Language of document : ECLI:EU:C:2017:136

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 16 febbraio 2017 (1)

Causa C129/16

Túrkevei Tejtermelő Kft.

contro

Országos Környezetvédelmi és Természetvédelmi Főfelügyelőség

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Szolnoki Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szolnok, Ungheria)]

«Ambiente – Direttiva 2004/35 – Responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale – Direttiva 2008/98 – Rifiuti – Principio «chi inquina paga» – Proporzionalità – Presunzione d’innocenza – Inquinamento atmosferico derivante dall’incenerimento illegale di rifiuti – Responsabilità comune del proprietario del fondo in cui si è verificato l’inquinamento ambientale e dell’inquinatore»






I –    Introduzione

1.        Ancora una volta (2), la Corte è chiamata a precisare gli effetti del principio «chi inquina paga». Si tratta qui di stabilire se il proprietario di un fondo concesso in locazione possa essere sanzionato per il fatto che vi sono stati inceneriti illegalmente rifiuti ed egli né identifica l’effettivo utilizzatore del fondo né dimostra di non essere in alcun modo responsabile della violazione.

2.        Anche se il giudice nazionale solleva la questione in parola alla luce della direttiva sulla responsabilità ambientale (3), tale direttiva non trova però applicazione già per il solo fatto che essa non contiene alcuna disciplina in materia di sanzioni. Le sanzioni per incenerimento illegale di rifiuti vanno invece ricondotte alla direttiva sui rifiuti (4). Anch’essa si fonda sul principio «chi inquina paga» e richiede esplicitamente che, in caso di violazione, siano applicate sanzioni efficaci. Inoltre, discutendosi qui di sanzioni, occorre considerare, accanto al principio «chi inquina paga», anche il principio di proporzionalità ‑ che delimita l’imposizione di sanzioni ‑ e la presunzione di innocenza.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

3.        L’articolo 48, paragrafo 1, della Carta prevede una presunzione di innocenza:

«Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata».

4.        Il principio della legalità della pena e la valenza del principio di proporzionalità rispetto alle sanzioni si evince dall’articolo 49 della Carta:

«1.      Nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale. (…)

2.      (…)

3.      Le pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al reato».

2.      Direttiva sulla responsabilità ambientale

5.        L’articolo 1 della direttiva sulla responsabilità ambientale riguarda il suo oggetto:

«La presente direttiva istituisce un quadro per la responsabilità ambientale, basato sul principio “chi inquina paga”, per la prevenzione e la riparazione del danno ambientale».

6.        La nozione di danno ambientale è definita nell’articolo 2, punto 1, della direttiva sulla responsabilità ambientale come segue:

«Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:

1.      “danno ambientale”:

a)      danno alle specie e agli habitat naturali protetti, vale a dire qualsiasi danno che produca significativi effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di tali specie e habitat. L’entità di tali effetti è da valutare in riferimento alle condizioni originarie, tenendo conto dei criteri enunciati nell’allegato I;

Il danno alle specie e agli habitat naturali protetti non comprende gli effetti negativi preventivamente identificati derivanti da un atto di un operatore espressamente autorizzato dalle autorità competenti, secondo le norme di attuazione dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4 o dell’articolo 16 della direttiva 92/43/CEE o dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE oppure, in caso di habitat o specie non contemplati dal diritto comunitario, secondo le disposizioni della legislazione nazionale sulla conservazione della natura aventi effetto equivalente;

b)      danno alle acque, vale a dire qualsiasi danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo e/o sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, a eccezione degli effetti negativi cui si applica l’articolo 4, paragrafo 7 di tale direttiva;

c)      danno al terreno, vale a dire qualsiasi contaminazione del terreno che crei un rischio significativo di effetti negativi sulla salute umana a seguito dell’introduzione diretta o indiretta nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nel suolo».

7.        La nozione di danno ambientale è inoltre chiarita nel quarto considerando della direttiva sulla responsabilità ambientale come segue:

«Il danno ambientale include altresì il danno causato da elementi aerodispersi nella misura in cui possono causare danni all’acqua, al terreno o alle specie e agli habitat naturali protetti».

3.      Direttiva sui rifiuti

8.        Il considerando 26 della direttiva sui rifiuti si riferisce al principio «chi inquina paga»:

«Il principio “chi inquina paga” è un principio guida a livello europeo e internazionale. (…)».

9.        L’articolo 36 della direttiva sui rifiuti riguarda l’applicazione delle prescrizioni in materia di rifiuti:

«1.      Gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare l’abbandono, lo scarico e la gestione incontrollata dei rifiuti.

2.      Gli Stati membri emanano le disposizioni relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’applicazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive».

