Language of document : ECLI:EU:C:2007:623

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

23 ottobre 2007 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Art. 56 CE – Disposizioni legislative relative alla società per azioni Volkswagen»

Nella causa C‑112/05,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 4 marzo 2005,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. F. Benyon e G. Braun, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica federale di Germania, rappresentata dai sigg. M. Lumma e A. Dittrich, in qualità di agenti, assistiti dal sig. H. Wissel, Rechtsanwalt,

convenuta,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann (relatore), C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts e L. Bay Larsen, presidenti di sezione, dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Schiemann, J. Makarczyk, E. Levits, A. Ó Caoimh, e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz‑Jarabo Colomer

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 12 dicembre 2006,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 febbraio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che gli artt. 2, n. 1, nonché 4, nn. 1 e 3, della legge 21 luglio 1960, relativa al trasferimento al settore privato delle quote della società a responsabilità limitata Volkswagenwerk (Gesetz über die Überführung der Anteilsrechte an der Volkswagenwerk Gesellschaft mit beschränkter Haftung in private Hand, BGBl. 1960 I, pag. 585, e BGBl. 1960 III, pag. 641‑1‑1), nella sua versione applicabile alla presente controversia (in prosieguo: la «legge VW»), violano gli artt. 43 CE e 56 CE.

 Ambito normativo

 La legge sulle società per azioni

2        L’art. 134, n. 1, della legge sulle società per azioni (Aktiengesetz) del 6 settembre 1965 (BGBl. 1965 I, pag. 1089; in prosieguo: la «legge sulle società per azioni»), come modificata dalla legge sul controllo e la trasparenza nel settore delle imprese (Gesetz zur Kontrolle und Transparenz im Unternehmensbereich), del 27 aprile 1998 (BGBl. 1998 I, pag. 786), così dispone:

«Il diritto di voto si esercita in funzione dell’importo nominale delle azioni o, nel caso delle azioni di quota (“Stückaktien”), del loro numero. Nel caso delle società non quotate, lo statuto può limitare il diritto di voto, qualora un azionista detenga varie azioni, fissando un limite massimo assoluto o progressivo (…)».

3        L’art. 101, n. 2, della legge sulle società per azioni prevede quanto segue:

«Il diritto di designare rappresentanti nel consiglio di sorveglianza deve essere previsto nello statuto e può essere concesso soltanto a determinati azionisti o ai titolari di determinate azioni. In quest’ultimo caso, il diritto di rappresentanza è riconosciuto solamente qualora le azioni siano nominative e qualora il trasferimento delle stesse sia soggetto all’approvazione della società. Le quote degli azionisti che dispongono di tale diritto non rappresentano una categoria particolare. Nel complesso, i diritti di rappresentanza attribuiti non devono superare un terzo del numero di rappresentanti degli azionisti nel consiglio di sorveglianza previsto dalla legge o dallo statuto. L’art. 4, n. 1, della [legge VW] rimane invariato».

 La legge VW

4        L’art. 1, n. 1, della legge VW dispone che la società a responsabilità limitata Volkswagenwerk è trasformata in una società per azioni (in prosieguo: la «Volkswagen»).

5        L’art. 2 della legge VW, relativo al diritto di voto e ai limiti di tale diritto, al suo n. 1 così recita:

«Il diritto di voto di un azionista titolare di azioni il cui importo nominale superi un quinto del capitale sociale è limitato al numero di voti conferito da un importo di azioni nominale pari a un quinto del capitale sociale».

6        L’art. 3 della stessa legge, relativo alla rappresentanza per l’esercizio del diritto di voto, prevede al suo n. 5:

«Nessuno, in occasione dell’assemblea generale, può esercitare il diritto di voto corrispondente ad un importo di azioni superiore al quinto del capitale sociale».

7        L’art. 4 della citata legge, dal titolo «Statuto della società», recita:

«1.      La Repubblica federale di Germania e il Land della Bassa Sassonia sono autorizzati a designare ciascuno due membri del consiglio di sorveglianza, purché posseggano azioni della società.

(…)

3.      Le decisioni dell’assemblea generale per le quali, ai sensi della legge sulle società per azioni, è necessaria una maggioranza pari almeno ai tre quarti del capitale sociale rappresentato in occasione della loro adozione richiedono una maggioranza superiore ai quattro quinti del capitale sociale rappresentato in occasione di tale adozione».

 Fase precontenziosa del procedimento

8        Dopo avere invitato la Repubblica federale di Germania a presentare le sue osservazioni in merito agli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 1 e 3, della legge VW, in data 1 aprile 2004 la Commissione ha emanato un parere motivato affermando che tali disposizioni nazionali rappresentano restrizioni alla libera circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento garantite, rispettivamente, dagli artt. 56 CE e 43 CE. Poiché tale Stato membro non ha adottato le misure necessarie per conformarsi a detto parere nel termine impartito, la Commissione ha proposto il ricorso in esame, a sostegno del quale essa afferma che il fatto di mantenere in vigore le citate disposizioni viola gli artt. 56 CE e 43 CE.

