Language of document : ECLI:EU:C:2013:34

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 24 gennaio 2013 (1)

Cause riunite C‑457/11, C‑458/11, C‑459/11 e C‑460/11

Verwertungsgesellschaft Wort (VG Wort)

contro

KYOCERA Document Solutions Deutschland GmbH e altri

Canon Deutschland GmbH

Fujitsu Technology Solutions GmbH

e

Hewlett-Packard GmbH

contro

Verwertungsgesellschaft Wort (VG Wort)

[domande di pronuncia pregiudiziale del Bundesgerichtshof (Germania)]

«Diritto d’autore e diritti connessi nella società dell’informazione – Efficacia nel tempo della direttiva 2001/29/CE – Diritto di riproduzione – Eccezioni o limitazioni – Equo compenso – Nozione di “riproduzioni su carta o supporto simile, mediante uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro procedimento avente effetti analoghi” – Riproduzioni a mezzo di stampanti o personal computer – Riproduzioni da fonte digitale – Riproduzioni a mezzo di una catena di dispositivi – Conseguenze della non applicazione delle misure tecnologiche per impedire o limitare atti non autorizzati – Conseguenze del consenso espresso o tacito alla riproduzione»





1.        La direttiva 2001/29 (2) impone agli Stati membri di riconoscere agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, delle loro opere. Tuttavia, essi possono anche disporre eccezioni o limitazioni a tale diritto in taluni casi, in particolare, per quanto riguarda «le riproduzioni su carta o supporto simile, mediante uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro procedimento avente effetti analoghi» e «le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali», a condizione che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso.

2.        In Germania l’equo compenso è ottenuto istituendo un prelievo a carico dei soggetti che producono, importano o vendono dispositivi idonei alla realizzazione di riproduzioni. Nelle cause principali, il Bundesgerichtshof (Corte di giustizia federale) è chiamato a decidere se il prelievo debba essere imposto su stampanti o personal computer in grado di realizzare riproduzioni solo quando collegati ad uno o più altri dispositivi, come gli scanner, che possono a loro volta essere assoggettati allo stesso onere. Esso ha, pertanto, sottoposto alla Corte due questioni vertenti sull’interpretazione della direttiva, allo scopo di chiarire tale questione. Inoltre, esso desidera sapere come la possibilità di applicazione di misure tecnologiche di protezione o restrizione della riproduzione (3) e il consenso espresso o tacito alla riproduzione incidono sul diritto ad un equo compenso. Infine, solleva una questione sull’ambito di applicazione temporale della direttiva.

3.        Benché a prima vista tali questioni possano apparire relativamente semplici, esse sollevano, di fatto, problematiche complesse, concernenti le interazioni tra la direttiva e la normativa tedesca e tra le diverse disposizioni di ciascuna.

 Diritto dell’Unione europea

 La direttiva

4.        Ai sensi dell’articolo 2 della direttiva, intitolato «Diritto di riproduzione»:

«Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte:

a)      agli autori, per quanto riguarda le loro opere;

(...)».

5.        L’articolo 5, paragrafo 2, stabilisce, tra l’altro, quanto segue:

«Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni al diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 per quanto riguarda:

a)      le riproduzioni su carta o supporto simile, mediante uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro procedimento avente effetti analoghi, fatta eccezione per gli spartiti sciolti, a condizione che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso;

b)      le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali a condizione che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso che tenga conto dell’applicazione o meno delle misure tecnologiche di cui all’articolo 6 all’opera o agli altri materiali interessati;

c)      gli atti di riproduzione specifici effettuati da biblioteche accessibili al pubblico, istituti di istruzione, musei o archivi che non tendono ad alcun vantaggio economico o commerciale, diretto o indiretto;

(…)».

6.        Il medesimo articolo 5, paragrafo 3, dispone, tra l’altro, che:

«Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni al diritto di riproduzione di cui agli articoli 2 e 3 nei casi seguenti:

a)      allorché l’utilizzo ha esclusivamente finalità illustrativa per uso didattico o di ricerca scientifica, sempreché, salvo in caso di impossibilità, si indichi la fonte, compreso il nome dell’autore, nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito;

(…)

n)      quando l’utilizzo abbia come scopo la comunicazione o la messa a disposizione, a singoli individui, a scopo di ricerca o di attività privata di studio, su terminali dedicati situati nei locali delle istituzioni di cui al paragrafo 2, lettera c), di opere o altri materiali contenuti nella loro collezione e non soggetti a vincoli di vendita o di licenza;

(…)».

7.        Gli altri casi elencati nell’articolo 5, paragrafi 2 e 3 (4), riguardano tutti un utilizzo non commerciale o, in senso ampio, nell’interesse generale. La condizione che i titolari del diritto devono obbligatoriamente ricevere un equo compenso si applica unicamente alle ipotesi di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettere a), b) ed e) (5), ma il trentaseiesimo considerando della direttiva indica chiaramente che gli Stati membri possono prevedere siffatto compenso con riferimento ad una qualsiasi o a tutte le altre eccezioni o limitazioni facoltative del diritto di riproduzione (6).

8.        L’articolo 5, paragrafo 5, precisa quanto segue:

«Le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare».

9.        Può essere opportuno notare che la disposizione di cui all’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva, spesso conosciuta come «test a tre fasi», riproduce i termini quasi identici dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Berna (revisione del 1967) (7), dell’articolo 13 dell’accordo TRIPS (1994) (8) e dell’articolo 10, paragrafo 2, del trattato dell’OMPI sul diritto d’autore (1996) (9). Nell’ambito dell’accordo TRIPs, le tre fasi sono state interpretate da un gruppo di lavoro dell’OMC (10). In breve, secondo il panel, le tre condizioni sono cumulative; la prima condizione (determinati casi speciali) richiede che una limitazione o eccezione sia definita chiaramente e che abbia campo di applicazione e portata ristretti, la seconda condizione (assenza di contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera) significa che un’eccezione o limitazione non deve autorizzare utilizzi che siano in concorrenza economica con le modalità con le quali i titolari dei diritti traggono, normalmente, valore economico dalle loro opere e la terza condizione (assenza di ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare) esclude eccezioni o limitazioni che causino o possano potenzialmente far subire un’ingiusta perdita economica al titolare.

10.      L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva definisce «misure tecnologiche» «tutte le tecnologie, i dispositivi o componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati a impedire o limitare atti, su opere o altri materiali protetti, non autorizzati dal titolare del diritto d’autore o del diritto connesso al diritto d’autore (…). Le misure tecnologiche sono considerate “efficaci” nel caso in cui l’uso dell’opera o di altro materiale protetto sia controllato dai titolari tramite l’applicazione di un controllo di accesso o di un procedimento di protezione, quale la cifratura, la distorsione o qualsiasi altra trasformazione dell’opera o di altro materiale protetto, o di un meccanismo di controllo delle copie, che realizza l’obiettivo di protezione». In sostanza, l’articolo 6 nel suo complesso impone agli Stati membri di prevedere un’adeguata protezione giuridica dei titolari dei diritti contro qualsiasi mezzo atto ad eludere le misure tecnologiche applicate volontariamente dai titolari, o attuate in applicazione di provvedimenti adottati dagli stessi Stati membri.

11.      L’articolo 10 della direttiva è intitolato «Applicazioni nel tempo». Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, le disposizioni della direttiva si applicano a tutte le opere che, alla data del 22 dicembre 2002, sono tutelate dalla legislazione degli Stati membri relativa al diritto d’autore e ai diritti connessi. L’articolo 10, paragrafo 2, recita: «La presente direttiva non si applica agli atti conclusi e ai diritti acquisiti prima del 22 dicembre 2002».

12.      Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, gli Stati membri dovevano mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 22 dicembre 2002. Ai sensi dell’articolo 14, la direttiva è entrata in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, cioè il 22 giugno 2001.

 La sentenza Padawan

13.      La Corte ha interpretato le disposizioni della direttiva in diverse sentenze, tra le quali, forse, quella maggiormente pertinente ai fini della presente causa è la sentenza Padawan (11), vertente sull’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), spesso citata come l’eccezione «per copia privata».

14.      Detta causa concerneva un prelievo applicato in Spagna a supporti di registrazione digitali (12), nel contesto di un’eccezione nazionale per copia privata e, quindi, dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva. La Corte non ha accolto la tesi della Commissione, secondo cui le modalità di finanziamento dell’equo compenso, non essendo disciplinate dalla direttiva, devono essere fissate dagli Stati membri (soggette solo ai limiti imposti, in particolare, dai diritti fondamentali e dai principi generali del diritto); in altre parole, il loro obbligo consisterebbe nell’ottenere un determinato risultato, piuttosto che di ottenerlo attraverso mezzi definiti (13). Piuttosto, essa ha ritenuto che un soggetto che invochi l’eccezione per copia privata, causando al titolare un pregiudizio rispetto al quale quest’ultimo ha diritto all’equo compenso, sia tenuto a risarcire tale danno finanziando il compenso (14). Essa ha quindi ritenuto che sussiste necessariamente un nesso tra l’applicazione di un prelievo ad apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione digitale e l’uso dei medesimi a fini di riproduzione privata (15). Ciò premesso, tenuto conto delle difficoltà pratiche per collegare il prelievo all’utilizzo effettivo, si può presumere che una persona fisica benefici integralmente delle funzioni associate alle apparecchiature messe a sua disposizione per fini privati; pertanto, la capacità di tali dispositivi di realizzare copie può giustificare l’applicazione di un prelievo per copie private (16). Nondimeno, l’applicazione indiscriminata di un tale prelievo nei confronti di apparecchiature, dispositivi o supporti non messi a disposizione di utenti privati e manifestamente riservati ad usi diversi dalla realizzazione di copie ad uso privato non risulta conforme con la direttiva (17).

 Normativa tedesca pertinente

15.      L’articolo 53 della Urheberrechtsgesetz (18) definisce talune ipotesi in cui, in deroga alle normali disposizioni sul diritto d’autore, è consentito riprodurre materiale protetto.

16.      Dal 13 settembre 2003, l’articolo 53, paragrafo 1, della legge sul diritto d’autore ha consentito la realizzazione da parte di una persona fisica di singole copie per uso privato su qualsiasi supporto, a condizione che non sussista alcuno scopo commerciale diretto o indiretto e che l’originale non sia stato manifestamente prodotto illegittimamente – un’eccezione sostanzialmente analoga a quella di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva; anteriormente a tale data, tuttavia, esso non era limitato alle persone fisiche. Inoltre, la persona autorizzata a creare copie può anche far realizzare le copie da terzi, purché ciò avvenga a titolo gratuito – condizione che non trova fondamento esplicito nella direttiva – o, a decorrere dal 13 settembre 2003, se le copie vengono realizzate su carta o su un supporto simile, con qualsiasi tecnica fotomeccanica o con qualunque altro procedimento con effetti simili – condizione che ricalca l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a).

17.      L’articolo 53, paragrafo 2, ha una struttura più complessa. Esso consente alle persone (senza limitarsi alle persone fisiche) di realizzare o far realizzare singole copie per uso personale: (i) per uso scientifico, nella misura necessaria; (ii) per inserirle nell’archivio della persona, nella misura necessaria, a condizione che anche l’originale appartenga alla persona; (iii) per propria informazione su temi di attualità quando l’originale è stato oggetto di radiodiffusione; e (iv) di articoli, estratti di opere pubblicate o opere fuori stampa da almeno due anni. Tali eccezioni non corrispondono chiaramente ad alcuna eccezione prevista dalla direttiva: nella misura in cui non sono limitate alle persone fisiche, esse eccedono l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b); nella misura in cui sono subordinate all’uso per fini personali, esse sono più restrittive rispetto a quelle contenute negli altri commi.

18.      Fino alla modifica del 2003 della legge sul diritto d’autore, non erano previste ulteriori condizioni alle eccezioni di cui all’articolo 53, paragrafo 2. Con tale modifica, l’eccezione prevista al punto (ii) è stata assoggettata ad almeno una delle seguenti condizioni: la copia deve essere su carta o supporto simile e deve essere realizzata con qualsiasi tipo di tecnica fotomeccanica o altro procedimento avente effetti analoghi; deve essere esclusivamente analogica (19) e/o l’archivio deve essere nell’interesse pubblico e senza scopo commerciale o economico. Le eccezioni di cui ai punti (iii) e (iv) sono state assoggettate ad almeno una tra le prime due condizioni.

19.      L’articolo 53, paragrafo 3, della legge sul diritto d’autore concerne articoli o estratti, nonché opere di dimensioni ridotte, e consente la riproduzione per uso personale (ancora una volta, senza che ciò sia limitato alle persone fisiche) a scopo didattico o in preparazione di esami, sostanzialmente nell’ambito di istituzioni di istruzione di qualsiasi tipo. Il suo contenuto sembra corrispondere, in parte, a quello dell’articolo 5, paragrafi 2, lettera c), e 3, lettera a), della direttiva.

20.      Ai sensi dell’articolo 54a, paragrafo 1, della legge sul diritto d’autore, quando la natura di un’opera è tale per cui si può presumere che sarà riprodotta, conformemente alle disposizioni dell’articolo 53, paragrafi 1‑3, mediante fotocopia o altro procedimento avente effetti analoghi – una condizione che, ancora una volta, ricalca l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva – l’autore può chiedere una «angemessene Vergütung» (20) a fabbricanti, importatori o distributori di dispositivi «destinati alla realizzazione di tali riproduzioni». Ai sensi dell’articolo 54g, paragrafo 1, l’autore può chiedere ai soggetti obbligati al pagamento di tale remunerazione di fornire informazioni. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 54h, paragrafo 1, della legge sul diritto d’autore, solo le società di gestione collettiva possono chiedere la remunerazione o la messa a disposizione delle informazioni di cui trattasi.

21.      In forza dell’articolo 54d della legge sul diritto d’autore e del relativo Allegato II, il prelievo sui dispositivi di cui all’articolo 54a, paragrafo 1, è fissato in un importo compreso tra EUR 38,35 ed EUR 613,56, in funzione del numero di copie che possono essere realizzate per minuto e della disponibilità o meno della riproduzione a colori; tuttavia, altri importi possono essere concordati.

