Language of document : ECLI:EU:T:2010:370

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

9 settembre 2010 (*)

«Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Mercato delle macchine per la raccolta di imballaggi per bevande usati – Decisione che constata una violazione dell’art. 82 CE e dell’art. 54 dell’accordo SEE – Accordi di esclusiva, impegni sui volumi di acquisti e sconti di fedeltà rientranti in una strategia intesa a escludere concorrenti dal mercato – Ammenda – Proporzionalità»

Nella causa T‑155/06,

Tomra Systems ASA, con sede in Asker (Norvegia),

Tomra Europe AS, con sede in Asker (Norvegia),

Tomra Systems GmbH, con sede in Hilden (Germania),

Tomra Systems BV, con sede in Apeldoorn (Paesi Bassi),

Tomra Leergutsysteme GmbH, con sede in Vienna (Austria),

Tomra Systems AB, con sede in Sollentuna (Svezia),

Tomra Butikksystemer AS, con sede in Asker (Norvegia),

rappresentate inizialmente dal sig. A. Ryan, solicitor, e dall’avv. J. Midthjell, successivamente dai sigg. A. Ryan e N. Frey, solicitor,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. E. Gippini Fournier, in qualità di agente,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 29 marzo 2006, C (2006) 734 def., relativa ad un procedimento di applicazione dell’art. 82 CE e dell’art. 54 dell’accordo SEE (caso COMP/E‑1/38‑113/Prokent-Tomra),

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. M. Vilaras, presidente, M. Prek e V.M. Ciucă (relatore), giudici,

cancelliere: sig. Norel Rosner, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 gennaio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1        La Tomra Systems ASA è la società madre del gruppo Tomra. La Tomra Europe AS coordina l’attività delle filiali di distribuzione europee in seno al gruppo. Le filiali di distribuzione interessate dalla presente causa sono la Tomra Systems GmbH in Germania, la Tomra Systems BV nei Paesi Bassi, la Tomra Leergutsysteme GmbH in Austria, la Tomra System AB in Svezia e la Tomra Butikksystemer AS in Norvegia (in prosieguo, considerate unitamente alla Tomra Systems ASA e alla Tomra Europe AS: le «ricorrenti»). Il gruppo Tomra produce macchine per la raccolta di imballaggi per bevande usati (in prosieguo: le «RVM»), che sono apparecchi per la raccolta degli imballaggi per bibite usati che identificano l’imballaggio inserito in funzione di taluni parametri come la forma e/o il codice a barre e calcolano l’importo della restituzione da rimborsare al cliente. Fornisce altresì servizi subordinati alle RVM nel mondo intero. Nel 2005, il gruppo Tomra aveva un fatturato pari a EUR 300 milioni e contava 1 900 impiegati.

2        Il 26 marzo 2001, la Commissione delle Comunità europee riceveva una denuncia dalla Prokent AG, una società tedesca che operava anch’essa nel settore della raccolta degli imballaggi per bevande usati, nonché dei prodotti e servizi connessi. La Prokent chiedeva alla Commissione di accertare se le ricorrenti fossero incorse in un abuso di posizione dominante, che le impediva di accedere sul mercato.

3        Il 26 e 27 settembre 2001, la Commissione ispezionava i locali della Tomra Systems GmbH, in Germania, e della Tomra Systems BV, nei Paesi Bassi. L’Autorità di sorveglianza dell’Associazione europea del libero scambio (AELS) ispezionava, su richiesta della Commissione, i locali della Tomra Systems ASA e delle sue filiali in Norvegia. Successivamente, la Commissione chiedeva informazioni alla Tomra Systems ASA, e ad alcuni suoi concorrenti e clienti, in applicazione dell’art. 11 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli artt. [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204).

4        Il 23 dicembre 2002, in una lettera indirizzata alla Commissione, le ricorrenti dichiaravano di porre termine agli accordi di esclusiva e di non applicare più sconti di fedeltà.

5        Il 30 marzo 2004, le ricorrenti presentavano un programma di conformità alla concorrenza per il gruppo Tomra, applicabile dal 1º aprile 2004.

6        Il 1º settembre 2004, la Commissione indirizzava alla Tomra Systems ASA, alla Tomra Europe AS e alle filiali del gruppo Tomra in sei Stati parti contraenti dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) una comunicazione di addebiti alla quale le ricorrenti rispondevano il 22 novembre 2004. L’audizione si teneva il 7 dicembre 2004. Il 19 aprile 2005, la Commissione chiedeva ulteriori informazioni, che le ricorrenti fornivano il 25 aprile 2005 e il 3 maggio 2005.

 Decisione impugnata

7        Il 29 marzo 2006, la Commissione adottava la decisione C (2006) 734 def., relativa ad un procedimento ai sensi dell’art. 82 [CE] e dell’art. 54 dell’accordo SEE [(in prosieguo: la «decisione impugnata», una sintesi di tale decisione è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 28 agosto, GU 2008, C 219, pag. 11)]. In tale decisione, rileva che le ricorrenti hanno violato l’art. 82 CE e l’art. 54 dell’accordo SEE nel periodo 1998 ‑ 2002, ponendo in essere una strategia di esclusione sui mercati tedesco, olandese, austriaco, svedese e norvegese delle RVM, mediante accordi di esclusiva, impegni in materia di volumi di acquisti e sistemi di sconti retroattivi personalizzati, chiudendo così i mercati alla concorrenza.

I –  Mercato rilevante

8        Per quanto riguarda il mercato dei prodotti in considerazione, la decisione impugnata afferma che la Commissione, ai fini della sua valutazione, è partita dal principio che esisteva un mercato specifico di macchine per la restituzione di vuoti usati o sistemi high-end, che comprendono in particolare tutte le RVM installabili attraverso un muro e collegate ad un locale tecnico, e un mercato globale che comprende tanto le macchine high-end quanto quelle low-end. La Commissione ha deciso di usare come base di lavoro la definizione più larga di mercato perché approdava a cifre più favorevoli per le ricorrenti.

9        Per quanto riguarda il mercato geografico di cui trattasi, la Commissione, nella decisione impugnata, ha considerato che nel corso del periodo in esame le condizioni di concorrenza non erano state omogenee nel SEE e che i mercati geografici di cui trattasi erano di dimensione nazionale.

II –  Posizione dominante

10      Nella decisione impugnata, la Commissione, dopo aver considerato, tra l’altro, che le quote di mercato delle ricorrenti in Europa erano costantemente superiori al 70% prima del 1997, che, dopo il 1997, esse superavano il 95% e che, in qualsiasi mercato rilevante, la quota di mercato detenuta dalle ricorrenti era varie volte superiore alle quote di mercato dei loro concorrenti, è giunta alla conclusione che il gruppo Tomra è un’impresa che occupa una posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE e dell’art. 54 dell’accordo SEE.

III –  Comportamento abusivo

11      Nella decisione impugnata viene affermato che le ricorrenti hanno concepito una strategia avente un oggetto o un effetto anticoncorrenziale, sia nella loro pratica che in seno alle discussioni interne al gruppo. La Commissione vi afferma che le ricorrenti intendevano preservare la loro posizione dominante e le loro quote di mercato attraverso mezzi consistenti, tra l’altro, nell’impedire l’entrata di nuovi operatori sul mercato, nel fare in modo da mantenere piccola la dimensione dei concorrenti limitandone le possibilità di crescita, nell’indebolirli e nell’eliminarli, mediante acquisizione ovvero in altro modo. Tale strategia, viene ivi precisato, è stata messa in opera con la firma tra le ricorrenti e talune catene di supermercati di 49 accordi, tra il 1998 e il 2002, che hanno assunto la forma di accordi di esclusiva, di accordi che imponevano un obiettivo quantitativo individuale e di accordi che istituivano regimi di sconto retroattivo individuali.

12      Nella decisione impugnata si legge altresì che, per quanto gli accordi, le clausole e le condizioni applicabili nel caso di specie includessero diversi elementi, tra cui clausole esplicite o di fatto di esclusiva, impegni o promesse, da parte dei clienti, di acquistare quantitativi corrispondenti ad una proporzione significativa del loro fabbisogno o regimi di sconti retroattivi in funzione del fabbisogno dei clienti, o ancora una combinazione di tali elementi, tutti gli elementi così menzionati, secondo la Commissione, debbono essere analizzati nel contesto della politica generale delle ricorrenti intesa a impedire l’entrata sul mercato, l’accesso agli sbocchi e le possibilità di crescita di concorrenti esistenti e potenziali spingendoli, in ultima analisi, fuori dal mercato in modo da creare una situazione di quasi monopolio.

13      Innanzitutto, secondo la decisione impugnata, le clausole di esclusiva, nella misura in cui fanno obbligo ai clienti di rifornirsi presso un fornitore dominante per soddisfare la totalità o una parte significativa del loro fabbisogno, sono, per loro natura, atte a produrre un effetto di preclusione. Nella specie, poiché le ricorrenti occupano una posizione dominante sul mercato e poiché tali clausole di esclusiva sono state applicate ad una parte della domanda totale che riteneva potersi qualificare sostanziale, la Commissione ha da ciò dedotto che tali clausole di esclusiva, concluse dalle ricorrenti, erano tali da provocare, ed effettivamente hanno provocato, un effetto di preclusione che ha alterato il mercato. Orbene, nella decisione impugnata, è stato constatato che non esistevano, nella specie, circostanze che potessero eccezionalmente giustificare l’esclusiva o clausole analoghe, e che le ricorrenti non sono riuscite neanche loro a giustificare le loro pratiche con economie di costi.

14      La decisione impugnata aggiunge, inoltre, che gli sconti concessi per quantitativi personalizzati corrispondenti alla totalità o alla quasi totalità della domanda hanno lo stesso effetto delle clausole esplicite di esclusiva, nel senso che inducono il cliente ad acquistare per la totalità o la quasi totalità del suo fabbisogno da un fornitore in posizione dominante. Altrettanto vale per gli sconti di fedeltà, ossia gli sconti subordinati alla condizione che i clienti si riforniscano per la totalità o per la quasi totalità del loro fabbisogno presso un fornitore in posizione dominate. Il fatto che l’impegno avente ad oggetto il volume degli acquisti sia espresso in termini assoluti o in percentuale non è, secondo la Commissione, determinante, ai fini del carattere esclusivo degli accordi o delle condizioni in esame. Per quanto riguarda gli accordi conclusi dalle ricorrenti, la decisione impugnata precisa che gli obiettivi quantitativi stipulati costituivano impegni personalizzati che variavano da un cliente all’altro, a prescindere dalla sua dimensione e dal suo volume di acquisti, e che corrispondevano alla totalità o alla quasi totalità del fabbisogno del cliente, o addirittura lo superavano. La decisione impugnata aggiunge che la politica delle ricorrenti consistente nel vincolare i loro clienti, in particolare i loro clienti chiave, mediante accordi volti a escludere i concorrenti dal mercato e a negare loro qualsiasi possibilità di crescita, risulta chiaramente dai documenti concernenti la strategia delle ricorrenti, le loro negoziazioni e le loro offerte ai propri clienti. Tenuto conto della natura del mercato delle RVM e delle caratteristiche del prodotto stesso, in particolare della trasparenza e della ragionevole prevedibilità della domanda di RVM per cliente e per anno, la Commissione ha rilevato che le ricorrenti disponevano delle necessarie conoscenze del mercato per avere una stima realistica della domanda approssimativa di ogni singolo cliente.

