivi dal primo al terzo e settimo

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

2. Sulle conseguenze da trarre dalla fondatezza dell’impugnazione della Commissione

B – L’impugnazione della Reyrolle

1. Sul primo motivo, vertente sulla violazione del principio della personalità delle pene e delle sanzioni

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

2. Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

C – L’impugnazione della SEHV e della Magrini

1. Sui primi due motivi, vertenti, rispettivamente, sulla violazione del principio del ne ultra petita e sull’inosservanza dell’autorità della cosa giudicata

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

2. Sulle conseguenze da trarre dalla fondatezza dell’impugnazione della SEHV e della Magrini

VI – Sulle spese

«Impugnazione – Concorrenza – Intesa – Mercato dei progetti relativi ad apparecchiature di comando con isolamento in gas – Responsabilità solidale per il pagamento dell’ammenda – Nozione di impresa – Principi della responsabilità personale e della personalità delle pene e delle sanzioni – Competenza del Tribunale estesa al merito – Regola del ne ultra petita – Principi di proporzionalità e della parità di trattamento»

Nelle cause riunite da C‑231/11 P a C‑233/11 P,

aventi ad oggetto tre impugnazioni ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposte il 13 e il 16 maggio 2011,

Commissione europea, rappresentata da A. Antoniadis, R. Sauer e N. von Lingen, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo (C‑231/11 P),

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Siemens AG Österreich, con sede in Vienna (Austria),

VA Tech Transmission & Distribution GmbH & Co. KEG, con sede in Vienna,

Siemens Transmission & Distribution Ltd, con sede in Manchester (Regno Unito),

Siemens Transmission & Distribution SA, con sede in Grenoble (Francia),

Nuova Magrini Galileo SpA, con sede in Bergamo (Italia),

rappresentate da H. Wollmann e F. Urlesberger, Rechtsanwälte,

ricorrenti in primo grado,

e

Siemens Transmission & Distribution Ltd (C‑232/11 P),

Siemens Transmission & Distribution SA,

Nuova Magrini Galileo SpA (C‑233/11 P),

rappresentate da H. Wollmann e F. Urlesberger, Rechtsanwälte,

ricorrenti,

procedimenti in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da A. Antoniadis, R. Sauer e N. von Lingen, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, K. Lenaerts, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Quarta sezione, M. Safjan, J. Malenovský e A. Prechal (relatore), giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: A. Impellizzeri, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 maggio 2013,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 settembre 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con le loro impugnazioni la Commissione europea, la Siemens Transmission & Distribution Ltd, la Siemens Transmission & Distribution SA e la Nuova Magrini Galileo SpA (in prosieguo, tutt’e tre le società congiuntamente: le «società ricorrenti») chiedono l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 3 marzo 2011, Siemens Österreich e a./Commissione (da T‑122/07 a T‑124/07, Racc. pag. II‑793; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha annullato in parte e riformato la decisione C(2006) 6762 definitivo della Commissione, del 24 gennaio 2007, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo [81 CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/F/38.899 – Apparecchiature di comando con isolamento in gas), pubblicata per estratto nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2008, C 5, pag. 7; in prosieguo: la «decisione controversa»).

I –  Contesto normativo

2        L’articolo 23 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), rubricato «Ammende», è formulato nei termini seguenti:

«(...)

2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 [CE] o dell’articolo 82 [CE] (...)

(...)

3.      Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata.

(...)».

3        A termini dell’articolo 31 di detto regolamento, rubricato «Controllo della Corte di giustizia»:

«La Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata».

II –  Fatti e decisione controversa

4        I fatti all’origine della presente controversia, quali esposti ai punti da 1 a 22 della sentenza impugnata, possono essere riassunti come segue.

5        La controversia verte su un’intesa relativa alla vendita di apparecchiature di comando con isolamento in gas (in prosieguo: le «AIG»), che servono a controllare il flusso di energia in una rete elettrica. Si tratta di apparecchiature elettriche pesanti, utilizzate come componente principale nelle sottostazioni elettriche «chiavi in mano».

6        Ai punti da 1 a 3 della sentenza impugnata, le differenti società implicate nella controversia sono così presentate:

«1      Il 20 settembre 1998 la VA Technologie AG [(in prosieguo: la “VA Technologie”)] ha acquisito una controllata della Rolls-Royce, la Reyrolle Ltd, divenuta VA Tech Reyrolle Ltd, successivamente Siemens Transmission & Distribution Ltd [...] (in prosieguo: la “Reyrolle”). Il 13 marzo 2001 la VA Technologie, tramite una controllata al 100%, la VA Tech Transmission & Distribution GmbH & Co. KEG [...] (in prosieguo: la “KEG”), ha conferito la Reyrolle alla società di nuova creazione VA Tech Schneider High Voltage GmbH (in prosieguo: la “VAS”), nella quale, tramite la sua controllata, essa deteneva il 60% delle quote, mentre le restanti quote erano detenute dalla Schneider Electric SA [(in prosieguo: la “Schneider”)]. Il conferimento di quest’ultima alla VAS consisteva nella Schneider Electric High Voltage SA, divenuta VA Tech Transmission & Distribution SA, successivamente Siemens Transmission & Distribution SA [...] (in prosieguo: la “SEHV”), e nella Nuova Magrini Galileo SpA [...] (in prosieguo: la «Magrini»), precedentemente sue controllate al 100%; la SEHV concentrava, peraltro, a partire dal 1999, le pregresse attività di alta tensione cedute da diverse controllate della Schneider.

2.      Nell’ottobre del 2004 la VA Technologie ha acquisito, tramite la KEG, l’intero capitale sociale della Schneider nel capitale della VAS.

3.      Nel 2005 la Siemens AG [(in prosieguo: la “Siemens”)] ha acquisito il controllo esclusivo del gruppo del quale la società VA Technologie era a capo (in prosieguo: il “gruppo VA Tech”), attraverso un’offerta pubblica d’acquisto lanciata da una controllata, vale a dire [...] la Siemens AG Österreich (in prosieguo: la “Siemens Österreich”). In seguito a tale acquisizione, la VA Technologie e, successivamente, la VAS sono state fuse nella Siemens Österreich».

7        Il 3 marzo 2004 la ABB Ltd (in prosieguo: la «ABB») denunciava alla Commissione l’esistenza di un’intesa nel settore delle AIG e presentava una richiesta orale di immunità dalle ammende ai sensi della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»). Il 25 aprile 2004 la Commissione concedeva alla ABB un’immunità condizionata.

8        Sulla base delle dichiarazioni della ABB, la Commissione avviava un’indagine e, in data 11 e 12 maggio 2004, svolgeva accertamenti presso i locali della Siemens, della Areva T&D SA, del gruppo VA Tech, della Hitachi Ltd nonché della Japan AE Power Systems Corp. (in prosieguo: la «JAEPS»). Il 20 aprile 2006, la Commissione emetteva una comunicazione di addebiti che veniva notificata a 20 diverse società, fra le quali le ricorrenti. Un’audizione delle società interessate aveva luogo il 18 e il 19 luglio 2006.

9        Il 24 gennaio 2007, la Commissione adottava la decisione controversa, che veniva notificata alle 20 società destinatarie della comunicazione di addebiti, vale a dire, oltre alle ricorrenti, alle società Siemens Österreich, KEG, ABB, Alstom SA, Areva SA, Areva T&D AG, Areva T & D Holding SA e Areva T&D SA (in prosieguo, queste ultime quattro società congiuntamente: la «Areva»), Fuji Electric Holdings Co. Ltd e Fuji Electric Systems Co. Ltd (in prosieguo, queste ultime due società insieme: la «Fuji»), Hitachi Ltd e Hitachi Europe Ltd (in prosieguo, queste ultime due società insieme: la «Hitachi»), JAEPS, Schneider, Mitsubishi Electric System Corp. (in prosieguo: la «Mitsubishi») nonché Toshiba Corp. (in prosieguo: la «Toshiba»).

