CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
DÁMASO RUIZ-JARABO COLOMER
presentate il 6 settembre 2007 1(1)
Causa C‑267/06
Tadao Maruko
contro
Versorgungsanstalt der deutschen Bühnen
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bayerisches Verwaltungsgericht di Monaco di Baviera (Germania)]
«Prestazioni di reversibilità a carico di un regime previdenziale obbligatorio di categoria – Diniego per insussistenza di vincolo coniugale – Coppie dello stesso sesso – Direttiva 2000/78/CE – Ambito di applicazione – Esclusione delle prestazioni di previdenza sociale – Nozione di retribuzione – Discriminazione fondata sulle tendenze sessuali»
I – Introduzione
1. Il Bayerisches Verwaltungsgericht (Corte suprema amministrativa) di Monaco ha proposto alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 234 CE, cinque questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (2).
2. La controversia è insorta a seguito del mancato riconscimento di una pensione al superstite di una coppia costituita da persone dello stesso sesso, che non avevano contratto matrimonio, essendo quest’ultimo riservato dalla legislazione nazionale alle unioni eterosessuali; essa si inquadra, dunque, nel lungo processo di accettazione dell’omosessualità (3) come tappa indispensabile per conseguire l’uguaglianza e il rispetto di tutti gli esseri umani.
3. Il giudice del rinvio intende stabilire se la domanda del ricorrente nella causa principale rientri nel campo di applicazione della direttiva (questioni prima e seconda); se sussista una disuguaglianza fondata sulle tendenze sessuali, vietata dalla suddetta disciplina (questioni terza e quarta), e se il riconoscimento del diritto dovrebbe essere limitato nel tempo (quinta questione).
4. Si rende dunque imprescindibile analizzare due aspetti: quello della delimitazione della nozione di retribuzione rispetto a quella di prestazione previdenziale e quello della discriminazione fondata sulle tendenze sessuali. La giurisprudenza ha approfondito sovente il primo aspetto, ma solo in talune occasioni il secondo.
II – Contesto normativo
A – La normativa comunitaria
1. Il Trattato CE
5. Il Trattato di Amsterdam (4) ha inserito nel Trattato CE una nuova formulazione dell’art. 13, n. 1, che recita:
«1. Fatte salve le altre disposizioni del presente trattato e nell’ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità, il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali».
6. Il Trattato di Nizza (5) ha aggiunto all’art. 13 CE un n. 2, in cui si afferma che:
«2. In deroga al paragrafo 1, il Consiglio delibera secondo la procedura di cui all’articolo 251 quando adotta misure di incentivazione comunitarie, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri, destinate ad appoggiare le azioni degli Stati membri volte a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di cui al paragrafo 1».
2. La direttiva 2000/78
7. Sul fondamento dell’art. 13 CE è stata approvata la menzionata direttiva, della quale è interessante sottolineare alcuni ‘considerando’. Così, il tredicesimo ‘considerando’ esclude «[..]i regimi di sicurezza sociale e di protezione sociale le cui prestazioni non sono assimilate ad una retribuzione, nell’accezione data a tale termine ai fini dell’applicazione dall’artico 141 del trattato CE, e nemmeno ai pagamenti di qualsiasi genere, effettuati dallo Stato allo scopo di dare accesso al lavoro o di salvaguardare posti di lavoro». Il ventiduesimo ‘considerando’ informa che la normativa comunitaria «lascia impregiudicate le legislazioni nazionali in materia di stato civile e le prestazioni che ne derivano».
8. Ai sensi dell’art. 1, la direttiva mira a stabilire «un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».
9. L’art. 2 fornisce la «nozione di discriminazione», distinguendo al n. 1 la discriminazione diretta da quella indiretta. Ai sensi del n. 2 sussiste «discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga» e «indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone». Il n. 2 ammette talune eccezioni, come quando si individua una finalità legittima, giustificata oggettivamente, conseguibile con strumenti appropriati e necessari.
10. L’art. 3 verte sul «campo di applicazione»:
«1. Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, (...) per quanto attiene:
a) alle condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro, sia dipendente che autonomo, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione indipendentemente dal ramo di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione;
b) all’accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali;
c) all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;
d) all’affiliazione e all’attività in un’organizzazione di lavoratori o datori di lavoro, o in qualunque organizzazione i cui membri esercitino una particolare professione, nonché alle prestazioni erogate da tali organizzazioni.
(…)
3. La presente direttiva non si applica ai pagamenti di qualsiasi genere, effettuati dai regimi statali o da regimi assimilabili, ivi inclusi i regimi statali di sicurezza sociale o di protezione sociale.
(…)».
B – La normativa tedesca
1. La trasposizione della direttiva 2000/78
11. Ai sensi dell’art. 18 della direttiva il termine per l’attuazione della stessa da parte degli Stati membri è scaduto il 2 dicembre 2003 (6). Nonostante ciò il Gesetz zur Umsetzung Europäischer Richtlinien zur Verwirklichung des Grundsatzes der Gleichbehandlung (legge relativa alla trasposizione delle direttive comunitarie sul principio di parità di trattamento) non è stato promulgato fino al 14 agosto 2006 (7).
2. La pensione di reversibilità e l’ente erogatore
12. L’art. 1 della Tarifordnung für die deutschen Theater (regolamento collettivo di categoria per i teatri tedeschi) 27 ottobre 1937 (8) fa obbligo a tutti gli impresari di sottoscrivere un’assicurazione vecchiaia e superstiti per il personale artistico alle loro dipendenze. Ai sensi dell’art. 4 il datore di lavoro e il lavoratore versano ciascuno la metà dei contributi.
13. L’ente responsabile della gestione delle assicurazioni è il Versorgungsanstalt der deutschen Bühnen (ente di previdenza dei lavoratori dei teatri tedeschi, in prosieguo: il «VddB»), persona giuridica di diritto pubblico, rappresentato dalla Bayerische Versorgungskammer. Esso ha sede a Monaco di Baviera e le sue attività si estendono a tutto il territorio della Repubblica federale. Il suo statuto, del 12 dicembre 1991 (9), specifica la composizione, i poteri e le prestazioni che esso è tenuto ad erogare.