 Sul ricorso

9        La Commissione rileva, in sostanza, che le disposizioni in questione della legge VW, limitando, in primo luogo, in deroga al diritto comune, i diritti di voto di ogni azionista al 20% del capitale sociale della Volkswagen, richiedendo, in secondo luogo, una maggioranza superiore all’80% del capitale rappresentato ai fini delle decisioni dell’assemblea generale che richiedono, secondo il diritto comune, solamente una maggioranza pari al 75% e consentendo, in terzo luogo, in deroga al diritto comune, allo Stato federale e al Land della Bassa Sassonia di designare ciascuno due rappresentanti nell’ambito del consiglio di sorveglianza della società di cui trattasi, sono idonee a dissuadere gli investimenti diretti e rappresentano pertanto restrizioni alla libera circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 56 CE.

10      La Commissione non sviluppa alcuna specifica argomentazione per dimostrare una violazione dell’art. 43 CE.

11      La Repubblica federale di Germania contesta la fondatezza del motivo sollevato dalla Commissione in merito alla violazione dell’art. 56 CE.

12      Rilevando che la Commissione non si esprime in alcun modo sul motivo relativo alla violazione dell’art. 43 CE, la Repubblica federale di Germania ne deduce che esso è divenuto privo di oggetto.

 Sulla violazione dell’art. 43 CE

13      In conformità ad una giurisprudenza costante, rientrano nell’ambito di applicazione ratione materiae delle disposizioni del Trattato CE relative alla libertà di stabilimento le disposizioni nazionali che si applicano alla detenzione da parte di un cittadino dello Stato membro interessato, nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro, di una partecipazione tale da conferirgli una sicura influenza sulle decisioni di tale società e da consentirgli di indirizzarne le attività (v., segnatamente, sentenze 13 aprile 2000, causa C‑251/98, Baars, Racc. pag. I‑2787, punto 22; 12 settembre 2006, causa C‑196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, Racc. pag. I‑7995, punto 31, e 13 marzo 2007, causa C‑524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, Racc. pag. I‑2107, punto 27).

14      Nella fattispecie emerge dal fascicolo, segnatamente dall’argomentazione difensiva formulata dalla Repubblica federale di Germania, che le disposizioni della legge VW in esame nell’ambito del ricorso riguardano, quanto meno in parte, la situazione di un’eventuale assunzione di controllo della Volkswagen ad opera di un azionista che abbia l’obiettivo di esercitare un’influenza dominante sull’impresa.

15      Si deve tuttavia rilevare che la Commissione non ha sviluppato nell’ambito del suo ricorso, come neppure nella sua replica o in sede di udienza, alcuna argomentazione specifica a sostegno di un’eventuale restrizione alla libertà di stabilimento.

16      Di conseguenza, occorre respingere il ricorso nella parte in cui esso è basato su una violazione dell’art. 43 CE.

 Sulla violazione dell’art. 56 CE

17      Secondo una costante giurisprudenza, l’art. 56, n. 1, CE vieta in maniera generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri (v., in particolare, sentenza 28 settembre 2006, cause riunite C‑282/04 e C‑283/04, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑9141, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

18      In assenza di definizione, nell’ambito del Trattato CE, della nozione di «movimenti di capitali» ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, la Corte ha in precedenza riconosciuto un valore indicativo alla nomenclatura allegata alla direttiva del Consiglio 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per l’attuazione dell’art. 67 del Trattato [articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam] (GU L 178, pag. 5). Costituiscono quindi movimenti di capitali ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, segnatamente, gli investimenti diretti, vale a dire, come emerge da tale nomenclatura e dalle relative note esplicative, gli investimenti di qualsiasi tipo effettuati dalle persone fisiche o giuridiche aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti tra il finanziatore e l’impresa cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica (v., in tal senso, sentenze 12 dicembre 2006, causa C‑446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, Racc. pag. I‑11753, punti 179‑181, e 24 maggio 2007, causa C‑157/05, Holböck, Racc. pag. I‑4051, punti 33 e 34). Con riferimento a partecipazioni in imprese nuove o esistenti, come confermano tali note esplicative, l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli presuppone che le azioni detenute dall’azionista conferiscano a quest’ultimo, a norma delle disposizioni di legge nazionali sulle società per azioni o altrimenti, la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione di tale società o al suo controllo (v. citate sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 182, e Holböck, punto 35; v. altresì sentenze 4 giugno 2002, causa C‑367/98, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑4731, punto 38; causa C‑483/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I-4781, punto 37; causa C‑503/99, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑4809, punto 38; 13 maggio 2003, causa C‑463/00, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑4581, punto 53; causa C‑98/01, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑4641, punto 40; 2 giugno 2005, causa C‑174/04, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑4933, punto 28, nonché Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 19).

