Language of document : ECLI:EU:C:2012:753

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 27 novembre 2012 (1)

Causa C‑85/11

Commissione europea

contro

Irlanda

«IVA – Articoli 9 e 11 della direttiva 2006/112/CE – Disposizioni nazionali che consentono ai soggetti non imponibili di essere membri di un gruppo IVA – Compatibilità con la normativa dell’Unione europea in materia di IVA»





I –    Introduzione

1.        Nel presente procedimento, la Commissione chiede alla Corte di dichiarare che l’Irlanda, consentendo ai soggetti non imponibili di essere membri di un gruppo d’imposta sul valore aggiunto (IVA) (un unico soggetto passivo ai fini IVA), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 9 e 11 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «direttiva IVA») (2).

2.        Parallelamente al presente procedimento, la Commissione ha proposto un ricorso per inadempimento avverso il Regno di Svezia per la violazione dell’articolo 11 della direttiva IVA, ma per motivi diversi. Risponderò a questa censura in conclusioni separate.

II – Ambito normativo

A –    Diritto dell’Unione europea

3.        L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA definisce come segue la nozione di soggetto passivo ai fini dell’IVA:

«1. Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità».

4.        L’articolo 11 della direttiva IVA prevede quanto segue in materia di trattamento di più persone come un’unica entità ai fini dell’amministrazione dell’imposta («IVA di gruppo»):

«Previa consultazione del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto (in seguito denominato “comitato IVA”), ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

Uno Stato membro che esercita l’opzione prevista al primo comma può adottare le misure necessarie a prevenire l’elusione o l’evasione fiscale mediante l’esercizio di tale disposizione».

B –    Normativa nazionale

5.        L’articolo 15 della legge consolidata relativa all’imposta sul valore aggiunto del 2010 (Value Added Tax Consolidation Act 2010), che ha ripreso, in sostanza, le disposizioni dell’articolo 8, paragrafo 8, della legge relativa all’imposta sul valore aggiunto del 1972 (Value Added Tax Act 1972), quale modificata, prevede quanto segue: (3)

«(1)      Salvo quanto disposto al paragrafo 2, qualora l’amministrazione finanziaria abbia accertato che due o più soggetti stabiliti nello Stato, di cui almeno uno sia un soggetto passivo, siano strettamente vincolati sul piano finanziario, economico ed organizzativo e ciò sembri per essi necessario o opportuno al fine di un’amministrazione dell’imposta efficiente ed efficace (compresa la riscossione), la suddetta amministrazione finanziaria può, ai fini della presente legge e in seguito o meno ad una domanda in nome di tali soggetti:

(a)       mediante avviso scritto (...) informare ognuno di detti soggetti che essi sono equiparati ad un unico soggetto passivo (...); i soggetti in tal modo informati verranno quindi considerati come facenti parte [di un gruppo IVA] fintantoché il presente paragrafo sarà loro applicabile, mentre l’articolo 65 si applica a ciascun membro del gruppo [IVA], e

(i) uno di questi soggetti, adeguatamente informato dall’amministrazione finanziaria, è ritenuto responsabile dell’osservanza delle disposizioni della presente legge per il gruppo [IVA], e

(ii) tutti i diritti e gli obblighi derivanti dalla presente legge con riguardo alle operazioni del gruppo [IVA] sono determinati in modo corrispondente,

nonché

(b)       rendere ciascun soggetto del gruppo [IVA] congiuntamente e solidalmente responsabile dell’osservanza della presente legge e dei regolamenti (comprese le disposizioni che prescrivono il pagamento dell’imposta) che si applicano a ciascuno di essi e sottoporlo alle sanzioni previste dalla presente legge alle quali sarebbe assoggettato se il singolo soggetto fosse tenuto a pagare all’amministrazione finanziaria l’intero importo dell’imposta esigibile, indipendentemente dal regime previsto dal presente articolo, nei confronti di ognuno di tali soggetti».

(…)».

III – Fase precontenziosa e procedimento dinanzi alla Corte

6.        Il 18 settembre 2008 la Commissione inviava una lettera di diffida all’Irlanda, sottolineando l’incompatibilità di diverse disposizioni della normativa irlandese con gli articoli 9 e 11 della direttiva IVA, in quanto consentivano a soggetti non imponibili di essere membri di un gruppo IVA.

7.        Le autorità irlandesi rispondevano con lettera del 27 gennaio 2009, sostenendo che, a loro avviso, la normativa irlandese era compatibile con la direttiva IVA.

