Language of document : ECLI:EU:C:2012:580

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 19 settembre 2012 (1)

Causa C‑350/11

Argenta Spaarbank NV

contro

Belgische Staat

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen (Belgio)]

«Libertà di stabilimento – Normativa tributaria – Imposta sulle società – Deduzione per il capitale di rischio – Interessi nozionali – Riduzione dell’importo deducibile per una società avente una stabile organizzazione in un altro Stato membro che produce redditi non imponibili in Belgio in forza di una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione – Restrizione – Giustificazione – Coerenza del sistema fiscale – Ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri»






I –    Introduzione

1.        Con il presente rinvio pregiudiziale, il rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen (Tribunale di primo grado di Anversa) (Belgio) chiede alla Corte di chiarire se la libertà di stabilimento, sancita dall’articolo 43 CE (divenuto articolo 49 TFUE), osti ad una misura fiscale in forza della quale una società illimitatamente soggetta ad imposta in Belgio, che intende beneficiare di una deduzione per il capitale di rischio, non può prendere in considerazione gli attivi relativi alla sua stabile organizzazione collocata in un altro Stato membro ed i cui redditi sono esenti da imposta in Belgio in forza di una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione, mentre possono essere presi in considerazione gli attivi attribuiti ad una stabile organizzazione sita in Belgio.

2.        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra l’Argenta Spaarbank NV (in prosieguo: l’«Argenta») e le autorità fiscali belghe riguardo alla presa in considerazione, ai fini dell’imposta sulle società per l’esercizio 2008, del valore netto degli attivi della stabile organizzazione di cui l’Argenta dispone nei Paesi Bassi, onde determinare il capitale di rischio che costituisce la base per la deduzione omonima.

3.        La misura di cui trattasi è stata introdotta con la legge del 22 giugno 2005 che istituisce una deduzione fiscale per il capitale di rischio (2) la quale ha inserito in particolare gli articoli 205 bis‑205 nonies e l’articolo 236 nel code des impôts sur les revenus de 1992 (Codice delle imposte sui redditi del 1992; in prosieguo: il «CIR 1992»).

4.        La legge che istituisce la suddetta deduzione si prefigge, come si evince dalla sua relazione di accompagnamento, di attenuare la disparità di trattamento fiscale esistente tra il finanziamento delle società con capitali presi in prestito (la cui remunerazione è integralmente deducibile dal punto di vista fiscale) e il finanziamento mediante capitale proprio (capitale di rischio), la cui remunerazione è integralmente tassata, di aumentare il coefficiente di solvibilità delle società, inserendosi l’introduzione della deduzione per il capitale di rischio nel quadro dell’obiettivo generale di migliorare la competitività dell’economia belga, e di costituire una valida alternativa al regime fiscale dei centri di coordinamento destinato a scomparire (3).

5.        La deduzione per il capitale di rischio – chiamata dai fiscalisti anche deduzione degli interessi nozionali (4) – consiste nel sottrarre fittiziamente dalla base imponibile dell’imposta sulle società gli interessi considerati come remunerazione del capitale proprio della società. Tale deduzione è pari al capitale di rischio determinato in conformità dell’articolo 205 ter del CIR 1992 e moltiplicato per un’aliquota fissata nei successivi paragrafi dell’articolo 205 quater del CIR 1992 (5).

6.        L’articolo 205 ter, paragrafo 1, primo comma, del CIR 1992 stabilisce che il capitale di rischio da prendere in considerazione corrisponde, fatte salve le norme di cui ai paragrafi 2‑7 di tale articolo, all’importo del capitale proprio della società al termine del periodo d’imposta precedente (6), determinato in conformità della normativa in materia contabile e dei conti annuali come indicati in bilancio. Nei paragrafi 2‑7 del suddetto articolo 205 ter sono elencati i casi nei quali il capitale proprio deve essere rettificato prima di calcolare l’importo della deduzione per il capitale di rischio.

7.        In particolare, a norma dell’articolo 205 ter, paragrafo 2, del CIR 1992, il capitale di rischio è diminuito in misura pari al valore netto degli elementi dell’attivo delle stabili organizzazioni i cui redditi non sono imponibili in Belgio in forza di una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione.

8.        In base all’articolo 7, paragrafo 1, della convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione stipulata dal Regno del Belgio e dal Regno dei Paesi Bassi il 5 giugno 2001 (7) (in prosieguo: la «convenzione belgo‑olandese»), gli utili di un’impresa di uno Stato contraente sono imponibili solamente in tale Stato, a meno che l’impresa non eserciti le proprie attività nell’altro Stato contraente tramite una stabile organizzazione ivi situata. Qualora l’impresa eserciti la propria attività secondo tali modalità, i suoi utili sono imponibili nell’altro Stato, ma unicamente nei limiti in cui essi siano imputabili alla stabile organizzazione medesima.

9.        A norma dell’articolo 23, paragrafo 1, lettera a), della convenzione belgo‑olandese, la doppia imposizione è evitata, per quanto riguarda il Regno del Belgio, prevedendo che, se un soggetto residente belga consegue redditi, diversi dai dividendi, dagli interessi e dai canoni di cui all’articolo 12, paragrafo 5, della suddetta convenzione, o è titolare di elementi patrimoniali che sono soggetti ad imposizione nei Paesi Bassi in forza della suddetta convenzione, il Regno del Belgio esenta dall’imposta tali redditi o elementi patrimoniali, ma può, ai fini del calcolo delle sue imposte sul resto del reddito o del patrimonio del residente stesso, applicare la stessa aliquota che nell’ipotesi in cui i redditi o elementi patrimoniali in questione non fossero stati esentati.