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

22.      La Verwertungsgesellschaft Wort (in prosieguo: la «VG Wort») è una società autorizzata di gestione collettiva. Essa rappresenta in via esclusiva gli autori ed editori di opere letterarie in Germania. È pertanto legittimata a chiedere il versamento di una remunerazione a fabbricanti, importatori o distributori di dispositivi, assoggettati all’obbligo di corrispondere una remunerazione agli autori ai sensi dell’articolo 54a, paragrafo 1, della legge sul diritto d’autore. A proprio nome e per conto di un’altra società di gestione collettiva rappresentante di soggetti titolari di diritti su opere grafiche di qualsiasi tipo, essa ha fatto domanda per ottenere tale remunerazione dalle altre parti nella causa principale (in prosieguo: «i fornitori») (21) mediante un prelievo su personal computer, stampanti e/o plotter (22) immessi in commercio in Germania tra l’inizio del 2001 e la fine del 2007. Gli importi richiesti sono basati sui tassi di remunerazione concordati tra le due società di gestione collettiva e pubblicati nel Bundesanzeiger (Gazzetta Federale).

23.      I fornitori sostengono, in particolare, che stampanti e plotter non sono in grado di riprodurre opere in maniera autonoma. Possono farlo unicamente quando collegati ad un dispositivo in grado di utilizzare una tecnica o un procedimento fotografico avente effetti analoghi, al fine di creare un’immagine dell’opera. Di conseguenza, il compenso dovrebbe essere riscosso solo su tali dispositivi, non su stampanti o plotter. Tale parere è in linea con la giurisprudenza elaborata finora, in cui il Bundesgerichtshof ha ritenuto che, quando dispositivi come scanner, computer e stampanti sono collegati tra loro allo scopo di copiare un documento, la remunerazione è dovuta unicamente sul dispositivo che caratterizza con maggiore evidenza la tecnica fotografica – e precisamente, lo scanner.

24.      A parere del giudice nazionale, sorgono due ulteriori questioni relative alla determinazione del compenso dovuto. Se, qualora misure tecnologiche per impedire la riproduzione siano disponibili, ma non vengano applicate, o qualora la riproduzione sia stata in qualsiasi modo autorizzata, l’equo compenso sia comunque dovuto per gli originali in questione. Inoltre, non è del tutto chiaro a decorrere da quale data e rispetto a quali fatti il diritto nazionale debba essere interpretato conformemente alla direttiva.

25.      Il Bundesgerichtshof chiede pertanto alla Corte (23):

«1.      Se la direttiva debba essere presa in considerazione nell’interpretazione del diritto nazionale anche per fatti verificatisi dopo la data dell’entrata in vigore della direttiva (22 giugno 2001), ma prima della data della sua applicabilità (22 dicembre 2002).

2.      Se le riproduzioni a mezzo di stampanti [o personal computer] costituiscano riproduzioni effettuate mediante uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro procedimento avente effetti analoghi ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva.

3.      Laddove la seconda questione venga risolta in senso affermativo, se i requisiti stabiliti dalla direttiva per un equo compenso nel caso di eccezioni o limitazioni al diritto di riproduzione di cui all’articolo 5, paragrafi 2 e 3, della direttiva siano soddisfatti, sotto il profilo del diritto fondamentale alla parità di trattamento sancito dall’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, anche qualora i destinatari dell’obbligo a versare l’adeguata remunerazione (24) siano non i fabbricanti, gli importatori e i distributori delle stampanti [o personal computer], bensì i fabbricanti, gli importatori e i distributori di uno o più dispositivi diversi facenti parte di una catena idonea alla realizzazione di corrispondenti riproduzioni.

4.      Se la possibilità di applicazione di misure tecnologiche ai sensi dell’articolo 6 della direttiva faccia venir meno la condizione di un equo compenso ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva.

5.      Se la condizione [articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e b), della direttiva] e la possibilità (v. considerando 36 della direttiva) di un equo compenso vengano meno laddove il titolare del diritto abbia prestato consenso espresso o tacito alla riproduzione delle sue opere».

26.      Hanno presentato osservazioni scritte la VG WORT, i fornitori, la Finlandia, la Germania, l’Irlanda, la Lituania, i Paesi Bassi, la Polonia, la Spagna, il Regno Unito e la Commissione. All’udienza del 22 ottobre 2012, la VG WORT, la Fujitsu, la Hewlett Packard, la Kyocera, la Repubblica ceca, la Germania, i Paesi Bassi, l’Austria, il Regno Unito e la Commissione hanno presentato osservazioni orali.

 Valutazione

27.      Il Bundesgerichtshof desidera interpretare talune disposizioni della legge sul diritto d’autore in conformità delle disposizioni della direttiva, nella misura in cui tale interpretazione è prescritta dal diritto dell’Unione europea. Esso solleva, pertanto, una questione relativa all’applicabilità della direttiva ratione temporis e quattro questioni relative all’interpretazione di disposizioni di diritto sostanziale. Dal momento che è pacifico che la direttiva è pertinente per la maggior parte del periodo considerato nelle controversie nella causa principale, mi occuperò innanzitutto delle questioni sostanziali. Prima di procedere in tal senso, tuttavia, può essere utile considerare alcuni aspetti generali concernenti la direttiva e il suo rapporto con la normativa tedesca.

 Osservazioni preliminari

 Sul rapporto tra il preambolo e il dispositivo della direttiva

28.      Una caratteristica della direttiva è la lunghezza del suo preambolo estremamente dettagliato, di circa il 40% più lungo del dispositivo. Nell’ambito delle osservazioni presentate alla Corte, è stato fatto ampio riferimento a taluni considerando della direttiva e la Corte si è fondata in misura considerevole su tali considerando nelle sue sentenze (25).

29.      Dal preambolo appare chiaro che il legislatore non ha solo inteso giungere al massimo grado possibile di uniformità necessaria per il mercato interno (26), ma anche consentire l’adattamento a nuove forme di sfruttamento, nuovi utilizzi e sviluppi tecnologici (27). Di conseguenza, sussiste una qualche giustificazione per adottare un approccio progressivo, adattativo e armonizzato all’interpretazione della direttiva.

30.      D’altro canto, occorre ricordare che gli Stati membri dispongono di ampia discrezionalità e che molti aspetti non sono armonizzati. Ad esempio, a quanto deve ammontare un compenso per essere equo e come vi si deve provvedere? E la mera esistenza di venti eccezioni o limitazioni facoltative al diritto di riproduzione, diciassette delle quali comportano un’ulteriore opzione per l’equo compenso, lungi dal perseguire uniformità o armonizzazione, sembra, in sostanza, costituire una rinuncia a tali obiettivi. Dove il legislatore ha quindi deliberatamente lasciato delle scelte agli Stati membri, non sembra opportuno che la Corte decida di limitarle nel nome di una maggiore armonizzazione.

31.      Inoltre, la certezza del diritto costituisce un presupposto per qualsiasi armonizzazione si voglia realizzare nel mercato interno (28) e un approccio progressivo e adattativo all’interpretazione non contribuisce alla massima certezza del diritto. Quando vi siano sviluppi interconnessi nelle tecnologie e pratiche imprenditoriali, la Corte può garantire solo fino a un certo punto un’interpretazione della normativa che tenga in considerazione tali sviluppi. Vi è un momento in cui solo il legislatore è competente a garantire tale evoluzione.

32.      Infine, un riferimento eccessivo al preambolo, rispetto al dispositivo della direttiva, va considerato con cautela. È vero che, nell’interpretare un provvedimento, si deve tenere conto dei motivi che hanno portato alla sua adozione (29). Desidero rammentare, tuttavia, il punto 10 dell’Accordo interistituzionale sugli orientamenti comuni relativi alla qualità redazionale della legislazione comunitaria (30), che dispone quanto segue: «[i] considerando motivano in modo conciso le norme essenziali dell’articolato, senza riprodurne o parafrasarne il dettato. Non contengono enunciati di carattere normativo o dichiarazioni di natura politica». Sebbene tali orientamenti non siano giuridicamente vincolanti, si deve presumere che le istituzioni che li hanno adottati di comune accordo (il Parlamento, il Consiglio e la Commissione) vi si conformino in sede di redazione della legislazione (31).

 Sul rapporto tra la direttiva e la normativa tedesca

33.      La direttiva tutela in primo luogo il diritto fondamentale dell’autore ad autorizzare o vietare la riproduzione delle proprie opere. Sebbene non riguardi gli accordi in materia di licenze, in essa si parte dalla premessa che gli autori siano in grado di negoziare una remunerazione come corrispettivo per l’autorizzazione a riprodurre le loro opere. Nel decimo considerando viene precisato che devono ricevere un «adeguato compenso» per l’utilizzo delle loro opere (32).

34.      Gli Stati membri possono, nondimeno, prevedere una qualsiasi oppure tutte le eccezioni o limitazioni al diritto di autorizzare o vietare la riproduzione previste esaustivamente nell’elenco. In tre di tali casi, essi devono (e nei casi restanti possono) garantire che gli autori ricevano un equo compenso per tale lesione dei loro diritti (33). Nell’ambito di tali tre casi, le presenti domande di pronuncia pregiudiziale riguardano principalmente l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, che prevede un’eccezione o limitazione per quanto riguarda le riproduzioni «su carta o supporto simile, mediante l’uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro procedimento avente effetti analoghi» e l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), concernente le riproduzioni «su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali». Tuttavia, la terza questione del Bundesgerichtshof fa espresso riferimento all’insieme dell’articolo 5, paragrafi 2 e 3, in cui vengono elencate venti ipotesi, che spesso presentano sovrapposizioni, in cui è autorizzata un’eccezione o limitazione al diritto di riproduzione (34), e la tematica di fondo nella quinta questione (relativa al consenso dei titolari dei diritti) può essere rilevante per tutte le ipotesi.

35.      Occorre ricordare che le disposizioni dell’articolo 5, paragrafi 2 e 3, sono tutte facoltative e che, in tutti i casi, la facoltà consiste nel prevedere o meno un’eccezione o una limitazione al diritto di riproduzione. La natura facoltativa delle eccezioni o limitazioni conferisce agli Stati membri una certa libertà d’azione in questo ambito, che trova riscontro nel preambolo della direttiva, in particolare, nei considerando 34, 36‑40, 51 e 52.

36.      Da quanto precede traggo talune conclusioni.

37.      In primo luogo, un’eccezione o limitazione al diritto di riproduzione che ecceda quanto autorizzato da una qualsiasi disposizione dell’articolo 5, paragrafi 2 o 3, sarà incompatibile con la direttiva. Tuttavia, tenuto conto della natura facoltativa delle disposizioni e della possibilità di introdurre una limitazione piuttosto che un’eccezione, un provvedimento che si spinga meno lontano sarà compatibile. Ad esempio, uno Stato membro non può, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), prevedere un’eccezione per tutte le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica, senza fare riferimento ai fini per i quali sono state realizzate, poiché ciò estenderebbe la portata dell’eccezione oltre quanto autorizzato da detta (o altra) disposizione. Viceversa esso può, sempre sulla base dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), prevedere un’eccezione per le riproduzioni effettuate da una persona fisica solo su carta ed esclusivamente a fini di attività privata di studio, dal momento che la portata di tale eccezione sarebbe più ristretta, ma comunque compresa, in quanto consentito.

38.      In secondo luogo, la natura sovrapposta delle diverse situazioni deve essere tenuta in considerazione nel valutare la compatibilità con la direttiva di una disposizione nazionale o della sua interpretazione nel diritto nazionale. La direttiva non impone che le eccezioni o limitazioni nazionali siano redatte in modo che ciascun caso rientri in una delle venti situazioni elencate nell’articolo 5, paragrafi 2 o 3. Un’eccezione o limitazione nazionale al diritto di riproduzione può, pertanto, essere compatibile con la direttiva, anche se comprende elementi di due o più disposizioni dell’articolo 5 paragrafi 2 o 3. Tuttavia, poiché non deve eccedere quanto autorizzato da tali disposizioni, occorre fare in modo che tale eccezione «ibrida» non cumuli le condizioni in modo tale che vi rientri un ambito che esuli da quelli autorizzati dalla direttiva.

39.      A tale riguardo, rilevo che le definizioni di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e b), che si fondano su criteri nettamente diversi – addirittura contrastanti – si sovrappongono, di fatto, in termini di atti di riproduzione da esse disciplinati. Mentre la definizione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), è circoscritta solo in termini di mezzi di riproduzione e del supporto utilizzato, quella di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), si riferisce esclusivamente all’identità della persona che effettua la riproduzione e ai fini per i quali quest’ultima viene realizzata.

40.      Pertanto, un’eccezione in relazione a riproduzioni effettuate da una persona fisica su carta o supporto simile, mediante l’uso di una tecnica fotografica o di un altro procedimento avente effetti analoghi, per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali – compresa, quindi, la maggior parte delle realizzazioni di fotocopie per uso privato di materiale soggetto a diritto d’autore –, rientrerà in una o entrambe le disposizioni. Per contro, le riproduzioni non effettuate da una persona fisica e mediante l’uso di mezzi diversi non rientreranno in alcuna delle due disposizioni; tali riproduzioni devono rientrare in un altro comma dell’articolo 5, paragrafi 2 o 3, affinché un’eccezione ad esse relativa sia compatibile con la direttiva.