8.        Il 20 novembre 2009 la Commissione indirizzava all’Irlanda un parere motivato, ribadendo la sua posizione. L’Irlanda rispondeva con lettera del 19 gennaio 2010, nella quale insisteva sulla correttezza della sua interpretazione della direttiva IVA.

9.        Non soddisfatta della replica dell’Irlanda, la Commissione avviava il presente ricorso per inadempimento, proposto alla Corte il 24 febbraio 2011. Il Regno di Danimarca, la Repubblica ceca, la Repubblica di Finlandia e il Regno Unito sono tutti intervenuti a sostegno dell’Irlanda. Questi Stati membri e la Commissione hanno partecipato all’udienza tenuta il 5 settembre 2012.

10.      L’Irlanda chiede alla Corte di respingere il ricorso in quanto irricevibile, adducendo come motivazione il fatto che l’oggetto della domanda eccede la censura formulata dalla Commissione nel procedimento amministrativo. In alternativa, l’Irlanda chiede il rigetto del ricorso in quanto infondato.

IV – Ricevibilità del ricorso

11.      L’Irlanda fa valere che la dichiarazione formale chiesta dalla Commissione alla Corte è significativamente diversa dalla censura originaria formulata avverso l’Irlanda nella lettera di diffida. L’Irlanda sostiene che la censura originaria della Commissione era limitata all’argomento secondo il quale, ai sensi di un’interpretazione corretta degli articoli 9 e 11 della direttiva IVA, un soggetto non imponibile non può «far parte» di un gruppo IVA. L’Irlanda afferma inoltre che questa era la censura alla quale ha risposto nella sua replica alla diffida, e che la censura della Commissione restava così limitata nel parere motivato. Per contro, nel procedimento dinanzi alla Corte, la Commissione addebita all’Irlanda la violazione degli articoli 9 e 11 della direttiva IVA «consentendo a soggetti non imponibili di far parte di un gruppo IVA».

12.      L’Irlanda oppone che, se le affermazioni della Commissione fossero corrette, si chiederebbe all’Irlanda non solo di disciplinare e controllare la formazione di gruppi IVA al fine di escluderne completamente soggetti non imponibili, bensì anche di continuare a verificare gruppi approvati già esistenti. Per l’Irlanda, ciò significa che le accuse mosse dalla Commissione hanno una portata più ampia di quelle formulate nella fase amministrativa, mentre all’Irlanda non è stata concessa l’opportunità di commentare in tale fase le implicazioni della censura più ampia che, a suo avviso, non sono insignificanti.

13.      Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, una domanda deve essere fondata sulle stesse ragioni e gli stessi motivi del parere motivato (4). Nei limiti in cui una censura non è stata menzionata nel parere motivato, essa non può essere dichiarata ricevibile nel procedimento dinanzi alla Corte.

14.      Tuttavia, come osservato dalla Corte nella sentenza del 18 novembre 2010, Commissione/Portogallo, C‑458/08, tale esigenza non può giungere fino al punto di imporre in ogni caso una perfetta coincidenza tra l’esposizione degli addebiti nel dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, purché l’oggetto della controversia, come definito nel parere motivato, non sia stato ampliato o modificato (5).

15.      Il presente ricorso per inadempimento verte innanzitutto sull’interpretazione dell’articolo 11 della direttiva IVA. Il paragrafo 1 di detto articolo offre agli Stati membri l’opzione di considerare persone indipendenti come un unico soggetto passivo. Ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 11, uno Stato membro che esercita l’opzione prevista al primo paragrafo può adottare le misure necessarie per prevenire l’elusione o l’evasione fiscale.

16.      Pertanto, l’applicabilità dell’articolo 11 della direttiva IVA non dipende dalla circostanza se vi sia questione di entrare nel gruppo o di farne parte. Il secondo paragrafo dell'articolo 11 consente semplicemente agli Stati membri di adottare i provvedimenti necessari per evitare l'elusione o l’evasione fiscale. In altri termini, l’articolo 11 della direttiva IVA contiene presupposti fondamentali tassativi affinché persone distinte siano considerate come un unico soggetto passivo, e questa è la questione su cui verte il ricorso per inadempimento.

17.      Nella fattispecie in esame, la nuova formulazione della censura nel ricorso non ampliava, modificava o neppure limitava l’oggetto del procedimento come definito nel parere motivato. Essa non ha avuto alcun effetto sui diritti di difesa dell’Irlanda, in quanto il ricorso proposto dalla Commissione riguarda chi possa essere membro di un gruppo IVA, e non il controllo di siffatti gruppi ad opera delle autorità degli Stati membri.

