Language of document : ECLI:EU:T:2008:262

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

9 luglio 2008 (*)

«Aiuti di Stato – Ricapitalizzazione dell’Alitalia da parte delle autorità italiane – Decisione che dichiara l’aiuto compatibile con il mercato comune – Decisione adottata in seguito ad una sentenza del Tribunale che annulla una precedente decisione – Ricevibilità – Violazione dell’art. 233 CE – Violazione degli artt. 87 CE e 88 CE – Condizioni per la concessione dell’aiuto – Obbligo di motivazione»

Nella causa T‑301/01,

Alitalia – Linee Aeree Italiane SpA, con sede in Roma, rappresentata dagli avv.ti M. Siragusa, G. M. Roberti, G. Scassellati Sforzolini, F. Moretti e F. Sciaudone,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Di Bucci, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti A. Abate e G. Conte,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 18 luglio 2001, 2001/723/CE, relativa alla ricapitalizzazione della società Alitalia (GU L 271, pag. 28),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione ampliata),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, dai sigg. F. Dehousse, D. Šváby e dalla sig.ra K. Jürimäe, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kantza, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 ottobre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        L’Alitalia – Linee Aeree Italiane SpA (in prosieguo: l’«Alitalia» o la «ricorrente») è una compagnia aerea il cui capitale, al 1° luglio 1996, era detenuto, per circa il 90%, dalla holding pubblica italiana Istituto per la ricostruzione industriale SpA (in prosieguo: l’«IRI») e, per il resto, da investitori privati.

2        All’inizio degli anni’90 l’Alitalia soffriva di una sottocapitalizzazione. Durante questo stesso periodo, doveva affrontare difficoltà legate alla guerra del Golfo, alla recessione degli anni 1992 e 1993 nel settore aeronautico e alla maggiore concorrenza derivante dal processo di liberalizzazione del mercato dei trasporti aerei. Tali avvenimenti inducevano la ricorrente a ridurre i propri costi e a migliorare la propria produttività, ma, nonostante tali sforzi, essa non riusciva a riportarsi sui binari della redditività.

3        Tale situazione la induceva ad adottare, nel luglio 1996, un piano di ristrutturazione per il periodo 1996‑2000. Tale piano, che le autorità italiane comunicavano alla Commissione con lettera del 29 luglio 1996, comprendeva una fase di risanamento e una fase di sviluppo. L’aspetto finanziario del piano prevedeva consistenti iniezioni in conto capitale da parte dell’IRI di un ammontare totale di 2 750 miliardi di lire italiane (ITL), da versarsi in tre rate, di cui il versamento della seconda era previsto per maggio 1998 e quello della terza per maggio 1999.

4        In ordine agli aumenti di capitale previsti dal piano la Commissione decideva, il 9 ottobre 1996, di avviare il procedimento di cui all’art. 88, n. 2, CE (GU C 346, pag. 13). La Commissione richiedeva, in varie fasi del procedimento, il parere di consulenti indipendenti (in prosieguo: i «consulenti della Commissione»).

5        Il piano iniziale subiva diverse modifiche nel corso del procedimento. Le autorità italiane ne comunicavano l’ultima versione alla Commissione il 26 giugno 1997.

6        Il 15 luglio 1997 la Commissione adottava la decisione 97/789/CE, relativa alla ricapitalizzazione della compagnia Alitalia (GU L 322, pag. 44; in prosieguo: la «decisione del 1997»). La Commissione riteneva che il conferimento di capitale dell’IRI nell’Alitalia costituisse un aiuto di Stato compatibile con il mercato comune, a condizione che le autorità italiane rispettassero dieci impegni, enumerati all’art. 1 della decisione del 1997.

7        Con decisione del 3 giugno 1998, alla luce dei nuovi impegni presi dalle autorità italiane a seguito delle violazioni delle condizioni poste dalla decisione del 1997, violazioni contestate nel corso dei primi sei mesi successivi all’adozione di quest’ultima, la Commissione non sollevava obiezioni al versamento della terza rata di conferimento di capitale dell’IRI.

8        Avverso la decisione del 1997 l’Alitalia proponeva ricorso con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 novembre 1997. Con la sentenza 12 dicembre 2000, causa T‑296/97, Alitalia/Commissione (Racc. pag. II‑3871; in prosieguo: la «sentenza Alitalia I»), il Tribunale accoglieva la domanda di annullamento proposta dall’Alitalia avverso la decisione del 1997, tenuto conto del difetto di motivazione nell’applicazione, da parte della Commissione, dello stesso tasso di rendimento minimo (in prosieguo: il «tasso minimo») di quello applicato dall’istituzione stessa nella propria decisione del 31 gennaio 1996, 96/278/CE, concernente la ricapitalizzazione della società Iberia (GU L 104, pag. 25; in prosieguo: la «decisione Iberia»), e dei manifesti errori di valutazione consistenti, da un lato, nell’esclusione del calcolo del tasso di rendimento interno (in prosieguo: il «tasso interno») dei costi di insolvenza che l’IRI dovrebbe sostenere qualora l’Alitalia venisse posta in liquidazione e, dall’altro, nella mancata considerazione delle modifiche introdotte nel piano di ristrutturazione nel giugno 1997.

9        Il 1° giugno 2001, i consulenti della Commissione consegnavano a quest’ultima, su sua richiesta, una relazione che aggiornava la loro precedente analisi, effettuata nell’ambito del procedimento che aveva portato all’adozione della decisione del 1997, al fine di tener conto dell’ultima versione del piano di ristrutturazione per il calcolo del tasso massimo e del tasso interno.

10      Il 18 luglio 2001, la Commissione adottava la decisione 2001/723/CE, relativa alla ricapitalizzazione della società Alitalia (GU L 271, pag. 28; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 La decisione impugnata

11      Dopo aver precisato, nella propria analisi giuridica, che l’art. 233 CE non le imponeva l’obbligo di riaprire, nel caso di specie, il procedimento sfociato nella decisione del 1997 e di ripercorrere tutte le fasi del procedimento di adozione di una nuova decisione, la Commissione dedica 20 punti (punti 15‑34 della decisione impugnata) all’analisi del criterio dell’investitore privato.

12      Per quanto riguarda il tasso interno dell’operazione, la Commissione prende atto della necessità di inserire nel calcolo del rendimento atteso i costi di insolvenza che l’IRI dovrebbe sostenere qualora l’Alitalia venisse posta in liquidazione. La Commissione conclude la propria analisi affermando che il tasso di rendimento interno dell’investimento della somma di ITL 2 750 miliardi nel capitale dell’Alitalia risulta, per l’IRI, nel 1997, pari al 25,2% o al 26,1%, in funzione delle due ipotesi fiscali che essa prende in considerazione (punto 23 della decisione impugnata).

13      Per quanto riguarda la determinazione del tasso minimo che esigerebbe un investitore operante secondo le leggi del mercato, la Commissione ritiene, sulla base delle informazioni in suo possesso e, in particolare, in base alla relazione dei propri consulenti, che il tasso minimo sia prossimo al 30%, in considerazione dell’entità dell’importo in questione e, soprattutto, in considerazione dei rischi inerenti all’operazione stessa, che restano elevati nonostante i miglioramenti apportati al piano nel giugno 1997. Al riguardo essa ritiene che i rischi inerenti all’iniezione di capitale di cui l’Alitalia ha beneficiato nel luglio 1997 sono per lo meno tanto elevati quanto quelli inerenti all’iniezione di capitale di cui aveva beneficiato l’Iberia nel gennaio del 1996. La Commissione spiega, ai punti 30 e 31 della decisione impugnata, in qual senso la situazione delle dette due imprese sia paragonabile, nonostante talune differenze specifiche.

14      Al punto 33 della decisione impugnata, la Commissione perviene alla conclusione che il tasso minimo annuo che esigerebbe un investitore operante in base alle leggi di mercato per compiere un’iniezione di capitale di ITL 2 750 miliardi a favore dell’Alitalia, nelle circostanze presenti, sia superiore al tasso di rendimento interno di questa operazione stessa.

15      In conclusione (punti 35‑37 della decisione impugnata), la Commissione ritiene di aver corretto i due errori di valutazione e di difetto di motivazione rilevati dal Tribunale nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra. Quanto al resto della motivazione della decisione impugnata, la Commissione si richiama ai punti della decisione del 1997, i quali devono, a suo avviso, considerarsi parte integrante della decisione impugnata, senza necessità di riprodurli (punto 36 della decisione impugnata).

16      Sulla base di tali considerazioni, la Commissione ha adottato la decisione impugnata, il cui dispositivo così recita:

«Articolo 1

L’aiuto accordato dall[a Repubblica italiana] alla società Alitalia (...), sotto forma di un conferimento di capitale per complessivi 2 750 miliardi di [ITL], da corrispondere in tre rate, finalizzato ad assicurare la ristrutturazione della società in conformità del piano comunicato alla Commissione il 29 luglio 1996 e adattato il 26 giugno 1997, è compatibile con il mercato comune e con l’accordo [sullo Spazio economico europeo] in virtù dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del Trattato e dell’articolo 61, paragrafo 3, lettera c), dell’accordo [sullo Spazio economico europeo], subordinatamente al rispetto degli impegni e delle condizioni di cui agli articoli 1, 2 e 3 della decisione [del 1997], riprodotti nel punto 1 della presente decisione.

Articolo 2

La Commissione non si oppone al pagamento della seconda rata del conferimento di capitale alla società Alitalia (…).

Articolo 3

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione».

17      Le dieci principali condizioni di cui all’art. 1 della decisione impugnata, elencate al relativo punto 1, sono le seguenti:

«1)      adottare nei confronti dell’Alitalia un normale comportamento di azionista, permettendo alla compagnia di essere gestita unicamente secondo principi commerciali e astenendosi da qualsiasi intervento nella sua gestione per ragioni diverse da quelle derivanti dalla posizione di azionista dello Stato italiano;

2)      non concedere all’Alitalia nuovi fondi o altre forme di aiuto, incluse le garanzie sui prestiti;

3)      garantire che, fino al 31 dicembre 2000, l’aiuto sarà impiegato esclusivamente per gli obiettivi della ristrutturazione della compagnia e non per acquisire nuove partecipazioni in altri vettori aerei;

4)      non concedere all’Alitalia alcun trattamento preferenziale nei confronti di altri vettori comunitari, in particolare per quanto riguarda la concessione di diritti di traffico (inclusi quelli verso paesi al di fuori dello Spazio economico europeo), l’allocazione degli “slots”, l’assistenza a terra e l’accesso alle installazioni aeroportuali nella misura in cui tale trattamento risulti in contrasto con norme comunitarie. In particolare l’Italia conferma che non verrà applicata alcuna norma incompatibile con le norme comunitarie e garantisce:

a)      che inizierà immediatamente il processo di revisione della convenzione n. 4372 del 15 aprile 1992, approvata con decreto del 16 aprile 1992 (…), con l’obiettivo di completare tale processo entro il 31 dicembre 1998, per assicurarne una corrispondenza formale con la legislazione comunitaria ed in particolare per quanto riguarda “il diritto di prelazione”, “l’interferenza del governo”, “la conformità con i regolamenti di liberalizzazione del trasporto aereo” e “i privilegi aeroportuali”;

b)      che una revisione “de facto” della convenzione è già avvenuta sui punti sopra menzionati attraverso uno scambio di lettere con l’Alitalia sulla base dell’articolo 50 della convenzione che prevede che la convenzione si applica solo se non in contrasto con le norme comunitarie;

c)      che l’Alitalia ha rinunciato al diritto di prelazione derivante dall’articolo 3 della convenzione;

d)      che negli aeroporti italiani coordinati o pienamente coordinati, le autorità italiane designeranno prima della stagione invernale 1997/1998 un coordinatore che non abbia legami con l’Alitalia ed agisca in tutta indipendenza dall’Alitalia;

5)      garantire che, fino al 31 dicembre 2000, la capacità offerta dagli aeromobili operati da Alitalia, od operati da altri vettori aerei con accordi tramite i quali la compagnia assume il rischio commerciale per tale capacità (“wet lease”, “block space”, “joint venture”, ecc.), non supererà i seguenti limiti:

a)      il numero di posti disponibili non supererà i 28 985, di cui quelli operati con flotta Alitalia non supereranno i 26 350;

b)      la crescita in base annua dei posti‑km offerti:

–        all’interno dello Spazio economico europeo ad esclusione dell’Italia e

–        all’interno dell’Italia,

non supererà il 2,7%; non sarà permessa alcuna crescita se il tasso di crescita dei relativi mercati è più basso del 2,7%. Se il tasso di crescita annuale di tali mercati supera il 5% l’offerta potrà essere aumentata oltre il 2,7% dell’ammontare che eccede il 5%;

6)      accertarsi che l’Alitalia manterrà una contabilità analitica che permetterà di determinare a breve la profittabilità di ogni rotta definita come relazione tra i profitti e i costi (costi totali che includono i costi fissi e i costi variabili) relativi ad ogni rotta;

7)      garantire che fino al 31 dicembre 2000 l’Alitalia non applicherà tariffe inferiori a quelle dei suoi concorrenti per un’offerta equivalente sulle rotte che la compagnia opera;

8)      garantire che l’Alitalia cederà la sua quota in Malév entro il (…);

9)      garantire che il piano di ristrutturazione come notificato alla Commissione il 29 luglio 1996 e adattato il 26 giugno 1997 sarà completamente posto in essere, in particolare per ciò che riguarda il raggiungimento degli obiettivi di produttività, profittabilità e finanziari, di cui al precedente punto VI;

10)      sottomettere alla Commissione entro la fine di marzo 1998, marzo 1999, marzo 2000 e marzo 2001 rapporti annuali sullo stato di avanzamento del piano di ristrutturazione, sulla situazione economica e finanziaria dell’Alitalia e sul rispetto di queste condizioni. Tali rapporti includeranno una descrizione (tipo e identità delle compagnie coinvolte) degli accordi di cooperazione commerciali ed operativi conclusi dall’Alitalia durante l’anno precedente. La Commissione verificherà, laddove necessario, le informazioni contenute in tali rapporti, con l’aiuto di un consulente indipendente scelto dalla Commissione stessa dopo aver consultato le autorità italiane».

 Procedimento

18      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 novembre 2001, l’Alitalia ha proposto il presente ricorso.

19      Il 13 febbraio 2002 l’Alitalia ha inoltre proposto un ricorso diretto ad ottenere il risarcimento del preteso danno subìto a seguito dell’adozione della decisione del 1997 e della decisione impugnata. Essa ha tuttavia desistito da tale azione e la causa è stata cancellata dal ruolo con ordinanza del presidente della Terza Sezione del Tribunale 8 aprile 2003, causa T‑35/02, Alitalia/Commissione (non pubblicata nella Raccolta).

20      Con lettera del 19 giugno 2002 la Commissione ha trasmesso alla Repubblica italiana la propria decisione relativa agli aiuti di Stato protocollati con i numeri C 54/96 e N 318/02, riguardanti, rispettivamente, il versamento della terza rata dell’aiuto alla ristrutturazione, a favore della compagnia Alitalia, approvata dalla Commissione in data 18 luglio 2001, e la nuova operazione di ricapitalizzazione dell’ordine di EUR 1 432 milioni (in prosieguo: la «decisione del 19 giugno 2002»). La decisione del 19 giugno 2002 è stata rettificata con decisione del 27 agosto 2002, C (2002) 3151 def., e ha costituito oggetto di una comunicazione pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 4 ottobre 2002 (GU C 239, pag. 2). Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 novembre 2002, l’Air One SpA, una compagnia aerea italiana, ha chiesto l’annullamento di tale decisione (causa T‑344/02). L’Alitalia è intervenuta in questa causa a sostegno della Commissione.

21      Con domanda congiunta del 5 settembre 2002, le parti hanno chiesto la sospensione del presente procedimento. Quest’ultimo è stato sospeso fino al 30 novembre 2002 con ordinanza del Tribunale del 19 settembre 2002.

22      Una rettifica della decisione impugnata è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’8 aprile 2003 (GU L 90, pag. 54). Da un lato, l’ultimo periodo del punto 20 della decisione impugnata, nel quale era indicato che l’Alitalia aveva accettato l’importo di ITL 750 miliardi per il complesso dei costi di insolvenza, è stato eliminato. Dall’altro, nell’ultimo periodo del punto 22 della decisione impugnata, i dati relativi al valore della partecipazione dell’IRI nell’Alitalia al 31 dicembre 2000 sono stati modificati.

23      Con lettera del 10 marzo 2004, il Tribunale ha invitato l’Alitalia a prendere posizione sull’affermazione, contenuta nella controreplica depositata dalla Commissione il 24 aprile 2003, secondo cui la detta compagnia non avrebbe interesse a continuare l’azione iniziata. L’Alitalia ha risposto a tale richiesta con lettera del 1° aprile 2004.

24      Sulla base della relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha posto dei quesiti scritti all’Alitalia e alla Commissione. Le parti hanno risposto nel termine impartito.

25      All’udienza del 24 ottobre 2006 sono state sentite le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale.

 Conclusioni delle parti

26      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare in toto la decisione impugnata;

–        in subordine, annullare l’art. 1 di tale decisione nella parte in cui la Commissione subordina il giudizio di compatibilità del conferimento di capitale controverso al rispetto delle condizioni imposte nella decisione del 1997;

–        condannare la Commissione alle spese.

27      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Sulla ricevibilità

A –  Argomenti delle parti

28      La Commissione sostiene, nella controreplica, che l’Alitalia non avrebbe più interesse al ricorso.

29      La Commissione deduce, in primo luogo, che la ricapitalizzazione dell’Alitalia è stata integralmente autorizzata ed effettuata dopo che, con decisione 19 giugno 2002, essa ha autorizzato il versamento della terza ed ultima rata dell’aiuto. L’Alitalia non trarrebbe pertanto alcun vantaggio dall’annullamento della decisione impugnata. Al contrario, tale annullamento priverebbe la decisione 19 giugno 2002 di fondamento normativo.

30      La Commissione osserva, in secondo luogo, che il ricorso non potrebbe facilitare un’azione di risarcimento danni, avendo l’Alitalia desistito dall’azione nella causa T‑35/02 proposta a tal fine.

31      Nel sottolineare che l’Air One ha proposto un ricorso – iscritto a ruolo con il numero di causa T‑344/02 e tuttora pendente dinanzi al Tribunale – contro la decisione 19 giugno 2002, la Commissione osserva, infine, che l’Alitalia è intervenuta in tale causa a sostegno dell’istituzione. Essa ritiene pertanto che, se l’Alitalia intende salvaguardare la decisione del 19 giugno 2002, deve trarne le conseguenze con riguardo al presente ricorso.

32      L’Alitalia sostiene, nella propria risposta del 1° aprile 2004 ai quesiti del Tribunale in ordine alle affermazioni della Commissione relative alla sua perdita d’interesse a proseguire l’azione, che una sentenza la quale accertasse che il conferimento controverso da parte dell’IRI non fosse un aiuto di Stato le consentirebbe di poter pretendere in futuro un aiuto del genere. La decisione impugnata le precluderebbe invece tale possibilità, non potendo esserle accordato, di norma, nessun altro aiuto. Inoltre, una sentenza in tal senso implicherebbe la conseguenza che il versamento della terza rata del conferimento controverso non avrebbe dovuto essere soggetto alla previa autorizzazione della Commissione.

33      A parere dell’Alitalia, l’emananda sentenza del Tribunale nella presente causa produrrà effetti anche sulla causa T‑344/02. Una serie di motivi di ricorso dell’Air One sarebbero destinati inevitabilmente ad essere respinti qualora il conferimento di capitale controverso non fosse più qualificato come aiuto di Stato.

34      Infine, l’Alitalia afferma che la desistenza nella causa T‑35/02 non impedirebbe la proposizione di un nuovo ricorso per il risarcimento del danno, poiché il relativo termine di prescrizione non è scaduto. Comunque, una sentenza di annullamento nella presente causa rafforzerebbe la sua posizione nell’eventualità di un ricorso che essa dovesse proporre per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla decisione impugnata.

B –  Giudizio del Tribunale

35      Nell’ambito dell’esame della ricevibilità del presente ricorso, si deve rammentare che, secondo una giurisprudenza consolidata, un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo in quanto il ricorrente abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Tale interesse dev’essere esistente ed effettivo (v. sentenza del Tribunale 14 aprile 2005, causa T‑141/03, Sniace/Commissione, Racc. pag. II‑1197, punto 25 e giurisprudenza cit.).

36      Un tale interesse presuppone che l’annullamento di tale atto possa produrre di per sé conseguenze giuridiche o, secondo un’altra formulazione, che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (v. sentenza del Tribunal 28 settembre 2004, causa T‑310/00, MCI/Commissione, Racc. pag. II‑3253, punto 44 e giurisprudenza cit.).

37      A tale proposito va rilevato che la ricevibilità di un ricorso deve essere valutata, salvo la diversa questione del venir meno dell’interesse ad agire, riferendosi al momento in cui è depositato l’atto introduttivo (v. sentenza del Tribunale 21 marzo 2002, causa T‑131/99, Shaw e Falla/Commissione, Racc. pag. II‑2023, punto 29 e giurisprudenza cit.). Tuttavia, nell’interesse di un’equa amministrazione della giustizia, tale considerazione relativa al momento della valutazione della ricevibilità del ricorso non può impedire al Tribunale di dichiarare che non vi è più luogo a statuire sul ricorso qualora un ricorrente che inizialmente aveva interesse ad agire abbia perduto qualsiasi interesse personale all’annullamento della decisione impugnata a causa di un evento verificatosi successivamente alla presentazione del detto ricorso. Affinché un ricorrente possa proseguire un ricorso diretto all’annullamento di una decisione, infatti, occorre che conservi un interesse personale all’annullamento della decisione impugnata (v. ordinanza del Tribunale 17 ottobre 2005, causa T‑28/02, First Data e a./Commissione, Racc. pag. II‑4119, punti 36 e 37 e giurisprudenza cit.).

38      Si deve necessariamente rilevare che la Commissione non aveva contestato l’interesse ad agire dell’Alitalia nel controricorso del 25 marzo 2002. Nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra (punto 74), il Tribunale aveva, del resto, affermato quanto segue:

«(...) [I]l fatto che (...) la Commissione, nella decisione [del 1997], abbia qualificato come aiuto statale l’investimento dell’IRI nel capitale della ricorrente costituisce un manifesto addebito nei confronti di quest’ultima. Infatti, tale qualificazione ha permesso alla Commissione di esaminare, nella decisione [del 1997], la compatibilità della misura con il mercato comune e d’imporre condizioni che incidono direttamente sulle operazioni della ricorrente».

39      La Commissione ha dedotto la perdita d’interesse ad agire dell’Alitalia nella controreplica, in data 24 aprile 2003, a causa di nuovi fatti successivamente intervenuti. Si tratta, da un lato, della decisione del 19 giugno 2002, nella parte in cui la Commissione ha ivi deciso, in particolare, di non sollevare obiezioni quanto al versamento della terza rata dell’aiuto all’Alitalia e, dall’altro, dell’ordinanza 8 aprile 2003, Alitalia/Commissione, punto 19 supra, con la quale il presidente della Terza Sezione del Tribunale ha disposto la cancellazione dal ruolo della causa T‑35/02 a seguito della desistenza dell’Alitalia.

40      È ben vero che, nella decisione 19 giugno 2002, la Commissione ha deciso di prendere atto «del versamento della seconda rata dell’aiuto concesso alla società Alitalia e autorizzato con decisione del 1997, confermata nel 2001, e (...) di non sollevare obiezioni al versamento della terza rata». L’Alitalia ha quindi ottenuto il versamento dell’intero aiuto di cui trattasi. Essa non si è nemmeno assoggettata alle condizioni e agli impegni da rispettare nel corso del periodo di applicazione del piano.

41      Tuttavia, mantenendo la qualificazione del conferimento di capitale controverso come aiuto di Stato, la decisione impugnata ha prodotto l’effetto di assoggettare il versamento della terza rata dell’aiuto all’autorizzazione della Commissione. La decisione impugnata funge, quindi, da fondamento normativo alla decisione del 19 giugno 2002 nella parte in cui, in quest’ultima, la Commissione non ha sollevato obiezioni con riguardo al detto terzo versamento.

42      Pertanto, se il Tribunale annullasse la decisione impugnata nella parte in cui qualifica il conferimento di capitale controverso come aiuto di Stato, tale annullamento produrrebbe conseguenze giuridiche sulla decisione 19 giugno 2002, la quale risulterebbe privata di fondamento normativo.

43      È ben vero che le parti non concordano sulla natura precisa di tali conseguenze.

44      Secondo l’Alitalia, in caso di annullamento della decisione impugnata, la decisione 19 giugno 2002 diverrebbe priva di oggetto con riguardo al versamento della seconda e della terza rata dell’aiuto di cui trattasi e i motivi dedotti al riguardo dall’Air One nell’ambito del suo ricorso avverso la decisione 19 giugno 2002 nella causa T‑344/02 diverrebbero inoperanti. L’Air One non potrebbe quindi più rimettere in discussione i detti versamenti.

45      La Commissione osserva, dal canto suo, che, in caso di annullamento della decisione impugnata, essa sarebbe tenuta a riesaminare la nuova operazione di ricapitalizzazione dell’Alitalia del 2002 al fine di accertare se quest’ultima costituisca un aiuto di Stato.

46      Si deve necessariamente rilevare che, in entrambi i casi, il ricorso proposto dall’Air One contro la decisione 19 giugno 2002 nella parte riguardante i versamenti dell’aiuto di cui trattasi non potrebbe trovare accoglimento in assenza di fondamento normativo.

47      L’Alitalia conserva quindi interesse ad agire senza che occorra esaminare gli altri argomenti dedotti a tal riguardo.

 Nel merito

48      L’Alitalia deduce, in sostanza, sei motivi. Il primo motivo si basa sui vizi del procedimento, il secondo su una violazione del diritto di difesa, il terzo sulla violazione dell’art. 233 CE per discordanza della decisione impugnata con la sentenza Alitalia I, punto 8 supra, il quarto sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 87 CE e 88 CE nell’applicazione del criterio dell’investitore privato, il quinto sulla violazione dell’art. 87, n. 3, CE nella determinazione delle condizioni dell’aiuto e il sesto sulla violazione dell’art. 253 CE. Appare opportuno esaminare, in primo luogo, il sesto motivo, basato sulla violazione dell’obbligo di motivazione.

A –  Sul motivo relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

49      Tale motivo si articola sostanzialmente su due capi, riguardanti, il primo, la motivazione delle conclusioni della decisione impugnata e, il secondo, quella delle condizioni ivi imposte.

1.     Insufficiente motivazione delle conclusioni della decisione impugnata

a)     Argomenti delle parti

50      Dopo aver richiamato la giurisprudenza relativa all’obbligo delle istituzioni comunitarie di motivare i propri atti, in particolare in materia di aiuti di Stato, l’Alitalia afferma che la decisione impugnata non può fondarsi sulla decisione del 1997, perché il Tribunale l’ha annullata con effetti ex tunc. Di conseguenza, la decisione impugnata deve trovare in se stessa la propria legittimazione.

51      Orbene, l’applicazione fatta dalla Commissione del principio dell’investitore privato in economia di mercato non emergerebbe affatto chiaramente dalla decisione impugnata. Per quanto riguarda il tasso minimo, la Commissione si limiterebbe al paragone con la situazione dell’Iberia. La decisione impugnata non farebbe nessun riferimento alla consultazione degli investitori finanziari in ordine all’ultima versione del piano di ristrutturazione. Il contenuto definitivo del programma non sarebbe stato preso in considerazione. L’Alitalia si riferisce, in particolare, all’accelerazione del progetto riguardante l’Alitalia Team SpA (compagnia low‑cost), agli accordi di handling, all’avvio del progetto di iniziative tariffarie, agli esodi del personale, tutti aspetti il cui impatto poteva essere, a suo avviso, valutato, essendo ormai trascorsi sei mesi dall’inizio dell’attuazione del piano.

52      Per quanto riguarda il tasso interno, l’Alitalia sostiene che la decisione impugnata è talmente poco trasparente da costringere il Tribunale a ricorrere ad altri elementi di valutazione per poterne controllare la pertinenza. Le indicazioni fornite sarebbero troppo scarse per poter valutare il calcolo del valore finale dell’Alitalia e dei costi d’insolvenza che l’IRI dovrebbe sopportare in caso di liquidazione dell’Alitalia.

53      L’Alitalia deduce che la Commissione avrebbe potuto allegare alla decisione impugnata la relazione dei suoi consulenti fornita nel giugno 2001 o includere i contenuti essenziali nel testo di tale decisione.

54      L’Alitalia ne conclude che la decisione impugnata è seriamente viziata da difetto di motivazione e conseguente violazione dell’art. 253 CE.

55      La Commissione contesta in tutte le sue memorie la sussistenza di un difetto di motivazione della decisione impugnata. Essa aggiunge che i mezzi e gli argomenti dell’Alitalia dimostrano come la motivazione abbia pienamente assolto alla sua funzione, vale a dire consentire agli interessati di comprendere in qual modo l’istituzione abbia applicato il Trattato e, se del caso, difendere i propri diritti, consentendo, al tempo stesso, al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo giurisdizionale.

b)     Giudizio del Tribunale

56      Secondo giurisprudenza costante, l’accertamento se la motivazione di una decisione soddisfi le condizioni di cui all’art. 253 CE deve essere effettuato alla luce non solo del tenore della decisione, ma anche del suo contesto, nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia. Anche se la Commissione non è tenuta a pronunciarsi, nella motivazione della decisione, su tutti i punti di fatto e di diritto sollevati dagli interessati nel corso del procedimento amministrativo, essa deve comunque tener conto di tutte le circostanze e di tutti gli elementi rilevanti del caso, per consentire al giudice comunitario di esercitare il proprio sindacato di legittimità e per portare a conoscenza sia degli Stati membri sia dei cittadini interessati i criteri in base ai quali ha applicato il Trattato (v. sentenza del Tribunale 25 giugno 1998, cause riunite T‑371/94 e T‑394/94, British Airways e a./Commissione, Racc. pag. II‑2405, punto 94 e giurisprudenza cit.).

57      La soluzione della questione se un atto comunitario soddisfi l’obbligo di motivazione di cui all’art. 253 CE dipende dalla natura dell’atto di cui trattasi e dal contesto nel quale è stato adottato. Pertanto, quando l’interessato è stato strettamente associato al procedimento di elaborazione della decisione impugnata e conosce quindi la ragione per cui l’amministrazione ha ritenuto di non dover accogliere la sua domanda, la portata dell’obbligo di motivazione dipende dal contesto così creato da una tale partecipazione. In una tale ipotesi, i requisiti della giurisprudenza in materia sono fortemente attenuati (v. sentenza del Tribunale 12 giugno 1997, causa T‑504/93, Tiercé Ladbroke/Commissione, Racc. pag. II‑923, punto 52 e giurisprudenza cit.).

58      Ai fini dell’esame dell’obbligo di motivazione nel contesto in esame, occorre precisare che il procedimento di controllo degli aiuti di Stato è un procedimento avviato nei confronti dello Stato membro responsabile della concessione dell’aiuto e che gli interessati ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE, tra i quali figura il beneficiario dell’aiuto, non possono pretendere direttamente un dibattito in contraddittorio con la Commissione, quale quello previsto in favore del detto Stato membro (v. sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑198/01, Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione, Racc. pag. II‑2717, punto 61 e giurisprudenza cit.).

59      È alla luce di tali principi che occorre esaminare se la motivazione della decisione impugnata risponda alle disposizioni dell’art. 253 CE.

60      A tale proposito, si deve necessariamente rilevare che i fatti e le considerazioni che rivestono un’importanza essenziale nell’economia della decisione impugnata e che consentono di conoscere il contesto nel quale la Commissione ha operato una nuova applicazione del criterio dell’investitore privato nell’economia di mercato, a seguito dell’annullamento da parte del Tribunale della decisione del 1997, risultano dalla decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 settembre 1998, cause riunite T‑374/94, T‑375/94, T‑384/94 e T‑388/94, European Night Services e a./Commissione, Racc. pag. II‑3141, punto 95).

61      Per quanto attiene alla motivazione della determinazione del tasso minimo, occorre anzitutto rinviare ai punti 24‑29 della decisione impugnata, nei quali sono descritte le ragioni basate sulla situazione specifica dell’Alitalia che giustificano la fissazione del tasso minimo al 30%. Prima di enunciare i rischi specifici dell’impresa, il punto 25 della decisione impugnata inizia con le seguenti considerazioni:

«Nel caso presente, sulla base delle informazioni in suo possesso, e in particolare in base alla relazione de[i suoi consulenti], la Commissione ritiene che il tasso minimo sia prossimo al 30% in considerazione dell’entità dell’importo in questione e soprattutto in considerazione dei rischi inerenti all’operazione stessa. Questo tasso – pari come minimo al 30% – tiene infatti conto della possibilità che il piano di ristrutturazione non segua lo svolgimento previsto e che il rendimento effettivo dell’investimento risulti, alla fine dei conti, notevolmente inferiore. Del resto, il tasso può soltanto essere superiore al costo dei capitali propri qualora quest’ultimo non tenga conto di tutti i rischi relativi alla società. Orbene, nonostante i miglioramenti successivi agli adattamenti apportati al piano nel febbraio e [nel] giugno 1997 e notificati alla Commissione il 26 giugno 1997, Alitalia risulta essere un’impresa il cui rischio specifico resta molto elevato. (…)»

62      Ai punti 30 e 31 della decisione impugnata, la Commissione motiva, inoltre, il tasso minimo fissato nel caso di specie, paragonandolo a quello che essa aveva stabilito nella decisione Iberia (v. infra, punti 109‑111).

63      La decisione impugnata contiene, peraltro, una motivazione formale sulla presa in considerazione, nella valutazione del tasso minimo, dell’ultima versione del piano di ristrutturazione.

64      Al punto 27 della decisione impugnata si afferma infatti:

«Le ultime modificazioni che le autorità italiane hanno apportato al piano nel giugno 1997 – ufficialmente trasmesse alla Commissione il 26 giugno – non sono atte ad invalidare il calcolo del valore [del tasso minimo]. Oltre alla decisione delle autorità italiane di porre a carico di Alitalia il costo dei prepensionamenti del personale, queste modifiche comprendono la riduzione, a ritmo più accelerato del previsto, delle spese dell’impresa tramite un più celere trasferimento del personale di Alitalia ad Alitalia Team, una riduzione da 2 800 a 2 750 miliardi di [ITL] dell’importo complessivo dell’iniezione di capitale, nonché la cessione delle partecipazioni di Alitalia nella società ungherese Mal[é]v e in sei aeroporti regionali italiani. Queste modificazioni, che pure riducono indubbiamente i rischi inerenti all’operazione ed accrescono la redditività dell’iniezione di capitale, sono comunque marginali e risultano molto meno incisive delle prime modifiche apportate al piano di ristrutturazione dalle autorità italiane nel febbraio del 1997. Infatti, le modifiche del giugno 1997 hanno un’incidenza limitata sui principali risultati del piano e sui dividendi attesi dagli azionisti. (…)».

65      La decisione impugnata contiene poi una tabella che valuta tale incidenza. Pertanto, anche sotto tale profilo, la decisione impugnata risulta motivata.

66      Per quanto attiene alla motivazione della determinazione del tasso interno, essa figura ai punti 19‑23 della decisione impugnata, che enunciano gli elementi sui quali la Commissione si è basata ai fini del suo calcolo, e segnatamente al punto 20 per quanto riguarda i costi di insolvenza e al punto 22 per quanto riguarda il valore finale.

67      Si deve peraltro sottolineare che l’Alitalia era stata strettamente associata al procedimento che ha condotto all’adozione della decisione del 1997, procedimento che non è stato annullato dal Tribunale (v. infra, punti 96‑101). In particolare, l’Alitalia aveva avuto accesso alla seconda e alla terza relazione dei consulenti della Commissione, accluse in allegato al ricorso nella presente causa.

68      Per quanto attiene all’affermazione dell’Alitalia secondo cui la Commissione avrebbe potuto allegare alla decisione impugnata la relazione dei propri consulenti del 1° giugno 2001, essa non è pertinente per comprovare, nel caso in esame, la sussistenza di un vizio di motivazione. Tale affermazione, nella parte in cui riguarda la violazione del diritto di difesa, sarà esaminata infra, nell’ambito dei punti 164‑177.

69      Si deve tenere conto, inoltre, del fatto che la decisione impugnata è stata adottata successivamente alla decisione del 1997 e a una sentenza del Tribunale che ha annullato quest’ultima decisione, la sentenza Alitalia I, punto 8 supra (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 febbraio 1996, causa C‑56/93, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑723, punto 87). Nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, sono descritti i fatti all’origine della controversia (punti 1‑12), la procedura amministrativa che ha portato all’adozione della decisione del 1997 (punti 13‑35) e il contenuto della decisione del 1997 (punti 36‑48). La decisione impugnata è stata pertanto adottata in un contesto ben noto alla ricorrente (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 giugno 2005, causa T‑17/02, Olsen/Commissione, Racc. pag. II‑2031, punto 97).

