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Domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata dal Budai Központi Kerületi Bíróság (tribunale distrettuale centrale di Buda, Ungheria) il 16 maggio 2017 — Zoltán Rózsavölgyi e Zoltánné Rózsavölgyi / Unicredit Leasing Hungary Zrt. e Unicredit Leasing Immo Truck Zrt.

(Causa C-259/17)

Lingua del procedimento: l’ungherese

Giudice del rinvio

Budai Központi Kerületi Bíróság (tribunale distrettuale centrale di Buda)

Oggetto del procedimento principale

Ricorrenti: Zoltán Rózsavölgyi e Zoltánné Rózsavölgyi

Convenute: UniCredit Leasing Hungary Zrt. e Unicredit Leasing Immo Truck Zrt.

Questioni pregiudiziali

Tenuto conto in particolare che, quando la definizione dell’oggetto principale del contratto viene qualificata abusiva, ciò comporta l’invalidità totale (e non parziale) del contratto stesso, ci si chiede se la dichiarazione di nullità della clausola, in quanto abusiva, che definisce l’oggetto principale di un contratto di mutuo (dichiarazione a seguito della quale tale clausola non dovrebbe più far sorgere obblighi in capo al consumatore), possa determinare (ad esempio, mediante l’applicazione di una decisione giudiziaria, di un effetto giuridico di carattere speciale previsto in una norma giuridica nazionale, di una disposizione normativa o di quanto disposto in una decisione giudiziaria resa per uniformare la dottrina) la modifica, sostanziale o relativamente agli effetti, della qualificazione giuridica del contratto, come se, in sostanza, un contratto di mutuo stipulato in valuta estera (in cui i crediti derivanti dal contratto di mutuo siano determinati e registrati in valuta estera ― in prosieguo: la «valuta di credito» ― e l’obbligo di pagare tali crediti venga soddisfatto nella valuta nazionale ― in prosieguo: la «valuta dell’adempimento» ―) venisse considerato alla stregua di un contratto di mutuo stipulato in fiorini.

1.1 Ipotizzando che la dichiarazione di nullità della clausola, in quanto abusiva, che definisce l’oggetto principale di un contratto di mutuo possa determinare una modifica, sostanziale o relativamente agli effetti, della qualificazione giuridica del contratto, ci si chiede se tale modifica della qualificazione giuridica possa comportare (ad esempio, mediante l’applicazione di una decisione giudiziaria, di un effetto giuridico di carattere speciale previsto in una norma giuridica nazionale, di una disposizione normativa o di quanto disposto in una decisione giudiziaria resa per uniformare la dottrina) modifiche a determinati parametri economicamente rilevanti del rapporto giuridico, anche a danno del consumatore (ad esempio, l’applicazione retroattiva del tasso d’interesse di base della banca centrale o del tasso d’interesse di mercato applicato ai mutui stipulati in fiorini in luogo del tasso d’interesse più basso stabilito nel contratto).

Se la conseguenza giuridica del carattere abusivo abbia effetti assoluti e costituisca una questione meramente giuridica, ovvero se, nel trarre le conseguenze giuridiche del carattere abusivo, sia opportuno attribuire rilevanza:

alla prassi contrattuale seguita in altri tipi di contratto diversi da quello che abbia carattere abusivo;

alla presunta vulnerabilità di alcuni operatori direttamente interessati dal punto di vista economico (ad esempio, nel caso dei mutui stipulati in valuta estera, l’insieme di debitori di somme denominate in valuta estera e il sistema bancario); ovvero

agli interessi di determinati terzi o gruppi non interessati direttamente dal punto di vista economico, ad esempio, alla circostanza che, a seguito della nullità, i membri dell’insieme di debitori di somme denominate in valuta estera in definitiva possano trovarsi, alla luce del rendiconto numerico, in una situazione persino prevalentemente migliore rispetto ai membri dell’insieme di debitori di somme denominate in fiorini.