15      Inoltre, per quanto riguarda le pratiche di sconti, la Commissione ha rilevato, nella decisione impugnata, che i regimi di sconto erano adattati al singolo cliente e che le soglie erano fissate in funzione della totalità o di una parte elevata del fabbisogno di ciascun singolo cliente. Esse erano stabilite sulla base del fabbisogno stimato del cliente e/o dei volumi di acquisti realizzati negli anni precedenti. Orbene, l’incentivo ad acquistare esclusivamente o quasi esclusivamente presso le ricorrenti era, secondo la decisione impugnata, particolarmente forte laddove le soglie, quali quelle applicate dalle ricorrenti, erano combinate a un meccanismo attraverso il quale il vantaggio connesso al superamento, a seconda dei casi, della soglia di bonus o di una soglia di bonus più vantaggiosa si ripercuoteva su tutti gli acquisti effettuati dal cliente durante il periodo considerato e non esclusivamente sul volume di acquisti eccedente la soglia di cui trattasi. Per un cliente che avesse iniziato ad effettuare i suoi acquisti presso le ricorrenti, ipotesi molto probabile data la forte posizione di queste sul mercato, un sistema retroattivo avrebbe generato un forte incentivo a raggiungere la soglia voluta in modo da ridurre il prezzo di tutti i suoi acquisti presso le ricorrenti. Tale incentivo aumentava, viene ivi indicato, man mano che il cliente si avvicinava alla soglia in questione. Orbene, la Commissione ha constatato che la combinazione di un sistema di sconti retroattivi e con una o più soglie corrispondenti all’intero fabbisogno o a una proporzione elevata del fabbisogno rappresentava un notevole incentivo ad acquistare la totalità o la quasi totalità delle macchine necessarie presso le ricorrenti e aumentava artificialmente il costo connesso al passaggio ad un altro fornitore, perfino per un piccolo numero di unità. La Commissione ha da ciò tratto la conclusione che, conformemente alla giurisprudenza, i regimi di sconto di cui trattasi dovevano essere qualificati come mezzi di mantenimento della clientela e, quindi, sconti di fedeltà.

16      Infine, dalla decisione impugnata risulta che, benché, come giudicato dalla Corte nelle cause conclusesi con le sentenze del Tribunale 30 settembre 2003, Michelin/Commissione (T‑203/01, Racc. pag. II‑4071; in prosieguo: la «sentenza Michelin II», punto 239), e 17 dicembre 2003, British Airways/Commissione (T‑219/99, Racc. pag. II‑5917, punto 293), ai fini dell’accertamento di una violazione dell’art. 82 CE sia sufficiente «dimostrare che il comportamento abusivo delle imprese in posizione dominante tende a restringere la concorrenza o, in altri termini, che il comportamento è tale da produrre o da poter produrre un effetto del genere», la Commissione ha tuttavia completato la sua analisi esaminando i probabili effetti delle pratiche delle ricorrenti sul mercato delle RVM. A tale titolo, la decisione impugnata fa presente che durante tutto il periodo esaminato, cioè dal 1998 al 2002, la quota di mercato delle ricorrenti in ciascuno dei cinque mercati nazionali esaminati si è mantenuta relativamente stabile. Allo stesso tempo, la posizione dei loro rivali concorrenti è rimasta alquanto debole e instabile. Uno di questi, che ha avuto qualche successo, il denunciante, ha abbandonato il mercato nel 2003 dopo essere riuscito ad acquisire una quota del 18% del mercato tedesco nel 2001. Altre società concorrenti che avevano dimostrato di possedere la potenzialità e la capacità necessarie per acquisire quote di mercato più grandi sono state eliminate dalle ricorrenti mediante la loro acquisizione da parte delle ricorrenti, come la Halton e la Eleiko. Inoltre, secondo la Commissione, la strategia di esclusione praticata dalle ricorrenti durante tutto il periodo 1998‑2002 si è tradotta in cambiamenti nelle quote del mercato subordinato e nelle vendite degli operatori del mercato. Peraltro, a tenore della decisione impugnata, taluni clienti avevano cominciato ad acquistare maggiori quantitativi di prodotti concorrenti, una volta scaduti gli accordi di esclusiva che avevano concluso con le ricorrenti. In aggiunta all’assenza di incrementi di efficienza in termini di costi che siano tali da giustificare le pratiche delle ricorrenti, non era neanche dato di riscontrare, nella specie, vantaggi per i consumatori. Dalla decisione impugnata risulta così che i prezzi delle RVM offerte dalle ricorrenti non sono diminuiti in seguito all’aumento del volume delle vendite, ma, anzi, che tali prezzi avevano stagnato, ovvero che erano aumentati durante il periodo oggetto dell’indagine.

IV –  Ammenda

17      La decisione impugnata precisa che la valutazione della gravità dell’abuso commesso dalle ricorrenti deve tener conto del fatto che esse hanno deliberatamente attuato le pratiche di cui trattasi nel quadro della loro politica di esclusione, nonché della portata geografica di tale comportamento abusivo, cioè che esso ha coperto il territorio di cinque Stati parti contraenti dell’accordo SEE: Germania, Paesi Bassi, Austria, Svezia e Norvegia. Secondo la Commissione, si deve egualmente, per contro, prendere in considerazione il fatto che l’infrazione non ha coperto la totalità del periodo sotto esame su tutti i mercati nazionali considerati e che nell’ambito di ciascuno di tali mercati la sua intensità può essere variata nel tempo.

18      In particolare, la decisione impugnata, al punto 394, precisa che l’infrazione riguarda i territori e i periodi seguenti:

–        Germania: 1998‑2002

–        Paesi Bassi: 1998‑2002

–        Austria: 1999‑2001

–        Svezia: 1999‑2002

–        Norvegia: 1998‑2001.

19      La Commissione ha concluso che si trattava di un’infrazione grave e ha fissato l’importo iniziale dell’ammenda in EUR 16 milioni, basandosi sul periodo di cinque anni che va dal 1998 al 2002. L’importo iniziale dell’ammenda è stato maggiorato del 10% per ciascun anno completo dell’infrazione. Infine, la decisione impugnata afferma che non esistono circostanze né aggravanti né attenuanti.

20      Il dispositivo della decisione impugnata è così formulato:

«Articolo 1

[Le ricorrenti] hanno violato l’art. 82 [CE] e l’art. 54 dell’accordo SEE nel periodo 1998‑2002, attuando una strategia di esclusione sui mercati [tedesco, olandese, austriaco, svedese e norvegese] delle [RVM], attraverso accordi di esclusiva, accordi individuali che contenevano impegni in termini di quantitativi da acquistare, o regimi individuali di sconti retroattivi, impedendo in tal modo la concorrenza sui mercati.

Articolo 2

Per l’infrazione di cui sopra, è inflitta un’ammenda di 24 milioni di euro [alle ricorrenti], congiuntamente e in solido.

(…)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

21      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 giugno 2006, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

22      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla Quinta Sezione, alla quale, di conseguenza, la presente causa è stata attribuita.

23      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di aprire la fase orale. Le difese svolte dalle parti e le risposte ai quesiti orali loro rivolti dal Tribunale sono state sentite nel corso dell’udienza del 14 gennaio 2010.

24      Le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        in subordine, annullare o ridurre in modo sostanziale l’importo dell’ammenda;

–        condannare la Commissione alle spese, comprese quelle da loro esposte per la costituzione di una garanzia bancaria, a fronte del loro obbligo di pagare l’ammenda.

25      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

26      Le ricorrenti deducono sei motivi. I cinque primi motivi sono, in sostanza, intesi a far annullare la decisione impugnata, il sesto è inteso a far annullare o ridurre l’ammenda. Con il primo motivo viene dedotto l’uso da parte della Commissione di prove manifestamente inesatte e poco affidabili per constatare che le ricorrenti conducevano una politica di esclusione. Il secondo motivo deduce l’errore manifesto di valutazione nel quale la Commissione sarebbe incorsa nel considerare che le pratiche delle ricorrenti erano atte a eliminare la concorrenza e l’assenza di motivazione. Il terzo motivo deduce l’esistenza di errori manifesti nella valutazione da parte della Commissione della questione se le pratiche considerate eliminassero effettivamente la concorrenza. Con il quarto motivo viene dedotto l’errore manifesto di diritto che sarebbe dato dalla qualificazione delle pratiche delle ricorrenti come di per sé illegali. Con il quinto motivo viene dedotto l’errore manifesto nel quale sarebbe incorsa la Commissione nel ritenere che impegni non vincolanti potessero violare l’art. 82 CE. Infine, il sesto motivo deduce la violazione dei principi di proporzionalità e di non discriminazione nell’infliggere l’ammenda.

 I – Sulle conclusioni intese all’annullamento della decisione impugnata

A –  Sul primo motivo, relativo all’uso di prove manifestamente inesatte e poco affidabili per constatare la politica di esclusione e per dimostrare l’esistenza e determinare il contenuto di taluni accordi tra le ricorrenti e i loro clienti

27      Questo motivo si articola su due parti. In primo luogo, le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata non contiene elementi di prova affidabili atti a dimostrare che esse hanno concepito una strategia intesa ad eliminare la concorrenza. In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata riposa su elementi di prova inesatti e poco affidabili per dimostrare l’esistenza e il contenuto di almeno 26 dei 49 accordi ai quali la decisione impugnata fa riferimento.

1.     Sulla prima parte, relativa all’assenza di elementi di prova affidabili atti a dimostrare l’esistenza di una politica di esclusione

a)     Argomenti delle parti

28      In primo luogo, le ricorrenti contestano l’utilizzo in quanto prova da parte della Commissione della loro corrispondenza interna. A questo titolo, le ricorrenti sostengono che i documenti raccolti dalla Commissione non hanno nessi tra loro e sono avulsi completamente dal loro contesto. Inoltre, le ricorrenti assumono che la Commissione ha pretermesso elementi di prova che, al contrario, dimostrano che esse avevano l’intenzione di attenersi al gioco normale della concorrenza con i loro concorrenti. Le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata non tiene conto dei documenti che esprimono la loro intenzione di avvalersi di mezzi di concorrenza legittimi.

29      In secondo luogo, le ricorrenti dichiarano di constatare che la Commissione, nella decisione impugnata, non ha esaminato la questione se il gruppo Tomra abbia avuto successo sul mercato delle RVM tra il 1998 e il 2002 dato che, dal 1997 al 2001, è stato l’unico fornitore di RVM dotate di «una nuova tecnologia rivoluzionaria». Secondo le ricorrenti, ciò costituisce un errore idoneo a comportare l’annullamento della decisione impugnata: il loro vantaggio concorrenziale era la loro tecnologia e proprio sulla base di tale vantaggio esse avrebbero deciso di operare sul mercato.