19      Con riferimento a tale forma di investimenti, la Corte ha precisato che devono essere qualificate come «restrizioni» ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE misure nazionali idonee a impedire o a limitare l’acquisizione di azioni nelle imprese interessate o che possano dissuadere gli investitori degli altri Stati membri dall’investire nel capitale di queste ultime (v. citate sentenze Commissione/Portogallo, punto 45; Commissione/Francia, punto 41; Commissione/Spagna, punto 61; Commissione/Regno Unito, punto 47; Commissione/Italia, punti 30 e 31, nonché Commissione/Paesi Bassi, punto 20).

20      Nella fattispecie, la Repubblica federale di Germania afferma, in sostanza, che la legge VW non rappresenta una misura nazionale ai sensi della giurisprudenza citata ai tre precedenti punti. Essa aggiunge che neppure le disposizioni impugnate di tale legge, considerate singolarmente o nel loro complesso, rappresentano restrizioni ai sensi della citata giurisprudenza.

21      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare gli argomenti dedotti dalla Commissione a sostegno del suo motivo basato sulla violazione dell’art. 56 CE.

 Sull’esistenza di una misura nazionale

 Argomenti delle parti

22      La Repubblica federale di Germania ricorda che la legge VW si basa su un compromesso raggiunto nel 1959 dalle persone e dai gruppi che, nel corso degli anni ’50, avevano avanzato diritti sulla società a responsabilità limitata Volkswagenwerk. All’epoca, sia i sindacati e i lavoratori, sia lo Stato federale e il Land della Bassa Sassonia beneficiavano di diritti su tale impresa. Nell’ambito del citato compromesso, i lavoratori e i sindacati, quale contropartita per la loro rinuncia a rivendicare un diritto di proprietà su quest’ultima, avrebbero ottenuto la garanzia di essere tutelati nei confronti di un grande azionista che dovesse dominare da solo sulla società in questione.

23      La Repubblica federale di Germania osserva che tale compromesso si è concretizzato innanzitutto mediante la conclusione, il 12 novembre 1959, di un contratto («Staatsvertrag») tra lo Stato federale e il Land della Bassa Sassonia e, successivamente, mediante l’adozione, in base a tale contratto, della legge 9 maggio 1960, recante regolamentazione della situazione giuridica della società a responsabilità limitata Volkswagenwerk (Gesetz über die Regelung der Rechtsverhältnisse bei der Volkswagenwerk Gesellschaft mit beschränkter Haftung, BGBl. 1960 I, pag. 301), seguita dall’adozione, in data 6 luglio 1960, dello statuto della Volkswagen e, infine, della legge VW, che ha ripreso le norme già contenute in tale statuto.

24      A parere di detto Stato membro, la legge VW, nel creare la società per azioni Volkswagen e nel procedere alla sua privatizzazione, non ha fatto altro che esprimere la volontà degli azionisti nonché di tutti gli altri soggetti e di tutti gli altri gruppi che avevano avanzato diritti di natura privata su tale impresa. Con riferimento alla libera circolazione dei capitali, detta legge dovrebbe pertanto essere assimilata ad una convenzione tra titolari di quote. In forza dell’adagio pacta sunt servanda, detto compromesso conserverebbe a tutt’oggi il suo pieno valore.

25      La Commissione osserva che tali considerazioni storiche sono irrilevanti. Gli addebiti che essa muove alla Repubblica federale di Germania non avrebbero ad oggetto i motivi dell’attività legislativa svolta da tale Stato membro nel 1960, ma riguarderebbero la sua attuale inattività sul piano legislativo, in quanto la legge VW contrasta, da molto tempo, con le esigenze della libera circolazione dei capitali.

 Giudizio della Corte

26      Ammettendo che, come affermato dalla Repubblica federale di Germania, la legge VW si limiti a riprodurre un accordo qualificabile come contratto di diritto privato, si deve rilevare che il fatto che detto accordo sia stato oggetto di una legge è sufficiente a far sì che esso sia considerato, con riferimento alla libera circolazione dei capitali, come una misura nazionale.

27      Infatti, l’esercizio della competenza legislativa ad opera delle autorità nazionali, debitamente abilitate a tal fine, rappresenta la manifestazione per eccellenza del potere statale.

28      Occorre oltretutto rilevare che le disposizioni della legge di cui trattasi non possono più essere modificate dalla mera volontà delle parti dell’accordo iniziale, ma che qualsiasi modifica richiede l’adozione di una nuova legge, in conformità alle procedure di diritto costituzionale della Repubblica federale di Germania.

29      Di conseguenza, l’argomento di quest’ultima secondo cui la legge VW non rappresenterebbe una misura nazionale con riferimento alla libera circolazione dei capitali deve essere respinto.

 Sull’esistenza di restrizioni

30      Alla luce dell’argomentazione sviluppata dalle parti con riferimento alle due prime censure, nonché agli effetti cumulativi prodotti dalle due disposizioni della legge VW contestate nell’ambito di tali censure, queste ultime devono essere esaminate congiuntamente.