18.      Pertanto, la circostanza che il parere motivato della Commissione non operasse alcuna distinzione tra l’ingresso in gruppi IVA di soggetti non imponibili e la continuazione della partecipazione ai medesimi di soggetti non imponibili non implica che la Commissione abbia introdotto una censura nuova che la Corte non può esaminare.

19.      L’eccezione d’irricevibilità deve dunque essere respinta.

V –    Argomenti delle parti

20.      La controversia tra la Commissione e l’Irlanda può essere riassunta come segue.

21.      La Commissione sostiene che, sebbene il termine «soggetto passivo» non compaia nell’articolo 11 della direttiva IVA dopo le parole «persone», è implicito in tale articolo che questa disposizione include solo «soggetti passivi», come definiti all’articolo 9 della medesima direttiva IVA. In caso contrario, un gruppo IVA potrebbe consistere esclusivamente di soggetti non imponibili. Per la Commissione la nozione di «gruppo» implica che tutte le persone nel gruppo di cui all’articolo 11 devono appartenere alla stessa categoria ai fini IVA. Inoltre, atteso che l’articolo 11 deroga alla norma generale secondo la quale ogni soggetto passivo deve essere trattato come un’entità distinta, esso deve essere interpretato restrittivamente.

22.      La Commissione fa valere che la sua interpretazione dell’articolo 11 della direttiva IVA corrisponde agli obiettivi principali delle disposizioni relative all’IVA di gruppo, che sono la semplificazione amministrativa e la lotta alle pratiche abusive. La semplificazione consiste innanzitutto nello sgravio da oneri amministrativi e contabili derivanti dalla compilazione di moduli e domande di rimborso IVA individuali. Atteso che solo i soggetti passivi sono tenuti a presentare detti moduli e domande, l’obiettivo di semplificazione non può giustificare l’inclusione di soggetti non imponibili in un gruppo IVA. Riguardo alle pratiche abusive, la relazione alla proposta per la sesta direttiva IVA menziona solo l’obiettivo di impedire agli operatori economici di avvalersi delle soglie minime di tassazione ripartendo un'unica impresa in diverse persone separate. La Commissione sembra suggerire che ciò esclude qualsiasi ruolo per soggetti non imponibili. Essa sostiene inoltre, tuttavia, che l’articolo 11 non può essere utilizzato come strumento per combattere l’elusione o l’evasione fiscale (6) consentendo, ad esempio, a società holding che non sono soggetti passivi ai sensi dell’articolo 9 di essere ricompresi in un gruppo IVA ai sensi dell’articolo 11.

23.      Inoltre, la Commissione fa valere che la sua censura è sostenuta, seppure indirettamente, dalla giurisprudenza della Corte e, segnatamente, dalla sentenza del 22 maggio 2008, Ampliscientifica, C‑162/07. In detta sentenza, la Corte ha dichiarato che la conseguenza fondamentale dell’applicazione dell’IVA di gruppo era di autorizzare «i soggetti, segnatamente le società, caratterizzati da vincoli di carattere finanziario, economico e organizzativo, a non essere più considerati quali soggetti passivi distinti ai fini dell’IVA per essere considerati quale unico soggetto passivo» (7). A giudizio della Commissione, questo passo, insieme alle conclusioni presentate dall’avvocato generale van Gerven per la sentenza del 20 giugno 1991, Polysar, C‑60/90, (8) riflette la tesi secondo la quale soltanto soggetti passivi possono essere membri di un «unico soggetto passivo».

24.      Da parte sua, l’Irlanda sostiene che l’articolo 11 della direttiva IVA deve essere interpretato letteralmente, e che l’uso del termine «persone» senza l’aggettivo «imponibili», ad opera del legislatore, era deliberato. Se il legislatore nell’articolo 11 avesse voluto riferirsi ai soggetti passivi, avrebbe inserito questo temine nella direttiva di rifusione IVA.

25.      L’Irlanda afferma che la nozione di «IVA di gruppo» sostenuta dalla Commissione è meramente descrittiva, e non viene utilizzata nella direttiva IVA. Essa non può dunque costituire il fondamento per l’interpretazione dell’articolo 11 della direttiva IVA. Inoltre, mentre è teoricamente possibile che un gruppo IVA consista unicamente di soggetti non imponibili, ciò è del tutto improbabile e, per di più, espressamente vietato dalla normativa irlandese (9).