10.      Proprio sul fondamento dell’articolo 205 ter, paragrafo 2, del CIR 1992, le autorità fiscali belghe hanno negato all’Argenta, società stabilita in Belgio ed ivi illimitatamente soggetta all’imposta sulle società, di tener conto, ai fini del calcolo della deduzione per il capitale di rischio, del valore netto degli elementi degli attivi della sua stabile organizzazione situata nei Paesi Bassi.

11.      Ritenendo che l’articolo 205 ter, paragrafo 2, del CIR 1992 costituisca un ostacolo alla libertà di stabilimento sancita dall’articolo 43 CE, l’Argenta ha proposto un ricorso avverso tale diniego dinanzi al rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen, il quale ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 43 CE osti ad una normativa fiscale nazionale in forza della quale una società illimitatamente soggetta ad imposta in Belgio, per il calcolo dei suoi utili imponibili, non può applicare una deduzione per il capitale di rischio sino all’ammontare della differenza positiva tra, da un lato, il valore contabile netto degli elementi dell’attivo dei centri di attività stabile detenuti dal soggetto passivo in un altro Stato membro dell’Unione europea e, dall’altro, il totale del passivo imputabile a tali centri, mentre essa può applicare tale deduzione qualora la suddetta differenza positiva possa essere imputata ad un centro stabile di attività situato in Belgio».

12.      Hanno presentato osservazioni scritte l’Argenta, il governo belga e la Commissione europea. Le suddette parti interessate hanno anche risposto nei termini prescritti ad un quesito per iscritto presentato dalla Corte e sono state sentite in occasione dell’udienza del 12 luglio 2012.

II – Analisi

13.      Come emerge dalle mie considerazioni introduttive, la deduzione per il capitale di rischio di cui si discute nella presente causa permette alle società soggette all’imposta belga sulle società di dedurre dal reddito imponibile un interesse fittizio, fissato dalla normativa nazionale e calcolato sulla base dei loro fondi propri (attivi netti).

14.      In pratica la deduzione per il capitale di rischio permette alle società belghe e alle società non residenti che hanno una stabile organizzazione in Belgio di diminuire, se si finanziano con fondi propri, in misura spesso considerevole, l’imposta sulle società dovuta.

15.      L’esempio che segue, tratto da un opuscolo delle autorità fiscali belghe (8) e adattato in funzione del periodo d’imposta controverso nella presente causa, permette di illustrare le mie considerazioni. Prendiamo così una società con sede in Belgio, il cui bilancio comprenda EUR 100 000 di fondi propri impiegati per finanziare un gruppo di società. Se tale società belga percepisce un interesse infragruppo ad un tasso del 4%, il suo utile al lordo delle imposte è di EUR 4 000. Grazie alla deduzione per il capitale di rischio, la cui aliquota era fissata per il 2008 a 3,871%, la base imponibile è di EUR 129 [4000 - (100 000 x 3,871%)]. Dato che l’imposta sulle società è pari al 33,99%, la società verserà EUR 43,85, corrispondente ad un’aliquota d’imposta effettiva dell’1,10% invece che del 33,99%, aliquota quest’ultima applicabile laddove non fosse prevista la deduzione per il capitale di rischio. La tabella che segue riprende in maniera più sintetica il suddetto esempio:

Capitale proprio = 100 000

Calcoli

Senza deduzione per il capitale di rischio

Con deduzione per il capitale di rischio

Utile al lordo delle imposte (tasso d’interesse infragruppo del 4%)

4 000

4 000

Deduzione per il capitale di rischio (3,871%)

0

- 3 871

Base di calcolo

4 000

129

Imposta sulle società (33,99%)

1 360

43,85

Aliquota d’imposta effettiva

33,99%

1,10%


16.      Quest’esempio permette di osservare come l’importo della deduzione per il capitale di rischio si calcoli non sul capitale versato, da remunerare, ma, fatte salve determinate rettifiche, sulla totalità dei fondi propri della società interessata (9).

17.      Il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi non sulla legittimità del meccanismo della deduzione per il capitale di rischio in sé, ma unicamente su una delle sue modalità di applicazione, vale a dire su una delle rettifiche che devono essere effettuate quanto alla determinazione dei fondi propri da prendere in considerazione ai fini del calcolo della suddetta deduzione, in applicazione dell’articolo 205 ter, paragrafo 2, del CIR 1992.

18.      Esso si limita, infatti, a chiedere se la libertà di stabilimento osti a che vengano esclusi dalla base di calcolo della deduzione in parola gli attivi imputati ad una stabile organizzazione estera che fa capo ad una società illimitatamente soggetta ad imposta in Belgio e i cui redditi non sono imponibili in tale Stato membro in virtù di una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione conclusa con lo Stato membro nel quale è collocata siffatta stabile organizzazione, benché rientrino nella base di calcolo della deduzione gli attivi imputabili a una stabile organizzazione belga della società stessa.