Se possa ritenersi, ai sensi e per gli effetti degli articoli 3, paragrafo 1, 4, paragrafo 2, 5 e 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE 1 (ossia, della valutazione del carattere abusivo e del relativo effetto giuridico), che la disposizione contrattuale con la quale viene attribuita al consumatore l’assunzione del rischio di cambio (ossia la clausola o il complesso di clausole del contratto che disciplinano l’assunzione del rischio) sia suddivisa in varie clausole;

Se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE (ai sensi del quale le clausole abusive non vincolano il consumatore) debba essere interpretato nel senso che una determinata clausola (non un passaggio specifico della stessa, ma l’intera clausola esaminata) può essere sia integralmente abusiva sia, al contempo, in parte abusiva e in parte non abusiva, e risultare cionondimeno parzialmente applicabile, ossia, che tale clausola (ad esempio, in base alla valutazione del giudice del caso concreto) può vincolare in una certa misura il consumatore (vale a dire che, per quanto riguarda i suoi effetti, in entrambi i casi la clausola è abusiva soltanto in una certa misura), ad esempio, mediante l’applicazione di una decisione giudiziaria, di un effetto giuridico di carattere speciale previsto in una norma giuridica nazionale, di una disposizione normativa o di quanto disposto in una decisione giudiziaria resa per uniformare la dottrina.

4.1 Ipotizzando che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE debba essere interpretato nel senso che una determinata clausola può essere sia integralmente abusiva, sia, al contempo, in parte abusiva e in parte non abusiva, e risultare cionondimeno parzialmente applicabile, ossia, che tale clausola può vincolare in una certa misura il consumatore (vale a dire che, per quanto riguarda i suoi effetti, in entrambi i casi la clausola è abusiva soltanto in una certa misura), ci si chiede se la dichiarazione di nullità dell’intero contratto di mutuo in ragione del carattere abusivo della clausola esaminata, che definisce l’oggetto principale del contratto, possa comportare che, alla luce del rendiconto numerico, il consumatore si trovi in una condizione complessivamente peggiore mentre il contraente professionista si trovi in una situazione migliore rispetto a quella in cui entrambi si troverebbero se, per la medesima causa, il contratto di mutuo venisse dichiarato soltanto parzialmente abusivo (nel qual caso le altre clausole del contratto continuerebbero a vincolare le parti, mantenendo invariato il relativo contenuto).

5.1 Se debba ritenersi non abusiva, ossia chiara e comprensibile, tenuto conto delle conseguenze economiche, una clausola contrattuale che attribuisce al consumatore il rischio di cambio, formulata (in quanto condizione generale del contratto utilizzata dal contraente professionista e non oggetto di negoziazione individuale) sulla base dell’obbligo di informativa previsto dalla legge, necessariamente in termini generali, la quale tuttavia non indica espressamente che l’importo delle quote da rimborsare, che devono essere versate in forza del contratto di mutuo, potrà essere superiore all’ammontare dei redditi del consumatore accertati nell’ambito dell’esame della solvibilità effettuato dal contraente professionista, tenendo altresì conto del fatto che la norma nazionale applicabile richiede che il rischio sia specificato per iscritto, e non la mera dichiarazione dell’esistenza di un rischio e la relativa attribuzione, e, inoltre, che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato, al punto 74 della sentenza dalla stessa pronunciata nella causa C-26/13, che, non solo il contraente professionista è tenuto a far conoscere il rischio al consumatore, ma è altresì necessario che, grazie all’informazione ricevuta, il consumatore possa valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative per lo stesso, derivanti dal rischio di cambio che gli venga attribuito e, pertanto, il costo totale del suo mutuo.

5.2 Se debba ritenersi non abusiva, ossia chiara e comprensibile, tenuto conto delle conseguenze economiche, una clausola contrattuale che attribuisce al consumatore il rischio di cambio, formulata (in quanto condizione generale del contratto utilizzata dal contraente professionista e non oggetto di negoziazione individuale) sulla base dell’obbligo di informativa previsto dalla legge, necessariamente in termini generali, la quale tuttavia non indica espressamente che l’importo del capitale residuo di volta in volta dovuto in forza del contratto di mutuo potrà essere superiore all’ammontare del patrimonio di cui dispone il consumatore per coprire il debito, accertato nell’ambito dell’esame della solvibilità effettuato dal contraente professionista, tenendo altresì conto del fatto che la norma nazionale applicabile richiede che il rischio sia specificato per iscritto, e non la mera dichiarazione dell’esistenza di un rischio e la relativa attribuzione, e, inoltre, che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato, al punto 74 della sentenza dalla stessa pronunciata nella causa C-26/13, che, non solo il contraente professionista è tenuto a far conoscere il rischio al consumatore, ma è altresì necessario che, grazie all’informazione ricevuta, il consumatore possa valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative per lo stesso, derivanti dal rischio di cambio che gli venga attribuito e, pertanto, il costo totale del suo mutuo.