41.      I commi 1‑3 dell’articolo 53, della legge sul diritto d’autore, che il Bundesgerichtshof e le parti nella causa principale hanno citato come rilevanti ai fini della soluzione della controversia in tale procedimento, sembrano riguardare sia gli ambiti che coincidono, sia gli ambiti che non coincidono, dell’articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e b), della direttiva. Essi si estendono inoltre, almeno in parte, a talune altre eccezioni, quali quelle attinenti a scopi didattici e scientifici, rispetto alle quali l’equo compenso è facoltativo anziché obbligatorio. Gli articoli 54a, paragrafo 1, e 54d, in combinato disposto con l’Allegato II, prevedono una tabella unica di prelievi su dispositivi idonei a realizzare fotocopie, o loro equivalenti, di materiale protetto in qualsiasi circostanza prevista dall’articolo 53, paragrafi 1‑3 (35). La conseguente mancanza di parallelismo tra la direttiva e la legge sul diritto d’autore non semplifica la verifica se un’interpretazione di quest’ultima sia coerente con la prima. Qualora la normativa nazionale combini diverse eccezioni, in alcuni casi potrebbe perfino essere sollevata la questione della sua compatibilità con la direttiva (aggiungerei che l’impiego dell’espressione «angemessene Vergütung» nell’articolo 54a, paragrafo 1, della legge sul diritto d’autore, la quale sembra creare confusione con nozioni diverse da quella di «equo compenso» ai sensi della direttiva (36), complica ulteriormente la questione).

42.      Tuttavia, a condizione che il prelievo si applichi solo a dispositivi idonei a realizzare «le riproduzioni su carta o supporto simile (…) mediante uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro procedimento avente effetti analoghi», gli atti di riproduzione in questione rientrano tutti nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, sebbene alcuni di essi possano rientrare anche in altre eccezioni, come quella concernente le copie private. Pertanto, al fine di assicurare la coerenza, le condizioni che disciplinano tale prelievo devono, in tutti i casi, essere in linea con l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a).

 Sul rapporto tra il prelievo e l’equo compenso

43.      La quarta e quinta questione riguardano, in generale, le ripercussioni di taluni comportamenti dei titolari – non applicazione delle misure tecnologiche disponibili per impedire o limitare la riproduzione e consenso, espresso o tacito, alla riproduzione – sul loro diritto ad un equo compenso in una situazione che rientri in un’eccezione o limitazione applicata ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 2 o 3, della direttiva. Tali questioni vengono poste in relazione alla determinazione dell’importo del prelievo gravante sui dispositivi e destinato a finanziare tale equo compenso e non nell’ambito di qualsiasi controversia concernente i diritti di un singolo titolare. Nondimeno, le questioni pregiudiziali sono fondate sul presupposto che gli importi prelevati sono destinati a pagare i titolari e che, pertanto, saranno determinati in base all’ammontare dell’equo compenso da corrispondere globalmente.

44.       Occorre, tuttavia, sottolineare che in diversi Stati membri (ma, a quanto sembra, non in Germania) i prelievi su dispositivi e supporti vergini vengono destinati non solo al pagamento di un equo compenso ai titolari, ma anche a scopi collettivi o culturali, come la promozione di produzioni letterarie, musicali, o audiovisive (37).

45.      La questione del rapporto tra prelievi, equo compenso e detti scopi collettivi o culturali, non viene sollevata nelle cause in esame, ma è stata sottoposta alla Corte in un altro rinvio pregiudiziale, attualmente in attesa di sentenza, presentato dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema) austriaco (38). Non sarebbe opportuno esprimere anticipati giudizi su tale questione nella causa in esame, ma può essere auspicabile tenerla presente in sede di esame delle questioni nella controversia in oggetto. Nella misura in cui i prelievi siano determinati in funzione dell’esigenza di prevedere un equo compenso a favore dei titolari di diritti ai sensi della direttiva, il grado di libertà che gli Stati membri possono avere nel determinare ciò che può costituire un equo compenso è rilevante – che tale compenso si limiti a riparare al «pregiudizio» di cui al trentacinquesimo considerando della direttiva e ai punti 39 e segg. della sentenza nella causa Padawan (39), o costituisca un contributo più generale al beneficio collettivo dei titolari dei diritti.

46.      Passo ora ad esaminare le domande del Bundesgerichtshof, iniziando dalle quattro questioni sostanziali.

 Seconda questione: i criteri dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a)

47.      Se, nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, «le riproduzioni su carta o supporto simile, mediante uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro procedimento avente effetti analoghi» comprendano le riproduzioni a mezzo di stampanti o personal computer (sostanzialmente in combinazione).

48.      La questione riguarda la distinzione tra copie di un documento originale «analogico» (in sostanza, un documento esso stesso su carta o supporto simile, copiato mediante un procedimento «da analogico ad analogico», ad esempio, una fotocopia) e riproduzioni di un documento «digitale» (un documento esistente in formato elettronico, stampato mediante copia «da digitale ad analogica», ad esempio, la stampa di una pagina Web). Con riguardo a tale questione, dal momento che le riproduzioni menzionate vengono definite sulla base di criteri tecnici, appare utile rammentare alcune nozioni circa il funzionamento dei procedimenti e dei dispositivi di cui trattasi (40).

49.      La fotografia, come generalmente intesa, consiste, essenzialmente, nel catturare con mezzi ottici un’immagine particolare (ciò che si vede attraverso l’obiettivo della macchina fotografica nel momento rilevante), archiviando il risultato con lo scopo di riprodurlo successivamente in forma di immagine. L’immagine può essere quella di un documento, e utilizzerò pertanto il termine «immagine» includendo nel suo significato la riproduzione di qualsiasi tipo di documento, che si tratti di testo o grafica.

50.      Nella fotografia tradizionale, la pellicola negativa fotosensibile viene esposta alla luce di un’immagine reale e, dopo lo sviluppo, viene utilizzata come filtro per proiettare l’immagine corrispondente su carta fotosensibile, sulla quale vengono stampate le copie positive. L’immagine catturata e riprodotta è analogica rispetto all’immagine vista attraverso l’obiettivo.

51.      La fotografia digitale non registra l’immagine in forma analogica, ma sotto forma di una grande quantità di pixel, che variano in colore ed intensità. Le informazioni digitali possono quindi essere trasferite (mediante collegamento diretto, compreso un collegamento senza fili, o per mezzo di un dispositivo portatile, come una scheda di memoria) ad altri dispositivi, in grado di riprodurre un’immagine analogica su diversi tipi di supporto. Oggi le fotocamere digitali possono anche essere incorporate in altri supporti, compresi molti telefoni cellulari (forse la maggior parte) e tablet PC.

52.       Nelle fotocopiatrici con tecnologia xerografica (vale a dire, le più moderne), una luce molto luminosa viene proiettata su un documento e riflessa su un cilindro elettrostatico, che attira o respinge il toner (inchiostro in polvere), in funzione dell’intensità della luce che illumina ciascuna parte, formando un’immagine analogica, che viene quindi trasferita su carta. Nessuna delle parti che ha presentato osservazioni contesta, né sembra in alcun modo essere controvertibile, il fatto che tale processo costituisca una «tecnica fotografica» o un «altro procedimento avente effetti analoghi» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva.

53.      Uno scanner cattura l’immagine di un documento (anche in questo caso mediante la proiezione di luce) sotto forma di informazione digitale, che può essere trasferita su altri supporti in grado di archiviarla e/o di riprodurre un’immagine analogica su diversi tipi di supporto.

54.      Una stampante produce immagini da informazioni digitali ricevute da un’altra fonte, come un computer, una fotocamera o un dispositivo di memoria portatile (ad esempio, una scheda di memoria, una chiavetta USB, o un CD‑Rom). Tipi di stampanti diversi utilizzano procedimenti diversi: da una fonte digitale, le stampanti laser producono un’immagine analogica su un cilindro, che viene quindi trasferita su carta, similmente alle fotocopiatrici con tecnologia xerografica, mentre le stampanti a getto d’inchiostro creano l’immagine direttamente sulla carta a partire dalle informazioni digitali. La maggior parte delle stampanti produce immagini su tipi diversi di carta; alcune sono in grado di stampare su altri supporti, come tessuto o pellicola trasparente. I plotter sono, sostanzialmente, stampanti specializzate, progettate per talune applicazioni grafiche; in origine le immagini venivano prodotte mediante il movimento di una punta sulla carta, oggi, tuttavia, essi possono utilizzare tecniche più simili a quelle di altre stampanti.

55.      Uno scanner e una stampante, azionati insieme, eseguono le stesse funzioni generali di una fotocopiatrice. In taluni casi, entrambi devono essere collegati ad un computer a tale scopo, mentre in altri possono essere collegati tra loro direttamente, o le informazioni possono essere trasferite dall’uno all’altro mediante un dispositivo di memoria portatile. Le stampanti multifunzione, o all-in-one (in prosieguo: «AIO»), cumulano le funzioni (tra l’altro) di scanner, stampante e fotocopiatrice; esse hanno memoria e capacità di elaborazione limitate e specifiche rispetto a quelle di un computer, che sono molto maggiori e meno specializzate.

56.      Le informazioni sulle immagini digitali possono essere immesse in un computer (direttamente, ad esempio da una fotocamera digitale o da uno scanner, o indirettamente, mediante un dispositivo di memoria portatile o Internet), dove possono essere memorizzate, eventualmente manipolate, e inviate ad una periferica (come un monitor o una stampante) per riprodurre un’immagine analogica. Un’immagine digitalizzata viene solitamente memorizzata in modo tale che la riproduzione sarà una rappresentazione visiva dell’originale; tuttavia, può essere utilizzato un software per il riconoscimento ottico della scrittura (Optical Character Recognition, OCR) al fine di convertire il testo stampato in informazioni digitali neutre, dalle quali può essere riprodotto in una forma diversa dall’originale sotto il profilo visivo. Le informazioni digitali che rappresentano un testo o un’immagine grafica possono, inoltre, essere create in un computer senza un’immagine originale, utilizzando una tastiera o un mouse, insieme ad un software idoneo. In assenza di periferiche con funzioni di input e output (entrata e uscita), tuttavia, un computer non è in grado, da solo, di catturare o riprodurre alcuna immagine.

57.      Le modalità con cui un’immagine può essere riprodotta utilizzando uno o più dei dispositivi di cui sopra, possono pertanto essere descritte, in modo schematico, nel senso che comprendono una fase di input, una fase intermedia e una fase di output. La fase di input può comportare l’inserimento ottico di un originale analogico o di una creazione non ottica di un originale digitale. La fase intermedia può comprendere una o più operazioni di memorizzazione, trasferimento o manipolazione, in forma analogica o digitale. La fase di output implica la produzione di un’immagine visibile in forma analogica (41).

58.      Ciò premesso, si pone la questione di come «le riproduzioni su carta o supporto simile, mediante uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro procedimento avente effetti analoghi», debbano essere interpretate nel contesto dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva. Il Bundesgerichtshof chiede se tali riproduzioni (è opportuno rammentare che non si limitano alle copie private) includano quelle effettuate mediante utilizzo di stampanti (compresi i plotter) o computer. La questione fondamentale è se esse includano le copie realizzate da una fonte digitale o unicamente le copie di un originale analogico.

59.      LA VG Wort, l’Austria, la Repubblica ceca e il Regno Unito ritengono che le copie da fonte digitale siano incluse. La Germania non si pronuncia sulla questione. Gli altri Stati membri, la Commissione e i fornitori sono tutti del parere opposto (tesi per la quale sembra propendere anche il giudice del rinvio).

60.      Ad un certo livello, la risposta sembra relativamente semplice.

61.      Considerando la definizione nel suo complesso, ritengo che il significato essenziale comprenda, in sostanza, le copie da analogica ad analogica realizzate a mezzo di fotocopiatrice – mediante reprografia, per utilizzare il termine impiegato nel trentasettesimo considerando della direttiva (42). Non sussiste, tuttavia, una differenza fondamentale tra tali copie e le copie realizzate utilizzando, ad esempio, uno scanner o una fotocamera collegati ad una stampante (tramite computer o altro), o ad un dispositivo AIO. Sebbene l’immagine attraversi una fase intermedia di codificazione e memorizzazione digitale, l’input e output restano analogici, esattamente come nel caso di una fotocopiatrice. Il processo non differisce dalla fotocopia xerografica più di quanto la fotografia digitale differisca dalla fotografia tradizionale. Non si può affermare che gli effetti non siano «analoghi» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a).

62.      Di conseguenza, computer e stampanti possono essere utilizzati per realizzare riproduzioni quali definite dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva. Tuttavia, la questione che occorre risolvere al fine di chiarire la controversia nella causa principale va oltre: se, nel caso in cui le informazioni digitali dalle quali la stampante genera il documento stampato non provengano dallo scanner al quale essa è collegata, ma semplicemente da un computer, che può avere ricevuto le informazioni da una fonte remota (ad esempio, scaricandole da un sito Web, o come allegato di un’e-mail), tale ipotesi rientri anch’essa nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a). Tale questione è connessa alla terza questione, che solleva la problematica se sia corretto ritenere che, in una catena di dispositivi consistente in scanner, computer e stampante, sia lo scanner ad essere con maggior evidenza caratteristico della tecnica o procedimento fotografico avente effetti analoghi e, pertanto, a dover fungere, da solo, da base per eventuali prelievi volti a fornire un equo compenso agli autori.

63.      In primo luogo, escluderei l’osservazione della VG Wort secondo cui, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, una copia realizzata su un supporto di registrazione digitale può essere considerata una riproduzione «su carta o altro supporto simile», in quanto può fungere da precursore o sostituto funzionale di quest’ultima. Siffatta interpretazione ignorerebbe semplicemente il significato di «carta» e di «simile», e implicherebbe il fatto che non potrebbe essere utilizzato alcun supporto di registrazione. A mio parere, è chiaro che, per essere simile alla carta quale supporto di riproduzione, un substrato deve essere idoneo a fungere da supporto, e di fatto deve fungere da supporto, ad una rappresentazione fisica che possa essere percepita e interpretata dalle capacità sensoriali umane.

64.      Tuttavia, ai fini dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, non è sufficiente che un’immagine che riproduca un originale tutelato da diritto d’autore sia realizzata su «carta o supporto simile»; essa deve anche essere realizzata «mediante uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro procedimento avente effetti analoghi». Uno scanner cattura le immagini a mezzo di una tecnica fotografica, ma non è in grado, da solo, di riprodurle; una semplice stampante è in grado di riprodurle, ma non di catturarle; e un computer non può, da solo, eseguire alcuna delle due operazioni, ma può svolgere una funzione intermedia tra le due.