70      Conseguentemente, per quanto attiene agli elementi menzionati dall’Alitalia nel detto primo capo, vale a dire la determinazione del tasso minimo e del tasso interno nonché, in definitiva, l’applicazione del criterio dell’investitore privato in economia di mercato, si deve necessariamente rilevare che la decisione impugnata contiene una motivazione sufficiente.

71      Quanto al resto, nella parte in cui l’Alitalia contesta la fondatezza della motivazione della determinazione del tasso minimo e di quella del tasso interno, si deve rinviare infra, ai punti 178‑370.

2.     Difetto di motivazione, nella decisione impugnata, delle condizioni imposte nella decisione del 1997

a)     Argomenti delle parti

72      L’Alitalia sostiene che la decisione impugnata sia carente di motivazione per quanto attiene alle condizioni che subordinano il giudizio di compatibilità con il mercato comune del conferimento di capitale controverso. Essa aggiunge che la Commissione non potrebbe sostenere che nel 2001 valga il medesimo ragionamento compiuto nel 1997, in quanto lo scarto tra il tasso minimo e il tasso interno non era più del 10%, ma solo del 3,9%. La decisione impugnata non conterrebbe alcuna valutazione in proposito. L’Alitalia precisa di non contestare le condizioni imposte nella decisione del 1997, bensì sostiene l’impossibilità per la Commissione di riproporre nell’ambito della decisione impugnata le stesse condizioni, senza fornire un’adeguata motivazione al riguardo.

73      La Commissione replica di aver proceduto ad una motivazione per relationem, come risulta dai punti 1 e 36 della decisione impugnata. D’altronde, le condizioni costituirebbero, in realtà, impegni assunti dalle autorità italiane e non sarebbero imputabili alla Commissione, ragion per cui non sarebbe necessario fornire alcuna motivazione al riguardo. La Commissione aggiunge che la motivazione della decisione impugnata, benché effettuata per relationem, non ha impedito all’Alitalia di cogliere la ratio della decisione impugnata.

b)     Giudizio del Tribunale

74      Le condizioni che subordinano il giudizio di compatibilità con il mercato comune del conferimento di capitale controverso, indicate nella decisione del 1997, sono riprese al punto 1 della decisione impugnata. Peraltro, al punto 36 della decisione impugnata, la Commissione rinvia espressamente, per la motivazione, «ai punti relativi della motivazione della decisione del 1997».

75      Si deve sottolineare, a tal riguardo, che l’Alitalia precisa di non voler contestare, manifestamente, le condizioni imposte nella decisione del 1997, bensì afferma l’impossibilità per la Commissione di imporre nuovamente le stesse condizioni nell’ambito della decisione impugnata, senza fornire adeguata motivazione al riguardo.

76      Si deve quindi necessariamente rilevare che il secondo capo del detto motivo, sollevato in termini generici dall’Alitalia, non attiene alla forma, che essa non contesta, bensì al merito della motivazione della riproposizione, nella decisione impugnata, delle stesse condizioni già imposte con la decisione del 1997. Tale capo dovrà essere quindi esaminato infra, ai punti 399‑418. Talune precisazioni verranno eventualmente fornite anche nell’ambito dell’esame delle singole condizioni in risposta ad alcune critiche puntuali della motivazione formulate dall’Alitalia al di fuori dell’ambito del presente motivo.

77      L’Alitalia non ha quindi dimostrato, nell’ambito di tale motivo di carattere generico, alcun vizio di motivazione della decisione impugnata, ragion per cui il motivo dev’essere respinto in toto.

B –  Sul motivo relativo alla violazione dell’art. 233 CE

78      L’Alitalia deduce la violazione dell’art. 233 CE, sia nell’ambito del primo capo del primo motivo, per la mancata apertura di un nuovo procedimento di esame, sia nell’ambito del terzo motivo. Appare opportuno esaminarli congiuntamente.

1.     Argomenti delle parti

79      L’Alitalia sostiene che, in seguito ad una sentenza d’annullamento, l’istituzione convenuta deve adottare, in forza dell’art. 233 CE, i provvedimenti necessari per eliminare gli effetti delle illegittimità accertate, dovere che, nel caso di un atto già eseguito, può consistere nel reintegrare la ricorrente nella situazione nella quale la stessa si trovava anteriormente a tale atto.

80      Secondo l’Alitalia, emerge da costante giurisprudenza che l’art. 233 CE impone all’istituzione di conformarsi alla sentenza di annullamento tenendo conto sia del dispositivo sia della motivazione della pronuncia e valutando attentamente gli effetti della pronuncia di annullamento sulle precedenti fasi del procedimento. L’istituzione potrebbe riprendere il procedimento a partire dalla fase in cui si è verificato il vizio censurato dal giudice solo qualora si tratti di un mero vizio di forma o di procedura. L’istituzione sarebbe tenuta a riavviare il procedimento ab initio qualora essa non disponga degli elementi istruttori necessari per formulare una nuova valutazione del caso in esame.

81      Orbene, nel caso di specie, i vizi censurati dal Tribunale nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, avrebbero carattere sostanziale e, conseguentemente, la Commissione avrebbe l’obbligo di avviare un nuovo procedimento di esame.

82      A sostegno di tale affermazione, l’Alitalia deduce, in primo luogo, che il Tribunale ha censurato gli apprezzamenti di merito condotti dalla Commissione con riferimento a due fondamentali profili, vale a dire la mancata considerazione dei costi di insolvenza, da un lato, e il mancato esame dell’ultima versione del piano di ristrutturazione presentato nel giugno del 1997, dall’altro.

83      Peraltro, secondo l’Alitalia, la Commissione doveva comunque riavviare il procedimento formale di esame di cui all’art. 88, n. 2, CE, poiché non disponeva di un ventaglio completo e non controverso di elementi istruttori e poiché la valutazione della compatibilità dell’aiuto sollevava gravi difficoltà che non erano state superate nel corso della fase preliminare. L’Alitalia ritiene, in particolare, che per determinare il tasso minimo, fosse necessario un nuovo sondaggio presso gli investitori istituzionali. La necessità di acquisire nuovi elementi di analisi implicava parimenti, a suo parere, che la Commissione facesse ricorso ad una nuova consulenza tecnica garantendo un contraddittorio con l’Alitalia e le autorità italiane.

84      La Commissione avrebbe in tal modo violato l’art. 233 CE deformando manifestamente il contenuto della sentenza Alitalia I, punto 8 supra, alla quale la decisione impugnata non si conformerebbe.

85      Così, nella decisione impugnata, i costi d’insolvenza sarebbero stimati a ITL 750 miliardi, mentre, secondo la sentenza Alitalia I, punto 8 supra, essi ammonterebbero a ITL 1 140 miliardi. Tale somma di ITL 750 miliardi non avrebbe costituito oggetto di contraddittorio, non figurerebbe nella decisione del 1997 e non sarebbe stata accettata dall’Alitalia.

86      Quanto all’ultima versione del piano di ristrutturazione, l’Alitalia sostiene che, per ottemperare alla sentenza Alitalia I, punto 8 supra, la Commissione era obbligata, nel rieffettuare i calcoli tenendo conto di questa versione del piano, a muovere dal presupposto, ormai non più confutabile, che questa migliorasse la redditività dell’operazione controversa e riducesse i rischi. L’Alitalia afferma che il tasso interno doveva conseguentemente essere aumentato e il tasso minimo diminuito. Secondo l’Alitalia, la Commissione non poteva quindi giungere alla conclusione che queste ultime modifiche avevano «un’incidenza limitata» sui suddetti parametri e lasciare inalterati i calcoli.

87      In particolare, la Commissione non avrebbe quantificato l’incidenza, con riguardo ai rischi, delle ultime modifiche apportate al piano di ristrutturazione. Il tasso minimo sarebbe rimasto inalterato. Inoltre, la Commissione avrebbe omesso di ripercorrere le tappe che l’avevano condotta alla determinazione iniziale del tasso del 30%. Essa non avrebbe modificato le proprie valutazioni sulla corrispondenza tra le rispettive situazioni dell’Alitalia e dell’Iberia e non avrebbe proceduto ad alcuna nuova consultazione.

88      Per quanto riguarda il tasso interno, l’Alitalia osserva che il tasso del 26,1% di cui al punto 23 della decisione impugnata è identico a quello ottenuto in esito del calcolo allegato dalla Commissione alla propria controreplica nella causa T‑296/97. Questo sarebbe dunque stato semplicemente «riciclato» nella seconda decisione e non prenderebbe in considerazione tutti gli elementi dell’ultima versione del piano di ristrutturazione.

89      Peraltro, le considerazioni del Tribunale sul difetto di motivazione della trasposizione all’Alitalia nella decisione del 1997 del tasso minimo applicato nella decisione Iberia metterebbero in discussione il fondamento stesso del ragionamento della Commissione. Secondo l’Alitalia, nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, il Tribunale non si sarebbe limitato a censurare la decisione del 1997 per difetto di un’adeguata motivazione. Esso avrebbe censurato lo stesso ricorso a causa dell’equiparazione tra l’Alitalia e l’Iberia. Il Tribunale avrebbe rilevato una vera e propria contraddizione tra la scelta di applicare all’Alitalia il tasso minimo applicato dalla Commissione nella decisione Iberia, da un lato, e le valutazioni espresse dalla Commissione e dai suoi consulenti quanto ai minori rischi del piano Alitalia rispetto a quello Iberia, dall’altro. Il Tribunale avrebbe quindi ritenuto ingiustificato fissare all’Alitalia il tasso del 30% mediante rinvio a quello fissato per l’Iberia. La decisione impugnata si sarebbe dunque posta implicitamente in contraddizione con la sentenza Alitalia I, punto 8 supra, invece di adeguarvisi, come imposto dall’art. 233 CE. Nell’elaborare una nuova motivazione a sostegno di tale sproporzionato tasso minimo, la Commissione avrebbe sviluppato giustificazioni nuove, che non aveva mai espresso nel corso del procedimento amministrativo e che il Tribunale dovrebbe dunque respingere.

90      La Commissione sostiene che le censure formulate dall’Alitalia si fondano su un’errata comprensione della portata e degli effetti della sentenza Alitalia I, punto 8 supra, nonché degli obblighi che l’art. 233 CE impone alla Commissione. L’annullamento pronunciato dal Tribunale riguarderebbe unicamente la valutazione finale operata dalla Commissione e non già il procedimento di esame che ha condotto all’adozione della decisione del 1997. L’invalidità della decisione del 1997 non si estenderebbe, pertanto, agli atti preparatori, ragion per cui la Commissione avrebbe potuto, ed anzi dovuto, riprendere il procedimento di esame nel punto preciso in cui l’illegittimità si era verificata, vale a dire al momento dell’adozione della decisione del 1997.

91      In particolare, il Tribunale si sarebbe limitato, nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, a censurare un vizio di motivazione, senza contestare il fatto che le situazioni dell’Alitalia e dell’Iberia potessero essere paragonabili. Analogamente, la scelta di applicare, nella decisione impugnata, un tasso minimo del 30% risponderebbe alla situazione propria dell’Alitalia e non sarebbe frutto di un rinvio puro e semplice al caso dell’Iberia.

92      Dal punto 20 della decisione impugnata risulterebbe che i costi d’insolvenza sono stati inclusi nel calcolo del tasso interno. La Commissione rammenta che la tabella elaborata a sua cura nell’ambito del ricorso T‑296/97, e riprodotta dall’Alitalia in allegato al ricorso della presente causa, teneva già conto dell’inclusione di tali costi nel tasso interno. La Commissione fa presente di aver ritenuto di poter dedurre che l’Alitalia concordasse sull’ammontare di ITL 750 miliardi, dal fatto che la compagnia non aveva contestato tale importo nell’ambito del ricorso T‑296/97, pur avendolo menzionato nelle proprie memorie. L’istituzione prende atto che le cose stanno diversamente, affermando al tempo stesso che la circostanza è irrilevante nella fattispecie, in quanto non utile a fondare il ragionamento esposto nella decisione impugnata. La Commissione precisa peraltro che le ragioni che l’hanno indotta a fissare l’importo di tali costi a ITL 750 miliardi sono specificate al punto 20 della decisione impugnata ed erano state illustrate nelle relazioni dei propri consulenti del 21 febbraio e 18 giugno 1997, presentate dall’Alitalia in allegato al ricorso.

93      La Commissione afferma di aver proceduto al riesame del tasso interno e del tasso minimo alla luce delle modifiche apportate nell’ultima versione del piano di ristrutturazione. Essa osserva che il tasso interno, che nella decisione del 1997 era fissato al 20%, è stato fissato nella decisione impugnata al 26,1%, a seguito dell’inclusione nel calcolo dei costi di insolvenza. Ai punti 19‑23 della decisione impugnata la Commissione avrebbe specificato gli elementi pertinenti del calcolo.

94      La Commissione sottolinea, inoltre, che la determinazione del tasso minimo dipende, in particolare, da elementi soggettivi, come l’atteggiamento dell’investitore di fronte al rischio, ragion per cui qualsiasi nuova consultazione effettuata ex post sarebbe risultata falsata dalla circostanza che era nota l’evoluzione del settore in generale e dell’impresa interessata in particolare. I consulenti della Commissione avrebbero tuttavia effettivamente preso in considerazione le modifiche apportate dall’ultima versione del piano di ristrutturazione, ritenendo che gli effetti economico‑finanziari non fossero tali da modificare il tasso minimo, a suo tempo fissato nella misura del 30%.

95      La Commissione rammenta inoltre che la fissazione del tasso minimo che un investitore privato esigerebbe presuppone una previsione e non una valutazione a posteriori. Ne conseguirebbe che i risultati dell’anno 1997 non potrebbero essere presi in considerazione.

96      La Commissione afferma che, in ogni caso, anche in presenza di un vizio di merito nell’atto annullato, sarebbe possibile fondare una nuova decisione su un procedimento di esame precedentemente realizzato, qualora i fatti da valutare siano rigorosamente gli stessi di quelli già esaminati nella decisione iniziale. Essa deduce, al riguardo, che non avrebbe avuto alcun senso effettuare nel 2001 un nuovo sondaggio presso gli investitori istituzionali al fine di determinare retrospettivamente il tasso minimo che essi avrebbero ritenuto adeguato qualora si fossero pronunciati nel 1997 alla luce delle ultime modifiche del piano di ristrutturazione.

2.     Giudizio del Tribunale

97      Ai termini dell’art. 233 CE, l’istituzione da cui proviene l’atto annullato è tenuta a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza di annullamento comporta.

98      Al fine di conformarsi ad una sentenza di annullamento e dare ad essa piena esecuzione, le istituzioni sono tenute a rispettare non solo il dispositivo della sentenza, ma anche la motivazione da cui quest’ultima discende e che ne costituisce il sostegno necessario, nel senso che è indispensabile per determinare il senso esatto di quanto è stato dichiarato nel dispositivo. Infatti, è questa motivazione che, in primo luogo, identifica la disposizione esatta considerata come illegittima e, in secondo luogo, evidenzia le ragioni esatte dell’illegittimità accertata nel dispositivo e che le istituzioni interessate devono prendere in considerazione nel sostituire l’atto annullato (sentenza della Corte 26 aprile 1988, cause riunite 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, Asteris e a./Commissione, Racc. pag. 2181, punto 27).

99      Il procedimento diretto a sostituire tale atto può così essere ricominciato dal punto preciso in cui l’illegittimità si è verificata (v. sentenza della Corte 3 ottobre 2000, causa C‑458/98 P, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, Racc. pag. I‑8147, punto 82 e giurisprudenza cit.).

100    Secondo costante giurisprudenza, l’annullamento di un atto comunitario non incide necessariamente sugli atti preparatori (sentenza della Corte 12 novembre 1998, causa C‑415/96, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑6993, punto 32; v. parimenti, in questo senso, sentenza della Corte 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I‑4023, punto 34). L’annullamento di un atto che pone fine ad un procedimento amministrativo comprendente varie fasi non comporta necessariamente l’annullamento di tutto il procedimento precedente l’adozione dell’atto impugnato indipendentemente dai motivi, di merito o procedurali, della sentenza di annullamento (v. sentenza del Tribunale 15 ottobre 1998, causa T‑2/95, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, Racc. pag. II‑3939, punto 91, e giurisprudenza cit.).

101    Qualora, nonostante gli atti istruttori consentano un’analisi esauriente della compatibilità dell’aiuto, l’analisi operata dalla Commissione si riveli incompleta e comporti quindi l’illegittimità della decisione, il procedimento diretto a sostituire tale decisione può essere riassunto a questo punto procedendo a una nuova analisi degli atti istruttori (v., in tal senso, sentenza Spagna/Commissione, punto 100 supra, punto 34).

102    È alla luce di tali principi elaborati dalla giurisprudenza che occorre verificare, alla luce del fatto che il dispositivo della sentenza Alitalia I, punto 8 supra, contiene una decisione di annullamento, se nella decisione impugnata la Commissione abbia adottato i provvedimenti necessari ai fini dell’esecuzione della sentenza e, in tale contesto, verificare in particolare se la motivazione della sentenza obbligasse o meno l’istituzione a riavviare tutto il procedimento ab initio.

103    A tal riguardo si deve sottolineare, in limine, che, contrariamente a quanto affermato dall’Alitalia, la giurisprudenza non subordina la possibilità di non riprendere tutto il procedimento precedente l’adozione di un atto adottato in sostituzione di un altro alla condizione che quest’ultimo sia stato annullato per vizi procedurali (sentenza 15 ottobre 1998, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, punto 100 supra, punto 91).

104    Nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, il Tribunale ha chiaramente posto in evidenza che «[i]l metodo applicato dalla Commissione nella decisione [del 1997] non è censurabile in quanto tale» (punto 99). Tuttavia, il Tribunale ha annullato la decisione del 1997, in quanto quest’ultima era viziata da «un difetto di motivazione nella parte in cui fissava per l’investimento dell’IRI lo stesso tasso minimo di quello determinato nella decisione Iberia» (punto 137). Esso ha, inoltre, annullato la decisione del 1997, avendo la Commissione commesso due manifesti errori di valutazione nel considerare, quanto al primo, «in base ai motivi presentati nella decisione [del 1997], che i costi di insolvenza relativi ai prestiti accordati dalla Cofiri [che è una società del gruppo IRI] dovevano essere esclusi dal calcolo del tasso interno» (punto 150) e, quanto al secondo, «che le modifiche introdotte nel piano di ristrutturazione nel giugno 1997, che, come da essa stessa ammesso, riducevano ulteriormente i rischi inerenti a tale piano e miglioravano la redditività dell’impresa, non ave[vano] alcuna incidenza sul calcolo del tasso minimo e del tasso interno e, quindi, sulla decisione se l’investimento dell’IRI soddisfacesse il criterio dell’investitore privato» (punto 169).

105    Occorre esaminare le ragioni che hanno condotto il Tribunale a tali conclusioni nella sentenza Alitalia I.

106    Per quanto attiene, in primo luogo, al difetto di motivazione relativo alla fissazione del tasso minimo, si deve osservare che, prima di esaminare tale motivo sollevato dalla ricorrente, il Tribunale ha valutato e respinto le censure della ricorrente relative agli elementi sui quali la Commissione e i suoi consulenti si erano basati nella determinazione del tasso minimo. In particolare, il Tribunale ha sottolineato che «nessun elemento prodotto dalla ricorrente permette[va] di mettere in dubbio il fatto che gli esperti consultati da[i] [consulenti della Commissione] non disponessero delle informazioni necessarie nel caso di specie per valutare il tasso minimo» (punto 121).

107    Nell’ambito dell’esame del difetto di motivazione, dopo aver richiamato le considerazioni che avevano indotto la Commissione a fissare il tasso minimo a un livello del 30% nella decisione Iberia (punto 128), il Tribunale ha sottolineato che la ricorrente aveva sostenuto, durante l’intero procedimento amministrativo, che la sua situazione non era comparabile a quella dell’Iberia, insistendo in particolare sul fatto che gli elementi di incertezza che caratterizzavano la pratica Iberia non ricorrevano nel suo caso (punto 131). Il Tribunale ha tuttavia rilevato che «la Commissione, nella decisione [del 1997], non [aveva] spiegato il motivo per cui essa riteneva necessario applicare all’investimento dell’IRI il medesimo tasso minimo del 30% fissato nella decisione Iberia, nonostante dalla decisione [del 1997] emerg[essero] elementi che porta[vano] a pensare, in particolare, che svariati fattori di rischio che [avevano] indotto la Commissione a fissare nella decisione Iberia il tasso minimo a tale livello “molto elevato e nettamente superiore ai tassi rilevati sul mercato” non fossero presenti o lo fossero in misura minore nel caso Alitalia» (punto 136). Il Tribunale ha ritenuto, in conclusione, che la decisione del 1997 era viziata da un difetto di motivazione.

108    Dall’esame di tale primo motivo di annullamento emerge che esso non mette in discussione il procedimento di esame che ha condotto alla fissazione del tasso minimo del 30%. Contrariamente a quanto affermato dall’Alitalia, il Tribunale non ha nemmeno ritenuto che il tasso minimo non potesse essere fissato al 30%, né ha ritenuto invalido qualsiasi raffronto tra l’Iberia e l’Alitalia. Ne consegue che il detto primo motivo di annullamento della decisione del 1997 da parte del Tribunale non costituiva ostacolo alla reiterazione dell’atto sulla base degli elementi disponibili munendolo di una motivazione più circostanziata.

109    Orbene, nella decisione impugnata, dopo aver lungamente descritto, ai punti 25‑29, i motivi, basati sulla specifica situazione dell’Alitalia, che giustificavano la fissazione del tasso minimo al 30%, e constatato, al punto 30, che tale tasso era identico a quello che la Commissione aveva individuato nella decisione Iberia, la Commissione spiega perché essa «ritiene che i rischi inerenti all’iniezione di capitale di cui ha beneficiato l’Alitalia nel luglio 1997 sono per lo meno tanto elevati quanto quelli inerenti all’iniezione [di] capitale di cui aveva beneficiato Iberia nel gennaio 1996». La Commissione prosegue il raffronto al punto 31 della decisione impugnata.

110    A tale proposito, per quanto riguarda la situazione sociale delle due imprese richiamata dal Tribunale nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, la Commissione precisa a questo punto che questa «può [risultare] accomuna[ta] agli occhi dell’investitore». Essa sottolinea che «[l]’investitore potrebbe probabilmente osservare che le parti sociali si sono impegnate, in entrambi i casi, ad accettare, in una certa misura, miglioramenti della produttività e una diminuzione dei costi di produzione, ma l’investitore prenderebbe soprattutto in considerazione le agitazioni sociali che hanno accompagnato la vita delle due società aeree nel corso degli anni precedenti l’iniezione di capitale, nonché la necessità, cui esse sono entrambe confrontate, di trasformare la loro cultura d’impresa, adeguando le caratteristiche di un organismo pubblico restato a lungo in situazione di monopolio alle nuove condizioni del mercato» (punto 31 della decisione impugnata).

111    Per quanto attiene, inoltre, alla realizzabilità del piano di ristrutturazione dell’Alitalia rispetto all’incertezza che avrebbe caratterizzato la ricapitalizzazione dell’Iberia, differenza parimenti evocata dal Tribunale nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, la Commissione afferma, sempre al punto 31 della decisione impugnata, che «i fattori di rischio che caratterizzano la situazione di Iberia sono ampiamente controbilanciati, agli occhi di un ipotetico investitore, dalla doppia incertezza, nel caso di Alitalia, in ordine alle condizioni del suo sviluppo a Malpensa (parte essenziale del piano) e agli effetti della liberalizzazione del mercato interno italiano dell’aviazione civile». Essa ricorda, a tale proposito, che «[i]l mercato interno spagnolo dell’aviazione civile (...) è stato liberalizzato diversi anni prima del mercato interno italiano e [che], nel 1996, [era] già possibile apprezzarne gli effetti su Iberia, mentre gli effetti dell’apertura del mercato interno italiano su Alitalia restano molto aleatori nel 1997». La Commissione aggiunge «che Iberia detiene una situazione privilegiata sul mercato dei collegamenti tra Europa e America latina, mentre Alitalia non dispone di un analogo vantaggio».

112    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve ritenere che la Commissione, motivando a tal riguardo la decisione impugnata, si è conformata all’art. 233 CE.

113    In secondo luogo, quanto ai due manifesti errori di valutazione, il Tribunale ha anzitutto rilevato nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, «che, nella decisione [del 1997], la Commissione afferma[va] che, ai fini del calcolo del tasso interno, essa [aveva] escluso i costi di insolvenza» (punto 142). Il Tribunale ha poi esposto i motivi che hanno indotto la Commissione a procedere a tale esclusione (punto 144), prima di respingerli e aggiungere che il ragionamento della Commissione relativo ai costi di insolvenza era circolare (punti 146‑149). Il Tribunale ha concluso che «la Commissione [aveva] commesso un manifesto errore di valutazione nel considerare, in base ai motivi presentati nella decisione impugnata, che i costi di insolvenza relativi ai prestiti accordati dalla Cofiri dovevano essere esclusi dal calcolo del tasso interno» (punto 150). Il Tribunale ha poi respinto l’argomento della ricorrente relativo al preteso erroneo calcolo del tasso interno per il fatto che la Commissione l’avrebbe costretta ad accollarsi il costo del prepensionamento di 700 suoi lavoratori (punti 152‑156).

114    Si deve necessariamente rilevare che, senza rimettere in discussione il procedimento di esame né l’esattezza dei dati di base raccolti nel corso del medesimo, in particolare i costi di insolvenza, nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, il Tribunale ha censurato la mancata considerazione dei detti costi di insolvenza nel calcolo del tasso interno.

115    Tale errore, commesso nella selezione e nell’elaborazione finale delle informazioni disponibili, era riparabile mediante l’inclusione di tali costi nel calcolo del costo interno. Correttamente, quindi, la Commissione afferma, al punto 20 della decisione impugnata, che in questo caso occorre procedere a tale inclusione.

116    La Commissione stima i costi di insolvenza complessivamente in ITL 750 miliardi, importo di cui l’Alitalia non può sostenere di essere giunta a conoscenza nella decisione impugnata senza aver avuto la possibilità di discussione in contraddittorio. Infatti, sin dalla relazione 21 febbraio 1997 (fornita dall’Alitalia in allegato al ricorso e considerata dal Tribunale parte integrante della motivazione della decisione del 1997), i consulenti della Commissione hanno affermato, in esito alla loro analisi dei costi di insolvenza, che l’importo di questi ultimi non avrebbe dovuto superare i 750 miliardi di ITL invece dei 1 140 miliardi di ITL dedotti dall’Alitalia.

117    Si deve necessariamente rilevare a tal riguardo che, come l’Alitalia d’altronde riconosce, nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, il Tribunale non si era pronunciato sulla pertinenza del detto importo di ITL 750 miliardi. Il Tribunale non aveva tuttavia nemmeno fatto proprio l’importo di ITL 1 140 miliardi dedotto dall’Alitalia a sostegno del proprio primo ricorso (punto 138). Dalla sentenza Alitalia I, punto 8 supra, non può quindi dedursi che, al fine di conformarsi alla sua motivazione, la Commissione dovesse prendere in considerazione l’uno o l’altro importo a titolo di costi di insolvenza.

118    Peraltro, l’affermazione contenuta al punto 20 della decisione impugnata, secondo cui l’Alitalia avrebbe accettato l’importo di ITL 750 miliardi, è stata successivamente eliminata per effetto di rettifica (v. supra, punto 22).

119    Si deve inoltre rilevare che, nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra (punto 150), il Tribunale ha dichiarato, in conclusione, la sussistenza di un manifesto errore di valutazione «alla luce della motivazione esposta nella decisione [del 1997]». In altri termini, il Tribunale non ha escluso che la Commissione potesse invocare motivi più pertinenti.

120    Il Tribunale ha inoltre rammentato che, «nell’ambito del contenzioso di annullamento, non spetta[va al medesimo] rivalutare il tasso interno per l’investimento ed esaminare se il detto tasso, nell’ipotesi in cui i costi di insolvenza fossero stati inclusi nel suo calcolo, resterebbe inferiore al tasso minimo» (punto 151). Il Tribunale non ha quindi escluso che il tasso interno restasse inferiore al tasso minimo.

121    Alla luce delle suesposte considerazioni, la Commissione, includendo i costi di insolvenza nel calcolo del tasso interno senza riprendere il procedimento di esame ab initio, si è conformata, attraverso la decisione impugnata, all’art. 233 CE.

122    Infine, per quanto attiene alla presa in considerazione delle ultime modifiche apportate al piano di ristrutturazione nel giugno del 1997, nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, il Tribunale ha anzitutto esaminato la cronologia degli eventi (punti 158‑161), esponendo successivamente gli argomenti della Commissione secondo cui le ultime modifiche apportate al piano di ristrutturazione non avrebbero potuto incidere in termini decisivi (punto 163). Il Tribunale ha respinto tale argomento sulla base del rilievo che esso riguardava eventi intervenuti successivamente all’adozione della decisione [del 1997] (punto 164). Il Tribunale ha infine dichiarato che, come indicato dalla Commissione, il tasso minimo era direttamente proporzionale al rischio inerente all’investimento e che il tasso interno esprimeva, secondo la Commissione, la redditività di base dell’operazione. Il Tribunale ha tuttavia aggiunto che «la Commissione stessa [aveva] accertato nella decisione [del 1997] che le ultime migliorie introdotte al piano di ristrutturazione nel giugno 1997 riduc[evano] i rischi inerenti al piano di ristrutturazione e incrementa[va]no ancora la redditività dell’iniezione di capitale». Esso ha sottolineato che «[s]embra[va] quindi che tali ultime modifiche [fossero] tali da far aumentare il tasso interno (accresciuta redditività) e da far scendere il tasso minimo (rischi ridotti)» (punto 167). Ciò premesso, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione, per poter valutare correttamente se l’investimento dell’IRI soddisfacesse il criterio dell’investitore privato, avrebbe dovuto rivalutare il tasso minimo ed il tasso interno sulla base dell’ultima versione del piano di ristrutturazione (punto 168). Il Tribunale ha concluso che «la Commissione [aveva] commesso un manifesto errore di valutazione nel ritenere che le modifiche introdotte nel piano di ristrutturazione nel giugno 1997, che, come da essa stessa ammesso, riducevano ulteriormente i rischi inerenti a tale piano e miglioravano la redditività dell’impresa, non avessero alcuna incidenza sul calcolo del tasso minimo e del tasso interno e, quindi, sulla decisione se l’investimento dell’IRI soddisfacesse il criterio dell’investitore privato» (punto 169).

123    Dalle suesposte considerazioni emerge che, nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, l’errore di valutazione rilevato dal Tribunale si colloca nella fase finale dell’adozione della decisione, successivamente alle ultime migliorie apportate al piano di ristrutturazione. Il Tribunale non rimette in discussione il procedimento di esame, segnatamente per quanto attiene alla raccolta ed alla conoscenza dei dati relativi a queste ultime migliorie. Tantomeno si pronuncia sul tasso minimo e sul tasso interno, calcolati nelle precedenti relazioni dei consulenti della Commissione. Contrariamente a quanto dedotto dall’Alitalia, il Tribunale non fornisce indicazioni circa l’entità di tali tassi. Al contrario, esso afferma che non spetta al Tribunale, nell’ambito di un contenzioso di annullamento, «rivalutare il tasso minimo ed il tasso interno per l’investimento e pronunciarsi sul punto se un investitore privato avrebbe avuto interesse a compiere l’investimento che l’IRI si proponeva di effettuare al momento dell’adozione della decisione [del 1997]» (punto 170).

124    L’obbligo imposto alla Commissione con la sentenza Alitalia I, punto 8 supra, consisterebbe quindi nel prendere in considerazione, nell’ambito del calcolo del tasso minimo e del tasso interno, l’ultima versione del piano di ristrutturazione. Occorre quindi verificare se la Commissione si sia conformata a tale obbligo.

125    Quanto alla fissazione del tasso minimo, dal punto 27 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha tenuto conto a tal fine delle modifiche del piano che riguardavano l’accollo, da parte dell’Alitalia, del costo dei prepensionamenti, la riduzione, a ritmo più accelerato del previsto, delle spese del personale tramite un più celere trasferimento del personale dell’Alitalia ad Alitalia Team, una riduzione dell’iniezione di capitale da ITL 2 800 a ITL 2 750 miliardi, nonché la cessione delle partecipazioni dell’Alitalia nella società ungherese Malév e in sei aeroporti regionali italiani.

126    Sempre al punto 27 della decisione impugnata, la Commissione ha inoltre quantificato l’incidenza di tali modifiche.

127    Ai precedenti punti 25‑28 la Commissione ha tuttavia indicato una serie di circostanze che, a suo parere, accrescevano i rischi dell’operazione neutralizzando quindi gli effetti delle modifiche di cui trattasi.

128    Per quanto attiene alla fissazione del tasso interno, l’Alitalia lascia intendere che il tasso del 26,1%, indicato al punto 23 della decisione impugnata, non sarebbe altro che la riproduzione di un tasso già fissato precedentemente dalla Commissione. L’istituzione non avrebbe quindi rivalutato il detto tasso alla luce dell’ultima versione del piano di ristrutturazione, come esigeva invece la sentenza Alitalia I, punto 8 supra.

129    Orbene, si deve rilevare che, nella decisione del 1997, la Commissione aveva fissato il tasso interno ad una percentuale prossima al 20% (punto VII, ottavo comma). Il tasso del 26,1% non costituisce quindi la riproduzione del tasso assunto nell’ambito del primo procedimento chiuso con la sentenza Alitalia I, punto 8 supra.

130    Emerge dalla sentenza Alitalia I, punto 8 supra, che la Commissione aveva affermato, «nella (...) controreplica che tale tasso, ricalcolato sulla base dell’ultima versione del piano, raggiunge[va] al massimo un livello del 26,1%, compresi anche i costi di insolvenza» (punto 163). A tale atto era stata anche allegata una tabella. Il Tribunale non ha tenuto conto di tale percentuale per la sola ragione che, secondo la giurisprudenza, «allo scopo di valutare la legittimità della decisione impugnata, il Tribunale prende[va] in considerazione solo gli elementi di cui la Commissione disponeva al momento in cui ha adottato la decisione impugnata» e che «[o]gni argomentazione della Commissione rifacentesi ad avvenimenti che si [erano] prodotti dopo l’adozione della decisione impugnata [doveva] quindi essere disattesa» (punto 164).

131    Ne consegue che la Commissione aveva già ricalcolato, in sede di controreplica nella causa T‑296/97, il detto tasso sulla base dell’ultima versione del piano, quantificandolo in 26,1%, ma che il Tribunale, senza procedere al suo esame, aveva escluso la possibilità di tenerne conto poiché non figurava nella decisione del 1997. Dalla sentenza Alitalia I, punto 8 supra, non può dedursi che tale tasso del 26,1% non tenesse conto dell’ultima versione del piano di ristrutturazione.

132    Nulla impediva quindi alla Commissione di riportarsi, a tal riguardo, alla tavola sinottica dalla medesima elaborata nell’ambito del precedente ricorso, nella causa T‑296/97, e riportata dall’Alitalia in allegato al ricorso nel presente giudizio. La Commissione ha tuttavia ritenuto utile rivolgersi ai consulenti cui essa aveva già fatto ricorso prima dell’adozione della decisione del 1997 chiedendo loro, segnatamente, di procedere «ad un calcolo del tasso di rendimento interno del conferimento di capitale [e] ad una valutazione del tasso minimo richiesto che tengano conto della motivazione della (...) sentenza [Alitalia I, punto 8 supra]» (punto 10 della decisione impugnata).

133    Nella loro relazione del 1° giugno 2001, allegata al controricorso, i consulenti della Commissione hanno fatto presente che i flussi indicati nell’allegato alla controreplica nella causa T‑296/97 corrispondevano a quelli forniti dall’Alitalia nell’ultima versione del piano del giugno 1997, eccezion fatta per il valore finale della società alla fine del 2000, e ciò per ragioni connesse al tasso di crescita della società successivamente a tale anno ed al differente valore attribuito al flusso di cassa «normalizzato» dell’anno 2000. Peraltro, i flussi di cassa negativi risultanti dalla sottoscrizione degli aumenti di capitale previsti per giugno 1997 (ITL 1 000 miliardi), marzo 1998 (ITL 500 miliardi) e marzo 1999 (ITL 200 miliardi) sono stati attualizzati utilizzando un tasso senza rischio (risk free rate). Inoltre, per quanto attiene all’importo della partecipazione dell’IRI, sono stati ipotizzati due scenari, vale a dire il 79% ovvero l’86%.

134    La Commissione illustra parimenti, ai punti 19‑23 della decisione impugnata, le modalità con cui è pervenuta al tasso interno del 25,2% ovvero del 26,1% a seconda dell’ipotesi prevista. Essa precisa, in particolare, al punto 22, le modalità di determinazione del valore dell’Alitalia alla fine dell’anno 2000.

