Language of document : ECLI:EU:C:2006:479

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

SHARPSTON

presentate il 13 luglio 2006 1(1)

Causa C‑306/05

Sociedad General de Autores y Editores de España (SGAE)

contro

Rafael Hoteles SL





1.        Nel presente procedimento la Audiencia Provincial de Barcelona (Corte provinciale di Barcellona) (Spagna) chiede un’interpretazione dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (2) (in prosieguo: la «direttiva sul diritto d’autore» o la «direttiva»).

 La direttiva sul diritto d’autore

2.        La direttiva sul diritto d’autore, come indicato dal titolo, ha lo scopo di armonizzare taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi (3), compreso il diritto di comunicazione delle opere al pubblico.

3.        Il preambolo della direttiva sottolinea in primo luogo che ogni armonizzazione del diritto d’autore e dei diritti connessi deve prendere le mosse da un alto livello di protezione, in particolare degli autori, interpreti ed esecutori che, per continuare la propria attività creativa e artistica, debbono ricevere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere. Aggiunge che un sistema efficace e rigoroso di protezione del diritto d’autore e dei diritti connessi è uno dei principali strumenti in grado di garantire alla creazione e alla produzione culturale europea le risorse necessarie nonché di preservare l’autonomia e la dignità di creatori artistici e interpreti o esecutori (4).

4.        Anche i seguenti ‘considerando’ sono rilevanti per il presente procedimento:

«(15) [Il] (...) “Trattato della WIPO sul diritto d’autore” (...) aggiorna[no] notevolmente la protezione internazionale del diritto d’autore e dei diritti connessi anche per quanto riguarda il piano d’azione nel settore del digitale (la cosiddetta “digital agenda”) (...) La presente direttiva serve anche ad attuare una serie di questi nuovi obblighi internazionali.

(…)

(23)      La presente direttiva dovrebbe armonizzare ulteriormente il diritto d’autore applicabile alla comunicazione di opere al pubblico. Tale diritto deve essere inteso in senso lato in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine. Detto diritto dovrebbe comprendere qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione, e non altri atti.

(…)

(27)      La mera fornitura di attrezzature fisiche atte a rendere possibile o ad effettuare una comunicazione non costituisce un atto di comunicazione ai sensi della presente direttiva».

5.        L’art. 3, n. 1, della direttiva stabilisce che gli Stati membri «riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente».

6.        La direttiva è entrata in vigore il 22 giugno 2001: l’attuazione della stessa era prevista entro il 22 dicembre 2002 (5).

 Il contesto normativo internazionale

7.        L’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore è simile all’art. 11 bis, n. 1, della Convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie e artistiche (6) (in prosieguo: la «Convenzione di Berna» o la «Convenzione») e quasi identico all’art. 8 del trattato OMPI (7) sul diritto d’autore (in prosieguo: il «WCT») (8). Come osserva la Commissione, secondo giurisprudenza costante le norme di diritto derivato comunitario devono essere interpretate in maniera per quanto possibile conforme agli accordi internazionali conclusi dalla Comunità (9).

 La Convenzione di Berna

8.        Sebbene la Comunità non sia firmataria della Convenzione di Berna (né lo potrebbe essere, dal momento che la partecipazione all’Unione di Berna è limitata agli Stati), essa è tenuta ad ottemperare alla Convenzione in virtù dell’art. 9 dell’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (in prosieguo: l’«accordo TRIPs»). Detto accordo è rinvenibile nell’allegato 1 C dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (10), di cui la Comunità è parte. Si può pertanto presumere l’intenzione che l’art. 3, n. 1, della direttiva sia coerente con la Convenzione.

9.        L’art. 11 della Convenzione di Berna recita:

«1. Gli autori di opere drammatiche, drammatico-musicali e musicali hanno il diritto esclusivo di autorizzare:

1)      la rappresentazione e l’esecuzione pubbliche delle loro opere, comprese la rappresentazione e l’esecuzione pubbliche con qualsiasi mezzo o procedimento;

2)      la trasmissione pubblica, con qualsiasi mezzo, della rappresentazione e dell’esecuzione delle loro opere.

2.      Gli stessi diritti sono conferiti agli autori di opere drammatiche o drammatico‑musicali per tutta la durata dei loro diritti sulla opera originale, per quanto concerne la traduzione delle loro opere».

10.      L’art. 11 bis, n. 1, della Convenzione di Berna stabilisce:

«Gli autori di opere letterarie ed artistiche hanno il diritto esclusivo di autorizzare:

1)      la radiodiffusione delle loro opere o la comunicazione al pubblico di esse mediante qualsiasi altro mezzo atto a diffondere senza filo segni, suoni od immagini;

2)      ogni comunicazione al pubblico, con o senza filo, dell’opera radiodiffusa, quando tale comunicazione sia eseguita da un ente diverso da quello originario; [(11)]

3)      la comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell’opera radiodiffusa».

11.      La Convenzione di Berna è stata riveduta da ultimo nel 1971 (12). La revisione della Convenzione richiede l’unanimità delle parti contraenti presenti e votanti. Persino nel 1971, in presenza di un numero considerevolmente inferiore di parti contraenti (13), l’unanimità si è rivelata difficile da raggiungere. Per tale motivo un’ulteriore revisione della Convenzione che rendesse ragione degli sviluppi tecnologici successivi al 1971 sembra essere stata considerata irrealistica. Di conseguenza l’ OMPI ha deciso di predisporre un nuovo trattato che, in quanto «accordo particolare» ai sensi dell’art. 20 della Convenzione, non avrebbe necessitato dell’unanimità dei membri dell’Unione di Berna. Un ulteriore vantaggio era rappresentato dalla circostanza che la Comunità europea avrebbe potuto aderirvi (così come i paesi che non fossero membri dell’Unione di Berna).

 Il WTC

12.      Il WTC è entrato in vigore il 6 dicembre 2001. La Comunità, pur avendolo firmato, non lo ha ancora ratificato (14). Esso riveste tuttavia importanza ai fini dell’interpretazione della direttiva sul diritto d’autore dal momento che il quindicesimo ‘considerando’ della direttiva stabilisce che la stessa «serve anche ad attuare una serie di questi nuovi obblighi internazionali» derivanti dal WTC.

13.      L’art. 8, intitolato «diritto di comunicazione al pubblico», recita:

«Fermo il disposto degli articoli 11, paragrafo 1, punto 2), 11 bis, paragrafo 1, punti 1) e 2) (...) della Convenzione di Berna, gli autori di opere letterarie e artistiche hanno i1 diritto esclusivo di autorizzare ogni comunicazione al pubblico, su filo o via etere, delle loro opere, nonché la messa a disposizione del pubblico delle loro opere, in modo che chiunque possa liberamente accedervi da un luogo o in un momento di sua scelta».

 La normativa spagnola applicabile

14.      Secondo l’ordinanza di rinvio pregiudiziale la normativa spagnola che regola la proprietà intellettuale (15) garantisce agli autori i diritti esclusivi di sfruttamento delle proprie opere in ogni forma. Tali diritti comprendono la comunicazione al pubblico. L’art. 20 esplicita in primo luogo cosa si intenda per comunicazione al pubblico: «qualsiasi atto tramite il quale una pluralità di persone può avere accesso all’opera senza la previa distribuzione di copie a ciascuna di tali persone». Esso stabilisce poi che la comunicazione che «avvenga in un ambito strettamente domestico non integrato o connesso ad una rete di diffusione di qualsivoglia genere» non è qualificabile come comunicazione al pubblico.