10      Ai punti da 14 a 16 della sentenza impugnata, le caratteristiche dell’intesa, quali constatate nella decisione controversa, sono riassunte come segue:

«14      Ai punti [da] 113 [a] 123 della decisione [controversa], la Commissione ha affermato che le varie imprese partecipanti all’intesa avevano coordinato l’assegnazione dei progetti di [AIG] a livello mondiale, ad eccezione di taluni mercati, in base a regole concordate, volte segnatamente a rispettare quote che riflettevano in ampia misura il valore delle loro quote di mercato storiche. Essa ha precisato che l’attribuzione dei progetti di [AIG] era effettuata sulla base di una quota congiunta “giapponese” e di una quota congiunta “europea”, le quali dovevano essere in seguito ripartite, rispettivamente, tra i produttori giapponesi e tra quelli europei. Un accordo firmato a Vienna [(Austria)] il 15 aprile 1988 (in prosieguo: l’“accordo GQ”) stabiliva norme che consentivano di assegnare i progetti di [AIG] sia ai produttori giapponesi sia ai produttori europei, e di imputare il loro valore alla rispettiva quota. Ai punti [da] 124 [a] 132 della decisione [controversa], la Commissione ha, poi, precisato che le varie imprese partecipanti all’intesa avevano raggiunto un accordo orale (in prosieguo: l’“intesa comune”) in base al quale i progetti di [AIG] in Giappone, da un lato, e nei territori dei membri europei dell’intesa, dall’altro – definiti congiuntamente i “paesi d’origine” dei progetti di [AIG] –, erano riservati, rispettivamente, ai membri giapponesi e ai membri europei dell’intesa. I progetti di [AIG] nei “paesi d’origine” non costituivano oggetto di scambi di informazioni tra i due gruppi e non erano imputati alle rispettive quote.

15      L’accordo GQ prevedeva altresì norme per lo scambio delle informazioni necessarie al funzionamento del cartello tra i due gruppi di produttori, il quale era assicurato in particolare dai segretari di detti gruppi, per la manipolazione delle procedure di gara e per la fissazione dei prezzi dei progetti di [AIG] che non potevano essere assegnati. Ai termini del suo allegato 2, l’accordo GQ si applicava al mondo intero, eccezion fatta per Stati Uniti, Canada, Giappone e 17 paesi dell’Europa occidentale. Inoltre, in forza dell’intesa comune, i progetti di [AIG] nei paesi europei diversi dai “paesi d’origine” erano parimenti riservati al gruppo europeo, mentre i produttori giapponesi si impegnavano a non presentare offerte per i progetti di [AIG] in Europa.

16      Secondo la Commissione, la ripartizione dei progetti di [AIG] tra i produttori europei era disciplinata da un accordo firmato anch’esso a Vienna il 15 aprile 1988, intitolato “E-Group Operation Agreement for GQ ‑ Agreement” (Accordo operativo del gruppo E ai fini dell’accordo GQ) (...). Essa ha precisato che l’assegnazione dei progetti di [AIG] in Europa seguiva le stesse regole e procedure applicabili all’assegnazione dei progetti di [AIG] in altri paesi. In particolare, anche i progetti di [AIG] in Europa dovevano essere notificati, elencati, ripartiti, gestiti oppure attribuiti ad un prezzo minimo».

11      Al termine delle constatazioni di fatto e di diritto la Commissione concludeva, nella decisione controversa, che le imprese implicate avevano infranto gli articoli 81 CE e 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»), e infliggeva loro ammende calcolate secondo il metodo illustrato negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65 paragrafo 5, del Trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «Orientamenti»), nonché della comunicazione sulla cooperazione.

12      La Commissione decideva che, in applicazione della comunicazione sulla cooperazione, occorreva accogliere la domanda di immunità dell’ABB, mentre andavano respinte le singole domande di clemenza, fra cui quella presentata dal gruppo VA Tech.

13      Gli articoli 1 e 2 della decisione controversa dispongono quanto segue:

«Articolo 1

Hanno infranto [gli articoli 81 CE e 53 dell’accordo SEE] partecipando, ciascuna durante i periodi indicati, ad una serie di accordi e pratiche concordate nel settore delle [AIG] nello [Spazio economico europeo (SEE)], le imprese seguenti:

(...)

m)      [Magrini], dal 15 aprile 1988 al 13 dicembre 2000 e dal 1o aprile 2002 all’11 maggio 2004;

n)      [Schneider], dal 15 aprile 1988 al 13 dicembre 2000;

(...)

p)      [Siemens Österreich], dal 20 settembre 1998 al 13 dicembre 2000 e dal 1° aprile 2002 all’11 maggio 2004;

q)      [Reyrolle], dal 15 aprile 1988 al 13 dicembre 2000 e dal 1°aprile 2002 all’11 maggio 2004;

r)      [SEHV], dal 15 aprile 1988 al 13 dicembre 2000 e dal 1° aprile 2002 all’11 maggio 2004;

(...)

t)      [KEG], dal 20 settembre 1998 al 13 dicembre 2000 e dal 1° aprile 2002 all’11 maggio 2004.

Articolo 2

Per le infrazioni di cui all’articolo 1, sono inflitte le seguenti ammende:

(...)

j)      [Schneider] (...): EUR 3 600 000;

k)      [Schneider] (...), congiuntamente e disgiuntamente con [SEHV] e [Magrini]: EUR 4 500 000;

l)      [Reyrolle]: EUR 22 050 000, di cui:

i)      congiuntamente e disgiuntamente con [SEHV] e [Magrini]: EUR 17 550 000; e

ii)      congiuntamente e disgiuntamente con [Siemens Österreich] e [KEG]: EUR 12 600 000;

(...)».

III –  Ricorsi dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

14      Risulta dai punti 33, 34 e 229 della sentenza impugnata che, a sostegno delle loro conclusioni di annullamento, le ricorrenti avevano sollevato due motivi.

15      Il primo motivo verteva su una violazione degli articoli 81, paragrafo 1, CE, e 53, paragrafo 1, dell’accordo SEE nonché degli articoli 23, paragrafi 2 e 3, e 25 del regolamento n. 1/2003. Tale motivo si articolava in quattro capi vertenti, il primo, sul difetto di prova dell’infrazione allegata, il secondo, su errori di valutazione quanto alla durata della medesima, il terzo, sulla sproporzione dell’ammenda inflitta e, il quarto, sulla prescrizione dell’infrazione allegata per il periodo anteriore al 16 luglio 1998.

16      Il secondo motivo verteva su una violazione delle forme sostanziali e del diritto al contraddittorio, in particolare il diritto dei ricorrenti di interrogare i testimoni a carico, quale discende dall’articolo 6, paragrafo 3, lettera d), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.

17      Il Tribunale ha sostanzialmente confermato l’esistenza dell’infrazione quale constatata dalla Commissione nella decisione controversa nonché l’importo dell’ammenda complessivamente inflitta al gruppo VA Tech, vale a dire la somma degli importi da pagare per ciascuna delle società appartenenti a detto gruppo.

18      Pur avendo ridotto la durata dell’infrazione commessa dalle società del gruppo VA Tech scomputando il periodo compreso tra il 1° aprile e il 30 giugno 2002 e avendo corrispondentemente annullato la decisione controversa (punti da 63 a 72 e 236 della sentenza impugnata nonché punto 1 del dispositivo), il Tribunale ha di seguito constatato, nell’ambito della sua competenza estesa al merito, che, in applicazione degli Orientamenti, tale riduzione della durata dell’infrazione non influiva sull’importo dell’ammenda inflitta a dette società (punto 261 della medesima sentenza).

19      Tuttavia, al punto 166 della sentenza impugnata, al termine del ragionamento esposto ai precedenti punti da 137 a 165, il Tribunale ha constatato che, considerando solidalmente responsabili la Reyrolle, la SEHV e la Magrini del pagamento di un’ammenda il cui importo è chiaramente superiore alla loro responsabilità comune, non considerando solidalmente responsabili la Siemens Österreich e la KEG del pagamento di una parte dell’ammenda inflitta alla SEHV e alla Magrini e non ponendo a carico esclusivo della Reyrolle una parte dell’ammenda inflittale, la Commissione aveva violato il principio della personalità delle pene e delle sanzioni.

20      Al punto 167 della medesima sentenza il Tribunale ha pertanto concluso che occorreva annullare l’articolo 2 della decisione controversa relativamente al calcolo dell’ammenda a carico della SEHV e della Magrini e alla determinazione degli importi che le ricorrenti dovevano pagare in solido.

21      Ai punti da 236 a 264 della sentenza impugnata, il Tribunale, esercitando la sua competenza estesa al merito, ha riformato le ammende inflitte alle ricorrenti fissando altresì, per tali differenti ammende, la quota a carico di ciascuna delle società nei rapporti fra i debitori in solido, conformemente ai principi enunciati ai punti 158 e 159 della medesima sentenza.

22      Al punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata, il Tribunale ha perciò dichiarato nullo l’articolo 2, lettere j), k) e l), della decisione controversa fissando, al punto 3 del medesimo dispositivo, le seguenti ammende:

«–      alla [SEHV] e alla [Magrini], in solido con la [Schneider]: EUR 8 100 000;

–      alla [Reyrolle], in solido con la [Siemens Österreich], la [KEG], la [SEHV] e la [Magrini]: EUR 10 350 000;

–      alla [Reyrolle], in solido con la [Siemens Österreich] e la [KEG]: EUR 2 250 000.