B –    Diritto ungherese

10.      La domanda di pronuncia pregiudiziale riporta le seguenti disposizioni applicabili del diritto ungherese:

11.      Ai sensi dell’articolo 102, paragrafo 1, della 1995. évi LIII. törvény a környezet védelmének általános szabályairól (legge n. LIII del 1995 recante norme generali di protezione ambientale), la responsabilità di un danno o di un rischio ambientale ricade, salvo prova contraria, in solido su coloro che, dopo che si sia verificato detto danno o rischio, figurino quali attuali proprietario e possessore (utilizzatore) del fondo in cui si è verificato il danno ambientale o in cui è stata svolta l’attività all’origine del rischio per l’ambiente. In forza del paragrafo 2 della disposizione succitata, il proprietario è esentato dalla responsabilità in solido qualora identifichi la persona che utilizzi effettivamente il fondo e dimostri in modo inequivocabile l’assenza di responsabilità propria.

12.      Conformemente all’articolo 27, paragrafo 2, del 306/2010. (XII. 23.) kormányrendelet a levegő védelméről (decreto governativo del 23 dicembre 2010, n. 306, sulla protezione della qualità dell’aria), è vietato l’incenerimento di rifiuti all’aperto o presso impianti non conformi alla normativa che stabilisce le condizioni di incenerimento dei rifiuti, eccezion fatta per l’incenerimento di rifiuti cartacei di origine domestica e di rifiuti di legno non trattato, ritenuti non pericolosi, che avviene presso impianti domestici. Si considera che l’incenerimento di rifiuti all’aperto si verifichi in caso di combustione dei medesimi per qualsiasi causa, tranne quelle naturali.

13.      Ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 1, del medesimo decreto governativo, l’autorità di protezione ambientale infligge un’ammenda per la tutela della qualità dell’aria a carico della persona fisica o giuridica o dell’ente privo di personalità giuridica che abbia violato le prescrizioni in materia di tutela della qualità dell’aria, intimando allo stesso tempo la cessazione dell’attività illecita o dell’omissione, salvo disposizione contraria.

14.      In base alle informazioni fornite dall’Ungheria, la normativa in materia di rifiuti è disciplinata in ulteriori atti giuridici ungheresi, vale a dire la 2012. évi CLXXXV. törvény a hulladékról (legge CLXXXV del 2012 sulla gestione dei rifiuti) e della 271/2001. (XII. 21.) Korm. rendelet a hulladékgazdálkodási bírság mértékéről, valamint kiszabásának és megállapításának módjáról (decreto governativo n. 271/2001 del 21 dicembre 2001 sull’entità delle sanzioni nell’ambito della gestione dei rifiuti e sulle modalità della loro irrogazione e fissazione).

III – Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

15.      Il 2 luglio 2014 un’autorità doganale e fiscale comunicava all’autorità di protezione ambientale di primo grado che a Túrkeve, nell’impianto della Túrkevei Tejtermelő Kft. (in prosieguo: la «TTK»), sarebbero stati inceneriti rifiuti urbani.

16.      Il personale della suddetta autorità conduceva un’ispezione in situ del fondo, redigendo un verbale. In essi si indicava che, in ciascuno dei tre sili di stoccaggio, erano stati trovati tra i 30 e i 40 m³ di rifiuti urbani inceneriti contenenti scatole di conserva e altri rifiuti metallici. Ulteriori residui metallici derivanti dall’incenerimento dei rifiuti erano stati inoltre ivi rinvenuti anche al di fuori dei sili di stoccaggio, su una superficie di 5 x 5 metri.

17.      Giunti sul luogo, gli ispettori trovavano sull’area dell’impianto tre camion, pronti per il trasporto dei residui metallici derivanti dall’incenerimento dei rifiuti. I conducenti indicavano come proprietaria dei veicoli una società commerciale con sede a Budapest. Stando alle loro dichiarazioni, essi dovevano ricevere istruzioni circa la destinazione dei rifiuti metallici da trasportare solo dopo averli caricati.

18.      L’autorità di protezione ambientale di primo grado accertava che la TKK, conformemente alla sua dichiarazione del 12 luglio 2014, aveva concesso in locazione il fondo in data 15 marzo 2014 a una persona poi deceduta il 1o aprile 2014. La domanda di pronuncia pregiudiziale non indica se siano stati individuati gli eredi del suddetto locatario o i responsabili dell’incenerimento dei rifiuti.

19.      L’autorità di primo grado infliggeva alla TTK un’ammenda per la tutela della qualità dell’aria di 500 000 fiorini ungheresi (HUF) (pari a circa EUR 1 650) giustificandola in ragione del diritto di proprietà della TTK.

20.      A seguito del reclamo proposto dalla TTK, la Országos Környezetvédelmi és Természetvédelmi Főfelügyelőség (Autorità ispettiva generale nazionale per la tutela dell’ambiente e della natura) confermava il provvedimento dell’autorità di primo grado.

21.      Secondo le autorità coinvolte l’incenerimento di rifiuti all’aperto sprigionerebbe sostanze nocive per la salute umana e per l’ambiente, costituendo un rischio ambientale. La responsabilità per tale rischio ricadrebbe sul proprietario dell’impianto. L’Autorità ispettiva generale nazionale indicava che l’impianto presso il quale era avvenuto l’incenerimento è di proprietà della ricorrente e che, conformemente alla legge sulla protezione ambientale, i proprietari e possessori attuali di un fondo sono responsabili in solido salvo che il proprietario dimostri in modo inequivocabile di non essere responsabile. Tenuto conto del decesso del locatario del fondo, l’autorità di primo grado ha compiuto gli adempimenti procedurali necessari per l’accertamento dei fatti ravvisando, inoltre, un’ipotesi di inversione dell’onere della prova, tale da imporre alla ricorrente di dimostrare l’assenza di responsabilità da parte sua.