15.      Il giudice del rinvio afferma che fino a poco tempo fa il Tribunal Supremo spagnolo (Corte Suprema) era dell’avviso che le camere d’albergo non costituissero ambito domestico e che, di conseguenza, l’uso della televisione in dette stanze d’albergo rappresentasse un atto di comunicazione al pubblico nell’accezione dell’art. 20 della legge sulla proprietà intellettuale (16). Di conseguenza il proprietario dell’albergo era tenuto a corrispondere all’ente titolare e amministratore del repertorio di opere diffuse i diritti corrispondenti all’autorizzazione.

16.      Tale orientamento giurisprudenziale è stato tuttavia ribaltato da una pronuncia della Corte Suprema del 2003 (17), secondo cui una stanza d’albergo è qualificabile come ambito strettamente domestico, ragion per cui l’utilizzazione di apparecchi televisivi nelle stanze medesime non rappresenta un atto di comunicazione al pubblico, che non necessita conseguentemente di autorizzazione da parte dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale relativamente alle opere oggetto di comunicazione.

 Il procedimento principale e il rinvio pregiudiziale alla Corte

17.      La Sociedad General de Autores y Editores de España (in prosieguo: la «SGAE») è un ente di gestione dei diritti di proprietà intellettuale. Essa ha citato in giudizio la Rafael Hoteles SL (in prosieguo: la «Rafael»), la titolare dell’Hotel Rafael, per violazione dei diritti di proprietà intellettuale gestiti dalla SGAE. In particolare la SGAE lamentava che nel periodo compreso fra giugno 2002 e marzo 2003 erano stati effettuati atti di comunicazione al pubblico aventi ad oggetto opere appartenenti al repertorio gestito dalla SGAE. Gli atti in questione erano stati realizzati tramite televisori installati nelle stanze d’albergo che permettevano agli ospiti di vedere programmi su canali i cui segnali erano ricevuti dall’antenna principale dell’albergo e poi distribuiti a ciascun televisore nelle varie stanze. La SGAE chiedeva la condanna della Rafael al pagamento di un risarcimento.

18.      Il giudice di primo grado ha rigettato la pretesa della SGAE sostenendo che, in base alla recente giurisprudenza della Corte Suprema spagnola cui si è fatto cenno in precedenza, l’uso di televisori nelle stanze dell’albergo Rafael non implicava atti di comunicazione al pubblico di opere gestite dalla SGAE e che, pertanto, il titolare dell’albergo non era tenuto ad ottenere una previa autorizzazione e a pagare i diritti relativi.

19.      La SGAE ha interposto appello dinanzi alla Audiencia Provincial de Barcelona, la quale ritiene che la legislazione e la giurisprudenza spagnole potrebbero violare la direttiva sul diritto d’autore. In particolare, il giudice del rinvio nutre dubbi circa il fatto che la ricezione del segnale televisivo da parte dell’albergo, sia via etere che tramite satellite, e la distribuzione dello stesso via cavo alle varie camere dell’albergo siano atti di comunicazione al pubblico ai fini della direttiva. Esso osserva che l’essenza della comunicazione al pubblico risiede nel rendere accessibile l’opera diffusa, in questo caso per via televisiva, ad una pluralità di persone. Tale circostanza si ravvisa chiaramente laddove il pubblico è presente contemporaneamente, ad esempio quando vi è un apparecchio televisivo collocato in una hall di un albergo. Tuttavia sussistono ancora maggiori dubbi quando il pubblico è rappresentato da una serie di persone presenti «successivamente», come nel caso di una camera di albergo.

20.      La Audiencia Provincial de Barcelona ha pertanto sospeso il procedimento e sottoposto le seguenti questioni alla Corte affinché questa si pronunci in via pregiudiziale:

«1)      Se l’istallazione nelle stanze di un albergo di apparecchi televisivi ai fini della distribuzione via cavo del segnale televisivo captato, via satellite o terrestre, costituisca un atto di comunicazione al pubblico ricompreso nella sfera di armonizzazione delle normative nazionali in materia di tutela del diritto di autore di cui all’art. 3 della direttiva [2001/29].

2)      Se intendere la stanza di un albergo ambito strettamente domestico, escludendo che possa considerarsi comunicazione al pubblico quella realizzata mediante apparecchi televisivi per mezzo dei quali venga distribuito il segnale captato dall’albergo, sia in contrasto con la tutela dei diritti d’autore prevista dalla direttiva [2001/29].

3)      Se, ai fini della tutela del diritto d’autore a fronte di atti di comunicazione al pubblico prevista dalla direttiva [2001/29], la comunicazione realizzata per mezzo di un televisore collocato in una stanza di un albergo possa considerarsi un atto di comunicazione al pubblico in quanto il pubblico che vi si succede ha accesso all’opera».

21.      Sono state presentate osservazioni scritte dalla SGAE, dai governi austriaco, francese e irlandese e dalla Commissione. La SGAE, la Rafael, i governi irlandese e polacco, nonché la Commissione, erano rappresentati in udienza.

 La causa EGEDA

22.      La legislazione spagnola che ha dato origine al presente procedimento era già stata oggetto di un rinvio pregiudiziale, effettuato prima dell’adozione della direttiva sul diritto d’autore. Nella causa EGEDA (18) alla Corte è stato chiesto se la ricezione da parte di un’azienda alberghiera di segnali di televisione via satellite o terrestre e la loro distribuzione via cavo nelle varie camere dell’albergo costituisse un’attività di comunicazione al pubblico o di ricezione da parte del pubblico nell’accezione di cui alla direttiva 93/83 (19). La Corte ha statuito che la questione non era disciplinata dalla direttiva 93/83 e pertanto doveva essere valutata conformemente alla normativa nazionale.

23.      Anche l’avvocato generale La Pergola aveva espresso l’opinione che la questione non fosse disciplinata dalla direttiva 93/83 (20). Tuttavia ha proseguito ad analizzare l’art. 11 bis, n. 1, della Convenzione di Berna, che a suo parere permetteva di fornire una risposta al quesito sottoposto dal giudice nazionale (21). Ha concluso suggerendo alla Corte di deliberare, in primo luogo, la non applicabilità della direttiva 93/83 e, in secondo luogo, che la ricezione da parte di un albergo di opere protette, radiodiffuse via satellite o via etere da un’emittente di un altro Stato membro, e la successiva distribuzione via cavo del segnale dei programmi captati ai televisori installati nelle camere di tale albergo costituiscono una comunicazione al pubblico ai sensi e agli effetti dell’art. 11 bis della Convenzione di Berna. Nelle presenti conclusioni farò numerosi riferimenti alla valida analisi dell’avvocato generale La Pergola.

 Valutazione

24.      Le questioni oggetto di rinvio attengono all’interpretazione della nozione di «comunicazione al pubblico» ex art. 3, n. 1, della direttiva.