 Sulla prima e sulla seconda censura, basate sul limite massimo ai diritti di voto pari al 20% e sulla fissazione della minoranza di blocco al 20%

–       Argomenti delle parti

31      Per quanto riguarda, in primo luogo, il limite massimo ai diritti di voto di ogni azionista al 20% del capitale sociale della Volkswagen, previsto dall’art. 2, n. 1, della legge VW, la Commissione sostiene che tale norma contraddice l’esigenza di correlazione tra la partecipazione a detto capitale e i diritti di voto ad essa relativi. Pur ammettendo che la previsione di un limite massimo ai diritti di voto sia uno strumento corrente nell’ambito del diritto societario, utilizzato altresì in altri Stati membri, vi sarebbe una rilevante differenza tra l’ipotesi in cui lo Stato offra la possibilità di introdurre un siffatto strumento nello statuto di una società, come avviene nel diritto tedesco per le società per azioni non quotate in borsa, e l’ipotesi in cui esso adotti, in veste di legislatore, una disposizione in tal senso riguardante un’unica impresa e, in definitiva, nel suo stesso interesse, come avviene nel caso dell’art. 2, n. 1, della legge VW.

32      La Repubblica federale di Germania ricorda che, in occasione della costituzione della Volkswagen, il limite massimo ai diritti di voto era stato stabilito nello 0,01% per tutti gli azionisti, fatta eccezione per lo Stato federale e per il Land della Bassa Sassonia, i quali potevano esercitare i loro diritti proporzionalmente alla loro partecipazione del 20% ciascuno. Tuttavia, nel corso dell’anno 1970, tale statuto derogatorio in favore di questi due ultimi soggetti è stato abolito e il limite massimo ai diritti di voto è stato innalzato al 20% per applicarsi indistintamente a tutti gli azionisti. La Repubblica federale di Germania sottolinea che, da allora, la disposizione di cui trattasi della legge VW è indistintamente applicabile a tutti gli azionisti della Volkswagen. Il contesto giuridico si distinguerebbe, in tal senso, da quelli presi in considerazione nella giurisprudenza cui fa riferimento la Commissione per dimostrare, nella fattispecie, l’esistenza di restrizioni alla libera circolazione dei capitali (citate sentenze Commissione/Portogallo, punti 36 e 44; Commissione/Francia, punti 35 e 40; Commissione/Belgio, punto 36; Commissione/Spagna, punti 51 e 56; Commissione/Regno Unito, punti 38 e 43, e Commissione/Italia, punto 26). Tale giurisprudenza avrebbe riguardato, infatti, taluni diritti speciali istituiti a vantaggio dello Stato. Secondo la Repubblica federale di Germania, un’eventuale estensione dell’ambito di tutela della libera circolazione dei capitali al di là dei diritti speciali dello Stato amplierebbe all’infinito l’ambito applicativo di tale libertà.

33      Nel contestare la tesi secondo cui dovrebbe sussistere una correlazione tra la partecipazione al capitale di una società e i diritti di voto degli azionisti della stessa, tale Stato membro afferma che il legislatore nazionale è libero di legiferare nel settore del diritto societario nazionale e di prevedere norme applicabili a taluni gruppi di imprese, se non addirittura a una sola impresa, laddove da una legislazione siffatta non discenda alcun ostacolo.

34      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la fissazione di una minoranza di blocco pari al 20%, la Commissione afferma che, col pretendere una maggioranza superiore all’80% del capitale rappresentato per le decisioni dell’assemblea generale che, secondo il diritto societario comune, richiedono solo una maggioranza pari ad almeno il 75%, l’art. 4, n. 3, della legge VW consente al Land della Bassa Sassonia, considerata la partecipazione dell’ordine del 20% che esso possiede sin dalla privatizzazione della Volkswagen, di bloccare tale tipo di decisioni. Secondo la Commissione, il requisito di una soglia più elevata dell’80% è stato introdotto, nonostante la sua parvenza formalmente non discriminatoria, ad esclusivo beneficio dei pubblici poteri.

35      La Commissione ammette che la legge sulle società per azioni autorizza la fissazione di percentuali superiori al 75% per l’adozione delle decisioni di cui trattasi, ma sottolinea che si tratta di una libertà concessa agli azionisti, i quali possono decidere se farne o meno uso. Per contro, la soglia dell’80% prevista dall’art. 4, n. 3, della legge VW sarebbe stata imposta agli azionisti della Volkswagen dal legislatore, allo scopo di garantire a sé stesso, quale principale azionista all’epoca, una minoranza di blocco.

36      In via preliminare, la Repubblica federale di Germania sottolinea che, come la disposizione relativa al limite massimo dei diritti di voto pari al 20%, la disposizione in esame della legge VW è indistintamente applicabile a tutti gli azionisti della Volkswagen. Essa ritiene pertanto che la disposizione di cui trattasi non rappresenti una restrizione alla libera circolazione dei capitali in quanto non conferisce alcun diritto speciale allo Stato.