14. L’art. 27, n. 2, dello statuto subordina la concessione delle prestazioni ai superstiti alla sussistenza dell’assicurazione, a titolo obbligatorio o volontario, immediatamente prima del verificarsi del rischio e al compimento del periodo minimo di contribuzione.
15. In particolare, gli artt. 32 e 34 dello statuto riconoscono il diritto ad una pensione vedovile rispettivamente alla «moglie» o al «marito», a condizione che il «matrimonio» sussista il giorno del decesso dell’assicurato.
3. La disciplina relativa alle unioni registrate
16. Il Lebenspartnerschaftsgesetz (legge sulle unioni civili registrate, in prosieguo: la «LPartG»), del 16 febbraio 2001 (10), ha creato, per le persone dello stesso sesso, un istituto di diritto di famiglia affine al matrimonio.
17. Per registrare un’unione di questo tipo l’art. 1, n. 1, prescrive la manifestazione della volontà di costituire una comunione per la durata della vita. Nel corso della relazione i partner sono tenuti a prestarsi reciprocamente aiuto e assistenza (art. 2); essi devono contribuire alle necessità comuni, mentre per quanto riguarda gli obblighi alimentari si applicano le norme che il codice civile riserva i coniugi (art. 5); come i coniugi, essi sono sottoposti al regime patrimoniale della comunione dei beni, sebbene possano convenirne uno diverso (art. 6); ogni membro, inoltre, è considerato parte della famiglia dell’altro (art. 11). In caso di separazione, sempre analogamente al disposto del codice civile, perdura l’obbligo di mantenimento (art. 16) e si procede ad una ripartizione compensativa dei diritti pensionistici (art. 20).
18. L’art. 46, n. 4, del sesto libro del Sozialgesetzbuch (codice della previdenza sociale) (11) trasferisce ai regimi legali di previdenza per la vecchiaia l’equiparazione dell’unione registrata al matrimonio, assimilando i soggetti dei due istituti.
III – Fatti, causa principale e questioni pregiudiziali
19. L’8 novembre 2001 il sig. Maruko e un altro uomo contraevano un’unione civile registrata ai sensi del LPartG.
20. Il compagno del sig. Maruko si dedicava a disegnare costumi teatrali ed era assicurato presso il VddB dal 1° settembre 1959 senza soluzione di continuità, in quanto, anche quando l’iscrizione all’assicurazione non era obbligatoria, aveva versatio continuativamente in forma volontaria i contributi nel periodo compreso fra il 1° settembre 1975 e il 30 settembre 1991. Egli decedeva il 12 gennaio 2005.
21. Il 17 febbraio 2005 il sig. Maruko chiedeva una pensione vedovile (12) che il VddB, con decisione 28 febbraio 2005, negava poiché lo statuto non tutelava tali prestazioni di reversibilità per i contraenti unioni civili registrate. Dopo avere inutilmente esperito un’opposizione, l’interessato intentava un’azione giudiziaria.
22. Il Bayerisches Verwaltungsgericht di Monaco di Baviera constatava che le norme tedesche non conferiscono al ricorrente la pensione controversa dal momento che, a norma degli artt. 32 e 34 dello statuto del VddB, fra il richiedente e l’assicurato deve esistere un rapporto di matrimonio, non essendo possibile un’interpretazione estensiva dei termini «vedovo», «vedova», «marito» o «moglie» in considerazione del fatto che l’istituto dell’unione civile registrata è riservato a coloro che non possono contrarre matrimonio. Le menzionate disposizioni, inoltre, sarebbero conformi ad altre norme nazionali di rango superiore, in particolare all’art. 3 della Legge fondamentale (13).
23. In tali circostanze, ritenendo che la domanda potrebbe essere accolta solo alla luce delle norme comunitarie, esso ha sospeso il procedimento per sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
1) Se un regime previdenziale obbligatorio di categoria – come nella fattispecie quello gestito dal VddB – costituisca un regime assimilabile ad un regime statale ai sensi dell’art. 3, n. 3, della direttiva 2000/78 (…);
2) Se costituiscano una retribuzione ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78/CE le prestazioni ai superstiti in forma di assegno vedovile erogate da un ente previdenziale obbligatorio di categoria;
3) Se il combinato disposto degli artt. 1 e 2, n. 2, lett. a), della direttiva 2000/78/CE osti a disposizioni dello statuto di un regime previdenziale integrativo del tipo di cui alla presente fattispecie, ai sensi delle quali il contraente un’unione civile registrata non ha diritto a ricevere, alla morte del suo compagno, alcuna prestazione di reversibilità analoga a quella prevista per le persone coniugate, malgrado il fatto che anch’egli viva in una comunione fondata sull’assistenza e cura reciproca formalmente costituita per tutta la durata della vita, simile al matrimonio;
4) In caso di soluzione affermativa delle questioni precedenti: se sia lecita una discriminazione fondata sulle tendenze sessuali alla luce del ventiduesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/78/CE;
5) Se le prestazioni di reversibilità sarebbero limitate a periodi successivi al 17 maggio 1990 in base alla sentenza Barber (causa C‑262/88) (14).
IV – Il procedimento dinanzi alla Corte di giustizia
24. Hanno presentato osservazioni scritte, nel termine di cui all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia, il VddB, il governo del Regno Unito e la Commissione.
25. Il VddB sostiene che esso gestisce un regime statale di previdenza sociale e, pertanto, non soggetto alla direttiva 2000/78. Una prestazione di reversibilità concessa sotto forma di pensione vedovile da un ente previdenziale obbligatorio non rientrerebbe comunque nella «retribuzione» di cui all’art. 3, n. 1, lett. c), della suddetta direttiva. Tuttavia, anche prendendo in considerazione tale testo normativo, lo statuto dell’ente non incorrerebbe né in discriminazioni dirette né in discriminazioni indirette. Sarebbe inoltre utile il riferimento allo stato civile operato dal ventiduesimo ‘considerando’ della direttiva, sebbene non sia stato riprodotto nelle disposizioni della stessa. La sentenza Barber, infine, sarebbe ininfluente in quanto pronunciata in una controversia diversa.
26. Il Regno Unito suggerisce di esaminare, in primo luogo, la quarta questione alla luce del ventiduesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/78, il quale esclude le prestazioni legate allo stato civile, come quella della fattispecie in esame, in cui il diritto è subordinato al matrimonio; non si dovrebbero pertanto esaminare le altre questioni proposte.