19.      Alla luce delle informazioni fornite dal governo belga in risposta al quesito della Corte, la suddetta esclusione degli attivi delle stabili organizzazioni estere di società belghe si riferisce, in seno allo Spazio economico europeo, a tutti gli Stati membri, nonché alla Repubblica d’Islanda ed al Regno di Norvegia, ad eccezione del Principato del Liechtenstein, unico paese con il quale il Regno del Belgio non ha concluso una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione.

20.      L’Argenta e la Commissione propongono di rispondere in senso affermativo alla questione posta dal giudice del rinvio.

21.      Il governo belga è di opposto avviso.

22.      Esso contesta anzitutto l’asserito carattere svantaggioso della regola prevista all’articolo 205 ter, paragrafo 2, del CIR 1992. Tale regola sarebbe, a suo dire, priva di rilievo per la società belga nella misura in cui la deduzione per il capitale di rischio deve essere applicata non agli utili della suddetta società, ma a quelli della stabile organizzazione che sono esenti da tassazione in Belgio in forza, nella fattispecie, della convenzione belgo‑olandese.

23.      Il governo belga sostiene inoltre che l’accoglimento della domanda dell’Argenta contrasterebbe con le regole fiscali internazionali, ed in particolare con il modello di convenzione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), il quale considera la stabile organizzazione come un’entità fiscale autonoma e riconoscerebbe la giurisdizione esclusiva dello Stato membro in cui è situata l’organizzazione stessa ai fini della tassazione dei suoi utili e del trattamento dei suoi oneri. I costi sostenuti al fine di conseguire redditi imponibili nello Stato membro in cui è situata la stabile organizzazione ed esenti da tassazione nello Stato membro di residenza di una società devono essere deducibili nell’altro Stato membro e non nello Stato membro di residenza, così come gli interessi passivi sostenuti al fine di acquistare gli attivi di una stabile organizzazione devono essere deducibili dagli utili imputabili alla suddetta stabile organizzazione.

24.      Inoltre, secondo il medesimo governo, anche ammettendo che il rifiuto da parte del Regno del Belgio di prendere in considerazione gli attivi delle stabili organizzazioni estere comporti una situazione meno favorevole per un determinato contribuente rispetto ad uno stesso contribuente che abbia creato una stabile organizzazione in Belgio, siffatta circostanza non integrerebbe un ostacolo alla libertà di stabilimento, in quanto essa sarebbe il risultato dell’applicazione parallela da parte di più Stati membri delle rispettive competenze fiscali e del fatto che, nella maggior parte degli Stati membri, non è prevista un’agevolazione analoga alla deduzione per il capitale di rischio. Il regime belga di deduzione per il capitale di rischio non dissuaderebbe, di per sé, le società belghe dal creare stabili organizzazioni all’interno di altri Stati membri.

25.      Da ultimo, il governo belga afferma che, in ogni caso, un’eventuale restrizione alla libertà di stabilimento si giustificherebbe alla luce della necessità di garantire la coerenza del sistema fiscale belga e della necessità di assicurare l’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, congiuntamente considerate.

26.      Come correttamente osservato dall’Argenta nelle sue osservazioni scritte, gli argomenti in parola costituiscono, nella sostanza, variazioni su uno stesso tema: avendo rinunciato, in forza di una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione, a tassare gli utili di una stabile organizzazione posta all’interno di un altro Stato membro, il Regno del Belgio nega il riconoscimento della deduzione per il capitale di rischio a una società belga, illimitatamente soggetta all’imposta sulle società in Belgio, da cui dipende la suddetta organizzazione stabile, sino alla concorrenza dei fondi propri destinati a quest’ultima.

27.      Il riconoscimento della deduzione per il capitale di rischio è quindi, in tale misura, subordinato a una condizione territoriale, vale a dire che i fondi propri della società belga siano imputati ad un soggetto imponibile in Belgio.

28.      Un simile criterio non supera, a mio avviso, l’esame dal punto di vista del diritto dell’Unione.

29.      Non vi è dubbio, anzitutto, che il diverso trattamento fiscale, a seconda che le società belghe abbiano una stabile organizzazione in Belgio o in un altro Stato membro, integra una restrizione alla libertà di stabilimento.

30.      Occorre ricordare al riguardo che la Corte ha statuito, in più occasioni, che la libertà di stabilimento comprende, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale nel territorio dell’Unione europea, il diritto di esercitare la loro attività in altri Stati membri mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (10).

31.      Sempre secondo la giurisprudenza, le norme del Trattato CE in materia di libertà di stabilimento ostano parimenti a che uno Stato membro ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di un proprio cittadino o di una società costituita secondo la propria legislazione (11).

32.      Tali considerazioni valgono anche quando una società stabilita in uno Stato membro opera in un altro Stato membro tramite una stabile organizzazione (12).

33.      Per quanto attiene al regime fiscale controverso nel procedimento principale, la presa in considerazione dei fondi propri destinati ad una stabile organizzazione ai fini del calcolo della deduzione per il capitale di rischio di una società belga soggetta all’imposta sulle società in Belgio, rappresenta innegabilmente un vantaggio dal punto di vista fiscale, in quanto una simile presa in considerazione contribuisce a ridurre l’aliquota effettiva dell’imposta sulle società che una società siffatta è tenuta a versare nel suddetto Stato membro.