26.      L’Irlanda fa valere che l’aggiunta di un secondo paragrafo all’articolo 11 della direttiva IVA ha ampliato lo scopo della disposizione di consentire agli Stati membri di adottare misure in relazione ai gruppi IVA al fine di lottare contro le pratiche abusive, di semplificare l’amministrazione dell’IVA e prevenire elusione ed evasione fiscale (10). L’Irlanda sottolinea che consentire a soggetti non imponibili, segnatamente a società holding (11), di essere membri di un gruppo IVA può favorire la prevenzione di elusione e/o evasione fiscale. Siffatti vantaggi, secondo l’Irlanda, comprendono la possibilità di imporre una responsabilità in solido ad una società holding quando società operative di un gruppo incontrano difficoltà per il pagamento dell’IVA dovuta.

27.      Infine, l’Irlanda contesta la rilevanza della giurisprudenza invocata dalla Commissione. La questione se solo soggetti passivi possano essere membri di un gruppo IVA non era all’esame della Corte nella sentenza Ampliscientifica. Per quanto concerne le conclusioni presentate dall’avvocato generale Van Gerven per la sentenza Polysar, l’Irlanda osserva che la Corte ha deciso di non conformarsi ad esse né in detta causa, né nelle sue sentenze successive del 20 giugno 1996, Wellcome Trust, C‑155/94 (12) o del 6 febbraio 1997, Harnas e Helm, C‑80/95 (13).

VI – Analisi

28.      È innanzitutto utile ricordare che, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, per delimitare la portata di una disposizione di diritto dell’Unione, bisogna tener conto allo stesso tempo del suo tenore letterale, del suo contesto e delle sue finalità(14). Considererò dunque in primo luogo il testo dell’articolo 11 alla luce della sua genesi normativa, prima di esaminarne il contesto e le finalità.

A –    Genesi normativa e testo

29.      Nel 1967 la seconda direttiva IVA ha introdotto l’IVA di gruppo nel diritto dell’Unione. Il punto 2 dell’allegato A della seconda direttiva IVA (15) consentiva agli Stati membri di considerare come un unico soggetto passivo soggetti passivi distinti che soddisfacevano i presupposti ivi elencati. Successivamente, detta opzione veniva disciplinata dalla sesta direttiva IVA (16) e, più di recente, dalla direttiva IVA attualmente in vigore. Tuttavia, la sua forma è cambiata nel processo di emendamento.

30.      Nella seconda direttiva IVA, il punto 2 dell’allegato A consentiva agli Stati membri «di non considerare come soggetti passivi distinti, bensì come un unico soggetto passivo, le persone che, pur giuridicamente indipendenti, sono organicamente vincolate tra loro da rapporti economici, finanziari ed organizzativi». Il ricorso al termine «distinti» indicava che gli Stati membri avevano l’opzione di considerare i soggetti passivi separatamente, oppure come un unico soggetto passivo. Lo stesso significato emergeva dalle versioni linguistiche francese e tedesca della seconda direttiva IVA.

31.      Tuttavia, la sesta direttiva IVA evidenziava una modifica nel testo della disposizione sull’IVA di gruppo. La disposizione rilevante di questa direttiva, segnatamente l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, non si riferiva ai membri di un gruppo IVA come a «soggetti passivi distinti», bensì semplicemente come a «persone» (17).

32.      La modifica era maggiormente evidente nelle versioni linguistiche della direttiva che prevedono un termine diverso per «soggetto passivo» e «persona». Un esempio è la lingua francese, in cui il primo termine è «assujetti» mentre il secondo è «personne».

33.      Il testo dell’articolo 11 nella direttiva di rifusione IVA sembra coincidere nelle maggior parte delle versioni linguistiche, salva la versione in lingua inglese (18). Nella versione inglese il termine «any» è stato aggiunto prima del termine «person», aggiunta che, a giudizio dei governi di Irlanda, Finlandia e Regno Unito, serve semplicemente a sottolineare che la «persona» facente parte di un gruppo IVA non deve necessariamente essere un soggetto passivo.

34.      Alla luce di siffatta genesi normativa, mi sembra difficile accogliere gli argomenti della Commissione. Come sottolineato dall’Irlanda, nelle altri parti della direttiva IVA è stato utilizzato il termine «soggetto passivo», e non «persona» quando un soggetto svolge attività economiche ai fini della direttiva IVA. Sebbene non sia determinante, la genesi normativa può implicare che il legislatore voleva ampliare la portata dei soggetti che possono far parte di un gruppo IVA.