–      alla [Reyrolle]: EUR 9 450 000».

IV –  Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

23      Con la sua impugnazione, la Commissione chiede alla Corte di voler:

–        in via principale, annullare il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata, in quanto esso si fonda sulla constatazione del Tribunale, al punto 157 di detta sentenza, secondo cui la Commissione è tenuta a determinare per ciascuna società appartenente ad una stessa impresa la sua quota del pagamento per il quale le società appartenenti a detta unica impresa sono condannate in solido, nonché annullare il punto 3 del medesimo dispositivo, in quanto il Tribunale, con le considerazioni formulate al punto 158 della stessa sentenza e ai successivi punti 245, 247, 262 e 263, vi fissa nuovi importi di ammenda e determina la quota di tali importi a carico di ciascuna società;

–        in subordine, annullare la sentenza impugnata in quanto al punto 157 impone alla Commissione l’obbligo di determinare per ciascuna società appartenente ad una medesima impresa la sua quota del pagamento per il quale le società facenti parte di tale unica impresa sono condannate in solido, nonché annullare detta sentenza nella misura in cui il Tribunale, con le considerazioni formulate al suo punto 158 congiuntamente ai successivi punti 245, 247, 262 e 263, vi determina la quota dell’importo delle ammende a carico di ciascuna società modificando, in tal modo, la decisione controversa;

–        respingere i ricorsi nelle cause T‑122/07, T‑123/07 e T‑124/07 nella parte in cui sono diretti all’annullamento dell’articolo 2, lettere j), k) e l), della decisione controversa;

–        condannare le convenute in secondo grado e ricorrenti nella causa dinanzi al Tribunale alle spese dell’impugnazione nonché della causa di primo grado.

24      La Reyrolle, la SEHV e la Magrini chiedono alla Corte di voler:

–        respingere l’impugnazione e

–        dare integralmente seguito alle loro domande.

25      Con la sua impugnazione, la Reyrolle chiede alla Corte di voler:

–        modificare il punto 3, quarto trattino, del dispositivo della sentenza impugnata riducendo l’ammenda ivi inflitta alla Reyrolle di almeno EUR 7 400 000;

–        in subordine, annullare il punto 3 del dispositivo di detta sentenza nella parte che la riguarda e rinviare la causa al Tribunale;

–        in ogni caso, condannare la Commissione alle spese.

26      Con le loro impugnazioni, la SEHV e la Magrini chiedono alla Corte di voler:

–        annullare il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata nella parte in cui dichiara nullo l’articolo 2, lettere j) e k), della decisione controversa;

–        annullare il punto 3, primo trattino, del dispositivo della sentenza impugnata, confermare l’articolo 2, lettere j) e k), della decisione controversa e dichiarare, con riguardo all’articolo 2, lettera k), di tale decisione, che ognuno dei debitori solidali deve farsi carico di un terzo dell’importo di EUR 4 500 000;

–        in subordine, annullare il punto 3, primo trattino, del dispositivo della sentenza impugnata e rinviare la causa al Tribunale;

–        in ogni caso, condannare la Commissione alle spese.

27      La Commissione chiede alla Corte di voler:

–        respingere in toto i ricorsi della Reyrolle, della SEHV e della Magrini, e

–        condannare le società ricorrenti alle spese.

28      Con ordinanza del presidente della Corte del 1° luglio 2011, le cause da C‑231/11 P a C‑233/11 P sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento, nonché della sentenza.

V –  Sulle impugnazioni

A –  L’impugnazione della Commissione

29      La Commissione adduce sette motivi d’annullamento a sostegno della sua impugnazione, vertenti su una violazione, rispettivamente, dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003, della competenza estesa al merito del Tribunale, dei principi della responsabilità personale e della personalità delle pene e delle sanzioni, del principio del ne ultra petita, del principio del contraddittorio, dell’obbligo di motivazione e del potere discrezionale della Commissione nella determinazione dei soggetti giuridici cui imputare la responsabilità di un’infrazione.

30      Occorre esaminare congiuntamente i primi tre motivi e il settimo.

1.     Sui motivi dal primo al terzo e settimo

a)     Argomenti delle parti

31      Con il primo motivo la Commissione contesta al Tribunale di aver infranto l’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 interpretando tale disposizione nel senso che quest’ultima le conferisce il potere, se non l’obbligo, di determinare la quota rispettiva dei diversi debitori ai fini del pagamento dell’ammenda al quale i medesimi sono tenuti in solido nei suoi propri confronti per l’infrazione commessa dall’impresa di cui facevano parte.

32      Il potere di infliggere un’ammenda di cui dispone la Commissione ai sensi della suddetta disposizione verterebbe solo sul rapporto esterno di solidarietà, vale a dire sul rapporto tra la Commissione e i destinatari della decisione che sono tenuti in solido al pagamento dell’ammenda in quanto parti di una sola ed unica impresa, e non sul rapporto interno fra i diversi condebitori solidali.

33      Il potere della Commissione di condannare in solido più società al pagamento di un’ammenda discenderebbe direttamente dalla responsabilità delle «imprese». Per contro, non si può dedurre dalla nozione di impresa una competenza più ampia che consenta alla Commissione di determinare i rapporti giuridici fra i condebitori in solido.

34      Con il secondo motivo la Commissione fa valere che il Tribunale, interpretando l’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 nel senso che esso ingloba il potere, se non l’obbligo, di regolare la questione dei rapporti interni tra debitori solidali, e avendo, su tale base, concretamente determinato le quote delle diverse società ricorrenti, ha travalicato i poteri che la sua competenza estesa al merito gli conferisce, giacché tale competenza concerne solo il rapporto esterno tra la Commissione e l’impresa alla quale è inflitta un’ammenda.

35      Con il terzo motivo la Commissione lamenta che il Tribunale abbia dichiarato, al punto 153 della sentenza impugnata, che il principio della personalità delle pene e delle sanzioni impone che ciascun destinatario della decisione condannato a pagare un’ammenda in solido debba poter dedurre la quota a suo carico nei rapporti interni con i condebitori in solido, una volta che sia stato effettuato il pagamento alla Commissione.

36      Tale principio, al pari del principio della responsabilità personale, si applicherebbe all’impresa in quanto tale e non alle differenti entità giuridiche che la compongono.

37      Il principio della personalità delle pene e delle sanzioni richiederebbe che la Commissione esamini, nel fissare l’importo delle ammende, la gravità relativa della partecipazione di ciascuna delle imprese che hanno commesso un’infrazione, sul fondamento del comportamento individuale delle imprese interessate e, all’occorrenza, delle circostanze aggravanti o attenuanti.

38      Con il settimo motivo la Commissione sostiene che il punto 150 della sentenza impugnata, nella misura in cui può essere interpretato nel senso che essa sarebbe tenuta a condannare al pagamento in solido dell’ammenda tutte le entità che possano essere considerate responsabili della partecipazione a un’infrazione commessa da un’impresa, non tiene conto della libertà di scelta di cui dispone tale istituzione al riguardo.

b)     Giudizio della Corte

39      Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza, commettano un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 CE o dell’articolo 82 CE.

40      Nell’ambito del suo primo motivo la Commissione contesta al Tribunale di aver dichiarato, al punto 157 della sentenza impugnata, che spetta esclusivamente alla Commissione, nell’esercizio del suo potere di infliggere ammende, in virtù dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, «determinare i rispettivi importi pro quota delle diverse società a cui queste ultime sono state condannate in solido, in quanto appartenenti ad una medesima impresa, e [che] tale compito non può essere affidato ai tribunali nazionali».

41      A tale riguardo occorre ricordare che il diritto della concorrenza dell’Unione concerne le attività delle imprese (v., in particolare, sentenze dell’8 maggio 2013, ENI/Commissione, C‑508/11 P, punto 82, e dell’11 luglio 2013, Commissione/Stichting Administratiekantoor Portielje, C‑440/11 P, punto 36 e giurisprudenza citata).

42      Per designare l’autore – sanzionabile in applicazione degli articoli 81 CE e 82 CE – di un’infrazione al diritto della concorrenza, gli autori dei trattati hanno scelto di utilizzare la nozione di impresa e non nozioni come quella di società o di persona giuridica, utilizzata, in particolare all’articolo 48 CE (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, punto 102).

43      Secondo giurisprudenza costante, la nozione di impresa comprende qualsiasi soggetto eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico del medesimo e dalle sue modalità di finanziamento. Tale nozione dev’essere intesa nel senso che essa designa un’unità economica ancorché, dal punto di vista giuridico, tale unità sia costituita da più persone fisiche o giuridiche (v., in particolare, sentenza del 19 luglio 2012, Alliance One International e Standard Commercial Tobacco/Commissione, C‑628/10 P e C‑14/11 P, punto 42 e giurisprudenza citata).