37      La Repubblica federale di Germania aggiunge che né la legge sulle società per azioni né la disciplina comunitaria in materia prevedono alcun limite alla fissazione di una minoranza di blocco. La situazione del Land della Bassa Sassonia, sotto il profilo della sua capacità di costituire una minoranza di blocco, corrisponderebbe alla normale situazione di un azionista di analoga rilevanza. Tale Stato membro sottolinea, in proposito, che, se è vero che il Land della Bassa Sassonia detiene attualmente una partecipazione pari al 20% circa del capitale della Volkswagen, tale partecipazione deriva da investimenti realizzati sul mercato in qualità di investitore privato.

–       Giudizio della Corte

38      Come osservato dalla Repubblica federale di Germania, il limite massimo ai diritti di voto è uno strumento noto nell’ambito del diritto societario.

39      È peraltro pacifico tra le parti che, se è vero che l’art. 134, n. 1, prima frase, della legge sulle società per azioni introduce il principio della proporzionalità del diritto di voto alla quota del capitale, la seconda frase del citato articolo autorizza, in taluni casi, una limitazione ai diritti di voto.

40      Tuttavia, come giustamente rilevato dalla Commissione, sussiste una differenza tra una facoltà concessa a taluni azionisti, i quali sono liberi di decidere se intendono o meno farne uso, e uno specifico obbligo imposto agli azionisti per via legislativa, senza fornire loro alcuna possibilità di deroga.

41      Oltretutto, le parti concordano nell’ammettere che, nella sua versione derivante dalla legge relativa al controllo e alla trasparenza nel settore delle imprese, l’art. 134, n. 1, prima frase, della legge sulle società per azioni ha abolito la possibilità di introdurre una limitazione dei diritti di voto nello statuto di società quotate in borsa. Come osservato dalla Commissione, senza essere contraddetta sul punto specifico dal governo tedesco, poiché la Volkswagen è una società quotata in borsa, il suo statuto non potrebbe di norma prevedere alcun limite massimo ai diritti di voto.

42      La Repubblica federale di Germania afferma che, poiché la limitazione prevista dall’art. 2, n. 1, della legge VW è indistintamente applicabile a tutti gli azionisti, essa può essere considerata, nel contempo, come uno svantaggio e come un vantaggio. Alla limitazione dei diritti di voto subita da un azionista che detiene più del 20% del capitale sociale corrisponderebbe una tutela rispetto all’influenza di altri eventuali azionisti che detengano rilevanti partecipazioni e, in tal modo, sussisterebbe la garanzia di poter partecipare effettivamente alla gestione della società.

43      Prima di formulare un giudizio su tale argomento, è necessario esaminare gli effetti del citato limite massimo ai diritti di voto con riferimento all’obbligo, previsto dall’art. 4, n. 3, della legge VW, di una maggioranza superiore all’80% del capitale sociale ai fini dell’adozione di talune decisioni dell’assemblea generale degli azionisti della Volkswagen.

44      Come rilevato dalla Commissione, senza essere contraddetta sul punto dalla Repubblica federale di Germania, si tratta di decisioni, quali ad esempio una modifica dello statuto, del capitale o delle strutture finanziarie della società, per le quali la legge sulle società per azioni richiede una maggioranza pari quantomeno al 75% del capitale sociale.

45      È vero – come osserva la Repubblica federale di Germania – che la percentuale del 75% del capitale sociale prevista dalla legge sulle società per azioni può essere aumentata e fissata ad una percentuale superiore dallo statuto societario. Tuttavia, come giustamente rilevato dalla Commissione, si tratta in tal caso di una facoltà che gli azionisti sono liberi di decidere se esercitare o meno. Per contro, la fissazione della soglia di maggioranza superiore all’80% del capitale in questione, prevista dall’art. 4, n. 3, della legge VW, risulta non dalla volontà degli azionisti bensì, come stabilito al punto 29 di questa sentenza, da una misura nazionale.

46      Tale requisito derogatorio rispetto al diritto comune, imposto mediante una specifica legislazione, conferisce in tal modo a qualsiasi azionista che detenga il 20% del capitale sociale la possibilità di disporre di una minoranza di blocco.

47      È vero che, come sottolineato dalla Repubblica federale di Germania, tale possibilità è indistintamente applicabile. Analogamente al limite massimo ai diritti di voto, essa può produrre effetti sia favorevoli che sfavorevoli nei confronti di qualsiasi azionista della società.

48      Dal fascicolo emerge tuttavia che, in sede di adozione della legge VW, nel 1960, lo Stato federale e il Land della Bassa Sassonia erano i due principali azionisti della Volkswagen, società recentemente privatizzata, della quale essi detenevano ciascuno il 20% del capitale.

49      Secondo le informazioni fornite alla Corte, se è vero che lo Stato federale ha scelto di rinunciare alla propria partecipazione al capitale della Volkswagen, il Land della Bassa Sassonia, da parte sua, mantiene ancora una partecipazione pari al 20%.