65.      Nel caso in cui una catena di dispositivi, come uno scanner collegato ad una stampante per mezzo di un computer, possa, in linea di principio, essere ritenuta idonea a realizzare riproduzioni rientranti nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, si pone la domanda se si possa dire lo stesso qualora le informazioni digitali che rappresentano il materiale originale soggetto a diritto d’autore vengano inserite nel computer da una fonte diversa (ad esempio, scaricandole da Internet, o come allegato ad un messaggio di posta elettronica), o vengano elaborate (ad esempio, per mezzo di un software di riconoscimento dei caratteri) con la conseguenza che l’output non è un facsimile dell’originale.

66.      La mia prima osservazione in merito è che tali situazioni non sono comprese in modo evidente nei termini utilizzati nella disposizione, se si considerano tali termini nel loro significato comune. Né vi sono elementi nella genesi della normativa che suggeriscano che sia mai stata contemplata l’ipotesi di estendere tali termini oltre l’ambito della reprografia nell’uso corrente del termine o, addirittura [in contrasto con l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), che si riferisce all’uso di misure tecnologiche], di tener conto di future evoluzioni della reprografia.

67.      In secondo luogo, dal momento che prevede un’eccezione alla regola generale, prevista all’articolo 2, che riconosce agli autori un diritto esclusivo di riproduzione, l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, deve, in linea di principio, essere interpretato in senso restrittivo.

68.      In terzo luogo, l’articolo 5, paragrafo 5, impone espressamente un’interpretazione restrittiva, piuttosto che estensiva (43). Ciò risulta ancora più importante, nella fattispecie, se si considera che, di tutte le eccezioni e limitazioni consentite dall’articolo 5, paragrafi 2 e 3, solo quelle previste dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), possono riguardare riproduzioni che perseguono uno scopo commerciale. Alla luce, in particolare, del test a tre fasi di cui all’articolo 5, paragrafo 5, un’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), che non imponesse alcuna restrizione per quanto concerne la natura del documento di origine, difficilmente soddisfarebbe il primo criterio, ossia i «determinati casi speciali» – in concreto, praticamente qualsiasi riproduzione (fatta eccezione per gli spartiti sciolti) che possa essere realizzata su carta o supporto simile, rientrerebbe nell’eccezione. Nella misura in cui tali riproduzioni non sono limitate in termini di numero o dello scopo per il quale sono realizzate, sussisterebbe, inoltre, un’accresciuta possibilità di contrasto con la normale utilizzazione delle opere e con gli interessi legittimi dell’autore e, di conseguenza, con la seconda e terza fase del test.

69.      Pertanto, non ho difficoltà nel concordare con la maggioranza delle osservazioni presentate alla Corte in merito alla presente questione, secondo cui l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, riguarda unicamente la realizzazione di copie da analogica ad analogica. La parola «fotografica» richiede necessariamente l’input ottico di un originale analogico e la necessità di carta o di un supporto di uscita analogo significa che anche l’uscita deve essere analogica. Sostenere che l’espressione «avente effetti analoghi» significhi semplicemente «il cui risultato è simile ad un risultato che si sarebbe potuto realizzare mediante uso di una tecnica fotografica», priverebbe in assoluto di qualsiasi significato la parola «fotografica» – in pratica, qualsiasi riproduzione su carta o supporto simile può essere descritta come «analoga» ad una riproduzione realizzata mediante uso di una tecnica fotografica. A mio parere, effetti analoghi a quelli di una tecnica fotografica devono essere considerati alla stregua di quelli analoghi alla tecnica considerata nel suo complesso; deve esserci una riproduzione percepibile di qualcosa che sia percepibile nel mondo fisico. Inoltre, in aggiunta alla chiara formulazione della disposizione stessa, la nozione di copia da analogica ad analogica risulta evidente dall’impiego della parola «reprografia» nel trentasettesimo considerando e nei lavori preparatori (44), ed è confermata dal fatto che i riferimenti alle copie digitali si limitano alla sfera delle copie ad uso privato [nel trentottesimo considerando e, con la menzione delle «misure tecnologiche», nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b)].

70.      La VG Wort sembra esprimere la preoccupazione che la riproduzione su larga scala di materiale digitale soggetto a diritto d’autore possa non essere assoggettata ad alcun prelievo volto a corrispondere agli autori un equo compenso, qualora l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva venga interpretato nel senso che riguarda unicamente la realizzazione di copie da analogica ad analogica. Vero è che, secondo l’interpretazione da me sostenuta, la realizzazione di copie da digitale ad analogica non fa sorgere un obbligo di corrispondere un equo compenso, a meno che sia effettuata da una persona fisica per uso privato e per fini non commerciali ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b). Questo perché tale riproduzione non rientra nelle eccezioni o limitazioni previste in conformità con la direttiva. Deve, pertanto, essere oggetto di un compenso negoziato o di un procedimento volto ad ottenere il risarcimento per violazione, nell’ambito del diritto esclusivo di riproduzione, che costituisce la regola generale nell’ambito della direttiva. Ciò sembra giustificato, ove si rammenti che l’ambito di applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), nella misura in cui non si sovrappone ad alcun’altra eccezione o limitazione consentita al diritto di riproduzione, è limitato, in sostanza, alle riproduzioni per usi diversi dalle copie ad uso privato o nell’interesse pubblico – in breve, la sua portata specifica sarà probabilmente limitata alle riproduzioni per fini direttamente o indirettamente commerciali. Per contro, non sembra giustificato, in quella che deve necessariamente essere un’interpretazione stretta, e perfino restrittiva, privare gli autori del loro diritto esclusivo di riproduzione con riferimento ad un volume significativo di copie per tali scopi.

71.      Sono giunta alla conclusione, fin a questo punto, che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva debba essere interpretato nel senso che si limita alle copie analogiche di documenti analogici, ad esclusione delle copie analogiche di documenti digitali. Tuttavia, ritengo anche che la nozione di riproduzione da analogica ad analogica non possa essere restrittiva al punto da escludere metodi che comprendono una fase digitale intermedia – ad esempio, quando un documento digitalizzato viene memorizzato in un computer, o un documento fotografato digitalmente viene trasferito ad un computer per mezzo di una scheda di memoria, prima di essere stampato da una stampante collegata – in altre parole, la realizzazione di copie da analogica a digitale ad analogica.

72.      In tale contesto, sembra necessario differenziare quest’ultima categoria [che, a mio parere, è compresa nella definizione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva] dalla semplice realizzazione di copie da digitale ad analogica (che, a mio avviso, non lo è). I documenti digitali ottenuti da un originale analogico possono essere memorizzati su un computer e successivamente stampati in circostanze molto diverse da quella che, normalmente, sarebbe considerata reprografia – ad esempio, quando un originale digitalizzato viene messo in linea su un sito Internet da una persona e, successivamente, scaricato sul computer di un’altra persona. Tali circostanze non rientrano, a mio parere, nella definizione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), sebbene il procedimento, nel suo complesso, possa essere considerato come una riproduzione da analogica a digitale ad analogica. Se così fosse, sussisterebbe nuovamente il rischio che la prima tappa del test a tre fasi di cui all’articolo 5, paragrafo 5, non sia superata, dal momento che la definizione diventerebbe troppo ampia per essere considerata come limitata a «determinati casi speciali».

73.      Per operare la necessaria distinzione non è opportuno fondarsi sul criterio degli atti di riproduzione «transitori o accessori» utilizzato nell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva, dal momento che è chiaro che la memorizzazione di un’immagine digitale su disco fisso, o su un altro dispositivo di memoria, se può essere meramente una fase intermedia tra input (digitalizzazione o fotografia) e output (stampa), non può essere descritta come «transitoria» (45).

74.      Di conseguenza, a mio parere, la portata dell’eccezione o limitazione consentita dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, sebbene includa situazioni in cui una riproduzione da analogica ad analogica comporta una fase digitale intermedia, deve essere interpretata nel senso di escludere situazioni in cui il procedimento, nel suo complesso, non viene effettuato né dalla stessa persona, né come singola operazione.

 Terza questione: riproduzioni che richiedono una catena di dispositivi

75.      Se, come ritengo, le riproduzioni di cui trattasi includono quelle effettuate a mezzo di stampanti o computer, va chiarito se – tenuto conto del principio della parità di trattamento – può essere imposto un prelievo, diretto a corrispondere un equo compenso, a carico dei fabbricanti, degli importatori o dei distributori non delle stampanti o computer, ma di uno o più altri elementi in una catena di dispositivi idonei alla realizzazione di corrispondenti riproduzioni.

76.      La terza questione del giudice nazionale è formulata, formalmente, in modo da essere posta solo qualora la seconda questione – che riguarda unicamente l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva – venga risolta in senso affermativo. Essa si riferisce, nondimeno, a tutti i casi in cui uno Stato membro abbia scelto, ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 2 o 3, di applicare un’eccezione o limitazione al diritto di riproduzione, con equo compenso per i titolari dei diritti. Tuttavia, come ho rilevato (46), il prelievo nazionale in questione è applicabile interamente entro i limiti stabiliti dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), e può essere applicato al di fuori dei limiti fissati da altri commi. Di conseguenza, per garantire un’applicazione coerente sia internamente, sia con la direttiva, è necessario fornire una risposta basandosi soprattutto sull’articolo 5, paragrafo 2, lettera a).

77.      La questione fondamentale dinanzi al giudice nazionale sembra essere se, come sostengono i fornitori, la precedente giurisprudenza del Bundesgerichtshof, secondo cui, con riferimento alle copie da analogica ad analogica a mezzo di una catena di dispositivi (ad esempio, scanner, computer e stampante), il prelievo deve gravare solo sul dispositivo idoneo a formare un’immagine del documento originale (nell’esempio, lo scanner), sia compatibile con la direttiva o se, come sostiene la VG Wort, il prelievo debba essere distribuito su tutti i dispositivi facenti parte della catena, nella misura in cui vengono utilizzati. Il Bundesgerichtshof esprime la preoccupazione che un prelievo gravante su tutti i dispositivi violi il principio della parità di trattamento, in particolare, dal momento che è difficile determinare la misura in cui personal computer e stampanti vengono utilizzati per la copia analogica. La VG Wort, per contro, sostiene che la determinazione non è difficile e che far gravare il prelievo sugli scanner, ad esclusione di computer e stampanti, renderebbe gli scanner eccessivamente onerosi, consentendo al tempo stesso la realizzazione di riproduzioni da una fonte digitale, senza alcun contributo per l’equo compenso agli autori.

78.      Nella sentenza Padawan (47), la Corte ha riconosciuto, nell’ambito dell’articolo 5 paragrafo 2, lettera b), della direttiva, che gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale per determinare come organizzare l’equo compenso; che tale compenso è, in linea di principio, dovuto agli autori che abbiano subito un pregiudizio derivante dall’introduzione dell’eccezione per copia privata da parte di persone che realizzano copie in base a tale eccezione; che è, tuttavia, legittimo imporre a tal fine un prelievo a carico di coloro che forniscono un servizio di riproduzione a terzi o che mettono a loro disposizione apparecchiature, dispositivi o supporti a tale scopo, dal momento che possono ripercuotere il prelievo sul prezzo. Se tali principi sono applicabili nel contesto dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), essi devono, a mio parere, essere applicabili anche nel caso dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a).

79.      La Corte ha inoltre ritenuto, tuttavia, che l’applicazione indiscriminata di un prelievo per copie private, segnatamente nei confronti di apparecchi, dispositivi e supporti di riproduzione digitale non messi a disposizione di utenti privati e manifestamente riservati ad usi diversi dalla realizzazione di copie ad uso privato, non risulta conforme all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva anche se, una volta che le apparecchiature di cui trattasi vengono messe a disposizione di persone fisiche a fini privati, non è minimamente necessario accertare che queste abbiano effettivamente realizzato copie private per mezzo delle apparecchiature stesse e abbiano, quindi, effettivamente causato un pregiudizio all’autore dell’opera protetta (48). Pertanto, un prelievo può essere applicato ad apparecchiature, dispositivi o supporti sulla base non dell’effettivo uso per la riproduzione di materiale protetto, ma dell’uso potenziale e deve essere escluso qualora tale impiego sia a sua volta escluso. Ancora una volta, sembrerebbe che lo stesso debba valere per quanto riguarda la copia analogica ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a).

80.      Di conseguenza, tenuto conto della soluzione che propongo alla seconda questione, dovrebbe essere in linea di principio legittimo imporre un prelievo sulla fabbricazione, importazione o vendita non solo di dispositivi come fotocopiatrici e dispositivi AIO in grado di realizzare, da soli, copie da analogica ad analogica, ma anche di dispositivi che possono essere utilizzati per realizzare tali copie se collegati tra loro in una catena, ma non singolarmente.

81.      Nella misura in cui tale prelievo viene imposto conformemente alla direttiva e, quindi, in attuazione del diritto dell’Unione europea, gli Stati membri devono rispettare i principi generali di tale diritto nell’esercizio delle opzioni delle quali dispongono (49).

82.      Qualora fosse previsto un prelievo con riferimento ad una catena di dispositivi, ciò apparirebbe in contrasto con il principio della parità di trattamento o di proporzionalità – o, di fatto, con qualsiasi nozione di equo compenso o giusto equilibrio tra titolari di diritti e utenti (50) – se su ciascun elemento della catena gravasse lo stesso prelievo imposto su un dispositivo autonomo, come una fotocopiatrice. Tale approccio significherebbe che un utente potrebbe essere tenuto a corrispondere contributi estremamente differenti per l’equo compenso, in funzione della sua scelta di apparecchiature, il che, lungi dall’essere «equo», rischia, di fatto, di distorcere la concorrenza tra fornitori di dispositivi diversi.