27. La Commissione è dell’avviso che la pensione reclamata non deriverebbe da un regime statale di previdenza sociale o da un regime assimilabile, in quanto risponde ai requisiti enunciati dalla Corte di giustizia per essere qualificato come «retribuzione» e, conseguentemente, per rientrare nell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78. Quanto alla terza e alla quarta questione, che essa propone di risolvere insieme, la Commissione menziona il valore interpretativo del ventiduesimo ‘considerando’ della citata direttiva, dal che deduce l’inesistenza di un obbligo a carico dello Stato di assimilare le unioni civili registrate ai matrimoni, rilevando tuttavia che, ove uno Stato equipari le due figure – circostanza che deve essere accertata dal giudice nazionale – esso sarebbe tenuto a rispettare il principio della parità di trattamento; con questa premessa si escluderebbe una discriminazione diretta, ma non una discriminazione indiretta. Non si dovrebbe infine risolvere la quinta questione, dal momento che la sentenza Barber affrontava taluni aspetti distinti da quelli sollevati nella presente causa.
28. All’udienza, tenutasi il 19 giugno 2007, sono comparsi, per esporre oralmente i propri argomenti, i rappresentanti del sig. Maruko, del VddB, dei governi dei Paesi Bassi e del Regno Unito, nonché il rappresentante della Commissione.
V – Possibilità di far valere la direttiva 2000/78
29. Prima di qualsiasi altra riflessione vi è una questione incidentale importante sul piano temporale, dal momento che le legislazioni nazionali avrebbero dovuto conformarsi alla direttiva entro il 2 dicembre 2003 e la Germania non ha promulgato la rispettiva legge fino al 14 agosto 2006 (15), mentre il ricorrente aveva richiesto la prestazione il 17 febbraio 2005.
30. Compare così la nozione dell’effetto diretto delle direttive, su cui si è consolidata un’abbondante giurisprudenza, alla luce della quale in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva siano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere nei confronti dello Stato, sia che questo non abbia recepito tempestivamente la direttiva nel suo ordinamento sia che l’abbia recepita in modo non corretto (16). La norma comunitaria è incondizionata se non è soggetta ad alcuna condizione né subordinata, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni della Comunità o degli Stati membri (17); essa si presenta come sufficientemente precisa se impone un obbligo in termini non equivoci (18).
31. Inoltre, fra i soggetti dinanzi ai quali è possibile invocare la menzionata possibilità di far valere la direttiva figurano gli organismi che, indipendentemente dalla loro forma giuridica, siano incaricati, con un atto della pubblica autorità, di prestare, sotto il controllo di quest’ultima, un servizio di interesse pubblico mediante poteri che eccedono i limiti normali (19).
32. Occorre pertanto esaminare la questione se, constatata la trasposizione tardiva della direttiva 2000/78, il sig. Maruko sia legittimato ad esigere il rispetto della stessa nei confronti del VddB.
33. Da un lato l’art. 1 della direttiva manifesta il proposito di lottare contro le esclusioni in base alle tendenze sessuali per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro affinché trionfi il principio di uguaglianza; l’art. 2 fornisce la nozione di discriminazione e l’art. 3, n. 1, riporta gli aspetti relativamente ai quali le persone sono pregiudicate, fra i quali è annoverato quello della retribuzione. Pertanto, la direttiva 2000/78 comprende un divieto incondizionato e preciso di qualsivoglia sperequazione retributiva fra lavoratori dipendenti fondata sulle tendenze sessuali.
34. D’altro canto il VddB gode di personalità giuridica pubblica ed è sottoposto alla tutela amministrativa dell’Amministrazione statale.
35. Condivido, dunque, il parere del Bayerisches Verwaltungsgericht e della Commissione sul fatto che sussistono i presupposti affinché, nella causa principale, si riconosca l’effetto diretto con le relative conseguenze.
VI – L’ambito di applicazione della direttiva 2000/78
36. Fugata l’incertezza circa la possibilità di far valere la normativa comunitaria, invito la Corte di giustizia a risolvere insieme le prime due questioni del Bayerisches Verwaltungsgericht di Monaco di Baviera in quanto vertono entrambe sull’ambito di applicazione della direttiva 2000/78.
37. L’art. 3 della direttiva traccia i propri contorni in modo positivo e negativo allorché, al n. 1, lett. a)‑d), enumera le materie interessate, e al n. 3 quelle esulanti dalla direttiva. Il giudice del rinvio desidera sapere se la pensione reclamata dal sig. Maruko debba essere qualificata come retribuzione ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), o come un pagamento in virtù di un regime statale di sicurezza sociale ai sensi dell’art. 3, n. 3, rimanendo soggetta alla disciplina della direttiva in un caso ed esclusa da essa nell’altro.
38. Per risolvere tali quesiti e delineare la natura giuridica della pensione controversa occorre approfondire le nozioni di «prestazione previdenziale» e di «retribuzione», che sono incompatibili.
39. La quarta questione pregiudiziale esplora la portata dell’eccezione che il ventiduesimo ‘considerando’ della direttiva opera per le prestazioni che dipendono dallo stato civile; essa si collega, dunque, al raggio d’azione della norma comunitaria, ma, poiché si colloca in un’orbita propria, deve ricevere un’attenzione distinta.
A – Le prestazioni previdenziali
40. L’art. 3, n. 3, della direttiva 2000/78 esclude i pagamenti di qualsiasi genere, a carico dei regimi statali o di regimi assimilabili, ivi inclusi i regimi statali di sicurezza sociale o di protezione sociale, mentre il tredicesimo ‘considerando’ sottrae al campo di applicazione della direttiva «[...]i regimi di sicurezza sociale e di protezione sociale le cui prestazioni non sono assimilate ad una retribuzione, nell’accezione data a tale termine ai fini dell’applicazione dall’articolo 141 del trattato CE (…)».
41. Viene così preservata la peculiarità della previdenza sociale, disciplinata da norme speciali come il regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408 (20).