22.      La TTK ha proposto ricorso avverso il suddetto provvedimento e il giudice competente sottopone alla Corte le seguenti questioni:

1)      Se l’articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e le disposizioni della direttiva sulla responsabilità ambientale ostino a una normativa nazionale che consenta all’autorità amministrativa di protezione ambientale, spingendosi ben oltre il principio «chi inquina paga», di attribuire la responsabilità del risarcimento del danno ambientale in forma specifica al proprietario, senza la necessità di accertare previamente, nel merito, la sussistenza del nesso causale tra la condotta di questo soggetto (esercente) e l’evento di contaminazione.

2)      In caso di risposta negativa alla prima questione e qualora, visto l’inquinamento atmosferico, non sia richiesta la riparazione del danno ambientale, se possa giustificarsi l’imposizione di un’ammenda per la tutela della qualità dell’aria, invocando le disposizioni più severe degli Stati membri consentite ai sensi dell’articolo 16 della direttiva sulla responsabilità ambientale e dell’articolo 193 TFUE, o se nemmeno tali disposizioni possano determinare l’imposizione di un’ammenda di natura meramente sanzionatoria al proprietario che non è responsabile dell’inquinamento.

23.      Sulle suddette questioni e su un ulteriore quesito della Corte rispetto al significato da riconoscere alla direttiva sui rifiuti, hanno presentato osservazioni scritte l’Autorità ispettiva generale nazionale per la tutela dell’ambiente e della natura, l’Ungheria e la Commissione europea.

IV – Analisi

24.      La domanda di pronuncia pregiudiziale mira a stabilire se il principio «chi inquina paga», sancito nell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, permetta che sia inflitta una sanzione al proprietario di un fondo concesso in locazione sul quale sono stati illegalmente inceneriti dei rifiuti senza che sia stato provato un nesso di causalità tra la sua condotta e la violazione.

25.      Il giudice del rinvio considera, correttamente, al riguardo, che il principio «chi inquina paga» possa trovare applicazione soltanto se sancito in una concreta previsione di diritto derivato (5). Esso ricerca tuttavia, a torto, detta concretizzazione nella direttiva sulla responsabilità ambientale (infra sub A). Ai fini del procedimento principale essa si rinviene piuttosto nella direttiva sui rifiuti (infra sub B). È in tale contesto che devono essere analizzati gli effetti del principio «chi inquina paga» nonché i principi di proporzionalità e la presunzione di innocenza. A seguire, occorre esaminare la seconda questione che verte sulla facoltà degli Stati membri di adottare misure di protezione più rigorose (infra sub C).

A –    Sulla direttiva sulla responsabilità ambientale

26.      Nel procedimento principale è stata irrogata una sanzione per la tutela della qualità dell’aria a fronte dell’incenerimento illegale di rifiuti. La Commissione sottolinea tuttavia, correttamente, che la direttiva sulla responsabilità ambientale non riguarda né le sanzioni previste in caso di violazioni del diritto ambientale, né l’inquinamento atmosferico.

27.      La direttiva sulla responsabilità ambientale istituisce, in base al suo articolo 1, un quadro per la responsabilità ambientale, basato sul principio «chi inquina paga», per la prevenzione e la riparazione del danno ambientale.

28.      In linea di principio, sarebbe certamente possibile includere – nel contesto della regolamentazione della responsabilità ambientale per la prevenzione e la riparazione del danno ambientale ‑ la disciplina delle sanzioni delle violazioni, ma la direttiva sulla responsabilità ambientale non la contempla. Essa si limita a prevedere, rispetto al danno ambientale, l’obbligo di adottare misure di prevenzione e di riparazione e a disciplinare la relativa responsabilità finanziaria.

29.      Inoltre, in base alla definizione contenuta nell’articolo 2, punto 1, della direttiva sulla responsabilità ambientale, la nozione di danno ambientale non ricomprende l’inquinamento atmosferico. Tale nozione è ivi piuttosto circoscritta al danno alle specie e agli habitat naturali protetti, alle acque o al terreno.

30.      È vero che il quarto considerando precisa che il «danno ambientale» include altresì il danno causato da elementi aerodispersi nella misura in cui possono causare danni all’acqua, al terreno o alle specie e agli habitat naturali protetti. Nel caso di specie non emergono però elementi indicanti siffatti effetti.

31.      Peraltro, nemmeno l’incenerimento illegale di rifiuti costituisce, di per sé, un danno ambientale ai sensi della direttiva sulla responsabilità ambientale.

32.      La direttiva sulla responsabilità ambientale non può quindi trovare applicazione nel caso di specie e non può pertanto nemmeno fungere da ponte per l’applicazione del principio «chi inquina paga» ai sensi dell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE.