25.      In sintesi, la SGAE e il governo francese ritengono che tale concetto, se correttamente interpretato, riguardi tutte le attività descritte e che pertanto a tutte le tre questioni debba essere data una risposta affermativa. La Rafael ed i governi austriaco e irlandese sono di parere opposto. Il governo polacco concentra l’attenzione sulla seconda e la terza questione, ritenendo che queste debbano essere risolte in modo affermativo. La Commissione rileva che, mentre la mera installazione di apparecchi televisivi in stanze d’albergo non costituisce un atto di «comunicazione al pubblico», la distribuzione via cavo nelle stanze di albergo di segnali televisivi captati via satellite o via etere integra siffatto atto.

 La prima questione

26.      Concordo con la Rafael, i governi austriaco e irlandese e con la Commissione sul fatto che la mera installazione di apparecchi televisivi in camere d’albergo non rappresenta un atto di comunicazione ai sensi e agli effetti dell’art. 3, n. 1, della direttiva (22).

27.      Tale conclusione si evince chiaramente dal ventisettesimo ‘considerando’ della direttiva, il quale stabilisce che «la mera fornitura di attrezzature fisiche atte a rendere possibile o ad effettuare una comunicazione non costituisce un atto di comunicazione ai sensi della presente direttiva». Siffatta limitazione, che è inequivocabile, rafforza la statuizione di cui al ventitreesimo ‘considerando’, in base al quale il «diritto [di comunicazione al pubblico] dovrebbe comprendere qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico [non presente nel luogo in cui la comunicazione ha origine], su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione, e non altri atti».

28.      Tale approccio, inoltre, è coerente con l’interpretazione del termine «comunicazione» contenuto nel WCT. È palese che l’art. 3, n. 1, della direttiva ha lo scopo di attuare a livello comunitario determinati nuovi obblighi internazionali imposti dal Trattato (23). In effetti il diritto che gli Stati membri sono tenuti a conferire in virtù dell’art. 3, n. 1, è strutturato secondo termini virtualmente identici all’art. 8 del Trattato. Non si tratta di una coincidenza: la Comunità e gli Stati Membri hanno proposto l’art. 8 (24). La conferenza diplomatica che ha adottato il Trattato (25) ha anche adottato la seguente «dichiarazione concordata» in merito all’art. 8:

«Resta inteso che la semplice messa a disposizione di infrastrutture atte a consentire o effettuare una comunicazione non costituisce di per sé una comunicazione ai sensi del presente trattato e della Convenzione di Berna. Resta altresì inteso che l’articolo 8 non impedisce in alcun modo alle Parti contraenti di applicare l’articolo 11 bis, paragrafo 2 [della Convenzione di Berna]».

29.      Conseguentemente, ritengo che la soluzione della prima questione oggetto di rinvio dovrebbe essere che l’installazione di apparecchi televisivi nelle camere d’albergo cui vengono inviati via cavo segnali televisivi captati via satellite o via etere non costituiscono atto di comunicazione al pubblico nell’accezione di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore.

 La seconda e la terza questione

30.      È opportuno affrontare congiuntamente la seconda e la terza questione oggetto di rinvio da parte del giudice nazionale. Lette insieme, esse chiedono in effetti se la comunicazione a camere d’albergo di radiodiffusioni tramite apparecchi televisivi cui venga trasmesso un segnale captato inizialmente dall’albergo debba essere considerata come «comunicazione al pubblico» ex art. 3, n. 1, della direttiva.

31.      È notorio che se si stabilisce che i destinatari rappresentano «il pubblico» l’art. 3, n. 1, trova applicazione: ciò su cui non vi è accordo fra le parti che hanno presentato le osservazioni, e che ha indotto il giudice nazionale ad effettuare il rinvio, è il significato di «pubblico».

32.      Sono dell’avviso che la seconda e la terza questione debbano essere risolte in modo affermativo.

33.      La direttiva non fornisce una definizione di «pubblico», sebbene, (come sostenuto dalla SGAE e dai governi francese e polacco) vi sono indicazioni in base alle quali, ai fini della direttiva, il termine deve essere interpretato in senso lato. Ciò è suggerito sia dallo scopo principale della direttiva, che trae il proprio fondamento da «un alto livello di protezione» del diritto d’autore e dei diritti connessi (26), nonché dall’affermazione contenuta nel preambolo della direttiva, secondo cui il diritto di comunicazione al pubblico «deve essere inteso in senso lato in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine [e] dovrebbe comprendere qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo» (27).

34.      In assenza di una definizione o di indicazioni più precise nella direttiva, reputo legittimo cercare un orientamento a partire dagli atti internazionali in materia.

35.      Come spiegato in precedenza (28), l’art. 3, n. 1, della direttiva mira ad attuare a livello comunitario gli obblighi imposti dall’art. 8 del Trattato dell’OMPI sul diritto d’autore.

36.      L’art. 8 è finalizzato a chiarire le disposizioni della Convenzione di Berna relative al diritto esclusivo di comunicazione al pubblico delle opere, soprattutto l’art. 11 bis, n. 1, e ad integrare i diritti riconosciuti ai sensi della convenzione «ampliando il campo di applicazione del diritto di comunicazione al pubblico per comprendere tutte le categorie di opere» (29).

37.      Il secondo di tali obiettivi riguarda in particolare le opere letterarie, le opere fotografiche, dell’arte pittorica e le opere grafiche che precedentemente non rientravano nel diritto di comunicazione. Nella proposta fondamentale si sostiene che gli sviluppi tecnologici «hanno permesso di rendere le opere protette disponibili in molti modi che differiscono dai metodi tradizionali» (30). Elemento fondamentale di tale sviluppo è, ovviamente, Internet (31); è alle trasmissioni interattive (on-demand) e on-line cui si fa riferimento nella locuzione «la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente» di cui all’art. 3, n. 1 (32), della direttiva e all’art. 8 del WCT (33). Per tale motivo non ritengo, come dedotto dalla Rafael, che non vi sia «comunicazione al pubblico» nel caso odierno non potendo gli ospiti dell’albergo, in quanto vincolati dai palinsesti esistenti, avere accesso ai programmi televisivi in un momento scelto individualmente da loro stessi. Più in generale, il caso presente riguarda la norma generale stabilita dall’art. 3, n. 1, della direttiva e dall’art. 8 del WCT, piuttosto che il settore specifico espressamente ricompreso in esso.

38.      L’art. 8 del WCT intende integrare le disposizioni della Convenzione di Berna relative alla comunicazione al pubblico conferendo un diritto esclusivo di comunicazione al pubblico agli autori di tutti i generi di opere, nella misura in cui tale diritto non sia già conferito dalla convenzione (34). Esso dunque conferisce un diritto più ampio di autorizzare «ogni comunicazione al pubblico dei propri lavori, su filo o senza filo». Non vi è alcuna definizione di «pubblico».