35.      Osservo inoltre che le prestazioni tra soggetti non imponibili esulano dall’ambito di applicazione della direttiva IVA, indipendentemente dalla circostanza se essi formino un gruppo IVA o meno. Ciò significa che la preoccupazione ipotetica della Commissione che un gruppo IVA possa consistere meramente di soggetti non imponibili non è rilevante.

36.      Pertanto, l’articolo 11 della direttiva IVA consente agli Stati membri di considerare come un «unico soggetto passivo» persone giuridicamente indipendenti, stabilite nel territorio di quello Stato membro, sempre che siano strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi. La presente conclusione è conforme al principio della certezza del diritto, che è particolarmente importante in questioni fiscali, nelle quali non solo i soggetti passivi e le autorità tributarie, ma anche gli Stati membri devono poter fare affidamento sulla formulazione chiara e precisa della normativa europea rilevante (19). Suggerisco dunque di respingere la domanda della Commissione.

B –    Gli obiettivi e il contesto delle disposizioni in materia di IVA di gruppo

37.      Se la Corte accoglie l’analisi di cui sopra, fondata sul testo dell’articolo 11, non è strettamente necessario procedere a prendere in considerazione il suo contesto e i suoi obiettivi (20). Tuttavia approfondirò anche questa questione, per l’ipotesi in cui la Corte non accogliesse le mie conclusioni sul testo dell’articolo 11.

38.      La relazione alla proposta per la sesta direttiva IVA stabilisce che «… a fini di semplificazione amministrativa o di lotta contro le pratiche abusive (ad esempio, se un’impresa è suddivisa in vari soggetti passivi in modo che ciascuno possa avvalersi di un regime speciale), gli Stati membri non saranno obbligati a considerare soggetti passivi distinti quei soggetti la cui “indipendenza” è unicamente una modalità giuridica» (21). La genesi normativa delle disposizioni che introducono l’IVA di gruppo non rivela altri obiettivi. Per la Commissione, siffatti obiettivi impediscono l’inclusione di soggetti non imponibili in gruppi IVA.

39.      Al fine di comprendere lo scopo dell’IVA di gruppo nel contesto del più ampio regime dell’IVA, occorre tenere conto dell’effetto dei gruppi IVA sulla neutralità fiscale. Ciò implica prendere in considerazione gli effetti pratici della registrazione di un gruppo IVA. Tale aspetto è significativo in quanto detti effetti possono fornire la motivazione per gli operatori economici a partecipare in gruppi IVA, sempre che abbiano l’opzione di farlo ai sensi della normativa nazionale applicabile (22).

C –    L’IVA di gruppo nel contesto più ampio del regime IVA

40.      La formazione di un gruppo IVA determina la creazione di un unico soggetto passivo ai fini della riscossione dell’IVA che è analogo sotto ogni profilo ad un soggetto passivo consistente in un’unica entità. A prescindere dalla sua natura di regime speciale, l’IVA di gruppo non introduce limitazioni né estende i diritti di un soggetto passivo, come definito all’articolo 9 della direttiva IVA.

41.      Il regime IVA raggiunge la maggior semplicità e neutralità a due condizioni: se l’imposta è riscossa nel modo più generale possibile e se il suo ambito d’applicazione abbraccia tutte le fasi della produzione e della distribuzione, nonché il settore delle prestazioni di servizi (23). Il regime IVA dovrebbe portare ad una neutralità concorrenziale nel senso che, nel territorio di ciascuno Stato membro, sui beni e sui servizi di uno stesso tipo gravi lo stesso carico fiscale, a prescindere dalla lunghezza del circuito di produzione e di distribuzione (24). Quando funziona ottimamente, siffatta c.d. neutralità fiscale non dovrebbe incidere né sulla concorrenza né sulle decisioni degli operatori economici per organizzare le loro attività, come la forma giuridica o la struttura organizzativa (25).

42.      Con la costituzione di un gruppo IVA diventa soggetto passivo il gruppo stesso, mentre ha fine l’obbligo tributario distinto di coloro tra i suoi membri che erano soggetti passivi ai fini IVA prima di entrare nel gruppo (26). Il trattamento ai fini dell’IVA delle prestazioni del gruppo a o da terzi è analogo a quello di un unico soggetto passivo che opera autonomamente. Le operazioni a titolo oneroso tra i singoli membri del gruppo, e che restano dunque all’interno del medesimo, vanno considerate come effettuate dal gruppo per sé stesso. Di conseguenza, le operazioni a titolo oneroso interne al gruppo IVA non esistono ai fini dell’IVA.