B –    Sulla normativa in materia di rifiuti

33.      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale si evince tuttavia che la sanzione controversa è stata inflitta a causa dell’incenerimento illegale di rifiuti.

34.      Sebbene l’Ungheria sottolinei che la sanzione si fonda su una disciplina in materia di tutela della qualità dell’aria, tuttavia, posto che essa si riferisce allo smaltimento dei rifiuti, e la direttiva sui rifiuti, in base all’articolo 13, lettera a), ha ad oggetto anche la tutela della qualità dell’aria, la disposizione sanzionatoria ungherese applicata deve essere ricondotta all’applicazione dell’articolo 36, paragrafo 2, della direttiva sui rifiuti. Quest’ultima disposizione prevede che gli Stati membri emanano le disposizioni relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni della direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’applicazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive.

35.      La Corte dovrebbe quindi esaminare la domanda di pronuncia pregiudiziale alla luce della normativa in materia di rifiuti. Nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, creata dall’articolo 267 TFUE, spetta infatti a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli. In tale prospettiva spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Inoltre, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme del diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nelle questioni pregiudiziali (6).

36.      Identificherò quindi in prosieguo, anzitutto, i principi che devono essere tenuti in considerazione in sede di imposizione di una sanzione a norma dell’articolo 36, paragrafo 2, della direttiva sui rifiuti. Occorrerà poi precisare su quale fondamento si basi l’imposizione di una sanzione alla TTK nel procedimento principale, vale a dire la presunzione relativa della sua corresponsabilità per le violazioni. Infine, dovranno essere individuati i limiti di tale presunzione alla luce dei principi precedentemente citati.

1.      Sul fondamento della sanzione alla luce dell’articolo 36, paragrafo 2, della direttiva sui rifiuti

37.      Alla pari della direttiva sulla responsabilità ambientale, anche la direttiva sui rifiuti richiama espressamente il principio «chi inquina paga». Anche se tale principio è citato nel considerando 1 e nell’articolo 14 solo rispetto ai costi della gestione dei rifiuti, il considerando 26 sottolinea in termini generali la sua funzione di principio guida a livello europeo e internazionale.

38.      In sede di emanazione di disposizioni in materia ambientale il legislatore dell’Unione è inoltre sempre tenuto, ai sensi dell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, a dare attuazione al principio «chi inquina paga». La direttiva sui rifiuti rientra in tale ambito normativo, essendo stata fondata sull’articolo 175, paragrafo 1, TCE (oggi l’articolo 192, paragrafo 1, TFUE). Tale direttiva deve pertanto essere interpretata alla luce del principio «chi inquina paga».

39.      Anche l’obbligo previsto all’articolo 36, paragrafo 2, della direttiva sui rifiuti in materia di sanzione delle violazioni deve essere quindi interpretato quale attuativo del principio «chi inquina paga».

40.      L’obbligo di sanzioni a norma dell’articolo 36, paragrafo 2, della direttiva sui rifiuti è strettamente collegato con l’obbligo di cui all’articolo 36, paragrafo 1, di vietare l’abbandono, lo scarico e la gestione incontrollata dei rifiuti. Da esso scaturisce l’obbligo di smaltimento o di recupero dei rifiuti a norma dell’articolo 15, paragrafo 1, gravante in linea di principio sul produttore iniziale o sul detentore di rifiuti (7). A norma dell’articolo 14, tale persona deve, in linea con il principio «chi inquina paga», sostenere i costi dello smaltimento dei rifiuti, fermo restando che la Corte ha sottolineato che con essa si intende la persona che è all’origine dei rifiuti (8).

41.      La Corte ha quindi stabilito che l’applicazione del principio «chi inquina paga» ai sensi dell’articolo 191, paragrafo 2, primo comma, TFUE e dell’articolo 15 della direttiva sui rifiuti sarebbe vanificata se tali soggetti coinvolti nella produzione di rifiuti potessero sottrarsi ai loro obblighi finanziari come previsti dalla direttiva (9).

42.      Tali considerazioni sulla responsabilità finanziaria dei produttori di rifiuti assumono rilievo anche rispetto all’obbligo di sanzionare le violazioni. La sanzione deve gravare sul soggetto che ha causato la violazione. Gli Stati membri sono quindi tenuti ad adottare misure adeguate per identificare dette persone e infliggere loro sanzioni. Nel procedimento principale si dovrebbe quindi pensare in primis a coloro che hanno commesso le violazioni, direttamente o tramite terzi, e, eventualmente, alla persona che, all’epoca in cui le violazioni erano commesse, esercitava il potere di fatto sul fondo, verosimilmente gli eredi del locatario deceduto.

43.      Contrasterebbe invece con il principio «chi inquina paga» sanzionare persone per violazioni di cui non sono responsabili (10). Ciò non sarebbe neppure necessario e lederebbe pertanto il principio di proporzionalità (11) che deve essere rispettato in sede di attuazione del diritto dell’Unione (12). Tale principio vale, in base all’articolo 49, paragrafo 3, della Carta, per la misura della pena (13) ed è menzionato espressamente anche nell’articolo 36, paragrafo 2, secondo periodo, della direttiva sui rifiuti.