30      In terzo luogo, le ricorrenti fanno presente che, nell’invocare gli accordi assertivamente anticoncorrenziali di per sé come prove di una strategia di esclusione, la Commissione argomenta chiudendosi in un circolo vizioso, perché, a più riprese in altri punti della decisione impugnata, menziona la loro strategia di esclusione per dimostrare che i medesimi accordi erano anticoncorrenziali. Tali accordi, di conseguenza, non potrebbero servire come prova di una strategia di esclusione. Anche se la Commissione fosse stata in grado di fornire esempi di accordi in violazione dell’art. 82 CE, non avrebbe purtuttavia offerto spiegazioni circa il modo con cui tale fatto confermerebbe una politica al livello dell’intera impresa intesa ad escludere la concorrenza tra il 1998 e il 2002.

31      In quarto luogo, le ricorrenti affermano che la Commissione nella decisione impugnata, da un lato, non prende in considerazione i loro procedimenti per violazione di brevetto o le loro acquisizioni come facenti parte dell’infrazione e, dall’altro lato, considera invece che tali procedimenti e tali acquisizioni rappresentano fattori che dimostrano la politica di esclusione da esse perseguita. Tuttavia, la Commissione non avrebbe presentato la minima prova che dimostri che la salvaguardia da parte delle ricorrenti dei loro brevetti o le loro pratiche di cooperazione con altre società o di acquisizione di queste ultime abbiano messo alla luce una strategia di esclusione. In particolare, le ricorrenti sostengono che, in base alla costante giurisprudenza, secondo cui l’esistenza di diritti di proprietà industriali non viola il diritto della concorrenza, a meno che non sia vessatoria, un tentativo di far convalidare un brevetto o un altro diritto di proprietà industriale dinanzi a giudici nazionali non può violare il diritto comunitario di concorrenza.

32      La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalle ricorrenti.

b)     Giudizio del Tribunale

33      Si deve, innanzitutto, rilevare che la decisione impugnata, ai punti 97 e seguenti, riassume quanto la Commissione ha considerato come politica anticoncorrenziale delle ricorrenti. A tal riguardo afferma quanto segue:

«La strategia [del gruppo] Tomra si basava su una politica volta a preservare la sua posizione dominante e le sue quote di mercato attraverso mezzi consistenti, in particolare, i) nell’impedire l’entrata sul mercato di nuovi operatori, (...) nel mantenere piccola la dimensione dei concorrenti limitandone la possibilità di crescita (...) nel finire per indebolire o eliminare, o mediante acquisizioni, o in altri modi, [in particolare] i concorrenti che [il gruppo] Tomra considerava possedessero il potenziale per diventare rivali più agguerriti. Per conseguire tale obiettivo, [il gruppo] Tomra ha fatto ricorso a varie pratiche anticoncorrenziali, inclusi accordi di esclusiva e accordi preferenziali di fornitura, nonché accordi contenenti impegni in termini di quantità oppure regimi di sconti retroattivi personalizzati».

34      La decisione impugnata precisa poi che «[l]a strategia globale [del gruppo] Tomra non solo è confermata dalle diverse pratiche utilizzate dal gruppo, [ma] era stata anche ampliamente discussa nell’ambito del gruppo in varie riprese, sia nel corso di riunioni e di conferenze che in occasione di scambi di corrispondenza, ad esempio, di posta elettronica».

35      Si deve, pertanto, rilevare che la Commissione, dopo aver menzionato varie pratiche anticoncorrenziali utilizzate dalle ricorrenti, ha, giustamente, esaminato la documentazione interna delle ricorrenti. Tale documentazione di una società può indicare se l’esclusione della concorrenza era prevista o, al contrario, suggerire una spiegazione diversa delle pratiche esaminate. Nella specie, la corrispondenza interna delle ricorrenti ha consentito alla Commissione di situare le loro pratiche nel loro contesto e di corroborare la sua valutazione di queste stesse pratiche. Inoltre, si deve aggiungere che le conclusioni della Commissione esposte nella decisione impugnata non sono mai fondate soltanto sull’uno o sull’altro documento singolarmente considerato, ma su tutta una serie di elementi differenti.

36      In primo luogo, per quanto riguarda l’affermazione secondo la quale la decisione impugnata darebbe adito all’ipotesi che la Commissione non abbia tenuto conto di documenti che esprimono l’intenzione delle ricorrenti di utilizzare mezzi di concorrenza legittimi, si deve osservare che è assolutamente normale che la decisione impugnata faccia principalmente menzione del comportamento anticoncorrenziale delle ricorrenti e non delle loro azioni lecite, dato che è esattamente siffatto comportamento ciò che la Commissione deve accertare. Si deve, del resto, sottolineare che la decisione impugnata non nasconde la circostanza che taluni documenti interni delle ricorrenti menzionano anche altri metodi del tutto legittimi di attenersi al gioco della concorrenza (v., per esempio, punto 100 della decisione impugnata).

37      In secondo luogo, per quanto riguarda l’asserito vantaggio tecnologico delle ricorrenti, si deve rilevare che la menzione nella decisione impugnata di tale vantaggio non avrebbe avuto alcun impatto sulle conclusioni della Commissione. Infatti, le ricorrenti non dimostrano in quale modo la tecnologia da esse sviluppata avrebbe potuto essere utile per giustificare le loro pratiche. Per altro, se tale tecnologia fosse stata effettivamente a tal punto nettamente superiore a quella dei loro concorrenti che i clienti non avrebbero, comunque, mai acquistato i prodotti di questi ultimi, diventa ancora più difficile giustificare il ricorso ad accordi di esclusiva, nonché ad impegni in termini di quantità e ad altri sistemi di sconti retroattivi personalizzati.

38      In terzo luogo, per quanto riguarda l’asserito ragionamento a circolo vizioso della Commissione nella decisione impugnata circa il rapporto tra gli accordi anticoncorrenziali e la politica di esclusione, si deve rilevare che, secondo una costante giurisprudenza, la nozione di sfruttamento abusivo di posizione dominante è una nozione oggettiva che riguarda il comportamento dell’impresa in posizione dominante atto ad influire sulla struttura di un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera detta impresa, il grado di concorrenza è già indebolito e che ha come effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti o servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza (sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 91, e sentenza del Tribunale 14 dicembre 2005, causa T‑210/01, General Electric/Commissione, Racc. pag. II‑5575, punto 549).

39      In applicazione di tale giurisprudenza, la Commissione, ai punti 97 e seguenti della decisione impugnata, ha stabilito che le pratiche delle ricorrenti, esaminate nel loro contesto e combinate con una serie di altri elementi, ivi compresi i documenti interni delle ricorrenti, erano tali da escludere la concorrenza. Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione non si è affatto fondata in modo esclusivo sull’intenzione o sulla politica delle ricorrenti per giustificare la sua conclusione circa l’esistenza di una violazione del diritto della concorrenza.

40      Infine, per quanto riguarda i procedimenti per violazione di brevetto e le acquisizioni delle ricorrenti, basta rilevare che la decisione impugnata, ai punti 106 e 107, fa chiaramente presente che tali pratiche non rientrano nell’abuso di posizione dominante. Si tratta, pertanto, unicamente di fatti pertinenti che consentono di collocare le pratiche delle ricorrenti nel loro contesto, ma che non hanno alcun impatto sulla constatazione dell’infrazione.

41      La prima parte del primo motivo va, pertanto, respinta.

2.     Sulla seconda parte, relativa all’uso di prove inesatte e poco affidabili per dimostrare l’esistenza e determinare il contenuto di taluni degli accordi tra le ricorrenti e i loro clienti

42      Questa parte può essere divisa in quattro sottoparti. La prima sottoparte verte sugli accordi di esclusiva anteriori al 1998, la seconda riguarda gli accordi che designano le ricorrenti come «il fornitore preferito, principale o primo fornitore», la terza sottoparte riguarda gli impegni in termini di quantità e i meccanismi di sconti retroattivi personalizzati e, infine, la quarta sottoparte verte su una parte dei contratti relativi a quattro dei cinque paesi esaminati nella decisione impugnata, contratti che, secondo le ricorrenti, sono stati valutati in modo incoerente dalla Commissione.

a)     Sugli accordi di esclusiva anteriori al 1998

 Argomenti delle parti

43      Le ricorrenti sottolineano il fatto che 9 dei 21 accordi di esclusiva sono anteriori al periodo coperto dalla decisione impugnata (1998‑2002) e non possono quindi aver contribuito all’esclusione dei concorrenti durante tale periodo. Le ricorrenti da ciò concludono che tali 9 accordi non dovevano essere menzionati nella decisione impugnata e dovevano altresì essere esclusi dal calcolo dell’ammenda.

44      Anche se la Commissione afferma, nel suo controricorso, che non ha preso in considerazione nella sua valutazione alcuni di tali accordi, le ricorrenti si chiedono per quale ragione essi figurino nella decisione impugnata al punto 296, come se fossero pertinenti.

45      La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

46      Si deve a questo proposito considerare che, in effetti, 9 degli accordi di esclusiva (cioè gli accordi conclusi con l’AS Butikkdrift per il 1995 e il 1996, la Kiwi Minipris Norge per il 1996, la Køff Hedmark per il 1996, la Rema 1000 per il 1996, l’AKA/Spar Norge per il mese di agosto 1997, la Rewe Wiesloch e la Rewe Hungen per il 1997, la De Boer Unigro per il 1997 e la Samenwekende van den Broek Bedrijven per il 1997) menzionati al punto 296 della decisione impugnata come accordi conclusi in violazione degli artt. 82 CE e dell’art. 54 dell’Accordo SEE riguardano un periodo anteriore a quello coperto dalla decisione impugnata (1998‑2002). È, pertanto, evidente che la Commissione è incorsa in errore menzionando tali accordi in tale punto della decisione, circostanza questa peraltro ammessa dalla Commissione stessa nelle sue memorie.

47      Si deve, tuttavia, osservare che, da un lato, il calcolo dell’ammenda non ha preso in considerazione alcun fatto anteriore al 1998 e, dall’altro lato, che la Commissione afferma, senza essere contraddetta dalle ricorrenti, che gli accordi applicabili prima del 1998 non erano mai stati presi in considerazione nella valutazione da lei operata della parte della domanda che non poteva essere conquistata dai concorrenti delle ricorrenti e che, pertanto, le constatazioni relative alla politica di esclusione sono del tutto indipendenti da tali nove accordi.