44      Laddove violi le regole dettate in materia di concorrenza, tale entità economica è tenuta, secondo il principio della responsabilità personale, a rispondere dell’infrazione (v., in particolare, citate sentenze Alliance One International e Standard Commercial Tobacco/Commissione, punto 42, nonché Commissione/Stichting Administratiekantoor Portielje, punto 37 e giurisprudenza citata).

45      In tale contesto, occorre ricordare che, in determinate circostanze, una persona giuridica che non abbia commesso un’infrazione al diritto della concorrenza può nondimeno essere sanzionata per il comportamento illecito di un’altra persona giuridica allorché tali persone facciano tutte e due parte della stessa entità economica e formino così l’impresa che ha infranto l’articolo 81 CE.

46      Risulta, infatti, da giurisprudenza costante che il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante segnatamente quando, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra tali due enti giuridici (v., in particolare, sentenza Commissione/Stichting Administratiekantoor Portielje, cit., punto 38 e giurisprudenza citata).

47      Anche se, nell’ambito di una relazione capitalistica verticale di questo tipo, la società controllante in causa è ritenuta aver commesso essa stessa l’infrazione alle regole di concorrenza del diritto dell’Unione, la sua responsabilità per l’infrazione è interamente derivata da quella della controllata (v., in tal senso, sentenze del 22 gennaio 2013, Commissione/Tomkins, C‑286/11 P, punti 43 e 49, e del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, punto 55).

48      La Commissione sarà indi in condizione di considerare la società controllante come solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla controllata (v., in particolare, sentenza del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, Racc. pag. I‑2239, punto 98).

49      A buon diritto il Tribunale ha dunque dichiarato, al punto 150 della sentenza impugnata, che, secondo la giurisprudenza, quando più persone possono essere considerate personalmente responsabili della partecipazione a un’infrazione di una sola ed unica impresa, ai sensi del diritto della concorrenza, esse devono essere considerate solidalmente responsabili di detta infrazione.

50      Va respinta la censura mossa dalla Commissione contro il punto 150 suddetto, nell’ambito del suo settimo motivo, dal momento che da detto punto, contestualizzato e letto alla luce della giurisprudenza ivi citata, non discende che la Commissione sia effettivamente tenuta a condannare in solido ad un’ammenda tutti i soggetti che possono essere ritenuti personalmente responsabili della partecipazione a un’infrazione commessa da una sola ed unica impresa.

51      Quando la Commissione intende avvalersi, infatti, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, della facoltà di condannare in solido ad un’ammenda più persone giuridiche facenti parte di una sola ed unica impresa responsabile dell’infrazione, la determinazione da parte sua dell’importo di tale ammenda, siccome procede dall’applicazione, in un caso specifico, della nozione di impresa, la quale è una nozione del diritto dell’Unione, è soggetta a determinati obblighi che impongono si tenga debito conto delle caratteristiche dell’impresa di cui trattasi, quale era costituita durante il periodo in cui è stata commessa l’infrazione.

52      Allorché determina il rapporto esterno di solidarietà, la Commissione, in particolare, è tenuta a rispettare il principio della personalità delle pene e delle sanzioni, ai sensi del quale, conformemente all’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, l’importo dell’ammenda inflitta deve essere fissato in funzione della gravità dell’infrazione individualmente contestata all’impresa in questione e della sua durata.

53      Al riguardo, occorre ricordare che tra i fattori che possono entrare nella valutazione della gravità dell’infrazione, ed essere perciò presi in considerazione per personalizzare l’ammenda inflitta all’entità economica di cui trattasi, figurano il comportamento di ciascuna delle imprese interessate, il ruolo svolto da ognuna di loro nell’attuare gli accordi o le pratiche concordate, il vantaggio che esse hanno potuto trarre da tali accordi o pratiche, le loro dimensioni e il valore delle merci in questione nonché la minaccia che infrazioni di questo tipo costituiscono per gli scopi dell’Unione (sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 242).

54      In tale contesto, il Tribunale ha peraltro dichiarato a buon diritto, da un lato, al punto 153 della sentenza impugnata, che la Commissione non può determinare liberamente gli importi da pagare in solido e, dall’altro, al punto 154 della medesima sentenza, che, nel caso di specie, quest’ultima doveva tenere conto delle constatazioni da essa stessa svolte, al punto 468 della decisione controversa, riguardo alla responsabilità delle diverse imprese per i periodi di infrazione che le riguardavano.

55      Se è vero che la decisione sanzionatoria della Commissione deve necessariamente essere indirizzata alle persone giuridiche costituenti un’impresa, tale obbligo, che presenta un carattere puramente pratico, non implica che, quando la Commissione si avvale della facoltà di condannare in solido ad un’ammenda più persone giuridiche giacché formavano una sola impresa al momento della commissione dell’infrazione, le regole e i principi di diritto della concorrenza dell’Unione siano applicabili non solo all’impresa interessata, ma anche alle persone giuridiche che la compongono.

56      Discende da quanto sopra che le regole del diritto della concorrenza dell’Unione, comprese quelle relative al potere sanzionatorio della Commissione, nonché i principi del diritto dell’Unione della responsabilità personale per l’infrazione e della personalità delle pene e delle sanzioni, da osservare in occasione dell’esercizio di tale potere sanzionatorio, riguardano solo l’impresa in quanto tale e non le persone fisiche o giuridiche che ne fanno parte.

57      In particolare, la nozione del diritto dell’Unione di solidarietà nel pagamento dell’ammenda, essendo semplicemente la manifestazione di un effetto di pieno diritto della nozione di impresa, riguarda solo l’impresa e non le società che la compongono.

58      Benché, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione possa condannare in solido a un’ammenda più società se appartenevano ad una sola ed unica impresa, né il testo di tale disposizione né l’obiettivo del meccanismo di solidarietà consentono di considerare che tale potere sanzionatorio comprenda, al di là della determinazione del rapporto esterno di solidarietà, quello di stabilire le quote dei debitori in solido nei loro rapporti interni.

59      Al contrario, il meccanismo della solidarietà costituisce uno strumento giuridico supplementare a disposizione della Commissione inteso a rafforzare l’efficacia dell’azione della medesima nella riscossione delle ammende inflitte per infrazioni al diritto della concorrenza, giacché tale meccanismo riduce, per la Commissione in quanto creditore del debito costituito da tali ammende, il rischio di insolvenza; ciò concorre all’obiettivo di dissuasione che è generalmente perseguito dal diritto della concorrenza, come lo stesso Tribunale ha del resto affermato, sostanzialmente e giustamente, al punto 151 della sentenza impugnata (v. anche, per analogia, sentenza del 17 febbraio 2011, Berel e a., C‑78/10, Racc. pag. I‑717, punto 48).

60      Orbene, la determinazione, nel rapporto interno tra debitori in solido, delle quote di questi ultimi non persegue questo duplice obiettivo. Si tratta, infatti, di una questione che interviene in un momento successivo e che, in linea di principio, non presenta più interesse per la Commissione, una volta che la totalità dell’ammenda le sia stata pagata da uno o più di tali debitori.

61      Inoltre, né il regolamento n. 1/2003 né il diritto dell’Unione in generale comportano regole che consentano di risolvere una tale questione, relativa alla ripartizione interna del debito al cui pagamento le società considerate sono tenute in solido (v., per analogia, sentenza Berel e a., cit., punti 42 e 43).

62      In tali circostanze, ove le quote dei debitori di un’ammenda alla quale questi ultimi sono stati condannati in solido non siano state fissate contrattualmente, spetta ai giudici nazionali determinarle, nel rispetto del diritto dell’Unione, mettendo in atto il diritto nazionale applicabile alla controversia.

63      Pertanto, l’obbligo di leale cooperazione con le autorità giudiziarie degli Stati membri, che incombe alla Commissione ai sensi dell’articolo 4 TUE, s’impone nell’ambito delle azioni giudiziarie dinanzi ai tribunali nazionali, sebbene tali azioni debbano, in linea di principio, essere decise sulla base del diritto nazionale vigente. Infatti, da un lato, la decisione della Commissione che dispone una condanna in solido al pagamento di un’ammenda, nella misura in cui identifica i debitori in solido e determina l’importo massimo che la Commissione può richiedere loro individualmente, fissa il quadro giuridico nel quale devono essere decise tali azioni. Dall’altro lato, la Commissione è in grado di disporre di elementi pertinenti per la determinazione delle quote dei debitori.