39.      Il governo austriaco deduce che spetta al diritto nazionale definire il concetto di «pubblico». Esso fa riferimento alla nota esplicativa 10.17 nella proposta fondamentale, in cui si afferma: «il termine “pubblico” è stato usato nell’art. 10, così come è stato utilizzato nelle presenti disposizioni della Convenzione di Berna. Spetta alla legislazione e alla giurisprudenza nazionali definire cosa si intenda per “pubblico”». Il governo austriaco attinge anche alle fonti accademiche che corroborano la propria opinione secondo cui la definizione di «pubblico» spetta al diritto nazionale (35) e al documento di lavoro dello staff della Commissione sulla revisione del quadro giuridico comunitario in materia di diritto d’autore e diritti connessi (36) in cui si afferma: «A questo punto non sembra esservi alcun motivo per una correzione della rotta sinora seguita ed il termine “pubblico” dovrebbe rimanere una questione definita dalla legislazione e dalla giurisprudenza nazionali».

40.      In una variazione su tale tema la Rafael deduce che al presente caso troverebbe applicazione la direttiva 93/83 (37) e non già la direttiva sul diritto d’autore e che, conformemente alla sentenza della Corte nella causa EGEDA (38), spetterebbe al diritto nazionale definire il concetto di «comunicazione al pubblico».

41.      Non condivido tale tesi.

42.      Come evidenziato dalla Commissione, la Corte ha riconosciuto che «tanto l’applicazione uniforme del diritto comunitario quanto il principio d’uguaglianza esigono che una disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo, nell’intera Comunità, ad un’interpretazione autonoma ed uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa» (39).

43.      È palese che la direttiva sul diritto d’autore persegue finalità di armonizzazione ed è stata elaborata soprattutto per «contribui[re] all’applicazione delle quattro libertà del mercato interno» e «prevede[re] un elevato livello di protezione della proprietà intellettuale» (40). Il diritto di autorizzare la comunicazione al pubblico rappresenta uno dei quattro aspetti che la Commissione ha preso in considerazione all’atto di presentare la propria proposta di direttiva, per richiedere un’immediata iniziativa legislativa a livello comunitario vista la rilevanza degli stessi per il mercato interno (41). Il ventitreesimo ‘considerando’ del preambolo afferma esplicitamente che la direttiva «dovrebbe armonizzare ulteriormente il diritto d’autore applicabile alla comunicazione di opere al pubblico». È palese che l’armonizzazione resterebbe lettera morta se gli Stati membri fossero liberi di definire uno dei due aspetti fondamentali dell’essenza di tale diritto (42). La Corte, inoltre, nella sentenza EGEDA (43) muove dall’assunto che l’art. 3, n. 1, è basato su una nozione uniforme di «comunicazione al pubblico».

44.      Non reputo che questo approccio contrasti con la nota esplicativa cui l’Austria fa riferimento. Nel contesto del WCT, che la Comunità ha sottoscritto, la «normativa nazionale» è la direttiva sul diritto d’autore (e non già le normative nazionali dei vari Stati membri) e la «giurisprudenza» è la giurisprudenza di questa Corte.

45.      In relazione al documento di lavoro della Commissione, l’agente della stessa ha sostenuto in sede di udienza che si trattava solo di una bozza che non era mai stata approvata dalla Commissione. Ad ogni modo l’opinione della Commissione in merito agli effetti della normativa comunitaria, sebbene interessante e potenzialmente rilevante, non è certamente vincolante per la Corte.

46.      Dal momento che il WCT, analogamente alla direttiva, non contiene una definizione di «pubblico», il significato di tale termine deve essere determinato facendo riferimento allo scopo dell’art. 8. Come ho rilevato (44) lo scopo di detta disposizione è chiarire e di integrare l’art. 11 bis, n. 1, della Convenzione di Berna.

47.      La storia dell’art. 11 bis, n. 1, della Convenzione di Berna può essere letta come un susseguirsi di tentativi miranti a potenziare la tutela dei diritti degli autori alla luce degli sviluppi tecnologici. Il diritto degli autori di autorizzare una rappresentazione della propria opera teatrale o musicale era stato garantito in principio nel 1886 (45). Nel 1928 è stato aggiunto l’art. 11 bis, il quale, nella sua forma originaria, conferiva semplicemente agli autori di opere letterarie ed artistiche «il diritto esclusivo di autorizzare la comunicazione al pubblico delle loro opere mediante radiodiffusione» (46). Detta disposizione mirava chiaramente ad estendere l’esistente diritto di autorizzare una rappresentazione alla luce dello sviluppo tecnologico della radiotrasmissione (47). La diffusione dei segnali via filo non era coperta.

48.      Nel 1948 l’art. 11 bis, n. 1, è stato rivisto fino ad assumere (sostanzialmente) la sua attuale formulazione. I diritti di autorizzare la rappresentazione pubblica (art. 11, n. 1) e la comunicazione al pubblico tramite radiodiffusione [l’art. 11 bis, n. 1, vigente che è diventato essenzialmente l’art. 11 bis, n. 1, 1)] sono stati sostituiti dai diritti di autorizzare la comunicazione al pubblico di una radiodiffusione tramite filo o tramite ritrasmissione, da parte di un ente diverso da quello originario [art. 11 bis, n. 1, 2)] e la comunicazione al pubblico (48) di un’opera radiodiffusa mediante altoparlante o strumenti analoghi [art. 11 bis, n. 1, 3)]. Il glossario dell’OMPI (49) definisce la «ritrasmissione» come «la trasmissione simultanea di una emissione captata da un’altra fonte o una nuova e differita radiotrasmissione di una emissione anteriore trasmessa o ricevuta e registrata precedentemente» Esso chiarisce inoltre che la «autorizzazione a trasmettere un’opera non comporta necessariamente la ritrasmissione dell’opera stessa».

49.      Anche in questo caso, dunque, la revisione ha esteso la tutela alla luce dei progressi tecnologici (50). È chiaro che ci si era premurati di assicurare che l’autorizzazione data per una fase (ad esempio la rappresentazione o la prima radiodiffusione) non fosse considerata automaticamente come applicabile alle fasi successive (ad esempio la prima radiodiffusione di una rappresentazione, la comunicazione di tale radiodiffusione da parte di un altro ente o tramite altoparlante, ecc.).

50.      Sembra che il criterio di comunicazione effettuata «da un ente diverso da quello originario», usato nell’art. 11 bis, n. 1, 2), della Convenzione, sia stato adottato in quanto distinzione «puramente funzionale»: l’opzione di esigere una nuova autorizzazione in ogni caso in cui la ritrasmissione «procurava una nuova cerchia di ascoltatori» è stata deliberatamente rifiutata (51). In ogni caso ciò sembra costituire l’essenza dell’effetto della disposizione. Anche la guida dell’OMPI (52) conferma tale interpretazione. In essa si afferma, nel contesto dell’art. 11 bis, n. 1, 3):

«Infine, il terzo caso di cui all’[art. 11 bis, n. 1] è quello in cui l’opera trasmessa è oggetto di comunicazione pubblica, per esempio tramite altoparlante o in altro modo, al pubblico. Questo caso sta diventando più comune. Nei luoghi in cui la gente si riunisce (caffè, ristoranti, sale da the, alberghi, grandi negozi, treni, aerei, ecc.) si va diffondendo l’uso di distribuire programmi radiotrasmessi. Nei luoghi pubblici si utilizzano con sempre maggiore frequenza opere protette dal diritto d’autore per scopi pubblicitari. Si pone la questione se la licenza conferita dall’autore alla stazione trasmittente riguardi anche tutti gli usi della radiotrasmissione, che possono avere o meno fini commerciali.