48      La lettura di altre parti della decisione impugnata nel suo insieme consente di rimuovere ogni ambiguità a tal riguardo (v., per esempio, i punti 134, 159, 166, 242, 264, 269, 374, 417 e 418 della decisione impugnata) e di considerare che la Commissione non ha mai, in nessuna circostanza, preso in considerazione una qualsivoglia infrazione precedente al 1998. Da ciò consegue che tale censura non può essere accolta.

b)     Sugli accordi che designano le ricorrenti come «fornitore preferito, principale o primo fornitore»

 Argomenti delle parti

49      Le ricorrenti affermano che la Commissione ha «automaticamente» qualificato come accordi di esclusiva gli accordi con i quali il cliente si impegnava a mantenere le ricorrenti come «fornitore preferenziale, principale o primo fornitore», mentre tali termini sono troppo vaghi perché gli accordi possano essere qualificati esclusivi secondo il diritto in materia di contratti. Per di più, la Commissione li avrebbe considerati esclusivi, nonostante che i clienti qui considerati abbiano acquistato RVM presso concorrenti delle ricorrenti nel corso dell’asserito contratto esclusivo e che questi stessi clienti avessero affermato che di fatto gli accordi non erano esclusivi.

50      Secondo le ricorrenti, la Commissione, nella decisione impugnata, ha trascurato di analizzare se dal punto di vista del diritto nazionale in materia di contratti sia stato posto in essere un diritto di esclusiva eseguibile. Infatti, la decisione impugnata non conterrebbe alcuna analisi dei contratti sulla base della normativa nazionale. La decisione impugnata e le richieste di informazioni inviate dalla Commissione prima della sua adozione porrebbero sullo stesso piano contratti vaghi, che non creano obblighi contrattuali vincolanti ed eseguibili, e contratti formali eseguibili. Le ricorrenti sostengono che, se ciò pare concepibile nel contesto di un’intesa ai sensi dell’art. 81 CE, ciò non ricorre nel quadro di un accordo di esclusiva ai sensi dell’art. 82 CE. Salvo che il suo rispetto non possa essere imposto sulla base del diritto nazionale in materia di contratti, un obbligo di esclusiva non impedisce che un concorrente venda al cliente né che il cliente accetti l’offerta. Parimenti, non potrebbe produrre alcun effetto dissuasivo ex ante sui clienti.

51      Inoltre, la decisione impugnata menzionerebbe, a sostegno delle conclusioni della Commissione circa lo statuto contrattuale dei documenti, prove prive di pertinenza, come memorandum interni delle ricorrenti, comunicati stampa o la relazione annuale del gruppo Tomra, che sono essi pure dichiarazioni unilaterali di quest’ultimo, alle quali il cliente non ha aderito. La Commissione non avrebbe effettuato alcuna analisi del valore probatorio di tali dichiarazioni con riferimento al diritto nazionale applicabile ai contratti.

52      Infine, le ricorrenti sostengono che gli accordi stipulati con i due gruppi di acquisto Superunie (accordo concluso nei Paesi Bassi, nel 2001) e ICA/Hakon (accordo concluso in Svezia e in Norvegia, per il periodo 2000‑2002) non imponevano giuridicamente agli affiliati di tali gruppi di acquistare RVM solo presso le ricorrenti stesse e che non vi è alcuna prova che tali accordi abbiano esercitato fortemente «una pressione o costituito un forte incentivo» affinché i dettaglianti indipendenti acquistassero tutte le loro RVM presso di loro.

53      In particolare, le ricorrenti, per quanto riguarda l’accordo concluso con la Superunie, sostengono che la decisione impugnata non offre alcuna prova che consenta di considerare come tale accordo potesse vincolare i magazzini indipendenti membri della Superunie per costringerli ad acquistare 130 RVM presso di loro. A questo proposito, la Commissione avrebbe piuttosto invertito l’onere della prova affermando che «non vi [erano] prove che suggeri[ssero] che i membri individuali non si sentivano vincolati (…)» dall’accordo. Se i membri avessero potuto concludere un migliore affare presso un concorrente delle ricorrenti, la Commissione non avrebbe cercato, secondo le ricorrenti, di dare spiegazioni sul perché i membri decidevano cionondimeno di acquistare presso di loro, in forza di un accordo non vincolante concluso con il livello centrale della loro organizzazione.

54      La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

55      Si deve innanzitutto contestare l’affermazione delle ricorrenti secondo la quale la Commissione avrebbe qualificato «automaticamente» come accordi di esclusiva gli accordi con i quali il cliente si impegnava a mantenere le ricorrenti come «fornitore preferenziale, principale o primo fornitore». I punti 114‑122 nonché 286 e seguenti della decisione impugnata depongono peraltro in senso contrario, dato che spiegano nei dettagli l’approccio e le constatazioni della Commissione a questo proposito.

56      Inoltre, se è vero che taluni clienti cercavano di includere nei contratti di «fornitore preferenziale» una clausola che consentisse loro di acquistare apparecchi concorrenti «a fini di prova», ciò conforta la conclusione secondo la quale tali contratti erano concepiti come esclusivi e la possibilità di acquistare apparecchi concorrenti era un’eccezione limitata soltanto alla prova di tali macchine.

57      Peraltro, è sulla base degli elementi di prova disponibili circa l’intenzione delle parti che la Commissione, nella decisione impugnata, ha qualificato come esclusivi i contratti di «fornitore preferenziale». Tali elementi di prova dimostrano che detti contratti contemplavano in effetti l’esclusiva e come tali erano intesi, a prescindere dalla questione della loro eseguibilità nel diritto nazionale in materia di contratti.

58      Il contratto con la Royal Ahold, per esempio, qualifica il gruppo Tomra come «fornitore principale». Il presidente della Tomra Systems ASA, nel corso delle trattative con tale cliente, aveva tuttavia dichiarato (v. il punto 139 e la nota a piè di pagina n. 267 della decisione impugnata) quanto segue:

«[N]oi preferiamo pertanto che [il gruppo] Tomra sia designata come il fornitore “esclusivo” mondiale dei servizi subordinati alle macchine per la restituzione di vuoti alla Ahold. Parole diverse da “esclusivo” potrebbero essere inventate per esprimere l’intenzione di fondo delle parti. Tuttavia, indipendentemente dalla scelta dei termini, l’accordo quale da noi negoziato in ogni momento è che [il gruppo] Tomra deve avere il diritto di installare le macchine (...) in ogni nuovo magazzino che necessiti di macchine per la restituzione di vuoti e (...,) allo scadere degli accordi esistenti, in ogni magazzino attualmente servito da un altro fornitore di macchine per la restituzione di vuoti».

59      Per quanto riguarda l’affermazione delle ricorrenti circa il fatto che la Commissione, nella decisione impugnata, non avrebbe analizzato il carattere esclusivo dei contratti sulla base della legislazione nazionale applicabile, va ricordato che non è necessario che le pratiche di un’impresa in posizione dominante vincolino gli acquirenti con un obbligo formale per dimostrare che esse costituiscono uno sfruttamento abusivo di una posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE. È sufficiente che tali pratiche implichino un incentivo nei confronti dei clienti a non passare per fornitori concorrenti e a rifornirsi per la totalità o per una parte considerevole del loro fabbisogno esclusivamente presso la detta impresa (v., in tal senso, sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, cit., punti 89 e 90).

60      Si deve, a questo proposito, rilevare che, sovente, gli accordi in considerazione non solo qualificavano il gruppo Tomra come «fornitore preferenziale, principale o primo fornitore» del cliente di cui trattasi, ma contenevano anche impegni in termini quantitativi o sconti retroattivi progressivi subordinati all’acquisto di un certo volume. Gli accordi per gli anni 2000‑2002 conclusi con il gruppo olandese Royal Ahold e con l’ICA/Hakon/Ahold per la Svezia e la Norvegia costituiscono esempi di questo tipo di accordi.

61      Infine, per quanto riguarda accordi conclusi tra le ricorrenti e centrali di acquisto come la Superunie e l’ICA/Hakon, si deve rilevare, da un lato, che le ricorrenti non contestano che tali accordi rivestivano carattere vincolante per le centrali di acquisto che le avevano sottoscritte e, dall’altro lato, che la questione se essi influissero anche sul comportamento di acquirente dei loro membri non dipende da un’analisi formale.

62      Si deve, infatti, rilevare, alla stregua della Commissione, che, qualora le condizioni negoziate dipendano da obiettivi di acquisti in termini quantitativi da parte della centrale nel suo insieme, inerisce al negoziato stesso di un siffatto tipo di contratto che questo stesso contratto incentiverà i membri della centrale ad effettuare acquisti al fine di raggiungere l’obiettivo fissato.

63      Peraltro, la circostanza che l’obiettivo di acquisti fissato dal contratto concluso con l’ICA Ahold/Hakon è stato raggiunto (v. punto 171 della decisione impugnata) sta a dimostrare a che punto l’organizzazione centrale di acquisto aveva il potere di influire sui comportamenti dei dettaglianti indipendenti.

64      Peraltro, l’accordo con la Superunie menzionava espressamente ciascuno dei diversi aderenti e il numero di apparecchi che ciascuno di essi si presumeva avrebbe acquistato (v. allegato A‑15 al ricorso).

65      Si deve, infine, rilevare, come giustamente sottolineato dalla Commissione, che effettivamente dagli atti emergono varie indicazioni che dimostrano che il rispetto dell’accordo era strettamente sorvegliato e che pressioni erano esercitate sui distributori indipendenti.

66      Si deve a questo proposito menzionare, a titolo di esempio, la lettera 16 febbraio 2001 indirizzata dalla Tomra Europe alla ICA Ahold in merito all’accordo del 13 ottobre 2000, che esprime le inquietudini delle ricorrenti circa il ritmo degli acquisti della ICA in forza dell’accordo, e che ricorda che la ICA «si è impegnata a fare del suo meglio a livello centrale per sostenere [il gruppo] Tomra in tutta la sua catena di magazzini e per incoraggiare i suoi operatori in franchising ad accelerare la sostituzione di vecchi apparecchi e a restare al 100% fedele a tale accordo». La lettera precisa che il sostegno centrale della ICA «non è stato palesemente efficace finora», e che la comunicazione da parte della ICA degli incentivi offerti in forza dell’accordo ai suoi operatori in franchising non è stata sufficiente. La Tomra Europe invitava quindi l’ICA a prendere misure urgenti per dare esecuzione al piano conformemente all’accordo.

67      Alla luce di quanto sopra precede, tale motivo delle ricorrenti dev’essere pertanto respinto.

c)     Sugli impegni personalizzati in materia di quantitativi e i meccanismi individuali di sconti retroattivi

 Argomenti delle parti

68      Le ricorrenti assumono che non è assolutamente dimostrato che esse fossero state in grado di stimare con precisione il fabbisogno del cliente.

69      Sostengono, in primo luogo, che la Commissione nella decisione impugnata ammette che i clienti non le informavano del volume del loro fabbisogno totale o quasi totale di RVM durante il periodo contrattuale.