64      Alla luce di quanto precede, il Tribunale è incorso in un errore di diritto statuendo, al punto 157 della sentenza impugnata, che spetta esclusivamente alla Commissione, nell’esercizio del suo potere di infliggere ammende, in virtù dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, «determinare i rispettivi importi pro quota delle diverse società a cui queste ultime sono state condannate in solido, in quanto appartenenti ad una medesima impresa, e [che] tale compito non può essere affidato ai tribunali nazionali».

65      Ne consegue parimenti che il Tribunale è incorso in altri errori di diritto, in primo luogo, enunciando, ai punti da 153 a 159 della sentenza impugnata, taluni principi relativi al rapporto interno di solidarietà.

66      Anzitutto, come già affermato al punto 56 della presente sentenza, siccome il principio della personalità delle pene e delle sanzioni concerne solo l’impresa in quanto tale e non le persone fisiche e giuridiche che ne fanno parte, il Tribunale è incorso in errore di diritto statuendo, al punto 153 della sentenza impugnata, che da tale principio deriva che ciascuna società deve poter dedurre, dalla decisione che le impone un’ammenda da pagare in solido con una o più altre società, la quota che dovrà sopportare nei rapporti con i condebitori in solido, una volta che sia stato effettuato il pagamento alla Commissione.

67      Dopodiché, come affermato già al punto 62 della presente sentenza, siccome spetta ai giudici nazionali determinare, nel rispetto del diritto dell’Unione, le quote dei debitori di un’ammenda inflitta in solido facendo applicazione del diritto nazionale vigente, il Tribunale è incorso in un errore di diritto statuendo, al punto 155 della sentenza impugnata, da un lato, che la nozione di solidarietà nel pagamento delle ammende è una nozione autonoma da interpretare alla luce degli obiettivi e del sistema del diritto della concorrenza in cui rientra ed, eventualmente, dei principi generali desumibili dal complesso degli ordinamenti giuridici nazionali e, dall’altro, che, sebbene la natura dell’obbligo di pagamento gravante sulle società alle quali la Commissione ha inflitto in solido le ammende, a causa di un’infrazione al diritto dell’Unione in materia di concorrenza, differisca da quella dei condebitori di un’obbligazione di diritto privato, occorre fare riferimento, in particolare, al regime giuridico dell’obbligazione solidale.

68      Peraltro, atteso che il potere sanzionatorio della Commissione verte solo sulla determinazione del rapporto esterno di solidarietà, il Tribunale è incorso in un errore di diritto altresì quando ha dichiarato, al punto 156 della sentenza impugnata, che la decisione con cui la Commissione impone a più società il pagamento solidale di un’ammenda produce necessariamente tutti gli effetti derivanti, ipso iure, dal regime giuridico del pagamento delle ammende nel diritto della concorrenza, e ciò tanto nei rapporti tra il creditore e i condebitori solidali quanto nei rapporti dei condebitori solidali fra loro.

69      Infine, i punti 158 e 159 della sentenza impugnata sono viziati da un errore di diritto dove il Tribunale ha in sostanza affermato che, qualora non sia constatato, nella decisione della Commissione che sanziona più società in solido, che, nell’ambito di una sola ed unica impresa, alcune società sono maggiormente responsabili rispetto ad altre della partecipazione di detta impresa all’intesa per un periodo determinato, si deve supporre che esse siano responsabili nella stessa misura e, pertanto, che la quota degli importi loro imposti in solido sia uguale.

70      In realtà, il diritto dell’Unione non prescrive una tale regola di responsabilità per quote uguali applicabile per difetto, dato che, com’è stato affermato al punto 62 della presente sentenza, le quote dei debitori di un’ammenda che risultano da una condanna in solido devono, nel rispetto del diritto dell’Unione, essere determinate in applicazione del diritto nazionale.

71      Si deve pertanto sottolineare che, in linea di principio, il diritto dell’Unione non osta alla ripartizione interna di una tale ammenda effettuata secondo una regola del diritto nazionale che determini le quote dei condebitori in solido tenendo conto della loro responsabilità o della loro colpevolezza relativa nella commissione dell’infrazione contestata all’impresa di cui facevano parte, corredata, all’occorrenza, di una regola applicabile per difetto la quale preveda che, se non può essere dimostrato dalle società che vorrebbero una ripartizione per quote disuguali che determinate società siano più responsabili di altre per la partecipazione di detta impresa all’intesa per un dato periodo, le società in questione debbano essere ritenute responsabili in parti uguali.

72      In secondo luogo, anche i punti 245, 247, 262 e 263 della sentenza impugnata contestati dalla Commissione sono viziati da errore di diritto, là dove il Tribunale determina, nell’esercizio della competenza estesa al merito che gli è riconosciuta, conformemente all’articolo 261 TFUE, dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, la quota dell’importo delle ammende che deve essere sopportata da ciascuna società facente parte dell’impresa in causa nel periodo di infrazione considerato.

73      Infatti, per procedere, ai detti punti della sentenza impugnata, a tale ripartizione interna, il Tribunale si è espressamente basato sulle considerazioni svolte ai punti 158 e 159 della medesima sentenza. Orbene, come è stato precisato al punto 70 della presente sentenza, tali considerazioni, in quanto consacrano una regola di responsabilità per parti uguali applicabile per difetto, che prevedrebbe il diritto dell’Unione, contengono un errore di diritto.

74      Peraltro, come emerge dalla presente sentenza, dato che il potere sanzionatorio di cui dispone la Commissione ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 non comporta quello di ripartire l’ammenda inflitta tra i debitori in solido nell’ambito dei loro rapporti interni, una volta che quest’ultima sia stata integralmente pagata e, di conseguenza, la Commissione tacitata, neppure il Tribunale può disporre di un tale potere di ripartizione nell’ambito della sua competenza estesa al merito, quale riconosciutagli dall’articolo 31 del medesimo regolamento, per estinguere, ridurre o aumentare detta ammenda.

75      Siccome, infatti, per giurisprudenza costante, la competenza di merito riconosciuta al Tribunale gli permette di sostituire la sua valutazione a quella della Commissione (v., in particolare, sentenza del 26 settembre 2013, Alliance One International/Commissione, C‑679/11 P, punto 104 e giurisprudenza citata), tale competenza non può estendersi a valutazioni che non rientrano nel potere sanzionatorio della Commissione.

76      Risulta dall’insieme delle considerazioni sopra svolte che i primi tre motivi della Commissione devono essere accolti, mentre il settimo va respinto.

77      Occorre quindi accogliere l’impugnazione della Commissione, senza che la Corte debba esaminare i motivi quarto, quinto e sesto. Infatti, tali motivi presentano un carattere strettamente sussidiario rispetto ai primi tre, essendo fondati sulla premessa che questi ultimi siano respinti dalla Corte. Del resto, se fossero accolti, tali motivi non potrebbero condurre ad un annullamento della sentenza impugnata ulteriore rispetto a quello che discende dalla fondatezza dei primi tre.

2.     Sulle conseguenze da trarre dalla fondatezza dell’impugnazione della Commissione

78      Si deve anzitutto constatare che la fondatezza dell’impugnazione della Commissione non è in grado di comportare l’annullamento del punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata, da essa richiesto in via principale.

79      Emerge, infatti, dai punti da 137 a 167 nonché dal punto 237 della sentenza impugnata che il Tribunale ha annullato l’articolo 2 della decisione controversa, là dove calcola l’importo dell’ammenda a carico della SEHV e della Magrini e determina gli importi di ammenda che le ricorrenti devono pagare in solido, per il triplice ordine di motivi che, ritenendo solidalmente responsabili la Reyrolle, la SEHV e la Magrini del pagamento di un’ammenda di importo chiaramente eccedente la loro responsabilità comune, non ritenendo solidalmente responsabili la Siemens Österreich e la KEG del pagamento di una parte dell’ammenda inflitta alla SEHV e alla Magrini e non facendo sopportare alla Reyrolle da sola una parte dell’ammenda inflittale, la Commissione aveva violato il principio della personalità delle pene e delle sanzioni.

80      Ora, come ha osservato già l’avvocato generale al paragrafo 27 delle conclusioni, questo triplice ordine di motivi, del resto non contestato dalla Commissione dinanzi alla Corte, sul quale si è fondato il Tribunale per annullare l’articolo 2 della decisione controversa, non deriva dall’applicazione dei principi relativi al rapporto interno di solidarietà, quali enunciati ai punti da 153 a 159 della sentenza impugnata e oggetto del presente ricorso della Commissione.