50      L’art. 4, n. 3, della legge VW introduce in tal modo uno strumento che consente agli operatori pubblici di garantirsi, mediante un investimento inferiore rispetto a quanto sarebbe richiesto dal diritto societario comune, una minoranza di blocco che consente loro di opporsi a rilevanti decisioni.

51      Nell’introdurre un limite massimo ai diritti di voto, anch’esso pari al 20%, l’art. 2, n. 1, della legge VW completa un contesto giuridico che fornisce ai citati operatori pubblici la possibilità di esercitare, con un tale investimento di più modesta portata, un’influenza sostanziale.

52      Detta situazione, limitando la possibilità degli altri azionisti di partecipare alla società con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con quest’ultima, che consentano una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, è idonea a dissuadere taluni investitori diretti di altri Stati membri.

53      Tale rilievo non può essere messo in discussione dall’argomento formulato dalla Repubblica federale di Germania, secondo cui le azioni della Volkswagen sono tra le più richieste in Europa e un gran numero delle stesse si troverebbe nelle mani di investitori di altri Stati membri.

54      Infatti, come osserva la Commissione, le restrizioni alla libera circolazione dei capitali di cui trattasi nel ricorso hanno ad oggetto gli investimenti diretti nel capitale della Volkswagen, anziché gli investimenti di portafoglio, che sono effettuati soltanto per realizzare un investimento finanziario (v. sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 19) e non sono considerati nel ricorso. Per quanto riguarda gli investitori diretti, si deve rilevare che gli artt. 2, n. 1, e 4, n. 3, della legge VW, poiché introducono uno strumento idoneo a limitare la loro possibilità di partecipare alla società con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con quest’ultima, che consentano una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, riducono l’interesse all’acquisto di una partecipazione nel capitale della Volkswagen.

55      Tale rilievo non è confutato dalla presenza, nell’ambito dell’azionariato della Volkswagen, di un numero di investitori diretti che, secondo la Repubblica federale di Germania, sarebbe analogo a quello presente nell’azionariato di altre grandi imprese. Infatti, detta circostanza non è tale da contraddire il fatto che, in ragione delle disposizioni in esame della legge VW, taluni investitori diretti di altri Stati membri, attuali o potenziali, hanno potuto essere dissuasi dall’acquisire una partecipazione nel capitale di tale società al fine di parteciparvi con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con essa, che consentano una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, pur avendo il diritto di beneficiare del principio della libera circolazione dei capitali e della tutela derivante a loro favore dal principio citato.

56      Si deve dunque dichiarare che il combinato disposto degli artt. 2, n. 1, e 4, n. 3, della legge VW rappresenta una restrizione ai movimenti di capitali ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE.

 Sulla terza censura, basata sul diritto di designazione di due rappresentanti nel consiglio di sorveglianza della Volkswagen

–       Argomenti delle parti

57      La Commissione osserva che l’art. 4, n. 1, della legge VW, che consente allo Stato federale e al Land della Bassa Sassonia di designare ciascuno due rappresentanti nel consiglio di sorveglianza della Volkswagen, purché essi ne siano azionisti, deroga alla norma prevista dall’art. 101, n. 2, della legge sulle società per azioni, secondo cui un tale diritto può essere istituito solamente dallo statuto e può riguardare solamente un terzo dei membri del consiglio di sorveglianza nominati dagli azionisti, vale a dire, nel caso della Volkswagen, tre rappresentanti. Secondo la Commissione, il citato art. 4, n. 1, limitando la possibilità per gli altri azionisti di partecipare effettivamente alla gestione e al controllo di tale società, rappresenta una restrizione alla libera circolazione dei capitali.

58      La Repubblica federale di Germania rileva che il consiglio di sorveglianza è meramente un organo di controllo e non un organo decisionale. Essa aggiunge che il numero di rappresentanti nel consiglio di sorveglianza della Volkswagen è proporzionale alla partecipazione al capitale di quest’ultima e che, a tal proposito, la rappresentanza del Land della Bassa Sassonia è inferiore alla quota da esso detenuta in detto capitale. Essa afferma che l’art. 4, n. 1, della legge VW non ha, del resto, alcun rilievo pratico per le decisioni in materia di investimenti.

–       Giudizio della Corte

59      Ai sensi dell’art. 4, n. 1, della legge VW, lo Stato federale e il Land della Bassa Sassonia hanno la possibilità, a condizione che siano azionisti della Volkswagen, di designare ciascuno due rappresentanti in qualità di membri del consiglio di sorveglianza di quest’ultima, vale a dire un numero complessivo di quattro persone.

60      Una siffatta possibilità rappresenta una deroga al diritto societario comune. Quest’ultimo limita infatti i diritti di rappresentanza concessi a taluni azionisti a un terzo del numero di rappresentanti degli azionisti nel consiglio di sorveglianza. Nel caso della Volkswagen, in cui, come ha affermato la Commissione senza essere contraddetta sul punto, il consiglio di sorveglianza è composto di 20 membri, 10 dei quali sono designati dagli azionisti, il numero di rappresentanti designabili dallo Stato federale e dal Land della Bassa Sassonia potrebbe essere, secondo il diritto societario comune, pari al massimo a 3.