1. Le prestazioni della previdenza sociale
42. Laddove la direttiva 2000/78 esclude «i pagamenti di qualsiasi genere», essa si riferisce a tutte le «prestazioni», «pensioni» o «rendite», specificate all’art. 1, lett. t), del regolamento n. 1408/71, che comprende «tutti gli elementi a carico dei fondi pubblici, le maggiorazioni di rivalutazione o gli assegni supplementari (...), nonché le prestazioni in capitale che possono essere sostituite alle pensioni o rendite ed i versamenti effettuati a titolo di rimborso di contributi».
43. Sebbene tale delimitazione non sia molto esatta, essa rivela l’ampiezza con la quale è stata concepita e recepisce qualche caratteristica essenziale, come l’origine «statale» delle somme corrisposte.
44. Il regolamento n. 1408/71, nel tracciare il suo ambito di applicazione ratione materiae all’art. 4, n. 1, menziona «tutte le legislazioni (...) di sicurezza sociale riguardanti: d) le prestazioni ai superstiti (…)». La formula implica che il fatto di costituire una pensione vedovile non è sufficiente ai fini dell’applicabilità di tale regolamento; è necessario, in aggiunta, il nesso con la previdenza sociale (21).
2. La previdenza sociale
45. Il regolamento non azzarda una definizione del suo contenuto, consapevole della diversità dei regimi degli Stati membri, alla quale allude nel terzo e nel quarto ‘considerando’ (22). Questa assenza non impedisce di approfondire l’analisi del citato istituto per rispondere nella maniera più adeguata al giudice del rinvio.
46. Tralasciando precedenti discutibili (23) e formule retoriche premonitrici (24), la previdenza sociale si proietta su rischi caratterizzati da un’incidenza generalizzata e dalla convinzione, ugualmente condivisa, che tali rischi devono essere affrontati collettivamente e in modo solidale (25).
47. L’incremento della produttività a seguito della rivoluzione industriale (26) ha comportato l’istituzione di specifici sistemi di copertura assicurativa per la popolazione operaia (27). I modelli variano da un luogo all’altro e se ne distinguono principalmente due: quello contributivo, basato sul principio per cui l’entità delle prestazioni dipende dai contributi versati, e quello assistenziale, svincolato dai suddetti contributi.
48. Ciononostante, quasi tutti i sistemi vigenti cumulano elementi di entrambi i modelli, registrandosi una tendenza alla convergenza (28). Sotto questo profilo, è interessante il secondo rapporto di William Beveridge, in cui si riteneva che la previdenza sociale fosse l’insieme di provvedimenti adottati dallo Stato per tutelare i cittadini contro quei rischi di realizzazione individuale che mai si scongiurano per avanzata che sia la società nella quale vivono (29).
49. In questo contesto vengono in rilievo alcune caratteristiche:
– spetta ai pubblici poteri, direttamente o indirettamente, stabilire i provvedimenti di tutela (30);
– la qualità di beneficiario si acquisisce per il mero fatto di essere cittadino;
– si cerca di prevenire e porre rimedio a rischi che non è stato possibile evitare.
50. Queste ultime eventualità si distinguono con riferimento ad un tempo o ad un paese determinato, poiché ciascun periodo storico aspira ad un «ideale di copertura» (31). Il contenuto sostanziale della previdenza sociale, tuttavia, gode attualmente di una certa stabilità a causa della sua internazionalizzazione (32), mentre si registra un innegabile progresso nell’interesse comunitario che suscita (33).
51. Le tre caratteristiche indicate evidenziano inoltre l’autonomia della previdenza sociale rispetto al diritto del lavoro (34), che si manifesta sotto diversi profili: i soggetti tutelati, la tutela dispensata, nonché il finanziamento e la gestione del sistema (35).
52. Tale distanza dalla materia giuslavoristica incide sulla nozione di retribuzione elaborata dalla Corte di giustizia.
B – La nozione di retribuzione
1. Linee generali
53. La direttiva 2000/78 si applica a tutte le persone, in relazione «all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione», tuttavia non definisce nessuna di tali nozioni.
54. Sarebbe pertanto necessario ricorrere alla descrizione della «retribuzione» fornita dall’art. 141 CE e alla giurisprudenza che l’ha interpretata. Tale disposizione impone agli Stati membri di garantire l’uguaglianza salariale fra i lavoratori di entrambi i sessi e la direttiva si colloca su questa medesima linea – come evidenziato dal titolo, dai ‘considerando’ e dall’art. 1 della stessa – con la finalità di lottare contro la discriminazione nell’ambiente di lavoro, sebbene non solo per motivi di sesso. Il tredicesimo ‘considerando’, inoltre, rinvia esplicitamente al citato art. 141 CE per determinare le differenze con le prestazioni della previdenza sociale.
55. Il concorso di una controprestazione si rivela essenziale per configurare il rapporto di lavoro (36), il che giustifica l’ampiezza che l’art. 141, secondo comma, del Trattato CE attribuisce all’espressione «il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo».
56. Come ho già menzionato in conclusioni precedenti (37), la Corte di giustizia ha sviluppato gradualmente la definizione legale. Essa ha considerato che rientrano nella nozione di retribuzione, a titolo di esempio, le agevolazioni di trasporto concesse da un’impresa ferroviaria ai suoi dipendenti all’atto del collocamento a riposo, estese ai familiari, di modo che anche i parenti degli ex dipendenti potevano fruirne alle stesse condizioni (38); la continuità del versamento dello stipendio durante l’assenza per malattia (39); le prestazioni concesse all’atto del licenziamento per motivi economici (40), la compensazione corrisposta, sotto forma di ferie o ore straordinarie retribuite, dal datore di lavoro ai membri della commissione interna, per la partecipazione a corsi di formazione in cui si impartiscono le conoscenze necessarie per l’esercizio dell’attività delle suddette commissioni, anche se, durante tali corsi, essi non svolgono alcuna attività prevista dal contratto di lavoro (41); il diritto all’iscrizione ad un regime pensionistico aziendale (42), l’indennità che il datore di lavoro corrisponde, conformemente a disposizioni legislative o a contratti collettivi, ad una lavoratrice durante il congedo di maternità (43); la gratificazione di fine anno corrisposta dal datore di lavoro in forza di una legge o di un contratto collettivo (44); l’indennità in caso di estinzione del rapporto di lavoro (45); la gratifica natalizia, volontaria e revocabile, corrisposta come incentivo per le prestazioni lavorative future e per la fedeltà all’azienda (46); un’indennità mensile integrativa dello stipendio (47), il computo, ai fini dell’anzianità, con le relative ripercussioni pecuniarie, della durata del servizio militare (48); o un sussidio di transizione, integrativo dell’indennità di licenziamento, concesso dopo una ristrutturazione di impresa (49).