81      Al contrario, detti motivi derivano dall’applicazione dei principi che reggono il rapporto esterno di solidarietà, ossia la responsabilità di ciascuna delle società per il pagamento integrale alla Commissione dell’ammenda inflitta all’impresa di cui esse facevano parte allorché è stata commessa l’infrazione, quali ricordati dal Tribunale ai punti da 148 a 152, alla prima frase del punto 153 nonché al punto 154 della sentenza impugnata, i quali non sono viziati da alcun errore di diritto, come emerge dai punti 49, 54, 57 e 59 della presente sentenza.

82      Per contro, la fondatezza dei primi tre motivi invocati dalla Commissione comporta l’annullamento del punto 3 del dispositivo della sentenza impugnata, come pure chiede la stessa istituzione, dal momento che dai punti 245, 247, 262 e 263 di tale sentenza discende espressamente che la determinazione delle quote delle società in causa nel loro rapporto interno, effettuata dal Tribunale nell’esercizio della sua competenza estesa al merito sulla base dei principi relativi alla ripartizione interna del debito solidale enunciati ai punti 158 e 159 di detta sentenza, fa parte delle considerazioni sulle quali si è basato il Tribunale per riformare e poi irrogare le ammende enumerate al punto 3 del dispositivo della medesima sentenza.

83      Ne consegue che il punto 3 del dispositivo della sentenza impugnata deve essere annullato in quanto implica la fissazione di quote degli importi delle ammende ai quali le ricorrenti in primo grado sono state condannate in solido.

84      Siccome i ricorsi restano respinti per il resto, conformemente al punto 4 del dispositivo della sentenza impugnata, non vi è motivo di dar seguito alla domanda della Commissione di rigetto dei ricorsi nelle cause T‑122/07, T‑123/07 e T‑124/07 per quanto concerne l’annullamento dell’articolo 2, lettere j), k) e l), della decisione controversa richiesto dalle ricorrenti in primo grado.

B –  L’impugnazione della Reyrolle

85      A sostegno della sua impugnazione la Reyrolle adduce due motivi, vertenti sulla violazione, il primo, del principio della personalità delle pene e delle sanzioni e, il secondo, dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità.

1.     Sul primo motivo, vertente sulla violazione del principio della personalità delle pene e delle sanzioni

a)     Argomenti delle parti

86      Con il primo motivo la Reyrolle sostiene che il Tribunale ha violato il principio della personalità delle pene e delle sanzioni in quanto, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, non ha tenuto conto dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 sanzionando l’impresa costituita dalla Rolls-Royce e dalla Reyrolle per il periodo compreso tra il 1988 e il 1998 non sul fondamento della situazione di tale impresa, bensì in funzione del potere economico di un’unità economica nata solo parecchi anni più tardi, con la vendita della Reyrolle alla VA Technologie.

87      La Reyrolle è dell’avviso che il Tribunale non avrebbe dovuto calcolare un unico importo di partenza prendendo in considerazione il volume di affari e la quota di mercato dell’impresa costituita dal gruppo VA Tech, bensì determinare un importo di partenza distinto per la Reyrolle a titolo del periodo anteriore, durante il quale, com’è stato precisato al punto 6 della presente sentenza, essa costituiva una controllata dell’impresa Rolls-Royce, ossia il periodo dal 15 aprile 1988 al 20 settembre 1998.

88      Secondo la Reyrolle, l’importo di partenza, per il periodo anteriore alla sua vendita alla VA Technologie, avrebbe dovuto essere determinato sulla base della quota di mercato dell’impresa costituita dalla Rolls-Royce e dalla Reyrolle e del solo fatturato di tale impresa. Così, l’ammenda totale inflitta alla Reyrolle avrebbe dovuto arrivare al massimo a EUR 2,05 milioni.

89      La Commissione ritiene tale motivo infondato. A suo avviso, non era giustificato determinare un importo di partenza a se stante per il periodo durante il quale la Reyrolle faceva parte dell’impresa Rolls-Royce, giacché nessuna infrazione poteva essere rimproverata alla sua controllante. In ogni caso, anche a convenire su un importo di partenza distinto, l’ammenda, in base ai dati a disposizione, aumenterebbe anziché diminuire.

b)     Giudizio della Corte

90      La Reyrolle afferma che il principio della personalità delle pene e delle sanzioni esige che, siccome, durante il periodo della sua partecipazione all’intesa in causa, essa ha fatto parte di volta in volta di due imprese diverse – prima la Rolls-Royce e poi l’impresa costituita dal gruppo VA Tech –, l’ammenda di EUR 9 450 000 che il Tribunale le ha inflitto a titolo individuale al punto 3, ultimo trattino, del dispositivo della sentenza impugnata, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, avrebbe dovuto essere calcolata sulla base di due importi di partenza distinti per le due imprese in questione, che coprissero i due periodi di infrazione successivi, durante i quali essa è appartenuta prima all’una e poi all’altra impresa.

91      Com’è stato già affermato al punto 52 della presente sentenza, il principio della personalità delle pene e delle sanzioni richiede che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, l’importo dell’ammenda sia determinato in funzione della gravità dell’infrazione contestata individualmente all’impresa in questione e della sua durata. Tale principio si applica altresì quando, come nella fattispecie, è il Tribunale che determina l’importo dell’ammenda nell’esercizio della sua competenza estesa al merito.

92      Orbene, come ha osservato in sostanza l’avvocato generale ai paragrafi da 131 a 134 delle conclusioni, emerge dai punti 140, 144 e 164 della sentenza impugnata che, per la determinazione dell’ammenda da infliggere separatamente alla Reyrolle per il periodo durante il quale essa faceva parte del gruppo Rolls-Royce, il Tribunale si è fondato sulla considerazione secondo cui, durante detto periodo, l’infrazione era stata commessa in maniera autonoma dalla Reyrolle, avendo la Commissione constatato che, per la società capogruppo dell’impresa Rolls-Royce, l’infrazione era prescritta. Del resto è pacifico che, per il periodo successivo dell’infrazione, la Reyrolle ha proseguito la sua partecipazione all’intesa quale parte dell’impresa costituita dal gruppo Va Tech, la cui holding – VA Technologie – è stata ritenuta a sua volta responsabile dell’infrazione.

93      Ne discende che, nel caso di specie, non essendo stata contestata nessuna infrazione a titolo individuale all’impresa Rolls-Royce, il principio della personalità delle pene e delle sanzioni richiedeva che l’importo dell’ammenda fosse determinato in funzione delle caratteristiche proprie non di tale impresa, ma di una sola impresa, costituita, prima della sua acquisizione da parte della VA Technologie, esclusivamente dalla Reyrolle e, dopo tale acquisizione, dalla Reyrolle con le altre società del gruppo VA Tech partecipanti all’intesa.

94      Il Tribunale ha pertanto potuto determinare un solo importo di partenza per l’impresa costituita dal gruppo VA Tech, sulla base del suo fatturato nel 2003, ultimo anno completo dell’infrazione, ripartendo successivamente la responsabilità dell’infrazione commessa tra le diverse società per i periodi in cui esse hanno partecipato all’intesa.

95      Ciò considerato, occorre respingere il primo motivo di impugnazione della Reyrolle.

2.     Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità

a)     Argomenti delle parti

96      Con il suo secondo motivo la Reyrolle contesta al Tribunale di aver violato i principi della parità di trattamento e di proporzionalità in quanto, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, esso avrebbe applicato metodi di calcolo differenti da quelli applicati ad altre società, che la penalizzerebbero sensibilmente.

97      In primo luogo, per quanto concerne la SEHV e la Magrini, società che hanno fatto successivamente parte dell’impresa Schneider e dell’impresa VA Tech, risulterebbe dal punto 241 della sentenza impugnata che il Tribunale ha determinato importi di partenza distinti per ciascun periodo durante il quale tali società sono appartenute a un’impresa diversa. Al contrario, quanto alla Reyrolle, il Tribunale avrebbe applicato un metodo totalmente differente, fissando l’ammenda con riferimento a un importo di base uniforme, benché tale società sia appartenuta durante il periodo dell’infrazione a imprese differenti; ciò avrebbe condotto ad irrogare a detta società un’ammenda sproporzionata.

98      In secondo luogo, la discriminazione che avrebbe subito la Reyrolle sarebbe ancora più marcata ove si confronti il metodo di calcolo dell’ammenda inflittale a quello applicato dalla Commissione a talune imprese giapponesi che si trovavano in una situazione perfettamente analoga alla sua: per tali imprese, il Tribunale si sarebbe fondato, infatti, su importi di partenza distinti per il periodo precedente il conferimento delle loro attività nel settore delle AIG in un’impresa comune.

99      Secondo la Commissione, tale motivo è irricevibile, poiché non è stato sollevato dinanzi al Tribunale e costituisce, di conseguenza, un motivo nuovo. In ogni caso, sarebbe un motivo infondato.

b)     Giudizio della Corte

100    Quanto alla ricevibilità del secondo motivo, la censura di irricevibilità sollevata dalla Commissione deve essere disattesa.