135    Ne consegue che né i consulenti della Commissione né quest’ultima si sono limitati a riprodurre i loro precedenti calcoli.

136    Anche dalla relazione 1° giugno 2001 emerge peraltro che i consulenti della Commissione hanno tenuto conto della riduzione dell’aumento di capitale, della cessione di altre partecipazioni, dell’accelerazione della ristrutturazione dell’Alitalia e dell’accollo, da parte dell’Alitalia stessa, del costo del regime di pensionamento anticipato, quantificando gli effetti di tali nuove ipotesi sui principali dati economici del piano.

137    Quanto al resto, la Commissione non poteva tener conto di elementi di cui non disponeva al momento dell’adozione della decisione del 1997 (v., in tal senso, sentenza della Corte 16 maggio 2002, causa C‑482/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑4397, punto 71). Essa non era quindi tenuta a prendere in considerazione il periodo di esecuzione del piano intercorrente tra la decisione del 1997 e la decisione impugnata.

138    In conclusione, per quanto attiene a quest’ultimo motivo di annullamento della decisione del 1997 nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, la Commissione si è parimenti conformata all’art. 233 CE.

139    In applicazione della giurisprudenza richiamata supra ai punti 98‑101 e 137, considerato che i fatti sottoposti a valutazione sono gli stessi di quelli esaminati nella decisione del 1997 e che il Tribunale non ha censurato il procedimento di esame, la Commissione poteva riprendere il procedimento stesso a decorrere da quella fase in cui il Tribunale ha rilevato il difetto di motivazione e gli errori di valutazione. Per conformarsi all’art. 233 CE e rispettare il dispositivo e la motivazione della sentenza Alitalia I, punto 8 supra, era sufficiente che la Commissione motivasse la scelta dello stesso tasso minimo applicato nella decisione Iberia, includesse i costi di insolvenza nel calcolo del tasso interno e prendesse in considerazione l’ultima versione del piano di ristrutturazione ai fini del calcolo del tasso minimo e di quello interno.

140    Nessuno degli argomenti dedotti dall’Alitalia rimette in discussione tale conclusione.

141    Infatti, per quanto attiene, anzitutto, all’argomento secondo cui la Commissione, non disponendo di informazioni complete non contestate, avrebbe dovuto riaprire il procedimento formale di esame, si deve sottolineare che la Commissione aveva avviato il procedimento formale di esame previsto dall’art. 88, n. 2, CE in data 9 ottobre 1996 e che tale procedimento si era concluso con la decisione del 1997.

142    Considerato che la decisione del 1997 è stata annullata dal Tribunale, il procedimento diretto a sostituire tale atto poteva essere quindi ripreso dal punto preciso in cui l’illegittimità si era verificata. La Commissione non era tenuta, in esito all’annullamento della decisione del 1997 da parte del Tribunale, a ricominciare il procedimento risalendo oltre il punto preciso in cui l’illegittimità sanzionata si era verificata (v. punto 99 supra). Orbene, nel caso di specie, le illegittimità rilevate dal Tribunale non risalgono all’apertura del procedimento.

143    Per quanto attiene, inoltre, alla pretesa indispensabilità, a seguito delle modifiche apportate al piano di ristrutturazione con la versione 26 giugno 1997, della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale di una nuova comunicazione e della riapertura del procedimento formale di esame, ai fini di una nuova consultazione degli investitori finanziari e dei periti, si deve rilevare che nessuna disposizione del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’art. [88 CE] (GU L 83, pag. 1), impone la riapertura del procedimento nel caso in cui, in corso di esame formale, vengano apportate modifiche al progetto iniziale, ancorché tali modifiche siano previste dall’art. 7, nn. 2 e 3, dello stesso regolamento n. 659/1999.

144    Dalla sentenza Alitalia I, punto 8 supra, segnatamente dai punti 123, 133, 143, e 163‑167, emerge peraltro che il Tribunale ha contestato alla Commissione di non aver motivato o preso in considerazione gli elementi di cui disponeva e di cui era a conoscenza. Disponendo degli elementi necessari ai fini della nuova analisi richiesta dal Tribunale e, in particolare, delle ultime migliorie apportate al piano di ristrutturazione nel giugno del 1997 (punto 167), la Commissione non era obbligata a riprendere ab initio l’istruttoria della pratica, né a completarla mediante nuova consultazione degli investitori e dei periti ovvero mediante nuova consulenza tecnica.

145    A tal riguardo, contrariamente a quanto sostenuto dall’Alitalia, dal documento prodotto dalla Commissione su richiesta del Tribunale, descrittivo dei compiti affidati ai suoi consulenti successivamente all’annullamento della decisione del 1997, emerge che l’istituzione non li aveva incaricati di raccogliere nuove informazioni, bensì di integrare e di aggiornare la loro precedente relazione, includendo i costi di insolvenza nel calcolo del tasso interno e tenendo conto degli eventuali effetti delle modifiche apportate al piano nell’ultima versione del giugno 1997 ai fini del calcolo del tasso interno e di quello minimo. Nella descrizione dei compiti affidati ai consulenti della Commissione viene parimenti specificato che questi ultimi avevano già effettuato la maggior parte del lavoro contribuendo alla redazione della controreplica depositata dalla Commissione il 13 luglio 1999 nella causa T‑296/97.

146    Inoltre, risulterebbe in ogni caso contrario alla giurisprudenza obbligare la Commissione a riaprire il procedimento al fine di ricercare elementi successivi all’adozione della decisione del 1997. Infatti, per accertare se lo Stato abbia tenuto o meno il comportamento di un investitore attento in un’economia di mercato, occorre collocarsi nel contesto dell’epoca in cui le misure di sostegno finanziario sono state prese per valutare la razionalità economica del comportamento dello Stato stesso astenendosi, quindi, da qualsiasi valutazione fondata sulla situazione successiva (v. supra, punto 137).

147    Ne consegue che il primo capo del primo motivo, relativo alla sussistenza di vizi di procedura, ed il terzo motivo, attinente alla non conformità della decisione impugnata con la sentenza Alitalia I, punto 8 supra, non sono fondati.

C –  Sul motivo relativo alla violazione dell’obbligo di adottare una decisione nel termine di due mesi previsto all’art. 4, n. 5, del regolamento n. 659/1999

1.     Argomenti delle parti

148    L’Alitalia fa valere che, a seguito dell’annullamento operato dalla sentenza Alitalia I, punto 8 supra, la Commissione disponeva di due mesi per adottare una decisione in esecuzione dell’art. 4, n. 5, del regolamento n. 659/1999. Orbene, la Commissione avrebbe violato tale obbligo.

149    L’Alitalia aggiunge che il principio di certezza del diritto risulterebbe disatteso se fosse permesso ad un’istituzione di scegliere liberamente i tempi per l’ottemperanza ad una sentenza che dichiari l’annullamento di una decisione in materia di aiuti di Stato. Ciò sarebbe confermato d’altronde dal fatto che, poiché la Commissione non ha esercitato il proprio diritto di impugnare dinanzi alla Corte la sentenza Alitalia I, punto 8 supra, questa stessa sentenza ha acquisito efficacia di cosa giudicata, cosicché la ricorrente poteva ritenere che la propria situazione giuridica fosse definitivamente chiarita.

150    Analogamente, l’inerzia della Commissione tra la notifica della sentenza Alitalia I, punto 8 supra, e l’adozione della decisione impugnata avrebbe comportato la decisione implicita di compatibilità dell’aiuto controverso, conformemente all’art. 4, n. 6, del regolamento n. 659/1999.

151    Nella replica l’Alitalia aggiunge che, anche a voler escludere l’obbligo della Commissione di riavviare il procedimento formale di esame dell’operazione controversa, ritenendo quindi applicabile l’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999, la durata complessiva del procedimento è stata comunque eccessiva. La Commissione avrebbe impiegato, infatti, circa diciannove mesi dalla notifica del progetto d’aiuto prima di giungere, nel caso di specie, ad una decisione definitiva. Poco più di sette mesi sarebbero poi intercorsi tra la pronuncia della sentenza Alitalia I, punto 8 supra, e l’adozione della decisione impugnata. Un lasso di tempo del genere sarebbe irragionevole, poiché la Commissione si sarebbe limitata a procedere ad una nuova valutazione delle risultanze del procedimento di esame e sarebbe rimasta inerte per i primi quattro mesi.

152    A parere della Commissione, la premessa su cui si basa il secondo capo del primo motivo è palesemente errata. La sentenza Alitalia I, punto 8 supra, non avrebbe riportato il procedimento alla fase dell’indagine preliminare, bensì alla conclusione del procedimento formale di indagine. Ne conseguirebbe che la Commissione non sarebbe stata soggetta al termine tassativo di due mesi previsto dall’art. 4, n. 5, del regolamento n. 659/1999, bensì al termine ordinatorio di diciotto mesi di cui all’art. 7, n. 6. Nella fattispecie, il periodo complessivo di poco più di sedici mesi, risultato necessario per l’adozione della decisione impugnata, sarebbe quindi inferiore a quest’ultimo.

153    Del resto, la giurisprudenza riconoscerebbe all’istituzione da cui proviene l’atto annullato un termine ragionevole per conformarsi alla sentenza d’annullamento. Il termine a disposizione della Commissione nel caso di specie non può essere quindi automaticamente dedotto dall’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999. Occorrerebbe invece tener conto della natura e della rilevanza delle misure necessarie al fine dell’adozione di una nuova decisione.

154    Secondo la Commissione, l’argomento che l’Alitalia deduce, nella replica, in ordine al superamento di un «termine ragionevole» costituirebbe un nuovo motivo. Dedotto tardivamente, esso sarebbe irricevibile e, inoltre, infondato.

2.     Giudizio del Tribunale

155    L’obbligo dell’istituzione comunitaria di dare esecuzione ad una sentenza di annullamento pronunciata dal giudice comunitario discende dall’art. 233 CE. È stato riconosciuto dalla Corte che tale esecuzione esige l’adozione di un certo numero di provvedimenti amministrativi e non può normalmente compiersi nell’immediato, e che l’istituzione dispone di un termine ragionevole per conformarsi ad una sentenza che annulla una sua decisione. Il problema se il termine sia ragionevole o meno dipende dalla natura dei provvedimenti da adottare nonché dalle circostanze contingenti del caso di specie (v. sentenza del Tribunale 19 marzo 1997, causa T‑73/95, Oliveira/Commissione, Racc. pag. II‑381, punto 41 e giurisprudenza cit.).

156    Nella fattispecie, poco più di sette mesi sono intercorsi tra la pronuncia della sentenza Alitalia I, punto 8 supra, e l’adozione della decisione impugnata. Orbene, tale lasso di tempo non può essere considerato eccessivo per trarre le conseguenze pratiche dalla sentenza Alitalia I, punto 8 supra, qualora si proceda in particolare, sulla base degli elementi disponibili, ad una nuova applicazione del criterio dell’investitore privato in economia di mercato – il che presuppone un’analisi finanziaria approfondita.

157    Peraltro, ai fini del controllo dei nuovi aiuti che gli Stati membri progettano di istituire, l’art. 88 CE distingue una fase di esame preliminare e un procedimento di esame formale. La fase di esame preliminare, prevista dal n. 3 del detto art. 88 CE, ha l’unico scopo di concedere alla Commissione un termine di riflessione e di indagine sufficiente per consentirle di formarsi una prima opinione sui progetti che le sono stati notificati al fine di concludere che non costituiscono aiuti ovvero che sono compatibili con il mercato comune, ovvero, ancora, che i dubbi esistenti a tal proposito impongono di procedere ad un esame approfondito (sentenze della Corte 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz, Racc. pag. 1471, punto 3, e 3 maggio 2001, causa C‑204/97, Portogallo/Commissione, Racc. pag. I‑3175, punto 34). Tale fase preliminare, in considerazione dell’interesse dello Stato membro interessato a che sia definita rapidamente, riveste in linea di principio carattere di urgenza, ragion per cui dev’essere assolta entro il termine imperativo di due mesi a decorrere dalla ricezione della notificazione completa da parte della Commissione (sentenze della Corte Lorenz, cit., punto 4, e 28 gennaio 2003, causa C‑334/99, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑1139, punti 49 e 50).

158    Per quanto riguarda il procedimento di indagine formale, previsto dall’art. 88, n. 2, primo comma, CE, esso si rivela indispensabile qualora la Commissione non sia in grado di acquisire la convinzione, in esito alla fase preliminare di esame, che un progetto non costituisca un aiuto o che, pur costituendo un aiuto, sia compatibile con il mercato comune. Pertanto, esso è diretto, da un lato, a consentire alla Commissione di essere completamente informata su tutti i dati della questione chiedendo, come è tenuta a fare, tutti i pareri necessari prima di adottare la sua decisione definitiva e, dall’altro, a tutelare i diritti dei terzi potenzialmente interessati mettendoli in condizione di esprimere la propria opinione (sentenza del Tribunale 15 giugno 2005, causa T‑171/02, Regione autonoma della Sardegna/Commissione, Racc. pag. II‑2123, punto 32).

159    Nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto che, a seguito dell’annullamento della decisione del 1997, la Commissione non era tenuta a riavviare l’intero procedimento ab initio risalendo al di là del punto preciso in cui si era verificata l’illegittimità rilevata, ossia oltre la fase finale del procedimento formale di indagine (v. supra, punti 97‑144).

160    Il procedimento d’indagine formale è disciplinato, a seguito dell’entrata in vigore del regolamento n. 659/99, avvenuta il 16 aprile 1999, dal termine indicativo di 18 mesi che decorre dall’avvio del procedimento medesimo. Poiché il termine di 18 mesi previsto dall’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999 è solo indicativo, occorre esaminare nella fattispecie se dallo svolgimento del procedimento d’indagine formale risulti che la Commissione non abbia osservato un termine ragionevole o abbia agito in maniera eccessivamente tardiva (v., in tal senso, sentenza Regione autonoma della Sardegna/Commissione, punto 158 supra, punti 56 e 57).

161    Orbene, la Commissione ha deciso di avviare il procedimento ex art. 88, n. 2, CE il 9 ottobre 1996, e ha adottato la decisione del 1997 il 15 luglio 1997. A seguito dell’annullamento di quest’ultima, da parte del Tribunale, nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, pronunciata il 12 dicembre 2000, la Commissione ha adottato la decisione impugnata in data 18 luglio 2001. Ne consegue che l’esame formale era durato poco più di nove mesi prima della sentenza di annullamento ed è stato riavviato poco più di sette mesi dopo la sentenza di annullamento. Pertanto, la durata complessiva dell’esame formale non eccede il termine previsto dal regolamento n. 659/1999.

162    L’Alitalia non può nemmeno dedurre la violazione del principio della tutela del legittimo affidamento dal mero fatto della mancata impugnazione della sentenza Alitalia I, punto 8 supra. Infatti, tale sentenza non escludeva un’eventuale riadozione della decisione impugnata. Inoltre, il termine di cui la Commissione beneficiava per trarre le conseguenze pratiche dalla detta sentenza era maggiore rispetto al termine di due mesi entro il quale avrebbe dovuto proporre l’impugnazione.

163    In conclusione, il secondo capo del primo motivo, relativo a vizi procedurali, dev’essere parimenti respinto.

D –  Sul motivo relativo alla violazione del diritto di difesa

1.     Argomenti delle parti

164    L’Alitalia denuncia l’illegittimità della decisione impugnata nella parte in cui la Commissione avrebbe gravemente violato il suo diritto di difesa. Orbene, la rilevanza del diritto di difesa sarebbe stata esplicitamente affermata in materia di aiuti di Stato dalla Corte che avrebbe, in particolare, riconosciuto che i beneficiari di presunti aiuti di Stato possono invocare la tutela del diritto di difesa.

165    L’Alitalia sostiene che, in ogni caso, al beneficiario di un aiuto deve essere riconosciuto il diritto di presentare osservazioni.

166    Orbene, nonostante le sollecitazioni formali in tal senso, non le sarebbe stata data alcuna possibilità di esprimere le proprie valutazioni tanto sull’opportunità di adottare una nuova decisione a seguito dell’annullamento della decisione del 1997 quanto sui contenuti di quest’ultima. Non vi sarebbe stato contraddittorio tra le autorità italiane e l’Alitalia sulla relazione dei consulenti della Commissione. Il rispetto di tutte le garanzie procedurali sarebbe stato pertanto ancor più necessario in quanto la Commissione non avrebbe avuto l’obbligo di reiterare la posizione espressa nella decisione del 1997.

167    La Commissione, muovendo dalla premessa che il procedimento amministrativo in materia di aiuti di Stato è esperibile soltanto nei confronti dello Stato membro interessato, ne deduce che solo quest’ultimo può invocare il vero e proprio diritto di difesa.

168    In ogni caso, il diritto dell’Alitalia di presentare osservazioni sarebbe stato garantito già nel 1996 mediante la pubblicazione della decisione di avviare il procedimento formale d’indagine. In seguito a tale pubblicazione, l’Alitalia avrebbe effettivamente fatto valere il proprio punto di vista. Anche il ricorso d’annullamento contro la decisione del 1997 le avrebbe permesso di difendere le proprie tesi. Dato che l’oggetto della procedura di indagine restava immutato dopo la sentenza Alitalia I, punto 8 supra, e che gli elementi di fatto posti a base della decisione impugnata erano rigorosamente identici a quelli assunti nella decisione del 1997, la Commissione sostiene che non era necessario invitare l’Alitalia a presentare nuovamente le proprie osservazioni.

2.     Giudizio del Tribunale

169    Secondo consolidata giurisprudenza, il rispetto del diritto di difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario e dev’essere garantito anche in mancanza di una normativa specifica. Tale principio impone che la persona interessata sia stata messa in grado, già durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il suo punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti, delle censure e delle circostanze allegate dalla Commissione (v. sentenza del Tribunale 6 marzo 2003, cause riunite T‑228/99 e T‑233/99, Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein‑Westfalen/Commissione, Racc. pag. II‑435, punto 121 e giurisprudenza cit.).

170    Orbene, il procedimento amministrativo in materia di aiuti di Stato è avviato solo nei confronti dello Stato membro interessato. Le imprese beneficiarie degli aiuti e le entità territoriali infrastatali che concedono gli aiuti sono considerate, allo stesso modo dei concorrenti dei beneficiari degli aiuti, solo come «interessate» in tale procedimento (v. sentenza Westdeutsche Landesbank Girozentrale/Commissione, punto 169 supra, punto 122 e giurisprudenza cit.).

171    Inoltre, secondo costante giurisprudenza, nel corso della fase di esame contemplata dall’art. 88, n. 2, CE la Commissione ha il dovere di intimare agli interessati di presentare le loro osservazioni. Per quanto riguarda più in particolare tale obbligo, la Corte ha affermato che la pubblicazione di una comunicazione nella Gazzetta ufficiale rappresenta un mezzo adeguato allo scopo d’informare tutti gli interessati dell’avvio di un procedimento, pur precisando che ciò mira soltanto a ottenere, da parte degli interessati, tutte le informazioni destinate a illuminare la Commissione circa il suo successivo comportamento (v. sentenza Westdeutsche Landesbank Girozentrale/Commissione, punto 169 supra, punti 123 e 124 e giurisprudenza cit.).

172    Tale giurisprudenza attribuisce agli interessati essenzialmente il ruolo di fonti d’informazione per la Commissione nell’ambito del procedimento amministrativo iniziato ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE. Ne consegue che gli interessati, lungi dal potersi valere del diritto di difesa spettante a coloro nei cui confronti è aperto un procedimento, dispongono soltanto del diritto di essere associati al procedimento amministrativo in misura adeguata, tenuto conto delle circostanze del caso di specie (v. sentenza del Tribunale Westdeutsche Landesbank Girozentrale/Commissione, punto 169 supra, punto 125 e giurisprudenza cit.).

173    Non potendo l’Alitalia invocare il diritto di difesa riconosciuto ai soggetti nei confronti dei quali il procedimento viene avviato, occorre verificare, sulla base di tale giurisprudenza, se essa sia stata associata al procedimento amministrativo in misura adeguata in considerazione delle circostanze di specie.

174    A tal riguardo, dai rilievi effettuati dal Tribunale nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra (punti 22‑31), emerge che le autorità italiane e l’Alitalia sono state strettamente associate all’esame dell’aiuto controverso prima dell’adozione della decisione del 1997, sostituita dalla decisione impugnata a seguito dell’annullamento della prima. Inoltre, la Commissione doveva fondare la propria nuova analisi esclusivamente sulle informazioni di cui disponeva all’epoca (v. supra, punto 137), informazioni in ordine alle quali tanto la Repubblica italiana quanto l’Alitalia si erano già espresse, ragion per cui non occorreva consultarle nuovamente. Infine, il diritto dei terzi interessati di far valere le proprie osservazioni è stato garantito mediante la pubblicazione di una comunicazione sulla Gazzetta ufficiale del 16 novembre 1996 (GU C 346, pag. 13) e nessuna disposizione del regolamento n. 659/1999 impone di offrire loro nuovamente tale possibilità quando l’operazione iniziale venga emendata in corso di esame.

175    Per quanto attiene, più in particolare, all’argomento relativo alla relazione dei consulenti della Commissione del 1° giugno 2001, anche qualora si fosse dovuto ritenere, nelle circostanze di specie, che sussistesse un qualsivoglia obbligo di consultazione delle autorità italiane in ordine a tale ultima relazione, non può dedursi, in applicazione della giurisprudenza Westdeutsche Landesbank Girozentrale/Commissione, punto 169 supra, che lo stesso obbligo dovesse essere esteso ai terzi interessati. Questi ultimi svolgono essenzialmente un ruolo di fonti di informazione e non possono invocare il diritto di difesa riconosciuto ai soggetti nei confronti dei quali il procedimento viene avviato (v. supra, punto 172).

176    In ogni caso, come emerge dal precedente punto 145, i compiti strettamente circoscritti affidati dalla Commissione ai propri consulenti, essendo consistiti unicamente nell’aggiornare la loro precedente relazione alla luce della motivazione della sentenza Alitalia I, punto 8 supra, erano diretti unicamente a «forni[r]e alla Commissione esclusivamente un’assistenza di natura tecnica» (punto 10 della decisione impugnata) nell’analisi e nella valutazione delle informazioni di cui già disponeva, come avrebbe potuto fare un servizio dell’istituzione. La decisione impugnata non contiene, nei punti dedicati alla valutazione sotto il profilo giuridico del conferimento di capitale controverso, rinvii espressi alla relazione del 1° giugno 2001. Quest’ultima non può essere quindi considerata un elemento essenziale nella motivazione della decisione impugnata.

177    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il secondo motivo dev’essere respinto.

E –  Sul motivo relativo alla violazione e all’erronea applicazione degli artt. 87 CE e 88 CE

178    L’Alitalia sostiene che gli errori commessi dalla Commissione nella decisione impugnata riguardano, in gran parte, proprio la correzione degli errori individuati dal Tribunale nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra. Dopo alcune osservazioni preliminari in ordine al criterio dell’investitore privato, la compagnia contesta la determinazione del tasso minimo, da un lato, e del tasso interno, dall’altro.

1.     La determinazione del tasso minimo

179    A questo proposito l’Alitalia contesta l’applicazione, nel suo caso, del tasso minimo utilizzato per l’Iberia, la mancata valutazione della terza versione del piano di ristrutturazione e il ricorso a presupposti erronei.

a)     Applicazione all’Alitalia del tasso minimo utilizzato nella decisione Iberia

 Argomenti delle parti

180    L’Alitalia contesta alla Commissione di non aver svolto un puntuale paragone tra la propria situazione e quella dell’Iberia, alla quale l’istituzione fa riferimento per giustificare il tasso minimo nella misura del 30%. Gli argomenti dedotti dalla Commissione ai punti 30 e 31 della decisione impugnata avrebbero dovuto essere già respinti dal Tribunale nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra.

181    L’Alitalia sostiene, inoltre, che tali argomenti sono inesatti. L’Alitalia e l’Iberia non sarebbero compagnie di dimensioni paragonabili. Le iniezioni di capitale sarebbero sostanzialmente uguali nei due casi poiché la Commissione avrebbe omesso di considerare una ricapitalizzazione di cui aveva beneficiato la compagnia spagnola. Sarebbe palesemente errato affermare che più consistente è l’aumento di capitale, maggiore è il rischio. L’affermazione che le due compagnie operano su un mercato che non è centrale in Europa da un punto di vista geografico non terrebbe conto della situazione geografica dell’Italia del centro‑nord. Nel caso Iberia non ci sarebbero stati veri e propri accordi sindacali per migliorare il livello dei costi unitari, bensì essa avrebbe beneficiato solo di un’azione limitata e per un breve periodo, mentre per l’Alitalia vi sarebbe già stato un accordo innovativo e a lungo termine che prevedeva anche l’azionariato dei dipendenti per garantire un maggior coinvolgimento degli stessi. Per l’Iberia la liberalizzazione del mercato dell’aviazione civile spagnolo avrebbe rappresentato una minaccia, in quanto l’assistenza a terra che essa offriva alle altre compagnie era liberalizzata, mentre la liberalizzazione del mercato dell’aviazione civile italiano avrebbe offerto all’Alitalia l’opportunità per sviluppare un progetto in questo settore di attività per conto proprio (self handling). I progetti riguardanti l’aeroporto di Malpensa non avrebbero costituito il punto essenziale delle proiezioni economico‑finanziarie del piano controverso. L’Alitalia non comprende neanche le ragioni per cui il fatto di non detenere una situazione privilegiata su determinati collegamenti possa rappresentare un fattore di rischio che può incidere sul tasso minimo. La situazione sociale dell’Iberia, che costituiva oggetto di continue azioni di sciopero, sarebbe diversa da quella dell’Alitalia. Gli effetti della liberalizzazione del mercato italiano dell’aviazione civile avrebbero dovuto essere presi in debito conto dal piano controverso, e ciò senza eccessivo ottimismo. Anzi, sarebbe inesatto affermare che, all’epoca dell’adozione della decisione Iberia, fosse già possibile apprezzare compiutamente gli effetti della liberalizzazione del mercato spagnolo sulle quote di mercato dell’Iberia.

182    Infine, il riferimento operato, al punto 32 della decisione impugnata, alla Continental Airlines, all’Air Partners e all’Air Canada sarebbe del tutto privo di pertinenza.

183    La Commissione sostiene, dal canto suo, che l’Iberia e l’Alitalia sono di dimensioni comparabili, nel senso che sarebbero entrambe compagnie di dimensioni medie e di valore simile. L’Alitalia, poi, subirebbe soprattutto lo svantaggio di non disporre di un mercato privilegiato, quale l’America Latina per l’Iberia. Inoltre, dal punto di vista del clima sociale, la situazione dell’Alitalia sarebbe più delicata di quella dell’Iberia. Peraltro, nel caso dell’Alitalia, occorrerebbe tener conto dell’incertezza legata all’imminente liberalizzazione del mercato italiano nel 1997.

184    Infine la Commissione contesta all’Alitalia di aver erroneamente utilizzato l’esempio dell’investimento nella Continental Airlines da parte dell’Air Canada e dell’Air Partners.

 Giudizio del Tribunale

185    Occorre ricordare, in primo luogo, che la valutazione, da parte della Commissione, della questione se un investimento soddisfi il criterio dell’investitore privato implica una valutazione economica complessa. Orbene, la Commissione, quando adotta un atto che implichi una valutazione economica complessa di questo tipo, gode di un ampio potere discrezionale ed il sindacato giurisdizionale di tale atto, pur essendo in linea di principio completo per quanto riguarda la questione se un provvedimento rientri nel campo di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, si limita a verificare il rispetto delle regole riguardanti la procedura e la motivazione, l’esattezza materiale dei fatti accolti per compiere la scelta contestata, l’assenza di errori manifesti nella valutazione di tali fatti oppure l’assenza di sviamento di potere. In particolare, non spetta al Tribunale sostituire la sua valutazione economica a quella dell’autore della decisione (v. sentenza Alitalia I, supra punto 8, punto 105 e giurisprudenza cit.).

186    Si deve rammentare, in secondo luogo, che dall’analisi effettuata supra ai punti 106‑112 emerge che, nella sentenza Alitalia I, supra punto 8, il Tribunale non ha contestato il principio stesso di un raffronto tra l’Alitalia e l’Iberia. Il Tribunale si è limitato a rilevare un difetto di motivazione a tale proposito. Erroneamente l’Alitalia sostiene quindi che il Tribunale avrebbe già respinto gli elementi di raffronto esposti ai punti 30 e 31 della decisione impugnata.

187    È alla luce di tali considerazioni che devono essere valutati gli argomenti dedotti dalle parti nel caso di specie.

188    In primo luogo, al punto 30 della decisione impugnata, la Commissione elenca una serie di elementi paragonabili che caratterizzano sia l’Iberia sia l’Alitalia. Le due imprese hanno un fatturato di EUR 4 miliardi circa, esercitano la loro attività nello stesso settore economico e in un contesto comunitario in via di liberalizzazione, possiedono un mercato interno geograficamente non centrale in Europa e hanno registrato perdite sistematiche nel corso degli anni precedenti l’iniezione di capitale, di cui entrambe hanno beneficiato. Inoltre, al momento in cui questa iniezione di capitale è stata effettuata, esse si trovavano entrambe in una situazione finanziaria estremamente difficile, caratterizzata da un rilevante indebitamento e da fondi propri praticamente ridotti a zero. Al punto 31 della decisione impugnata, la Commissione aggiunge che le due società, agli occhi dell’investitore, potevano essere accomunate per la loro situazione sociale.

189    Alitalia contesta tuttavia alcuni di questi elementi.

190    Per quanto attiene, in primo luogo, alla mancanza di paragonabilità di taluni dati dedotta dall’Alitalia, si deve necessariamente rilevare che l’Iberia e l’Alitalia presentano, come d’altronde quest’ultima riconosce, dimensioni medie rispetto alle grandi e piccole compagnie aeree. Nella propria risposta al quesito scritto posto a tal riguardo dal Tribunale, la Commissione ha fornito una serie di tabelle dell’Association of European Airlines (AEA), associazione delle compagnie aeree auropee. Ne emerge che, per quanto attiene al fatturato, al numero di posti‑km offerti ed al numero di passeggeri‑km trasportati, l’Alitalia e l’Iberia si collocano nello stesso scaglione medio.

191    All’udienza le parti non hanno peraltro contestato i fatturati consolidati dell’Alitalia e dell’Iberia indicati dalla Commissione e hanno confermato che si trattava di dati paragonabili, di cui è stato preso atto nel verbale di udienza.

192    Per quanto attiene, in secondo luogo, alla contestazione da parte dell’Alitalia del fatto che le due compagnie opererebbero su un mercato che non è centrale in Europa dal punto di vista geografico, si deve rilevare che l’argomento si fonda essenzialmente sull’affermazione secondo cui il centro‑nord dell’Italia non potrebbe essere considerato quale mercato decentrato. Orbene, il mercato interno italiano ricomprende tutto il territorio italiano e non solo il nord del paese, ragion per cui il raffronto non può essere effettuato ponendo a confronto sul piano geografico il nord dell’Italia con tutto il territorio spagnolo.

193    Non può peraltro contestarsi che la Spagna e l’Italia presentano una situazione geografica analoga in Europa, considerato che i rispettivi mercati interni non sono centrali nel continente.

194    Per quanto riguarda, in terzo luogo, la contestazione di un’analogia delle situazioni sociali delle due compagnie, essa non risulta fondata. Da un lato, l’Alitalia non nega l’esistenza di «agitazioni sociali che hanno accompagnato la vita delle due società aeree nel corso degli anni precedenti l’iniezione di capitale» (v. punto 31 della decisione impugnata). La storia delle due compagnie presentava quindi analogie sotto tale profilo e poteva influenzare un investitore, come osservato dalla Commissione nella decisione impugnata. D’altro canto, quanto al futuro, se l’Alitalia pone l’accento sul proprio accordo sindacale a lungo termine, ciò viene fatto non per opporlo all’inerzia dell’Iberia, bensì ad un’«azione limitata e di breve periodo» di quest’ultima. Alla luce di tale differenza, in considerazione, essenzialmente, della durata delle azioni intraprese per il futuro, non può ritenersi che fosse manifestamente erroneo considerare che «un (…) elemento che [poteva] accomunare le due società agli occhi degli investitori [era] la situazione sociale».

195    In secondo luogo, ai punti 30 e 31 della decisione impugnata, la Commissione mette anche in risalto elementi che distinguono le due compagnie in materia di rischi, indicando al tempo stesso che per taluni di essi può essere operata una compensazione.

196    Risulta, da un lato, dal punto 30 della decisione impugnata che gli importi delle iniezioni di capitale di cui trattasi sono sensibilmente diversi, rispettivamente di EUR 1,42 miliardi per l’Alitalia e EUR 0,522 miliardi per l’Iberia, il che, a parere della Commissione, accresce i rischi inerenti all’operazione di ricapitalizzazione dell’Alitalia.

197    A tal riguardo, se è pacifico che, come sostiene l’Alitalia, l’Iberia ha beneficiato di due iniezioni di capitale, l’una nel 1992 e l’altra nel 1995, nella decisione Iberia la Commissione si è pronunciata unicamente sulla seconda di esse, quella pari a EUR 0,522 miliardi, fissando il tasso minimo al 30% unicamente con riguardo a tale operazione. Orbene, nella fattispecie, l’operazione verte su EUR 1,42 miliardi. Non può essere quindi considerata manifestamente erronea l’affermazione secondo cui, nel caso dell’Alitalia, l’operazione comportava, a priori, un rischio più elevato per l’investitore.

198    Risulta, d’altro canto, dal punto 31 della decisione impugnata che la produttività dell’Iberia è inferiore a quella dell’Alitalia e che l’Iberia risente delle incertezze inerenti agli effetti della liberalizzazione del mercato spagnolo dell’assistenza a terra. Tuttavia, l’Iberia detiene una situazione privilegiata sul mercato dei collegamenti tra Europa e America latina. La situazione dell’Alitalia è gravata, dal canto suo, da una doppia incertezza connessa al suo sviluppo su Malpensa e alla liberalizzazione del mercato dell’aviazione civile italiano.

199    L’Alitalia afferma tuttavia di non comprendere sotto quale profilo il fatto di non trovarsi in una situazione privilegiata su talune determinate rotte possa rappresentare un fattore di rischio.

200    A tal riguardo, si deve necessariamente rilevare, da un lato, che un’asserzione di tal genere, del resto non conforme alle affermazioni della Commissione nella decisione impugnata, non può costituire un manifesto errore di valutazione. L’Alitalia non ha né contestato di non trovarsi in una situazione privilegiata su talune rotte né negato la situazione privilegiata detenuta dall’Iberia sulle rotte di cui trattasi. Dall’altro lato, nelle proprie memorie la Commissione fa presente che l’Iberia disponeva, quanto all’America Latina, di un mercato sul quale operava con una strategia commerciale solida, ragion per cui il suo futuro era decisamente meno caratterizzato da incertezza, vale a dire da un fattore di rischio. Orbene, il fatto di ritenere che la situazione privilegiata di una compagnia aerea su talune rotte possa costituire un vantaggio, che riduce il fattore di rischio per quanto la riguarda, non risulta manifestamente erroneo.

201    Inoltre, per quanto attiene agli effetti della liberalizzazione del mercato spagnolo dell’assistenza a terra, si deve rilevare che la Commissione non lo nega, bensì sottolinea che l’assistenza a terra rappresenta solo il 13% del fatturato dell’Iberia e una percentuale ancora inferiore rispetto al gruppo nel suo complesso (punto 31 della decisione impugnata). Orbene, l’Alitalia non contesta tale percentuale. Sotto tale profilo, non può essere quindi rilevato alcun manifesto errore di valutazione.

202    Per quanto attiene alla liberalizzazione del mercato dell’aviazione civile italiano, si deve osservare che l’Alitalia non ne contesta gli effetti, bensì afferma di averli presi in considerazione nel proprio piano. Tale sola circostanza non può far venire meno il rischio che tale liberalizzazione implica agli occhi degli investitori, né impedire quindi che esso venga preso in considerazione nell’ambito della determinazione del tasso minimo. Si deve parimenti rilevare che la liberalizzazione del mercato dell’aviazione civile spagnolo aveva avuto inizio prima di quella del mercato italiano. Correttamente la Commissione afferma, quindi, di essere in grado di misurare gli effetti di tale liberalizzazione sull’Iberia, laddove l’impatto dell’apertura del mercato interno italiano sull’Alitalia restava ancora del tutto aleatorio nel 1997.

203    Quanto, infine, agli argomenti relativi all’aeroporto di Malpensa, l’Alitalia ha riconosciuto nella replica – dopo averlo negato nel ricorso – che era vero che il centro aeroportuale di Malpensa rappresentava un elemento strategico essenziale per lo sviluppo della compagnia.