La risposta della convenzione è “no”. Così, come nel caso di una nuova trasmissione di un programma via filo si crea un ulteriore pubblico [n. 1, 2)], anche in questo caso l’opera viene resa percepibile ad ascoltatori (e forse anche telespettatori) diversi da quelli previsti dall’autore nel momento in cui è stato dato il suo permesso. Sebbene, per definizione, il numero di persone che ricevono una radiotrasmissione non possa essere stabilito con certezza, l’autore pensa che la sua licenza per radiotrasmettere copra solo il pubblico diretto che riceve il segnale all’interno della stessa cerchia familiare. Una volta effettuata tale ricezione per intrattenere una cerchia più ampia, spesso per scopi lucrativi, si permette ad una porzione ulteriore di pubblico di godere dell’opera e questa cessa di essere solo una questione di radiotrasmissione. All’autore viene dato il controllo su tale nuova rappresentazione pubblica della propria opera» (53).

51.      Appare chiaro alla luce delle considerazioni di cui sopra che l’art. 8 del WCT mira ad integrare l’art. 11 bis, n. 1, della Convenzione di Berna potenziando il diritto degli autori ad autorizzare la comunicazione delle proprie opere in circostanze in cui i progressi tecnologici hanno consentito che una comunicazione già autorizzata sia ritrasmessa ad una cerchia di persone diversa dagli individui cui la comunicazione iniziale era destinata.

52.      La diffusione delle radiotrasmissioni nelle camere di albergo per mezzo di apparecchi televisivi a cui viene trasmesso un segnale inizialmente captato dall’albergo calza perfettamente con tale nozione. Come ha affermato l’avvocato generale La Pergola nelle sue conclusioni nella causa EGEDA (54), «[è] fin troppo chiaro – posto che tale distribuzione non costituisce un semplice mezzo tecnico per garantire o migliorare la ricezione dell’emissione di origine nella sua zona di copertura, quale sarebbe, per esempio, l’installazione ed utilizzazione di ripetitori – che nella specie [il proprietario dell’hotel] è il soggetto responsabile della possibilità di accesso all’opera protetta che viene offerta agli ospiti dell’albergo. In assenza dell’utilizzazione secondaria da parte [sua], i clienti – pur trovandosi fisicamente all’interno della zona di copertura del satellite – non avrebbero, infatti, potuto fruire in altro modo dell’opera radiodiffusa; essi costituiscono, pertanto, in questo senso, un pubblico “nuovo” rispetto a quello dell’emissione primaria».

53.      Si noterà che il criterio «puramente funzionale» adottato di fatto dall’art. 11 bis, n. 1, 2), ovvero che la comunicazione deve essere «eseguita da un ente diverso da quello originario», è in ogni caso soddisfatto in circostanze come quelle del caso di specie. Come sottolinea il governo francese, il proprietario dell’albergo si trova nella stessa situazione di un terzo che distribuisce programmi originali radiodiffusi o trasmessi via cavo.

54.      La Commissione deduce che il fattore decisivo per determinare se una comunicazione sia effettuata «al pubblico» è costituito dall’estensione della cerchia dei potenziali destinatari della comunicazione e dal significato economico che la stessa riveste per l’autore. Concordo sul fatto che entrambi questi fattori dovrebbero entrare nell’equazione. Un’interpretazione che rifletta tali fattori sarebbe coerente con lo scopo della disposizione, ovvero conferire all’autore il diritto di autorizzare lo sfruttamento del proprio lavoro comunicandolo al pubblico (55).

55.      È vero che nel caso della comunicazione di segnali televisivi da un albergo alle diverse camere gli unici destinatari di ciascuna comunicazione in un dato momento sono gli occupanti di ciascuna camera, di solito una o due persone. Occorre tuttavia considerare gli effetti cumulativi di tutte le comunicazioni dello stesso tipo, tenendo presente l’obiettivo della direttiva espresso nel nono ‘considerando’, ovvero «un alto livello di protezione» dei titolari dei diritti e l’enunciazione del ventitreesimo ‘considerando’, secondo cui il diritto di comunicazione al pubblico «deve essere inteso in senso lato». L’avvocato generale La Pergola ha abilmente sviluppato nelle sue conclusioni relative alla causa EGEDA l’argomentazione secondo cui «la rilevanza economica che rivestono gli ospiti di una stanza d’albergo è talmente modesta che essi non possono costituire un pubblico “nuovo” rispetto a quello dell’emissione primaria. Alla distribuzione dell’opera radiodiffusa mediante televisore non potrebbe, perciò, riconoscersi rilevanza economica come atto indipendente di comunicazione». Concordo con la sua risposta, ovvero che «è la totalità dei clienti presenti in un albergo in un dato momento a dover essere qualificata come “pubblico” ai sensi e per gli effetti del diritto d’autore. In altre parole, la “discontinuità spaziale” fra i singoli soggetti da cui è costituita la cerchia dei destinatari, ai quali l’opera viene resa accessibile dal responsabile di ciascun atto di utilizzazione secondaria, non è sufficiente a negare il carattere di rilevanza economica del nuovo pubblico raggiunto» (56).

56.      Per la Commissione lo scopo lucrativo della comunicazione non è un fattore decisivo. La Commissione cita l’esempio della radiodiffusione di musica attraverso altoparlanti o immagini su un megaschermo durante manifestazioni di beneficenza o politiche. Essa ritiene che in simili casi sussisterebbe una «comunicazione al pubblico» nonostante l’assenza di una motivazione economica. L’avvocato generale La Pergola, invece, se da un lato concorda sulla «rilevanza economica del nuovo pubblico», dall’altro ha valutato nelle sue conclusioni nel caso EGEDA che la Convenzione di Berna «ha posto il principio della necessità dell’autorizzazione da parte dell’autore per tutte le utilizzazioni secondarie dell’opera radiodiffusa che diano luogo ad atti autonomi di sfruttamento economico, in ragione del fine di lucro perseguito dal soggetto responsabile» (57). Ha anche espresso la propria opinione, con cui concordo, che il servizio di distribuzione interna nelle camere dell’albergo indubbiamente «arreca all’albergo (...) un vantaggio economicamente apprezzabile» (58).

57.      È palese che, nel caso di specie, in primo luogo la cerchia dei potenziali destinatari della comunicazione è ampia ed economicamente rilevante per l’autore e in secondo luogo che l’organizzazione interveniente che effettua la comunicazione agisce per il proprio tornaconto economico. In tali circostanze si dovrebbe considerare la comunicazione come effettuata «al pubblico». Non ritengo che sia necessario o opportuno decidere nel contesto del presente caso se sia sempre richiesto il vantaggio economico della persona responsabile dell’esecuzione della comunicazione perché una comunicazione sia considerata indirizzata «al pubblico» ai sensi dell’art. 3 della direttiva.

58.      Infine, devo esaminare quattro ulteriori argomenti dettagliati dedotti dalla Rafael e dai governi austriaco e irlandese.

59.      In primo luogo la Rafael deduce, se ho interpretato correttamente il suo avvocato in udienza, che il trentacinquesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore e l’art. 5 della stessa prevedono deroghe ai diritti degli autori protetti dalla normativa e che comunque il trentacinquesimo ‘considerando’ stabilisce che in tali casi «i titolari di diritti dovrebbero ricevere un equo compenso» (59) per l’uso delle loro opere. La Rafael deduce la non obbligatorietà del compenso dal momento che il verbo è al condizionale. Il governo irlandese ha fatto anche riferimento al diritto degli Stati membri di introdurre deroghe.