83.      L’approccio della VG Wort, di ripartire il prelievo tra dispositivi non sembra quindi, ad un primo esame, in contrasto con la direttiva. Né, tuttavia, di primo acchito, sembra in contrasto con la direttiva il fatto che il prelievo gravi su un solo dispositivo nella catena. Ma la questione si complica ulteriormente, in particolare, se si deve prendere in considerazione il principio della parità di trattamento, menzionato dal Bundesgerichtshof.

84.      In primo luogo, non vi è dubbio che possono essere ottenuti dati statistici relativi a quanto le fotocopiatrici o i dispositivi AIO vengono mediamente utilizzati per riprodurre materiale protetto, ed è unicamente sulla base di tali dati che si può determinare l’ammontare di qualsiasi prelievo (o quanto meno qualsiasi prelievo del tipo contemplato nella sentenza Padawan) su tali dispositivi, destinato a fornire un equo compenso agli autori. Tuttavia, è necessario considerare se tali dati possano essere estrapolati da una catena di dispositivi, come uno scanner, un computer e una stampante. Sembra improbabile che una tale catena sia destinata principalmente alla riproduzione da analogica ad analogica, ai fini della quale sono molto più adatte le fotocopiatrici o i dispositivi AIO. Qualora essa venga effettivamente utilizzata per tale scopo, l’utilizzo sarà probabilmente limitato allo specifico ambito di applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva, piuttosto che a quello dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), dal momento che le persone diverse da quelle fisiche, o coloro che realizzano copie per scopi che non siano privati e non commerciali, sceglieranno probabilmente metodi di copia da analogica ad analogica meno onerosi – in altre parole, la fotocopia, se non addirittura la stampa offset. In termini di uso effettivo (inteso come media statistica) ai fini di tale riproduzione, pertanto, appare difficile equiparare una catena di tre dispositivi, ciascuno dei quali esegue una parte del procedimento, con un unico dispositivo che esegue l’intero procedimento.

85.      In secondo luogo, se uno scanner, un personal computer e una stampante possono essere utilizzati insieme per realizzare copie da analogica ad analogica, il dispositivo di input non deve necessariamente essere uno scanner. Anche le fotocamere digitali, comprese quelle incorporate in altri dispositivi, possono essere utilizzate per questo scopo. Ci si chiede se, qualora il prelievo venga imposto sugli scanner (che ciò avvenga in proporzione alla parte di funzione da essi svolta nella catena o diversamente), esso non debba essere imposto anche sui dispositivi di input equivalenti.

86.      In terzo luogo, la catena di tre dispositivi ai quali fa riferimento il Bundesgerichtshof può anche essere considerata (ed è così che sarà più verosimilmente utilizzata) come due coppie di dispositivi – scanner e computer, computer e stampante – dove ciascuna realizza copie non da analogica ad analogica e, pertanto, conformemente alla soluzione da me proposta alla seconda questione, non rientrano nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva. Nella misura in cui tale utilizzo rientra nelle altre eccezioni di cui all’articolo 5, paragrafi 2 o 3, sembra evidente che un prelievo volto a corrispondere un equo compenso può essere giustificato – ciò si differenzia, tuttavia, da un prelievo volto a corrispondere un equo compenso per copie da analogica ad analogica (riproduzione per mezzo di fotocopie o di un procedimento avente effetti analoghi ai sensi della legge sul diritto d’autore).

87.      In quarto luogo, in merito alla specifica applicazione del prelievo, come descritto in dettaglio nell’Allegato II della legge sul diritto d’autore, è difficile vedere come il criterio del numero di copie per minuto e della disponibilità del colore possa facilmente essere applicato ad una catena di dispositivi, che il prelievo sia ripartito sulla catena, o che sia applicato ad un singolo dispositivo, a meno che, in quest’ultimo caso, tale dispositivo sia la stampante.

88.      Sorgono, pertanto, numerose difficoltà per quanto concerne la questione da risolvere nella causa principale. Esse derivano, in larga misura, dalla circostanza che le eccezioni di cui all’articolo 5, paragrafi 2 e 3, della direttiva, si sovrappongono, nonché dal modo in cui il prelievo tedesco di cui trattasi si colloca inopportunamente a cavallo di svariate di tali eccezioni. Tuttavia esse denotano anche una certa tensione nell’orientamento della Corte nella sentenza Padawan, che può non essere emersa in modo così palese nel contesto di tale causa.

89.      In tale sentenza, la Corte ha, sostanzialmente, ritenuto sussistenti (i) un nesso necessario tra l’atto di riproduzione e l’onere di finanziare un equo compenso ai titolari di diritti; (ii) la presunzione che i dispositivi che possono essere utilizzati per la riproduzione vengono utilizzati in tal senso e (iii) un divieto di applicare un prelievo a dispositivi che manifestamente non rientrano nel campo di applicazione della specifica eccezione ammessa dalla direttiva (51).

90.      Ritengo che fosse più semplice giungere a tale conclusione e sostenerla nel contesto della sentenza Padawan, rispetto al contesto del presente procedimento. In particolare, la sentenza Padawan concerneva unicamente l’eccezione per copia privata di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva, e unicamente gli elementi destinati principalmente alla riproduzione, che potevano rientrare in tale eccezione. Alla controversia nel procedimento nazionale e al ragionamento svolto dalla Corte in risposta alle questioni sollevate, era sottesa la presunzione (indubbiamente giustificata in quelle circostanze) di una chiara distinzione tra le copie ad uso privato, che rientrano nella definizione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), e le copie per uso professionale, che non vi rientrano. Le cause in esame, tuttavia, riguardano un prelievo per finanziare l’equo compenso in relazione ad una serie di eccezioni più o meno sovrapposte, molte delle quali possono esulare dalla definizione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), ma che devono rientrare tutte nella definizione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a). Inoltre, si cerca di applicare tale prelievo a dispositivi i cui utilizzi previsti ed effettivi eccedono comunemente quelli previsti dalle eccezioni di cui trattasi e che spesso vengono utilizzati in configurazioni diverse, che sfuggono all’ambito di sovrapposizione comune, senza che vi sia un modo chiaro per identificare, al momento dell’acquisto del dispositivo, gli utilizzi ai quali sarà destinato.

91.      Qualora l’approccio adottato nella sentenza Padawan debba essere mantenuto nel suo complesso, ritengo che possa essere necessario limitarlo alle eccezioni nazionali, che rientrano esclusivamente nella definizione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva e ai prelievi su dispositivi o supporti che possono essere differenziati in base al loro utilizzo per riproduzioni ad uso privato o non. Per quanto riguarda il prelievo di cui trattasi nella fattispecie, ritengo che un approccio più sfumato sarebbe auspicabile, consentendo forse maggiore discrezionalità agli Stati membri.

92.      Sarei propensa a concordare con la Commissione e con la Kyocera, sul fatto che, sebbene l’equo compenso nel senso della direttiva sia indubbiamente volto a compensare il pregiudizio causato dalla riproduzione rispetto a cui, in conseguenza di un’eccezione o limitazione al diritto di riproduzione, i titolari sono privati di qualsiasi controllo, dalla direttiva non emerge alcun obbligo che imponga che il compenso sia sempre finanziato da coloro che realizzano la riproduzione di cui trattasi. Né, naturalmente, tale finanziamento viene in alcun modo escluso, ma il fatto che si tratti dell’approccio più adeguato può dipendere dalle circostanze di ciascuna eccezione o limitazione. E, ove del caso, se un prelievo su dispositivi o supporti di riproduzione sia il mezzo più appropriato per ottenerlo può, a sua volta, dipendere dalle circostanze. Ad esempio, un prelievo su DVD vergini può essere idoneo a fornire un equo compenso per copie private di film, mentre un prelievo su carta bianca può essere meno idoneo, rispetto ad un prelievo sulle fotocopiatrici, nel contesto di un’eccezione concernente le fotocopie. Nel caso di altre eccezioni – ad esempio, citazioni a fini di critica o di rassegna, o utilizzo a scopo di caricatura, parodia o pastiche – potrebbe anche mancare un elemento sul quale utilmente imporre un prelievo.

93.      Tenuto conto del tipo di difficoltà da me sopra illustrate, ritengo che competa al giudice nazionale esaminare il prelievo istituito dalla legge sul diritto d’autore in modo più approfondito di quanto sia possibile per questa Corte. Esso deve considerare il modo in cui il prelievo viene determinato con riferimento alle fotocopiatrici ed esaminare fino a che punto tale calcolo possa essere esteso ad una catena di dispositivi che, insieme, possono realizzare copie equiparabili, ma nella quale nessun dispositivo può farlo in maniera indipendente e ciascun dispositivo viene comunemente utilizzato per altri scopi. Esso deve considerare se l’applicazione del prelievo in relazione a tale catena di dispositivi, o a singoli dispositivi all’interno della catena, persegua un giusto equilibrio dei diritti e degli interessi tra titolari e utenti. Per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, preoccupazione principale del Bundesgerichtshof, a mio parere esso deve considerare, in particolare, l’aspetto della parità di trattamento degli acquirenti dei dispositivi (compresi altri dispositivi con funzioni analoghe) e non solo degli importatori o distributori, dal momento che l’onere del prelievo graverà, in definitiva, su tali acquirenti.

 Quarta questione: misure tecnologiche per combattere la realizzazione di copie non autorizzate

94.      Per quanto riguarda la realizzazione di copie ad uso privato, l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva, prescrive che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso che tenga conto dell’applicazione o meno di misure tecnologiche (52) al materiale protetto in questione. Le misure tecnologiche sono quelle destinate a impedire o limitare atti non autorizzati dal titolare del diritto d’autore e sono considerate efficaci nel caso in cui l’uso del materiale sia controllato tramite l’applicazione di un controllo di accesso o di un procedimento di protezione (quale la cifratura o la distorsione), o di un meccanismo di controllo delle copie. Viene posta la domanda se la possibilità di applicazione di tali misure – rispetto alla loro effettiva applicazione – sia sufficiente per rendere inapplicabile la condizione di un equo compenso ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b).

95.      Nell’ambito delle disposizioni nazionali di cui trattasi nella causa principale, tale questione rileva ai fini della determinazione dell’ammontare del prelievo (sulla base dell’individuazione di coloro che sono legittimati a ricevere un equo compenso) (53).

96.      Tuttavia, vorrei sottolineare ancora una volta che tali disposizioni si riferiscono ad un prelievo applicato in relazione ad atti di riproduzione sia che rientrano sia che esulano dall’ambito di applicazione dell’eccezione per copia privata di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva, che è l’unica a richiedere che si tenga conto dell’applicazione o meno delle misure tecnologiche. Inoltre, se la mia proposta di soluzione alla seconda questione è corretta, gli atti di cui trattasi sono limitati alla realizzazione di copie da analogica ad analogica. È vero che per rendere difficile tale riproduzione possono essere adottate talune misure (54), ma queste vengono, in larga parte, utilizzate per combattere la falsificazione di documenti ufficiali o per rendere sicuri segreti d’impresa, piuttosto che per proteggere materiale coperto dal diritto d’autore. Le misure tecnologiche alle quali si riferisce la direttiva sono, più in particolare, quelle che impediscono o limitano la riproduzione da fonti digitali. Ad esempio, un documento può essere messo a disposizione per essere visualizzato su un computer in una forma che impedisca qualsiasi memorizzazione o stampa in assenza di password; gli utenti possono ottenere la password dopo essersi registrati presso il titolare dei diritti, accettando talune condizioni e pagando un diritto.

97.      Di conseguenza, dubito che la soluzione alla quarta questione sia rilevante ai fini del prelievo di cui trattasi nella causa principale [non concordo, tuttavia, con la tesi della Fujitsu, secondo cui essa è irrilevante dal momento che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), concerne le riproduzioni non su «qualsiasi supporto», ma unicamente su «supporto digitale/analogico di registrazioni sonore, visive o audiovisive», che era la formulazione originaria della proposta della Commissione, modificata dal Consiglio solo al fine di «semplificare la formulazione» (55). La direttiva utilizza le parole «qualsiasi supporto» e non può essere interpretata in senso contrario al loro chiaro significato. In ogni caso, la carta è, in effetti, un «supporto analogico di registrazione visiva», anche se, normalmente, pochi la descriverebbero come tale]. Nondimeno, malgrado i miei dubbi, esaminerò la questione come è stata posta.

98.      Ad eccezione della tesi della Fujitsu in merito all’irrilevanza della questione, le soluzioni proposte formano tre gruppi principali. La Hewlett Packard, la Kyocera, la Lituania, i Paesi Bassi e il Regno Unito ritengono tutti che la mera possibilità di ricorso a «misure tecnologiche» per proteggere un’opera sia sufficiente ad escludere qualsiasi obbligo di corrispondere un equo compenso con riferimento alle riproduzioni dell’opera; l’Irlanda è, complessivamente, dello stesso parere, ma auspica l’adozione di un approccio caso per caso. Per contro, la VG Wort, la Germania, la Polonia e la Commissione ritengono che solo l’effettiva applicazione di tali misure debba produrre tale effetto. La Spagna e la Finlandia, d’altro canto, sostengono che la direttiva non è sufficientemente esplicita e che la questione deve essere decisa dagli Stati membri (tutte le parti sembrano concordare, tuttavia, che, laddove vengano applicate efficaci misure tecnologiche, non sussiste un diritto all’equo compenso).

99.      Gli argomenti a favore della prima tesi si fondano in maniera determinante sul trentacinquesimo e sul trentanovesimo considerando della direttiva, che si riferiscono alla necessità di tenere conto, rispettivamente, della «misura in cui ci si avvale delle misure tecnologiche di protezione» e degli sviluppi tecnologici «quando siano disponibili misure tecnologiche di protezione efficaci». Si afferma inoltre che, se i titolari dei diritti potessero reclamare un compenso semplicemente sulla base del fatto di non avere scelto di applicare tali misure, non sarebbero incentivati a proteggere o ad esercitare diversamente i loro diritti di proprietà intellettuale in conformità all’obiettivo principale della direttiva, ma potrebbero meramente far valere un generico prelievo, per ottenere un compenso eventualmente non correlato all’effettiva domanda del loro materiale. Diverse parti fanno riferimento ad un progetto di documento di lavoro della Commissione (56) che sembra sostenere tale tesi. Esse sottolineano, inoltre, l’affermazione della Corte nella sentenza Padawan (57) secondo cui l’equo compenso deve essere volto a compensare il danno derivante per l’autore e deve essere calcolato su tale base; se un titolare ha messo a disposizione una copia digitale della sua opera, senza cercare di proteggerla dalla riproduzione tramite mezzi tecnologici, non si può dire che abbia subito un danno ove essa venga copiata.