5.3 Se debba ritenersi non abusiva, ossia chiara e comprensibile, tenuto conto delle conseguenze economiche, una clausola contrattuale che attribuisce al consumatore il rischio di cambio, formulata (in quanto condizione generale del contratto utilizzata dal contraente professionista e non oggetto di negoziazione individuale) sulla base dell’obbligo di informativa previsto dalla legge, necessariamente in termini generali, la quale tuttavia non indica espressamente che 1) le variazioni del tasso di cambio non prevedono un limite massimo; 2) la possibilità che il tasso di cambio possa variare è concreta, ossia, può verificarsi durante la vigenza del contratto di mutuo; 3) per tale motivo, l’importo delle quote da rimborsare può aumentare in modo illimitato; 4) come conseguenza delle variazioni del tasso di cambio, non soltanto l’importo delle quote da rimborsare, ma anche quello del capitale dovuto può aumentare in modo illimitato; 5) l’entità delle possibili perdite è illimitata; 6) le misure di sicurezza necessarie hanno effetti limitati e richiedono un’attenzione costante; 7) il contraente professionista non si fa carico di prestare la suddetta attenzione; tenendo altresì conto del fatto che la norma nazionale applicabile richiede che il rischio sia specificato per iscritto, e non la mera dichiarazione dell’esistenza di un rischio e la relativa attribuzione, e inoltre, che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato, al punto 74 della sentenza dalla stessa pronunciata nella causa C-26/13, che, non solo il contraente professionista è tenuto a far conoscere il rischio al consumatore, ma è altresì necessario che, grazie all’informazione ricevuta, il consumatore possa valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative per lo stesso, derivanti dal rischio di cambio che gli venga attribuito e, pertanto, il costo totale del suo mutuo.

5.4 Tenendo in considerazione in particolare che è ipotizzabile, o addirittura si è verificato, che nella giurisprudenza o nella normativa nazionale si sia giunti alla conclusione che, nel caso di mutui stipulati in valuta estera, il consumatore abbia contratto il debito in valuta estera poiché il tasso di interesse applicabile nel periodo di riferimento era più favorevole rispetto a quello dei mutui stipulati in fiorini e si sia, a fronte di ciò, fatto carico in via esclusiva degli effetti delle variazioni del tasso di cambio; che è parimenti ipotizzabile, o addirittura si è verificato, che nella giurisprudenza o nella legislazione nazionale si sia giunti alla conclusione che il trasferimento degli oneri contrattuali ad una delle parti dopo la conclusione del contratto di mutuo ― imprevedibile a priori― non possa essere valutato in base ai criteri del carattere abusivo, posto che le cause di nullità devono sussistere al momento della conclusione del contratto; tenendo altresì conto del fatto che la norma nazionale applicabile richiede che il rischio sia specificato per iscritto, e non la mera dichiarazione dell’esistenza del rischio e la relativa attribuzione e, inoltre, che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato, al punto 74 della sentenza dalla stessa pronunciata nella causa C-26/13, che il contraente professionista è tenuto non solo a far conoscere il rischio al consumatore, ma deve consentire allo stesso di valutare il rischio, ci si chiede se debba ritenersi non abusiva, vale a dire chiara e comprensibile, tenuto conto delle conseguenze economiche, una clausola contrattuale che attribuisce al consumatore il rischio di cambio, formulata e utilizzata (in quanto condizione generale del contratto e non oggetto di negoziazione individuale) dal contraente professionista sulla base dell’obbligo di informativa previsto dalla legge, necessariamente in termini generali, la quale tuttavia non indica espressamente l’andamento prevedibile della variazione del tasso di cambio durante la vigenza del contratto (almeno durante il relativo periodo iniziale) né i valori minimi e/o massimi (ad esempio, sulla base del metodo di calcolo del tasso di cambio forward e/o del principio della parità dei tassi di interesse - in base al quale, ai fini dei mutui stipulati in valuta estera, occorre prevedere con margini di certezza molto attendibili che un vantaggio in termini di tassi d’interesse, vale a dire, la circostanza che il tasso d’interesse LIBOR [London Interbank Offered Rate] o EURIBOR [Euro Interbank Offered Rate] sia inferiore rispetto al tasso d’interesse BUBOR [Budapest Interbank Offered Rate] si tradurrà in una perdita in termini di tasso di cambio per il consumatore, ossia, che il tasso di cambio della valuta dell’adempimento risulterà peggiorativo rispetto al tasso di cambio della valuta del credito -).