43.      Quando un gruppo IVA opera ai sensi delle norme del regime IVA, il diritto spettante alle persone appartenenti al gruppo di detrarre l’IVA a monte non viene esteso (27). Questo diritto continua ad essere applicabile solo alle prestazioni effettuate per le attività soggette ad IVA dal gruppo IVA. Allo stesso modo, i membri di un gruppo IVA non hanno il diritto di detrarre l’IVA per le prestazioni effettuate per attività esenti da IVA.

D –    L’obiettivo delle disposizioni in materia di IVA di gruppo

44.      Alla luce dell’obiettivo e del contesto dell’IVA di gruppo, da me sottolineati in precedenza, non posso accogliere l’argomento della Commissione secondo il quale soggetti non imponibili non possono esservi ammessi. Ho raggiunto tale conclusione per i seguenti motivi.

45.      L’IVA di gruppo non genera vantaggi economici quando un acquisto è effettuato per attività soggette ad IVA, in quanto l’acquirente ha il diritto di detrarre l’IVA versata a monte. In questa situazione, in linea di principio è irrilevante se l’acquisto è effettuato all’interno del gruppo IVA senza IVA a monte oppure con IVA a monte dal di fuori del gruppo IVA. Tuttavia, atteso che le operazioni interne al gruppo IVA non sono prese in considerazione ai fini dell’IVA, l’IVA di gruppo può comportare vantaggi di tesoreria per gli operatori economici riguardo alle attività soggette ad IVA.

46.      In talune situazioni, i membri di un gruppo IVA possono ricavare vantaggi economici dall’appartenenza al gruppo (28). A mio parere, questo è semplicemente un effetto inevitabile che deriva dalla scelta di politica tributaria di base di uno Stato membro di autorizzare l’IVA di gruppo.

47.      La partecipazione ad un gruppo IVA può essere vantaggiosa, ad esempio, in una situazione in cui il membro che effettua un acquisto soggetto ad IVA, a causa dell’esenzione da IVA delle sue attività, non aveva diritto a detrarre l’IVA o a detrarla integralmente. Se siffatto membro effettua un acquisto da un fornitore esterno al gruppo IVA, sarebbe dovuta l’IVA; se per contro acquista da un altro membro del gruppo, nessuna IVA è dovuta.

48.      Allorché un operatore economico non ha il diritto di detrarre l’IVA a monte in un acquisto, potrebbe essere economicamente vantaggioso per esso produrre esso stesso i beni o i servizi. Ad esempio, una banca che non ha il diritto di detrarre l’IVA a monte potrebbe avvantaggiarsi economicamente producendo i servizi informatici necessari per le sue attività nel proprio interno invece che acquistarli da un terzo. Tuttavia, ove fosse consentita l’IVA di gruppo, essa può appaltare la fornitura dei suoi servizi informatici ad un’affiliata del gruppo e ottenere il medesimo vantaggio.

49.      Pertanto, l’assoggettamento all’IVA può avere, e di fatto ha, un impatto sulla struttura e sul funzionamento delle attività commerciali. Ma l’IVA di gruppo consente agli Stati membri di ridurre l’influenza dell’IVA sulle modalità di organizzazione degli operatori economici. Ciò può avvenire riducendo la differenza nei costi tra la produzione interna di un servizio e l’acquisto del medesimo da un fornitore dipendente con una personalità giuridica distinta. L’IVA di gruppo promuove dunque la neutralità fiscale rendendo possibili strutture commerciali idonee senza effetti negativi in termini di esigibilità dell’IVA. Inoltre, la possibilità di includere soggetti non imponibili come membri di un gruppo IVA assimila strutture societarie che comprendono siffatte persone ad altre strutture societarie. Un esempio si rinviene nei gruppi societari nei quali una società holding possiede partecipazioni di maggioranza in tutte le altre società del gruppo.

50.      Ricordo che è l’attività, e non la forma giuridica, a definire la qualità di soggetto passivo ai fini dell’IVA. Occorre esaminare le attività di membri dei gruppi IVA al fine di determinare l’effetto pratico dell’IVA di gruppo sotto il profilo della neutralità fiscale.

51.      Ad esempio, in linea di principio la natura imponibile o non imponibile delle attività di una società holding giuridicamente indipendente non deriva dalla circostanza se essa faccia parte o meno di un gruppo IVA (29). Ciononostante, una società holding appartenente ad un gruppo IVA può acquistare beni e servizi imponibili senza IVA, mentre una società holding non appartenente ad un gruppo IVA non può farlo. Grazie alla sua partecipazione ad un gruppo IVA, un soggetto non imponibile diviene un’entità disciplinata dal regime IVA dell’Unione europea.