100. Coloro che sostengono la tesi contraria puntano, in particolare, al chiaro utilizzo delle parole «applicazione o meno» (58) nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva, e al riferimento a misure tecnologiche «efficaci» nell’articolo 6, paragrafo 3; entrambi sembrano escludere la presa in considerazione di una semplice possibilità di applicazione di misure tecniche.

101. Mi rendo conto dell’attrattiva che esercita una politica in base alla quale un titolare di diritti che consenta il pubblico accesso alle sue opere senza applicare gli strumenti disponibili per controllarne le riproduzioni conformemente al suo diritto di riproduzione – diritto fondamentale nella struttura della direttiva – debba rinunciare al diritto ad un equo compenso, che è un diritto secondario, qualora vengano realizzate copie private. Tuttavia, il ruolo della Corte non è di decidere a favore o contro tale politica, ma di interpretare i termini della direttiva quale adottata.

102. La formulazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva non fa alcun riferimento ad un criterio di disponibilità o meno delle misure tecnologiche: la disposizione fa espresso ed esclusivo riferimento alla loro applicazione o non applicazione (o al fatto che siano applicate o meno). E se tenere conto dell’applicazione di tali misure al materiale coperto dal diritto d’autore produce un effetto particolare per quanto riguarda il diritto del titolare ad un equo compenso, allora affinché l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), abbia un senso, tenere conto della loro non applicazione (per qualsiasi ragione) non può produrre lo stesso effetto.

103. Vi sono, è vero, talune indicazioni nel preambolo che potrebbero avallare una tesi diversa. Tuttavia, non posso leggere l’espressione «misura in cui ci si avvale» di cui al trentacinquesimo considerando, nel senso che prevede qualsivoglia conseguenza nel caso in cui le misure siano disponibili ma non vengano applicate. Il trentanovesimo considerando menziona effettivamente la disponibilità. Esso recita: «[a]ll’atto dell’applicazione dell’eccezione o della limitazione relativa alla copia privata, gli Stati membri dovrebbero tenere in debito conto gli sviluppi tecnologici ed economici, in particolare in ordine alla riproduzione digitale a fini privati ed ai sistemi di remunerazione, quando siano disponibili misure tecnologiche di protezione efficaci». Tuttavia, ciò è ancora lontano, a mio parere, dall’asserzione che l’equo compenso deve essere escluso, qualora le misure siano disponibili ma non vengano applicate. Né trovo alcuna indicazione altrove nella direttiva o nei lavori preparatori, che tale risultato fosse intenzionale. Infine, ritengo che non ci si possa fondare su un documento di lavoro che non sembra essere mai andato oltre la fase di progetto e che manifestamente non rappresenta il parere della Commissione, quale viene presentato alla Corte.

104. Né, tuttavia, sono convinta del fatto che la direttiva imponga un equo compenso in tutti gli Stati membri dove i titolari dei diritti non abbiano impedito o limitato la riproduzione non autorizzata per mezzo delle misure a loro disposizione. Le parole «equo compenso che tenga conto dell’applicazione o meno delle misure tecnologiche» potrebbero anche includere la possibilità che la non applicazione delle misure disponibili non abbia come necessario risultato l’equo compenso. La formulazione del trentanovesimo considerando può parimenti, se non a maggior ragione, includere tale possibilità. Inoltre, rilevo che quest’ultimo non contiene (come, ad esempio, il trentacinquesimo considerando) un’affermazione generale circa il contenuto della direttiva, piuttosto, stabilisce che «gli Stati membri dovrebbero tenere in debito conto (…)». Tale formulazione è tipica dei considerando che fanno riferimento ad un margine di discrezionalità a disposizione degli Stati membri (59). Dal momento che, nella fattispecie, la questione è, in sostanza, una questione di politica, e di una volontà politica che non è chiaramente prevista dalla direttiva, ritengo che la corretta interpretazione sia che se l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), consente agli Stati membri di scegliere se e in che misura l’equo compenso debba essere corrisposto nei casi in cui misure tecnologiche siano a disposizione dei titolari di diritti, ma non siano da essi applicate.

 Quinta questione: equo compenso in caso di autorizzazione alla copia

105. Se, qualora uno Stato membro abbia applicato un’eccezione o limitazione al diritto di riproduzione, con diritto (obbligatorio o facoltativo) ad un equo compenso, tale diritto sia applicabile qualora i titolari abbiano prestato consenso espresso o tacito alla riproduzione delle loro opere.

106. Ancora una volta, tale questione è pertinente ai fini della determinazione del prelievo sulla base dell’individuazione degli aventi diritto all’equo compenso. Essa solleva, inoltre, una questione di principio concernente, da un lato, la relazione tra il diritto fondamentale di autorizzare o vietare la riproduzione, con il concomitante diritto di negoziare il compenso per la copia o chiedere la riparazione del danno in caso di violazione e, dall’altro, le eccezioni che possono essere previste dal diritto nazionale, con il concomitante diritto ad un equo compenso.

107. Il Bundesgerichtshof rileva che nella sentenza Padawan (60) viene sottolineato il collegamento tra il compenso e il pregiudizio causato ai titolari dei diritti in conseguenza della riproduzione delle opere, ma che non può essere causato un pregiudizio a un titolare copiando le sue opere con il suo consenso. Tuttavia, esso è incline a ritenere che un’eccezione o limitazione al diritto di riproduzione ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 2 o 3, della direttiva, privi il titolare del suo diritto ad autorizzare o vietare la riproduzione in forza dell’articolo 2, con la conseguenza che un’eventuale autorizzazione rimarrebbe senza effetto nel sistema della direttiva.

108. In sostanza, la VG Wort, la Germania e la Polonia concordano con il parere provvisorio del Bundesgerichtshof; la Commissione adotta un approccio analogo, ma in qualche modo più sfumato; mentre i fornitori e tutti gli altri Stati membri che hanno presentato osservazioni ritengono, sostanzialmente, che qualsiasi titolare che, nell’esercizio del suo diritto garantito dall’articolo 2 della direttiva, autorizzi la riproduzione delle sue opere (espressamente o tacitamente, dietro compenso o meno) rinuncia a qualsiasi diritto ad un equo compenso del quale avrebbe potuto altrimenti beneficiare in virtù di un’eccezione o limitazione del suo diritto, adottata in conformità all’articolo 5, paragrafi 2 o 3.

109. La questione di principio può essere formulata in termini semplici. Qualora un titolare aspiri ad esercitare il suo diritto di autorizzare o vietare la riproduzione in circostanze che rientrano in un’eccezione prevista dal diritto nazionale con riferimento a tale diritto, la domanda che si pone è quale dei due prevalga, se il diritto di riproduzione o l’eccezione.

110.  Anche la risposta sembra piuttosto semplice, almeno in via di principio. Qualora una persona goda di un diritto conferito per legge, ma tale diritto sia soggetto ad eccezioni o limitazioni, anch’esse previste per legge, il diritto non può essere esercitato se e nella misura in cui si applicano le eccezioni o limitazioni. Qualsiasi preteso esercizio del diritto non avrà effetti giuridici al di là di quelli previsti dalle norme che disciplinano tali eccezioni o limitazioni. Questa è esattamente la situazione esistente tra il diritto di riproduzione che gli Stati membri sono tenuti a riconoscere ai sensi dell’articolo 2 della direttiva e le eccezioni o limitazioni che essi possono prevedere ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 2 e 3, nella misura in cui le prevedono.

111. Ad esempio, se uno Stato membro prevede una semplice eccezione al diritto di riproduzione, escludendo l’equo compenso per le fotocopie realizzate nelle scuole ed utilizzate a scopo didattico [come è legittimato a fare ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera c), della direttiva], i titolari dei diritti non hanno voce in capitolo. Essi non possono vietare la realizzazione di fotocopie e qualsiasi autorizzazione intendano concedere è, al contempo, superflua e priva di effetti giuridici. Tale situazione non può cambiare se lo Stato membro sceglie, invece, di attuare la stessa eccezione, prevedendo però un diritto all’equo compenso. L’unica differenza è che i titolari avranno diritto a tale compenso nei termini previsti dal diritto nazionale. Né la situazione può essere diversa in casi [come quello di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e b)], in cui lo Stato membro non ha altra scelta che prevedere l’equo compenso.

112. In altri termini, qualora lo Stato membro preveda, ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 2 o 3, della direttiva, un’eccezione al diritto di riproduzione prescritto dall’articolo 2, i titolari non possono, in linea di principio, semplicemente riaffermare l’esistenza di tale diritto ed eludere l’eccezione.

113. Questa, a mio parere, deve essere la posizione fondamentale, e quanto meno il punto di partenza, per la soluzione della quinta questione. Può, nondimeno, essere opportuno qualificare tale posizione alla luce di uno o più tra gli altri argomenti dedotti.

114. In primo luogo, la Fujitsu e la Hewlett Packard sostengono che l’interpretazione del Bundesgerichtshof interferisce con il diritto di proprietà garantito dall’articolo 17, della Carta dei diritti fondamentali (61), nel senso che impedisce ai titolari di concedere licenze gratuite per realizzare copie delle loro opere. Tuttavia, anche se un’interferenza con tale diritto esiste effettivamente, essa è, a mio parere, chiaramente ammessa dalla seconda frase dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, nei limiti in cui avvenga «per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge» e venga corrisposto un equo compenso.

115. In secondo luogo, i fornitori e diversi Stati membri hanno dedotto argomenti concernenti talune affermazioni nella sentenza Padawan. Al punto 39 di detta sentenza, la Corte ha affermato che lo scopo dell’equo compenso è indennizzare gli autori per l’uso delle loro opere protette effettuato senza autorizzazione; al punto 40, essa conferma che tale equo compenso è connesso al danno derivante per l’autore dalla riproduzione delle sue opere protette per fini privati senza autorizzazione; e al punto 45, che il soggetto che ha causato il pregiudizio al titolare del diritto di riproduzione è quello che realizza la riproduzione di un’opera protetta senza chiedere la previa autorizzazione al relativo titolare. Di conseguenza, si sostiene, l’equo compenso non può essere dovuto qualora sia stata richiesta e concessa un’autorizzazione, che sia a titolo gratuito o oneroso. In nessuno di tali casi, quindi, può essere subito un danno, né il titolare deve avere diritto ad un (ulteriore) compenso, che non potrebbe, comunque, essere «equo».

116. Non sono convinto che i passaggi citati debbano necessariamente essere letti esattamente come suggerito. Al punto 2 del dispositivo della sentenza, la Corte ha stabilito che l’equo compenso deve essere determinato sulla base del criterio del pregiudizio causato agli autori delle opere protette in conseguenza dell’introduzione dell’eccezione per copia privata. È sotto tale profilo che interpreto i riferimenti precedenti, in merito alla mancanza di consenso. L’autorizzazione non può essere concessa, dal momento che il diritto di concederla o rifiutarla è stato revocato al titolare del diritto ed è rispetto a tale revoca che l’equo compenso è dovuto.

117. In terzo luogo, tuttavia, fatto ancora più importante, si richiama l’attenzione su diversi passaggi nel preambolo della direttiva. Il trentesimo considerando recita: «[i] diritti oggetto della presente direttiva possono essere trasferiti, ceduti o dati in uso in base a contratti di licenza, senza pregiudizio delle disposizioni legislative nazionali applicabili in materia di diritto d’autore e diritti connessi». Riferendosi a eccezioni o limitazioni, il trentacinquesimo considerando contiene la seguente frase: «[s]e i titolari dei diritti hanno già ricevuto un pagamento in altra forma, per esempio nell’ambito di un diritto di licenza, ciò non può comportare un pagamento specifico o a parte». Ai sensi del quarantaquattresimo considerando, «[l]e eccezioni e le limitazioni non possono essere applicate in modo da (...) essere in contrasto con la normale utilizzazione economica delle loro opere o materiali protetti». Il quarantacinquesimo considerando recita: «[l]e eccezioni e le limitazioni di cui all’articolo 5, paragrafi 2, 3 e 4 non dovrebbero (…) ostacolare la definizione delle relazioni contrattuali volte ad assicurare un equo compenso ai titolari dei diritti, nella misura consentita dalla legislazione nazionale». Con riferimento all’utilizzo di misure tecnologiche per impedire o limitare le riproduzioni, il cinquantunesimo considerando recita: «[g]li Stati membri dovrebbero promuovere l’adozione di misure volontarie da parte dei titolari, comprese la conclusione e l’attuazione di accordi fra i titolari e altre parti interessate, per tener conto, a norma della presente direttiva[,] della realizzazione degli obiettivi di determinate eccezioni o limitazioni previste nella normativa nazionale». E il cinquantaduesimo considerando aggiunge: «[n]ell’applicare un’eccezione o una limitazione per riproduzioni a uso privato conformemente all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), gli Stati membri dovrebbero analogamente promuovere l’adozione di misure volontarie per realizzare gli obiettivi di tali eccezioni o limitazioni».

118. Inoltre, l’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva precisa che le eccezioni o limitazioni previste, in particolare, nell’articolo 5, paragrafi 2 e 3, sono applicate esclusivamente «in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare» (62). E l’articolo 6, paragrafo 4, con riferimento alle misure tecnologiche per impedire o limitare la riproduzione e nel contesto delle eccezioni o limitazioni previste in conformità all’articolo 5, paragrafi 2, lettere a), c), d) o e), o 3, lettere a), b) o e), menziona «misure volontarie prese dai titolari, compresi accordi fra titolari e altre parti interessate».