204    Inoltre, dalla sentenza Alitalia I, punto 8 supra, risulta che «la fase di sviluppo era principalmente basata sull’entrata in servizio del centro aeroportuale della Malpensa a partire dal 1998» (punto 12). D’altronde, il centro aeroportuale di Malpensa compare anche tra gli «“elementi fondamentali” del piano» citati in un documento dell’Alitalia al quale rinvia la stessa sentenza (punto 120).

205    Non può quindi contestarsi che lo sviluppo del centro aeroportuale di Malpensa costituiva un elemento fondamentale del piano di ristrutturazione dell’Alitalia. La circostanza che l’Alitalia abbia potuto ripercuotere nei propri conti gli effetti positivi dello sviluppo di tale centro aeroportuale (hub) unicamente per i due ultimi anni del piano non può far venir meno, agli occhi degli investitori, il rischio che tale operazione comportava, né impedire quindi che esso venisse preso in considerazione nell’ambito della determinazione del tasso minimo. Non è nemmeno contestabile che tale rischio riguardasse specificamente l’Alitalia e non l’Iberia.

206    In conclusione, l’esame sin qui svolto non ha messo in luce un errore manifesto di valutazione compiuto dalla Commissione nel raffronto della situazione dell’Alitalia con quella dell’Iberia. Dall’analogia della situazione delle due dette compagnie aeree emerge che la Commissione ben poteva assumere nella fattispecie, senza incorrere in errore manifesto, un tasso minimo del 30% identico a quello assunto nella pratica Iberia. In ogni caso, si deve sottolineare che il raffronto tra le due compagnie viene effettuato, nella motivazione della fissazione del tasso minimo al 30%, unicamente a titolo accessorio o confermativo.

207    Si deve inoltre aggiungere, in risposta alla contestazione da parte dell’Alitalia del riferimento effettuato dalla Commissione, al punto 32 della decisione impugnata, alla Continental Airlines, che, nel raffronto operato con la situazione di tale compagnia americana, la Commissione prende in considerazione un periodo che si estende sino al mese di novembre 1998. Si tratta quindi di elementi di cui non disponeva al momento dell’adozione della decisione del 1997. Orbene, la Commissione deve astenersi da qualsiasi valutazione fondata sulla situazione successiva (v. supra, punto 137).

208    Si deve pertanto ritenere non pertinente il riferimento effettuato, al punto 32 della decisione impugnata, alla compagnia americana Continental Airlines, senza necessità di esaminare gli argomenti dedotti dall’Alitalia al riguardo. La non pertinenza di tale indicazione accessoria e puramente confermativa non può tuttavia viziare il ragionamento della Commissione, né la legittimità della decisione impugnata.

b)     Mancata seria valutazione dell’incidenza dell’ultima versione del piano nel calcolo del tasso minimo

 Argomenti delle parti

209    L’Alitalia osserva che la Commissione riconosce, al punto 27 della decisione impugnata, che le ultime modifiche apportate al piano di ristrutturazione nel giugno 1997 «riducono (...) i rischi inerenti all’operazione». Secondo l’Alitalia, tale constatazione avrebbe dovuto indurre la Commissione a determinare un tasso minimo inferiore a quello precedentemente stabilito.

210    L’Alitalia aggiunge che, ai fini della valutazione del rischio di un investimento in un’impresa e della conseguente definizione del tasso minimo, gli analisti considerano l’esposizione finanziaria della società rispetto alla disponibilità di capitale proprio. Nel tradurre tuttavia questo indicatore in un segnale di effettivo rischio finanziario, risulterebbe indispensabile confrontare il suo rapporto indebitamento/fondi propri (gearing) specifico con il rapporto di indebitamento medio per imprese paragonabili. Orbene, il gearing dell’Alitalia, essendo allineato con quello dei maggiori concorrenti, non può essere annoverato, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione al punto 28 della decisione impugnata, tra le eventuali determinanti di un tasso minimo superiore a quello normalmente applicabile per un investimento nel settore.

211    La Commissione fa valere che non è pertinente comparare il gearing dell’Alitalia al termine del piano di ristrutturazione, nel 2000, con quello delle altre compagnie, come ha fatto l’Alitalia.

212    La Commissione sostiene di aver messo in luce, al punto 28 della decisione impugnata, l’ininfluenza delle ultime modifiche apportate al piano del gearing e al valore da questo assunto nel paradigma degli elementi che l’investitore privato pondera al momento della decisione se investire o meno.

 Giudizio del Tribunale

213    La Commissione afferma, al punto 27 della decisione impugnata, che l’ultima versione del piano di ristrutturazione dell’Alitalia riduce i rischi inerenti all’operazione ed accresce la redditività dell’iniezione di capitale. Essa ritiene tuttavia che le modifiche apportate da quest’ultima versione «sono comunque marginali e risultano molto meno incisive delle prime modifiche apportate al piano di ristrutturazione dalle autorità italiane nel febbraio del 1997».

214    Si deve rammentare (v. supra, punti 125‑136 nonché punti 10 e 27 della decisione impugnata) che la Commissione ha quantificato l’incidenza di tali modifiche riprendendo, in tale occasione, i calcoli effettuati dai suoi consulenti nella loro relazione del 1° giugno 2001 allegata al controricorso. L’Alitalia non solleva alcuna contestazione nel merito con riguardo a tali calcoli.

215    Al punto 28 della decisione impugnata, la Commissione prosegue nei seguenti termini:

«Giova aggiungere, a questo riguardo, che neppure l’indebitamento di Alitalia e l’indice indebitamento/fondi propri (gearing ratio) nel[l’anno] 2000 (…) risulta modificato in modo significativo. Questi ultimi dati assumono dal punto di vista di un investitore un’importanza cruciale per misurare i rischi che si assumerebbe finanziando l’operazione. I cambiamenti intervenuti sul piano di ristrutturazione nel giugno 1997 risultano quindi praticamente ininfluenti sulla valutazione di un investitore guidato soltanto da criteri commerciali, stante il persistere di rischi inerenti all’operazione e descritti in precedenza».

216    Risulta dalle risposte delle parti ai quesiti del Tribunale che l’Alitalia non contesta il fatto che il gearing, nell’ultima versione del piano, non si fosse modificato in maniera significativa, bensì ritiene che tale modifica non fosse necessaria, essendo il gearing allineato al valore medio del settore.

217    La Commissione non ha pertanto commesso un manifesto errore di valutazione nel constatare che il gearing nell’anno 2000 non si era modificato in maniera significativa. Il fatto che il gearing dell’Alitalia abbia potuto posizionarsi, come essa afferma, nel valore medio del settore nulla toglie a tale constatazione.

218    Di conseguenza, l’Alitalia non ha dimostrato che la Commissione non avesse valutato seriamente l’incidenza dell’ultima versione del piano di ristrutturazione nella determinazione del tasso minimo.

c)     Considerazione di presupposti erronei nel calcolo del tasso minimo

 Argomenti delle parti

219    L’Alitalia ritiene che il tasso minimo vada fissato tenendo conto del costo dei mezzi propri della società, ossia in funzione della remunerazione richiesta per investire capitali di rischio in tale società. Tale remunerazione sarebbe essa stessa determinata da una formula che riflette, oltre al rischio generale di investire, anche il rischio di investire in un’azienda in particolare.

220    All’Alitalia sfugge come la Commissione possa, da un lato, valutare il costo dei capitali propri al 14% e, dall’altro, stabilire un tasso minimo del 30%. L’Alitalia ritiene che il costo dei capitali propri del 14%, determinato secondo il modello di determinazione del prezzo del capitale [(CAPM) (Capital Asset Pricing Model)], tenga già conto degli elementi di rischio relativi al settore dei trasporti aerei nonché della rischiosità specifica dell’azienda. Dal rapporto dei consulenti della Commissione del 18 giugno 1997 risulterebbe che essi sarebbero pervenuti a tale percentuale fondandosi su un «coefficiente β» dell’1,23, particolarmente elevato, espressione della correlazione tra la variabilità del rendimento del mercato e quella del rendimento dell’azienda quotata in Borsa interessata, il che rifletterebbe già un giudizio sulla rischiosità dell’investimento controverso.

221    A questo proposito l’Alitalia contesta i vari fattori di rischio elencati dalla Commissione nei punti 25 e 26 della decisione impugnata.

222    L’Alitalia sostiene, inoltre, di avere registrato risultati operativi positivi nei periodi precedenti il piano, ma di non aver conseguito risultati positivi netti in alcuni anni a causa di uno squilibrio fra mezzi propri e mezzi di terzi, squilibrio la cui correzione avrebbe appunto costituito uno degli obiettivi del piano di ristrutturazione. Inoltre, nel primo semestre 1997, l’Alitalia avrebbe conseguito un risultato operativo più favorevole rispetto alle previsioni del piano. Infine, l’IRI si sarebbe trovata in una situazione particolare in quanto holding già azionista della compagnia, il che le avrebbe conferito, ai fini della valutazione dell’investimento, una migliore conoscenza ed una migliore capacità di comprensione della stessa.

223    All’analisi della Commissione, secondo la quale il piano si baserebbe su ipotesi ottimistiche circa l’evoluzione della produttività, le spese operative, i coefficienti di riempimento ed i ricavi unitari della società, l’Alitalia replica che i consulenti della Commissione avrebbero accettato le previsioni previste nel piano della compagnia senza individuare altre fonti che potessero confutarle. La Commissione avrebbe addirittura riconosciuto che il piano, nella versione adattata e migliorata dopo il gennaio 1997, era realistico.

224    Per quanto riguarda il ruolo del centro aeroportuale di Malpensa nell’atteso rilancio, l’Alitalia sostiene che tale elemento giocava un ruolo molto limitato nel piano, sebbene il progetto in questione fosse indubbiamente di notevole importanza per la compagnia. Essa sottolinea, al riguardo, che l’impatto dell’entrata in funzione di questo centro aeroportuale di coincidenze era previsto solamente per il periodo successivo all’anno 2000 e che, prudenzialmente, non era stato incluso nel calcolo del valore terminale. La distanza che separa Malpensa da Milano sarebbe paragonabile a quella di altri aeroporti europei rispetto alle relative città, come Gatwick o Stanstead (Regno Unito), Monaco (Germania) e Oslo (Norvegia). Lo stesso dicasi per quanto riguarda il tempo necessario per raggiungere l’aeroporto di Malpensa da Milano.

225    Per quanto riguarda la liberalizzazione del mercato interno italiano, l’Alitalia afferma che il piano teneva debitamente conto di una perdita di quote di mercato per l’Alitalia più consistente rispetto a quella degli altri vettori europei, stimando una diminuzione del profitto unitario medio (yield) reale del 23%. L’Alitalia ritiene inoltre non pertinente il riferimento effettuato dalla Commissione alla circostanza che il mercato interno italiano sia stato effettivamente liberalizzato solo alla fine del 1995 e che sussistano grandi incertezze circa le modalità con cui l’Alitalia sarà in grado di far fronte alla concorrenza.

226    Quanto ai costi d’esercizio unitari, l’Alitalia asserisce che essi fossero allineati con quelli dei principali concorrenti. A suo avviso, nella decisione impugnata, la Commissione assume una posizione diversa da quella che aveva adottato, al riguardo, nella decisione del 1997, in quanto esamina ex post l’andamento consuntivo della compagnia.

227    Infine, per quanto attiene alle gravi agitazioni sociali subite dall’Alitalia nel 1995 e nel 1996, quest’ultima sottolinea che il cambiamento culturale dell’azienda ha trovato concreta attuazione negli accordi sindacali firmati nel 1996. Durante tutta la fase istruttoria non ci sarebbero stati scioperi.

228    La Commissione sostiene, dal canto suo, che la determinazione del tasso minimo costituisce, nel caso di specie, un’operazione da collocare in un contesto storico determinato in funzione di una valutazione prospettica, in considerazione dell’atteggiamento psicologico e soggettivo di propensione o avversione al rischio in un settore peculiare ed altamente interdipendente come quello del trasporto aereo. A suo parere, il calcolo del tasso minimo deve tener conto dei rischi propri del progetto in questione.

229    Il costo dei capitali propri, stimato al 14% secondo il CAPM, sarebbe estraneo al tasso minimo, mentre rientrerebbe all’interno del calcolo del tasso interno. Il coefficiente β sarebbe stato utilizzato esclusivamente nell’ambito del calcolo globale della partecipazione dell’l’IRI nell’Alitalia al 31 dicembre 2000. Tale coefficiente esprimerebbe il rischio specifico dell’azienda desumibile dall’andamento della Borsa, ma non sarebbe significativo in quanto l’Alitalia non era sufficientemente quotata.

230    Quanto ai risultati dell’Alitalia relativi al primo semestre del 1997, essi sarebbero ininfluenti, poiché non noti alla data dell’adozione della decisione del 1997.

231    La tesi dell’Alitalia tesa a dimostrare l’effetto limitato del centro aeroportuale di corrispondenze di Malpensa si porrebbe in netta contraddizione con le attese espresse da tale compagnia nel piano di ristrutturazione fin dalla sua prima versione. La Commissione confuta altresì gli argomenti attinenti al raffronto tra il centro aeroportuale di Malpensa e gli aeroporti di Gatwick, Stanstead, Monaco e Oslo.

232    Secondo la Commissione, il fattore di liberalizzazione del mercato interno italiano assume per l’Alitalia connotati molto seri, in quanto la Repubblica italiana è il solo grande Stato membro della Comunità che abbia sfruttato al massimo tutte le possibilità offerte dal regolamento (CEE) del Consiglio 23 luglio 1992, n. 2408, sull’accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie (GU L 240, pag. 8), per proteggere il proprio mercato ad esclusivo vantaggio della compagnia di bandiera. Conseguentemente, nel 1997, all’atto della liberalizzazione e della fine della situazione di monopolio, il rischio di gravi ricadute negative per l’Alitalia non avrebbe potuto essere escluso. Peraltro, dei tre esempi citati dall’Alitalia soltanto quello del Regno di Spagna sarebbe pertinente, poiché il Regno Unito e la Repubblica federale di Germania hanno liberalizzato i loro mercati in epoca ben diversa dal periodo di riferimento 1992‑1995 scelto dall’Alitalia.

233    Quanto ai costi unitari di sfruttamento, la Commissione sottolinea che, al punto 26, quarto trattino, della decisione impugnata, essi si riferiscono al periodo 1996‑1997 e non all’anno 2000, data della conclusione del piano. Ciò premesso, essa afferma che è incontestabile che i costi unitari dell’Alitalia erano superiori del 12% rispetto alla media dei costi dei concorrenti europei.

234    Infine, l’assenza di scioperi sarebbe irrilevante. Infatti, il tasso minimo sarebbe stato ben superiore al 30% se si fossero verificati scioperi nel corso della procedura d’indagine.

 Giudizio del Tribunale

235    L’Alitalia formula, da un lato, talune censure in ordine al metodo di calcolo del tasso minimo e contesta, dall’altro, la scelta dei rischi assunta dalla Commissione ai fini della determinazione di tale tasso.

–       Metodo di calcolo del tasso minimo

236    Nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra (punti 98 e 99), il Tribunale aveva rilevato che la Commissione, per accertare se l’investimento dell’IRI soddisfacesse il criterio dell’investitore privato e, quindi, per valutare se esso contenesse elementi propri dell’aiuto statale ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, si era ispirata ai principi della sua comunicazione riguardante l’applicazione degli artt. [87 CE] e [88 CE] e dell’art. 61 dell’accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE) agli aiuti di Stato nel settore dell’aviazione (GU 1994, C 350, pag. 5; in prosieguo: la «comunicazione sull’aviazione»). Nella decisione del 1997 (punto VII), la Commissione, infatti, aveva confrontato l’importo dell’investimento dell’IRI con i flussi di cassa futuri previsti dal progetto attualizzato in base al tasso minimo che esigerebbe un investitore privato. Essa ne aveva concluso che il tasso di rendimento interno restava inferiore al tasso minimo e che, di conseguenza, il criterio dell’investitore privato non risultava soddisfatto nel caso di specie. Il Tribunale aveva inoltre ritenuto che il metodo applicato dalla Commissione nella decisione del 1997 non fosse di per sé censurabile.

237    Al punto 25 della decisione impugnata, la Commissione afferma che, «[n]el caso presente, sulla base delle informazioni in suo possesso, e in particolare in base alla relazione [dei suoi consulenti]», essa ritiene che «il tasso minimo sia prossimo al 30% in considerazione dell’entità dell’importo in questione e soprattutto in considerazione dei rischi inerenti all’operazione stessa». Essa precisa che «[q]uesto tasso – pari come minimo al 30% – tiene infatti conto della possibilità che il piano di ristrutturazione non segua lo svolgimento previsto e che il rendimento effettivo dell’investimento risulti, alla fine dei conti, notevolmente inferiore». Essa prosegue indicando che, «[d]el resto, il tasso può soltanto essere superiore al costo dei capitali propri qualora quest’ultimo non tenga conto di tutti i rischi relativi alla società».

238    Quanto alla censura formulata dall’Alitalia riguardo al rapporto di uno a due tra il tasso del 14% fissato per il costo dei capitali propri e il tasso minimo, risulta chiaramente dalla decisione impugnata che la Commissione ha tenuto conto del costo dei capitali propri dell’Alitalia valutato mediante ricorso al CAPM, in un primo momento, per calcolare il valore della partecipazione dell’IRI in Alitalia nel dicembre 2000 (punto 22 della decisione impugnata) e, in un secondo momento, per determinare, sulla base di tali dati, il tasso interno (punto 23 della decisione impugnata) e non il tasso minimo.

239    La lettura della seconda e della terza relazione dei consulenti della Commissione, allegate al ricorso, conferma parimenti che il detto tasso del 14% è stato calcolato ai fini della valutazione di uno degli elementi che concorrono alla determinazione del tasso interno.

240    Atteso che tale tasso del 14% serve per il calcolo del tasso interno e non per quello del tasso minimo, erroneamente l’Alitalia lo contesta nell’ambito delle proprie censure relative alla determinazione del tasso minimo del 30%, ponendo l’accento sul rapporto di uno a due tra i due tassi.

241    Al punto 22 della decisione impugnata e nelle sue memorie, la Commissione sottolinea peraltro che il costo dei capitali propri, calcolato sulla base del coefficiente β dell’Alitalia, prende in considerazione i rischi derivanti dalla situazione della società nel suo insieme, in particolare nel contesto della Borsa, nonché i rischi inerenti al settore interessato. La Commissione precisa che, non essendo l’Alitalia sufficientemente quotata negli anni 1996‑1997, la stima del 14% e del coefficiente β dell’Alitalia calcolato nel 2000 costituisce il frutto di un’operazione inevitabilmente teorica e basata sul coefficiente β di altre società aeree paragonabili. Essa sottolinea che il coefficiente β così calcolato non può riflettere il rischio specifico dell’Alitalia negli anni 1996‑1997 e che il costo medio ponderato del capitale in tal modo definito «non tiene altrimenti conto del rischio specifico di Alitalia» (punto 22 della decisione impugnata).

242    Orbene, il tasso minimo tiene conto «dell’importo in questione e soprattutto (…) dei rischi inerenti all’operazione stessa» (punto 25 della decisione impugnata). Il metodo della Commissione è pertanto coerente, tanto più che l’Alitalia stessa afferma che la determinazione del tasso minimo costituisce il risultato non dell’applicazione di una formula matematica, bensì di rilievi empirici da effettuare senza perdere di vista gli obiettivi in materia di investimento di un investitore paragonabile a quello pubblico (v., parimenti, il punto 24 della decisione impugnata).

243    Si deve infine aggiungere che la Commissione non è nemmeno incorsa in un manifesto errore di valutazione laddove ha ritenuto che la particolare posizione dell’IRI, quale holding già azionista della compagnia, non le fornisse, ai fini della valutazione dell’investimento, migliori conoscenze e capacità di comprensione della compagnia medesima. Si deve infatti sottolineare che l’IRI è una holding di partecipazione interamente detenuta dallo Stato italiano. Orbene, i parametri di riferimento per il calcolo del tasso minimo non sono quelli dello Stato, bensì quelli del mercato. Peraltro, essendo già azionista dell’Alitalia, l’IRI potrebbe avere interesse ad esagerare il valore della compagnia. Ne consegue che non può presumersi che la partecipazione dell’IRI al capitale dell’Alitalia le attribuisca necessariamente migliori capacità di valutazione del tasso minimo che esigerebbe un investitore privato che agisse secondo le leggi del mercato.

244    Conseguentemente, le censure formulate dall’Alitalia con riguardo al metodo applicato dalla Commissione non sono fondate.

–       Rischi considerati dalla Commissione

245    L’Alitalia contesta i rischi presi in considerazione dalla Commissione nella decisione impugnata ai fini della determinazione del tasso minimo, ragion per cui occorre esaminarli singolarmente.

246    In primo luogo, quanto all’affermazione della Commissione secondo cui, nel settore trasporto aereo, i margini sarebbero tradizionalmente ridotti e la volatilità dei profitti e delle perdite elevata (punto 25, primo trattino, della decisione impugnata), l’Alitalia non la contesta di per sé. Essa afferma piuttosto che gli elementi di rischio connessi al settore di attività sono stati già presi in considerazione aliunde.

247    Si deve rilevare a tal riguardo, da un lato, che, nella decisione impugnata, la presa in considerazione di tali elementi, mediante il ricorso al coefficiente ß nella formula CAPM, è limitata alla determinazione di uno degli elementi del tasso interno, vale a dire il valore finale al termine dell’anno 2000 (punto 22 della decisione impugnata). Inoltre, il coefficiente ß non esprime specificamente il rischio connesso al settore di cui trattasi. Come l’Alitalia stessa riconosce, esso consente di misurare la correlazione tra la variabilità del rendimento del mercato e la variabilità del rendimento dell’impresa oggetto di valutazione.

248    Dall’altro lato, la determinazione del tasso minimo non si colloca nella stessa ottica di quella – risultante piuttosto dall’applicazione di una formula matematica – del tasso interno. Si tratta di valutare, in modo empirico e prospettico, il tasso minimo che esigerebbe un investitore privato che agisse secondo le leggi di mercato per effettuare tale operazione finanziaria, tenuto conto, in particolare, dei rischi in essa insiti (v. supra, punto 242). In tale contesto, un investitore privato potrebbe legittimamente prendere in considerazione, tra i rischi specifici connessi all’operazione di cui trattasi, il fatto che essa si colloca nel settore del trasporto aereo in cui gli utili sono tradizionalmente deboli e la volatilità dei profitti e delle perdite elevata.

249    Conseguentemente, la Commissione, menzionando tale rischio al punto 25 della decisione impugnata, non è incorsa in un manifesto errore di valutazione.

250    In secondo luogo, quanto alla mancanza di risultati significativamente positivi nei conti dell’Alitalia (v. punto 25, secondo trattino, della decisione impugnata), si deve necessariamente rilevare che quest’ultima non contesta nemmeno tale circostanza. Il fatto che il piano controverso abbia potuto essere volto, in particolare, a porre rimedio ad una sottocapitalizzazione nulla cambia per quanto attiene alla critica situazione finanziaria dell’Alitalia, la quale costituiva un rischio rilevante del quale un investitore privato doveva tener conto prima di sottoscrivere qualsivoglia aumento di capitale.

251    Tale rilievo non è contraddetto dal fatto che l’Alitalia abbia fatto registrare, nel corso del primo semestre del 1997, risultati di gestione più favorevoli rispetto alle previsioni del piano di ristrutturazione. Infatti, tali dati, anche ammesso che possano pregiudicare successivi risultati del piano, sono in ogni caso divenuti noti in un momento successivo alla valutazione del rischio nell’ambito della decisione del 1997 e non possono essere quindi presi in considerazione (v. supra, punto 137).

252    Quanto alla stima dei risultati del primo trimestre del 1997, da cui emerge un miglioramento superiore al previsto, si deve sottolineare che tale stima si fondava su dati provvisori non verificati, cosa che l’Alitalia non ha contestato. L’inaffidabilità di tali dati, in aggiunta all’assoluta brevità del periodo considerato, autorizzava la Commissione a ritenere che essi non rimettessero in discussione la valutazione del rischio, dalla medesima effettuata, connessa alla mancanza di risultati significativamente positivi nei conti dell’Alitalia dalla fine degli anni’80, nonostante il miglioramento della congiuntura verificatosi dal 1994 in poi.

253    In terzo luogo, quanto all’affermazione della Commissione secondo cui il piano si baserebbe su ipotesi ottimistiche circa l’evoluzione della produttività, le spese operative, i coefficienti di riempimento e i ricavi unitari della società (v. punto 26, primo trattino, della decisione impugnata), si deve rilevare che la relazione dei consulenti della Commissione 18 giugno 1997, allegata al ricorso, menziona, da un lato, taluni cambiamenti apportati al piano precedente, sottolineando che il piano modificato risulta più prudente rispetto a quello iniziale. Tuttavia, tale relazione evidenzia, dall’altro, il fatto che il piano continua a contenere vari elementi ottimistici e che taluni obiettivi potrebbero risultare difficili da raggiungere. Orbene, gli elementi enumerati sono esattamente quelli ripresi al punto 26, primo trattino, della decisione impugnata, elementi che quest’ultima definisce «ipotesi ottimistiche».

254    Peraltro, nella relazione aggiuntiva, allegata alla relazione del 18 giugno 1997, i consulenti della Commissione valutano la fattibilità generale del piano di ristrutturazione e l’adeguatezza del conferimento di capitale controverso. Essi fanno presente di aver analizzato, nelle loro precedenti relazioni, le caratteristiche del piano per valutare il tasso di rendimento che un investitore potenziale avrebbe ragionevolmente preteso per investire nell’Alitalia. I consulenti della Commissione aggiungono che, in tale contesto, gli elementi che essi hanno ritenuto «ottimistici» erano stati utilizzati ai fini della valutazione del tasso di rendimento preteso da un investitore privato. Nel prosieguo essi affermano, tuttavia, che tali elementi non implicano la mancanza di fattibilità del piano.

255    Ne consegue che l’Alitalia non può contestare il fatto che nel suo piano di ristrutturazione siano state prese in considerazione ipotesi ottimistiche invocando il fatto che, nella detta relazione aggiuntiva, i consulenti della Commissione concludono nel senso della fattibilità generale del piano medesimo. Infatti, la detta relazione aggiuntiva nonché la relazione principale del 18 giugno 1997 menzionano, appunto, tali elementi ottimistici.

256    In ogni caso, il fatto di considerare generose o ottimistiche talune ipotesi particolari non può essere ritenuto di per sé contraddittorio con una valutazione di fattibilità generale del piano di ristrutturazione.

257    Infine, contrariamente a quanto affermato dall’Alitalia, nei controlli effettuati sullo stato di avanzamento del piano la Commissione ovvero i suoi consulenti non hanno sempre constatato la realizzazione degli obiettivi in materia di produttività e di costi di gestione. Infatti, emerge in particolare dall’estratto della relazione redatto dai consulenti della Commissione nel mese di luglio 1999, prodotto dall’Alitalia in allegato alla replica, che i costi operativi erano più elevati rispetto alle previsioni del piano e che la produttività, benché migliore in taluni casi rispetto al 1997, non aveva raggiunto gli obiettivi.

258    In ogni caso, tale argomento dell’Alitalia e i dati prodotti a sostegno del medesimo devono essere respinti, considerato che si fondano su elementi ex post.

259    La Commissione, includendo, tra i fattori supplementari di rischio di cui un investitore privato poteva tener conto, il fatto che il piano si fondasse su ipotesi generose in materia di evoluzione della produttività, di costi operativi, di coefficienti di riempimento e di ricavi unitari della compagnia, non è quindi incorsa in un manifesto errore di valutazione.

260    In quarto luogo, quanto ai rischi connessi al fatto che le esatte potenzialità della nuova infrastruttura di Malpensa e le modalità di entrata in servizio di tale centro aeroportuale di corrispondenze restavano in parte ignote (v. punto 26, secondo trattino, della decisione impugnata), si deve rinviare supra, ai punti 203‑204, dai quali emerge che l’aeroporto di Malpensa costituiva un elemento importante del piano di ristrutturazione. La Commissione non ha quindi commesso un manifesto errore di valutazione laddove ha affermato che il miglioramento atteso dipendeva in larga misura dalla realizzazione del centro aeroportuale di Malpensa dal 1998 in poi.

261    L’Alitalia non ha contestato l’affermazione della Commissione secondo cui la concorrenza avrebbe potuto parimenti avvalersi dello sviluppo dell’aeroporto di Malpensa, in quanto le fasce orarie ivi disponibili sarebbero molto più numerose rispetto all’aeroporto di Linate, ampiamente saturo. Orbene, lo sviluppo della concorrenza costituirebbe un rischio per l’Alitalia.

262    Quanto al raffronto, in materia di distanze, con gli altri aeroporti europei, si deve sottolineare, a tal riguardo, che la distanza dall’aeroporto di Monaco rispetto al centro della città, vale a dire 37 km, non è paragonabile con quella dell’aeroporto di Malpensa rispetto al centro di Milano, indipendentemente dal fatto che si accolga il dato indicato dalla Commissione, vale a dire 55 km, o quello di 48 km, asserito dall’Alitalia. Per gli altri tre aeroporti, tale distanza può essere ritenuta paragonabile. Malpensa si colloca quindi tra gli aeroporti più lontani dal centro della città alla quale è collegato. Tuttavia, il raffronto effettuato dall’Alitalia contrasta con talune obiezioni relative alla paragonabilità delle dimensioni degli aeroporti di cui trattasi o della loro collocazione nell’ambito del rispettivo sistema aeroportuale. Infatti, da un lato, l’aeroporto di Oslo non ha le stesse dimensioni di quello di Milano e, dall’altro, gli aeroporti di Gatwick e di Stanstead non sono gli aeroporti principali di Londra (Regno Unito), contrariamente all’aeroporto di Malpensa, destinato ad esserlo per Milano. Il rischio connesso alla distanza poteva essere quindi ritenuto più rilevante nel caso di Malpensa.

263    In ogni caso, il rischio essenziale connesso alla messa in servizio del centro aeroportuale di Malpensa a decorrere dal 1998 è riassunto nell’ultimo periodo del punto 26, secondo trattino, della decisione impugnata, che così recita:

«In realtà, le esatte potenzialità della nuova infrastruttura e le modalità di entrata in servizio del [centro aeroportuale di corrispondenze] restano in parte ignote».

264    L’Alitalia non ha contestato tale affermazione. La Commissione non ha quindi commesso un manifesto errore di valutazione laddove ha ritenuto che la messa in servizio del centro aeroportuale di Malpensa costituisse una fattore di rischio supplementare di cui un investitore privato poteva tener conto.

265    In quinto luogo, quanto alla liberalizzazione del mercato interno italiano (v. punto 26, terzo trattino, della decisione impugnata), è pacifico che essa abbia avuto luogo solamente alla fine dell’anno 1995.

266    Orbene, nell’ambito degli argomenti diretti a giustificare lo yield del 23% applicato nel proprio piano, l’Alitalia utilizza, quali termini di raffronto, il Regno Unito, la Germania e la Spagna.

267    Si deve rilevare che, nel periodo di riferimento, né il Regno Unito né la Germania si trovavano in una situazione paragonabile a quella dell’Italia. Infatti, i detti due paesi avevano aperto i loro mercati interni, l’uno all’inizio e l’altro alla fine degli anni’80. Inoltre, in un secondo momento, essi hanno pienamente liberalizzato i loro mercati a livello comunitario, il primo nel 1993 ed il secondo nel 1997, secondo le indicazioni fornite dall’Alitalia. Tale situazione non può essere quindi paragonata a quella dell’Italia che ha proceduto alla liberalizzazione dei due mercati, interno e comunitario, pressoché simultaneamente, rispettivamente nel 1996 e nel 1997, obbligando così l’Alitalia a far fronte ad una nuova concorrenza, allo stesso tempo, sui due fronti. Agli occhi di un investitore privato tale situazione aumentava, quindi, i rischi dell’operazione.

268    La Commissione non è pertanto incorsa in un manifesto errore di valutazione laddove, tra i fattori di rischio di cui avrebbe potuto tener conto un investitore privato, ha indicato la liberalizzazione del mercato interno alla fine del 1995 e le incertezze circa le modalità con cui l’Alitalia, sino a quel momento in situazione di monopolio, sarebbe stata in grado di far fronte alla concorrenza.

269    In sesto luogo, quanto all’affermazione della Commissione secondo cui i costi unitari dell’Alitalia resterebbero superiori a quelli dei suoi principali concorrenti comunitari (v. punto 26, quarto trattino, della decisione impugnata), si deve rilevare che tale affermazione non esclude assolutamente un miglioramento della situazione. Al contrario, l’utilizzo del verbo «restare» sembrerebbe implicarlo.

270    La Commissione afferma di aver fondato le proprie valutazioni sui dati comunicatile nel 1996. L’Alitalia sottolinea che tali dati risalivano, in realtà, al 1994, laddove i costi avrebbero fatto successivamente registrare un miglioramento. Al fine di comprovare tale miglioramento, la Compagnia ha prodotto, in allegato alla replica, dati statistici provenienti da una pubblicazione dell’AEA.

271    A tal riguardo, si deve rammentare che la Commissione era tenuta ad utilizzare i dati disponibili al momento dell’adozione della decisione del 1997 (v. supra, punto 137). Orbene, i dati statistici prodotti dall’Alitalia provengono da una pubblicazione riservata dell’AEA, la cui copia, acclusa agli atti di causa, non reca una data ufficiale, bensì la data manoscritta del 26 giugno del 1998. La Commissione afferma che tale pubblicazione è apparsa solamente alla fine del 1997 e che, nell’ambito del presente procedimento, essa è stata prodotta per la prima volta dall’Alitalia in sede di replica. L’Alitalia non ha quindi dimostrato che la Commissione fosse o potesse essere a conoscenza di tali dati al momento dell’adozione della decisione del 1997.

272    Non può essere dunque contestato alla Commissione di essersi fondata sui dati di cui essa disponeva al momento dell’adozione della decisione del 1997 e di essersi attenuta al fatto che i costi unitari dell’Alitalia restavano superiori in misura del 12% rispetto a quelli delle imprese concorrenti, come affermato nella decisione del 1997.

273    In settimo luogo, quanto all’affermazione secondo cui la società sarebbe stata colpita da gravi agitazioni sociali nel 1995 e nel 1996 e che, sotto un profilo più generale, il cambiamento della cultura di impresa rischiava di essere difficile da gestire (punto 26, quinto trattino, della decisione impugnata), si deve necessariamente rilevare che il primo elemento è pacifico e che poteva indurre un investitore privato a considerare rischiosi i cambiamenti necessari nell’impresa, e ciò malgrado la conclusione di accordi sindacali, che non potevano dissipare tutte le incertezze relative alla reazione del personale.

274    In esito all’esame dei rischi menzionati dalla Commissione a sostegno della fissazione di un tasso minimo del 30%, si deve ritenere, in conclusione, che la Commissione non ha commesso manifesti errori di valutazione a tal riguardo.

275    Il motivo relativo alla violazione ed all’erronea applicazione degli artt. 87 CE e 88 CE nell’ambito della determinazione del tasso minimo dev’essere pertanto respinto.

2.     Determinazione del tasso interno

276    L’Alitalia contesta l’entità dei costi d’insolvenza inclusi dalla Commissione nel calcolo del tasso interno, la determinazione del tasso interno in base all’ultima versione del piano, i parametri utilizzati dalla Commissione e l’incidenza della conversione del prestito in capitale sul calcolo del tasso interno.

a)     Entità dei costi d’insolvenza

277    La questione dell’inclusione dei costi di insolvenza è stata già affrontata supra ai punti 113‑121, peraltro unicamente sotto il profilo della violazione dell’art. 233 CE relativamente al contenuto della sentenza Alitalia I, punto 8 supra. In questa sede si tratta di accertare se, nell’ambito delle proprie valutazioni, la Commissione non si sia basata su fatti inesatti, né abbia commesso manifesti errori di valutazione.

 Argomenti delle parti

278    L’Alitalia ricorda, anzitutto, che essa, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione al punto 20 della decisione impugnata, non ha mai accettato la quantificazione in ITL 750 miliardi calcolata dalla Commissione.

279    L’Alitalia osserva che la prima parte dell’aumento di capitale le ha permesso di rimborsare all’IRI ITL 900 miliardi di prestiti a breve termine, che non sarebbero stati rimborsati se la compagnia fosse stata posta in liquidazione. Questi 900 miliardi costituirebbero il limite minimo e non massimo dei costi d’insolvenza che hanno potuto in questo modo essere evitati. Con riferimento a tale rimborso di ITL 900 miliardi, la determinazione dei costi d’insolvenza a 750 miliardi risulterebbe incomprensibile e immotivata.

280    Più specificamente, l’Alitalia illustra le modalità con cui ha quantificato in ITL 1 140 miliardi il costo per l’IRI di un eventuale fallimento della compagnia, cifra che, a suo parere, costituisce il risultato di una media tra importi minimi e massimi dei costi di insolvenza. L’Alitalia afferma che i costi d’insolvenza indicati nella decisione impugnata dovrebbero dunque essere aumentati di ITL 236 miliardi, il che determinerebbe un incremento del tasso interno di oltre il 4%.