60.      È esatto che l’art. 5 della direttiva contiene «un elenco esaustivo delle eccezioni e limitazioni (...) al diritto di comunicazione al pubblico» (60). Non è stato tuttavia spiegato (61) quale di tali eccezioni possa essere applicata nel caso di specie. L’argomentazione basata sull’uso del modo condizionale in spagnolo (che ad ogni modo rappresenta un uso normale nei ‘considerando’) non regge né ad un’interpretazione teleologica né ad un confronto con le altre versioni linguistiche.

61.      In secondo luogo, la Rafael e il governo austriaco deducono che l’atto di ritrasmissione dell’hotel nelle stanze esulerebbe dall’ambito dell’art. 3, n. 1, dal momento che la disposizione, utilizzando la locuzione «su filo o senza filo», è incentrata sulla comunicazione a distanza. Tale interpretazione sarebbe confermata dal ventitreesimo ‘considerando’, in cui si afferma che il diritto concerne solo «tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine». Ne conseguirebbe la mancanza di un’armonizzazione completa delle disposizioni relative alla comunicazione al pubblico e che solo la comunicazione a distanza – come la radiodiffusione («senza filo») o la diffusione via cavo («su filo») – è stata oggetto di armonizzazione. La Rafael e il governo austriaco concludono che, se ogni atto di comunicazione – anche se solo successivo – fosse pubblico e pertanto costituisse un atto di comunicazione al pubblico, la conseguenza (probabilmente indesiderata) sarebbe che la ricezione privata di trasmissioni televisive equivarrebbe ad un atto di comunicazione al pubblico.

62.      Ho già spiegato perché considero insostenibile la tesi secondo cui la direttiva non armonizza completamente la nozione di «comunicazione al pubblico».

63.      Non accetto nemmeno la tesi secondo cui la «comunicazione al pubblico» richieda una distanza fisica. Tralasciando le ovvie difficoltà insite nel rendere praticabile una condizione arbitraria – dove tracciare il confine? – la genesi dell’art. 11 bis, n. 1, della Convenzione di Berna non fornisce alcuna giustificazione a tale tesi. Al contrario, come osservato in precedenza, indica che il criterio rilevante è l’estensione della cerchia di destinatari della trasmissione originaria da parte di un ente distinto da quello originario. È palese che una data tecnica di trasmissione deve essere in grado di funzionare a distanza (62), ma il fatto che in un dato caso la distanza sia piccola non inficia tale criterio. Al contrario il criterio utilizzato nel ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva, ovvero che «la comunicazione al pubblico» concerne «tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine» (63) è una verifica fattibile che non comporta alcuna quantificazione della distanza.

64.      Per quanto attiene alla rimanente deduzione della Rafael e dell’Austria, secondo cui se le comunicazioni «successive» sono nondimeno «pubbliche» la ricezione privata di programmi televisivi rientrerebbe nella definizione, appare chiaro dalla guida e dal glossario dell’OMPI che (come il buon senso suggerisce) questa conseguenza non sarebbe automatica. Come si sostiene nella guida, «l’autore ritiene che la sua licenza di radiotrasmissione riguardi solo il pubblico diretto che riceve il segnale all’interno della cerchia familiare» (64). Tale interpretazione è confermata dalla definizione di «comunicazione al pubblico» data dal glossario dell’OMPI, ovvero «rendere un’opera (…) percepibile in modo adeguato dalla gente in generale, vale a dire senza limitazioni ad individui specifici appartenenti ad un gruppo privato» (65). Inoltre, nella misura in cui vi sia un certo beneficio economico per l’ente emittente, esso consente inoltre, secondo quanto affermato dall’avvocato generale La Pergola nelle sue conclusioni sulla causa EGEDA, «di spiegare in maniera convincente perché non è dato parlare di comunicazione pubblica quando l’opera protetta viene resa accessibile dall’utilizzatore diretto del televisore alla cerchia dei suoi familiari o amici: invece di un’utilizzazione secondaria dell’opera radiodiffusa da parte di un terzo si realizza, in tali casi, la semplice messa in comune di apparecchi di ricezione dell’emissione primaria, senza che l’interessato persegua fini lucrativi» (66). Infine, la Convenzione di Berna, il WCT e la direttiva riguardano tutti la protezione dei diritti economici degli autori. È difficile comprendere come tali diritti potrebbero essere inficiati dalla comunicazione a cerchie private.

65.      In terzo luogo il governo irlandese sostiene che il contesto privato delle camere di albergo rende la ritrasmissione o la messa a disposizione delle opere protette agli apparecchi televisivi di tali luoghi, dove possono essere viste dall’ospite o dagli ospiti (e forse anche da familiari o amici che si recano in visita dall’ospite o dagli ospiti nella camera), un atto di comunicazione non pubblico. Esso osserva che la Corte di giustizia ha riconosciuto, soprattutto attraverso il riferimento all’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (67), che la necessità di tutela contro l’intervento arbitrario o sproporzionato da parte delle autorità pubbliche nella sfera delle attività private di qualunque persona costituisce un principio generale del diritto comunitario (68). Si deve ritenere che il legislatore comunitario tenga conto di tale principio in sede di attuazione del diritto comunitario derivato, come la direttiva sul diritto d’autore. È pertanto rilevante ai fini dell’interpretazione dell’art. 3, n. 1, della direttiva.

66.      Non vedo tuttavia come l’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani, il cui scopo è la protezione delle persone dall’interferenza dell’autorità pubblica nell’esercizio dei propri diritti relativi al rispetto della vita privata e familiare, possa essere pertinente, anche in via analogica, all’interpretazione di una disposizione il cui scopo è l’armonizzazione dei diritti relativi al diritto d’autore. A livello più generale mi sento di concordare con l’avvocato generale La Pergola che ha risposto ad una analoga argomentazione nelle sue conclusioni nel caso EGEDA (69). Mentre l’avvocato generale ammette che, ai fini della salvaguardia dei diritti fondamentali «una camera d’albergo costituisc[e] un luogo appartenente alla sfera puramente privata o domestica di una persona o della sua famiglia», egli ha altresì affermato: «la linea di demarcazione giuridica fra privato e pubblico non è necessariamente la stessa ai fini della tutela del diritto d’autore. Non a caso, il criterio del carattere privato o pubblico dell’abitazione appare estraneo non solo alla lettera, ma anche allo spirito dell’art. 11 bis della Convenzione, che prescrive l’autorizzazione dell’autore non per le ritrasmissioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, bensì per gli atti di comunicazione con i quali l’opera sia resa accessibile al pubblico. In quest’ottica, un peso determinante in vista della qualificazione di un atto di comunicazione come pubblico non può riconoscersi neanche all’elemento materiale della nozione di “pubblico”, tradizionalmente rinvenuto nell’assenza di speciali relazioni personali che gli appartenenti ad un gruppo di persone mantengano fra di loro o con l’organizzatore».