101    Anche se la Reyrolle non ha invocato in prima istanza le pretese discriminazioni alle quali si riferisce nel presente motivo di impugnazione, non per questo il motivo è irricevibile.

102    La Reyrolle può, infatti, utilmente proporre impugnazione facendo valere, dinanzi alla Corte, motivi tratti dalla sentenza impugnata medesima e volti a criticarne, in diritto, la fondatezza (sentenza del 29 novembre 2007, Stadtwerke Schwäbisch Hall e a./Commissione, C‑176/06 P, punto 17).

103    Nel caso di specie, la Reyrolle contesta al Tribunale di aver praticato nei suoi riguardi un trattamento discriminatorio allorché ha determinato, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, l’importo dell’ammenda che doveva esserle inflitta. Se è vero che per il calcolo delle ammende il Tribunale ha utilizzato lo stesso metodo applicato dalla Commissione, esso ha comunque fatto suo, in questo modo, detto metodo e la pretesa discriminazione di cui la Reyrolle si lamenta, dipendendo dal nuovo calcolo dell’ammenda ad opera del Tribunale, trova necessariamente origine nella sentenza impugnata.

104    Peraltro, tale motivo, siccome concerne il calcolo dell’ammenda quale eseguito dal Tribunale nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, non può essere considerato irricevibile in quanto, per sua stessa natura, non avrebbe potuto essere sollevato in primo grado (v., in tal senso, sentenza Alliance One International/Commissione, cit., punto 35 e giurisprudenza citata).

105    Quanto all’esame nel merito del motivo in parola, è giurisprudenza che l’esercizio di una competenza estesa al merito non può comportare, in sede di determinazione dell’importo delle ammende, una discriminazione tra le imprese che abbiano partecipato a un accordo contrario all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v., in particolare, sentenza del 30 maggio 2013, Quinn Barlo e a./Commissione, C‑70/12 P, punto 46 e giurisprudenza citata).

106    È giurisprudenza costante altresì che il principio della parità di trattamento è violato solo quando situazioni analoghe sono trattate in modo differente o quando situazioni differenti sono trattate in modo identico, se un siffatto trattamento non è oggettivamente giustificato (v., in particolare, sentenza del 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, C‑76/06 P, pag. I‑4405, punto 40 e giurisprudenza citata).

107    Tuttavia, si deve constatare che, nella fattispecie, il principio della parità di trattamento non è stato violato, visto che la Reyrolle non si trovava in una situazione analoga a quella del gruppo Schneider né a quella dei produttori giapponesi.

108    Riguardo, anzitutto, all’allegazione secondo la quale la Reyrolle sarebbe stata oggetto di discriminazione rispetto alla SEHV e alla Magrini, è già stato rilevato ai punti 92 e 93 della presente sentenza che la Reyrolle ha partecipato all’infrazione controversa facendo parte di una sola impresa, vale a dire quella costituita dal gruppo VA Tech, la cui composizione è cambiata nel corso del periodo dell’infrazione.

109    Tale situazione è poi differente da quella in cui versavano la SEHV e la Magrini. Dette società, infatti, hanno partecipato all’intesa in causa facendo parte, in successione, di due imprese diverse, e cioè, in un primo tempo, l’impresa di cui era capogruppo la Schneider, poi, dopo la loro vendita alla VA Technologie, l’impresa costituita dal gruppo VA Tech. Peraltro sia la Schneider che la VA Technologie sono state ritenute personalmente responsabili della partecipazione all’intesa.

110    Allo stesso modo, non è possibile sostenere che la Reyrolle e i produttori giapponesi si trovassero in una situazione analoga. Infatti, è pacifico che i produttori giapponesi interessati, e cioè la Fuji e la Hitachi, da un lato, e la Mitsubishi e la Toshiba, dall’altro, hanno inizialmente partecipato all’intesa a titolo indipendente. Anche se, il 1° ottobre 2000, tali società hanno conferito le proprie attività nel settore delle AIG in due imprese comuni, rispettivamente la JAEPS e la TM T&D Corp., esse hanno tuttavia continuato ad esistere come imprese autonome e indipendenti. Al contrario, non è questo il caso della Reyrolle, giacché, dopo la sua vendita alla VA Technologie e il suo conferimento nell’impresa costituita dal gruppo VA Tech, essa ha smesso di esistere come impresa autonoma e indipendente.

111    Relativamente, infine, all’asserita violazione del principio di proporzionalità, è giurisprudenza costante della Corte che non spetta a quest’ultima, quando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un’impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, sull’importo delle ammende inflitte a imprese che abbiano violato il diritto dell’Unione. Pertanto, solo qualora la Corte ritenesse che il livello della sanzione è non solo inadeguato, ma anche eccessivo, al punto da essere sproporzionato, occorrerebbe constatare un errore di diritto da parte del Tribunale per incongruenza dell’importo dell’ammenda (v., in particolare, sentenza Quinn Barlo e a./Commissione, cit., punto 57 e giurisprudenza citata).

112    Orbene, la Reyrolle si è limitata a fondare la sua censura relativa al carattere sproporzionato dell’ammenda inflittale dal Tribunale con allegazioni, secondo le quali essa sarebbe stato oggetto di un trattamento discriminatorio, che si sono rivelate infondate. Essa non ha neppure sviluppato un’argomentazione specifica in grado di dimostrare l’enormità dell’importo assoluto di tale ammenda. La censura vertente su un’asserita violazione del principio di proporzionalità dev’essere quindi disattesa.

113    Ne consegue che anche il secondo motivo di impugnazione della Reyrolle va respinto.

114    Poiché nessuno dei motivi invocati dalla Reyrolle a sostegno della sua impugnazione può essere accolto, l’impugnazione deve essere respinta in toto.

C –  L’impugnazione della SEHV e della Magrini

115    Occorre esaminare in primo luogo e congiuntamente i due primi motivi addotti dalla SEHV e dalla Magrini a sostegno della loro impugnazione.

1.     Sui primi due motivi, vertenti, rispettivamente, sulla violazione del principio del ne ultra petita e sull’inosservanza dell’autorità della cosa giudicata

a)     Argomenti delle parti

116    La SEHV e la Magrini rilevano, da un lato, che il loro ricorso dinanzi al Tribunale verteva sull’ammenda di EUR 4 500 000 che dovevano pagare in solido con la Schneider, conformemente all’articolo 2, lettera k), della decisione controversa, e non anche sull’ammenda di EUR 3 600 000 che doveva pagare la sola Schneider, ai sensi dell’articolo 2, lettera j), della medesima decisione. D’altro lato, tali società fanno osservare che la Schneider, sola a poter contestare quest’ultima ammenda, non ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale.

117    Ne discenderebbe che, annullando l’ammenda inflitta all’articolo 2, lettera j), della decisione controversa e inglobandone l’importo nell’ammenda al pagamento della quale sono solidalmente tenute la Schneider, la SEHV e la Magrini, il Tribunale avrebbe non soltanto violato il principio del ne ultra petita, ma altresì disatteso l’autorità della cosa giudicata acquisita da tale decisione nei confronti della Schneider.

118    La Commissione ritiene che tale impugnazione sia interamente irricevibile, in quanto le sue conclusioni sono esattamente il contrario di quelle del ricorso proposto dinanzi al Tribunale. In ogni caso, siccome la questione dell’importo dell’ammenda inflitta in solido alle società che hanno fatto di volta in volta parte delle imprese Schneider e VA Tech era stata sottoposta al Tribunale nell’ambito del ricorso proposto dalle ricorrenti in primo grado, quest’ultimo poteva riformare l’importo dell’ammenda nell’esercizio della sua competenza estesa al merito senza con ciò violare né il principio del ne ultra petita né l’autorità della cosa giudicata.

b)     Giudizio della Corte

119    In limine, si deve anzitutto ricordare che, come conferma l’articolo 113, paragrafo 1, del regolamento di procedura, nella versione in vigore alla data in cui è stata proposta l’impugnazione, le conclusioni dell’impugnazione devono tendere all’accoglimento, totale o parziale, delle conclusioni presentate in primo grado.

120    Pertanto, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 150 delle sue conclusioni, è irricevibile la presente domanda delle ricorrenti volta a chiedere la conferma dell’articolo 2, lettera k), della decisione controversa, di cui avevano chiesto l’annullamento in primo grado.