44.      Trattandosi di sanzioni assumono rilievo, inoltre, altri principi, quali il principio di legalità delle pene, nulla poena sine lege, ai sensi dell’articolo 49 paragrafo 1, primo periodo, della Carta, e la presunzione di innocenza sancita nell’articolo 48, paragrafo 1, della Carta. Nell’ambito della presunzione di innocenza si colloca anche il principio di colpevolezza, nulla poena sine culpa, che richiede che sussista una colpevolezza e quindi una responsabilità per la violazione (14).

45.      Tuttavia, occorre anche considerare che l’attuazione del principio di proporzionalità e del principio «chi inquina paga», in generale (15), e nell’ambito della sanzione delle violazioni, in particolare (16), è rimessa agli Stati membri che godono quindi di norma di un’ampia discrezionalità. Il controllo sull’esercizio di detta discrezionalità spetta in primis ai giudici nazionali.

2.      Sulla precisazione della contestazione

46.      Per stabilire la responsabilità del proprietario di un fondo per azioni compiute da terzi sul fondo concesso in locazione potrebbero essere prese in considerazione diverse categorie giuspenalistiche di partecipazione. Si potrebbe così pensare al concorso, all’istigazione, alla complicità oppure ‑ dopo il compimento del fatto ‑ al favoreggiamento o all’ostruzione della giustizia. Non sussistono tuttavia elementi indicanti che nel procedimento principale siano stati compiuti gli accertamenti a tal fine necessari.

47.      La sanzione viene invece fondata esclusivamente sul fatto che la TTK, pur essendo proprietaria del fondo, non avrebbe indicato l’identità dell’effettivo utilizzatore di quest’ultimo, né avrebbe dimostrato in modo inequivocabile di non essere responsabile delle violazioni.

48.      Spetta quindi anzitutto al giudice nazionale verificare se il diritto ungherese fondi effettivamente, in conformità del principio della legalità delle pene ai sensi dell’articolo 49, paragrafo 1, primo periodo, della Carta, in capo al proprietario del fondo, una responsabilità in tal senso.

49.      Come accennato anche nella domanda di pronuncia pregiudiziale, non sembra si debba necessariamente riconoscere un effetto siffatto alla disposizione ivi citata, l’articolo 102, paragrafo 1, della legge n. LIII del 1995 recante norme generali di protezione ambientale. La responsabilità di un danno o di un rischio ambientale è ivi imputata in solido su chi, dopo che si è verificato l’evento, è o diviene proprietario o possessore (utilizzatore) del fondo di cui trattasi.

50.      La suddetta formulazione include, riferendosi ai futuri proprietari e utilizzatori, persone che non hanno alcuna responsabilità per eventuali passate violazioni. Tale previsione, che si spinge oltre la disciplina della direttiva sulla responsabilità ambientale, può, a determinate condizioni, essere ammissibile con riferimento all’obiettivo di eliminazione del danno o alla prevenzione dei rischi (17). Nel caso di specie si discute tuttavia, non dell’eliminazione di danni ambientali o della prevenzione di rischi ambientali, bensì della sanzione di una violazione.

51.      Tuttavia, al fine di rispondere alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale, si deve ritenere che il diritto ungherese faccia gravare sul proprietario del fondo una responsabilità – sanzionata – per le violazioni commesse su quest’ultimo ove egli non indichi l’effettivo utilizzatore del fondo e non dimostri in modo inequivocabile di non essere responsabile.

52.      La sanzione si fonda quindi su una presunzione relativa.

3.      Sull’ammissibilità di presunzioni relative

53.      Elementi a favore dell’ammissibilità delle sanzioni fondate su una presunzione relativa si rinvengono nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa alla presunzione di innocenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della CEDU. Il principio in parola impone di contenere in limiti ragionevoli le presunzioni di fatto o di diritto che si riscontrano nelle leggi penali, fermo restando che occorre tener conto della gravità dell’offesa e rispettare i diritti della difesa (18). La Corte segue tale giurisprudenza (19).

54.      La responsabilità solidale del proprietario del fondo per la condotta del suo utilizzatore si fonda su due pilastri, vale a dire, da una parte, sull’ipotesi, verosimile, che il proprietario tolleri quantomeno o addirittura approvi tale condotta e, dall’altra, sugli obblighi di diligenza (20) connessi al suo diritto di proprietà. L’Autorità ispettiva generale nazionale, nelle sue argomentazioni, descrive questi ultimi nelle sue argomentazioni come facenti capo al principio del «bonus et diligens pater familias».

55.      Il suddetto doppio fondamento risulta, in particolare tenendo conto della discrezionalità riconosciuta agli Stati membri, compatibile con il principio «chi inquina paga», con il principio di proporzionalità e con la presunzione di innocenza. La violazione della direttiva sui rifiuti è stata infatti possibile, nel caso di specie, solo perché la TTK non ha esercitato i suoi diritti quale proprietaria al fine di impedirla.