281    L’Alitalia contesta di aver sovrastimato i rischi di perdite sugli acconti versati per l’acquisto della flotta di aeromobili a breve termine. A suo parere, gli anticipi versati sugli aeromobili non sono recuperabili in caso di fallimento.

282    L’Alitalia nega parimenti di aver sottostimato il valore venale della flotta. La sua stima, in quest’ultimo caso, si fonderebbe sui valori di vendita indicati nelle guide professionali, alle quali occorrerebbe, a suo parere, applicare una sottovalutazione tra il 25% e il 45% a seconda che vi sia una vendita in continuità aziendale oppure vi sia una vendita forzata. Il valore degli aeromobili venduti in blocchi superiori alle due o tre unità dovrebbe essere abbattuto almeno del 12% e occorrerebbe effettuare considerazioni mirate per ogni tipologia di aeromobili. Infine, la percentuale di sottovalutazione che non deve essere superata sarebbe del 10‑15% per la vendita all’ingrosso rispetto al prezzo al dettaglio, cui andrebbe aggiunto il 20% previsto dalla Commissione, ossia un totale del 30‑35%. L’Alitalia deduce inoltre che la Commissione non fornisce elementi a sostegno delle sue affermazioni.

283    L’Alitalia nega peraltro di aver sopravvalutato i costi di liquidazione. Nello stimare tali costi nella misura del 10% circa del valore realizzabile, l’Alitalia include i tempi necessari per la procedura a termine e le spese della procedura di liquidazione. Essa afferma, a proposito di tali costi di liquidazione, di trovarsi impossibilitata a contestare l’importo ritenuto congruo dalla Commissione, non essendo indicato tale importo e basandosi la stessa stima, secondo la relazione dei consulenti della Commissione del 18 giugno 1997, sulla loro propria esperienza.

284    L’Alitalia rammenta infine il fatto che la sua liquidazione avrebbe comportato un impatto negativo sulla posizione finanziaria dell’IRI con un peggioramento del rating dell’indebitamento dell’Alitalia e quindi maggiori costi d’insolvenza. Per prudenza, essa non avrebbe tuttavia quantificato tale effetto.

285    Da ultimo, l’Alitalia ribadisce che, prendendo in considerazione i costi d’insolvenza per un valore medio di ITL 1 140 miliardi, il rendimento dell’investimento sarebbe stato del 33%.

286    La Commissione prende atto del fatto che l’Alitalia non ha accettato la cifra di ITL 750 miliardi, pur spiegando come era giunta a tale conclusione.

287    Quanto alle ragioni che l’hanno indotta a determinare tale importo, la Commissione espone che esse sono specificate nel punto 20 della decisione impugnata e nella relazione dei suoi consulenti, in data 21 febbraio e 18 giugno 1997. Essa precisa che la tabella elaborata nell’ambito del procedimento che ha condotto alla sentenza Alitalia I, punto 8 supra, e riprodotta dall’Alitalia in allegato al ricorso includeva già i costi d’insolvenza nel calcolo del tasso interno.

288    La Commissione confuta, inoltre, l’affermazione dell’Alitalia secondo la quale essa avrebbe sistematicamente scelto valori estremi ai fini della determinazione del tasso interno. A tal riguardo fornisce esempi di parametri favorevoli all’Alitalia che essa avrebbe utilizzato in tale calcolo.

289    La Commissione rammenta che ogni errore che, anche se corretto, non riporterebbe il tasso interno al di sotto del tasso minimo stimato al 30% resterebbe comunque irrilevante rispetto alla legittimità della decisione impugnata. La Commissione evidenzia, sulla base di varie tabelle, le divergenze esistenti tra la sua determinazione e quella dell’Alitalia e le imputa alla valutazione della flotta a garanzia dei debiti e a quella del rimborso ai creditori chirografari derivante dalla liquidazione dell’attivo.

290    La Commissione osserva poi che il fatto di aver rimborsato prestiti per ITL 900 miliardi tramite la prima tranche dell’aumento di capitale non giustifica il fatto che il valore dei costi d’insolvenza debba essere stimato di pari importo.

291    La Commissione contesta la quantificazione effettuata dall’Alitalia sotto vari profili. Essa riporta una tabella che evidenzia le differenze tra i conteggi operati dalle parti in causa in ordine alla determinazione dei rimborsi destinati ai creditori e precisa che queste riguardano le voci «anticipi sugli aeromobili», «flotta», «crediti e costi di liquidazione».

292    Quanto agli anticipi sugli aeromobili, la Commissione ritiene che siano recuperabili al 100%. Infatti, la clausola che prevede la possibilità di recedere dai contratti di fornitura di aeromobili non escluderebbe il rimborso degli anticipi. Inoltre, non sarebbe giustificato basarsi, alla luce delle informazioni allora disponibili, su una perdita totale di tali crediti né escludere a priori la possibilità di cessione dei contratti ad altre compagnie.

293    Quanto al valore della flotta in caso di fallimento, la Commissione precisa che la valutazione deve assumere i valori del 1996 e non quelli del 1999 o del 2000, come erroneamente pretende l’Alitalia. La Commissione afferma di essersi basata sulla stima dettagliata della relazione dei suoi consulenti del giugno 1997, secondo cui il valore di mercato degli aeromobili subirebbe una svalutazione dell’ordine del 10‑20%. Per verificare la propria stima, i consulenti della Commissione avrebbero utilizzato, con l’aiuto di un esperto del settore, un prontuario che indica in maniera dettagliata il prezzo degli aerei di linea. La percentuale di sottovalutazione che non deve essere superata corrisponderebbe al ribasso del 20% rispetto al prezzo all’ingrosso, che sarebbe già scontato dell’8% o del 9% rispetto al prezzo al dettaglio.

294    Quanto ai costi di liquidazione, la Commissione li stima nell’ordine di ITL 64‑92 miliardi, mentre l’Alitalia li considera pari a ITL 287‑427 miliardi. La Commissione sostiene che, ai fini di una corretta stima di tali costi, si possono distinguere, secondo la legislazione italiana, due differenti schemi di liquidazione, vale a dire la liquidazione volontaria o la procedura concorsuale. La liquidazione volontaria sarebbe effettuata da un liquidatore esterno e il suo costo sarebbe quantificabile nell’1% delle attività realizzate, cui si aggiungerebbe il costo di un compenso dello 0,75% delle passività definitivamente accertate (cifre ricavate dal tariffario dei dottori commercialisti italiani). In caso di procedura concorsuale, al curatore fallimentare o al commissario giudiziale spetterebbero fino allo 0,9% dell’attivo realizzato, più un compenso massimo dello 0,37% del passivo accertato (artt. 1º e 2 del decreto ministeriale 20 luglio 1992, n. 570). In entrambi i casi si dovrebbero considerare successivamente le spese sostenute per le perizie dirette ad individuare il valore di realizzo dei beni oggetto di liquidazione. Tali spese sarebbero quantificabili sulla base dei tariffari dei vari ordini cui i periti appartengono. Nel caso dell’Alitalia, occorrerebbe riferirsi al tariffario dell’ordine degli ingegneri e degli architetti che prevedrebbe, in casi del genere, un diritto dello 0,05% del singolo bene valutato. Applicando le tariffe massime previste sia per il liquidatore ovvero il curatore sia per il perito, i costi di liquidazione ammonterebbero quindi, secondo la Commissione, al 2,2% del totale dell’attivo liquidato in caso di liquidazione o all’1,49% del totale dell’attivo liquidato nel caso di una procedura concorsuale.

295    Quanto all’incidenza del fattore tempo nel calcolo dei costi di insolvenza, la Commissione sostiene che non è corretto affermare che sarebbero stati necessari sei anni per la chiusura della liquidazione di tutto l’attivo dell’Alitalia. Tale termine sarebbe infatti frutto dell’applicazione di statistiche medie – per di più attinenti solo marginalmente a società per azioni e a grandi gruppi industriali – ad un soggetto profondamente diverso come una grande compagnia di bandiera. Ma, anche accettando tale durata media di sei anni, non sarebbe assolutamente vero né dimostrabile che l’intero importo della procedura venga incassato in una sola soluzione alla fine della stessa, poiché i creditori possono essere pagati via via che il patrimonio viene liquidato. Sarebbe quindi impossibile quantificare in maniera precisa e attendibile l’effetto del fattore tempo. Volendo comunque tener conto di una perdita sui crediti in ragione del fattore tempo, occorrerebbe confrontarla non con il valore nominale dei crediti stessi, bensì con il valore aggiornato dei medesimi che sarebbe sensibilmente inferiore.

296    La Commissione fa, infine, presente che l’impatto della liquidazione dell’Alitalia sull’IRI sarebbe insignificante. Infatti, l’unico esborso finanziario per i costi d’insolvenza sarebbe rappresentato dai debiti garantiti dall’IRI per ITL 41 miliardi. Tale importo rappresenterebbe appena lo 0,16% dell’indebitamento finanziario del gruppo IRI, il che non sarebbe minimamente paragonabile all’entità dell’aumento di capitale di ITL 2 750 miliardi, ragion per cui i suoi effetti sulla valutazione complessiva del gruppo IRI resterebbero ininfluenti.

 Giudizio del Tribunale

297    Si deve rammentare, in limine, che in data 8 aprile 2003 la Commissione ha pubblicato una rettifica alla decisione impugnata, in cui ha preso atto del fatto che l’Alitalia non aveva accettato la valutazione dei costi di insolvenza nella misura di ITL 750 miliardi (v. punto 22 supra).

298    Quanto alla motivazione di tale dato, essa è contenuta nel punto 20 della decisione impugnata nonché nella relazione dei consulenti della Commissione del 18 giugno 1997, menzionata nello stesso punto e alla quale l’Alitalia ha potuto accedere (v. supra, punti 66 e 67). Tale motivazione è stata successivamente precisata nelle memorie della Commissione, in particolare nel controricorso. Non si può quindi ritenere che l’importo di ITL 750 miliardi non sia stato motivato.

299    L’Alitalia contesta tuttavia il detto importo di ITL 750 miliardi a titolo di stima dei costi di insolvenza, così come la Commissione contesta l’importo di ITL 1 140 miliardi dedotto dall’Alitalia a tal riguardo. Il contrasto verte essenzialmente sulle modalità con cui tener conto del rimborso di ITL 900 miliardi di prestiti a breve termine, del recupero degli anticipi sull’acquisto dei nuovi apparecchi, del valore della flotta in caso di fallimento e della valutazione dei costi di liquidazione.

300    Per quanto riguarda, in primo luogo, la controversia inter partes in ordine alla questione se i 900 miliardi di ITL di prestiti rimborsati mediante la prima tranche di aumento di capitale costituiscano il limite minimo o massimo dei costi di insolvenza che abbiano potuto essere evitati, essa non risulta pertinente ai fini della valutazione della fondatezza dell’importo assunto dalla Commissione a titolo di costi di insolvenza complessivi. Del resto, nessun elemento dedotto dalle parti consente di ritenere che la somma rimborsata di ITL 900 miliardi di sia considerata, di per sé, quale limite minimo o massimo dei costi di insolvenza che hanno potuto essere evitati.

301    Per quanto attiene, in secondo luogo, alla recuperabilità o meno degli acconti versati per gli acquisti dei nuovi apparecchi, si deve rilevare che, come riconosciuto dall’Alitalia, al momento dell’adozione della decisione del 1997 la Commissione non era a conoscenza del protocollo di accordo concluso tra il costruttore McDonnell Douglas e l’Alitalia, ai termini del quale quest’ultima aveva rinunciato all’acquisto di cinque apparecchi e la McDonnell Douglas aveva trattenuto l’anticipo di 500 000 dollari statunitensi (USD) per apparecchio. La Commissione non poteva quindi tenerne conto.

302    Peraltro, quand’anche tale esempio avesse dovuto essere preso in considerazione nell’ambito dell’esame della prassi in materia, l’Alitalia non può legittimamente trarre, in ogni caso, alcuna conseguenza dal mancato recupero dagli acconti per i cinque apparecchi per quanto riguarda gli altri ordinativi, tanto più che essa stessa sottolinea il carattere intuitu personae che caratterizza il protocollo di accordo.

303    L’Alitalia deduce, inoltre, il fatto che, «in genere», i contratti di acquisto di apparecchi da essa conclusi non prevedevano la restituzione degli acconti eventualmente versati. Essa non fornisce tuttavia la prova di tale affermazione.

304    Infatti, la clausola di risoluzione del contratto per insolvenza (Termination for insolvency), stipulata nel contratto di acquisto di attivi (Asset Purchase Agreement) concluso tra l’Airbus Industrie e l’Alitalia nel 1989 e allegato al ricorso, non esclude il rimborso degli acconti. Essa non definisce espressamente i diritti del venditore a fronte dell’insolvenza dell’acquirente e non prevede, a fortiori, il rimborso integrale degli acconti all’acquirente. In ogni caso, un solo contratto non può essere sufficiente per dimostrare una prassi generale.

305    L’Alitalia non ha quindi dimostrato l’esistenza, al momento dell’adozione della decisione del 1997, di una prassi precedentemente seguita che sancisse la perdita integrale degli acconti versati sull’acquisto di nuovi apparecchi. Non si può quindi ritenere che la Commissione sia incorsa in un manifesto errore di valutazione laddove non ha basato i propri calcoli sull’assenza di recupero integrale degli acconti.

306    Si deve peraltro sottolineare che, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, l’Alitalia, invocando tale impossibilità totale di recupero degli acconti, non ha ritenuto utile pronunciarsi sull’impatto di un recupero parziale dei medesimi sull’entità dei costi di insolvenza e sul calcolo del tasso interno. Orbene, dalla simulazione effettuata dalla Commissione nella propria risposta al quesito scritto del Tribunale emerge che la possibilità di recupero degli acconti versati non inciderebbe sul tasso interno in caso di recupero sino al 50% dei medesimi ed aumenterebbe il detto tasso in ragione dell’1% in caso di mancato recupero degli acconti ovvero di recupero limitato al 25%.

307    Ne consegue che, anche ritenendo erroneo il principio di un recupero totale degli acconti versati, tale errore resterebbe irrilevante sulla conclusione finale della Commissione secondo cui il tasso interno risulta inferiore al tasso minimo. Tale errore sarebbe inoperante e non sarebbe quindi sufficiente a giustificare l’annullamento della decisione impugnata, poiché, nelle circostanze peculiari del caso in esame, esso non avrebbe potuto avere alcuna influenza determinante quanto all’esito (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 maggio 2002, causa T‑126/99, Graphischer Maschinenbau/Commissione, Racc. pag. II‑2427, punto 49 e giurisprudenza cit.).

308    In terzo luogo, al punto 20 della decisione impugnata, la Commissione afferma, rinviando alla relazione dei propri consulenti del 18 giugno 1997, che l’importo indicato dalle autorità italiane sottostima il valore venale della flotta.

309    In tale relazione, si precisa quanto segue:

«Alitalia, in assessing the current market value of its used aircraft, reduced the current value indicated in aircraft catalogues, applying a discount ranging between 25 and 45%. Lower discount rates (10‑20%) might be more reasonable, if one also considers that Alitalia, in its calculation, includes, in addition to the discounts, the financial effects of a one year selling process».

310    Inoltre, dal controricorso emerge che, al fine di verificare la prima stima del 1997, i consulenti della Commissione hanno fatto ricorso, con l’ausilio di un esperto in materia, ad un tariffario tratto da una guida di settore, che indica dettagliatamente i prezzi degli aerei di linea. Tale guida suggerisce il criterio seguente:

«Fleet values are discounted from wholesale price (average price paid by dealers or airlines for four or more aircrafts) at one half of one per cent times number of aircraft in fleet not to exceed 20 per cent discount».

311    A tal riguardo si deve rilevare che l’Alitalia, per quanto la riguarda, non fonda il ricorso ad una svalutazione collocata tra il 25% ed il 45% su alcun elemento probatorio. Essa afferma che le guide di settore indicano percentuali di svalutazione in caso di vendita simultanea di due o più apparecchi, senza tuttavia prevedere il caso di vendite eccezionali. La situazione dell’Alitalia sarebbe quindi eccezionale e richiederebbe una svalutazione particolarmente elevata che essa stessa definisce, senza richiamare alcuna documentazione a sostegno delle sue affermazioni. È pur vero che l’Alitalia fa riferimento alle dichiarazioni del sig. B., presidente dell’International Aircraft Remarketing LLC, rilasciate in occasione di una conferenza nel 2001.

312    Tuttavia, al di là del carattere piuttosto soggettivo delle valutazioni rilasciate da quest’ultimo, che risalgono al 2001 e non all’epoca di cui trattasi, si deve sottolineare che la percentuale di svalutazione da questi menzionata nelle proprie dichiarazioni, vale a dire una percentuale collocata tra il 15% ed il 30%, risulta più vicina in media a quella applicata dalla Commissione (20%) che non a quella asserita dall’Alitalia (35% in media).

313    La Commissione non è quindi incorsa in un manifesto errore di valutazione laddove ha applicato una svalutazione del 20% al prezzo di vendita previsto dalle guide di settore, in cui si tiene conto del tipo di apparecchio e della sua concezione recente o meno.

314    Si deve peraltro rilevare che l’Alitalia si contraddice affermando, da un lato, che occorrerebbe includere un abbattimento supplementare per causa di vendita in blocco di un elevato numero di apparecchi dello stesso tipo e, dall’altro, che la vendita di una flotta così folta non potrebbe compiersi da un giorno all’altro e che i calcoli dovrebbero tener conto del fattore tempo.

315    Quanto all’argomento che l’Alitalia svolge in ordine ai rilevanti abbattimenti che le vendite giudiziarie possono comportare e al carattere non probatorio dell’esempio contrario addotto dalla Commissione in considerazione del tipo ricercato di aereo in questione, dal dibattito inter partes si può tutt’al più dedurre che, per uno stesso tipo di apparecchio, ancorché molto ricercato, il prezzo ottenuto in caso di vendita nell’ambito di un procedimento di fallimento può risultare leggermente inferiore o leggermente superiore ai prezzi indicati nelle guide di settore.

316    Tuttavia, dalla tavola presentata al riguardo dall’Alitalia nella replica emerge che il prezzo di vendita ottenuto nell’ambito di un procedimento di fallimento risulterebbe in ogni caso superiore al prezzo all’ingrosso indicato nella guida di settore ivi citato a titolo di raffronto. Orbene, nei propri calcoli la Commissione si è fondata sui prezzi all’ingrosso ai quali dev’essere applicata una svalutazione del 20% massimo (v. punto 310 supra). I due detti esempi citati dall’Alitalia confortano, quindi, la tesi della Commissione secondo cui il prezzo di rivendita degli apparecchi in caso di fallimento non implicherebbe necessariamente svalutazioni importanti. Gli esempi citati dall’Alitalia non avvalorano, in ogni caso, la tesi della medesima di una svalutazione compresa tra il 25% ed il 45% (ovvero del 35% in media).

317    Infine, correttamente la Commissione sottolinea che occorre tener conto del valore della flotta al prezzo di rivendita in vigore al momento della decisione del 1997.

318    L’Alitalia non ha quindi dimostrato che, applicando, ai fini della valutazione del valore della propria flotta, un abbattimento del 20% al prezzo di rivendita all’ingrosso degli apparecchi indicato nelle guide di settore, la Commissione sia incorsa in un manifesto errore di valutazione.

319    Per quanto attiene, in quarto luogo, ai costi di liquidazione di cui al punto 20 della decisione impugnata, la Commissione contesta parimenti alle autorità italiane di averli sovrastimati. Peraltro, la relazione dei consulenti della Commissione 18 giugno 1997, di cui viene fatta menzione, così recita al riguardo:

«Alitalia determined the liquidation costs (essentially the compensation of the officiel reveiver and the expenses he supposed to occur) as a percentage (10%) of the realised assets. According to the official professional fees and to our experience, the mentioned amount appears too high».

320    Si deve anzitutto rilevare che, contrariamente a quanto affermato dall’Alitalia, nella motivazione dei costi di liquidazione la Commissione ovvero i suoi consulenti non si sono limitati a richiamare la loro propria esperienza, bensì hanno fatto parimenti ricorso ai tariffari di settore vigenti.

321    Orbene, dal controricorso emerge che il calcolo dei costi di liquidazione si fonda, essenzialmente, sui detti tariffari di settore e che il margine concesso all’esperienza è del tutto relativo. Infatti, la Commissione ha utilizzato, per il liquidatore esterno, i tariffari ufficiali dell’ordine dei commercialisti e quelli del decreto ministeriale 20 luglio 1992, n. 570, per il curatore, nonché i tariffari degli ingegneri e degli architetti per quanto riguarda il perito, tariffari che essa ha applicato ai valori patrimoniali indicati nella stima dei costi di insolvenza (Estimated insolvency statements) del 31 marzo 1996, fornita dall’Alitalia. Si deve rilevare che, nell’ambito di tale calcolo, la Commissione ha preso in considerazione le tariffe massime previste tanto per il liquidatore ovvero il curatore quanto per il perito. L’Alitalia disponeva dunque dei dati necessari per contestare le stime dei costi di liquidazione effettuate dalla Commissione. Essa non può far valere un difetto di motivazione al riguardo.

322    L’Alitalia non ha del resto contestato il ricorso a tali tariffari degli ordini professionali italiani. Essa deduce che i costi di liquidazione non devono arrestarsi al calcolo effettuato dalla Commissione, bensì devono prendere in considerazione i tempi necessari per portare a termine il procedimento di liquidazione e l’esperienza acquisita in materia dall’IRI nell’ambito del proprio gruppo.

323    Per quanto attiene alla presa in considerazione del fattore tempo, anche ammesso che sia vero che un procedimento di tale genere possa durare sei anni, non si può ritenere che i costi di liquidazione si ripartiscano regolarmente su tutto il corso di tale periodo con una realizzazione degli attivi al termine di tale periodo.

324    L’Alitalia non ha del resto spiegato sotto qual profilo ovvero in qual misura il fattore tempo inciderebbe sulla percentuale del 10% dei costi di liquidazione da essa applicata. Nella replica, l’Alitalia ha infatti proceduto al ricalcolo di tutti i costi di insolvenza, attualizzando i crediti a suo avviso recuperabili. Conseguentemente, tale nuova stima dei costi di insolvenza, oltre a dover essere respinta in quanto sollevata per la prima volta in sede di replica, non riguarda specificamente i costi di liquidazione.

325    Quanto agli esempi invocati dall’Alitalia con riferimento all’esperienza acquisita dall’IRI nell’ambito del proprio gruppo, la Commissione ha dedotto, senza essere contestata ex adverso, che tali esempi attengono a liquidazioni volontarie e non a fallimenti. Non si tratterebbe, quindi, di dati significativi.

326    In ogni caso, l’Alitalia non ha fornito alcuna precisazione quanto al metodo ed ai calcoli che l’hanno indotta a stimare i costi di liquidazione al 10% dell’attivo. Essa non ha peraltro fornito alcun elemento idoneo a dimostrare che la Commissione sia incorsa in un manifesto errore di valutazione nella sua stima dei costi di liquidazione.

327    Da tutte le suesposte considerazioni emerge che la Commissione non ha commesso alcun manifesto errore di valutazione laddove ha stimato i costi di insolvenza in ITL 750 miliardi.

b)     Determinazione del tasso interno in base alla terza versione del piano di ristrutturazione

 Argomenti delle parti

328    L’Alitalia sostiene che la Commissione, ritenendo, al punto 27 della decisione impugnata, che le modifiche apportate al piano nel giugno 1997 abbiano prodotto un’incidenza limitata sui principali risultati del piano e sui dividendi attesi dagli azionisti, trascuri completamente il dato fattuale rappresentato dall’accelerazione della creazione del vettore a basso costo, Alitalia Team, e dall’avvio dei principali progetti di discontinuità e di ottimizzazione dei costi che hanno reso, di conseguenza, meno rischioso il perseguimento degli obiettivi di redditività del piano.

329    Preliminarmente, l’Alitalia censura, come errore di valutazione della Commissione, l’avere utilizzato la percentuale del 79% come tasso di partecipazione dell’IRI al capitale della compagnia. In base alla legislazione allora vigente, tale percentuale sarebbe stata dell’86%.

330    L’Alitalia fa notare che gli elementi addotti per illustrare il calcolo del tasso interno effettuato dalla Commissione nella decisione impugnata sono riportati al solo punto 22 di quest’ultima, il quale fornisce però indicazioni estremamente scarse e tali da non consentire affatto una compiuta comprensione delle operazioni svolte. I pochi parametri indicati nella decisione impugnata sarebbero gli stessi che appaiono nella tabella allegata alla controreplica nel procedimento di impugnazione contro la decisione del 1997.

331    L’Alitalia afferma che la Commissione dovrebbe spiegare come riesca ad arrivare allo stesso tasso del 26% con la vecchia e la nuova versione del piano.

332    La Commissione replica che le azioni strategiche previste nell’ultima versione del piano migliorano le sue prospettive, senza poter peraltro costituire, di per sé, una prova della sua realizzabilità effettiva. I contenuti del nuovo piano avrebbero influito sulla determinazione del tasso interno, ma solo entro determinati limiti.

333    Secondo la Commissione, l’articolazione dei calcoli su due ipotesi, vale a dire un tasso di partecipazione dell’IRI nel capitale dell’Alitalia nella misura del 79% ovvero dell’86%, è stata dettata dall’incertezza, che regnava nel mese di luglio 1997, quanto alla legislazione fiscale applicabile. Tuttavia, ai fini del calcolo del tasso interno, essa avrebbe tenuto conto della percentuale più favorevole tra le due (86%) e sarebbe pervenuta alla conclusione che il tasso interno si attesta tutt’al più al 26,1%.

334    La Commissione lamenta uno spiacevole errore materiale al punto 22 della decisione impugnata in merito al valore della partecipazione dell’IRI al capitale dell’Alitalia nel dicembre 2000, la quale non ammonterebbe a ITL 4 206 miliardi ovvero a ITL 4 330 miliardi, bensì a ITL 4 179 miliardi ovvero a ITL 4 550 miliardi. Sarebbe però sulla base delle cifre corrette che la Commissione avrebbe determinato il tasso interno pari al 25,2% o al 26,1%.

335    Quanto al metodo di calcolo che le ha consentito di giungere a tale risultato, la Commissione rinvia alla tabella esplicativa contenuta nel controricorso.

 Giudizio del Tribunale

336    Per quanto attiene agli argomenti relativi alla mancata presa in considerazione dell’ultima versione del piano di ristrutturazione, si deve rinviare supra, ai punti 124‑138.

337    Per quanto riguarda la rettifica dell’errore materiale lamentato dalla Commissione, si deve rinviare supra, al punto 22.

338    Quanto al dettaglio dei parametri e del metodo utilizzato dalla Commissione ai fini del calcolo del tasso interno, tale questione sarà esaminata nell’ambito del capo successivo del presente motivo (punti 352‑361 infra).

339    La contestazione da parte dell’Alitalia dell’utilizzazione del tasso del 79% in luogo di quello dell’86% quale percentuale di partecipazione dell’IRI al capitale dell’Alitalia non risulta convincente. Infatti, dal punto 23 della decisione impugnata emerge che il tasso interno si attesta al 25,2% ovvero al 26,1% a seconda dell’una o l’altra ipotesi presa in considerazione e non sulla base del solo tasso del 79%. Il tasso dell’86% è stato quindi in ogni caso preso in considerazione dalla Commissione nella decisione impugnata. Ciò premesso, anche assumendo il dato più elevato risultante dall’applicazione del tasso dell’86%, il tasso interno resta inferiore a quello minimo.

340    Infine, nella parte in cui gli argomenti dedotti dall’Alitalia sono volti a sostenere l’inesistenza o l’insufficienza della motivazione, il Tribunale ha già rilevato che l’Alitalia non può invocare un vizio di motivazione con riguardo al calcolo del tasso interno (v. supra, punto 66). Nel merito, i punti 19‑23 della decisione impugnata consentono di comprendere il metodo e i dati di base utilizzati dalla Commissione ai fini del calcolo del tasso interno. Le due prime relazioni dei consulenti della Commissione, che costituivano parte integrante della decisione del 1997 cui fa rinvio la decisione impugnata, ne forniscono i dettagli.

341    Nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra (punto 163), si prendeva peraltro atto della circostanza che la Commissione aveva affermato nella controreplica che il tasso interno, ricalcolato sulla base dell’ultima versione del piano, si attestava al livello del 26,1% ivi inclusi i costi di insolvenza. Il Tribunale rinviò a tal riguardo alla controreplica e ad un allegato della medesima depositati nell’ambito della causa T‑296/97. Orbene, nel ricorso presentato nella causa in esame l’Alitalia afferma di aver avuto accesso a quest’ultimo documento, allegandolo al ricorso stesso.

342    Inoltre, in risposta agli argomenti dedotti dall’Alitalia nel ricorso, la Commissione fornisce ulteriormente precisazioni supplementari in ordine ai parametri da essa utilizzati ai fini del calcolo del tasso interno. Ne consegue che l’Alitalia non può pretendere di non disporre degli elementi necessari per contestare la determinazione del tasso interno effettuata dalla Commissione.

c)     Erroneità di taluni parametri utilizzati dalla Commissione

 Argomenti delle parti

343    In primo luogo, partendo dal presupposto che il calcolo del tasso interno assunto nella decisione impugnata sia identico a quello esposto dalla Commissione in allegato alla controreplica depositata nella causa T‑296/97, l’Alitalia sostiene che il calcolo del valore di impresa sia viziato da un errore, in quanto prende in considerazione il margine operativo lordo (in prosieguo: il «MOL») indicato nella penultima versione di quest’ultimo e non quello dell’ultima versione, vale a dire ITL 1 485 miliardi.

344    In secondo luogo, l’Alitalia afferma che, nel computo delle tranches di aumento di capitale previste nel 1996 e nel 1997, la Commissione non potesse utilizzare il tasso in assenza di rischio («risk free») pari al 6,6%. Il calcolo del tasso interno non prevedrebbe l’attualizzazione dei flussi di cassa quanto piuttosto assumerebbe il loro reinvestimento al tasso interno. Assumere l’ipotesi di un’attualizzazione «risk free» sarebbe equivalente ad ipotizzare che sussista un obbligo di legge che imponga all’investitore a versare in ogni caso, per ragioni contrattuali, l’aumento di capitale e che l’investitore sia in grado di effettuare il versamento con un livello di affidabilità che lo renda assimilabile ad una banca centrale di un paese dotato di un’economia solida. Orbene, nel caso di specie, l’IRI non sarebbe stata obbligata a versare il capitale, a prescindere dall’andamento degli investimenti nei vari anni. L’Alitalia afferma peraltro che l’IRI, in quanto soggetto imprenditoriale, aveva un costo di indebitamento superiore al tasso «risk free».

345    In terzo luogo, l’Alitalia sostiene che nel piano erano state previste riserve per imprevisti («contingency costs») pari al 30% degli utili, al fine di anticipare l’eventualità che si verificassero ritardi nella realizzazione del piano. Essa ritiene, tuttavia, che il calcolo dei flussi di cassa dell’anno di riferimento non debba includere tali importi, poiché lo stato d’avanzamento dei progetti era maggiore delle previsioni. Sussisterebbe una contraddizione nel ragionamento della Commissione il quale, mentre, da un lato, non diminuirebbe il tasso di rendimento richiesto – nemmeno alla luce dell’ultima versione del piano contenente importanti elementi di prudenza (contingency) – ostinandosi a fissarlo al 30%, dall’altro non intenderebbe tener conto, nel calcolo del valore dell’Alitalia, del fatto che gli elementi di prudenza dovessero, nel lungo periodo, venire meno.

346    In quarto luogo, l’Alitalia sostiene che il tasso di crescita del 4,5% dei flussi di cassa a lungo termine utilizzato dalla Commissione penalizza il valore terminale dell’azienda al 31 dicembre 2000. La Commissione arriverebbe a tale tasso utilizzando, in particolare, due parametri chiave (variazione dello yield e moltiplicatore del trasporto aereo), i cui valori sarebbero più bassi rispetto a quelli previsti dalle fonti esterne. La Commissione non avrebbe considerato gli effetti positivi dell’aeroporto di Malpensa sul traffico dell’Alitalia. L’Alitalia rileva che in Europa il settore del trasporto aereo non ha ancora raggiunto la sua maturità. In ogni modo, anche se si volesse prendere a riferimento la realtà americana, le previsioni di crescita del traffico passeggeri del mercato nordamericano sarebbero dell’ordine del 6,6%. Secondo l’Alitalia, sarebbe stato dunque ragionevole attendere una crescita del 6,5% nominale, ovvero del 3,9% reale nei primi cinque anni per poi stabilizzarsi rispettivamente al 4,5% o all’1,95%.

347    Secondo l’Alitalia, la semplice rettifica di questi tre elementi innalzerebbe il tasso interno al 42,3%, pur mantenendo i costi d’insolvenza a ITL 750 miliardi.

348    La Commissione deduce che il valore dell’impresa è stato basato su un MOL di ITL 1 485 miliardi. Nel controricorso essa riporta i calcoli che le hanno consentito di giungere al tasso del 26,1%.

349    Il ricorso al metodo di attualizzazione delle future tranches di aiuto al tasso «risk free» del 6,6% sarebbe giustificato dalla natura stessa dei flussi. L’aumento di capitale sociale già sottoscritto dall’IRI rappresenterebbe una spesa per l’Alitalia, assolutamente priva di aleatorietà e per la quale sarebbe stata prevista una dilazione di pagamento che dovrebbe essere considerata solo in termini di «costi‑opportunità». D’altronde, la pretesa dell’Alitalia di scontare le rimanenti tranches di aumento di capitale al 61,9% non sarebbe conciliabile con una corretta rappresentazione della valutazione del progetto di investimento, poiché attribuirebbe alle rate residue, che l’IRI deve versare, un valore decisamente ridotto rispetto alla realtà.

350    Quanto alle riserve per imprevisti, la Commissione sottolinea che, nell’ultima versione del piano, esse ammontavano a ITL 47 miliardi, che, ove correlate al MOL di ITL 1 485 miliardi, rappresentano un’incidenza limitata al 3,2%. Essa sostiene peraltro che doveva essere prevista una componente di prudenza anche per un anno tipico, data l’ambiziosità del piano di risanamento, il numero elevato di progetti e la situazione di disequilibrio in cui versava la compagnia nonché l’andamento generale del settore. Seguendo la tesi dell’Alitalia si giungerebbe ad affermare che nel 2000 la compagnia avrà raggiunto tutti i suoi obiettivi e che non è pertanto necessario alcun tipo di prudenza.

351    La Commissione deduce parimenti che la prudenza è necessaria nell’utilizzo di un tasso di crescita dei flussi di cassa. In Europa il settore dell’aviazione si avvicinerebbe alla maturità e non si potrebbero quindi attendere notevoli incrementi del suo sviluppo. Secondo taluni autori, il fattore di crescita, o «fattore g», sarebbe il semplice tasso d’inflazione atteso. Passando al caso specifico dell’Alitalia, la depurazione degli effetti inflattivi, stimati al 2,5%, porterebbe, applicando l’equazione di Fischer, ad identificare un tasso di crescita reale pari all’1,95%. La Commissione cita anche il Trattato sulla Valutazione delle Aziende di Guatri, secondo il quale da molteplici indicazioni internazionali, specie di origine americana, risulta che il fattore g è tipicamente compreso tra lo 0% e il 5%, con maggiore frequenza per valori compresi tra l’1% e il 3%. La Commissione rileva altresì un errore nella formula applicata dell’Alitalia per calcolare il valore terminale, in quanto quest’ultima avrebbe dimenticato di moltiplicare il numeratore per (1+g), secondo la formula di Gordon.

 Giudizio del Tribunale

352    Per quanto attiene, in primo luogo, al MOL, si deve necessariamente rilevare che i calcoli che hanno indotto la Commissione a fissare il tasso interno al 26,1% e che l’istituzione ha esposto nel proprio controricorso ben tengono in considerazione il dato di ITL 1 485 miliardi risultante dall’ultima versione del piano di ristrutturazione. La Commissione ha parimenti prodotto, nella controreplica, calcoli dai quali risulta che, basandosi sul MOL della penultima versione del piano, vale a dire ITL 1 462 miliardi, il tasso interno ottenuto si attesta al 24,6%. Erroneamente, pertanto, l’Alitalia sostiene che è stato preso in considerazione un MOL errato.