70      In secondo luogo, esse sostengono che, se la domanda di RVM fosse stata non ricorrente e irregolare come affermato nella decisione impugnata, allora il numero di RVM che un cliente acquistava durante l’anno precedente non poteva consentire loro di stimare la domanda totale o quasi totale del medesimo cliente per l’anno successivo.

71      Le ricorrenti contestano per di più l’affermazione della Commissione secondo cui la domanda di ciascun cliente sarebbe facilmente prevedibile «poiché essa è creata o aumentata mediante l’introduzione di sistemi di restituzione obbligatoria». A questo proposito le ricorrenti fanno presente che nessuno dei cinque Stati dove si sono verificate le asserite infrazioni ha introdotto un sistema di restituzione obbligatoria tra il 1998 e il 2002.

72      In terzo luogo, la Commissione avrebbe indirettamente riconosciuto che le ricorrenti non erano capaci di stimare il fabbisogno totale o quasi totale dei loro clienti di RVM, cancellando, in quanto segreti d’affari, tutte le cifre inerenti direttamente o indirettamente agli acquisti annui storici di RVM, e questo nell’integralità della decisione impugnata.

73      Infine, le ricorrenti affermano che era raro che gli impegni e gli obiettivi in termini quantitativi coincidevano con gli acquisti effettivi dei clienti. Gli acquisti effettivi erano o molto inferiori, o molto superiori all’impegno relativo agli asseriti quantitativi, mentre il cliente acquistava egualmente RVM presso loro concorrenti. A sostegno di tale affermazione, le ricorrenti producono una relazione preparata da economisti che hanno rilevato gli acquisti realmente effettuati da ciascun cliente pertinente e li hanno confrontati con gli impegni sui quantitativi allegati.

74      Le ricorrenti fanno presente che le constatazioni empiriche di tale relazione mostrano che gli acquisti effettivi di RVM sono stati sistematicamente più importanti dei quantitativi contrattuali. Ciò sarebbe dovuto al fatto che le ricorrenti erano in grado di offrire una tecnologia rivoluzionaria, della quale i clienti volevano per forza disporre nei loro punti di vendita. Ciò non si concilierebbe per contro con la decisione impugnata (v. punto 123), laddove viene affermato che gli acquisti previsti negli accordi corrispondevano «integralmente o pressoché» al numero di RVM che il cliente finiva per acquistare nel corso del periodo contrattuale.

75      La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

76      Per quanto riguarda gli impegni in materia di quantitativi personalizzati e i sistemi individuali di sconti retroattivi, le ricorrenti assumono che nulla dimostra che esse siano state in grado, durante il periodo esaminato, di stimare in concreto il fabbisogno di RVM dei clienti. Orbene, secondo le ricorrenti, l’illegalità di tale tipo di pratiche dipende proprio dalla capacità del fornitore di stimare il fabbisogno dei clienti.

77      Si deve rilevare, in limine, che la Commissione, nella decisione impugnata, ha effettivamente considerato che gli impegni sui quantitativi e i meccanismi di sconto erano stati personalizzati per ciascun cliente e che le soglie avevano come riferimento il fabbisogno totale di un cliente o di una grande parte di esso (v., per esempio, punto 319 della decisione impugnata).

78      Può, pertanto, affermarsi, come fanno le ricorrenti, che la decisione impugnata, per quanto riguarda la tesi relativa agli impegni sui quantitativi e ai meccanismi di sconto ivi esposti, si basa sulla circostanza che le ricorrenti erano in grado di personalizzare tale tipo di accordi conoscendo il fabbisogno di ciascun cliente. Orbene, l’argomento delle ricorrenti è dedotto dalla circostanza che esse non erano in realtà capaci di stimare con esattezza il fabbisogno dei clienti e, quindi, che la Commissione non poteva parlare di accordi personalizzati. Si deve, pertanto, verificare se la Commissione sia incorsa in errore a tal proposito.

79      In primo luogo, si deve rilevare che il cliente indicava talvolta una previsione circa la propria domanda futura, come nel contesto dell’accordo con la Rimi Svenska. Inoltre, nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti, le ricorrenti sostengono che, durante la fase di negoziazione del contratto, «[era] normale e necessario che le due parti avessero un’idea approssimativa del quantitativo, cioè del numero di unità che poteva costituire l’oggetto del contratto».

80      In secondo luogo, l’affermazione delle ricorrenti secondo la quale la Commissione avrebbe constatato che gli obiettivi erano fissati sulla base delle passate soglie acquisti è errata. Al contrario, la Commissione, nella decisione impugnata, ha, giustamente, considerato che, viste le caratteristiche del mercato delle RVM, la domanda di ciascun cliente era relativamente facile da prevedersi. Per prevedere i fabbisogni futuri dei lori clienti, le ricorrenti avevano a loro disposizione vari elementi: le indicazioni fornite dai clienti stessi, gli acquisti fatti dai clienti nel corso dell’anno precedente o di anni precedenti, i dati trasparenti sui fattori più pertinenti (numero e dimensione dei punti vendita, esistenza o prevedibile istituzione di un sistema di restituzione) nonché gli studi di mercato effettuati dalle ricorrenti stesse sulla base della loro conoscenza approfondita del mercato (v. punto 298 della decisione impugnata).

81      In particolare, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui nessuno tra i cinque paesi interessati dalla decisione impugnata ha introdotto un sistema di restituzione obbligatoria tra il 1998 e il 2002, si deve rilevare che la domanda di RVM è aumentata in previsione dell’introduzione di un sistema di restituzione, come si è verificato in Germania durante il periodo 2000‑2001, anche se il sistema è stato effettivamente introdotto solo alla fine del 2002 (v. punti 188, 219 e 221 della decisione impugnata). Altrettanto dicasi dei sistemi «volontari» di raccolta di contenitori di bibite usati, come quelli esistenti in Norvegia, che hanno anch’essi avuto un’incidenza manifesta e prevedibile sulla domanda di RVM (v. punto 242 della decisione impugnata).

82      Da ciò consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, una domanda «non ricorrente» e «irregolare» può cionondimeno essere facile da prevedersi, come nel caso di specie.

83      Per quanto riguarda il trattamento riservato, nella decisione impugnata, delle informazioni dei clienti circa acquisti effettuati presso fornitori concorrenti, si deve osservare che questa circostanza non può consentire di concludere che le ricorrenti non erano in grado di fare stime circa la domanda dei loro clienti. La domanda di riservatezza dei clienti sta ad indicare semplicemente che essi non volevano rivelare alle ricorrenti gli acquisti che essi avevano effettuato presso concorrenti.

84      Infine, per quanto riguarda la mancanza di correlazione sistematica tra gli asseriti impegni sui quantitativi e gli acquisti effettivamente realizzati dai clienti, si deve rilevare che lo studio fornito dalle ricorrenti riposa su un’erronea lettura della decisione impugnata. Infatti, la decisione impugnata indica che i contratti di cui trattasi in genere corrispondevano alla totalità o ad una porzione elevata del fabbisogno effettivo dei clienti durante un determinato periodo contrattuale e non che gli impegni sui quantitativi dovevano corrispondere esattamente all’effettiva domanda totale quale osservata ex post (v. punti 102, 108, 123, 124 e 127 della decisione impugnata).

85      Inoltre, la decisione impugnata precisa che, quando gli obiettivi fissati dagli accordi non corrispondevano al fabbisogno totale del cliente, essi corrispondevano almeno a un valore collocantesi tra il 75% e l’80% della sua domanda totale (v., per esempio, punto 159 della decisione impugnata).

86      Comunque, si deve rilevare che lo studio statistico presentato dalle ricorrenti sembra confermare la tesi sulla quale si fonda la decisione impugnata. Infatti, l’analisi effettuata a posteriori dalle ricorrenti mostra, in sostanza, che i volumi degli acquisti effettivi sono nella maggior parte dei casi leggermente superiori ai volumi previsti dagli impegni quantitativi. Tale constatazione è confermata dalla tabella comparativa fornita dalla Commissione dove gli impegni quantitativi e gli sconti per obiettivo praticati sono comparati con gli acquisti realmente effettuati dai clienti.

87      Alla luce di quanto sopra considerato, anche tale motivo delle ricorrenti dev’essere respinto.

d)     Sulla valutazione di taluni contratti conclusi nel territorio della Germania, dei Paesi Bassi, della Svezia e della Norvegia

88      Le ricorrenti sostengono che, per quattro dei cinque paesi nel cui territorio l’infrazione sarebbe stata commessa, la maggior parte dei contratti menzionati nella decisione impugnata sono stati valutati in modo incoerente. Tali contratti non avrebbero, pertanto, dovuto essere stati presi in considerazione dalla Commissione e tale motivo sarebbe sufficiente per giustificare l’annullamento della decisione impugnata. Le ricorrenti non contestano l’analisi dei contratti in Austria. Il primo motivo del ricorso non riguarda pertanto tale mercato.

89      Occorre, pertanto, esaminare qui di seguito le censure relative ai contratti riguardanti la Germania, i Paesi Bassi, la Svezia e la Norvegia.

 Germania

90      Le ricorrenti sostengono che oltre la metà degli accordi riguardanti la Germania invocati dalla Commissione non esistevano o non comprendevano clausole di esclusiva, impegni in termini quantitativi o sconti retroattivi.

91      La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalle ricorrenti.

–       Edeka Bayern-Sachsen-Thüringen (1998‑1999)

92      Le ricorrenti affermano che tale contratto non era esclusivo e che prevedeva soltanto che il cliente dovesse acquistare RVM presso di loro in modo concentrato. Il cliente era tuttavia autorizzato a provare apparecchi concorrenti nonché ad acquistarli se essi presentavano vantaggi significativi.

93      Le ricorrenti aggiungono che la Commissione non fornisce la prova che l’accordo potrebbe essere qualificato esclusivo.

94      Si deve rilevare che, contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, l’accordo era concepito fin dall’origine come un accordo di esclusiva. Un contatto verbale tra le due società, il cui contenuto è stato diffuso per posta elettronica in seno alla filiale tedesca del gruppo Tomra, corrobora tale argomento.

95      Inoltre, si deve sottolineare che, quando un accordo non è esclusivo, il cliente resta libero delle sue scelte e può acquistare presso qualsiasi concorrente. Non è necessario normalmente che il cliente dimostri che il concorrente possiede un «vantaggio significativo», come avviene nel caso di specie.

96      Per quanto riguarda l’argomento che deduce che l’accordo in esame prevede che l’Edeka Bayern-Sachsen-Thüringen possa effettivamente provare apparecchi di concorrenti delle ricorrenti, si deve considerare che un cliente, affinché ordini apparecchi ad un nuovo fornitore, deve averli provati per un certo periodo di tempo; un periodo di esclusiva non è pertanto incompatibile con il fatto di riservarsi il diritto di provare apparecchi concorrenti. Peraltro, un contratto che non è esclusivo non contiene, in linea di principio, una siffatta clausola.