57. In tutte queste pronunce si rilevano taluni elementi comuni che confermano l’idea che la «retribuzione» comprende tutti i vantaggi, in contanti o in natura, attuali o futuri, pagati, sia pure indirettamente, dal datore di lavoro (50) al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo (51), quantunque esso sia cessato (52), in conseguenza di un contratto, di disposizioni legali o in modo volontario (53).
2. Le pensioni
58. Nell’applicare l’art. 141 CE alle pensioni, la giurisprudenza ha chiarito i criteri abituali.
59. Essa ha così escluso dalla nozione di retribuzione le prestazioni di pensionamento direttamente disciplinate dalla legge – ciò che impedisce qualsiasi accenno di concertazione – sempre che siano imposte a categorie generali di lavoratori e i contributi siano fissati secondo considerazioni di politica sociale (54).
60. Essa ha tuttavia incluso il regime pensionistico aziendale che, sebbene adottato conformemente a disposizioni di legge, trae origine da un accordo stipulato fra il datore di lavoro e i rappresentanti sindacali, integra i rapporti di lavoro e completa le prestazioni dovute in base alla legislazione nazionale con prestazioni il cui finanziamento è unicamente a carico del datore di lavoro (55); del pari quando il regime pensionistico si allontana dal regime generale e riguarda i dipendenti di talune imprese, quantunque i lavoratori dipendenti vi apportino contributi (56).
61. Essa ha anche incluso nella menzionata nozione comunitaria diversi regimi pensionistici di pubblici dipendenti olandesi (57), francesi (58), finlandesi (59) e tedeschi (60), nonché le pensioni di reversibilità che, previste nei regimi aziendali, dipendono dal posto di lavoro occupato(61), e le pensioni di reversibilità (62), senza che, su queste ultime, influisca il fatto che la prestazione non sia corrisposta al lavoratore (63).
62. Orbene, la giurisprudenza ha elaborato alcuni criteri distintivi:
– L’origine legale del sistema costituisce un indizio della natura previdenziale delle prestazioni (64), sebbene non sia sufficiente per escludere l’art. 141 CE (65).
– Nemmeno il carattere integrativo della pensione rispetto a quelle erogate da un regime previdenziale legale rappresenta un requisito determinante (66).
– Le modalità di finanziamento e di gestione devono essere tenute in considerazione, pur non essendo decisive per la qualificazione (67).
– Si deve verificare se essa riguarda esclusivamente una categoria particolare di lavoratori e se l’importo è calcolato secondo gli anni di servizio effettuati sulla base dell’ultimo stipendio, dato che queste circostanze impediscono che prevalgano motivi di politica sociale, organizzativi, etici o di bilancio (68).
– Conseguentemente, il fattore rilevante non è insito nella natura giuridica dei vantaggi economici (69), bensì in ragione dell’impiego (70), unico criterio che, sebbene non esclusivo, può rivelarsi decisivo (71).
C – La configurazione della pensione di reversibilità controversa
1. Chiarimento iniziale
63. Il VddB ha addotto varie pronunce di giudici tedeschi per sostenere la propria tesi secondo cui esso gestirebbe un regime simile ad un regime legale di previdenza sociale.
64. Ciononostante occorre precisare se la pensione controversa rientri nella nozione di «retribuzione», così come appare delimitata nelle norme comunitarie, senza valutare il regime gestito nel suo complesso, dato che la Corte di giustizia è tenuta ad analizzare le questioni pregiudiziali alla luce del diritto comunitario secondo le informazioni fornite nell’ordinanza di rinvio.
2. Esame della pensione alla luce della giurisprudenza.
65. Il fondamento normativo della pensione è rappresentato dalla Tarifordnung für die deutschen Theater (regolamento collettivo di categoria per i teatri tedeschi) – Tarifvertrag (contratto collettivo) – sebbene alla data della sua promulgazione – il 27 ottobre 1937 – non fosse esattamente tale, dato che il nazional-socialismo aveva sostituito gli accordi fra i sindacati e i datori di lavoro con regolamenti che stabilivano le condizioni di lavoro (Tarifverordnungen).
66. Come le altre prestazioni di cui all’art. 27 dello statuto del VddB – vecchiaia, invalidità e superstiti – integra le prestazioni previste in generale.
67. Il finanziamento è a carico del datore di lavoro e dei lavoratori, e né lo Stato federale né i Länder apportano contributi (72).
68. La gestione è attribuita ad un ente con personalità giuridica pubblica – il VddB –, il quale agisce in modo autonomo sulla base delle decisioni del consiglio di amministrazione, composto da quindici rappresentanti dei datori di lavoro e altrettanti rappresentanti dei lavoratori, nominati dalle associazioni datoriali e da quelle sindacali, è assoggettato alla tutela amministrativa e alla vigilanza del Bundesministerium für Arbeit und Sozialordnung (Ministero federale del lavoro e degli affari sociali), benché tali funzioni siano state delegate, applicandosi per analogia la normativa in materia di supervisione delle compagnie assicurative, le quali non rappresentano enti incaricati di regimi legali di previdenza sociale (73).
69. Queste peculiarità, tuttavia, riflettono unicamente indizi; secondo le sentenze menzionate, occorre basarsi sulla categoria di lavoratori interessati e sul metodo di quantificazione della pensione.
70. Così, in primo luogo, ai fini del riconoscimento del diritto si richiede che il dante causa sia iscritto al VddB prima che si verifichi il rischio. Tale iscrizione concerne obbligatoriamente il personale artistico dipendente dei teatri tedeschi, e cioè una categoria particolare di lavoratori (74). Tuttavia si ammette anche un’adesione volontaria, giustificata dalla precarietà e dalla discontinuità del posto di lavoro, insite nelle attività del settore: il compagno del richiedente si è avvalso di tale possibilità e ha versato contributi volontari per più di sedici anni.