353    Per quanto attiene, in secondo luogo, all’applicazione del tasso «risk free» del 6,6% nel calcolo di attualizzazione delle tranches di aumento di capitale previste, all’epoca di cui trattasi l’IRI aveva già sottoscritto l’aumento di capitale dell’Alitalia, e ciò a prescindere dall’evoluzione positiva o negativa della situazione e dei risultati del proprio investimento. Tale aumento di capitale non presentava, quindi, carattere aleatorio per l’Alitalia. Poiché l’investitore era in grado di effettuare il versamento con un alto grado di affidabilità, i flussi di cassa tra l’IRI e l’Alitalia non erano paragonabili agli altri flussi soggetti all’alea della realizzazione del piano di ristrutturazione. Ciò premesso, l’applicazione del tasso «risk free» contestato appare fondata. Conseguentemente, la Commissione non è incorsa in alcun manifesto errore di valutazione laddove ha fatto ricorso al tasso «risk free» ai fini del calcolo di attualizzazione delle tranches di aumento di capitale da parte dell’IRI.

354    Per quanto attiene, in terzo luogo, all’argomento dell’Alitalia relativo alle riserve per eventi imprevisti, la compagnia fa sostanzialmente riferimento, da un lato, alla necessità di tener conto dello stato di avanzamento del piano e, dall’altro, al doppio impiego con la presa in considerazione di tale rischio nel tasso minimo. Orbene, quanto al primo elemento, si deve rammentare che, ai fini della valutazione del tasso interno, la Commissione era tenuta a fondarsi sugli elementi di cui disponeva al momento dell’adozione della decisione del 1997 (v. punto 137 supra). Essa non poteva dunque tener conto delle modalità di successivo svolgimento del piano e dell’eventuale successiva riduzione dei rischi, anche ammesso che risulti provata. Per quanto riguarda il secondo elemento, la presa in considerazione del rischio generale dell’investimento da parte di un investitore privato nel calcolo del tasso minimo non può di per sé impedire di includere, nel calcolo del tasso interno, riserve per eventi imprevisti giustificate dalle circostanze. Tenuto conto del contesto dell’operazione e, in particolare, dell’indebitamento della compagnia, dell’importanza del piano di risanamento e della tendenza del settore nel 1997, la Commissione non è incorsa in alcun manifesto errore di valutazione laddove ha previsto ITL 47 miliardi di riserve per eventi imprevisti.

355    Per quanto attiene, in quarto luogo, alla contestazione da parte dell’Alitalia del tasso di crescita dei flussi di cassa, anch’essa non risulta convincente. Infatti, a sostegno dell’affermazione secondo cui sarebbe necessario applicare un tasso di crescita nominale del 6,5% (o un tasso di crescita reale del 3,9%), l’Alitalia si limita a richiamare la relazione annuale del 1996 dell’International Air Transport Association (IATA), l’associazione del trasporto aereo internazionale – relazione che essa peraltro non produce –, secondo cui le previsioni di crescita del traffico dei passeggeri sul mercato nord–americano si attesterebbero al 6,6% annuo, nonché la relazione del 2001 – anch’essa non prodotta – secondo cui la crescita del fatturato delle linee aeree americane sarebbe stato, nel periodo compreso tra il 1996 ed il 2000, del 3,7% annuo. La contestazione da parte dell’Alitalia della variazione dello yield e del moltiplicatore del trasporto aereo, applicati alla Commissione, si fonda, dal canto suo, su uno studio della Boeing.

356    Orbene, nella relazione del 18 giugno 1997, i consulenti della Commissione hanno esaminato i valori presi in considerazione dall’Alitalia con riguardo ai detti due elementi e spiegano, per ciascuno di essi, le loro scelte nei seguenti termini:

«On the basis of our analysis, we determined the GNP multiplier in 1.4. This value is consistent with the US Dept of Transportation analysis on the US market for the period 1980‑1995.

The most important reasons behind our decision are the following:

–        higher values (UBS, Boeing) refer to the world-wide market;

–        Alitalia’s most relevant markets (domestic and international) can be considered, after the US one, amongst the more mature, with lower prospective growth rates;

–        as a consequence, in the long term, the US market multiplier (which has recently reduced) seems to be more realistic.

With reference to the real yield growth rate adopted by Alitalia on the basis of the Boeing studies, some considerations can be made:

–        in the long term, a study from McDonell Douglas foresees an average decline of 1.47%;

–        both the mentioned studies (McDonell Douglas, Boeing) were prepared by aircrafts manufacturers; therefore they can be considered optimistic;

–        the estimate were prepared referring to the world-wide market, while Alitalia market has to be considered much more competitive than the average;

–        AEA historical data appear to be lower than those from Boeing and the forecasts for the period 1996‑2000 are more prudent.

On the basis of the above and our experience, it appears that the negative trend of the yield could be worse».

357    La Commissione fonda peraltro la propria scelta di un tasso di crescita reale dell’1,95% richiamandosi al trattato di valutazione delle imprese di Guatri, secondo cui da varie indicazioni internazionali, in particolare americane, emerge che il fattore di crescita è generalmente compreso tra lo 0% ed il 5%. La Commissione riproduce inoltre una tabella proveniente dalla stessa fonte da cui emerge che i valori medi si collocano tra l’1% ed il 3%. La scelta della Commissione non può essere quindi considerata estrema.

358    Quanto agli effetti dello sviluppo dell’aeroporto di Malpensa sul tasso di crescita dell’Alitalia, era sicuramente difficile valutarlo sulla base dei dati disponibili nel luglio del 1997. La prudenza di cui la Commissione ha dato prova con riguardo a tale aspetto non può costituire un manifesto errore di valutazione (v. supra, punti 260‑264). Peraltro, l’apertura del mercato aereo italiano alla concorrenza comportava varie incognite tali da suscitare dubbi sull’ipotesi di una crescita dell’Alitalia superiore al resto del settore. Tale ipotesi non poteva quanto meno essere considerata come acquisita.

359    Alla luce di tutti i suesposti elementi e dell’ampio potere discrezionale di cui la Commissione dispone in tale materia economica complessa, la Commissione non è incorsa in un manifesto errore di valutazione laddove ha fissato il tasso di crescita dei flussi di cassa al 4,5% (ovvero una crescita reale dell’1,95%).

360    Si deve infine rilevare che l’Alitalia sembra riconoscere nella replica l’errore sottolineato dalla Commissione nella formula da essa applicata ai fini del calcolo del valore finale.

361    L’analisi sin qui condotta non ha quindi messo in evidenza alcun manifesto errore di valutazione nei parametri utilizzati dalla Commissione ai fini del calcolo del tasso interno.

d)     Incidenza della conversione del prestito in capitale sul calcolo del tasso interno

 Argomenti delle parti

362    A parere dell’Alitalia, poiché la maggior parte dell’iniezione di capitale di ITL 1 000 miliardi è servita a rimborsare all’IRI prestiti per un importo di ITL 900 miliardi e dev’essere considerata come una conversione di prestiti in capitale, l’iniezione di capitale che l’IRI prevedeva di effettuare ammontava, in realtà, solamente a ITL 1 850 miliardi.

363    Prendendo in considerazione tale importo, il tasso interno risulterebbe pari al 28,7%. Esso si attesterebbe addirittura al 30,1% correggendo il MOL di ITL 1 462 miliardi erroneamente assunto dalla Commissione. Il tasso minimo avrebbe dovuto essere peraltro rivisto al ribasso, essendo l’apporto di fondi limitato.

364    La Commissione replica che il tasso interno resterebbe comunque inferiore al tasso minimo, in quanto pari al 28,7%. La Commissione contesta la tesi dell’Alitalia secondo la quale, senza l’operazione di conversione, il capitale sarebbe stato interamente perduto nell’ambito della procedura di liquidazione. Quest’ultima, infatti, secondo le previsioni della Commissione, avrebbe potuto soddisfare i creditori chirografari nella misura del 30%.

365    La Commissione precisa, inoltre, che l’iniezione di ITL 2 750 miliardi nel capitale dell’Alitalia e il rimborso dei prestiti della Cofiri costituiscono due operazioni distinte. Nella fattispecie, l’investimento ammonterebbe a ITL 2 750 miliardi, di cui ITL 1 850 miliardi sotto forma di apporto di capitale e ITL 900 miliardi sotto forma di conversione di prestito in capitale.

 Giudizio del Tribunale

366    Occorre ricordare che, nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra (punto 145), il Tribunale ha constatato che «[n]on [era] controverso il fatto che la maggior parte dell’iniezione di capitale di ITL 1 000 miliardi effettuata nel 1996 [fosse] servita a rimborsare all’IRI prestiti per un ammontare di circa ITL 900 miliardi e che tale operazione [potesse] essere considerata come una conversione di prestiti in capitale».

367    Tuttavia, le parti, se da un lato concordano nel qualificare l’operazione di conversione di prestiti in capitale, dall’altro sono in disaccordo quanto alle conseguenze da trarne. A parere dell’Alitalia, l’importo dei prestiti rimborsati deve essere puramente e semplicemente detratto dall’importo dell’aumento di capitale che l’IRI intendeva effettuare.

368    Orbene, non può contestarsi che il rimborso dei prestiti e l’iniezione di capitale controversa costituiscano due operazioni distinte che non possono essere poste pertanto sullo stesso piano, ancorché, da un punto di vista aritmetico, l’importo dell’iniezione equivalga globalmente alla somma rimborsata. La conversione dei prestiti in capitale modifica la natura del titolo posseduto e gli effetti che ne derivano per il detentore. I prestiti producono, infatti, interessi ad un tasso ed a scadenze determinate, mentre il rendimento delle azioni presenta carattere incerto. Inoltre, l’ordine di soddisfacimento dei creditori in caso di liquidazione è differente, in quanto l’azionista viene postergato rispetto agli altri creditori. Ne consegue che, agli occhi di un investitore privato, l’alea connessa alle due operazioni è differente. L’iniezione di capitale dell’IRI pari a ITL 1 000 miliardi nel 1996, ancorché sia servita in più larga misura a rimborsare i prestiti della Cofiri a concorrenza dell’importo di ITL 900 miliardi, costituisce pur sempre un investimento per l’IRI, che dev’essere preso in considerazione come tale nella determinazione del tasso interno. La Commissione non è quindi incorsa in un manifesto errore di valutazione laddove non ha semplicemente detratto i prestiti rimborsati dall’importo totale dell’investimento, vale a dire ITL 2 750 miliardi.

369    A tal riguardo, la questione se, in assenza di conversione dei prestiti in capitale, il capitale sarebbe andato interamente perduto o meno non è pertinente ai fini della valutazione dell’incidenza di tale conversione dei prestiti in capitale sul calcolo del tasso interno come effettuato dalla Commissione. Ad abundantiam si deve aggiungere che, in ogni caso, il tasso interno calcolato dall’Alitalia sulla base del dato di ITL 1 850 miliardi, vale a dire al netto dell’importo della conversione dei prestiti in capitale, resta inferiore al tasso minimo.

370    Alla luce di tutte le dette considerazioni risulta che la Commissione non è incorsa in un manifesto errore di valutazione nella determinazione del tasso interno.

F –  Sul motivo relativo alla violazione dell’art. 87, n. 3, CE

371    Nell’ambito di questo motivo, l’Alitalia censura il fatto che sono state riprodotte nella decisione impugnata, senza riesame, condizioni contenute nella decisione del 1997 prima che questa fosse annullata dal Tribunale. Essa ritiene tali condizioni sproporzionate, discriminatorie, illegittime e ingiustificate.

372    La Commissione sostiene che tale motivo è irricevibile per carenza di interesse ad agire. È pertanto opportuno iniziare dall’esame della ricevibilità del motivo.

1.     Sulla ricevibilità

a)     Argomenti delle parti

373    La Commissione afferma che le condizioni di cui trattasi non sarebbero state imposte né nella decisione impugnata né nella decisione del 1997, bensì costituirebbero, in realtà, impegni assunti dalle autorità italiane. Ne consegue, a suo avviso, che tali impegni non sarebbero un elemento estrinseco, bensì farebbero parte integrante del progetto sulla cui compatibilità essa si è pronunciata. Gli impegni in questione non sarebbero imputabili alla Commissione, bensì alle autorità italiane.

374    Ciò premesso, secondo la Commissione, dalla sentenza del Tribunale 30 gennaio 2002, causa T‑212/00, Nuove Industrie Molisane/Commissione (Racc. pag. II‑347), risulta che il dispositivo della decisione non pregiudica gli interessi dell’Alitalia, ragion per cui quest’ultima non avrebbe interesse ad agire. Un ragionamento analogo sarebbe stato sviluppato dall’avvocato generale Mischo nelle conclusioni relative alla sentenza della Corte 18 giugno 2002, causa C‑242/00, Germania/Commissione (Racc. pag. I‑5603).

375    Nella controreplica, la Commissione mette in dubbio anche l’«effetto utile» delle censure relative alle condizioni in parola. Essa sostiene che la decisione impugnata sia stata adottata nel 2001, circa sette mesi dopo la conclusione della ristrutturazione al 31 dicembre 2000, la quale comportava la simultanea cessazione degli obblighi imposti all’Alitalia in virtù delle condizioni contestate. L’eventuale annullamento delle stesse non apporterebbe pertanto alcun vantaggio all’Alitalia, sia sul piano economico sia su quello giuridico.

376    L’Alitalia ritiene che né la sentenza né le conclusioni che la Commissione richiama siano in grado di avvalorare la sua tesi. Infatti, nella sentenza Nuove Industrie Molisane/Commissione, punto 374 supra, il Tribunale non avrebbe affatto escluso la possibilità per l’impresa interessata di contestare elementi di una decisione ad essa pregiudizievole, nell’ipotesi in cui questi risultassero da concessioni fatte dalle autorità nazionali alla Commissione.

b)     Giudizio del Tribunale

377    Risulta dall’art. 1° della decisione impugnata che l’aiuto de quo è dichiarato compatibile con il mercato comune, «subordinatamente al rispetto degli impegni e delle condizioni di cui agli articoli 1, 2 e 3 della decisione [del 1997], riprodotti nel ‘considerando’ 1 della presente decisione».

378    Peraltro, la descrizione dello svolgimento del procedimento amministrativo nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra (punti 13‑35), pone certamente in evidenza che le autorità italiane si sono impegnate, con la lettera 26 giugno 1997, a rispettare talune condizioni. Tuttavia, emerge dalla sentenza medesima (punti 29 e 30) che la Commissione aveva, in un primo momento, fatto presente all’Alitalia e alle autorità italiane di non essere in grado, in tale vertenza, di adottare una decisione positiva basata sul criterio dell’investitore privato in economia di mercato. In un secondo momento, essa ha presentato all’Alitalia un documento informale contenente, da un lato, possibili orientamenti atti a migliorare il piano di ristrutturazione e, dall’altro, indicazioni relative alle condizioni alle quali sarebbe subordinata l’autorizzazione di un aiuto all’Alitalia.

379    Inoltre, nella controreplica, la Commissione afferma che la comunicazione sull’aviazione (punto 38) le impone l’obbligo di autorizzare gli aiuti in casi eccezionali «subordinando i relativi piani di ristrutturazione a condizioni molto restrittive». Essa spiega che si è costantemente ispirata a queste regole, subordinando a condizioni comparabili a quelle dell’Alitalia tutti gli aiuti autorizzati in precedenza alle altre compagnie. La Commissione aggiunge che, di conseguenza, se avesse omesso di subordinare l’aiuto autorizzato all’Alitalia alle condizioni oggi censurate, la decisione impugnata sarebbe stata illegittima per violazione dell’art. 87 CE, della comunicazione sull’aviazione nonché dei principi generali di diritto quali la parità di trattamento.

380    La Commissione non può quindi qualificare tali condizioni come ad essa non imputabili, bensì risultanti unicamente da impegni delle autorità italiane. È pur vero che tali condizioni hanno costituito oggetto di discussioni tra la Commissione, l’Alitalia e le autorità italiane e che queste ultime si sono impegnate a rispettarle. Resta il fatto, tuttavia, che la Commissione possiede competenza esclusiva per quanto riguarda l’accertamento dell’eventuale incompatibilità di un aiuto con il mercato comune (sentenza della Corte 22 marzo 1977, causa 78/76, Steinike & Weinlig, Racc. pag. 595, punto 9, e sentenza del Tribunale 15 marzo 2001, causa T‑73/98, Prayon‑Rupel/Commissione, Racc. pag. II‑867, punto 40). Nell’ambito di tale competenza esclusiva, la Commissione poteva – anzi doveva, come essa stessa afferma – subordinare la propria decisione di compatibilità a talune condizioni.

381    Ciò premesso, il motivo formulato contro le condizioni al cui rispetto era stata subordinata, nella decisione impugnata, la compatibilità dell’aiuto de quo con il mercato comune non può essere considerato irricevibile in base al rilievo che tali condizioni non sarebbero riconducibili alla Commissione.

382    Tale conclusione non è contraddetta dalla giurisprudenza richiamata dalla Commissione.

383    Infatti, se è pur vero che nella sentenza Nuove Industrie Molisane/Commissione, citata supra al punto 374, il Tribunale ha dichiarato il ricorso irricevibile, esso non si è a tal fine basato sulla tesi, sostenuta dalla Commissione, secondo cui la scelta del coefficiente correttore contestato sarebbe stata effettuata direttamente dalle autorità italiane e non dall’istituzione stessa. Tale sentenza non può essere quindi interpretata nel senso che essa escluda la possibilità per l’impresa beneficiaria dell’aiuto di contestare, dinanzi ai giudici comunitari, le condizioni cui sia stata subordinata una decisione ad essa pregiudizievole, nell’ipotesi in cui tali condizioni abbiano costituito oggetto di trattative tra la Commissione e le autorità nazionali nonché di impegni da parte di queste ultime.

384    Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, la sentenza Nuove Industrie Molisane/Commissione, citata supra al punto 374, non si fonda sulla circostanza che una decisione di autorizzazione di un aiuto non sia suscettibile di arrecare pregiudizio ai diritti dello Stato membro e dell’impresa beneficiaria. Al contrario, in tale sentenza il Tribunale ha ritenuto che la mera circostanza che la decisione impugnata dichiarasse l’aiuto notificato compatibile con il mercato comune e non arrecasse quindi, in linea di massima, pregiudizio alla ricorrente nella detta causa non esimeva dall’accertamento se la valutazione della Commissione producesse effetti giuridici vincolanti tali da pregiudicare gli interessi della ricorrente medesima. Il Tribunale si è richiamato, a tal riguardo, per analogia alla sentenza del Tribunale 22 marzo 2000, cause riunite T‑125/97 e T‑127/97, Coca-Cola/Commissione (Racc. pag. II‑1733, punto 79).

385    Per quanto attiene alla sentenza 18 giugno 2002, Germania/Commissione, citata supra al punto 374, la controversia opponeva, a differenza del caso di specie, lo Stato membro alla Commissione. Il ricorso della Repubblica federale di Germania è stato dichiarato irricevibile in quanto la Corte ha ritenuto che la decisione impugnata non presentasse, di per sé, effetti sfavorevoli per la Repubblica federale di Germania e non le arrecasse quindi pregiudizio. Orbene, non può ritenersi che, nel caso di specie, le autorità italiane stesse abbiano chiesto che le condizioni cui la decisione impugnata ha subordinato la dichiarazione di compatibilità dell’aiuto venissero loro imposte e che la decisione impugnata non presenta, conseguentemente, effetti sfavorevoli per la Repubblica italiana. Tali considerazioni valgono a fortiori per l’Alitalia nei confronti della quale, del resto, la decisione impugnata arreca pregiudizio, come già rilevato supra al punto 38.

386    Quanto all’«effetto utile» del motivo relativo alle condizioni di cui trattasi, si deve rammentare, in primo luogo, che, nell’ambito della propria domanda principale, l’Alitalia deduce l’illegittimità delle dette condizioni a titolo di motivo di annullamento in toto della decisione impugnata, annullamento nei confronti del quale conserva interesse, come emerge supra dai punti 35‑47. L’Alitalia conserva dunque interesse a dimostrare l’illegittimità delle condizioni di cui trattasi.

387    Si deve ricordare, in secondo luogo, che un atto già eseguito è sempre idoneo a produrre conseguenze giuridiche. Infatti, l’atto ha potuto produrre effetti giuridici durante il periodo nel corso del quale è stato in vigore e tali effetti non sono necessariamente scomparsi in ragione dell’esecuzione dell’atto (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 25 marzo 1999, causa T‑102/96, Gencor/Commissione, Racc. pag. II‑753, punto 41). Orbene, le condizioni che hanno imposto, segnatamente, la limitazione delle capacità offerte e la cessione di partecipazioni hanno quanto meno inciso sui diritti dell’Alitalia nel corso del periodo di esecuzione del piano di ristrutturazione. Inoltre, l’applicazione di talune condizioni, quali la cessioni di partecipazioni, ha prodotto effetti durevoli sulla situazione della compagnia che si sono estesi sino alla fine dell’attuazione del piano di ristrutturazione.

388    L’Alitalia ha quindi interesse a contestare le condizioni di cui trattasi.

2.     Nel merito

389    L’Alitalia formula una serie di censure nei confronti delle condizioni contenute nella decisione impugnata. Talune sono di ordine generale, mentre le altre sono specifiche e riguardano solo determinate condizioni. Occorre quindi esaminarle separatamente.

a)     Censure formulate nei confronti delle condizioni contenute nella decisione impugnata in generale

 Argomenti delle parti

390    L’Alitalia sostiene che, nella decisione impugnata, la Commissione si limita a richiamare le condizioni che figuravano nella decisione del 1997. Orbene, dal momento che quest’ultima è stata annullata dal Tribunale, tali condizioni sarebbero prive di fondamento normativo. L’Alitalia precisa di non contestare le condizioni come imposte nella decisione del 1997, bensì sostiene l’impossibilità, per la Commissione, di riproporre, nell’ambito della decisione impugnata, le stesse condizioni, senza fornire un’adeguata motivazione in proposito.

391    L’Alitalia afferma, inoltre, che la Commissione avrebbe dovuto riesaminare le condizioni controverse alla luce dell’ultima versione del piano e del conseguente aumento di redditività. Tale obbligo risulterebbe dal fatto che il Tribunale ha annullato la decisione del 1997, proprio in quanto la Commissione non l’aveva adottata sulla base dell’ultima versione del piano di ristrutturazione.

392    L’Alitalia afferma, infine, che tali condizioni sono comunque sproporzionate, discriminatorie, illegittime e ingiustificate. Il piano di ristrutturazione, poiché rispondeva ai criteri della comunicazione sull’aviazione, avrebbe dovuto essere approvato in quanto tale, senza necessità di dettare ulteriori condizioni. Queste ultime avrebbero così imposto sacrifici e restrizioni estremamente gravose per la compagnia, contrariamente agli orientamenti [comunicazione sull’aviazione e comunicazione della Commissione agli Stati membri, relativa agli orientamenti per l’applicazione degli articoli [87 CE] e [88 CE] e dell’art. 5 della direttiva della Commissione 80/723/CEE alle imprese pubbliche del settore manifatturiero (GU 1993, C 307, pag. 3)], che prevedrebbero la fissazione di condizioni in soli due casi. Con tale serie di condizioni, la Commissione avrebbe seriamente discriminato l’Alitalia rispetto ad altre compagnie aeree recentemente oggetto di procedure in materia di aiuti di Stato, tra cui, in particolare, l’Air France. Mai la Commissione avrebbe imposto contemporaneamente un insieme talmente elevato e stringente di limiti all’autonomia di gestione di una compagnia. Condizioni del genere non potrebbero essere presentate come risposta a pretese pratiche abusive dell’Alitalia, che avrebbero dovuto formare oggetto di un distinto procedimento.

393    La Commissione sostiene che, per poter procedere ad un giudizio appropriato delle condizioni contestate, che costituiscono il frutto di lunghe riflessioni e riunioni triangolari tra le autorità italiane, l’Alitalia e la stessa istituzione, occorre analizzare la gravissima situazione in cui versava la società nel 1996.

394    Per quanto attiene alla pretesa illegittimità delle condizioni controverse, la Commissione deduce che l’Alitalia sembra ignorare il nesso strettissimo che lega le condizioni al piano e che ne costituisce la struttura portante. Nelle sue censure l’Alitalia prescinderebbe completamente dal criterio della contropartita comunitaria che costituirebbe invece una conditio sine qua non ai fini della compatibilità dell’aiuto, secondo le disposizioni dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE e del punto 41 della comunicazione sull’aviazione.

395    Per quanto attiene alla pretesa sproporzione delle condizioni controverse, la Commissione fa valere che, a prescindere dalle condizioni nn. 4 e 8, che riguardano specificamente il caso dell’Alitalia, la maggior parte delle altre sono rituali e accompagnano tutte le autorizzazioni di aiuti alla ristrutturazione. Soltanto tre condizioni, vale a dire le nn. 3, 5 e 7, presenterebbero un reale impatto economico-finanziario, il quale non implicherebbe nel modo più assoluto gli effetti pregiudizievoli che l’Alitalia invoca senza tuttavia produrre alcuna prova. In tale contesto, parlare di una qualsiasi forma di sproporzione appare del tutto gratuito.

396    Per quanto riguarda le condizioni che avrebbero dovuto essere riesaminate in seguito alle modifiche del piano, la Commissione sottolinea che l’Alitalia non precisa quali esse siano né gli effetti pratici che il loro riesame avrebbe dovuto produrre. Peraltro, le dette condizioni sarebbero state definite in seguito alle ultime modifiche apportate al piano. Infine, poiché il tasso di redditività del piano era passato dal 25,7% al 26,1%, non sarebbe possibile ravvisare ripercussioni sensibili sul contenuto delle condizioni.

397    Quanto al difetto di motivazione, la Commissione rinvia al punto 36 della decisione impugnata.

398    Quanto alla pretesa discriminazione, in particolare rispetto alla compagnia Air France, di cui l’Alitalia sarebbe stata vittima, la Commissione precisa che l’Alitalia sembra trascurare che la determinazione dei criteri di alcune condizioni è stata operata dalla Commissione in funzione della decisione della Commissione 27 luglio 1994, 94/653/CE, relativa all’aumento di capitale di Air France notificato dal governo francese (GU L 254, pag. 73; in prosieguo: la «decisione Air France»), su espressa richiesta delle autorità italiane, proprio in nome del principio della parità di trattamento.

 Giudizio del Tribunale

399    Per quanto attiene, in primo luogo, alla pretesa assenza di fondamento normativo delle condizioni di cui trattasi, si deve necessariamente rilevare che il fondamento di tali condizioni risiede anzitutto nella notificazione, da parte delle autorità italiane, del piano di ristrutturazione e, inoltre, nell’art. 7, n. 4, del regolamento n. 659/1999, il quale, infatti, così dispone:

«La Commissione può subordinare una decisione positiva a condizioni che consentano di considerare l’aiuto compatibile con il mercato comune e ad obblighi che le consentano di controllare il rispetto della decisione stessa».

400    Le condizioni di cui trattasi non possono essere quindi considerate prive di fondamento normativo.

401    Per quanto attiene, in secondo luogo, al preteso obbligo di riesame delle condizioni alla luce dell’ultima versione del piano, dalla sentenza Alitali I, punto 8 supra (punto 33), emerge che gli impegni delle autorità italiane, indicati nella lettera del 26 giugno 1997 (allegata al controricorso), corrispondente esattamente alle condizioni contenute nella decisione impugnata, sono stati trasmessi dalle autorità italiane alla Commissione contemporaneamente alla versione definitiva del piano di ristrutturazione.

402    Da tale simultaneità della trasmissione dell’ultima versione del piano e degli impegni delle autorità italiane e, quindi, delle condizioni contenute nella decisione impugnata identiche ai detti impegni risulta che esse non necessitavano di alcun riesame al fine di essere adattate alla detta ultima versione.

403    A tal riguardo si deve rilevare, ad abundantiam, che tutte le condizioni di cui trattasi non miravano al rispristino della redditività dell’impresa. Molte di esse erano volte a prevenire distorsioni della concorrenza, ragion per cui l’aumento del tasso interno non doveva necessariamente condurre ad un loro adeguamento. Orbene, l’Alitalia non ha dedotto alcun argomento specifico che tenga conto di tale circostanza.

404    Per quanto attiene, in terzo luogo, alla pretesa illegittimità delle condizioni di cui trattasi, la Commissione dispone del potere, in linea di principio, di subordinare una decisione di autorizzazione di un aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE a condizioni dirette a garantire che l’aiuto autorizzato non alteri le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune (sentenze del Tribunale 13 settembre 1995, cause riunite T‑244/93 e T‑486/93, TWD/Commissione, Racc. pag. II‑2265, punto 55, e British Airways e a./Commissione, punto 56 supra, punto 288).

405    Peraltro, secondo costante giurisprudenza, la Commissione può imporsi indirizzi per l’esercizio dei propri poteri discrezionali mediante atti come gli orientamenti ora discussi, se essi contengono regole indicative sulla condotta che l’istituzione deve tenere e se non derogano alle norme del Trattato (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 6 aprile 2006, causa T‑17/03, Schmitz‑Gotha Fahrzeugwerke/Commissione, Racc. pag. II‑1139, punto 42).

406    Orbene, la comunicazione sull’aviazione, cui rinvia il punto 15 della decisione impugnata, esige che gli aiuti alla ristrutturazione siano inquadrati in un piano volto a ripristinare l’efficienza economica della compagnia aerea affinché, entro un lasso di tempo ragionevole, essa possa operare in maniera redditizia. La Commissione non potrà autorizzare aiuti alla ristrutturazione, se non in circostanze eccezionali e a condizioni molto restrittive [punto 38, 1) e 2), e punto 41].

407    Ne deriva che, in una decisione adottata sulla base dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, quale la decisione impugnata, la Commissione può imporre qualunque condizione essa ritenga indispensabile per assicurare che l’impresa beneficiaria dell’aiuto, dopo la ristrutturazione, possa operare in maniera redditizia.

408    In compenso, nessuna delle disposizioni citate esige che tutte le condizioni imposte in questo ambito siano necessarie per assicurare la redditività dell’impresa. Al contrario, dalla comunicazione sull’aviazione risulta che la Commissione deve parimenti cercare di limitare, nella misura del possibile, le distorsioni alla concorrenza (punto 41) e vigilare affinché il governo si astenga dall’interferire nella gestione della compagnia per motivi diversi da quelli derivanti dai suoi diritti di proprietà [punto 38, 5)] e affinché l’aiuto sia utilizzato ai soli fini del programma di ristrutturazione e non sia sproporzionato rispetto alle sue necessità [punto 38, 6)].

409    Contrariamente a quanto affermato dall’Alitalia, il punto 38, 3), della comunicazione sull’aviazione non prevede assolutamente che la Commissione possa imporre condizioni solo in due casi, vale a dire qualora il ripristino dell’efficienza finanziaria o la sovraccapacità produttiva del mercato lo richiedano. Infatti, il detto punto così recita:

«Qualora il ripristino dell’efficienza finanziaria e/o la situazione di mercato richiedano riduzioni di capacità, questo aspetto deve essere incluso nel programma».

410    Laddove l’Alitalia sembrerebbe richiamare gli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 9 ottobre 1999 (GU C 288, pag. 2), si deve ricordare che essi non sono applicabili al caso di specie, poiché il piano di ristrutturazione è stato comunicato alla Commissione dalle autorità italiane con lettera del 26 luglio 1996. Ad abundantiam, essi non avvalorano la tesi dell’Alitalia. Infatti, il punto 3.2.2, lett. c), i), degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà prevede che, «nel caso esista una sovraccapacità produttiva strutturale su scala comunitaria o del SEE, in un mercato in cui il beneficiario degli aiuti continua ad esplicare la propria attività, il piano di ristrutturazione deve contribuire al risanamento di tale mercato, in misura proporzionale all’importo dell’aiuto ricevuto e ai suoi effetti sul mercato rilevante, attraverso una riduzione irreversibile della capacità di produzione». Il punto 3.2.2, lett. c), ii), di detti orientamenti precisa che, «se invece il mercato in cui opera il beneficiario dell’aiuto non è caratterizzato da una situazione di sovraccapacità produttiva strutturale nella Comunità o nel SEE, la Commissione valuterà comunque l’opportunità di esigere una contropartita».

411    La Commissione può quindi imporre condizioni anche in assenza di sovraccapacità strutturali. Contrariamente a quanto affermato dall’Alitalia, la Commissione non doveva pertanto dimostrare la sussistenza di sovraccapacità strutturali per poter subordinare l’autorizzazione dell’aiuto all’imposizione di condizioni.

412    Per quanto attiene, in quarto luogo, all’argomento generale relativo al carattere sproporzionato delle condizioni di cui trattasi, la mera circostanza che il tasso di redditività sia stato migliorato nell’ultima versione del piano non può significare che la Commissione dovesse accettarlo tale e quale senza condizioni. Come già sottolineato, la Commissione deve parimenti operare per limitare le distorsioni della concorrenza causate dal piano. A tal fine essa può quindi subordinare l’autorizzazione del piano a determinate condizioni.

413    Peraltro, l’argomento dell’Alitalia resta generico, senza alcun elemento specifico idoneo ad avvalorare la sua tesi. Da un lato, l’Alitalia non dimostra sotto quale profilo le condizioni imposte sarebbero sproporzionate rispetto alla propria situazione. Dall’altro, non può presumersi che la situazione in cui essa si trovava fosse paragonabile a quella delle compagnie precedentemente menzionate, già oggetto di decisioni della Commissione. Inoltre, anche ammesso che la sua autonomia di gestione fosse fortemente ridotta, ciò non può essere sufficiente per dimostrare il carattere sproporzionato delle condizioni che le sono state imposte.

414    Per quanto attiene, in quinto luogo, all’argomento relativo alla fissazione di condizioni discriminatorie per l’Alitalia rispetto ai suoi concorrenti, in particolare l’Air France, occorrerà tornare sulla questione nell’ambito dell’esame delle censure specifiche a determinate condizioni. Tuttavia, in questa sede, su un piano generale, si deve ricordare che il Tribunale ha respinto un’analoga censura nella sentenza British Airways e a./Commissione, punto 56 supra (punto 443). In questa sentenza, il Tribunale aveva considerato che, a fronte di un siffatto inquadramento del piano di ristrutturazione, la Commissione non era tenuta a fornire spiegazioni specifiche basate sul raffronto tra il piano dell’Air France e i piani di ristrutturazione di altre compagnie aeree quali la Lufthansa e la British Airways. Infatti, tali piani riguardavano altre compagnie diverse ristrutturate in epoche diverse. Di conseguenza, un paragone di questo tipo non basta a dimostrare l’esistenza di una discriminazione, tenuto conto della differenza del contesto.

415    Per quanto attiene, in sesto luogo, alla motivazione di tali condizioni ed all’impossibilità di imporle nuovamente nell’ambito della decisione impugnata, si deve, da un lato, rinviare supra, ai punti 74‑77.

416    Dall’altro, si deve rammentare che nell’adozione e nella motivazione della decisione impugnata la Commissione era tenuta a collocarsi nel contesto dell’epoca in cui le misure di sostegno finanziario erano state prese, ricorrendo quindi agli elementi di cui disponeva al momento dell’adozione della decisione del 1997, ragion per cui non poteva tener conto di circostanze successive (v. supra, punto 137).

417    Nella decisione impugnata la Commissione conclude peraltro nel senso di un tasso minimo superiore a quello interno malgrado l’aumento di quest’ultimo. La conclusione finale, vale a dire la qualificazione dell’operazione di cui trattasi come aiuto di Stato, resta quindi identica a quella dell’analisi effettuata nella decisione del 1997. Orbene, tale qualificazione come aiuto di Stato implica una valutazione della compatibilità dell’aiuto cui si ricollegano le condizioni di cui trattasi. Poiché queste non presentano alcun nesso diretto con il tasso interno, l’aumento di quest’ultimo non obbligava la Commissione a modificare le dette conclusioni con una motivazione ad hoc.

418    Tutte le censure di carattere generale formulate dall’Alitalia nei confronti delle condizioni contenute nella decisione impugnata devono essere pertanto respinte.

b)     Le censure specifiche formulate nei confronti delle condizioni contenute nella decisione impugnata

419    L’Alitalia censura specificamente le condizioni nn. 2‑8 contenute nella decisione impugnata. Ognuna di esse dovrà essere esaminata separatamente.

 Condizione n. 2: divieto di nuovi aiuti

–       Argomenti delle parti

420    Secondo l’Alitalia, la condizione secondo la quale le autorità italiane devono impegnarsi a «non concedere all’Alitalia nuovi fondi o altre forme di aiuto, incluse le garanzie sui prestiti», è, per la sua genericità, arbitraria ed eccessivamente onerosa per la compagnia, specie in un momento in cui l’intero settore attraversa una crisi estremamente grave.

421    La condizione de qua risulterebbe in contrasto con la logica della comunicazione sull’aviazione, nella quale la Commissione si limiterebbe infatti ad affermare che gli aiuti alla ristrutturazione devono essere, di norma, concessi una tantum, precisando inoltre che nessun ulteriore aiuto dovrà essere necessario nel corso della durata del programma, pur lasciando «una porta aperta per il futuro».

422    Infine, l’Alitalia afferma che non è vero che tale condizione ricorrerebbe in tutte le decisioni con le quali siano stati concessi aiuti alla ristrutturazione in favore di compagnie aeree concorrenti. Nella sua decisione 22 luglio 1992, relativa ad un’iniezione di capitale e ad un programma completo di ristrutturazione e d’investimento a favore della compagnia Iberia, la Commissione avrebbe infatti posto, come condizione ai fini dell’autorizzazione dell’aiuto, in particolare che l’aiuto fosse «l’ultimo per tutta la durata del piano strategico».