97      Si deve, pertanto, rilevare che, come giustamente sottolineato dalla Commissione, un contratto non contiene normalmente clausole che inquadrino o orientino le scelte di acquisto operate dal cliente. Infatti, clausole quali quelle che lasciano la possibilità al cliente di effettuare prove sugli apparecchi concorrenti per un periodo limitato o una clausola che consente di approvvigionarsi presso concorrenti solo se il vantaggio è significativo non può stare ad indicare che l’accordo non sia esclusivo.

98      Tale censura dev’essere, pertanto, respinta.

–       Edeka Handelsgesellschaft Hessenring (1999)

99      Le ricorrenti contestano il modo in cui la Commissione ha analizzato l’accordo del 1999, sostenendo che non fornisce alcuna prova a sostegno dell’affermazione secondo la quale la soglia di 2 milioni di marchi tedeschi (DEM), richiesta per ottenere un asserito sconto individuale dello 0,5%, rappresentava un sistema di sconti personalizzati fondato sulla totalità o sulla quasi totalità del fabbisogno del cliente. Le ricorrenti aggiungono che questa soglia non è stata raggiunta dall’Edeka Handelsgesellschaft Hessenring nel 1999. Pertanto, quand’anche una siffatta clausola di sconto subordinata all’importo degli acquisti fosse esistita, essa non avrebbe potuto applicarsi.

100    Si deve, a questo proposito, rilevare, alla stregua delle ricorrenti, che, in effetti, la Commissione non dimostra, nella decisione impugnata, che l’accordo con l’Edeka Handelsgesellschaft Hessenring costituisse un sistema di sconti personalizzati basato sulla totalità o quasi totalità del fabbisogno del cliente. In assenza di altri elementi, il fatto che l’Edeka Handelsgesellschaft Hessenring non abbia acquistato prodotti per un importo superiore alla soglia specifica per ottenere lo sconto sembra confermare tale circostanza.

101    Si deve, tuttavia, sottolineare che, anche se la Commissione non ha dimostrato che si trattasse di un accordo personalizzato, non può negarsi che si tratta, comunque, di un accordo di sconto progressivo e retroattivo. Inoltre, nel caso che il cliente avesse acquistato un quantitativo inferiore alla soglia, si deve rilevare che la Commissione, senza essere contraddetta dalle ricorrenti, afferma che ha incluso nella «parte subordinata» solo gli acquisti effettivi presso l’impresa in posizione dominante durante il periodo dell’accordo.

102    Tale censura delle ricorrenti non può, pertanto, essere accolta.

–       Edeka Baden-Würtemberg (2000)

103    Le ricorrenti assumono che il contratto in esame non può essere qualificato come esclusivo. A loro avviso, si tratterebbe di una conferma di un ordinativo relativo all’1,7% dei punti dell’Edeka. L’accordo non conterrebbe alcun’altra informazione circa l’eventualità che possa trattarsi di un accordo di esclusiva.

104    L’argomento avanzato dalle ricorrenti non è convincente, nella misura in cui la Commissione fornisce la prova a due riprese che si trattava senz’altro di un contratto di esclusiva. Infatti, a sostegno del suo argomento, la Commissione presenta una nota interna del 24 settembre 2000, che fa riferimento ad un accordo di esclusiva in corso («bestehenden Exclusivvertrag»).

105    Inoltre, per quanto riguarda l’argomento relativo al fatto che la Commissione contempli l’Edeka nel suo insieme, si deve precisare che tale non è il caso. Infatti, la Commissione specifica che l’accordo è limitato ai nuovi punti vendita dell’Edeka.

106    Si deve, pertanto, respingere tale censura.

–       COOP Schleswig-Holstein (2000)

107    Le ricorrenti assumono che non si tratterebbe di un contratto di esclusiva. Precisano che la Commissione ha avuto tra le sue mani solo una corrispondenza tra esse stesse e la COOP che conferma l’acquisto da parte della COOP di 25 RVM. Non si tratterebbe di un contratto di esclusiva, tanto più che, secondo le ricorrenti, la COOP avrebbe acquistato solo sette RVM. Le ricorrenti da ciò concludono che le parti non si sentivano vincolate da tale lettera.

108    Le ricorrenti aggiungono che nella lettera del 10 marzo 2000 nessuna clausola impediva alla COOP di rifornirsi presso le loro concorrenti.

109    Tuttavia, la prova fornita dalla Commissione, secondo la quale la lettera del 10 marzo 2000 della Tomra Systems GmbH alla COOP contemplava un «accordo quadro di esclusiva», era sufficiente a dimostrare che l’accordo di cui trattasi era senz’altro un contratto di esclusiva.

110    Per la ragione sopra esposta, tale censura delle ricorrenti dev’essere respinta.

–       Netto

111    Le ricorrenti sostengono che il bonus progressivo incluso nel contratto non ha potuto essere stato distribuito in quanto il cliente non aveva ordinato il numero di RVM necessario per fruire del detto bonus. Per aver diritto a due RVM gratuite la Netto avrebbe dovuto ordinare 150 RVM. Orbene l’ordinativo, secondo le ricorrenti, è stato nel 2001 solo di 109 unità e nel 2002 di 126.

112    Le ricorrenti aggiungono che l’obiettivo non è stato raggiunto, poiché gli acquisti effettivi sono stati nettamente inferiori, e che il fatto che il contratto sia stato da loro unilateralmente prorogato oltre la data inizialmente prevista è privo di pertinenza, poiché il cliente non poteva aspettarsi che esse procedessero a tale estensione, circostanza che escluderebbe nella specie qualsiasi effetto dissuasivo.

113    Per quanto riguarda il contratto con la Netto, si deve rilevare che, se è vero che le soglie non sono state raggiunte, la decisione impugnata al punto 202 afferma che detto contratto era stato prorogato probabilmente con l’obiettivo di consentire al cliente di raggiungere le soglie successivamente. Le ricorrenti non hanno dimostrato che tale circostanza non si sia verificata. Tale motivo dev’essere, pertanto, respinto.

–       Rewe Wiesloch e Rewe-Hungen (1997)

114    Le ricorrenti contestano il fatto di essere state fornitori esclusivi di RVM di tali due organizzazioni, e affermano che l’appalto per la fornitura di RVM è stato attribuito nel 1997 alla Halton.

115    Su tale censura non occorre tuttavia statuire, dato che l’accordo si pone al di fuori del periodo esaminato dalla decisione impugnata.

–       Rewe Hungen (2000)

116    Le ricorrenti sostengono che l’accordo non è in contrasto con l’art. 82 CE poiché l’ordinativo effettuato dalla Rewe presso di loro era nettamente inferiore (meno del 50%) al fabbisogno del cliente. Inoltre, volendo dare loro credito, il volume effettivamente acquistato era sensibilmente superiore all’obiettivo convenuto tra le parti.

117    Si deve rilevare che il fatto che un cliente non superi la soglia fissata nel contratto nulla toglie all’incentivo supplementare prodotto dallo sconto fintantoché non sarà stato raggiunto il volume obiettivo. Inoltre, si deve sottolineare che, all’atto del calcolo della consistenza del volume non offerto alla concorrenza, la Commissione ha preso in considerazione solo il volume che va fino alla soglia (nella specie 20 apparecchi) e ha considerato il resto degli acquisti del cliente come domanda che poteva essere conquistata.

118    Si deve, di conseguenza, respingere tale censura delle ricorrenti.

119    Alla luce di quanto sopra precede, si deve concludere che la decisione impugnata non è inficiata da errori manifesti di valutazione per quanto riguarda gli accordi conclusi in Germania.

 Paesi Bassi

120    Le ricorrenti contestano la valutazione operata dalla Commissione su quattro contratti esaminati nella sezione della decisione impugnata che tratta dei Paesi Bassi. Secondo le ricorrenti, la decisione impugnata qualifica erroneamente tali contratti che non potevano essere pertinenti ai sensi di una violazione dell’art. 82 CE.

121    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalle ricorrenti.

–       Albert Heijn (1998‑2000)

122    Le ricorrenti sostengono che la loro conferma dell’ordinativo non firmato datato 30 ottobre 1998, ove viene menzionato il fatto che l’Albert Heijn aveva ordinato per telefono 200 RVM, non contiene alcuna informazione che consenta di suffragare l’affermazione secondo la quale l’Albert Heijn era tenuta ad acquistare 200 RVM o che il prezzo sarebbe cambiato se il cliente avesse scelto di acquistare un volume inferiore di RVM, o che ciò costituiva il fabbisogno totale o pressoché totale del cliente. In effetti, la Commissione riconoscerebbe che, nell’aprile 2000, l’Albert Heijn aveva acquistato solo 121 RVM presso le ricorrenti.

123    Si deve, tuttavia, rilevare che il documento qui in esame stabilisce espressamente che l’Albert Heijn era tenuta ad acquistare 200 RVM: «Albert Heijn si impegna ad acquistare 200 apparecchi automatici Tomra T600 entro il 31 dicembre 2000, con proroga sino al 31 marzo 2001 incluso».

124    Si deve, inoltre, rilevare che, come sostenuto dalla Commissione, le ricorrenti le hanno fatto pervenire tale accordo nel contesto della loro risposta del 14 marzo 2002 alla richiesta di informazioni da essa formulate a titolo dell’art. 11 del regolamento n. 17, e che, in occasione della loro risposta alla comunicazione degli addebiti, non hanno in nessun momento fatto valere che l’accordo, incluso nella medesima comunicazione, non era firmato o non era mai esistito.

125    Inoltre, per quanto riguarda la constatazione che, nell’aprile 2000, l’Albert Heijn aveva acquistato solo 121 RVM presso le ricorrenti, si deve rilevare che a tale data restava un intero anno prima della scadenza prevista nell’accordo. Non è pertanto possibile considerare, alla luce di tali elementi, che l’accordo non sia stato rispettato.

126    Si deve aggiungere che l’esistenza di tale accordo è confermata dall’accordo Royal Ahold Global Master, qui di seguito esaminato, che era un accordo di esclusiva più ampio concluso con la Royal Ahold, gruppo al quale apparteneva l’Albert Heijn. L’art. 4.2 di tale accordo menziona il precedente accordo intervenuto con l’Albert Heijn e ricorda che, «in forza dell’accordo 30 ottobre 1998», l’Albert Heijn è ancora «tenuta ad acquistare 79 apparecchi supplementari presso la [Tomra Systems BV]», il che corrisponde alla differenza tra l’impegno iniziale di acquistare 200 apparecchi e i 121 apparecchi già acquistati.

127    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che il documento di cui trattasi testimonia l’esistenza di un contratto in forza del quale l’Albert Heijn era tenuta ad acquistare 200 RVM presso le ricorrenti.

–       Royal Ahold (2000‑2002)

128    Le ricorrenti contestano il fatto che l’accordo Royal Ahold Global Master fosse esclusivo, e sostengono che nulla in questo accordo impediva alla Royal Ahold di acquistare apparecchi concorrenti. Sostengono che il paragrafo 1.2 dell’accordo fa esplicita menzione del fatto che la Royal Ahold è libera di acquistare presso altri fornitori, e che la Royal Ahold non è tenuta a porre fine ad accordi esistenti con altri fornitori di RVM. Le ricorrenti sostengono infatti che esse erano considerate soltanto il «fornitore principale», e non esclusivo.