34.      Tuttavia, in base al medesimo regime fiscale, un’agevolazione fiscale del genere è negata ad una società belga, soggetta all’imposta sulle società in Belgio, quando essa dispone di una stabile organizzazione in un altro Stato membro ed i cui redditi sono esenti da tassazione in forza di una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione conclusa tra il suddetto Stato membro ed il Regno del Belgio.

35.      La situazione fiscale di quest’ultima società è pertanto meno favorevole rispetto alla situazione in cui si troverebbe se disponesse di una stabile organizzazione in Belgio.

36.      Questa valutazione non viene messa in discussione dall’affermazione del governo belga a detta del quale il rifiuto di prendere in considerazione i fondi propri destinati ad una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro non avrebbe alcuna incidenza sul trattamento fiscale della società belga, dato che la deduzione per il capitale di rischio verrebbe applicata non agli utili di quest’ultima, ma a quelli della stabile organizzazione.

37.      Anzitutto, se così fosse, è difficile comprendere le ragioni che avrebbero spinto il Regno del Belgio ad escludere dal calcolo della deduzione per il capitale di rischio, nello specifico, i fondi propri delle stabili organizzazioni situate all’estero appartenenti a società soggette all’imposta sulle società in Belgio.

38.      Dalla normativa fiscale belga, in particolare dagli articoli 205 bis e 205 ter del CIR 1992, emerge poi che la deduzione per il capitale di rischio si riferisce al trattamento fiscale della società stabilita in Belgio e che, come sottolineato dalla Commissione nella risposta al quesito per iscritto della Corte, in base all’articolo 185 del CIR 1992, le società belghe, illimitatamente soggette ad imposta in Belgio, sono ivi imponibili per la totalità dei loro redditi.

39.      Orbene, secondo la relazione di accompagnamento al disegno di legge introduttiva della deduzione fiscale per il capitale di rischio, il diritto contabile belga non impone di distinguere nel bilancio della società i capitali propri destinati alla stabile organizzazione estera dagli altri capitali propri della stessa società, neppure quando quest’ultima dispone di una stabile organizzazione i cui redditi sono esenti da imposta in Belgio in forza di una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione (13).

40.      Da tali considerazioni si evince, come ha osservato l’Argenta nella sua risposta al quesito per iscritto della Corte senza essere contraddetta dal governo belga, che una società belga dotata di capitali propri può beneficiare della deduzione per il capitale di rischio anche quando sia solo la sua stabile organizzazione estera, a sua volta munita di capitali propri, a realizzare utili che verranno, in definitiva, in base alla normativa belga, imputati alla suddetta società ai fini del calcolo di tale deduzione.

41.      Ne consegue che la deduzione per il capitale di rischio viene applicata alla situazione complessiva della società belga, illimitatamente soggetta ad imposta in Belgio.

42.      Non condivido neppure la posizione del governo belga a detta del quale il diverso trattamento fiscale di cui trattasi nella presente causa sarebbe una conseguenza dell’esercizio parallelo delle competenze fiscali dello Stato membro in cui la società ha la sede e di quello in cui è situata la stabile organizzazione, nel senso che la suddetta differenza sarebbe dovuta alla circostanza che un’agevolazione analoga alla deduzione per il capitale di rischio non esisterebbe, o non esisterebbe ancora, negli altri Stati membri o al fatto che l’aliquota impositiva delle società diverge tra gli Stati membri.

43.      Certo, la Corte ha già dichiarato che le conseguenze svantaggiose che possono derivare dall’esercizio parallelo da parte di diversi Stati membri della loro competenza fiscale, in quanto tale esercizio non sia discriminatorio, non costituiscono restrizioni alle libertà di circolazione (14).

44.      Secondo tale schema di analisi, esulano dall’ambito di applicazione delle suddette libertà gli svantaggi o le disparità di trattamento che risultano soltanto dall’applicazione delle differenze tra le legislazioni fiscali degli Stati membri rispetto a quelli risultanti dall’applicazione di un solo e unico sistema fiscale di uno Stato membro (15).

45.      Orbene, nel caso di specie, la disparità di trattamento tra le società con sede in Belgio, illimitatamente soggette all’imposta sulle società in detto Stato membro, a seconda, in definitiva, del fatto che esse dispongano o meno di una stabile organizzazione in Belgio, è frutto dell’applicazione del solo sistema fiscale belga. La differenza in parola non dipende affatto dall’impossibilità per una società belga, quale l’Argenta, di beneficiare di un’agevolazione analoga inesistente nei Paesi Bassi o da un’aliquota fiscale sui redditi delle società eventualmente differente rispetto a quella applicabile, in linea di principio, in Belgio. Si potrebbe comunque legittimamente contestare la pertinenza di quest’ultimo motivo. Occorre infatti ricordare che nel calcolo della deduzione per il capitale di rischio sono compresi i capitali propri destinati a stabili organizzazioni situate in Stati terzi non vincolati con il Regno del Belgio da alcuna convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione, organizzazioni dipendenti da società belghe illimitatamente soggette all’imposta sulle società in Belgio, a prescindere dall’aliquota fiscale applicabile nei suddetti Stati terzi.