423    La Commissione ritiene che la condizione n. 2 sia del tutto giustificata e non possa definirsi né arbitraria né eccessivamente onerosa. La condizione de qua ricorrerebbe in tutte le decisioni con le quali siano stati autorizzati aiuti alla ristrutturazione in favore di compagnie aeree.

424    La Commissione sottolinea che il divieto di aiuti scaturisce dall’art. 87, n. 1, CE e che una decisione individuale non può, ovviamente, modificare il Trattato. La condizione imposta deve dunque essere letta e interpretata, secondo la Commissione, in tale contesto. Tale condizione avrebbe necessariamente una portata relativa, sia in quanto è applicabile soltanto nel periodo della ristrutturazione dell’Alitalia, sia perché non si oppone alla concessione di aiuti orizzontali per investimenti diversi ed estranei a quelli contemplati nel piano di ristrutturazione, fatto salvo il rispetto dell’art. 87, n. 3, CE.

–       Giudizio del Tribunale

425    Le parti non concordano sulla portata del divieto di nuovi aiuti contenuto nella decisione impugnata. L’Alitalia ravvisa in tale divieto una condizione generale e arbitraria senza limiti di tempo.

426    Per quanto attiene al carattere generale del divieto di principio di aiuti di Stato, esso risulta dall’art. 87, n. 1, CE, e non dalla decisione impugnata. Tale divieto non impedisce in nessun caso agli Stati membri di notificare alla Commissione nuovi progetti di aiuto, ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE. Incaricata del loro esame, la Commissione ha definito gli orientamenti che disciplinano le sue valutazioni dei progetti di aiuto di determinati generi o in determinati settori, tra i quali quello dell’aviazione, mediante la comunicazione sull’aviazione.

427    Orbene, dal punto 38, 2), della comunicazione sull’aviazione emerge che la Commissione «chiede di regola al governo in causa l’impegno scritto di astenersi dal concedere, per la durata del programma, ulteriori aiuti sotto forma di apporto di capitali pubblici o sotto qualsiasi altra forma, in conformità al diritto comunitario».

428    Letta alla luce di tali disposizioni, non si può quindi ritenere che la condizione n. 2 rivesta carattere generale e arbitrario.

429    Per quanto attiene all’assenza di limiti di tempo della condizione n. 2, fatta salva l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, gli impegni assunti dalle autorità italiane e ripresi nelle condizioni contestate risultano limitati, come emerge dalla comunicazione sull’aviazione e come confermato dalla Commissione nel controricorso, alla durata del piano di ristrutturazione. La portata della condizione n. 2 è quindi, come tale, necessariamente limitata nel tempo.

430    Quanto alla presenza di una siffatta condizione in tutte le altre decisioni della Commissione dello stesso genere di autorizzazione di aiuti alla ristrutturazione in favore di compagnie aeree, erroneamente l’Alitalia la contesta richiamandosi alla decisione della Commissione 22 luglio 1992, che autorizza un aiuto alla ristrutturazione a favore della compagnia Iberia. Infatti, come affermato dall’Alitalia stessa nella replica, in tale decisione una delle condizioni era che l’aiuto fosse «l’ultimo per tutta la durata del piano strategico». Correttamente la Commissione afferma dunque che, nella detta decisione, il divieto era enunciato in termini leggermente diversi rispetto a quelli della decisione impugnata, ma che la sostanza resta identica, ove in entrambi i casi la condizione era limitata alla durata del piano di ristrutturazione (v. punto precedente). L’unico esempio invocato dall’Alitalia non è pertanto idoneo ad inficiare l’inserimento di tale condizione in tutte le decisioni della Commissione dello stesso genere.

431    L’Alitalia non ha nemmeno cercato di dimostrare che l’inserimento di tale condizione fosse giustificato nel caso delle altre compagnie menzionate, ma non nel suo.

432    La condizione n. 2 non presenta quindi alcuno dei vizi dedotti dall’Alitalia e le censure formulate a tal riguardo devono essere conseguentemente respinte.

 Condizione n. 3: divieto di acquisire nuove partecipazioni in altri vettori aerei

–       Argomenti delle parti

433    L’Alitalia lamenta la sproporzione e la discriminatorietà della condizione n. 3 in base alla quale le autorità italiane devono «garantire che, fino al 31 dicembre 2000, l’aiuto sarà impiegato esclusivamente per gli obiettivi della ristrutturazione della compagnia e non per acquisire nuove partecipazioni in altri vettori aerei».

434    L’Alitalia sostiene che la decisione della Commissione 21 dicembre 1993, 94/118/CE, relativa all’aiuto che l’Irlanda intende conferire al gruppo Aer Lingus (GU 1994, L 54, pag. 30; in prosieguo: la «decisione Aer Lingus»), e la decisione della Commissione 7 ottobre 1994, 94/696/CE, relativa agli aiuti concessi dalla Repubblica ellenica a favore della compagnia Olympic Airways (GU L 273, pag. 22; in prosieguo: la «decisione Olympic Airways»), si limitavano ad imporre a tali compagnie il divieto di acquisire partecipazioni in altre compagnie aeree comunitarie e del SEE, ed aggiunge che non è dato rinvenire alcun divieto del genere nella decisione della Commissione 24 luglio 1991, 91/555/CEE, sugli aiuti che il governo belga intende concedere al vettore aereo comunitario Sabena (GU L 300, pag. 48; in prosieguo: la «decisione Sabena»).

435    L’Alitalia afferma inoltre che la sua posizione non è paragonabile a quella dell’Air France che era nettamente più critica, ragion per cui in quell’ipotesi il divieto poteva giustificarsi. Essa ritiene che nei propri confronti tale divieto sia assolutamente sproporzionato, una volta accertato che l’importo e l’intensità dell’aiuto siano adeguati alle esigenze della ristrutturazione ed assicurino una redditività superiore a quella normale del settore.

436    L’Alitalia aggiunge che il carattere eccessivo e discriminatorio della detta condizione n. 3 appare ancora più evidente leggendo la condizione stessa congiuntamente a quella n. 8 che impone all’Alitalia di cedere la quota detenuta nella Malév. A tal riguardo, la Commissione avrebbe imposto all’Air France solo l’obbligo di dismissione di attività estranee al «core business» dell’impresa.

437    La Commissione fa valere che le condizioni nn. 3, 5 e 7, che costituiscono il nucleo fondamentale della ristrutturazione, vanno «lette congiuntamente», poiché obbediscono al medesimo fine di ripristinare la redditività e la competitività dell’Alitalia all’orizzonte dell’anno 2000 nonché di limitare le distorsioni di concorrenza insite nell’aiuto. Esse rappresenterebbero il punto di equilibrio tra l’interesse dell’Alitalia e l’interesse comune.

438    La Commissione spiega poi che i motivi dell’estensione del divieto di acquisire nuove partecipazioni dipende dalla liberalizzazione su scala SEE del mercato dell’aviazione avvenuta nel 1997. A questo proposito la Commissione rinvia alla comunicazione sull’aviazione.

439    La Commissione osserva al riguardo che le decisioni Aer Lingus e Olympic Airways, invocate dall’Alitalia, sono state adottate in epoca anteriore alla liberalizzazione. Inoltre, tali compagnie avrebbero un raggio di azione essenzialmente regionale e non parteciperebbero, dunque, al mercato mondiale, diversamente dalla situazione dell’Air France. Orbene, la decisione Air France contemplerebbe lo stesso divieto della decisione impugnata nei confronti dell’Alitalia, il che sarebbe giustificato dal fatto che le due compagnie perseguono strategie mondiali e sono in parte in concorrenza sugli stessi mercati.

440    La Commissione rileva, infine, che la condizione n. 3 non costituisce un limite ingiustificato all’utilizzo da parte dell’Alitalia dei propri fondi, ma è piuttosto il corollario dell’obbligo di quest’ultima di destinare l’aiuto unicamente ai fini della ristrutturazione e non alla sua espansione, conformemente al punto 38, 4), della comunicazione sull’aviazione.

–       Giudizio del Tribunale

441    È pacifico che il settore dei trasporti aerei nella Comunità è stato liberalizzato per fasi, ove il programma di liberalizzazione si è concluso nel 1997. Tale liberalizzazione costituisce l’elemento centrale della comunicazione sull’aviazione, come emerge dalla sua introduzione. Sotto il titolo «Liberalizzazione dei trasporti aerei nella Comunità», la Commissione afferma:

«1. I trasporti aerei della Comunità sono stati a lungo gestiti sulla base di due principi basilari: gli interventi degli Stati e gli accordi bilaterali.

(…)

Avendo ora il Consiglio completato il programma di liberalizzazione dei trasporti aerei, ed essendo di conseguenza la concorrenza aumentata all’interno della Comunità, occorre rendere più rigorosa l’applicazione delle regole in materia di aiuti di Stato.

2. Le misure in materia di liberalizzazione del mercato e di concorrenza attualmente in vigore hanno sostanzialmente cambiato il contesto economico dei trasporti aerei.

(…)

In un contesto di maggiore concorrenza, gli aiuti di Stato potrebbero rivestire un’importanza strategica decisamente maggiore per quei governi che sono alla ricerca di misure per proteggere gli interessi economici delle “proprie” linee aeree. Ciò potrebbe portare ad una corsa alle sovvenzioni che lederebbe l’interesse comune e gli obiettivi di base del processo di liberalizzazione».

442    Peraltro, al punto 38, 2), della comunicazione sull’aviazione, la Commissione prende in considerazione il fatto che «il completamento del mercato comune dell’aviazione nel 1997 aumenterà notevolmente la concorrenza del mercato comune». Essa aggiunge che, in tale contesto, «non sarà in grado di autorizzare aiuti intesi a finanziare la ristrutturazione se non in circostanze eccezionali e a condizioni molto restrittive». La Commissione reitera tale affermazione al punto 41, in fine.

443    Al punto 38, 4), della comunicazione sull’aviazione, la Commissione sottolinea che «il programma oggetto del finanziamento dello Stato può essere considerato non “contrario al comune interesse” (…) soltanto se non presenta caratteri di espansione, ossia se esclude l’obiettivo di incrementare la capacità e l’offerta della compagnia aerea in causa a detrimento dei suoi diretti concorrenti europei».

444    Infine, al punto 38, 6), della comunicazione sull’aviazione, la Commissione dichiara che l’aiuto «deve essere usato ai soli fini del programma di ristrutturazione e non deve essere sproporzionato alle sue necessità». Essa ne conclude che, «[d]urante il periodo di ristrutturazione, la società si deve astenere dall’acquisire partecipazioni in altri vettori aerei».

445    Ne consegue che la condizione n. 3 imposta all’Alitalia figura espressamente tra le condizioni – precisate nella comunicazione sull’aviazione cui fa rinvio la decisione impugnata – cui è subordinata l’approvazione dell’aiuto da parte della Commissione. Tali condizioni, che si collocano in un contesto di liberalizzazione del mercato dei trasporti aerei, sono state definite dalla Commissione alla luce dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, secondo cui un aiuto alla ristrutturazione può risultare compatibile con il mercato comune qualora non alteri le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune. Il fatto che la Commissione prenda in considerazione la liberalizzazione degli scambi e l’interesse comune è quindi conforme al diritto comunitario.

446    L’applicazione della condizione n. 3 non risulta nemmeno discriminatoria nei confronti dell’Alitalia.

447    È pur vero che, nelle decisioni Aer Lingus e Olympic Airways, la Commissione si era limitata a vietare alle dette compagnie di acquisire partecipazioni in tutto il trasporto aereo, rispettivamente, della Comunità o del SEE. Tuttavia, come l’istituzione precisa, entrambe le dette decisioni sono precedenti alla liberalizzazione del mercato e all’adozione della comunicazione sull’aviazione (dicembre 1994). Tale rilievo vale a fortiori per la decisione Sabena che, se è pur vero che non conteneva divieti di tal genere, risale al 1991. Le condizioni fissate in tali decisioni, non collocandosi nello stesso contesto, non possono essere quindi paragonate a quelle imposte nella decisione impugnata.

448    Ad abundantiam, anche qualora occorresse tener conto dei precedenti anteriori alla liberalizzazione del mercato e all’adozione della comunicazione sull’aviazione, l’Alitalia sarebbe più vicina, in considerazione delle sue dimensioni e del rispettivo mercato, all’Air France che non all’Aer Lingus o all’Olympic Airways. Orbene, nella decisione Air France, la Commissione ha subordinato l’autorizzazione dell’aiuto ad una condizione della stessa portata di quella imposta all’Alitalia nella decisione impugnata, vale a dire alla condizione che, «[p]er tutta la durata del piano di ristrutturazione, l’aiuto [sia] utilizzato da Air France esclusivamente per gli obiettivi della ristrutturazione e non per acquisire ulteriori partecipazioni azionarie in altri vettori aerei».

449    In conclusione, non può ritenersi che la condizione n. 3 sia sproporzionata e discriminatoria nei confronti dell’Alitalia, ragion per cui le censure formulate a tal riguardo devono essere respinte.

 Condizione n. 4: divieto dei trattamenti preferenziali a favore dell’Alitalia

–       Argomenti delle parti

450    La condizione n. 4 della decisione impugnata impone alle autorità italiane di sopprimere determinati trattamenti preferenziali di cui beneficia l’Alitalia. Orbene, secondo la compagnia, la disciplina applicabile al trasporto aereo in Italia, in particolare la convenzione 15 aprile 1992, n. 4372, approvata con il decreto 16 aprile 1992, è pienamente in linea con le pertinenti disposizioni comunitarie. La condizione n. 4 sarebbe quindi ingiustificata ed erronea oltre che completamente immotivata.

451    Inoltre, una lettera del Ministero italiano dei Trasporti avrebbe precisato, in primo luogo, che l’Alitalia aveva rinunciato ai diritti di prelazione conformemente a quanto previsto dalla decisione del 1997, in secondo luogo, che l’Alitalia era già stata dichiarata decaduta dai diritti di traffico non attivati e, in terzo luogo, che erano in fase di definizione i criteri obiettivi in base ai quali sarebbero stati assegnati a vettori terzi diritti di traffico dai quali l’Alitalia era decaduta o altrimenti resisi disponibili.

452    L’Alitalia contesta, infine, che una decisione della Commissione, adottata sulla base degli artt. 87 CE e 88 CE, possa incidere sulla concessione di diritti di traffico da/verso paesi terzi che si trovino al di fuori del SEE. Tali diritti sarebbero, infatti, disciplinati da una serie di accordi di diritto internazionale che si collocano al di fuori della sfera di competenza della Commissione.

453    La Commissione replica che il divieto de quo è riconducibile al divieto generale di discriminazione sancito all’art. 12 CE, come integrato dalla regolamentazione che ha introdotto la liberalizzazione del settore aereo. La Commissione non potrebbe autorizzare un aiuto in conflitto con una norma o principio del diritto comunitario e, quindi, incompatibile con il diritto comunitario.

454    Secondo la Commissione, la convenzione n. 4372 attribuiva all’Alitalia una serie di privilegi illustrati all’art. 1, n. 4, della decisione del 1997, i quali – aggiunge – avevano dato luogo a rimostranze da parte delle compagnie che erano intervenute nel procedimento, come testimonia la parte IV della decisione del 1997. La Commissione rinvia parimenti al punto VI, 4), della decisione del 1997, in cui si ricorda che le autorità italiane hanno riconosciuto l’esistenza di trattamenti preferenziali accordati all’Alitalia per quanto attiene ai diritti di traffico, alle bande orarie, all’assistenza a terra e all’accesso alle installazioni aeroportuali. Tali discriminazioni sarebbero perdurate fino al gennaio 1998.

–       Giudizio del Tribunale

455    Ai termini dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, la Commissione può dichiarare un aiuto alla ristrutturazione compatibile con il mercato comune solamente qualora non alteri le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune. La Commissione era pertanto tenuta, nel caso di specie, a verificare se tale condizione fosse soddisfatta, tanto più che le parti interessate, che hanno presentato osservazioni nell’ambito dell’esame formale precedente l’adozione della decisione del 1997 e successivamente ripreso ai fini dell’adozione della decisione impugnata, avevano espressamente chiesto che fosse posto termine alle discriminazioni di cui beneficiava l’Alitalia sotto vari profili.

456    Orbene, dall’esame effettuato dalla Commissione nell’ambito dell’adozione della decisione del 1997 è risultato che la convenzione n. 4372 non era conforme al diritto comunitario. Infatti, nella lettera 26 giugno 1997, acclusa al controricorso, le autorità italiane hanno garantito che esse «inizieranno immediatamente il processo di revisione della [detta] Convenzione (...) con l’obiettivo di completare tale processo al più tardi entro il 31 dicembre 1998». L’esistenza di «una revisione di fatto» della convenzione n. 4372, ai termini della quale la convenzione stessa si applica solamente nella misura in cui risulti compatibile con il diritto comunitario, non poteva essere considerata sufficiente per modificare il diritto e garantirne l’applicazione.

457    L’Alitalia non può quindi pretendere che la convenzione n. 4372 fosse sic et simpliciter conforme al diritto comunitario né che il relativo procedimento di revisione fosse concluso al momento dell’adozione della decisione del 1997. La condizione n. 4 era quindi necessaria affinché l’aiuto non alterasse le condizioni degli scambi e fosse compatibile con il mercato comune. Tale condizione era conseguentemente giustificata e l’Alitalia, che è stata strettamente associata al procedimento da cui è scaturita l’adozione della decisione del 1997 nonché all’esame formale riassunto ai fini dell’adozione della decisione impugnata, non può asserire di non conoscerne la motivazione.

458    Per quanto attiene alla lettera inviata il 6 febbraio 1998 alla Commissione dal Ministro dei Trasporti italiano e riprodotta nella comunicazione della Commissione 18 settembre 1998 relativa alla seconda trance dell’aiuto alla ristrutturazione dell’Alitalia approvata dalla Commissione il 15 luglio 1997 (GU C 290, pag. 3), la Commissione non può invocarla, in quanto essa è successiva all’adozione della decisione del 1997 e non può essere quindi presa in considerazione ai fini della valutazione della fondatezza della condizione de qua a tale data. Lo stesso ragionamento vale per quanto attiene alla circostanza, affermata dalla Commissione, secondo cui tali trattamenti preferenziali sarebbero perdurati sino alla loro definizione nell’ambito delle riunioni tecniche nel luglio e nell’agosto del 1999.

459    Quanto all’argomento secondo cui una decisione della Commissione, adottata sulla base degli artt. 87 CE e 88 CE, non potrebbe produrre effetti sulla concessione di diritti di traffico provenienti da paesi situati al di fuori del SEE, si deve necessariamente rilevare che tale ipotesi non è considerata dalla condizione de qua, la quale riguarda, segnatamente, la «concessione di diritti di traffico (inclusi quelli verso paesi al di fuori dello [SEE])».

460    Per quanto attiene al traffico verso i paesi terzi, si deve sottolineare che le compagnie aeree si trovano parimenti in concorrenza verso i paesi al di fuori dello SEE, ragion per cui la Commissione deve tenerne conto nella propria valutazione della misura di aiuti di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza British Airways e a./Commissione, punto 56 supra, punto 273).

461    Si deve peraltro rilevare che è alle autorità italiane che la condizione n. 4 impone di non privilegiare l’Alitalia, segnatamente in materia di concessione di diritti di traffico. In tale attribuzione la Commissione non interviene quindi essa stessa direttamente. La censura secondo cui la Commissione non avrebbe poteri al riguardo risulta pertanto priva di oggetto.

462    Le censure dell’Alitalia nei confronti della condizione n. 4 devono pertanto essere respinte.

 Condizione n. 5: limiti alla capacità

–       Argomenti delle parti

463    L’Alitalia fa valere che la condizione n. 5 pone un duplice vincolo inerente alla capacità offerta dagli aeromobili da essa gestiti, ossia una limitazione del numero di posti disponibili ed una limitazione in termini di crescita annuale dei posti‑km offerti. Tale condizione sarebbe sproporzionata, discriminatoria e in contraddizione rispetto alla condizione n. 1, secondo cui l’Alitalia deve godere di autonomia gestionale onde poter sfruttare adeguatamente le opportunità di sviluppo del mercato. I vincoli imposti dalla Commissione la ingesserebbero, impedendole di operare con la necessaria elasticità sul mercato. La Commissione, quando ha stabilito tali vincoli, non avrebbe correttamente valutato la situazione individuale dell’Alitalia né il contesto economico in cui essa operava. La Commissione giustificherebbe poi il limite imposto alla compagnia con una motivazione puramente formalistica, basata sulla lettera del punto 38, 4), della comunicazione sull’aviazione.

464    Con riferimento alla condizione n. 5, lett. a), l’Alitalia rileva poi come il parametro utilizzato, vale a dire la limitazione del numero dei posti disponibili, risulti particolarmente restrittivo, segnatamente in relazione a quello della decisione Air France, in cui la Commissione si è limitata a prevedere un tetto riferito al numero di aeromobili componenti la flotta. Ciò sarebbe ancor più vero, in quanto il limite si applicherebbe nella fattispecie ai velivoli dell’intero gruppo dell’Alitalia. Inoltre, la condizione in questione riguarderebbe altresì l’area extra SEE e si discosterebbe così dalla comunicazione sull’aviazione.

465    Con riguardo alla condizione n. 5, lett. b), che limita la crescita dei posti-km offerti, l’Alitalia sottolinea che tale limitazione è apparentemente ricalcata sulla condizione n. 8 della decisione Air France. Orbene, tale condizione sarebbe totalmente ingiustificata e discriminatoria nella misura in cui venga applicata ad un’impresa economicamente sana. Tale condizione presenterebbe un contenuto persino più rigoroso di quello stabilito nel caso dell’Air France, in quanto investirebbe l’Alitalia nel suo complesso, laddove la decisione Air France distingueva la posizione dell’Air France, dell’Air Charter e dell’Air Inter. La limitazione gravante sull’Alitalia riguarderebbe anche il traffico nazionale, introducendo quindi un ulteriore elemento di rigidità. Per giunta, il tasso di limitazione alla crescita dell’Alitalia sarebbe mutuato esattamente dalla decisione Air France senza alcuna spiegazione. Da ultimo, la Commissione avrebbe ulteriormente ridotto per gli anni 1999 e 2000 il tetto stabilito dalla decisione del 1997.

466    La Commissione sostiene che i limiti alla capacità e il divieto di proporre le tariffe più basse (divieto di price leadership) «sono due facce della stessa medaglia». Infatti, prezzi e quantità sono, a suo avviso, le due variabili principali sulle quali fanno abitualmente leva le imprese per determinare le loro strategie industriali e commerciali. Agendo sull’una o sull’altra, si potrebbero ottenere effetti diversi pur perseguendo lo stesso fine di contenimento dell’offerta. Entrambe le variabili sarebbero dunque negoziabili e, per quanto riguarda l’Alitalia, sarebbero frutto di lunghi negoziati con la piena partecipazione dei rappresentanti dell’Alitalia. Tali condizioni costituirebbero dunque il frutto di valutazioni di mercato approfondite, complesse e delicate, operate dalla Commissione nel pieno rispetto del contraddittorio ed anche con l’ausilio di consulenti esterni. La Commissione ricorda che, in simili ipotesi, il Tribunale può sanzionare soltanto l’errore manifesto commesso nella valutazione dei fatti e nell’applicazione del Trattato.

467    Quanto alla ragione d’essere dei limiti alla capacità, la Commissione afferma di aver già spiegato che essa consiste, come dispone la comunicazione sull’aviazione al punto 38, 3) e 4), nel consentire all’impresa di ripristinare l’efficienza.

468    La censura dell’Alitalia, riguardante la discriminazione di cui sarebbe stata oggetto rispetto all’Air France sotto il profilo della limitazione dei posti disponibili, sarebbe frutto di una svista, poiché la decisione Air France introdurrebbe dei limiti in ordine ai posti‑km offerti e al numero dei voli autorizzati.

469    Altrettanto priva di pertinenza risulterebbe la censura relativa ad un presunto divieto di stringere alleanze commerciali, essendo l’Alitalia autorizzata a concludere tali alleanze in virtù della condizione n. 5.

470    Quanto alle censure dell’Alitalia relative alle limitazioni del tasso di crescita annuale dei posti‑km offerti, la Commissione ritiene che esse non tengano conto dell’obbligo incombente all’Alitalia di offrire una contropartita comunitaria. Le divergenze rispetto alle condizioni applicate all’Air France nel 1994 si spiegherebbero con le nuove circostanze intervenute, come indicate nella comunicazione sull’aviazione. I mutamenti verificatisi sul mercato contribuirebbero a rendere le situazioni delle due compagnie non sempre comparabili.

471    La Commissione ritiene, inoltre, che la crescita della capacità e dell’offerta della compagnia interessata, se è pur vero che non dev’essere maggiore della crescita del mercato, debba essere necessariamente inferiore o, tutt’al più, uguale al tasso di crescita del mercato, sicché risulta incomprensibile l’argomento dell’Alitalia relativo al mancato rispetto del punto 38, 4), della comunicazione sull’aviazione. Fissando il tasso al 2,7%, con vari aggiustamenti possibili, la Commissione avrebbe pienamente rispettato la menzionata disposizione.

472    Infine, quanto alla distinzione operata nella decisione Air France tra l’Air France e l’Air Inter, non avendo sottoposto quest’ultima ai limiti di crescita imposti alla prima, la Commissione ricorda di aver adottato le misure necessarie per impedire che l’aiuto autorizzato avvantaggiasse l’Air Inter e che, soprattutto, le censure mosse al riguardo sono state puntualmente respinte dal Tribunale nella sentenza British Airways e a./Commissione, punto 56 supra.

–       Giudizio del Tribunale

473    In primo luogo, si deve necessariamente rilevare che la condizione n. 5, che limita la capacità offerta dall’Alitalia, non risulta in contraddizione con la condizione n. 1. Infatti, quest’ultima prevede che le autorità italiane debbano impegnarsi ad «adottare nei confronti dell’Alitalia un normale comportamento di azionista, permettendo alla compagnia di essere gestita unicamente secondo principi commerciali e astenendosi da qualsiasi intervento nella sua gestione per ragioni diverse da quelle derivanti dalla posizione di azionista dello Stato italiano». La condizione n. 1 è diretta allo Stato italiano al fine di limitare il suo intervento nella gestione dell’Alitalia. Essa mira principalmente a garantire un comportamento da normale azionista dello Stato italiano e non a far godere l’Alitalia di un’autonomia di gestione, come essa pretende.

474    In ogni caso, l’Alitalia non può far valere, nel presente contesto, un’autonomia di gestione piena e totale. Essa è in contrasto con le disposizioni dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE e, quindi, con la condizione che l’aiuto alla ristrutturazione non alteri gli scambi in misura contraria all’interesse comune.

475    Orbene, ai termini del punto 38, 4), della comunicazione sull’aviazione, considerato che «[q]ualsiasi aiuto concesso nel settore dell’aviazione altera le condizioni degli scambi tra Stati membri», il programma finanziato dagli aiuti di Stato non può essere considerato come non contrario al comune interesse solo qualora non persegua «l’obiettivo di incrementare la capacità e l’offerta della compagnia aerea in causa a detrimento dei suoi diretti concorrenti europei». Questa stessa disposizione precisa, inoltre, che, «[i]n ogni caso, il programma non deve avere per effetto di consentire alla compagnia di offrire sui mercati di riferimento un incremento del numero di aeromobili o della capacità passeggeri maggiore di quella che potrebbe discendere da una normale crescita di mercato».

476    Occorre aggiungere che il punto 38, 3), della comunicazione sull’aviazione prevede che, «[q]ualora il ripristino dell’efficienza finanziaria e/o la situazione di mercato richiedano riduzioni di capacità, questo aspetto deve essere incluso nel programma».

477    Le disposizioni del Trattato in combinato disposto con quelle che, su tale base, la Commissione si è imposta con la comunicazione sull’aviazione autorizzavano quindi la Commissione a fissare condizioni in materia di capacità al fine di garantire il ripristino della redditività dell’Alitalia e di tutelare l’interesse comune.

478    Quanto alle varie discriminazioni di cui l’Alitalia sarebbe stata vittima particolarmente nei confronti dell’Air France, si deve sottolineare che, pur non potendosi escludere che la Commissione potesse confrontare le misure di ristrutturazione previste dall’Alitalia con quelle adottate da altre compagnie aeree, resta il fatto che la ristrutturazione di un’impresa deve concentrarsi sui suoi problemi intrinseci e che le esperienze fatte da altre imprese, in contesti economici e politici diversi, in altri periodi, possono non essere pertinenti (v., in tal senso, sentenza British Airways/Commissione, punto 56 supra, punto 135).

479    Orbene, correttamente la Commissione afferma che il contesto della decisione Air France e quello della decisione impugnata differiscono considerato che la ristrutturazione dell’Air France si è svolta nel periodo 1994‑1996, mentre quella dell’Alitalia si è svolta nel periodo compreso tra il 1996 e il 2000. Quest’ultima ristrutturazione si colloca, infatti, in un contesto di piena liberalizzazione del mercato e, quindi, di concorrenza accresciuta in cui l’applicazione più severa delle norme in materia di aiuti di Stato risponde ad un’esigenza evidente, come viene sottolineato nella comunicazione sull’aviazione. Tale differenza di contesto è sufficiente a escludere la pertinenza del raffronto tra le condizioni imposte all’una e all’altra compagnia.

480    Inoltre, e in ogni caso, erroneamente l’Alitalia sostiene che nella decisione Air France la Commissione si sarebbe limitata a prevedere un massimale rapportato al numero di aeromobili costituenti la sua flotta. Dall’art. 1, nn. 8, 11 e 12, della decisione Air France emerge, infatti, che essa imponeva all’Air France e all’Air Charter limiti riguardo tanto al numero di posti‑km offerti quanto al numero di rotte autorizzate.

481    In tale vertenza, peraltro, la totalità dell’aiuto doveva andare esclusivamente a beneficio dell’Air France e delle sue filiali, eccezion fatta per l’Air Inter (v. art. 1º, n. 1, della decisione Air France). Tale meccanismo è stato ritenuto lecito dal Tribunale nella sentenza British Airways e a./Commissione, v. punto 56 supra. L’Alitalia non può quindi trarre spunto dal fatto che le condizioni fissate nella decisione Air France non si applicavano all’Air Inter.

482    Si deve inoltre rilevare il carattere contraddittorio dell’argomento dell’Alitalia relativo al raffronto della propria situazione con quella dell’Air France. Essa sostiene, infatti, alle volte che la propria situazione sarebbe paragonabile a quella dell’Air France, ragion per cui avrebbero dovuto esserle applicate le stesse condizioni e non una condizione più rigorosa, come quella per la limitazione dei posti disponibili [condizione n. 5, lett. a)]. Peraltro, per quanto attiene al tasso di crescita annuale del numero di posti‑km [condizione n. 5, lett. b)], l’Alitalia fa al contrario valere che la Commissione le avrebbe erroneamente applicato la stessa limitazione imposta all’Air France, laddove la sua situazione non sarebbe paragonabile a quella di quest’ultima.

483    Quanto al tasso di crescita del 2,7% imposto nella condizione n. 5, si deve necessariamente rilevare che, in primo luogo, la comunicazione sull’aviazione si limita a fissare un limite superiore all’aumento del numero di aeromobili o di posti offerti sui rispettivi mercati, rispetto alla crescita dei mercati medesimi (v. supra, punto 475). La fissazione di un tasso inferiore alla crescita dei rispettivi mercati non risulta quindi in contrasto con la comunicazione sull’aviazione.

484    In secondo luogo, il detto tasso del 2,7% si applica, ai termini della decisione impugnata, «alla crescita del numero di posti‑km offerti per ogni anno solare», e ciò «all’interno [del SEE,] ad esclusione dell’Italia», e «all’interno dell’Italia». Si tratta pertanto solo di uno di vari parametri della situazione generale e della crescita dell’Alitalia. Orbene, i dati forniti dall’Alitalia in risposta ai quesiti postile dal Tribunale al riguardo vertono, in termini generali, sul «tasso di crescita dell’Alitalia», senza altra precisazione. Peraltro, i dati contenuti in una delle tabelle fornite attengono alla rete internazionale e non al SEE.

485    Conseguentemente, l’Alitalia non ha dimostrato il carattere sproporzionato di tale tasso, contenuto nella condizione n. 5, il quale è del resto suscettibile di aumento.

486    Si deve peraltro aggiungere che, in ogni caso, i parametri fissati dalla Commissione, quali il numero massimo di posti disponibili ed il tasso massimo di crescita annuale del numero di posti‑km offerti, rientrano in una valutazione economica complessa. La Commissione dispone quindi, a tal riguardo, di un ampio potere discrezionale.

487    Orbene, l’Alitalia non ha evidenziato alcun manifesto errore in cui la Commissione sarebbe incorsa nella valutazione della sua situazione e del suo contesto.

488    In particolare, l’Alitalia non può sostenere che la condizione n. 5, lett. b), sia ingiustificata e discriminatoria in quanto applicata ad un’impresa economicamente sana. Infatti, la situazione che la Commissione doveva prendere in considerazione al momento dell’adozione della decisione impugnata, vale a dire quella esistente all’epoca dell’adozione della decisione del 1997, descritta, segnatamente, nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra (punti 5‑7), era caratterizzata piuttosto dall’impossibilità di ritrovare il cammino verso la redditività, da un indebitamento fonte di rilevanti oneri finanziari e da perdite considerevoli.

489    Altrettanto erroneamente l’Alitalia invoca un preteso divieto di allacciare alleanze commerciali risultante dalla condizione n. 5. Infatti, al punto n. 1, la decisione impugnata menziona, da un lato, l’impegno delle autorità italiane di presentare una relazione comprendente un elenco «degli accordi di cooperazione commerciali ed operativi conclusi dall’Alitalia durante l’anno precedente» (condizione n. 10). Dall’altro, essa fa espresso riferimento alle capacità offerte dagli aeromobili gestiti dall’Alitalia «o da altri vettori in forma tale da comportare per l’Alitalia un rischio commerciale (accordi di “wet lease”, di “block space”, di “joint venture”, ecc.)». La conclusione di siffatti accordi non era quindi affatto esclusa.

490    Inoltre, quanto all’argomento secondo cui la condizione de qua si applicherebbe ai paesi al di fuori del SEE, si deve rammentare che tale condizione riguarda il numero di posti disponibili che la flotta Alitalia non deve superare nonché la crescita massima del numero di posti‑km offerti «all’interno [del SEE,] ad esclusione dell’Italia», e «all’interno dell’Italia».

491    Inoltre, anche dando per realizzata la diminuzione del massimale per gli anni 1999 e 2000, essa non è in ogni caso pertinente in quanto successiva ai fatti rilevanti.

492    Infine, per quanto attiene alla motivazione della condizione n. 5, essa emerge dalla decisione impugnata e dalla decisione del 1997, cui la decisione impugnata rinvia, e consente di comprendere le ragioni che hanno indotto la Commissione ad imporla (v. supra, punto 74).

493    Conseguentemente, nessuna delle censure formulate con riguardo alla condizione n. 5 può trovare accoglimento.

 Condizione n. 6: imposizione di una contabilità analitica

–       Argomenti delle parti

494    L’Alitalia sostiene che la condizione n. 6, che le impone di mantenere una contabilità analitica per ogni singola rotta operata, è eccessiva ed ingiustificata.

495    Tale condizione imporrebbe di riorganizzare integralmente la struttura contabile dell’Alitalia, operazione alquanto complessa e che implicherebbe rilevanti costi amministrativi. Essa risulterebbe eccessiva, poiché la decisione del 1997 prevedeva già l’abbandono da parte dell’Alitalia di un numero considerevole di rotte. Inoltre, la redditività delle rotte non potrebbe essere valutata con riferimento ad una singola tratta, ma andrebbe analizzata nel contesto generale dell’intera rete della compagnia.

496    La condizione n. 6 si porrebbe in contrasto con la prassi adottata dalle compagnie aeree che gestiscono la propria contabilità «secondo il principio della network analysis», vale a dire della visione d’insieme delle varie rotte gestite. Inoltre, in nessuna delle decisioni adottate dalla Commissione in materia di aiuti di Stato nel settore del trasporto aereo si riscontrerebbe una simile condizione. Questa condizione si discosterebbe pertanto senza motivo dalla normale prassi delle compagnie aeree nonché della Commissione.

497    L’Alitalia sostiene altresì che la Commissione non possiede i poteri per fissare una simile condizione, nella misura in cui la sua applicazione non è limitata alle rotte interne al SEE.

498    Infine, l’Alitalia deduce l’impossibilità di giustificare la condizione n. 6 facendo leva sulla condizione n. 10 (corretto adempimento del piano attestato dalle relazioni annuali). Essa afferma che avrebbe potuto perfettamente soddisfare l’obbligo di cui alla condizione n. 10 attraverso la produzione dei dati complessivi relativi alle rotte da essa gestite. Comunque, non apparirebbe giustificato imporre un tale onere al solo fine di facilitare il compito dei consulenti della Commissione.