129    Le ricorrenti aggiungono che la Commissione, nella decisione impugnata stessa, riconosce che la Royal Ahold ha acquistato RVM presso altri fornitori durante il periodo contrattuale. Inoltre, sostengono che le dichiarazioni citate nel controricorso e le loro indicazioni per dare spiegazione degli accordi non costituiscono, a termini del diritto in materia contrattuale applicabile nella specie [cioè quello di New York (Stati Uniti)], prove tali da convincere un giudice a far rispettare l’esclusiva nei confronti della Royal Ahold. Il fatto che la Royal Ahold abbia proceduto ad acquisti presso fornitori concorrenti porrebbe la questione di sapere quale sarebbe abbia potuto essere il reale effetto dissuasivo di tale contratto.

130    Gli argomenti della ricorrente relativi all’accordo con la Royal Ahold non possono essere accolti.

131    Infatti, i documenti citati nella decisione impugnata confermano che tale contratto era esclusivo. Il comunicato stampa delle ricorrenti del 13 aprile 2000 indica che: «[il gruppo] Tomra e (...) Royal Ahold hanno firmato un accordo mondiale che fa [del gruppo] Tomra il fornitore esclusivo della Royal Ahold per apparecchi di riconsegna di vuoti e i servizi inerenti per un periodo di tre anni» (v. punto 139 della decisione impugnata). Si deve inoltre rilevare che ciò è stato espressamente riconosciuto dalle ricorrenti, nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti.

132    È certamente vero, come peraltro ammesso dalla Commissione, che l’accordo non obbliga la Royal Ahold a disdire accordi esistenti con altri fornitori di RVM prima della scadenza. Tuttavia si deve osservare che la sezione 1.2 dell’accordo stabiliva che gli acquisti di altre RVM presso concorrenti «non era vietato», «a condizione tuttavia che la durata per quanto riguarda tali apparecchi supplementari non ecceda la più lunga durata da coprire nel punto di vendita al dettaglio dove sono installati apparecchi supplementari».

133    La sezione 1.2 dell’accordo qui in esame prevede, pertanto, che gli accordi con altri fornitori dovessero essere progressivamente soppressi, e che non sarebbero stati accettati contratti con i concorrenti la cui durata avrebbe superato la più lunga durata che restava da coprire a livello di ciascun punto di vendita.

134    Pertanto, tale censura delle ricorrenti dev’essere respinta.

–       Lidl (1999‑2000)

135    Le ricorrenti sostengono che, per quanto riguarda l’accordo del mese di aprile 1999, la Commissione ha omesso di unire agli elementi di prova il fatto che l’ordinativo di Lidl menzioni esplicitamente che la Lidl Nederland GmbH non si impegna in un accordo di esclusiva.

136    Inoltre, la Commissione deformerebbe gli elementi di prova laddove afferma che l’intenzione della Lidl era di acquistare «quantomeno» 40 RVM poiché la lettera menziona semplicemente il fatto che la Lidl aveva l’intenzione di acquistare 40 RVM. La Commissione avrebbe egualmente riconosciuto che la Lidl aveva acquistato soltanto 21 RVM dalle ricorrenti nel 1999.

137    Le ricorrenti osservano che, al punto 142 della decisione impugnata, la Commissione fa riferimento ad un accordo del 2000 concluso allo scopo di «sostituire 44 vecchie macchine Halton e 33 vecchie macchine Tomra con 77 nuove RVM Tomra entro la fine del detto anno». Poiché non viene specificato alcun quantitativo minimo, la lettera confermerebbe piuttosto che la Lidl aveva ordinato 77 RVM per sostituire un medesimo numero di vecchie RVM nei suoi magazzini. La Commissione avrebbe riconosciuto che la Lidl aveva in effetti acquistato 82 RVM presso le ricorrenti nel 2000. Secondo le ricorrenti, la lettera sta chiaramente a dimostrare che la Lidl aveva chiesto loro di sostituire le sue macchine, perché la loro tecnologia avanzata poteva essere più specificamente adattata al fabbisogno della Lidl.

138    Per quanto riguarda l’accordo del mese di aprile 1999, si deve constatare che la decisione impugnata non qualifica l’accordo con la Lidl come esclusivo. Tale accordo è descritto sotto la rubrica «Esclusiva e impegni quantitativi» al punto 142 della decisione impugnata e sotto la rubrica «Impegni quantitativi e condizioni unilaterali connesse a determinati quantitativi» al punto 302 della decisione impugnata. Per quanto riguarda la constatazione delle ricorrenti secondo cui la Lidl aveva acquistato solo 21 apparecchi nel 1999, si deve sottolineare che tale circostanza nulla toglie al fatto che tale accordo obbligava il cliente ad acquistare 40 apparecchi su un periodo di due anni, dato che il periodo contrattuale di due anni non si era ancora concluso.

139    Si deve, pertanto, respingere le osservazioni delle ricorrenti relative a tale accordo.

140    Per quanto riguarda l’accordo firmato il 29 settembre 2000, basta rilevare, da un lato, che le ricorrenti non negano che il cliente si era impegnato ad acquistare 77 apparecchi entro la fine dell’anno e, dall’altro lato, che la decisione impugnata non ha tenuto conto di tale accordo per calcolare la quota del mercato subordinato, non acquisibile dai concorrenti delle ricorrenti (v. punto 163 e nota a piè di pagina n. 335 della decisione impugnata).

141    Di conseguenza, tale motivo non può essere accolto.

–       Superunie (2001)

142    Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che la Superunie è un’organizzazione centrale di acquisto di diritto olandese, che i suoi membri prendono le loro decisioni di acquisto indipendentemente e che l’accordo firmato con tale tipo di organizzazione, che conteneva un impegno di acquistare un minimo di 130 apparecchi su un periodo di un anno e mezzo, non è vincolante per i suoi membri.

143    Gli argomenti delle ricorrenti non possono essere accolti. Basta a questo riguardo rinviare alle considerazioni di cui ai punti 61‑66 supra circa gli accordi con le centrali di acquisto.

144    Alla luce di quanto precede, si deve considerare che, per quanto riguarda i quattro contratti dei Paesi Bassi contestati dalle ricorrenti, la decisione della Commissione non è inficiata da errori manifesti di valutazione.

 Svezia

145    Le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata qualifica erroneamente la maggior parte degli accordi conclusi in Svezia, e che per tale ragione è inficiata da errore manifesto.

146    La Commissione contesta gli argomenti avanzati dalle ricorrenti.

–       ICA Handlares (Svezia) e Hakon Gruppen (Norvegia) (2000‑2002)

147    Le ricorrenti assumono che tale contratto, essendo un allegato del contratto stipulato tra il gruppo Tomra e la Royal Ahold, non può essere qualificato esclusivo nella misura in cui l’accordo Royal Ahold non è esso stesso qualificato come esclusivo.

148    Le ricorrenti aggiungono che la ICA, al pari della Hakon, sono «uffici di amministrazione centrale» per punti di vendita totalmente indipendenti. Quindi le ricorrenti sostengono che, anche se l’accordo di cui trattasi era stato esclusivo, nulla impedirebbe ai punti di vendita di approvvigionarsi di RVM presso concorrenti delle ricorrenti.

149    Per quanto riguarda l’argomento relativo alla qualifica del contratto di esclusiva, si deve rilevare che il contratto con la Royal Ahold Global Master è stato già in precedenza esaminato e che si è pervenuti alla conclusione che si trattava di un accordo di esclusiva (v. punti 128‑133 supra). La Commissione ha, pertanto, giustamente concluso che l’accordo ICA, essendo un allegato di tale contratto, diveniva per definizione esclusivo. Risulta, inoltre, dagli atti e, in particolare, dalla «proposta di sconto globale supplementare in Norvegia e in Svezia» che la Commissione ha, giustamente, potuto affermare che l’accordo conteneva egualmente una clausola che consentiva di ottenere il beneficio di uno sconto supplementare in occasione dell’acquisto di RVM. Infatti, la Commissione ha qualificato l’accordo abusivo, poiché non conteneva soltanto una clausola di esclusiva. Uno sconto del 10% veniva versato alla ICA, in aggiunta al sistema di sconto specifico posto in essere in Svezia, qualora si impegnasse ad acquistare almeno 1100 nuove RVM per il territorio della Svezia e della Norvegia entro un periodo che va dal 2000 al 2002. L’accordo aveva pertanto per oggetto non solo quello di istituire una clausola di esclusiva, ma anche di tener fedele la clientela della ICA e della Hakon mediante uno sconto che era versato al superamento di un quantitativo fisso di acquisti di RVM.

150    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti relativo all’indipendenza dei punti vendita, basta rinviare alle considerazioni effettuate supra ai punti 61‑66 a proposito delle organizzazioni centrali di acquisto.

151    Per dette ragioni, tale censura dev’essere totalmente respinta.

–       Rimi Svenska (2000)

152    Le ricorrenti affermano che non vi era alcun impegno in termini di quantità per quanto riguarda l’ordinativo globale dal mese di aprile 2000, poiché la Rimi, nel corso del periodo coperto dall’accordo, aveva acquistato solo 23 RVM per 2,6 milioni di corone svedesi (SEK), mentre lo sconto retroattivo doveva essere pagato solo se gli acquisti superavano SEK 7,5 milioni.

153    Le ricorrenti, nella replica, fanno presente che l’obiettivo previsto non ha potuto essere raggiunto nell’ambito del contratto più vasto concluso con la ICA.

154    Tali argomenti non possono essere presi in considerazione, nella misura in cui l’accordo con la Rimi Svenska è stato sostituito nell’ottobre 2000 dall’accordo più ampio, firmato con la ICA Ahold, di cui la Rimi Svenska è una filiale, che prevedeva i medesimi sconti del 10%, ma a condizioni più flessibili ai fini dell’ottenimento dello sconto. La Rimi non ha, pertanto, perduto lo sconto cui aveva diritto in forza dell’accordo precedente che pure prevedeva uno sconto qualora designasse il gruppo Tomra come fornitore principale.

155    La lettera del 2 novembre 2000, allegata al ricorso, non può essere, a questo proposito, messa da parte, sapendo che essa conferma che la Rimi Svenska ha beneficiato di uno sconto retroattivo parziale e che il resto le sarebbe stato versato nel novembre 2000. Il documento precisa, inoltre, che l’ordinativo globale è disdetto e sostituito con l’accordo ICA, più generale, come ricordato al punto 154 supra. Si deve rilevare, inoltre, che non è suffragata l’affermazione delle ricorrenti secondo cui l’obiettivo previsto non ha potuto essere raggiunto nell’ambito del contratto più ampio concluso con la ICA.