52.      A mio giudizio, tuttavia, non è un’anomalia che un soggetto non imponibile possa far parte di un gruppo IVA. Questo perché ciascun soggetto passivo può esercitare attività che rientrano nell’ambito di applicazione dell’IVA e attività che esulano dal medesimo (30). Sotto questo profilo, non si può operare alcuna distinzione tra un soggetto passivo ordinario e un gruppo IVA.

53.      Pertanto, sotto il profilo della neutralità fiscale, l’inclusione di soggetti non imponibili in un gruppo IVA non fa alcuna differenza ai fini del conseguimento degli obiettivi perseguiti dal regime dell’IVA di gruppo. Inoltre, a mio giudizio, una situazione nella quale un soggetto non imponibile gode di un vantaggio economico effettuando acquisti esenti da IVA all’interno di un gruppo IVA non è diversa da quella in cui un soggetto passivo che esercita attività esenti da IVA, grazie all’appartenenza ad un gruppo IVA, può effettuare operazioni imponibili esenti da IVA dall’interno del gruppo IVA.

54.      In conclusione, considero che l’obiettivo dell’IVA di gruppo all’interno del regime IVA non conforti la tesi secondo la quale soggetti non imponibili non possono essere compresi in gruppi IVA ai sensi dell’articolo 11 della direttiva IVA.

VII – Conclusione

55.      Per tali motivi, suggerisco alla Corte di dichiarare che l’Irlanda, autorizzando soggetti non imponibili a partecipare ad un gruppo d’imposta sul valore aggiunto, non è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 9 e 11 della direttiva del Consiglio 2006/112/CE, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto. Di conseguenza, il ricorso della Commissione deve essere respinto e la Commissione deve essere condannata a pagare le spese e gli Sati membri intervenienti a sostenere ciascuno le proprie spese.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – GU 2006 L 347, pag. 1. Ricorsi per inadempimento analoghi sono stati proposti dalla Commissione avverso la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia, il Regno dei Paesi Bassi e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord. V. cause Commissione/Repubblica ceca, C‑109/11; Commissione/Danimarca, C‑95/11; Commissione/Finlandia, C‑74/11; Commissione/Paesi Bassi, C‑65/11; Commissione/Regno Unito, C‑86/11. Tuttavia la Corte ha limitato la sua richiesta di conclusioni dell’Avvocato generale alla presente causa e alla causa Commissione/Svezia, C‑480/10, nella quale le mie conclusioni verranno presentate insieme alle presenti conclusioni.


3 – Disposizioni sostanzialmente identiche erano contenute in precedenza all’articolo 8, paragrafo 8, lettera a), del Value Added Tax Act 1972 (Testo unico IVA del 1972), emendato ultimamente con il Finance Act 2008 (legge finanziaria del 2008).


4 –      V. sentenza dell’11 luglio 2002, Commissione/Spagna, C‑139/00 (Racc. pag. I‑6407, punto 18) e la giurisprudenza ivi citata.


5 –      Racc. pag. I‑11599, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata. V. anche sentenza del 10 maggio 2012, Commissione/Estonia, C‑39/10, (punti 24‑26).


6 – La Commissione sostiene che uno Stato membro che intende derogare alle disposizioni normali della direttiva IVA per perseguire siffatto obiettivo deve seguire la procedura prevista all’articolo 395 della direttiva medesima.


7 –      Racc. pag. I‑4019, punto 19.


8 – Al paragrafo 9 delle sue conclusioni, l’avvocato generale van Gerven ha dichiarato che «[l]a questione che si pone è quindi se tale facoltà permetta a uno Stato membro di considerare unico soggetto passivo due enti strettamente vincolati reciprocamente, qualora si accerti che uno dei due non esercita “attività economiche” ai sensi dell'art. 4 della direttiva. Secondo me, occorre risolvere negativamente tale questione». (Racc. pag. I‑3111).


9 – L’Irlanda si riferisce all’articolo 15, paragrafo 1, del Value Added Tax Consolidation Act 2010, che prevede che almeno uno dei membri di un gruppo IVA sia un soggetto passivo ai sensi del Titolo III della direttiva IVA.


10 – L’Irlanda contesta inoltre gli argomenti secondo i quali le misure basate sull’articolo 11 devono essere adottate in forza dell’articolo 395 della direttiva IVA.