499    La Commissione replica che il ricorso al metodo di contabilità analitica è dettato dal principio della trasparenza e dall’esigenza di controllabilità delle singole fasi di attuazione del piano. Tale metodo consentirebbe, in particolare, di verificare in tempi molto brevi l’evoluzione della redditività di ogni singola rotta, ivi comprese le rotte esterne allo spazio SEE che incidono sulla redditività della compagnia. Tale condizione costituirebbe il corollario, ovvero il presupposto, del corretto adempimento da parte della ricorrente della condizione n. 10, che quest’ultima non ha contestato.

500    La Commissione afferma che la condizione n. 6 non figura in altre decisioni poiché le rispettive compagnie beneficiarie di aiuti alla ristrutturazione non presentavano problemi analoghi.

–       Giudizio del Tribunale

501    La condizione n. 6 impone alle autorità italiane di «accertarsi che l’Alitalia manterrà una contabilità analitica che permetterà di determinare a breve la profittabilità di ogni rotta definita come relazione tra i profitti e i costi (costi totali che includono i costi fissi e i costi variabili) relativi ad ogni rotta».

502    Si deve osservare, in limine, che, contrariamente a quanto l’Alitalia lascia intendere, la condizione n. 6 non le impone di tenere una contabilità analitica separata, propriamente detta per ogni rotta, bensì semplicemente di tenere una contabilità che consenta di determinare rapidamente un tasso di redditività per ogni singola rotta, il che non significa assolutamente la stessa cosa. L’argomento dell’Alitalia si fonda quindi su un’interpretazione sviata della condizione di cui trattasi.

503    Per quanto riguarda tale condizione, si deve rammentare che, a norma dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, la Commissione può dichiarare compatibili con il mercato comune solamente gli aiuti alla ristrutturazione che non alterino gli scambi in misura contraria all’interesse comune. Essa dev’essere quindi in grado di poter verificare gli effetti prodotti dalle misure di cui trattasi sugli scambi. Del resto, la comunicazione sull’aviazione prevede, al punto 38, 8), che «[t]utti gli aiuti di Stato devono essere strutturati in modo da renderli trasparenti e controllabili». L’obbligo di tenere una contabilità analitica ricade in quest’ambito. Tale contabilità costituisce uno degli strumenti per consentire alla Commissione di verificare «le modalità di realizzazione del programma di ristrutturazione finanziato con il contributo di aiuti di Stato» (punto 40 della comunicazione sull’aviazione).

504    Per quanto attiene alle altre censure formulate dall’Alitalia nei confronti della condizione n. 6, in primo luogo, la tenuta di una contabilità analitica che consenta di determinare su ogni singola rotta un tasso di redditività non può essere considerata contraria ad una prassi di analisi della redditività dell’impresa fondata sul complesso delle singole rotte operate. L’una non esclude infatti l’altra e può costituirne la base o il complemento.

505    Tuttavia, tale condizione, per quanto imponga un onere supplementare all’Alitalia, non può essere considerata eccessiva con riguardo alla necessità per la Commissione di poter verificare rapidamente la realizzazione effettiva del piano, segnatamente ai fini del versamento delle altre tranches di aumento di capitale e ciò tanto più che il piano, nella sua versione adattata, prevedeva, come la stessa Alitalia riconosce, l’abbandono da parte della compagnia di un numero considerevole di rotte e di frequenze giudicate poco redditizie. L’attuazione di tale misura esigeva pertanto la tenuta di una contabilità che facesse apparire la redditività delle singole rotte.

506    A tal riguardo, si deve rilevare che la condizione n. 6 non risponde allo stesso obiettivo della condizione n. 10. Quest’ultima mira infatti a controllare, da un punto di vista globale, l’attuazione del piano di ristrutturazione, la redditività dell’impresa ed il rispetto delle condizioni imposte laddove la condizione n. 6 è volta a consentire di disporre di informazioni precise sulla redditività delle singole rotte. Non si può quindi presumere che la condizione n. 10 avrebbe consentito alla Commissione di determinare rapidamente il tasso di redditività di ogni singola rotta. Orbene, ai termini del punto 38, 1), della comunicazione sull’aviazione, per poter valutare il programma, la Commissione deve prestare particolare attenzione, segnatamente, «alla soppressione delle rotte non redditizie». Ciò appare impossibile senza disporre di uno strumento preciso per valutare il carattere deficitario di ciascuna di esse.

507    In secondo luogo, il fatto che le altre decisioni della Commissione in materia non prevedano una siffatta condizione non può essere considerato, di per sé, discriminatorio nei confronti dell’Alitalia. Infatti, da un lato, il contesto generale aveva subìto un’evoluzione (v. supra, punti 441, 447 e 479). Dall’altro, la tenuta della contabilità come praticata dall’Alitalia poteva differire da quella delle altre compagnie interessate, ragion per cui poteva risultare necessario prevedere una condizione particolare nel suo caso specifico. Dalla sentenza British Airways e a./Commissione, punto 56 supra (punto 135), emerge che la Commissione non è tenuta a riprodurre in termini identici le stesse condizioni applicate in passato, bensì deve tener conto del contesto dell’operazione e della situazione specifica dell’impresa.

508    In terzo luogo, erroneamente l’Alitalia afferma che la Commissione non disporrebbe di poteri per fissare una siffatta condizione quando la sua applicazione non sia limitata alle rotte interne al SEE. Infatti, le compagnie aeree stabilite all’interno del SEE si trovano parimenti in concorrenza sulle rotte verso i paesi esterni al SEE: La Commissione poteva quindi legittimamente adottare provvedimenti al fine di verificare il rispetto da parte dell’Alitalia della concorrenza sulle rotte di cui trattasi (v. supra, punto 460).

509    Conseguentemente, le censure dell’Alitalia relative alla condizione n. 6 devono essere respinte.

 Condizione n. 7: divieto della pratica di price leadership

–       Argomenti delle parti

510    L’Alitalia contesta parimenti la condizione n. 7, in base alla quale essa deve astenersi, sino al 31 dicembre 2000, dall’applicare tariffe inferiori a quelle dei propri concorrenti per un’offerta equivalente sulle rotte operate dalla compagnia.

511    L’Alitalia deduce che il divieto di price leadership non era menzionato nel documento inviato dalla Commissione alle autorità italiane in data 14 maggio 1997. Tale condizione avrebbe pertanto precluso ogni forma di dibattito costituendo, in tal modo, una violazione del diritto di difesa.

512    La condizione n. 7 sarebbe inoltre eccessiva e discriminatoria se rapportata al trattamento riservato dalla Commissione ad altre compagnie aeree. L’Alitalia sottolinea che, nella decisione Air France, la Commissione ha circoscritto il divieto di price leadership alle sole rotte operate dall’Air France all’interno del SEE, mentre, nel suo caso, il divieto si applica a qualsiasi rotta da essa operata, comprese quelle esterne al SEE. Inoltre, la durata del divieto imposto all’Alitalia sarebbe più lunga rispetto a quella del divieto imposto all’Air France. Tale severità nei confronti dell’Alitalia sarebbe ancor meno giustificata per il fatto di trovarsi in una situazione molto meno grave di quella in cui versava l’Air France.

513    Il divieto di price leadership produrrebbe quindi effetti ben più gravi nei confronti dell’Alitalia rispetto all’Air France in quanto, nel caso dell’Alitalia, si collocherebbe in un contesto di definitiva apertura del mercato alla concorrenza, di totale libertà di traffico e di fissazione delle tariffe.

514    La discriminatorietà della condizione n. 7 emergerebbe anche dal fatto che nella decisione Iberia del 1992 e nella decisione Aer Lingus non sarebbe stato imposto alcun divieto di price leadership e che nella decisione Olympic Airways tale divieto sarebbe stato circoscritto ai soli voli di linea tra Atene (Grecia) e Stoccolma (Svezia) e tra Atene e Londra.

515    L’Alitalia mette peraltro in dubbio la competenza della Commissione a disporre una simile misura, posto che i comportamenti cui tale misura si riferisce non hanno ripercussioni dirette sugli scambi comunitari. La compagnia rinvia a questo proposito alla comunicazione sull’aviazione.

516    L’Alitalia sostiene inoltre che la condizione n. 7 è quindi illegittima, essendo intesa a reprimere comportamenti «prescindendo da ogni concreta verifica della loro effettiva illegittimità». L’Alitalia vede una conferma della propria tesi – secondo la quale le pratiche di price leadership dovrebbero essere valutate individualmente – nell’atteggiamento assunto dalla stessa Commissione nei riguardi del mancato rispetto, da parte dell’Air France, di un divieto del genere.

517    La sentenza della Corte 15 giugno 1993, causa C‑225/91, Matra/Commissione (Racc. pag. I‑3203, punto 41), confermerebbe la fondatezza di tale censura.

518    L’Alitalia osserva infine che la condizione n. 7 risulta in contrasto con la ratio sottesa alla decisione impugnata. Tale divieto sarebbe infatti suscettibile di pregiudicare gravemente la redditività della compagnia. In particolare, esso avrebbe precluso all’Alitalia di fronteggiare in modo adeguato la crescente concorrenza a livello nazionale ed internazionale, di attivare nuovi collegamenti e di lanciare nuovi servizi di navetta su rotte a forte traffico.

519    Secondo la Commissione, il divieto di price leadership è teso ad evitare che una determinata compagnia che beneficia di fondi pubblici conquisti fette di mercato a detrimento delle compagnie concorrenti, le quali non hanno tale possibilità. Tale divieto sarebbe volto a ristabilire il rispetto delle regole di concorrenza e concorrerebbe a conseguire l’obiettivo della riduzione della capacità di produzione, obiettivo perseguito dalla comunicazione sull’aviazione. La Commissione rammenta di avere imposto una condizione analoga nelle decisioni Olympic Airways e Air France.

520    La Commissione aggiunge che il divieto di price leadership avrebbe formato oggetto di lunghi negoziati e sarebbe stato proposto dalle autorità italiane nella lettera datata 26 giugno 1997. Queste ultime avrebbero preferito il divieto di price leadership rispetto ad una maggiore riduzione delle capacità. Inoltre, proprio su richiesta dell’Alitalia, il divieto sarebbe stato esteso ai voli su tutte le rotte in luogo della fissazione di un limite al numero dei voli. Gli interventi delle autorità italiane e dell’Alitalia nel corso del procedimento amministrativo spiegherebbero dunque la divergenza constatata rispetto alla decisione Air France. Il divieto di price leadership non sarebbe stato peraltro incluso nella decisione del 22 luglio 1992, che ha autorizzato un aiuto alla ristrutturazione a favore della compagnia Iberia, né nella decisione Aer Lingus, risalente al 1993, in quanto esse sono state adottate in epoca anteriore alla liberalizzazione dei mercati. Nella decisione Olympic Airways, il divieto coinvolgerebbe soltanto le linee che ponevano problemi particolari.

521    Per quanto riguarda la propria competenza ad imporre la condizione in esame, la Commissione sostiene che, in forza dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, essa è competente a fissare tutte le condizioni necessarie a consentire all’Alitalia di ritrovare l’efficienza economico‑finanziaria. La competenza che tale disposizione le attribuisce sarebbe autonoma rispetto all’art. 82 CE. Essa trarrebbe soprattutto da questa stessa disposizione la competenza ad imporre condizioni relative ai voli all’esterno del SEE, in quanto la concorrenza tra le compagnie comunitarie si esercita non solo sulle rotte intracomunitarie, ma anche sulle tratte aeree da e per paesi terzi. D’altra parte, risulterebbe dagli artt. 71, n. 1, lett. a), CE e 80, n. 2, CE che tali collegamenti rientrano nell’ambito di applicazione della politica comune dei trasporti.

522    Infine, la Commissione osserva che l’Alitalia, lamentandosi di non poter attirare, attraverso la pratica di price leadership, nuovi clienti su nuove linee, ovvero incentivare gli stessi ad un uso più frequente del mezzo aereo, non fa che affermare di approfittare dell’aiuto per riservare a se stessa una fetta di mercato più grande, sottraendola alla concorrenza.

–       Giudizio del Tribunale

523    In primo luogo, per quanto attiene alla violazione del diritto di difesa, è stato già esposto supra, ai punti 169‑172, che il procedimento amministrativo in materia di aiuti di Stato viene esperito unicamente nei confronti dello Stato membro interessato, che è il solo a beneficiare della tutela del diritto di difesa. Il ruolo essenzialmente attribuito agli interessati, tra cui figurano i beneficiari dell’aiuto, è quello di fonte di informazioni per la Commissione. Ne consegue che gli interessati, lungi dal poter invocare il diritto di difesa riconosciuto ai soggetti nei confronti dei quali il procedimento viene esperito, dispongono unicamente del diritto di essere associati al procedimento amministrativo in misura adeguata, tenuto conto delle circostanze della specie. L’Alitalia non può quindi invocare una violazione del proprio diritto di difesa. Peraltro, l’Alitalia è stata strettamente associata al procedimento amministrativo che ha preceduto l’adozione della decisione del 1997, procedimento che non è stato annullato.

524    In secondo luogo, gli argomenti dell’Alitalia relativi alla discriminazione che essa avrebbe subìto rispetto alle altre compagnie aeree oggetto delle precedenti decisioni della Commissione contrastano col carattere non comparabile del contesto generale in cui tali decisioni sono state adottate nonché della situazione specifica delle rispettive compagnie (v. supra, punto 507). Sarebbe contrario alla valutazione caso per caso del comportamento delle imprese, suggerita dall’Alitalia, che la Commissione fosse tenuta a riproporre in termini identici le stesse condizioni in tutte le proprie decisioni in materia di aiuti di Stato nel settore dei trasporti aerei.

525    Del resto, il ragionamento dell’Alitalia presenta nuovamente (v. supra, punto 482) una contraddizione. Da un lato, sulla questione delle rotte interessate e della durata del divieto, essa chiede lo stesso trattamento riservato all’Air France, il che presupporrebbe una situazione comparabile. Dall’altro, essa invoca, con riguardo ad altri aspetti, un contesto differente – e quindi non comparabile –, vale a dire quello della liberalizzazione del mercato medio tempore intervenuta con l’autorizzazione generale per le compagnie di fissare le loro proprie tariffe.

526    Laddove l’Alitalia invoca la liberalizzazione del mercato dei trasporti aerei, emerge chiaramente dalla comunicazione sull’aviazione che tale circostanza doveva indurre la Commissione ad una maggiore severità nell’autorizzazione degli aiuti di Stato e nella fissazione delle condizioni. In tal senso, ad esempio, il punto 41 della detta comunicazione così recita:

«Il completamento del mercato comune dell’aviazione nel 1997 implicherà un notevole aumento della concorrenza nel mercato comune. Stando così le cose, la Commissione non potrà autorizzare aiuti destinati alla ristrutturazione, se non in casi eccezionali e a condizioni molto restrittive».

527    In terzo luogo, per quanto attiene al potere della Commissione di imporre condizioni quali la condizione n. 7, esso si fonda sull’art. 87, n. 3, lett. c), CE, che autorizza la Commissione a dichiarare un aiuto di Stato alla ristrutturazione compatibile con il mercato comune solamente qualora non alteri le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune. Come esposto dalla Commissione al punto 37, secondo comma, della comunicazione sull’aviazione, «[è] alla luce di quest’ultimo requisito, da interpretare nel contesto del settore dei trasporti aerei, che la Commissione deve determinare le condizioni che dovranno essere di regola soddisfatte per poter beneficiare di una deroga». A tal riguardo, la Commissione dispone di un potere discrezionale. Ancorché il divieto della price leadership non figuri espressamente nella comunicazione sull’aviazione, esso contribuisce manifestamente al conseguimento dell’obiettivo che l’aiuto non alteri le condizioni degli scambi in misura inaccettabile, ai sensi del Trattato.

528    In quarto luogo, se è pur vero che dall’economia generale del Trattato emerge che il procedimento previsto agli artt. 87 CE e 88 CE non deve mai condurre ad un risultato che sia contrario alle specifiche disposizioni del Trattato, ciò non toglie che il procedimento ex art. 81 CE e segg. e quello ex art. 87 CE e segg. del Trattato costituiscano procedimenti indipendenti, disciplinati da norme specifiche (v., in tal senso, sentenza Matra/Commissione, punto 517 supra, punti 41 e 44). Il presente procedimento non ricade della sfera dell’art. 82 CE, bensì in quella dell’art. 87 CE. Gli argomenti dell’Alitalia relativi alla necessità di reprimere i comportamenti anticoncorrenziali caso per caso non sono quindi pertinenti.

529    In quinto luogo, come già esposto supra al punto 460, erroneamente l’Alitalia sostiene che la Commissione non è competente per imporre una condizione che si estenda alle rotte operate al di fuori del SEE. L’applicazione di tale condizione è giustificata in considerazione del fatto che, per tali rotte, l’Alitalia si trova in concorrenza con altre compagnie aeree stabilite nell’ambito della Comunità.

530    In sesto luogo, l’argomento dell’Alitalia secondo cui la condizione n. 7 sarebbe contraria alla ratio della decisione impugnata in quanto potrebbe gravemente pregiudicare la redditività dell’Alitalia non può trovare accoglimento. Infatti, a norma del punto 38, 1) e 2), della comunicazione sull’aviazione, l’obiettivo dell’aiuto è il ripristino della redditività della compagnia. Contrariamente a quanto sembra sostenere l’Alitalia, l’obiettivo non è quello di consentirle di espandersi, di offrire nuovi servizi su rotte su cui non era presente o di lanciare nuovi servizi di navetta su rotte caratterizzate da forte traffico.

531    Quanto alla motivazione di tale condizione, si deve rinviare supra, ai punti 74‑77. Nella decisione impugnata, al pari della decisione del 1997, la Commissione rinvia, segnatamente, agli artt. 87 CE e 88 CE nonché alla comunicazione sull’aviazione, che obbligano la Commissione a garantire che l’aiuto non produca l’effetto di trasferire le difficoltà della compagnia sui propri concorrenti. Tale motivazione consente quindi di comprendere le ragioni che hanno indotto la Commissione ad imporre tale condizione.

532    Atteso che tale esame non ha evidenziato alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della collezione n. 7, le censure formulate nei suoi confronti devono essere quindi respinte.

 Condizione n. 8: cessione della quota detenuta nella Malév

–       Argomenti delle parti

533    L’Alitalia sostiene che la condizione n. 8 della decisione impugnata, in base alla quale essa è obbligata a cedere la propria partecipazione nella Malév, non è adeguatamente motivata. Tale obbligo contrasterebbe con le considerazioni contenute nella decisione del 1997, secondo cui l’Alitalia dovrebbe perseguire una politica di riposizionamento delle proprie attività per concentrarsi maggiormente sulle sue attività principali e «non potrebbe (...) procedere a cessioni di cespiti riguardanti le sue attività principali senza compromettere il successo del piano» (punto VIII, diciottesimo comma). Orbene, l’Alitalia afferma che la sua partecipazione nella Malév costituisce parte integrante del suo «core business».

534    Tale condizione sarebbe anche discriminatoria in quanto, nella decisione Air France, la Commissione avrebbe imposto alla compagnia francese la dismissione della sola catena alberghiera Méridien, vale a dire la cessione di un’attività non strategica.

535    Infine, la condizione n. 8 sarebbe priva di fondamento normativo, in quanto un piano di ristrutturazione perseguirebbe l’obiettivo del ritorno alla redditività e non a un livello di redditività pari o superiore a quello richiesto nell’industria privata. Orbene, anche in assenza di tale condizione, il piano di ristrutturazione avrebbe potuto risanare la compagnia aerea in modo da consentirle, entro un lasso di tempo ragionevole, di tornare redditizia, vale a dire normalmente senza concessione di ulteriori aiuti, conformemente al punto 38, 1), della comunicazione sull’aviazione.

536    La Commissione replica che la cessione della partecipazione dell’Alitalia nella Malév è stata negoziata e accettata dall’Alitalia nel corso del procedimento amministrativo. Poiché le sinergie tra l’Alitalia e la Malév erano decisamente deboli, tale partecipazione sarebbe stata considerata un’attività non strategica. La cessione della partecipazione sarebbe stata ritenuta necessaria per dare respiro alla componente finanziaria del piano di ristrutturazione. La Commissione osserva inoltre che l’Alitalia non dimostra le ragioni per le quali la cessione sarebbe stata idonea a provocare un pregiudizio grave.

–       Giudizio del Tribunale

537    Per quanto attiene alla pretesa contraddittorietà della condizione n. 8 con talune considerazioni contenute nella decisione del 1997, si deve sottolineare che l’Alitalia richiama quest’ultima parzialmente. Infatti, nella decisione del 1997, la Commissione non ha ritenuto la partecipazione nella Malév quale attività principale dell’Alitalia. La cessione di tale partecipazione è stata, al contrario, considerata come un contributo ad una rifocalizzazione da parte dell’Alitalia sulle proprie attività principali, come attestano i seguenti elementi:

«(…) Come la maggior parte delle compagnie concorrenti che sono riuscite a far fronte alla crisi del trasporto aereo agli inizi degli anni [’90], Alitalia pratica inoltre una politica di riposizionamento verso le sue attività principali, vale a dire il trasporto aereo vero e proprio. Così dopo la cessione delle quote detenute nel capitale della “Società Aeroporti di Roma”, intervenuta nel 1995, il piano prevede tra l’altro la prossima vendita del centro direzionale alla Magliana, nonché delle partecipazioni dell’Alitalia in Alfa Romeo Avio, SISAM, nel sistema telematico di prenotazione Galileo, in Mal[é]v e in sei aeroporti regionali italiani.

Su queste basi, i risultati nettamente positivi attesi sull’orizzonte 2000 dovrebbero nel contempo soddisfare le esigenze di capitale circolante, il finanziamento degli investimenti indispensabili all’attività a lungo termine della compagnia e offrire delle prospettive di redditività di lungo periodo. Essi dovrebbero altresì ispirare fiducia agli investitori ed aprire la via allo sviluppo di alleanze con altre compagnie.

(…)

Concentrando le sue attività sulle sue attività principali ed effettuando dei disinvestimenti significativi, l’Alitalia contribuisce a coprire il fabbisogno finanziario per mezzo delle sue risorse proprie.

(…)

Le risorse derivanti dall’aiuto risultano anche necessarie nella misura in cui l’Alitalia non può sostituirle con risorse sufficienti ricavate dalla cessione di cespiti. Come già indicato, la compagnia si è già impegnata in una politica di disinvestimento e di riposizionamento sulle sue attività principali. Tuttavia le risorse così ottenute, pari a [ITL] 600, se consentono di ridurre l’importo dell’aumento di capitale da effettuare, restano però modeste rispetto ai finanziamenti richiesti dal piano. La compagnia non potrebbe d’altronde procedere a cessioni di cespiti riguardanti le sue attività principali senza compromettere il successo del piano».

538    La cessione della Malév era quindi diretta, ai termini della decisione del 1997, a coprire le esigenze finanziarie della compagnia consentendole di ridurre l’importo dell’aiuto. La motivazione contenuta nella decisione del 1997, cui fa espresso riferimento la decisione impugnata, ne permetteva la comprensione (v. supra, punti 74‑77).

539    Inoltre, l’Alitalia non deduce alcun elemento idoneo a dimostrare che la Commissione non potesse ritenere che la partecipazione minoritaria nella Malév (30%) costituisse un attivo non strategico e che la cessione di tale attivo fosse necessaria per limitare l’apporto dell’aiuto nonché per garantire la proporzionalità dell’aiuto rispetto alle esigenze derivanti dal piano. Ne consegue che non può ritenersi che la Commissione sia incorsa, a tal riguardo, in un manifesto errore di valutazione.

540    Peraltro, né dalla decisione impugnata, né dalle disposizioni invocate dalla Commissione, né dalle sue memorie nell’ambito del presente procedimento emerge che le condizioni imposte nella decisione impugnata fossero unicamente volte a migliorare la redditività del piano di ristrutturazione.

541    Infatti, in un primo momento la Commissione aveva stimato che il piano di ristrutturazione della compagnia, comunicato il 29 luglio 1996, non fosse più sufficiente per poter adottare una decisione positiva. L’Alitalia aveva successivamente informato la Commissione in ordine al proprio intendimento di procedere ad un adeguamento del piano. In esito all’esame di tali modifiche, la Commissione aveva quindi indicato in un secondo momento alle autorità italiane, con lettera del 18 aprile 1997, di non poter adottare nel caso in esame una decisione positiva fondata sul criterio dell’investitore privato in economia di mercato, in considerazione sia delle difficoltà inerenti al computo dei costi di insolvenza sopportati dall’IRI in caso di fallimento dell’Alitalia sia della rilevanza dei rischi commerciali ancora insiti nel piano. Ha quindi avuto avvio una terza fase nel corso della quale si sono svolte riunioni tra le autorità italiane e la Commissione. Tali riunioni hanno consentito di definire un miglioramento ulteriore del piano in merito a taluni punti, vale a dire l’accelerazione del processo di riduzione dei costi, la riduzione dell’aumento di capitale e la cessione delle quote detenute dall’Alitalia nella compagnia ungherese Malév nonché in sei aeroporti regionali italiani.

542    Ne consegue che il piano non rispondeva in origine alle condizioni per poter essere considerato compatibile con il mercato comune. La cessione delle quote detenute dall’Alitalia nella Malév faceva quindi parte dei miglioramenti che hanno consentito alla Commissione, sentiti i propri consulenti, di ritenere il piano realistico e tale da consentire il ripristino della redditività dell’Alitalia entro un termine ragionevole. Tale cessione costituiva quindi una conditio sine qua non ai fini della dichiarazione di compatibilità dell’aiuto con il mercato comune.

543    L’Alitalia non può quindi sostenere che la condizione n. 8 fosse unicamente volta a migliorare la redditività del piano e che, anche in assenza della medesima, il piano avrebbe potuto consentire il risanamento della compagnia in modo da permettere il ripristino, entro un termine ragionevole, della redditività. In ogni caso, l’Alitalia non l’ha dimostrato.

544    Nessuna delle censure formulate nei confronti della condizione n. 8 risulta quindi fondata.

 Condizione implicita: assunzione degli oneri di prepensionamento

–       Argomenti delle parti

545    L’Alitalia espone che la versione iniziale del piano di ristrutturazione prevedeva il prepensionamento di 700 dipendenti. A seguito di richieste di chiarimento da parte della Commissione, la quale ventilava l’ipotesi che il costo di tale misura rappresentasse esso stesso un aiuto di Stato, le autorità italiane avevano precisato che non costituiva aiuto, oltre che per la sua applicabilità generale, anche perché il beneficiario della misura stessa risultava essere non già l’impresa, bensì il suo personale. Minacciando l’avvio di un procedimento ad hoc, la Commissione sarebbe comunque riuscita ad imporre alle autorità italiane di accollare il costo dei prepensionamenti interamente all’Alitalia.

546    A fronte dell’impossibilità di ottenere una decisione favorevole della Commissione senza assumersi il costo dei prepensionamenti, l’Alitalia comunicava la propria disponibilità ad assumersi il detto onere nel caso in cui la Commissione avesse concluso che l’operazione rispondesse al criterio dell’investitore privato.

547    L’Alitalia sostiene di aver contestato alla Commissione, nel proprio precedente ricorso nella causa T‑296/97, di aver penalizzato il risultato del calcolo del rendimento interno tenendo conto del costo della predetta misura e di averle imposto tale condizione preventiva senza averne tratto le conseguenze positive per la compagnia. Orbene, nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra, il Tribunale si sarebbe pronunciato soltanto sulla censura relativa al calcolo del tasso interno, ma non sull’operato della Commissione.

548    Sulla base di tali rilievi, l’Alitalia formula due censure nei confronti della decisione impugnata. In primo luogo, la Commissione, nel 2001, non si sarebbe posta il quesito dell’opportunità di mantenere la posizione assunta nel 1997. Tale questione non sarebbe stata oggetto di contraddittorio nonostante lo scenario fosse mutato. Secondo l’Alitalia, se la Commissione nutriva, all’epoca, dubbi in ordine alla compatibilità del regime con il mercato comune, oggi essa avrebbe dovuto o rimuoverli o confermarli con l’avvio di un procedimento.

549    In secondo luogo, la Commissione avrebbe indebitamente subordinato l’approvazione dell’investimento dell’IRI nell’Alitalia alla condizione che la compagnia si accollasse l’onere dei costi del pensionamento anticipato di 700 suoi dipendenti, condizione che sarebbe comunque illegittima in quanto fondata su di un’erronea lettura della normativa nazionale italiana rilevante, su di un’analisi non approfondita dell’istituto dei prepensionamenti, su di un’applicazione discriminatoria dei principi del Trattato nei confronti dell’Alitalia e su di un uso improprio da parte della Commissione dei suoi poteri, che avrebbe messo l’Alitalia nella situazione di doversi piegare al volere dell’istituzione ed effettuare il pagamento prima della decisione del 1997.

550    La Commissione rileva che l’Alitalia cerca di riaprire un contenzioso già stato risolto dal Tribunale nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra. Essa sostiene che l’accettazione degli oneri di cui trattasi da parte della compagnia è incontrovertibile, anzitutto in quanto imputabile alle autorità italiane, le quali erano manifestamente interessate a che la Commissione non approfondisse l’esame del regime dei prepensionamenti sotto il profilo degli aiuti di Stato. L’istituzione aggiunge che, nutrendo seri dubbi sulla natura del regime de quo, non poteva non avviare il procedimento di cui all’art. 88, n. 2, CE, al di là di qualsivoglia costrizione.

–       Giudizio del Tribunale

551    Nella sentenza Alitalia I, punto 8 supra (punti 152‑156), il Tribunale ha dichiarato quanto segue:

«In secondo luogo, la ricorrente fa valere che la Commissione l’ha arbitrariamente costretta ad accollarsi il costo, incombente allo Stato in forza del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 546 (convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 640), del prepensionamento di 700 suoi lavoratori, riducendo di almeno due punti, secondo i calcoli dei consulenti della Commissione, il tasso di redditività dell’investimento dell’IRI.

Tuttavia, come sottolinea a giusto titolo la Commissione, la ricorrente si è impegnata irrevocabilmente, prima dell’adozione della decisione [del 1997], ad assumere a proprio carico i costi del prepensionamento di 700 suoi lavoratori (...). Per tale ragione, la valutazione giuridica ed il dispositivo della decisione [del 1997] non contengono alcuna traccia della decisione della ricorrente di sopportare tali costi. La Commissione ne prende atto solo nella parte della decisione [del 1997] intitolata “I fatti”.

Anche se, inizialmente, la ricorrente si è impegnata in tal senso, a condizione che la decisione finale riconoscesse che la ricapitalizzazione costituiva un investimento conforme al criterio dell’investitore privato, occorre rilevare che, con il sequestro della somma dei prepensionamenti, avvenuto nel luglio 1997, tale impegno è divenuto irrevocabile (...). La Commissione doveva quindi verificare se l’investimento soddisfacesse il criterio dell’investitore privato tenendo conto di tale nuova realtà.

Infine, la ricorrente avrebbe potuto resistere, nel corso del procedimento amministrativo, all’asserita pressione da parte della Commissione di assumersi l’impegno in questione oppure, alternativamente, avrebbe potuto, come per le altre “condizioni”, evitare di assumersi un impegno unilaterale irrevocabile. Se la ricorrente si fosse comportata in tal modo nel corso del procedimento amministrativo, la Commissione avrebbe preso posizione sulla questione dei costi di prepensionamento di 700 dipendenti nella decisione [del 1997] oppure in un’altra decisione la cui legittimità avrebbe potuto essere valutata da parte del Tribunale.

Ne consegue che l’argomento della ricorrente relativo all’asserita erroneità del calcolo del tasso interno, dovuta al fatto che la Commissione l’avrebbe costretta ad assumersi il costo del prepensionamento di 700 dipendenti, deve essere respinto».

552    Ne risulta che il Tribunale non si è solamente pronunciato sull’erroneità del calcolo del tasso interno per effetto del computo dei costi del pensionamento anticipato, bensì parimenti sulla pretesa pressione esercitata dalla Commissione ai fini dell’assunzione dell’impegno de quo. Il Tribunale ha ritenuto che l’Alitalia avrebbe potuto farvi fronte ovvero che avrebbe potuto evitare di assumere un impegno unilaterale «irrevocabile». L’argomento della costrizione è stato quindi già respinto e non può essere riesaminato nell’ambito del presente procedimento.

553    È parimenti erronea l’affermazione dell’Alitalia secondo cui la Commissione sarebbe stata tenuta a riesaminare, nel 2001, la posizione che essa aveva assunto nel 1997. Infatti, ai fini dell’adozione della sua nuova decisione, a seguito dell’annullamento di quella del 1997 da parte del Tribunale, la Commissione doveva ricollocarsi nel contesto della decisione del 1997 e valutare il piano notificatole alla luce degli elementi di cui disponeva all’epoca (v. punto 137 supra).

554    Si deve infine sottolineare che l’avvio del procedimento ex art. 88, n. 2, CE è soggetto a regole severe. Considerato che l’Alitalia aveva assunto l’impegno irrevocabile di accollarsi i costi dei prepensionamenti, la Commissione non poteva più avviare procedimenti nei confronti della Repubblica italiana per esaminare il regime del pensionamento anticipato con riguardo agli aiuti di Stato.

555    Le censure formulate dall’Alitalia con riguardo alla detta condizione implicita relativa ai prepensionamenti devono essere quindi respinte.

556    Atteso che nessuna delle censure formulate dall’Alitalia con riguardo alle condizioni contestate ha trovato accoglimento, il quinto motivo dev’essere conseguentemente respinto.

557    Ne consegue che sia il primo sia il secondo capo della domanda devono essere respinti.

558    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso dev’essere respinto in toto.

559    La domanda di misure istruttorie dell’Alitalia non può trovare accoglimento. Infatti, da un lato, la Commissione ha prodotto la relazione dei propri consulenti del 1° giugno 2001 allegata al controricorso. Dall’altro, i vari elementi del calcolo e di valutazione richiesti emergono dagli atti, in particolare dai documenti allegati dall’Alitalia al ricorso.


 Sulle spese

560    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’Alitalia, poiché è rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:














1)      Il ricorso è respinto.

2)      Alitalia – Linee Aeree Italiane SpA è condannata alle spese.



Vilaras

Martins Ribeiro

Dehousse

Šváby

 

       Jürimäe

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 luglio 2008.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Vilaras

Indice


Fatti

La decisione impugnata

Procedimento

Conclusioni delle parti

Sulla ricevibilità

A –  Argomenti delle parti

B –  Giudizio del Tribunale

Nel merito

A –  Sul motivo relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

1.  Insufficiente motivazione delle conclusioni della decisione impugnata

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

2.  Difetto di motivazione, nella decisione impugnata, delle condizioni imposte nella decisione del 1997

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

B –  Sul motivo relativo alla violazione dell’art. 233 CE

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

C –  Sul motivo relativo alla violazione dell’obbligo di adottare una decisione nel termine di due mesi previsto all’art. 4, n. 5, del regolamento n. 659/1999

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

D –  Sul motivo relativo alla violazione del diritto di difesa

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

E –  Sul motivo relativo alla violazione e all’erronea applicazione degli artt. 87 CE e 88 CE

1.  La determinazione del tasso minimo

a)  Applicazione all’Alitalia del tasso minimo utilizzato nella decisione Iberia

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

b)  Mancata seria valutazione dell’incidenza dell’ultima versione del piano nel calcolo del tasso minimo

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

c)  Considerazione di presupposti erronei nel calcolo del tasso minimo

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

–  Metodo di calcolo del tasso minimo

–  Rischi considerati dalla Commissione

2.  Determinazione del tasso interno

a)  Entità dei costi d’insolvenza

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

b)  Determinazione del tasso interno in base alla terza versione del piano di ristrutturazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

c)  Erroneità di taluni parametri utilizzati dalla Commissione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

d)  Incidenza della conversione del prestito in capitale sul calcolo del tasso interno

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

F –  Sul motivo relativo alla violazione dell’art. 87, n. 3, CE

1.  Sulla ricevibilità

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

2.  Nel merito

a)  Censure formulate nei confronti delle condizioni contenute nella decisione impugnata in generale

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

b)  Le censure specifiche formulate nei confronti delle condizioni contenute nella decisione impugnata

Condizione n. 2: divieto di nuovi aiuti

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Condizione n. 3: divieto di acquisire nuove partecipazioni in altri vettori aerei

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Condizione n. 4: divieto dei trattamenti preferenziali a favore dell’Alitalia

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Condizione n. 5: limiti alla capacità

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Condizione n. 6: imposizione di una contabilità analitica

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Condizione n. 7: divieto della pratica di price leadership

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Condizione n. 8: cessione della quota detenuta nella Malév

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Condizione implicita: assunzione degli oneri di prepensionamento

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.