119. Tenuto conto di tali considerando e disposizioni, appare necessario qualificare in una certa misura l’orientamento fondamentale. Anche se non ritengo che il trentesimo considerando intendesse riferirsi alle eccezioni e limitazioni previste dalla direttiva, il legislatore ha chiaramente voluto prevedere una possibilità di coesistenza di accordi contrattuali con tali eccezioni o limitazioni. Tuttavia, i limiti di tale coesistenza non sono chiaramente definiti e nemmeno indicati in linea generale. Pertanto, a mio avviso, gli Stati membri devono disporre di una certa discrezionalità.

120. Devono, nondimeno, esistere limiti a tale discrezionalità e, a mio parere, l’approccio della Commissione è corretto, in particolare con riguardo al principio fondamentale che ho indicato come punto di partenza per la valutazione. Tale approccio è, in sostanza, il seguente. Qualsiasi eccezione o limitazione adottata deve rimanere tale. Ove esse siano applicabili ed entro i limiti della loro applicazione, i titolari dei diritti non possono più legittimamente autorizzare o vietare la riproduzione da parte di terzi, né chiedere riparazione per la riproduzione non autorizzata. Qualora l’equo compenso non sia richiesto né previsto, non vi è nulla da aggiungere. Ma, qualora un equo compenso sia previsto (in quanto prescritto dalla direttiva, o perché lo Stato membro ha scelto di prevederlo), gli Stati membri hanno la facoltà di disporre che i titolari di diritti possono rinunciare a qualsiasi pretesa di equo compenso oppure mettere le loro opere a disposizione per la riproduzione, previo accordo contrattuale (ad esempio, un adeguato aumento del prezzo di base) che consenta loro di ricevere un equo compenso per le future riproduzioni realizzate da coloro che acquistano le loro opere.

121. Chiaramente, i titolari dei diritti che optano per una di tali linee di azione non possono avanzare alcuna pretesa di pagamento da fondi quali quelli costituiti con il prelievo di cui trattasi nei procedimenti principali e il prelievo deve essere determinato in modo da prevedere un equo compenso unicamente per i titolari che non hanno effettuato una di tali scelte. Inoltre, qualsiasi accordo contrattuale sia stato stipulato tra i titolari di diritti e coloro che acquisiscono le loro opere, esso non deve limitare i diritti che questi ultimi acquisiscono da eventuali eccezioni o limitazioni applicabili, né comportare pagamenti che eccedano l’«equo compenso» ai sensi della direttiva.

 Prima questione: pertinenza della direttiva ratione temporis

122. Resta da stabilire in che misura si debba tenere conto dell’interpretazione della direttiva con riferimento al periodo rilevante ai fini delle controversie nei procedimenti principali.

123. Come risulta dai fascicoli, tali procedimenti riguardano dispositivi immessi in commercio tra il 1° gennaio 2001 e il 31 dicembre 2007.

124. La direttiva non è stata pubblicata e non è entrata in vigore fino al 22 giugno 2001. Pertanto, essa non ha alcuna rilevanza nell’interpretazione del diritto nazionale con riferimento ai fatti verificatisi prima di tale data.

125.  Gli Stati membri avevano l’obbligo di mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 22 dicembre 2002. Risulta, tuttavia, che la Germania ha completato tale processo solo il 13 settembre 2003 (63).

126. Nondimeno, nell’applicare il diritto interno, il giudice nazionale deve interpretarlo per quanto possibile alla luce del testo e dello scopo di questa direttiva, in modo da conseguire il risultato da quest’ultima perseguito e conformarsi in tal modo all’articolo 288, terzo comma, TFUE (64). Ma tale obbligo incombe solamente a partire dalla scadenza del termine di attuazione della direttiva (65). Fino a quel momento, e dalla data di entrata in vigore, l’unico requisito è che i giudici nazionali devono astenersi per quanto possibile da qualsiasi interpretazione che rischierebbe di compromettere gravemente, dopo la scadenza del termine di trasposizione, la realizzazione del risultato perseguito dalla direttiva (66). Inoltre, possono essere considerate rientranti nell’ambito di applicazione di una direttiva non solo le disposizioni nazionali aventi espressamente ad oggetto l’attuazione della stessa, ma altresì, a decorrere dalla data di entrata in vigore di detta direttiva, le disposizioni nazionali preesistenti idonee a garantire la conformità del diritto nazionale a quest’ultima (67).

127. Di conseguenza, qualsiasi disposizione di diritto nazionale pertinente deve essere interpretata in conformità con la direttiva con riferimento a tutti i periodi successivi al 22 dicembre 2002. Con riferimento al periodo dal 22 giugno 2001 al 22 dicembre 2002, il diritto nazionale non deve essere interpretato in tal modo, a condizione che la sua interpretazione non comprometta gravemente la successiva realizzazione del risultato prescritto – sebbene non sussista alcun principio o disposizione generale di diritto dell’Unione europea che impedisca ad un giudice nazionale di interpretare il proprio diritto interno conformemente alla direttiva prima della scadenza del termine di trasposizione.

128. Ciò significa, tra l’altro, che, qualora uno Stato membro abbia previsto un’eccezione o limitazione al diritto di riproduzione ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e/o b), della direttiva, esso è tenuto a garantire ai titolari di diritti un equo compenso per fatti pertinenti dopo il 22 dicembre 2002 ma, in linea di principio, non necessariamente prima di tale data.

129.  La direttiva non si applica però, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, agli atti conclusi e ai diritti acquisiti prima di tale data. Questa è una norma specifica, che sembra ostare ad un’interpretazione del diritto nazionale in conformità alla direttiva, ove tale interpretazione inciderebbe sugli «atti conclusi» prima del 22 dicembre 2002.

130. Non è immediatamente evidente cosa significhi «atti conclusi», nel caso in cui l’equo compenso derivi da un prelievo sulla vendita di dispositivi destinati a realizzare riproduzioni, piuttosto che sulla realizzazione delle riproduzioni stesse. La grande maggioranza dei dispositivi immessi in commercio tra il 22 giugno 2001 e il 22 dicembre 2002 sarà stata idonea alla realizzazione di riproduzioni, e sarà stata utilizzata in tal senso, dopo tale data (68).

131. All’udienza, la Commissione ha richiamato l’attenzione della Corte sulla genesi della direttiva.

132. Sia nella proposta originale, sia nella proposta modificata (non avendo né il Comitato economico e sociale, né il Parlamento commentato le disposizioni in questione), l’articolo 9, paragrafi 2‑4, prevedeva quanto segue:

«2.      La presente direttiva lascia impregiudicato qualsiasi atto di utilizzazione economica eseguito prima della [scadenza del termine di trasposizione della direttiva].

3.      La presente direttiva non si applica ai contratti conclusi o ai diritti acquisiti prima della sua entrata in vigore.

4.      In deroga al paragrafo 3, ai contratti relativi all’utilizzazione economica di opere e di altri materiali protetti, in vigore alla [scadenza del termine di trasposizione], si applicano le disposizioni della presente direttiva a partire dal quinto anno dalla sua entrata in vigore, se a tale epoca tali contratti sono ancora in esecuzione».

133. Nel memorandum esplicativo della proposta originale si è affermato:

«2.      L’articolo 2 riflette un principio generale, che garantisce che la direttiva non abbia effetto retroattivo e non sia applicabile ad atti di utilizzazione delle opere e ad altri materiali protetti realizzati prima della data prevista per l’attuazione della direttiva (...).

3.       I paragrafi 3 e 4 [sanciscono] un altro principio generale, in base al quale i contratti che sono stati conclusi e i diritti che sono stati acquisiti prima dell’adozione della direttiva avrebbero potuto essere noti alle parti, non sono contemplati da quest’ultima, ed escludono, pertanto, taluni «vecchi contratti» dall’ambito di applicazione della direttiva (...)».

134. La formulazione infine adottata rifletteva la posizione comune del Consiglio del 28 settembre 2000, in cui si affermava quanto segue: «[a]ll’articolo 10, il Consiglio ha preferito riunire parte del paragrafo 3 dell’articolo 9 della proposta modificata della Commissione con il paragrafo 2 e sopprimere il resto del paragrafo 3, nonché l’intero paragrafo 4, poiché ritiene che le questioni relative all’interpretazione dei contratti debbano piuttosto essere disciplinate dalle legislazioni nazionali» (69).

135. Pertanto, sembra chiaro che la volontà del legislatore nell’articolo 10, paragrafo 2, fosse che la direttiva non dovesse incidere sugli atti di utilizzazione, vale a dire, nel contesto della fattispecie, sugli atti di riproduzione, effettuati prima del 22 dicembre 2002.

136. È, inoltre, necessario tenere conto del fatto che la Germania garantisce tale compenso per mezzo di un prelievo sull’immissione in commercio di dispositivi in grado di essere utilizzati per la riproduzione per diversi anni, del fatto che tale sistema era in funzione anche prima dell’entrata in vigore della direttiva, e del fatto che la giurisprudenza della Corte osta ad un’interpretazione, durante il periodo previsto per la trasposizione, che rischierebbe di compromettere gravemente, dopo la scadenza del termine di trasposizione, la realizzazione del risultato perseguito. Ritengo, pertanto, che l’interpretazione più logica sia che, nell’interpretazione delle disposizioni nazionali che prevedono un equo compenso, la direttiva debba essere tenuta in considerazione a partire dalla data della sua entrata in vigore il 22 giugno 2001, in modo tale da garantire che la finalità di corrispondere tale compenso con riferimento agli atti di riproduzione realizzati il 22 dicembre 2002, o in data successiva, non sia gravemente compromessa dal modo in cui un prelievo volto a corrispondere un equo compenso viene fatto gravare sulla vendita di dispositivi anteriormente a tale data. La direttiva non concerne, tuttavia, gli atti di riproduzione effettuati prima del 22 dicembre 2002.

 Conclusione

137.  Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni proposte dal Bundesgerichtshof nel modo seguente:

–        Nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, le parole «riproduzioni su carta o supporto simile, mediante uso di qualsiasi tipo di tecnica fotografica o di altro procedimento avente effetti analoghi» devono essere interpretate nel senso che si riferiscono unicamente alla riproduzione di originali analogici, di cui un’immagine viene catturata con mezzi ottici. Esse includono la riproduzione ottenuta con procedimenti che comportano, quale fase intermedia, la memorizzazione di un’immagine digitale su un computer o dispositivo di memoria, a condizione che il procedimento nel suo complesso venga effettuato da un’unica persona e/o come singola operazione.

–        Qualora, ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 2 o 3, della direttiva 2001/29, uno Stato membro abbia previsto un’eccezione o limitazione al diritto di riproduzione previsto dall’articolo 2 della stessa direttiva, e qualora l’equo compenso per la riproduzione analogica ai termini di tale eccezione o limitazione sia previsto per mezzo di un prelievo sui dispositivi in grado di realizzare tali copie, un giudice nazionale che intenda accertare se tale prelievo sia compatibile con il principio della parità di trattamento nei casi in cui le copie vengano realizzate per mezzo di una catena di dispositivi collegati tra loro, deve esaminare il modo in cui il prelievo viene determinato con riferimento alle fotocopiatrici e fino a che punto tale calcolo possa essere trasposto a detta catena di dispositivi. Esso deve considerare se l’applicazione del prelievo in relazione a tale catena di dispositivi, o a singoli dispositivi all’interno della catena, persegua un giusto equilibrio dei diritti e degli interessi tra titolari e utenti. Esso deve verificare, in particolare, che non sussista discriminazione ingiustificata non solo tra gli importatori o distributori di dispositivi (compresi altri dispositivi aventi funzioni equiparabili), ma anche tra gli acquirenti di diversi tipi di dispositivi, sui quali incombe l’onere finale del prelievo.

–        L’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 consente agli Stati membri di scegliere se e in quale misura un equo compenso debba essere corrisposto nei casi in cui misure tecnologiche siano a disposizione dei titolari di diritti, ma non siano da essi applicate.

–        Qualora, ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 2 o 3, della direttiva 2001/29, uno Stato membro abbia previsto un’eccezione o limitazione al diritto di riproduzione previsto dall’articolo 2 della stessa direttiva, non è più possibile, per i titolari interessati, esercitare qualsivoglia controllo sulla riproduzione delle loro opere, concedendo o rifiutando un’autorizzazione. Qualora prevedano un equo compenso in tali circostanze, gli Stati membri possono, nondimeno, consentire ai titolari dei diritti di rinunciare a qualsiasi pretesa di equo compenso o di mettere le loro opere a disposizione, previo accordo contrattuale che consenta loro di ricevere un equo compenso per le riproduzioni future. In ambedue le ipotesi, il diritto del titolare all’equo compenso deve essere considerato esaurito e non deve essere preso in considerazione nella determinazione del finanziamento di un regime generale di equo compenso.

–        Nell’interpretare le disposizioni nazionali che prevedono un equo compenso, la direttiva 2001/29 deve essere presa in considerazione a partire dalla data della sua entrata in vigore, il 22 giugno 2001, in modo tale da garantire che la finalità di corrispondere tale compenso con riferimento agli atti di riproduzione realizzati il 22 dicembre 2002, o in data successiva, non sia gravemente compromessa dal modo in cui un prelievo volto a fornire un equo compenso viene applicato alla vendita di dispositivi anteriormente a tale data. La direttiva non riguarda, tuttavia, gli atti di riproduzione realizzati anteriormente al 22 dicembre 2002.


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –      Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU 2001 L 167, pag. 10) (in prosieguo: la «direttiva»).


3 –      Nelle presenti conclusioni utilizzerò i termini «copia(re)» e «riproduzione» come essenzialmente intercambiabili.