71. In secondo luogo le prestazioni non sono finanziate secondo un procedimento di ripartizione, in cui le spese di un anno civile sono coperte dalle entrate ottenute, bensì con un procedimento di capitalizzazione, creando un fondo per ciascun assicurato del quale, una volta terminato il periodo di impiego, si consuma il capitale coi relativi interessi . L’importo delle pensioni è calcolato in funzione dei periodi di contribuzione e della quantità dei contributi (art. 32, secondo comma, prima frase, e art. 30, quinto comma, dello statuto del VddB) (75).
72. Dai dettagli esposti deduco, con la Commissione, che la pensione controversa dipende dal rapporto di lavoro del compagno del sig. Maruko; essa deve pertanto essere qualificata come «retribuzione» ai sensi dell’art. 141 CE, motivo per cui rientra nel campo di applicazione della direttiva 2000/78, essendo compresa nell’art. 3, n. 1, lett. c); essa non presuppone, pertanto, un pagamento da parte di un regime statale di previdenza sociale o di un regime assimilabile ai sensi dell’art. 3, n. 3, dato che non corrisponde né ai tratti caratteristici né alla finalità di questo tipo di pagamenti.
D – L’incidenza dello stato civile
73. Il ventiduesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/78 specifica che le disposizioni della medesima lasciano «impregiudicate le legislazioni nazionali in materia di stato civile e le prestazioni che ne derivano». Il giudice del rinvio pone l’accento su tale ‘considerando’ e dubita che esso abbia incidenza sul campo di azione della direttiva.
74. Per il Regno Unito il ‘considerando’ sancisce un’esclusione chiara e generale, recepita nell’art. 3, n. 1, che prevede l’applicazione della direttiva «[n]ei limiti dei poteri conferiti alla Comunità», fra i quali non figurano le prestazioni che dipendono dallo stato civile, come quella della fattispecie in esame, in cui la concessione della pensione richiede il matrimonio, motivo per cui non sarebbe necessario esaminare le altre questioni pregiudiziali.
75. Dissento da tali argomenti, sebbene appaiano suggestivi e ben fondati:
76. In primo luogo perché, come ho esposto in altre conclusioni (76), una norma descrive fatti, situazioni o circostanze, attribuendo loro determinate conseguenze, di modo che la fattispecie ed il risultato giuridico costituiscono i due elementi strutturali di una norma (77); tuttavia le motivazioni, i preamboli o i ‘considerando’ introduttivi sono privi di tali elementi, in quanto intendono solamente illustrare, motivare o spiegare, motivo per cui, sebbene accompagnino e sovente precedano gli articoli, inserendosi nella norma, non hanno efficacia vincolante, nonostante la loro utilità come criteri di interpretazione, funzione ricordata dalla Corte di giustizia (78). Pertanto il ventiduesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/78, al pari degli altri, aiuta soltanto ad interpretare le disposizioni della stessa e non se ne deve sopravvalutare il significato.
77. In secondo luogo, perché la Comunità non dispone di competenze in materia di stato civile, idea sulla quale convergono l’art. 3, n. 1, della direttiva ed il citato ‘considerando’, lasciando intatta la competenza nazionale in questo ambito. Il diritto comunitario accetta la concezione di ciascun paese quanto al matrimonio, al celibato, alla vedovanza e agli altri aspetti dello «stato civile». Tali competenze, tuttavia, devono essere esercitate senza ledere l’ordinamento comunitario (79).
78. In terzo luogo, perché il diritto alla non discriminazione fondata sulle tendenze sessuali figura nell’art. 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali del 1950 (80), ed è esplicitamente recepito nell’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (81). Il suo carattere essenziale (82) implica, ai sensi dell’art. 6 UE, che l’Unione ne garantisca il rispetto.
79. In quarto luogo, perché lo svantaggio lamentato dal ricorrente attiene ad un diritto tutelato nella legislazione della Comunità, nella fattispecie al divieto di discriminazione fondata sulle tendenze sessuali con riferimento alla retribuzione dei lavoratori, tenuto conto del fatto che la pensione di reversibilità riveste natura di «retribuzione» in quanto dipendente da un rapporto di lavoro e non dallo stato civile.
80. Infine perché, ai sensi dell’art. 27 dello statuto del VddB, il fatto generatore della pensione richiesta dal ricorrente è il venir meno della sua unione, come nel caso di altre pensioni lo sono l’inabilità, l’invalidità o il collocamento a riposo.
81. Non sussistono pertanto ragioni perché la direttiva 2000/78 non sia applicabile alla fattispecie in esame.
VII – La discriminazione fondata sulle tendenze sessuali
82. Qualora la Corte di giustizia condivida la mia tesi secondo cui la pensione richiesta dal sig. Maruko rientra nel campo di applicazione della direttiva 2000/78, essa dovrebbe trarne tutte le conseguenze, verificando se il rifiuto del VddB comporti una discriminazione fondata sulle tendenze sessuali.
A – Il divieto di discriminazione fondata sulle tendenze sessuali nel contesto comunitario
1. Concetti preliminari
83. Insieme al principio della libera circolazione, il principio di uguaglianza è quello più tradizionale e più radicato nell’ordinamento giuridico europeo; esso, inoltre, si è evoluto nel tempo, andando al di là dei limiti dell’equiparazione retributiva fra lavoratori dei due sessi per estendersi ad altri contesti e ad altri soggetti, come dimostra la menzionata direttiva 2000/43. Dalla sua precoce comparsa nel Trattato, successivamente ampliata e rafforzata, esso si è convertito in un «quadro generale» mirante a contrastare le disparità ingiustificate e a promuovere un’identità di trattamento reale ed effettiva.
84. Nel corso di questo cammino sono cessati i pregiudizi morali e la ripulsa sociale nei confronti di gruppi nei quali si presentavano talune peculiarità relative al sesso. Così, anche se la lotta ebbe inizio per combattere le discriminazioni nei confronti delle donne, l’impulso successivo si diresse contro le discriminazioni che colpivano gli omosessuali (83) – con un primo passo per depenalizzare i rapporti fra persone dello stesso sesso (84) – o i transessuali, cui si aggiungono le discriminazioni che concernono la bisessualità (85).