56.      Accanto al fondamento di una siffatta presunzione devono tuttavia essere ricordati i diritti della difesa. L’accusato deve poter confutare la presunzione a suo carico (21).

57.      L’Ungheria sottolinea che il proprietario, a norma dell’articolo 102, paragrafo 2, della legge LIII, è liberato dalla responsabilità solidale se indica l’effettivo utilizzatore del fondo e prova in modo inequivocabile di non essere responsabile.

58.      Nel caso di specie l’Autorità ispettiva generale nazionale giunge alla conclusione che la TTK non soddisfa nessuno dei due suddetti requisiti e non ha quindi confutato la presunzione di responsabilità. Il locatario da essa indicato non poteva utilizzare effettivamente il fondo essendo, nel frattempo, deceduto, e la TKK non ha neppure provato in modo inequivocabile di non essere responsabile delle violazioni compiute sul fondo.

59.      L’Autorità ispettiva generale nazionale ritiene che tale conclusione sia giustificata in quanto scaturirebbe da una violazione degli obblighi di diligenza gravanti sul proprietario di un immobile. La TTK si sarebbe a lungo disinteressata di quello che accadeva sul suo terreno.

60.      Gli obblighi di diligenza devono però essere proporzionati e soprattutto ragionevoli (22). In base al principio di proporzionalità, infatti, una misura deve essere «idonea all’obiettivo da essa perseguito, necessaria e proporzionata» (23). Il requisito della ragionevolezza scaturisce qui dal terzo passaggio del suddetto esame, ossia da quello volto a stabilire se la misura, nel caso di specie l’obbligo di diligenza, sia proporzionata ossia idonea allo scopo da essa perseguito.

61.      Allo stesso modo, anche la confutazione di una presunzione fondata sui suddetti obblighi di diligenza deve restare ragionevole.

62.      I giudici ungheresi competenti devono pertanto verificare in maniera critica se le condizioni per la confutazione della presunzione di responsabilità del proprietario del fondo nel caso di specie siano effettivamente ragionevoli.

63.      Nella fattispecie di cui trattasi è dubbio, in particolare, se la TTK potesse fare di più che indicare il suo locatario. In forza del rapporto di locazione essa ha, infatti, perso il potere di fatto diretto sul fondo. A partire da quel momento, spettava al locatario evitare che vi si verificassero illeciti. Non è invece chiaro in che modo la TTK avrebbe potuto evitarne la commissione.

64.      In mancanza di elementi ulteriori, non si può neppure necessariamente ritenere che la proprietaria di un impianto affittato sia tenuta a controllare con regolarità ciò che ivi accade. In mancanza di disposizioni diverse nel diritto ungherese o nel contratto di locazione, controlli siffatti potrebbero spesso essere già in contrasto con i diritti del locatario.

65.      Né, a quanto pare, obblighi di diligenza e di controllo più stringenti devono necessariamente essere fatti scaturire dal decesso del locatario in quanto tale. Si deve infatti ritenere che siano i suoi eredi a subentrare, in prima battuta, negli obblighi e nei diritti derivanti dal contratto di locazione. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non si evince peraltro alcun elemento indicante che la TTK doveva essere informata del decesso del locatario.

66.      Nel caso di specie alcune linee d’indagine potrebbero giustificare obblighi di diligenza più estesi e, quindi, requisiti più stringenti per la confutazione della presunzione di responsabilità del proprietario. A tal fine, si potrebbe chiarire se il pagamento del canone di affitto abbia continuato ad avere luogo ed eventualmente da parte di chi. Potrebbe assumere rilievo anche il ruolo degli eredi del locatario. Potrebbero anche sussistere elementi indicanti che la TTK ha concluso un contratto di locazione solo simulato e/o consapevolmente con un prestanome. La domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene però alcuna indicazione in tal senso.

67.      Qualora il giudice nazionale dovesse comunque pervenire alla conclusione che la TTK non ha confutato la presunzione di responsabilità a suo carico, occorrerebbe infine, ad integrazione, osservare che anche la sanzione deve essere proporzionata, vale a dire ‑ in particolare ‑ adeguata. Essa deve quindi corrispondere al peso del contributo individuale alla causazione dell’evento o della violazione dell’obbligo di diligenza. Di norma, alla violazione degli obblighi di diligenza del proprietario di un fondo rispetto alla condotta dell’effettivo utilizzatore del fondo affittato non viene riconosciuto lo stesso peso attribuito alla violazione diretta di disposizioni in materia di rifiuti. Anche in caso di presunta corresponsabilità non sarebbe pertanto possibile infliggere al proprietario del fondo semplicemente la sanzione prevista per la violazione delle disposizioni in materia di rifiuti.

68.      Sintetizzando, si deve quindi ritenere che l’articolo 36, paragrafo 2, della direttiva sui rifiuti, il principio «chi inquina paga» di cui all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, il principio della proporzionalità della pena ai sensi dell’articolo 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali e la presunzione di innocenza ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 1, della Carta non ostano a che al proprietario di un fondo concesso in locazione sia inflitta una sanzione adeguata fondata sulla presunzione legale che questi sia responsabile – in solido con l’effettivo utilizzatore del fondo – della violazione di disposizioni in materia di rifiuti ivi verificatasi, a condizione che, in linea di principio, sia possibile confutare tale presunzione fornendo indicazioni ragionevoli.