46.      Ritengo pertanto che l’esclusione dal calcolo della deduzione per il capitale di rischio, prevista all’articolo 205 ter, paragrafo 2, del CIR 1992, dei capitali propri destinati ad una stabile organizzazione, i cui redditi sono esenti da imposta in Belgio, dipendente da una società belga illimitatamente soggetta all’imposta sulle società in quest’ultimo Stato membro, integri, in linea di principio, una restrizione alla libertà di stabilimento.

47.      Occorre dunque, a questo punto, verificare se la suddetta restrizione possa essere comunque giustificata, quantomeno, da una delle ragioni di interesse generale dedotte dal governo belga, vale a dire, da un lato, la garanzia della coerenza del suo sistema fiscale e, dall’altro, il mantenimento della ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri.

48.      È pacifico che ciascuna di tali due esigenze di interesse generale è stata considerata una valida giustificazione per la previsione di restrizioni all’esercizio della libertà di stabilimento (16).

49.      Le misure restrittive contestate devono tuttavia essere idonee a garantire la realizzazione degli obiettivi di interesse generale perseguiti e non eccedere quanto è necessario per raggiungerli (17).

50.      Nel caso di specie ritengo che nessuno dei due obiettivi summenzionati meriti accoglimento.

51.      Quanto all’obiettivo della preservazione della coerenza del sistema fiscale, quest’ultimo può essere accolto, secondo la giurisprudenza, soltanto se sussiste un nesso diretto tra il vantaggio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale vantaggio con un determinato prelievo fiscale (18).

52.      Basandosi su tale giurisprudenza, il governo belga sostiene che il regime della deduzione per il capitale di rischio comporterebbe un perfetto equilibrio tra l’attribuzione del vantaggio fiscale, calcolato in relazione agli attivi, e il diritto di sottoporre a tassazione gli utili generati da tali attivi.

53.      Quest’argomentazione è, a mio avviso, insufficiente a dimostrare l’esistenza di un nesso diretto come configurato dalla giurisprudenza. Dal momento che l’agevolazione fiscale è calcolata sulla base dei fondi propri delle società interessate, è sufficiente infatti osservare che non esiste, in realtà, alcuna compensazione dell’agevolazione stessa che sarebbe costituita dall’imposizione ulteriore dei rendimenti generati dai suddetti fondi propri, poiché l’obiettivo della deduzione in parola è quello di ridurre in termini generali l’aliquota effettiva dell’imposta sulle società versata dai soggetti che rientrano nel CIR 1992 (19). Di fatto, il riconoscimento della deduzione per il capitale di rischio non è collegato al conseguimento di utili in Belgio, poiché, se la società belga non consegue alcun utile in un determinato anno, l’eccedenza della deduzione accordata per quell’anno può essere infatti riportata per i sette esercizi successivi in conformità dell’articolo 205 quinquies del CIR 1992.

54.      L’argomento del governo belga, desunto dalla citata sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee‑Seniorenheimstatt, non può inficiare tale valutazione.

55.      Ricordo che, nella suddetta causa, la Corte ha statuito che la necessità di garantire la coerenza del regime fiscale tedesco era idonea a giustificare la reintegrazione delle perdite subite da una stabile organizzazione di una società tedesca sita in un altro Stato membro, come prevista da detto regime, poiché detta reintegrazione «costituiva il complemento logico della deduzione [delle perdite] precedentemente accordata» (20), dal momento che erano state reintegrate nell’imponibile solo le perdite dedotte (21). Esisteva pertanto «un nesso diretto, personale e materiale tra i due elementi del meccanismo fiscale» (22), vale a dire il riconoscimento, in un primo momento, di un’agevolazione fiscale, consistente nella presa in considerazione delle perdite, alla società residente da cui dipendeva la stabile organizzazione situata in un altro Stato membro – la quale veniva così trattata come se detta stabile organizzazione fosse stata situata in Germania – (23) e, in un secondo momento, la reintegrazione delle perdite.

56.      Tuttavia, nel caso di specie, da qualsiasi punto di vista si esamini la deduzione per il capitale di rischio, non esiste nel regime belga alcun prelievo che compensi siffatta agevolazione fiscale talché i due elementi siano collegati da un nesso diretto come descritto nella citata sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee‑Seniorenheimstatt.

57.      In ogni caso, come sostenuto dall’Argenta e dalla Commissione, la coerenza fiscale fatta valere dal Regno del Belgio sembra essere traslata al livello della reciprocità delle disposizioni applicabili della convenzione belgo‑olandese.

58.      Prevedendo, all’articolo 7, paragrafo 1, della suddetta convenzione, che gli utili di una società situata in uno Stato contraente sono imponibili nell’altro Stato contraente quando tali utili sono imputabili alla sua stabile organizzazione situata sul territorio di quest’altro Stato contraente, la convenzione stabilisce infatti una reciprocità fiscale delle disposizioni applicabili negli Stati contraenti che mira, per l’appunto, a garantire la coerenza fiscale. Il fatto che il Regno del Belgio abbia rinunciato a sottoporre a tassazione gli utili delle società belghe imputati alle stabili organizzazioni collocate nei Paesi Bassi non lo autorizzava a negare unilateralmente l’agevolazione fiscale di cui trattasi. Ammettere un argomento contrario equivarrebbe ad accettare che la convenzione belgo‑olandese sia fonte di incoerenza alla quale occorre ovviare negando unilateralmente l’agevolazione fiscale in parola. Una simile argomentazione è stata tuttavia respinta dalla Corte (24).