67.      Infine la Rafael e il governo irlandese sostengono che non esiste «comunicazione al pubblico» nel presente caso perché l’esistenza dell’effettiva ricezione di un determinato programma televisivo diffuso dipende dal fatto che un ospite dell’albergo accenda il televisore nella propria camera e selezioni un determinato canale. Anche qui sono debitrice dell’avvocato generale La Pergola, il quale ha già formulato la risposta a tale quesito. Nelle sue conclusioni sul caso EGEDA (70) egli ha sostenuto che tale tesi «è inconciliabile con uno dei principi fondamentali del diritto d’autore: quello secondo il quale il titolare del diritto viene remunerato non per il godimento effettivo dell’opera, bensì per la semplice possibilità giuridica di tale godimento. Si pensi, per esempio, all’editore, che è tenuto a corrispondere all’autore le royalties convenute sulle copie vendute di una novella, indipendentemente dal fatto che queste vengano effettivamente lette dagli acquirenti. In termini del tutto analoghi, un albergo responsabile della distribuzione interna via cavo – in forma simultanea, integrale e non modificata – di un’emissione primaria trasmessa via satellite non potrebbe rifiutarsi di corrispondere all’autore la remunerazione a questo spettante sostenendo che l’opera radiodiffusa non è stata in concreto ricevuta dai telespettatori potenziali che hanno accesso ai televisori installati nelle singole stanze».

68.      Sono pertanto dell’avviso che la risposta alla seconda e alla terza questione dovrebbe essere che la comunicazione per mezzo di apparecchi televisivi cui è inviato un segnale inizialmente captato dall’albergo rappresenta una «comunicazione al pubblico» nell’accezione di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore.

 Conclusione

69.      Per i motivi di cui sopra ritengo che le questioni oggetto di rinvio da parte della Audiencia Provincial de Barcelona (Spagna) dovrebbero essere risolte nel seguente modo:

Questione n. 1

–        L’installazione in camere di albergo di televisori cui è inviato tramite cavo un segnale radiotrasmesso via satellite o etere non costituisce una «comunicazione al pubblico» nell’accezione di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione.

Questioni nn. 2 e 3

–        La comunicazione per mezzo di apparecchi televisivi cui sia inviato un segnale inizialmente ricevuto dall’albergo costituisce «comunicazione al pubblico» nell’accezione di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29/CE.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE (GU 2001 L 167, pag. 10).


3 – Nell'ambito del diritto comunitario, il diritto d'autore («droit d'auteur») comprende i diritti esclusivi riconosciuti agli autori, compositori, artisti, ecc., mentre i diritti connessi («droits voisins») attengono ai diritti analoghi riconosciuti agli esecutori (musicisti, attori, ecc.) e agli imprenditori (editori, produttori cinematografici, ecc.).


4 – Dal nono all'undicesimo ‘considerando’.


5 – Artt. 13 e 14.


6 – Del 9 settembre 1886; riveduta da ultimo il 24 luglio 1971, modificata il 28 settembre 1979.


7 – Organizzazione mondiale sulla proprietà intellettuale.


8 – Adottato a Ginevra il 20 dicembre 1996.


9 – Sentenza 10 settembre 1996, causa C‑61/94, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3989, punto 52).


10 – Approvato per conto della Comunità, in relazione ai settori di propria competenza, dalla decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE (GU 1994 L 336, pag. 1). L'accordo TRIPs si trova in GU 1994 L 336, pag. 213.


11 –      Il secondo punto non è chiaro come dovrebbe esserlo in inglese. Il francese è più chiaro: «toute communication publique, soit par fil, soit sans fil, de l'œuvre radiodiffusée, lorsque cette communication est faite par un autre organisme que celui d'origine».


12 – Le modifiche del 1979 riguardavano dettagli redazionali e non la sostanza.


13 – Attualmente sono 162.


14 – Risulta che la ratifica da parte della Comunità avrà luogo solo quando – dopo l'attuazione della direttiva sul diritto d'autore – tutti gli Stati membri avranno ratificato il WTC. La Comunità e i (15) Stati membri (prima dell'allargamento del 2004) hanno segnalato la propria intenzione alla fine della Conferenza diplomatica di Ginevra 2‑20 dicembre 1996 su determinate questioni relative al diritto di autore ed ai diritti connessi di depositare contemporaneamente i propri strumenti di ratifica. V. M. Ficsor, The Law of Copyright and the Internet (2002), pag. 68, paragrafo 2.41.


15 – Regio decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 1/1996 (BOE n. 97 del 22 aprile 1996, pag. 14369); v. in particolare art. 17.


16 – Sentenze della Corte Suprema 19 luglio 1993 (RJ 1993/6164) e 11 marzo 1996 (RJ 1996/2413).


17 – Sentenza 10 maggio 2003 – RJ 2003/3036.


18 – Sentenza 3 febbraio 2000, causa C‑293/98 (Racc. pag. I‑629).


19 – Direttiva del Consiglio 27 settembre 1993, 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d'autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (GU 1993 L 248, pag. 15).


20 – Paragrafo 14 delle conclusioni.


21 – Paragrafi 20‑27.


22 – Sebbene il giudice nazionale faccia riferimento all'art. 3 della direttiva, è chiaro che è l'art. 3, n. 1, che necessita di interpretazione, dal momento che tale disposizione conferisce espressamente il diritto di autorizzare la «comunicazione al pubblico», oggetto di tutte e tre le questioni pregiudiziali. (L'art. 3, n. 2, estende il diritto di autorizzare la «messa a disposizione del pubblico [delle proprie opere]» – conferito agli autori dal secondo periodo dell'art. 3, n. 1 – agli artisti interpreti o esecutori, produttori di fonogrammi, produttori cinematografici e organismi di diffusione radiotelevisiva).


23 – Quindicesimo ‘considerando’, riportato supra al paragrafo 4.


24 – «Proposta fondamentale sulle disposizioni sostanziali del trattato relativamente a determinate questioni riguardanti la protezione delle opere letterarie ed artistiche che necessitano di discussione da parte della conferenza diplomatica» (in prosieguo: la «proposta fondamentale» disponibile sul website WIPO www.wipo.int), note esplicative 10.07 e 10.08. Il memorandum redatto dal Presidente della commissione di esperti come introduzione alla proposta fondamentale illustra (al paragrafo 19): «lo scopo delle note esplicative è: 1) spiegare brevemente i contenuti e la logica delle proposte e fornire un orientamento per la comprensione e l'interpretazione di specifiche disposizioni, 2) illustrare il ragionamento sottostante le proposte e 3) inserire riferimenti alle proposte e alle osservazioni effettuate durante le sessioni del comitato di esperti, nonché riferimenti ai modelli e agli spunti di confronto riscontrati nei trattati esistenti».


25 – V. nota 14. Le dichiarazioni concordate relative al Trattato OMPI sul diritto d'autore (CRNR/DC/96) possono essere reperite sul sito dell'OMPI (www.wipo.int).


26 – V. nono ‘considerando’. V. supra paragrafo 3.


27 – Ventitreesimo ‘Considerando’.


28 – Paragrafo 28.