C –    Sulla nozione di norme di protezione più rigorose

69.      La seconda questione, vertente sul diritto degli Stati membri di introdurre norme di protezione più rigorose, viene sollevata soltanto nell’eventualità che il principio «chi inquina paga» impedisca di sanzionare il proprietario del fondo.

70.      Ciò non può essere escluso qualora il diritto ungherese ammettesse una sanzione nei confronti del proprietario anche quando questi avesse fornito ogni indicazione ragionevole al fine di confutare la presunzione di responsabilità a suo carico o qualora la sanzione inflitta non fosse adeguata. È vero che, diversamente dalla direttiva sulla responsabilità ambientale, la direttiva sui rifiuti non contiene alcuna specifica disposizione in materia di misure più rigorose degli Stati membri; tuttavia, a norma dell’articolo 193 TFUE, disposizioni come quelle della direttiva sui rifiuti non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere e di adottare misure di protezione rafforzata.

71.      La Corte ha già stabilito in passato, in un’occasione, che il principio di proporzionalità non trova applicazione per quanto riguarda le misure di protezione rafforzata degli Stati membri (24). Se ne potrebbe dedurre che sanzioni più severe di quelle previste all’articolo 36, paragrafo 2, della direttiva sui rifiuti siano giustificate dall’articolo 193 TFUE.

72.      La facoltà di emanare misure di protezione rafforzata è però, in ogni caso, circoscritta dagli obiettivi della rispettiva disciplina di diritto dell’Unione che gli Stati membri non possono compromettere (25). E l’articolo 36, paragrafo 2, della direttiva sui rifiuti prevede esplicitamente che le sanzioni per la violazione di disposizioni in materia di rifiuti devono essere proporzionate. Non sarebbero quindi compatibili disposizioni «rafforzate» in materia di sanzioni che si fondino su requisiti irragionevoli o impongano pene inadeguate.

73.      L’articolo 193 TFUE non può quindi essere invocato dagli Stati membri come base giuridica al fine di imporre sanzioni per la violazione di obblighi in materia di rifiuti che si fondano su requisiti irragionevoli o risultano inadeguate.

V –    Conclusione

74.      Propongo pertanto di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale come segue:

1.      La direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale non si applica né alla sanzione di violazioni di obblighi in materia ambientale, né a un inquinamento atmosferico che non comporti un danno alle specie e agli habitat naturali protetti, alle acque o al terreno.

2.      L’articolo 36, paragrafo 2, della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, il principio «chi inquina paga» di cui all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, il principio della proporzionalità della pena ai sensi dell’articolo 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali e la presunzione di innocenza a norma dell’articolo 48, paragrafo 1, della Carta non ostano a che al proprietario di un fondo concesso in locazione sia inflitta una sanzione adeguata fondata sulla presunzione legale che questi sia responsabile – in solido con l’effettivo utilizzatore del fondo – della violazione di disposizioni in materia di rifiuti ivi verificatasi, a condizione che in linea di principio sia possibile confutare tale presunzione fornendo indicazioni ragionevoli.

3.      L’articolo 193 TFUE non può essere invocato dagli Stati membri come base giuridica al fine di imporre sanzioni per la violazione di obblighi in materia di rifiuti che si fondano su requisiti irragionevoli o risultano inadeguate.


1 –      Lingua originale: il tedesco.


2 –      V. sentenze del 29 aprile 1999, Standley e a. (C‑293/97, EU:C:1999:215); del 7 settembre 2004, Van de Walle e a. (C‑1/03, EU:C:2004:490); del 24 giugno 2008, Commune de Mesquer (C‑188/07, EU:C:2008:359); del 16 luglio 2009, Futura Immobiliare e a. (C‑254/08, EU:C:2009:479); del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑378/08, EU:C:2010:126, C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127), e del 4 marzo 2015, Fipa Group e a. (C‑534/13, EU:C:2015:140).


3 –      Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU 2004, L 143, pag. 56).


4 –      Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU 2008, L 312, pag. 3).


5 –      V. le sentenze del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑378/08, EU:C:2010:126, punto 46) ed ERG e a. (C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 39), nonché del 4 marzo 2015, Fipa Group e a. (C‑534/13, EU:C:2015:140, punto 42).


6 –      V., da ultimo, sentenze dell’11 febbraio 2015, Marktgemeinde Straßwalchen e a. (C‑531/13, EU:C:2015:79, punto 37), e del 13 ottobre 2016, M. e S. (C‑303/15, EU:C:2016:771, punto 16). V. anche sentenza del 26 settembre 2013, Texdata Software (C‑418/11, EU:C:2013:588, punti da 43 a 46).


7 –      Sentenza del 7 settembre 2004, Van de Walle e a. (C‑1/03, EU:C:2004:490, punto 56).