85. Il Trattato di Amsterdam si è proposto di espandere il principio, come si evince dall’art. 13, primo comma, CE, in cui ci si preoccupa di abolire di tutte le discriminazioni fondate sulla scelta sessuale.
86. L’inserimento nel Trattato del diritto al rispetto per l’orientamento sessuale assume un maggior rilievo in riferimento alla constatazione che non tutti gli Stati membri ripudiano questo tipo di discriminazione (86) e che neppure la Convenzione europea per la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali lo menziona (87), sebbene, come ho spiegato, la Corte europea dei diritti umani lo abbia considerato compreso nell’art. 14 della menzionata Convenzione (88).
87. La Corte di giustizia, dal canto suo, ha avuto alcune occasioni per porre fine ai pregiudizi sofferti dalle coppie dello stesso sesso.
2. La sentenza 17 febbraio 1998, causa C-249/96, Grant (89)
88. A partire dal 1982, quando è stata pronunciata la citata sentenza Garland, non vi era dubbio circa il fatto che le agevolazioni concesse dalle società ferroviarie ai propri dipendenti, ai coniugi e alle persone a loro carico in forza del lavoro degli stessi, costituiscono una «retribuzione» ai sensi dell’art. 141 CE. Questa fu probabilmente la convinzione che ha indotto la sig.ra Grant a denunciare che la citata norma era stata violata a seguito del rifiuto del proprio datore di lavoro di concederle la riduzione del prezzo dei trasporti, prevista nel contratto di lavoro in favore del coniuge o della persona di altro sesso convivente con il lavoratore, senza vincolo matrimoniale, in quanto ella intratteneva una relazione stabile con un’altra donna.
89. La sig.ra Grant sosteneva che questo rifiuto comportava una discriminazione diretta fondata sul sesso. Ella muoveva dall’assunto denominato «criterio del fattore distintivo unico», in base al quale se una lavoratrice non fruisce di vantaggi identici ad un suo omologo maschile, in circostanze identiche, è vittima di una discriminazione sessuale. Ella sosteneva che per dimostrare la disuguaglianza bastava il fatto che il lavoratore che aveva occupato il suo posto aveva ottenuto sconti sul prezzo dei trasporti a favore della propria compagna con cui non era sposato. Ella aggiungeva che un diniego avente queste caratteristiche presupponeva una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale che doveva essere ascritta alla «discriminazione fondata sul sesso» di cui all’art. 141, dato che le disparità di trattamento fondate sull’orientamento sessuale derivano da pregiudizi atavici.
90. Nella sentenza è stato dichiarato che il diniego opposto da un’impresa di concedere uno sconto sul prezzo dei trasporti a favore del compagno o della compagna dello stesso sesso di uno dei suoi dipendenti, anche se siffatta agevolazione venga concessa a favore della persona di sesso diverso con la quale un lavoratore abbia una relazione stabile fuori del matrimonio, non costituiva una discriminazione vietata dalle norme comunitarie (punto 50). Non sussisteva una discriminazione direttamente fondata sul sesso dal momento che era estesa tanto ai lavoratori quanto alle lavoratrici che avessero un compagno dello stesso sesso (punti 27 e 28). Inoltre veniva rilevato che, allo stato attuale del diritto comunitario, le relazioni stabili omosessuali non sono assimilabili né alle coppie coniugate né alle unioni stabili eterosessuali (punto 35).
91. Pertanto, mentre una distinzione fondata sul sesso sarebbe illegale, fondarla sull’orientamento sessuale non lo sarebbe, dato che nessuna norma comunitaria la sanziona.
92. L’approccio restrittivo scelto dalla Corte di giustizia contrastava, ad esempio, con la dottrina in materia di discriminazione a causa della maternità (90) e sorprendeva, dato che nella sentenza stessa si affermava che il Trattato di Amsterdam, firmato mesi addietro, autorizzava il Consiglio ad eliminare determinate forme di discriminazione, come quella fondata sull’orientamento sessuale (punto 48).
3. La giurisprudenza successiva
93. Dopo la sentenza Grant altre pronunce hanno risolto talune discriminazioni legate alla sessualità. È opportuno riferirsi alle due cause richiamate nelle osservazioni scritte di questo procedimento pregiudiziale.
94. Nella sentenza 31 maggio 2001, D e Svezia/Consiglio (91), è stato esaminato in sede di impugnazione il rifiuto di accordare ad un dipendente delle Comunità europee un assegno di famiglia pensato per le persone sposate, poiché, sebbene questi avesse contratto un’unione di coppia con un altro uomo iscritta nel registro svedese, lo Statuto del personale delle Comunità europee non permetteva di equiparare il suo stato con il matrimonio. La sentenza ha individuato nella Comunità una pluralità di regimi di iscrizione di unioni di fatto distinte dal matrimonio (punti 36 e 50), il che complicava l’omologazione (punto 37), spettando al legislatore adottare i provvedimenti pertinenti per modificare la situazione (punto 38) (92).
95. La sentenza 7 gennaio 2004, K.B. (93), ha affrontato il caso di un cambiamento di sesso (94). Una lavoratrice britannica chiedeva per il proprio compagno, che era stato operato per trasformarsi da donna in uomo, la pensione di reversibilità che gli sarebbe spettata come coniuge superstite, dal momento che il diritto nazionale non autorizzava le nozze con un transessuale secondo il nuovo sesso di quest’ultimo. La Corte di giustizia, accogliendo la mia proposta contenuta nelle conclusioni pronunciate il 10 giugno 2003, ha considerato che la disparità di trattamento non incideva sul riconoscimento della pensione, ma su una condizione preliminare indispensabile alla concessione di questa, ossia la capacità di contrarre matrimonio (punto 30), e ha affermato che l’art. 141 CE osta ad una normativa che, impedendo ai transessuali di contrarre matrimonio secondo il sesso acquisito, li priva di una pensione di reversibilità (punto 34) (95).
B – La discriminazione fondata sull’orientamento sessuale nella causa principale
96. Al sig. Maruko viene rifiutata la pensione di reversibilità per non essersi sposato con il proprio compagno e per non essere «vedovo», status riservato ope legis al coniuge del deceduto, e non risulta che essa sia stata concessa ad altri in una situazione analoga o identica. Il rifiuto non si basa nemmeno sull’inclinazione sessuale dell’interessato, per cui non si avrebbe una discriminazione diretta a norma dell’art. 2 della direttiva 2000/78.