61      Si tratta quindi di un diritto specifico, derogatorio rispetto al diritto societario comune, previsto ad esclusivo beneficio degli operatori pubblici da una misura legislativa nazionale.

62      Il diritto di designazione attribuito allo Stato federale e al Land della Bassa Sassonia dà loro la possibilità di partecipare all’attività del consiglio di sorveglianza con maggiore rilievo rispetto a quanto sarebbe loro normalmente concesso dalla loro qualità di azionisti.

63      Anche se, come osservato dalla Repubblica federale di Germania, il diritto di rappresentanza del Land citato non è sproporzionato rispetto alla partecipazione che esso attualmente detiene nel capitale della Volkswagen, è altresì vero che sia tale Land, sia lo Stato federale dispongono del diritto di designare due rappresentanti nel consiglio di sorveglianza della Volkswagen in quanto posseggono azioni di quest’ultima, a prescindere dall’ampiezza della loro partecipazione.

64      L’art. 4, n. 1, della legge VW introduce in tal modo uno strumento che fornisce agli operatori pubblici la possibilità di esercitare un’influenza che va al di là dei loro investimenti. Corrispettivamente, l’influenza degli altri azionisti può risultare ridotta rispetto ai loro investimenti.

65      Il fatto che il consiglio di sorveglianza sia, come sostenuto dalla Repubblica federale di Germania, non un organo decisionale, bensì un mero organo di controllo non è tale da mettere in discussione la posizione e l’influenza degli operatori pubblici di cui trattasi. Infatti, laddove il diritto societario tedesco attribuisce al consiglio di sorveglianza il compito di controllare la gestione della società nonché di riferire agli azionisti in ordine a tale gestione, esso concede a detto organo, ai fini dell’esercizio di tale compito, talune rilevanti competenze, quali la nomina e la revoca dei membri del comitato esecutivo. Oltretutto, come ricordato dalla Commissione, il consenso del consiglio di sorveglianza è necessario per un certo numero di operazioni tra cui, oltre alla realizzazione e al trasferimento di impianti produttivi, la creazione di succursali, l’acquisto e la vendita di beni immobili, gli investimenti e il riacquisto di altre imprese.

66      Limitando la possibilità degli altri azionisti di partecipare alla società con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con quest’ultima, che consentano una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, l’art. 4, n. 1, della legge VW è idoneo a dissuadere gli investitori diretti di altri Stati membri dall’investire nel capitale della società.

67      Per le stesse ragioni esposte ai punti 53‑55 della presente sentenza, tale rilievo non può essere confutato dall’argomento della Repubblica federale di Germania secondo cui sui mercati finanziari internazionali sussisterebbe un vivace interesse degli investitori per le azioni della Volkswagen.

68      Alla luce di quanto precede, occorre rilevare che l’art. 4, n. 1, della legge VW rappresenta una restrizione ai movimenti di capitali ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE.

69      La questione se lo Stato federale e il Land della Bassa Sassonia facciano o meno uso del diritto loro attribuito dal citato art. 4, n. 1, è priva di qualsivoglia rilevanza. A tal proposito è sufficiente rilevare, infatti, che il diritto specifico e derogatorio rispetto al diritto comune attribuito a tali operatori pubblici di nominare rappresentanti nel consiglio di sorveglianza della Volkswagen sussiste nell’ordinamento giuridico tedesco.

 Su un’eventuale giustificazione delle restrizioni

 Argomenti delle parti

70      La Repubblica federale di Germania afferma, in subordine, che le disposizioni della legge VW contestate dalla Commissione sono giustificate da motivi imperativi di interesse generale. Tale legge, che si iscrive in un peculiare contesto storico, avrebbe infatti istituito un «giusto equilibrio dei poteri» per tener conto degli interessi dei lavoratori della Volkswagen e per tutelare gli azionisti di minoranza della stessa. Detta legge perseguirebbe in tal modo un obiettivo di politica sociale e regionale nonché un obiettivo economico, in combinazione con obiettivi di politica industriale.

71      Secondo la Commissione, che contesta la rilevanza di tali considerazioni storiche, la legge VW non risponde all’interesse generale, poiché le ragioni invocate dalla Repubblica federale di Germania non valgono per tutte le imprese che esercitano un’attività sul territorio di tale Stato membro, ma persegue obiettivi di politica economica che non possono giustificare restrizioni alla libera circolazione dei capitali (sentenza Commissione/Portogallo, cit., punti 49 e 52).

 Giudizio della Corte

72      La libera circolazione dei capitali può essere limitata da provvedimenti nazionali che si giustifichino per le ragioni di cui all’art. 58 CE o per motivi imperativi di interesse generale, purché non esistano misure comunitarie di armonizzazione che indichino i provvedimenti necessari a garantire la tutela di tali interessi (v. citate sentenze Commissione/Portogallo, punto 49; Commissione/Francia, punto 45; Commissione/Belgio, punto 45; Commissione/Spagna, punto 68; Commissione/Italia, punto 35, nonché Commissione/Paesi Bassi, punto 32).