5.5 Se debba ritenersi non abusiva, ossia chiara e comprensibile, tenuto conto delle conseguenze economiche, una clausola contrattuale che attribuisce al consumatore il rischio di cambio, formulata (in quanto condizione generale del contratto utilizzata dal contraente professionista e non oggetto di negoziazione individuale) sulla base dell’obbligo di informativa previsto dalla legge, necessariamente in termini generali, la quale tuttavia non indica espressamente, in modo preciso (ad esempio, quantificando attraverso una serie di dati o mediante un grafico l’evoluzione, nel passato, del rapporto tra i tassi di cambio della valuta dell’adempimento e quelli della valuta di credito per un lasso di tempo almeno pari al periodo di vigenza accettato dal consumatore), il rischio concreto per il debitore che deriverà prevedibilmente dall’attribuzione del rischio di cambio al consumatore, tenendo altresì conto del fatto che la norma nazionale applicabile richiede che il rischio sia specificato per iscritto, e non la mera dichiarazione dell’esistenza di un rischio e la relativa attribuzione e, inoltre, che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato, al punto 74 della sentenza dalla stessa pronunciata nella causa C-26/13, che, non solo il contraente professionista è tenuto a far conoscere il rischio al consumatore, ma è altresì necessario che, grazie all’informazione ricevuta, il consumatore possa valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative per lo stesso, derivanti dal rischio di cambio che gli venga attribuito e, pertanto, il costo totale del suo mutuo.

5.6 Tenendo in considerazione in particolare che è ipotizzabile, o addirittura si è verificato, che nella giurisprudenza o nella normativa nazionale si sia giunti alla conclusione che, nel caso di mutui stipulati in valuta estera, il consumatore abbia contratto il debito in valuta estera poiché il tasso di interesse applicabile nel periodo di riferimento era più favorevole rispetto a quello dei mutui stipulati in fiorini e si sia, a fronte di ciò, fatto carico in via esclusiva degli effetti delle variazioni del tasso di cambio; e tenendo altresì conto del fatto che la norma nazionale applicabile richiede che il rischio sia specificato per iscritto, e non la mera dichiarazione dell’esistenza di un rischio e la relativa attribuzione e, inoltre, che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato, al punto 74 della sentenza dalla stessa pronunciata nella causa C-26/13, che il contraente professionista è tenuto non solo a far conoscere il rischio al consumatore, ma deve altresì consentire allo stesso di valutare il rischio, ci si chiede se debba ritenersi non abusiva, vale a dire chiara e comprensibile, tenuto conto delle conseguenze economiche, una clausola contrattuale che attribuisce al consumatore il rischio di cambio, formulata (in quanto condizione generale del contratto utilizzata dal contraente professionista e non oggetto di negoziazione individuale) sulla base dell’obbligo di informativa previsto dalla legge, necessariamente in termini generali, la quale tuttavia non indica espressamente, in modo preciso (ad esempio, in modo espresso e quantificato sulla base dei dati pregressi per un lasso di tempo almeno pari al periodo di vigenza accettato dal consumatore), la quantità dei benefici che possono prevedibilmente derivare dai tassi d’interesse applicando il BUBOR nel caso dei mutui stipulati in fiorini e il LIBOR o l’EURIBOR nel caso dei mutui stipulati in valuta estera.

In relazione alla valutazione del carattere non abusivo di una clausola contrattuale che attribuisce al consumatore il rischio di cambio, formulata (in quanto condizione generale del contratto utilizzata dal contraente professionista e non oggetto di negoziazione individuale), sulla base dell’obbligo di informativa previsto dalla legge, necessariamente in termini generali, ci si chiede come debba essere ripartito l’onere della prova tra il consumatore e il contraente professionista al fine di valutare se il consumatore abbia avuto effettivamente la possibilità di conoscere, prima della conclusione del contratto di mutuo, la clausola in questione alla quale abbia aderito in modo irrefragabile (articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13/CEE e punto 1, lettera i), del relativo allegato).

Se debba ritenersi che ai fini dei contratti di mutuo stipulati in valuta estera, ossia ai fini di transazioni relative a servizi il cui prezzo è vincolato alle fluttuazioni del tasso di cambio nel mercato finanziario gli istituti di credito che stipulino un contratto con un consumatore utilizzando il proprio tasso di cambio in valuta estera siano professionisti che non controllano l’andamento del prezzo, ai sensi del punto 2, lettera c), dell’allegato della direttiva 93/13/CEE.

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1 Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).