59.      Peraltro, negando il riconoscimento dell’agevolazione fiscale in parola adducendo come pretesto che solo il Regno dei Paesi Bassi tasserebbe gli utili imputabili alle stabili organizzazioni, collocate sul suo territorio e dipendenti da società belghe, quand’anche il Regno dei Paesi Bassi non accordi un’agevolazione fiscale analoga a quella istituita in Belgio, il governo belga tenta, a mio parere, di sottrarsi agli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, chiedendo che un altro Stato membro adegui il proprio sistema fiscale a quello vigente in Belgio. La Corte ha già statuito che il Trattato CE non impone in alcun modo agli Stati membri di operare simili adattamenti (25).

60.      Il secondo obiettivo d’interesse generale dedotto dal governo belga, vale a dire la preservazione della ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, si sovrappone, almeno in parte, a quello ora esaminato.

61.      Considero che si debba giungere alla medesima conclusione.

62.      Ricordo che, secondo la giurisprudenza, la necessità di salvaguardare la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri può essere ammessa, in particolare, quando la disciplina di cui trattasi sia intesa a prevenire comportamenti tali da violare il diritto degli Stati membri di esercitare la propria competenza fiscale in relazione alle attività svolte sul loro territorio (26).

63.      Orbene, assoggettare ad uno stesso trattamento fiscale – cioè accordare il beneficio della deduzione per il capitale di rischio – alle società belghe che dispongono di una stabile organizzazione in uno Stato membro con il quale il Regno del Belgio ha stipulato una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione ed a quelle che dispongono di una simile organizzazione sul territorio belga o in uno Stato terzo con il quale il Regno del Belgio non ha concluso una siffatta convenzione non pregiudicherebbe affatto, nel caso di specie, né il diritto del suddetto Stato membro di sottoporre a tassazione gli utili complessivi delle società stabilite sul suo territorio, né quello del Regno dei Paesi Bassi di sottoporre a tassazione gli utili imputabili alle stabili organizzazioni situate sul suo territorio e dipendenti da società belghe, in applicazione della convenzione belgo‑olandese.

64.      Siffatta valutazione non viene neppure inficiata dall’argomento del governo belga secondo il quale la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri sarebbe comunque messa in pericolo se si esigesse che il Regno del Belgio accordi la deduzione per il capitale di rischio in una fattispecie come quella oggetto del procedimento principale, anche quando la deduzione fiscale degli interessi passivi sostenuti per acquisire gli attivi di stabili organizzazioni estere può essere concessa solamente dallo Stato membro sul cui territorio sono collocate le suddette organizzazioni.

65.      La deduzione per il capitale di rischio è infatti un’agevolazione fiscale forfettaria, riconosciuta sulla base di un costo fittizio, vale a dire il costo teorico di utilizzo dei fondi propri, sostenuto non dalla società belga, ma dai suoi azionisti, come ha osservato la Commissione, senza essere contraddetta dal governo belga. Benché tale aspetto sia stato contestato dal governo belga in occasione dell’udienza, si tratta, riprendendo la terminologia adottata nella relazione accompagnatoria al disegno di legge che istituisce una deduzione fiscale per il capitale di rischio, di una deduzione sui generis (27), concessa unilateralmente dal Regno del Belgio. La ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri non osta pertanto a che il Regno del Belgio garantisca uno stesso trattamento fiscale alle società belghe che dispongono di una stabile organizzazione, indipendentemente dallo Stato membro sul quale tale organizzazione è situata.

66.      Ad ogni buon conto, non può del pari trovare accoglimento l’interpretazione a contrario e per sua natura ipotetica data dal governo belga alle sentenze Jobra (28) e Tankreederei I (29), in quanto la Corte non avrebbe respinto l’asserzione della necessità di garantire la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri se gli attivi, ai quali si riferivano le deduzioni per investimenti oggetto delle controversie che hanno dato origine a tali due sentenze e che erano state negate in quanto gli investimenti stessi non erano stati realizzati sul territorio nazionale, avessero generato soltanto utili integralmente esenti da imposta negli Stati membri in parola.

67.      Di conseguenza la restrizione alla libertà di stabilimento che consegue all’applicazione dell’articolo 205 ter, paragrafo 2, del CIR 1992 non può essere giustificata sulla base dei due motivi di interesse generale presentati dal governo belga.

68.      Propongo pertanto di dichiarare che l’articolo 43 CE deve essere interpretato nel senso che osta ad una disposizione fiscale nazionale, come quella oggetto del procedimento principale a norma della quale una società illimitatamente soggetta all’imposta sulle società in uno Stato membro non può, per il calcolo dei suoi utili imponibili, applicare una deduzione per il capitale di rischio sino all’ammontare della differenza positiva tra il valore contabile netto degli elementi dell’attivo e il totale degli elementi del passivo imputabili ad una stabile organizzazione da essa detenuta in un altro Stato membro ed i cui redditi non sono imponibili nel primo Stato membro in virtù di una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione stipulata tra i suddetti Stati membri, mentre una società siffatta può applicare una deduzione del genere laddove la suddetta differenza positiva possa essere imputata ad una stabile organizzazione situata nel primo Stato membro o in uno Stato terzo con il quale il suddetto Stato membro non ha concluso alcuna convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione.