29 – Proposta fondamentale, nota esplicativa 10.05. Tali obiettivi, inoltre, riecheggiano nei ‘considerando’ del preambolo del WCT, che fa riferimento alla «necessità di introdurre nuove norme internazionali e chiarire l'interpretazione di determinate norme esistenti per fornire soluzioni adeguate alle questioni suscitate dai nuovi sviluppi economici, sociali, culturali e tecnologici».


30 – Ibid.


31 – V. anche il quinto ‘considerando’ della direttiva sul diritto d'autore.


32 – E anche all'art. 3, n. 2.


33 – Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, COM(97) 628 def., paragrafi 1.I.B.6 e 3.II.A.1 del memorandum esplicativo; proposta fondamentale, paragrafo 10.11. Ciò è anche esplicitato dal venticinquesimo ‘considerando’ della direttiva.


34 – Per un'analisi esauriente dell'estensione della tutela fornita dalla Convenzione di Berna rispetto a quella conferita dal WCT, v. Reinbothe e von Lewinski, The WIPO Treaties 1996, pagg. 105‑107, paragrafo 11, e Ficsor, op. cit., nota 14, pagg. 494 e 495, paragrafo C8.03.


35 – Compreso Reinbothe & von Lewinski, op. cit., a pag. 107, paragrafi 12‑13.


36 – 19 luglio 2004, SEC(2004) 995, pag. 15.


37 – Cit. alla nota 19.


38 – V. supra paragrafo 22.


39 – Sentenza 6 febbraio 2003, causa C‑245/00 SENA (Racc. pag. I‑1251, punto 23).


40 – Terzo e quarto ‘considerando’ del preambolo.


41 – V. paragrafo 2.II.4 del memorandum esplicativo della proposta, cit. alla nota 34. Gli altri tre aspetti riguardavano il diritto di riproduzione (art. 2 della direttiva), le misure tecnologiche e le informazioni sul regime dei diritti (artt. 6 e 7), nonché il diritto di distribuzione delle copie fisiche e l'esaurimento dello stesso (art. 4).


42 – Come la Commissione ha sottolineato nel proprio libro verde sul diritto d'autore e diritti connessi nella società dall'informazione [COM(95) 382 def., 19 luglio 1995], che ha aperto la strada alla direttiva, «il fatto che determinate attività siano legali in alcuni Stati membri e non in altri potrebbe ostacolare il funzionamento del mercato interno» (sezione IV.3).


43 – Cit. alla nota 18, punti 26‑28 della sentenza.


44 – V. supra paragrafo 36.


45 – Originariamente nell'art. 9 ed inizialmente solo esigendo che ogni protezione accordata dalla legge nazionale fosse estesa ai non cittadini. Ciò è stato cambiato nella revisione di Bruxelles del 1948, quando è stato esplicitato che il diritto era protetto in quanto tale dalla convenzione. Nel frattempo l'art. 9 è diventato art. 11 dopo la revisione di Berlino del 1908.


46 – Art. 11 bis, n. 1. L'art. 11 bis, n. 2, riguardava le condizioni che avrebbero potuto essere imposte all'esercizio di tale diritto dal diritto nazionale.


47 – Gli atti della conferenza di revisione di Bruxelles del 1948 riportano l'originario art. 11 bis, n. 1: «Sancendo il principio in modo ellittico, il testo della convenzione era adeguato allo stato di un'invenzione il cui sviluppo muoveva i primi passi in quel momento» (pag. 263). Il termine «radio‑diffusion» utilizzato nella versione adottata era interpretato comunemente come comprendente la radiodiffusione di segnali televisivi: v. S. Ricketson, The Berne Convention for the Protection of Literary and Artistic Works: 1886‑1986, pag. 439. Ricketson descrive la «radiodiffusione» come «un nuovo sviluppo tecnologico che aveva profonde implicazioni per i diritti degli autori» (pag. 103).


48 – Le diverse formulazioni «communication to the public» e «public communication» non sembrano presentare grandi differenze. Entrambe sono rese con «communication publique» nel testo francese che, ex art. 37, n. 1, lett. c, fa fede in caso di interpretazioni divergenti dei diversi testi.


49 – Glossario del diritto d'autore e dei diritti connessi (1980). Nell'introduzione del glossario si afferma che lo scopo generale dello stesso è «facilitare la comprensione dei termini giuridici utilizzati con maggiore frequenza nei settori del diritto d'autore e dei diritti connessi».


50 – Il relatore alla conferenza di Bruxelles ha affermato: «Tenendo in debito conto lo sviluppo portentoso della radio, il programma ha proposto [un articolo 11 bis] riveduto che distingueva il diritto in base alle ultime forme di sviluppo (…) nel tentativo di includere i progressi o gli ampliamenti ancora realizzabili con [la televisione]» (Atti, cit. alla nota 48, pag. 263). Analogamente Ricketson afferma che all'epoca della revisione di Bruxelles i diritti degli autori «correvano il rischio di essere sopraffatti dai rapidi e rivoluzionari cambiamenti tecnologici che stavano avendo luogo» [op. cit., pag. 113 (paragrafo 3.48)]. V. anche Ricketson, pag. 424, paragrafo 8.63.


51 – Ricketson, op. cit., pag. 449.


52 – Guida alla Convenzione di Berna (1978). Secondo l'introduzione, la guida non «intende essere una interpretazione autentica delle disposizioni della convenzione», essa vuole «presentare, nella maniera più semplice e chiara possibile, i contenuti della Convenzione di Berna e fornire alcune spiegazioni circa la sua natura, gli obiettivi e gli ambiti di applicazione».


53 –      Paragrafi 11 bis 11 e 11 bis 12; il corsivo è mio.


54 – Cit. alla nota 18; paragrafo 22.


55 – V. Reinbothe & von Lewinski, op. cit., pag. 107, paragrafo 12.


56 – Paragrafo 26.


57 – Ibid., paragrafo 24.


58 – Paragrafo 25.


59 – Il corsivo è mio. L'equivalente in spagnolo, che ha motivato la deduzione, è «deberían», tuttavia in francese è «doivent».


60 – Trentaduesimo ‘considerando’ del preambolo; il corsivo è mio.


61 – Neanche in risposta ad una domanda in sede di udienza.


62 – Il glossario dell'OMPI definisce «diffusione di segni, suoni e immagini» ai fini dell'art. 11 bis, n. 1, 1) «qualsiasi tecnica per la trasmissione di opere o di altri suoni e/o programmi e informazioni visive destinate alla ricezione pubblica a distanza tramite strumenti senza filo o via filo».


63 – Il corsivo è mio.


64 – Paragrafo 11 bis 12.


65 – V. allo stesso fine Ricketson, op. cit., nota 48, pagg. 432 e 433 (paragrafo 8.71) e 453 (paragrafo 8.88), Reinbothe e von Lewinski, op. cit., nota 35, pag. 107, paragrafo 12.


66 – Paragrafo 24.


67 – L'art. 8 conferisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare e vieta (subordinatamente ad eccezioni di interesse pubblico) qualsiasi interferenza dell'autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto.


68 – Il governo irlandese cita la sentenza 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commission (Racc. pag. I‑2859, punto 19), e la sentenza 22 ottobre 2002, causa C‑94/00, Roquette Frères (Racc. pag. I‑9011, punti 27 e 29).


69 – Cit. alla nota 18, paragrafo 23.


70 – Cit. alla nota 18, paragrafo 22.