11 – Con riguardo alle società holding sotto il profilo dell’IVA, v., ad esempio, la sentenza Polysar e la sentenza del 29 ottobre 2009, SKF, C‑29/08 (Racc. pag. I‑10413).


12 –      Nella sentenza Wellcome Trust si chiedeva in sostanza alla Corte di stabilire se la nozione di attività economiche ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva andasse interpretata nel senso che essa comprende un’attività la quale consiste nell’acquisto e nella vendita di azioni e di altri titoli da parte di trustee nell’ambito della gestione dei beni di un trust che persegue scopi di pubblica utilità (Racc. pag. I‑3013).


13 –      La sentenza Harnas e Helm concerneva la questione se l’articolo 4, paragrafo 2, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che il mero acquisto e la mera detenzione di obbligazioni, che non siano strumentali ad un’altra attività d’impresa, e la riscossione degli introiti che ne derivano non devono essere considerati attività economiche che conferiscono al soggetto che effettua le dette operazioni la qualità di soggetto passivo (Racc. pag. I‑745).


14 –      V. sentenze del 29 ottobre 2009, NNC Construction Danmark, C‑174/08, Racc. pag. I‑10567, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata; v. anche sentenza del 19 luglio 2012, A Oy, C‑33/11, punto 27.


15 –      Seconda direttiva 67/228/CEE, del Consiglio, dell’11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 11, pag. 16).


16 –      Sesta direttiva 77/388/CEE, del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).


17 –      Il testo completo dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva è così formulato: «(… o)gni Stato membro ha la facoltà di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all’interno del paese che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi».


18 –      V. il considerando 3 della direttiva IVA: «Per assicurare che le disposizioni siano presentate in modo chiaro e razionale, in armonia con il principio del miglioramento della regolamentazione, è opportuno procedere alla rifusione della struttura e del testo della direttiva, benché ciò non debba comportare, in linea di principio, modifiche sostanziali della legislazione esistente. Un numero ridotto di modifiche sostanziali inerenti al processo di rifusione dovrebbe comunque essere apportato. I casi in cui queste modifiche sono effettuate sono riportati in maniera esaustiva nelle disposizioni sull’attuazione e l’entrata in vigore della direttiva».


19 –      V. sentenza del 15 luglio 2010, Commissione/Regno Unito, C‑582/08 (Racc. pag. I‑7195, punti 49‑51).


20 –      V. sentenza Commissione/Regno Unito, segnatamente punto 51. V. anche le conclusioni da me presentate per quella causa, paragrafo 52.


21 – V. relazione alla proposta per una sesta direttiva IVA, COM(73) 950, del 20 giugno 1973.


22 – L’attuazione pratica dell’opzione di IVA di gruppo è diversa. In alcuni Stati membri che hanno introdotto l’IVA di gruppo essa è obbligatoria per le persone che soddisfano le condizioni, in altri è facoltativa.


23 – V. considerando 5 della direttiva IVA.


24 – V. considerando 7 della direttiva IVA.


25 –      Terra, B. e Kajus, J. A Guide to the European VAT Directives, IBFD, 2012, Capitolo 7.3.


26 –      V. sentenza Ampliscientifica, punti 19 e 20.


27 –      Per un riassunto del sistema delle detrazioni, v. sentenza del 6 settembre 2012, Toth, C‑324/11, punto 25, e la giurisprudenza ivi citata.


28 –      V. Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull’opzione di IVA di gruppo prevista all'articolo 11 della direttiva 2006/112 CE del Consiglio relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto [COM(2009) 325 def.], pagine 11‑12.


29 – V. sentenza Polysar, punti 15‑17.


30 –      V. sentenze del 29 aprile 2004, EDM, C-77/01 (Racc. pag. I‑4295, punto 49) e del 13 marzo 2008, Securenta, C‑437/06 (Racc. pag. I‑1597, punto 26): «Risulta dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio che la Securenta esercita tre tipi di attività, vale a dire, in primo luogo, attività non economiche, che non rientrano nell’ambito di applicazione della sesta direttiva, in secondo luogo, attività economiche, che rientrano, pertanto, nell’ambito di applicazione di tale direttiva, ma sono esenti dall’IVA, e, in terzo luogo, attività economiche soggette a imposta. In questo contesto, si pone quindi il problema di sapere se e, all’occorrenza, in quale misura tale soggetto passivo abbia diritto a detrarre l’IVA a monte che ha gravato su spese non riconducibili a specifiche attività a valle».