III – Conclusione

69.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo pertanto alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sottoposta dal rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen:

L’articolo 43 CE deve essere interpretato nel senso che osta ad una disposizione fiscale nazionale, come quella oggetto del procedimento principale a norma della quale una società illimitatamente soggetta all’imposta sulle società in uno Stato membro non può, per il calcolo dei suoi utili imponibili, applicare una deduzione per il capitale di rischio sino all’ammontare della differenza positiva tra il valore contabile netto degli elementi dell’attivo e il totale degli elementi del passivo imputabili a una stabile organizzazione da essa detenuta in un altro Stato membro ed i cui redditi non sono imponibili nel primo Stato membro in virtù di una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione stipulata tra i suddetti Stati membri, mentre una siffatta società può applicare una deduzione del genere laddove la suddetta differenza positiva possa essere imputata ad una stabile organizzazione situata nel primo Stato membro o in uno Stato terzo con il quale il suddetto Stato membro non ha concluso alcuna convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione.


1       Lingua originale: il francese.


2       Moniteur belge del 30 giugno 2005, pag. 30077.


3       I centri di coordinamento erano disciplinati dal regio decreto n. 187 del 30 dicembre 1982 (Moniteur belge del 13 gennaio 1983) e beneficiavano inizialmente di un’esenzione fiscale della durata di dieci anni dall’imposta sui redditi conseguiti da quei centri di coordinamento che svolgevano, a vantaggio delle imprese del gruppo al quale essi appartenevano, un certo numero di funzioni di natura amministrativa, preparatoria o ausiliaria nonché talune attività di centralizzazione finanziaria. Nel 1984 la Commissione delle Comunità europee aveva ritenuto il regime esente da elementi di aiuto. Una relazione del Consiglio dell’Unione europea del 29 febbraio 2000 ha tuttavia qualificato le disposizioni belghe relative ai centri di coordinamento come misure fiscali dannose da sopprimere entro il 31 dicembre 2005, poi entro il 31 dicembre 2010. Il 17 febbraio 2003 la Commissione ha adottato la decisione 2003/757/CE, relativa al regime di aiuti al quale il Belgio ha dato esecuzione a favore dei centri di coordinamento stabiliti in Belgio (GU L 282, pag. 25), stabilendo che il regime di aiuti esistente dovesse essere progressivamente eliminato entro, al più tardi, il 31 dicembre 2010. Il regime dei centri di coordinamento, più volte modificato, ma sempre in deroga al regime fiscale belga ordinario, è stato alla base di numerose cause davanti alla Corte, tra cui quelle che hanno condotto alla sentenza del 22 giugno 2006, Commissione/Consiglio (C‑399/03, Racc. pag. I‑5629), relativa alla legittimità dell’autorizzazione, rilasciata dal Consiglio al Regno del Belgio nel mese di luglio 2003, ad accordare il regime di aiuti a determinati centri di coordinamento, il cui riconoscimento scadeva al più tardi il 31 dicembre 2005, nonché alla sentenza Belgio e Forum 187/Commissione (C‑182/03 e C‑217/03, Racc. pag. I‑5479), relativa alla legittimità della citata decisione della Commissione. Il regime dei centri di coordinamento è stato abbandonato alla fine del 2010. A seguito dell’annullamento parziale della decisione 2003/757 da parte della Corte, la Commissione ha adottato, il 13 novembre 2007, una nuova decisione [decisione 2008/283/CE, relativa al regime di aiuti al quale il Belgio ha dato esecuzione a favore dei centri di coordinamento stabiliti in Belgio e recante modifica della decisione 2003/757/CE (GU 2008, L 90, pag. 7)], che è stata oggetto di due ricorsi di annullamento proposti dinanzi al Tribunale dell’Unione europea e iscritti a ruolo, rispettivamente, con i numeri di causa T‑94/08 e T‑189/08. Con le sue sentenze del 18 marzo 2010, Centre de coordination Carrefour/Commissione (T‑94/08, Racc. pag. II‑1015), nonché Forum 187/Commissione (T‑189/08, Racc. pag. II‑1039), il Tribunale ha respinto i ricorsi in quanto irricevibili. Con ordinanza del 3 marzo 2011, Centre de coordination Carrefour/Commissione (C‑254/10 P), la Corte ha respinto l’impugnazione.


4       V., a questo riguardo, in particolare, Parent, X., «La déduction pour capital à risque. Les intérêts notionnels», Revue de la faculté de droit de l’Université de Liège, 2006, n. 1‑2, pag. 289; Colmant, B., e a., Les intérêts notionnels. Aspects juridiques, fiscaux et financiers de la déduction pour capital à risque, Larcier, Bruxelles, 2006, pag. 3; Traversa, E., e Lecocq, A., «La déduction des intérêts notionnels en Belgique: premier bilan», Droit fiscal, n. 9, 2009, pag. 9, e Dassesse, M., «Les intérêts notionnels à l’épreuve du droit communautaire. Le législateur belge à la mémoire bien courte», Liber Amicorum Jacques Autenne, Bruylant, Bruxelles, 2010, pag. 231.