8 –      Sentenze del 7 settembre 2004, Van de Walle e a. (C‑1/03, EU:C:2004:490, punto 58), e del 24 giugno 2008, Commune de Mesquer (C‑188/07, EU:C:2008:359, punto 71).


9 –      Sentenza del 24 giugno 2008, Commune de Mesquer (C‑188/07, EU:C:2008:359, punto 72).


10 –      V. sentenza del 29 aprile 1999, Standley e a. (C‑293/97, EU:C:1999:215, punto 51).


11 –      Sentenza del 29 aprile 1999, Standley e a. (C‑293/97, EU:C:1999:215, punti 51 e 52).


12 –      Sentenza del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 86).


13 –      V. sentenza del 28 luglio 2016, JZ (C‑294/16 PPU, EU:C:2016:610, punto 42).


14 –      V. sentenze del 18 novembre 1987, Maizena e a. (137/85, EU:C:1987:493, punto 15), e dell’11 luglio 2002, Käserei Champignon Hofmeister (C‑210/00, EU:C:2002:440, punti 35 e 44). V. anche le mie conclusioni nella causa Schenker e a. (C‑681/11, EU:C:2013:126, paragrafi 40 e 41).


15 –      Sentenze del 16 luglio 2009, Futura Immobiliare e a. (C‑254/08, EU:C:2009:479, punti 48, 52 e 55), e del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑378/08, EU:C:2010:126, punto 55).


16 –      Sentenza del 23 ottobre 2007, Commissione/Consiglio (C‑440/05, EU:C:2007:625, punto 70), v. anche articolo 83, paragrafo 2, TFUE.


17 –      V. le mie conclusioni nella causa Fipa Group e a. (C‑534/13, EU:C:2014:2393, paragrafi 60 e 61) e nelle cause ERG e a. (C‑378/08, C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2009:650, paragrafi da 130 a 138).


18 –      Sentenze della Corte eur. D.U. del 7 ottobre 1988, Salabiaku/Francia (10519/83, CE:ECHR:1988:1007JUD001051983, § 28); del 25 settembre 1992, Pham Hoang/Francia (13191/87, CE:ECHR:1992:0925JUD001319187, § 33), e del 30 marzo 2004, Radio France e a./Francia (53984/00, CE:ECHR:2004:0330JUD005398400, § 24).


19 –      Sentenza del 23 dicembre 2009, Spector Photo Group e Van Raemdonck (C‑45/08, EU:C:2009:806, punto 43). V., in precedenza, la sentenza del 10 luglio 1990, Hansen (C‑326/88, EU:C:1990:291, punto 19).


20 –      V. sentenza della Corte eur. D.U. del 30 marzo 2004, Radio France e a./Francia (53984/00, CE:ECHR:2004:0330JUD005398400, § 24).


21 –      Sentenza del 23 dicembre 2009, Spector Photo Group e Van Raemdonck (C‑45/08, EU:C:2009:806, punto 44). V., inoltre, sentenze del 16 luglio 2009, Rubach (C‑344/08, EU:C:2009:482, punto 33); dell’8 maggio 2013, Eni/Commissione (C‑508/11 P, EU:C:2013:289, punto 50); del 5 marzo 2015, Commissione e a./Versalis e a. (C‑93/13 P e C‑123/13 P, EU:C:2015:150, punto 46), e del 21 gennaio 2016, Eturas e a. (C‑74/14, EU:C:2016:42, punto 41).


22 –      V. in tal senso sentenze del 21 dicembre 2011, Vlaamse Oliemaatschappij, C‑499/10, EU:C:2011:871, punti da 24 a 26), e del 2 giugno 2016, Kapnoviomichania Karelia (C‑81/15, EU:C:2016:398, punti 50, 52 e 53).


23 –      V. le mie conclusioni nella causa G4S Secure Solutions (C‑157/15, EU:C:2016:382, paragrafo 98), in linea con il Conseil constitutionnel francese, sentenze n. 2015-527 QPC del 22 dicembre 2015 (FR:CC:2015:2015.527.QPC, punti 4 e 12) e n. 2016-536 QPC del 19 febbraio 2016 (FR:CC:2016:2016.536.QPC, punti 3 e 10); in senso analogo il Conseil d’État francese, sentenza n. 317827 del 26 ottobre 2011 (FR:CEASS:2011:317827.20111026); v. anche il Bundesverfassungsgericht tedesco, BVerfGE 120, 274, 318 e 319. (DE:BVerfG:2008:rs20080227.1bvr037007, punto 218).


24 –      Sentenza del 14 aprile 2005, Deponiezweckverband Eiterköpfe (C‑6/03, EU:C:2005:222, punto 63). V. però sentenza del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punti 66 e 86).


25 –      Sentenze del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 66); del 21 luglio 2011, Azienda Agro‑Zootecnica Franchini ed Eolica di Altamura (C‑2/10, EU:C:2011:502, punto 50), e del 26 febbraio 2015, ŠKO‑Energo (C‑43/14, EU:C:2015:120, punto 25). V. anche le mie conclusioni nelle cause ERG e a. (C‑378/08, C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2009:650, paragrafi da 96 a 115).