121    Dopodiché, come ha osservato l’avvocato generale sempre al paragrafo 150 suddetto, l’impugnazione della SEHV e della Magrini è irricevibile anche in quanto diretta a confermare la lettera j) dell’articolo 2 della decisione controversa, giacché tale disposizione concerne un’ammenda che solo la Schneider poteva contestare. Tale società, invece, non ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale.

122    Infine, l’impugnazione in esame è irricevibile anche perché la SEHV e la Magrini chiedono alla Corte di dichiarare, relativamente all’articolo 2, lettera k), della decisione controversa, che ciascuno dei debitori in solido sopporti un terzo dell’importo di EUR 4 500 000. Risulta, invero, dal punto 74 della presente sentenza, che, quando esercita la sua competenza estesa al merito, il giudice dell’Unione non ha il potere di ripartire l’ammenda tra i debitori in solido nei loro rapporti interni.

123    Per contro, la Commissione non può eccepire l’irricevibilità delle conclusioni della SEHV e della Magrini nella parte in cui chiedono l’annullamento parziale dei punti 2 e 3 del dispositivo della sentenza impugnata.

124    Si deve osservare che, nell’ambito della loro impugnazione, la SEHV e la Magrini sostengono che il Tribunale ha statuito ultra petita annullando, al punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata, oltre alla lettera j), anche la lettera k) dell’articolo 2 della decisione controversa, in quanto quest’ultima disposizione riguarda la Schneider. Le ricorrenti fanno valere al riguardo che la Schneider non ha proposto ricorso per annullamento dinanzi al Tribunale, cosicché la decisione controversa sarebbe divenuta definitiva nei suoi confronti. Orbene, secondo le società ricorrenti, l’ammenda riformata dal Tribunale al punto 3, primo trattino, del dispositivo della sentenza impugnata, a seguito dell’annullamento dell’articolo 2 della decisione controversa, nella misura in cui concerne la Schneider, sarebbe particolarmente svantaggiosa per loro.

125    Dal momento che, a sostegno delle loro conclusioni di annullamento parziale dei punti 2 e 3 del dispositivo della sentenza impugnata, le ricorrenti sollevano motivi sorti dunque dalla sentenza medesima, le loro conclusioni, tenuto conto della giurisprudenza citata al punto 102 della presente sentenza, devono essere dichiarate ricevibili.

126    Quanto all’esame nel merito dei due primi motivi, si deve ricordare che il giudice dell’Unione ben può esercitare la sua competenza estesa al merito quando è investito della questione dell’importo dell’ammenda (v., in particolare, sentenza Alliance One International/Commissione, cit., punto 105).

127    Nella fattispecie, è giocoforza constatare che la questione dell’importo dell’ammenda inflitta a titolo individuale alla Schneider, conformemente all’articolo 2, lettera j), della decisione controversa, non è stata sottoposta al giudizio del Tribunale.

128    Orbene, non avendo la Schneider proposto ricorso contro l’importo di tale ammenda, quest’ultima non poteva essere impugnata dalla SEHV e dalla Magrini, giacché non era stata inflitta a tali società.

129    Occorre pertanto concludere che il Tribunale ha statuito ultra petita annullando, al punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata, l’articolo 2, lettere j) e k), della decisione controversa e riformando, al punto 3, primo trattino, di tale dispositivo, le ammende inflitte da tali disposizioni, inglobandole in un unico importo da pagarsi in solido tra la Schneider, la SEHV e la Magrini.

130    È certamente vero, come osserva il Tribunale al punto 248 della sentenza impugnata, che tale riforma dell’ammenda, pur lasciando invariato l’importo totale dell’ammenda che la Commissione ha il diritto di richiedere alla Schneider sul piano esterno della solidarietà, è favorevole a quest’ultima a livello di importo dell’ammenda che detta società dovrà in definitiva sopportare in sede di ripartizione interna. Nondimeno, il Tribunale non poteva procedervi, poiché detta riforma poteva rivelarsi svantaggiosa per la SEHV e per la Magrini sia sul piano esterno che sul piano interno della solidarietà. Infatti, così come non poteva, in un primo momento, concludere per l’illegittimità dell’irrogazione dell’ammenda di cui trattasi senza infrangere il principio del ne ultra petita, il Tribunale non poteva neppure, in un secondo momento, avvalersi della competenza estesa al merito per estinguere, ridurre o aumentare tale ammenda.

131    Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che i due primi motivi della SEHV e della Magrini devono essere accolti.

132    Occorre pertanto accogliere l’impugnazione della SEHV e della Magrini senza che la Corte debba esaminare il terzo motivo, vertente sulla violazione del principio del contraddittorio. Infatti, esso presenta un carattere strettamente sussidiario rispetto ai primi due, in quanto, nell’ipotesi in cui tali motivi fossero respinti dalla Corte, con detto terzo motivo si contesta al Tribunale di aver comunque commesso un errore di diritto riformando l’ammenda, al punto 3, primo trattino, del dispositivo della sentenza impugnata, senza aver offerto alle società in causa la possibilità di prendere posizione su tale nuova determinazione dell’importo. Peraltro, anche se fosse accolto, il motivo in parola non potrebbe condurre ad un annullamento della sentenza impugnata ulteriore rispetto a quello che discende dalla fondatezza dei primi due motivi esaminati.

2.     Sulle conseguenze da trarre dalla fondatezza dell’impugnazione della SEHV e della Magrini

133    Ferma restando l’irricevibilità parziale delle conclusioni della loro impugnazione, quale constatata ai punti da 119 a 122 della presente sentenza, la fondatezza dei due primi motivi invocati dalla SEHV e dalla Magrini comporta l’annullamento del punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata, là dove annulla l’articolo 2, lettere j) e k), della decisione controversa, nonché l’annullamento del punto 3, primo trattino, del medesimo dispositivo.

134    La SEHV e la Magrini non hanno chiesto, per il resto, nell’ambito della loro impugnazione, di dar seguito ai ricorsi nelle cause da T‑122/07 a T‑124/07; questi ultimi restano quindi respinti, conformemente al punto 4 del dispositivo della sentenza impugnata.

VI –  Sulle spese

135    A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, o quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

136    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del successivo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

137    Quanto all’impugnazione della Reyrolle (C‑232/11 P), tale società è rimasta soccombente e la Commissione ha chiesto che fosse condannata; la Reyrolle deve pertanto essere condannata alle spese di impugnazione.

138    L’impugnazione della Commissione (C‑231/11 P) deve essere accolta e la Commissione ha concluso per la condanna delle ricorrenti in primo grado; queste ultime devono pertanto essere condannate alle spese di impugnazione.

139    Anche l’impugnazione della SEHV e della Magrini (C‑233/11 P) deve essere accolta e tali società hanno concluso per la condanna della Commissione; quest’ultima deve pertanto essere condannata alle spese di impugnazione.

140    Quanto al resto, non vi è luogo a modificare la ripartizione delle spese relative al procedimento di primo grado, quale fissata ai punti da 5 a 7 del dispositivo della sentenza impugnata.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il punto 2 del dispositivo della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 3 marzo 2011, Siemens Österreich e a./Commissione (da T‑122/07 a T‑124/07), è annullato nella parte in cui dichiara nullo l’articolo 2, lettere j) e k), della decisione C(2006) 6762 definitivo della Commissione, del 24 gennaio 2007, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo [81 CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/F/38.899 – Apparecchiature di comando con isolamento in gas).

2)      Il punto 3, primo trattino, del dispositivo della sentenza del Tribunale del 3 marzo 2011, Siemens Österreich e a./Commissione (da T‑122/07 a T‑124/07), è annullato.

3)      Il punto 3, dal secondo al quarto trattino, del dispositivo della sentenza del Tribunale del 3 marzo 2011, Siemens Österreich e a./Commissione (da T‑122/07 a T‑124/07), è annullato nella parte in cui implica la fissazione di quote degli importi delle ammende, a carico delle ricorrenti in primo grado, ai quali queste ultime sono state condannate in solido.

4)      Quanto al resto, le impugnazioni sono respinte.

5)      La Siemens AG Österreich, la VA Tech Transmission & Distribution GmbH & Co. KEG, la Siemens Transmission & Distribution Ltd, la Siemens Transmission & Distribution SA e la Nuova Magrini Galileo SpA sono condannate alle spese di impugnazione nella causa C‑231/11 P.

6)      La Siemens Transmission & Distribution Ltd è condannata alle spese di impugnazione nella causa C‑232/11 P.

7)      La Commissione europea è condannata alle spese di impugnazione nella causa C‑233/11 P.

8)      Le spese relative al procedimento di primo grado restano ripartite conformemente ai punti da 5 a 7 del dispositivo della sentenza del Tribunale del 3 marzo 2011, Siemens Österreich e a./Commissione (da T‑122/07 a T‑124/07).

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.