73      In mancanza di tale armonizzazione comunitaria, spetta in linea di principio agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire la tutela di tali legittimi interessi, nonché il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. Essi non possono tuttavia farlo se non nei limiti indicati dal Trattato e, in particolare, nel rispetto del principio di proporzionalità, che richiede che le misure adottate siano idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (v. citate sentenze Commissione/Portogallo, punto 49; Commissione/Francia, punto 45; Commissione/Belgio, punto 45; Commissione/Spagna, punto 68; Commissione/Italia, punto 35, nonché Commissione/Paesi Bassi, punto 33).

74      Per quanto riguarda la tutela degli interessi dei lavoratori, invocata dalla Repubblica federale di Germania per giustificare le disposizioni controverse della legge VW, si deve rilevare che tale Stato membro non è stato in grado di spiegare, al di là di generali considerazioni sulla necessità di una tutela nei confronti di un grande azionista che domini da solo sulla società, la ragione per cui il mantenimento, nel capitale della Volkswagen, di una posizione rafforzata e inamovibile a vantaggio di operatori pubblici sarebbe idoneo e necessario a raggiungere l’obiettivo di tutela dei lavoratori di tale società.

75      Inoltre, quanto al diritto di designare taluni rappresentanti nel consiglio di sorveglianza, si deve constatare che, ai sensi della legislazione tedesca, i lavoratori dispongono direttamente di una rappresentanza nell’ambito dell’organo in questione.

76      Di conseguenza, la giustificazione addotta dal citato Stato membro in merito alla tutela dei lavoratori non può essere accolta.

77      Lo stesso vale per la giustificazione che la Repubblica federale di Germania vorrebbe trarre dalla tutela degli azionisti di minoranza. Se la volontà di tutelare questi ultimi può rappresentare del pari un interesse legittimo e giustificare, nel rispetto dei principi richiamati ai punti 72 e 73 di questa sentenza, un intervento legislativo, anche qualora quest’ultimo sia tale da rappresentare, sotto altro profilo, una restrizione alla libera circolazione dei capitali, si deve rilevare che, nella fattispecie, una tale volontà non può giustificare le disposizioni controverse della legge VW.

78      Occorre ricordare in proposito che le disposizioni in oggetto creano un contesto giuridico che attribuisce allo Stato federale e al Land della Bassa Sassonia la possibilità di esercitare un’influenza maggiore rispetto a quella che sarebbe di regola correlata ai loro investimenti. Orbene, la Repubblica federale di Germania non ha dimostrato per quali ragioni il mantenimento di una tale posizione a beneficio degli operatori pubblici in parola sarebbe necessario o idoneo a tutelare gli interessi generali degli azionisti di minoranza.

79      Non può infatti escludersi che, in talune specifiche circostanze, gli operatori pubblici in questione utilizzino la loro posizione allo scopo di difendere interessi generali eventualmente contrari agli interessi economici della società interessata e, di conseguenza, contrari agli interessi degli altri azionisti di quest’ultima.

80      Infine, poiché la Repubblica federale di Germania afferma che l’attività di un’impresa importante come la Volkswagen può avere sull’interesse generale un’incidenza tale da giustificare l’esistenza di garanzie legali superiori ai controlli previsti dal diritto societario comune, si deve rilevare che, anche a voler considerare fondata detta tesi, tale Stato membro non ha spiegato, a parte considerazioni generali in merito al rischio che taluni azionisti facciano prevalere i loro interessi personali su quelli dei lavoratori, le ragioni per le quali le disposizioni della legge VW contestate dalla Commissione sono idonee e necessarie allo scopo di salvaguardare gli impieghi generati dall’attività della Volkswagen.

81      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le censure sollevate dalla Commissione e basate su una violazione dell’art. 56, n. 1, CE devono essere accolte.

82      Occorre di conseguenza dichiarare che, mantenendo in vigore l’art. 4, n. 1, nonché l’art. 2, n. 1, in combinato disposto con l’art. 4, n. 3, della legge VW, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56, n. 1, CE.

 Sulle spese

83      Ai sensi dell’ art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha chiesto la condanna alle spese, la Repubblica federale di Germania, rimasta soccombente nella parte sostanziale dei suoi motivi, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Mantenendo in vigore l’art. 4, n. 1, nonché l’art. 2, n. 1, in combinato disposto con l’art. 4, n. 3, della legge 21 luglio 1960, relativa al trasferimento al settore privato delle quote della società a responsabilità limitata Volkswagenwerk (Gesetz über die Überführung der Anteilsrechte an der Volkswagenwerk Gesellschaft mit beschränkter Haftung in private Hand), nella versione applicabile alla causa in esame, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56, n. 1, CE.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La Repubblica federale di Germania è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.