97. Tale direttiva vieta però anche la discriminazione indiretta, che si verifica quando una disposizione apparentemente neutra determina uno svantaggio per persone di una particolare tendenza sessuale, salvo che la differenza persegua una finalità legittima, sia giustificata oggettivamente ed i mezzi impiegati siano appropriati e necessari.
98. Nella fattispecie in esame vi è un’impossibilità normativa a contrarre matrimonio. Alla Corte di giustizia non compete tuttavia configurare le unioni affettive di persone dello stesso sesso, questione molto dibattuta (96), né pronunciarsi sulle conseguenze che ciascuna legislazione attribuisce alla registrazione di tali unioni (97); come affermato nelle conclusioni presentate nella causa definita con la sentenza K.B. «[n]on si tratta di edificare un “diritto matrimoniale europeo”, ma di garantire la piena efficacia del divieto di discriminazioni (...)» (paragrafo 76).
99. La causa principale verte sulla disuguaglianza fra coppie sposate le coppie costituite mediante un’altra formula legale. Il dibattito, pertanto, non si incentra sull’accesso al matrimonio, bensì sulle conseguenze delle due modalità.
100. Occorre pertanto verificare se questi due tipi di unione meritino un trattamento equivalente, e a tal fine è necessario che il giudice nazionale decida se la posizione giuridica dei coniugi sia simile a quella dei componenti delle unioni registrate. Ove non lo fosse, i termini di confronto non sarebbero validi.
101. Il Verwaltungsgericht ha però anticipato la sua opinione, condivisa dalla Commissione, secondo cui una coppia registrata a norma del LPartG è titolare di un sistema di diritti e di doveri analogo a quello del matrimonio (98).
102. Con questa premessa, il diniego della pensione dovuto al fatto di non avere contratto matrimonio, quando due persone dello stesso sesso non possono contrarlo, avendo sottoscritto un’unione che produce effetti simili, comporta una discriminazione indiretta fondata sulle tendenze sessuali ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2000/78.
103. Questa tesi non si discosta dalla giurisprudenza commentata, che presenta altri profili di fatto o di diritto: la sentenza Grant era precedente alla Direttiva 2000/78 e ha segnalato implicitamente, al punto 48, che la promulgazione di norme che vietino la discriminazione fondata sulle tendenze sessuali giustificherebbe una diversa soluzione della questione pregiudiziale analizzata; la sentenza D e Svezia è stata pronunciata nel contesto giuridico dello statuto del personale comunitario, e la sentenza K.B. si è occupata di un transessuale che non poteva contrarre matrimonio, dando luogo ad una polemica specifica (99).
104. Una volta provata la discriminazione, non si ravvisa alcun elemento oggettivo per giustificarla, né esso è stato addotto nel procedimento pregiudiziale.
VIII – La limitazione nel tempo della pensione di reversibilità
105. L’ultima questione del Bayerisches Verwaltungsgericht di Monaco di Baviera attiene alla possibile limitazione nel tempo della prestazione a periodi successivi al 17 maggio 1990, in virtù della sentenza Barber.
106. La causa Barber ha affrontato il tema della parità di retribuzione fra lavoratori dei due sessi. La Corte di giustizia ha ricordato l’effetto diretto dell’art. 119 del Trattato CE, precursore dell’art. 141 CE, puntualizzando però che tale effetto non poteva essere fatto valere per chiedere il riconoscimento del diritto alla pensione con effetto da una data precedente a quella della sentenza, fatta eccezione per coloro che, prima di questa data, avessero esperito un’azione giurisdizionale o proposto un ricorso equivalente a norma del diritto nazionale, dal momento che, in caso contrario, si sarebbe messo in pericolo l’«equilibrio economico» di molti programmi pensionistici (100).
107. Pertanto tale concezione si inquadra, secondo quanto deduce la Commissione, nella sfera delle ripercussioni monetarie, non essendo determinanti le caratteristiche della norma comunitaria corrispondente, come sostengono il giudice nazionale e il VddB.
108. Impostata così la discussione, la giurisprudenza permette la limitazione, a titolo eccezionale (101), solo quando si dimostri un rischio patrimoniale grave, provocato, in particolare, dall’elevato numero dei rapporti giuridici istituiti in buona fede in virtù di una normativa ritenuta validamente in vigore (102).
109. La valutazione del pericolo richiede la ponderazione di fattori di diversa indole, come la quantità di persone interessate, le cifre che devono essere versate o l’incidenza sull’efficienza economica dell’ente erogatore. Nel presente procedimento pregiudiziale non ci sono dati che giustifichino un pericolo di questo tipo (103). In tale situazione, la Corte di giustizia ha due opzioni: o negare espressamente la limitazione degli effetti temporali o non prendere in considerazione la questione pregiudiziale.
110. La prima opzione fugherebbe definitivamente l’incertezza, ma senza basi solide. La seconda opzione, preferita dalla Commissione, che anch’io vedo con favore, sembra più prudente, in quando renderebbe possibile un nuovo rinvio pregiudiziale proposto con gli elementi che ad oggi mancano (104).
IX – Conclusione
111. Conformemente alle riflessioni esposte, suggerisco alla Corte di giustizia di risolvere le questioni pregiudiziali del Bayerisches Verwaltungsgericht di Monaco, dichiarando che:
«1) Una pensione di reversibilità del tipo di quella richiesta nella causa principale, la quale dipende dal rapporto di lavoro del dante causa, rientra nel campo di applicazione della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, senza costituire un pagamento effettuato da un regime statale di previdenza sociale o da un regime assimilabile.
2) Rifiutare la suddetta pensione perché non è stato contratto matrimonio, riservato alle persone di sesso diverso, quando è stata formalizzata un’unione con effetti sostanzialmente identici fra persone dello stesso sesso, presuppone una discriminazione indiretta fondata sulle tendenze sessuali, contraria alla menzionata direttiva 2000/78, e spetta al giudice nazionale verificare se la posizione giuridica dei coniugi sia simile a quella dei componenti delle unioni civili registrate.
3) Non occorre esaminare la quinta questione pregiudiziale».