5       Per l’anno d’imposta 2008, l’aliquota in questione era pari al 3,871%. Per l’anno d’imposta 2012 è del 3,425%. L’aliquota è calcolata ogni anno sulla base della media dei tassi di interesse mensili delle obligation linéaire (OLO) [obbligazioni emesse dallo Stato belga] a dieci anni. Tale aliquota può variare al massimo di un punto percentuale rispetto a quella dell’anno precedente. L’aliquota massima è del 6,5%.


6       In base all’articolo 205 quinquies del CIR 1992, se nel periodo d’imposta per il quale è possibile avvalersi della deduzione per il capitale di rischio non sono stati conseguiti utili o lo sono stati in misura insufficiente, la deduzione può essere applicata successivamente agli utili realizzati nei sette esercizi successivi.


7       Moniteur belge del 20 dicembre 2002, pag. 57533.


8       V. «La déduction d’intérêt notionnel: un incitant fiscal belge novateur – Exercice d’imposition 2013 – Revenus 2012», Service public fédéral Finances, pag. 6 (http://minfin.fgov.be/portail2/belinvest/downloads/fr/publications/bro_notional_interest.pdf).


9       V. in particolare, in questo senso, Parent, X., op. cit., pag. 298.


10       V. sentenze del 21 settembre 1999, Saint‑Gobain ZN (C‑307/97, Racc. pag. I‑6161, punto 35); del 14 dicembre 2000, AMID (C‑141/99, Racc. pag. I‑11619, punto 20); del 23 febbraio 2006, Keller Holding (C‑471/04, Racc. pag. I‑2107, punto 29); del 29 marzo 2007, Rewe Zentralfinanz (C‑347/04, Racc. pag. I‑2647, punto 25), e del 15 maggio 2008, Lidl Belgium (C‑414/06, Racc. pag. I‑3601, punto 18).


11       V., in particolare, sentenza del 16 luglio 1998, ICI (C‑264/96, Racc. pag. I‑4695, punto 21); Rewe Zentralfinanz, cit. (punto 26), e Lidl Belgium, cit. (punto 19).


12       Sentenze Lidl Belgium, cit. (punto 20), e del 23 ottobre 2008, Krankenheim Ruhesitz am Wannsee‑Seniorenheimstatt (C‑157/07, Racc. pag. I‑8061, punto 31). V., altresì, sentenza del 28 febbraio 2008, Deutsche Shell (C‑293/06, Racc. pag. I‑1129, punto 29).


13       V. disegno di legge che istituisce una deduzione fiscale per il capitale di rischio, Camera dei deputati del Belgio, 11 maggio 2005, doc. 51 1778/001, pag. 12, allegato alle osservazioni dell’Argenta.


14       V., in particolare, sentenza dell’8 dicembre 2011, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑157/10, Racc. pag. I-13023, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


15       V., in questo senso, sentenza del 15 settembre 2011, Schulz‑Delzers e Schulz (C‑240/10, Racc. pag. I‑8531, punti 40‑42).


16       V. in particolare, per quanto riguarda la garanzia della coerenza del sistema fiscale, sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee‑Seniorenheimstatt, cit. (punto 43), e, quanto al mantenimento della ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, Racc. pag. I-12273, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).


17       V., in particolare, in questo senso, sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, (C‑269/09, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).


18       V., in particolare, sentenze del 7 settembre 2004, Manninen (C‑319/02, Racc. pag. I‑7477, punto 42); del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (C‑524/04, Racc. pag. I‑2107, punto 68), e Commissione/Spagna, cit. (punto 85).


19       Va rilevato che Colmant, B., e a., nella loro opera citata, osservano, nel capitolo dedicato ai «principi della deduzione per il capitale di rischio», che tale deduzione è «extracontabile, viene operata nella dichiarazione fiscale della società e non è compensata da alcun reddito imponibile corrispondente» (pag. 19).


20       Sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee‑Seniorenheimstatt, cit. (punto 42).


21       Ibidem (punto 44).


22       Ibidem (punto 42).


23       Ibidem (punto 35).


24       V., in particolare, sentenza del 15 luglio 2004, Weidert e Paulus (C‑242/03, Racc. pag. I‑7379, punti 24‑26 e giurisprudenza ivi citata).


25       V., in particolare, sentenze del 15 aprile 2010, CIBA (C‑96/08, Racc. pag. I‑2911, punto 28), e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, cit. (punto 39).


26       V. sentenze del 18 luglio 2007, Oy AA (C‑231/05, Racc. pag. I‑6373, punto 54); dell’8 novembre 2007, Amurta (C‑379/05, Racc. pag. I‑9569, punto 58); del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha (C‑303/07, Racc. pag. I‑5145, punto 66); del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania (C‑284/09, Racc. pag. I-9879, punto 77), nonché del 10 maggio 2012, FIM Santander Top 25 Euro Fi e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, punto 47).


27       In base al commento all’articolo 4 del suddetto disegno di legge (pag. 10 della relazione), «la deduzione per il capitale di rischio costituisce una deduzione sui generis le cui condizioni di applicazione sono integralmente stabilite dalle norme in progetto».


28       Sentenza del 4 dicembre 2008 (C‑330/07, Racc. pag. I‑9099).


29       Sentenza del 22 dicembre 2010 (C‑287/10, Racc. pag. I‑14233).