4 – L’articolo 5, paragrafo 2, concerne le eccezioni e limitazioni per quanto riguarda unicamente il diritto di riproduzione di cui all’articolo 2. L’articolo 5, paragrafo 3, concerne anch’esso eccezioni e limitazioni al diritto di comunicazione o di messa a disposizione ai sensi dell’articolo 3, che non sono specificamente in discussione nella causa principale. Ad eccezione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), tutte le limitazioni o eccezioni ammissibili ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 2 o 3 (ve ne sono 20 in tutto), sono definite in funzione dello scopo della riproduzione; in diversi casi, l’identità della persona che la realizza costituisce un criterio (ad esempio, persone fisiche, biblioteche pubbliche, istituti di istruzione o musei, organismi di diffusione radiotelevisiva o la stampa); in soli due casi, a parte nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), viene fatto riferimento a criteri tecnici [registrazioni effimere nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera d), e comunicazione su terminali dedicati nell’articolo 5, paragrafo 3, lettera n)].


5 – L’articolo 5, paragrafo 2, lettera e), concerne «le riproduzioni di emissioni radiotelevisive effettuate da istituzioni sociali pubbliche che perseguano uno scopo non commerciale, quali ospedali o prigioni».


6 – L’articolo 5, paragrafo 1, che non viene messo in discussione in questa sede, impone l’esenzione dal diritto di riproduzione di atti di riproduzione temporanea, che sono parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico e che non hanno rilievo economico proprio. Tuttavia, in tali casi non è previsto alcun compenso.


7 –      Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (1886), completata a Parigi (1896), rivista a Berlino (1908), completata a Berna (1914), rivista a Roma (1928), a Bruxelles (1948), a Stoccolma (1967) e a Parigi (1971), modificata nel 1979 (Unione di Berna). Tutti gli Stati membri sono parti contraenti della Convenzione di Berna.


8 –      Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, contenuto nell’Allegato 1C dell’Accordo di Marrakech del 15 aprile 1994, che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), approvato mediante decisione del Consiglio del 22 dicembre 1994, 94/800/EC, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994) (GU 1994 L 336, pag. 1).


9 –      Trattato dell’OMPI sul diritto d’autore (WCT), Ginevra (1996) (GU 2000 L 89, pag. 8). Esso è entrato in vigore nei confronti dell’Unione europea, e di tutti gli Stati membri, essendo tutti parti contraenti del WCT, il 14 marzo 2010 (GU 2010 L 32, pag. 1).


10 –      Stati Uniti – sezione 110, paragrafo 5, dell’US Copyright Act (legge statunitense sul diritto d’autore), WT/DS160/R, 15 giugno 2000, punti 6.97 e segg.


11 –      Sentenza del 21 ottobre 2010, Padawan, C‑467/08, Racc. pag. I‑10055, in particolare punti 38‑50; v., inoltre, sentenza del 16 giugno 2011, Stichting de Thuiskopie (C‑462/09, Racc. pag. I‑5331, punti 18‑29).


12 –      CD‑R, CD‑RW, DVD‑R e lettori MP3. Sebbene tali supporti possano essere utilizzati per archiviare copie digitali di documenti di testo o grafici, essi vengono più comunemente usati per realizzare riproduzioni di materiale audio o audiovisivo, come musica o film.


13 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak, paragrafo 32. Tale posizione viene mantenuta dalla Commissione e una tesi analoga è sostenuta dalla Kyocera nel presente procedimento (v. paragrafo 92 infra). Nella sentenza Stichting de Thuiskopie (cit. alla nota 11), tuttavia, la Corte ha sottolineato l’obbligo di risultato (v. punti 34 e 39 di detta sentenza).


14 –      Punti 40 e 45 della sentenza; v., inoltre, punti 24 e 26 della sentenza Stichting de Thuiskopie, cit. alla nota 11.


15 –      Punto 52 della sentenza.


16 –      Punti 46, 55 e 56 della sentenza.


17 –      Punto 59 della sentenza.


18 –      Legge 9 settembre 1965 sul diritto d’autore e sui diritti connessi (Gesetz über Urheberrecht und verwandte Schutzrechte), nella versione applicabile prima del 1° gennaio 2008 (in prosieguo: la «legge sul diritto d’autore»). Secondo il governo tedesco, la legge sul diritto d’autore è stata adeguata completamente alla direttiva, a decorrere dal 13 settembre 2003, con il Gesetz zur Regelung des Urheberrechts in der Informationsgesellschaft (legge sul diritto d’autore nell’ambito della società dell’informazione). Per quanto rileva ai fini delle disposizioni citate dal Bundesgerichtshof, tale legge risulta avere modificato l’articolo 53, paragrafi 1‑3 della legge sul diritto d’autore.


19 –      V. paragrafi 48 e segg. infra.


20 –      L’espressione «angemessene Vergütung» è utilizzata nel decimo considerando della direttiva, dove è resa in inglese con «appropriate reward» e in francese con «rémunération appropriée». Il decimo considerando sembra fare riferimento al normale sfruttamento del diritto d’autore, piuttosto che alle eccezioni di cui all’articolo 5, paragrafi 2 e 3. L’equivalente tedesco per «equo compenso» («compensation équitable») nella direttiva è reso con «gerechte Ausgleich». Per complicare ulteriormente le cose, «angemessene Vergütung» viene utilizzato, nella versione tedesca degli articoli 11a, paragrafo 2, e 13, paragrafo 1, della Convenzione di Berna (citata alla nota 7 supra), per ciò che in inglese e in francese viene reso, rispettivamente, con «equitable remuneration» e «rémunération équitable»; essa viene inoltre utilizzata come equivalente di tali termini in talune altre direttive dell’Unione europea in materia di diritti di proprietà intellettuale.


21 – KYOCERA Document Solutions Deutschland GmbH, Epson Deutschland GmbH e Xerox GmbH (causa C‑457/11) e Canon Deutschland GmbH (causa C‑458/11) (in prosieguo, collettivamente: la «Kyocera»); Fujitsu Technology Solutions GmbH (in prosieguo: la «Fujitsu») (causa C‑459/11), e Hewlett Packard GmbH (in prosieguo: la «Hewlett Packard») (causa C‑460/11).


22 –      Un plotter è un tipo di stampante; v., inoltre, infra paragrafo 54.


23 – Le cinque questioni sollevate nelle cause C‑457/11 e C‑458/11 sono identiche e riguardano le stampanti nella seconda e terza questione; le stesse questioni vengono sollevate nella causa C‑459/11, tranne per il fatto che la seconda e la terza questione riguardano personal computer anziché stampanti; nella causa C‑460/11, vengono sollevate solo le prime tre questioni, concernenti le stampanti.


24 –      «angemessene Vergütung»: v. nota 20 supra.


25 –      V., ad esempio, sentenze Padawan e Stichting de Thuiskopie, citate alla nota 11 supra.


26 –      V. anche sentenza Padawan, punti 35 e 36.


27 –      V., ad esempio, considerando 5‑7, 39, 44 e 47 del preambolo.


28 –      V., ad esempio, il quarto e il ventunesimo considerando della direttiva.


29 –      V., ad esempio, sentenza della Corte del 29 aprile 2004, Italia/Commissione (C‑298/00 P, Racc. pag. I‑4087, punto 97).


30 –      Del 22 dicembre 1998 (GU 1999 C 73, pag. 1).


31 –      V. inoltre, ad esempio, sentenze del 12 luglio 2005, Alliance for Natural Health e a. (C‑154/04 e C‑155/04, Racc. pag. I‑6451, punto 92) e del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA (C‑344/04, Racc. pag. I‑403, punto 76).


32 –      V. nota 20 supra.


33 –      A tale riguardo, si può fare riferimento all’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che tutela, tra l’altro, il diritto di usare e disporre della proprietà dei beni acquisiti legalmente, compresa la proprietà intellettuale, pattuendo che nessuno può esserne privato «se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa». V., inoltre, articolo 1 del Primo Protocollo della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.


34 –      Il trentaduesimo considerando precisa che l’elenco è esaustivo e «tiene debito conto delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri»; in altre parole, sembra essere, di fatto, una compilazione di eccezioni e limitazioni preesistenti ai sensi delle diverse legislazioni nazionali; una caratteristica che può spiegare gli ambiti di sovrapposizione (la proposta originaria di direttiva della Commissione conteneva solo otto eccezioni o limitazioni possibili; l’elenco è diventato più lungo e dettagliato nel corso dell’iter legislativo).


35 –      V., supra, paragrafi 15‑21.


36 –      V. nota 20 supra.


37 –      V. International Survey on Private Copying Law & Practice, Stichting de Thuiskopie, 2012, pag. 9.


38 – Causa C‑521/11, Amazon.com International Sales e a. Risulta che, in Austria, il 50% degli importi riscossi è destinato per legge a scopi sociali o culturali.


39 –      V. i precedenti paragrafi 13 e 14. Rilevo che, in tale sentenza, forse inavvertitamente, viene fatto riferimento ai considerando del preambolo come «disposizioni» della direttiva.


40 – La descrizione che segue non intende essere vincolante né completa, essa ha, piuttosto, lo scopo di delineare uno schema nel quale rientri la maggior parte dei tipi di situazioni rilevanti per l’esame delle questioni sollevate.


41 – Nella sintesi che precede, riferendomi alle immagini analogiche, ho scritto in termini visivi ma, nel caso di riproduzioni destinate agli ipovedenti, vengono utilizzate tecniche equiparabili. Le goffratrici braille producono testo a partire da dati digitali, più o meno come le stampanti tradizionali, e utilizzano la carta come supporto di uscita. Altri dispositivi possono produrre versioni in rilievo di immagini che sarebbero percepite visivamente da un vedente. Non ritengo che tali riproduzioni esulino dal diritto di riproduzione né, quindi, dall’articolo 5, paragrafi 2 o 3, della direttiva. Si deve presumere che esse rientrino nella mia analisi anche se, per motivi di semplicità di linguaggio, continuerò a riferirmi all’input e output analogico principalmente sotto il profilo visivo.


42 –      Nella relazione illustrativa della sua proposta originaria di direttiva, la Commissione ha affermato quanto segue: «[t]ale disposizione è limitata alla reprografia, cioè alle tecniche che consentono la riproduzione in facsimile o, in altre parole, una stampa su carta; l’attenzione non è rivolta alla tecnica utilizzata, bensì al risultato ottenuto, che deve avere forma cartacea». Sebbene tale affermazione si concentri sull’output piuttosto che sull’input, ritengo che l’espressione «facsimile» implichi inevitabilmente un’equivalenza di forma tra input e output.


43 –      V. il punto 9 supra.


44 – Libro verde sul diritto d’autore e diritti connessi nella società [ COM (95) 382 def.], Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione [COM(97) 628 def.] (v. anche nota 42 supra), Proposta modificata di direttiva CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione [COM(99) 250 def.].


45 –      V. inoltre sentenza del 16 luglio 2009, Infopaq International (causa C‑5/08 Racc. pag. I‑6569, punto 64).


46 –      V. i precedenti paragrafi 41 e 42.


47 – Punti 38‑50; v., inoltre, sentenza Stichting de Thuiskopie citata alla nota 11, punti 18‑29.


48 –      Sentenza Padawan, punti 51‑59.


49 –      V., ad esempio, sentenza del 29 gennaio 2008, Promusicae, (C‑275/06, Racc. pag. I‑271, punto 68).


50 –      V. trentunesimo considerando della direttiva.


51 –      V. i precedenti paragrafi 13 e 14.


52 –      È stato rilevato in diverse osservazioni che la versione tedesca dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), differisce: essa prevede che si tenga conto del fatto se tali misure siano state applicate [«ob technische Maßnahmen (...) angewendet wurden»]. La versione spagnola è simile («si se aplican o no»), ma altre versioni sono più vicine alla più neutra formulazione in inglese o in francese.


53 –      Il trentacinquesimo considerando della direttiva recita: «[i]l livello dell’equo compenso deve tener pienamente conto della misura in cui ci si avvale delle misure tecnologiche di protezione contemplate dalla presente direttiva».


54 – L’esistenza di siffatte misure (che comprendono l’uso di ologrammi, filigrana ed inchiostri speciali) può spiegare il riferimento all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), nel primo comma dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva, relativo alla protezione contro l’elusione di efficaci misure tecnologiche.


55 –      V. posizione comune del Consiglio (CE) n. 48/2000 (GU 2000 C‑344, pag. 1, punto 24 della motivazione del Consiglio).


56 –      Fair compensation for private copying in a converging environment, dicembre 2006, prodotto dalla Fujitsu, pagg. 60 e 61.


57 –       Citata alla nota a piè di pagina n. 11, punti 40‑42 (la versione inglese della sentenza fa riferimento, al punto 40, a «recompense for the harm suffered» ma, a mio parere, ciò non riflette il francese «contrepartie», né lo spagnolo «contrapartida»).


58 –      V., inoltre, supra, nota a piè di pagine n. 52; la versione tedesca sembra corroborare tale tesi con un’efficacia ancor maggiore.


59 –      V. il punto 35 supra.


60 –      Punti 39, 40 e 45.


61 –      V. nota 33 supra.


62 –      V. il punto 9 supra.


63 –      V. nota 18 supra.


64 –      V., per un esempio recente, sentenza del 24 maggio 2012, Amia (C‑97/11, punto 28).


65 –      V. sentenza del 4 luglio 2006, Adeneler e a. (C‑212/04, Racc. pag. I‑6057, punti 113‑115).


66 –      V. sentenza Adeneler e a., cit. alla nota 65, punto 123, nonché sentenza del 23 aprile 2009, VTB‑VAB e Galatea (C‑261/07 e C‑299/07, Racc. pag. I‑2949, punto 39).


67 –      V. sentenza VTB‑VAB e Galatea, cit. supra alla nota 66, punto 35.


68 – In diverse osservazioni è stato sottolineato che stampanti e personal computer hanno un ciclo di vita tipico di tre-quattro anni. Lo stesso tipo di considerazione (sebbene non necessariamente lo stesso ciclo di vita tipico) sarebbe applicabile ai prelievi su supporti di registrazione vergini volti a corrispondere un equo compenso per la riproduzione di materiale audio o audiovisivo, qualora il prelievo venga riscosso sulla vendita del supporto di registrazione, prima che la riproduzione abbia luogo.


69 –      Punto 51 della motivazione.