156    Si deve, pertanto, parimenti respingere tale censura.

–       Spar, Willys e KB Exonen (gruppoAxfood) (2000)

157    Le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha prodotto alcuna prova dell’esistenza di un accordo che conferisse alla Spar il «diritto» agli sconti retroattivi. Le ricorrenti sostengono che, nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti, esse avevano esplicitamente fatto riferimento alla dichiarazione dell’Axfood, la quale precisa che la Spar e la Willys effettuavano i loro acquisti in forza di un accordo concluso tra la D-Gruppen e il gruppo Tomra nel 2000, che non offriva sconti in base ai volumi.

158    Si deve, a questo proposito, rilevare che la Commissione, nella decisione impugnata, afferma che l’accordo di cui trattasi contiene sconti retroattivi in contropartita dell’acquisto di un quantitativo determinato di prodotti delle ricorrenti. Queste ultime sostengono che la Commissione non ha suffragato le sue affermazioni.

159    Tuttavia, le ricorrenti sembrano dedurre argomenti contraddittori. Infatti, in un primo tempo, nell’ambito delle informazioni che esse hanno fornito alla Commissione, le ricorrenti hanno riconosciuto di aver concluso accordi con la Spar e la Willys contenenti clausole di sconto retroattivo. Poi, in un secondo tempo, le ricorrenti hanno affermato che tali accordi o erano compresi in un accordo più ampio che non contiene clausole di sconto o non erano mai esistiti. Infine, hanno sostenuto che talune prove sarebbero scomparse.

160    Alla luce degli elementi a disposizione del Tribunale, tale censura deve essere senz’altro respinta.

–       Axfood (2001)

161    Le ricorrenti sostengono che tale accordo non era vincolante e che l’Axfood non era tenuta ad acquistare i quantitativi di cui trattasi. Sostengono che l’Axfood ha acquistato solo la metà del quantitativo convenuto.

162    Non è controverso né che tale accordo non è esclusivo né che contenga impegni in termini quantitativi.

163    Tale accordo viene citato al punto 314 della decisione impugnata sotto il titolo «Sistemi di sconto». Come indicato al punto 178 e alla nota a piè di pagina n. 389 della detta decisione, si tratta di un accordo che prevede soglie che conferiscono al cliente il diritto a sconti retroattivi in funzione del numero di apparecchi acquistati. Poiché le ricorrenti non rimettono in discussione tale constatazione, non occorre pronunciarsi su tale censura.

–       Axfood (2003‑2004)

164    Le ricorrenti considerano che tale accordo non era esclusivo poiché l’Axfood era semplicemente autorizzata a provare apparecchi concorrenti e nulla nell’accordo le impediva di acquistare tali apparecchi.

165    A questo proposito, basta constatare che tale accordo non rientra nell’ambito temporale dell’infrazione constatata nella decisione impugnata. Non è pertanto necessario statuire su tale censura delle ricorrenti.

166    Alla luce di quanto sopra, si deve concludere che la decisione impugnata non è inficiata da errori manifesti di valutazione per quanto riguarda gli accordi conclusi in Svezia.

 Norvegia

167    Le ricorrenti sostengono che tutti gli accordi riguardanti la Norvegia (100% delle vendite delle ricorrenti in Norvegia) invocati dalla Commissione non esistevano o non contenevano clausole di esclusiva, impegni sui quantitativi o sconti retroattivi.

168    La Commissione contesta gli argomenti avanzati dalle ricorrenti.

–       Køff Hedmark e Rema 1000 (1996), AKA/Spar Norge (1997)

169    Le ricorrenti sostengono che gli asseriti accordi con i clienti sopra menzionati non sono contratti di esclusiva, ma semplici lettere di offerte che menzionano prezzi.

170    Inoltre, le ricorrenti sottolineano che, poiché gli accordi recano data del 1996 e del 1997, essi si situano al di fuori dell’ambito di applicazione temporale della decisione impugnata.

171    In considerazione del fatto che tali tre contratti si collocano effettivamente al di fuori del campo di applicazione ratione temporis della decisione, non è necessario pronunciarsi su tale censura.

–       NorgesGruppen, Hakon Gruppen, NKL (COOP) e Rema 1000 (1999‑2000)

172    Le ricorrenti censurano in limine la Commissione per non avere separato i differenti contratti in considerazione e, con riferimento ai punti della decisione che al riguardo vengono in esame, affermano che sono di «difficile lettura».

173    Per quanto riguarda l’accordo con la NorgesGruppen, le ricorrenti sostengono che l’accordo non è esclusivo. Infatti, affermano che la domanda totale del cliente era di 1 300 RVM. Orbene, soltanto 635 RVM sarebbero state ordinate presso le ricorrenti. Poiché il fabbisogno era più importante della domanda, le ricorrenti da ciò concludono che le forniture complementari sono state fatte presso imprese concorrenti. Pertanto, la Commissione avrebbe omesso di prendere in considerazione una lettera del 13 ottobre 1998 che conferma il fabbisogno effettivo del cliente.

174    Inoltre, le ricorrenti sostengono che la Commissione stessa avrebbe riconosciuto che la NorgesGruppen non era costretta ad acquistare un minimo di RVM presso di loro. L’ordinativo di queste ultime e la sua conferma menzionerebbero esplicitamente il fatto che il contratto non era esclusivo.

175    Infine, le ricorrenti sottolineano che la Commissione ha sollevato un argomento pertinente per quanto riguarda lo sconto che la NorgesGruppen avrebbe dovuto rimborsare se avesse acquistato meno di 500 RVM. Orbene, la realtà dimostrerebbe che tale non è il caso poiché sarebbero stati ordinati 635 apparecchi. La Commissione non avrebbe saputo dimostrare sotto quale aspetto l’accordo differirebbe da uno sconto ordinario sui volumi.

176    Per quanto riguarda la Hakon Gruppen, le ricorrenti assumono che non era stata fissata alcuna soglia minima di acquisti in quanto nella conferma dell’ordinativo del cliente viene stabilito che questi poteva acquistare un numero inferiore di RVM anche se aveva diritto allo sconto solo per le macchine effettivamente acquistate. Tale elemento di prova non sarebbe stato peraltro contestato dalla Commissione.

177    Inoltre, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di non aver tenuto conto degli elementi di prova che consentivano di desumere che il contratto non era esclusivo e, in particolare, del verbale di una riunione del «panel per le boutiques» del 2 febbraio 1999.

178    Per quanto riguarda la NKL (COOP), le ricorrenti sostengono che il cliente non era tenuto ad acquistare il volume convenuto, e che la decisione impugnata non prova che le ricorrenti hanno adeguato l’ordinativo alla domanda individuale del cliente. Parimenti, le ricorrenti affermano che la NKL si sarebbe egualmente rifornita presso il concorrente Lindco durante il periodo considerato.

179    Per quanto riguarda infine l’accordo concluso con la Rema 1000, le ricorrenti sostengono che l’asserito accordo che propone sconti, a fronte di un ordinativo di 200 macchine, non è stato firmato dal cliente e che esso non obbligava la Rema 1000 ad acquistare un quantitativo minimo di RVM. Fanno riferimento a dichiarazioni della Rema 1000 secondo le quali altri fornitori non potevano concorrere con la qualità e il livello del servizio delle ricorrenti. Aggiungono, infine, che la Rema 1000 si sarebbe essenzialmente rifornita presso loro concorrenti.

180    Vanno analizzati contemporaneamente gli accordi NorgesGruppen, Hakon Gruppen, NKL (COOP) e Rema 1000. In sostanza, le ricorrenti addebitano alla Commissione di aver qualificato tali contratti come esclusivi e di aver affermato che esse prevedevano uno sconto progressivo in cambio di un quantitativo ordinato.

181    Per quanto riguarda l’argomento che deduce l’esistenza di contratti di esclusiva, non occorre pronunciarsi su tale questione dato che la decisione impugnata non ha qualificato tali accordi come esclusivi (v. punto 302 della decisione impugnata).

182    Per quanto riguarda l’argomento che deduce la qualifica degli accordi come impegni sui quantitativi in cambio di un conseguente sconto, la Commissione ha, giustamente, precisato che ciò che conta per concludere per l’esistenza di accordi di impegno è stabilire se le pratiche creino un incentivo a non acquistare presso concorrenti.

183    Infatti, per quanto riguarda l’accordo concluso con la Rema 1000, è dato di rilevare che lo sconto è conseguente poiché proporzionale al numero delle macchine da acquistare (14% per 200), sapendo che per gli altri contratti esisteva uno sconto equivalente, ma per un quantitativo di acquisti nettamente superiore (500 macchine). Peraltro, per tutti gli altri contratti le ricorrenti proponevano di versare lo sconto prima dell’acquisto delle RVM e precisavano che, se il quantitativo previsto non veniva raggiunto, sarebbe spettato ai clienti rimborsare tale sconto per il numero di macchine non ordinate. Da ciò risulta, come giustamente sottolineato dalla Commissione, un incentivo per il cliente maggiore di quanto lo sarebbe se lo sconto fosse stato versato dopo ogni ordinativo.

184    Di conseguenza, tale censura delle ricorrenti dev’essere respinta.

–       NorgesGruppen (2000‑2001)

185    Per quanto riguarda l’accordo della NorgesGruppen per gli anni 2000 e 2001, le ricorrenti assumono che con tale cliente non è stato stipulato alcun accordo, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione. Infatti, si tratterebbe di una lettera di offerta non firmata.

186    Si deve, a questo proposito, rilevare che la lettera di offerta non firmata, allegata al ricorso, è stata prodotta dalle ricorrenti alla Commissione nell’ambito della loro risposta ad una domanda di informazioni, che chiedeva alle ricorrenti di indicare tutti gli accordi, compresi quelli che erano stati conclusi in modo informale.

187    Si deve, inoltre, aggiungere che, sulla base degli elementi contenuti nel fascicolo, può affermarsi che le ricorrenti hanno offerto uno sconto pagato anticipatamente sulla base di un obiettivo di volume di150 RVM e hanno rifornito il cliente a un prezzo ridotto (v. punto 247 e nota a piè di pagina n. 547 della decisione impugnata).

188    Orbene, se è vero che il documento allegato al ricorso è una lettera di offerta non firmata, resta cionondimeno che lo sconto è stato concesso e che le vendite sono state effettuate alle condizioni proposte in tale documento. Da ciò risulta, inoltre, che il cliente non ha acquistato nulla presso fornitori concorrenti durante tale periodo (v. allegato al ricorso A‑35).

189    Infine, si deve rilevare che la decisione impugnata stessa precisa che si trattava di un’offerta non firmata e che l’obiettivo di acquisti non era stato raggiunto. Alla luce di dette considerazioni, tale censura dev’essere respinta.

–       NKL (COOP) e Rema 1000 (2000‑2001)

190    Per quanto riguarda la NKL (COOP), le ricorrenti riconoscono che uno sconto del 10% era stato proposto alla NKL se l’acquisto superava le 150 RVM. Orbene, le ricorrenti affermano che la NKL non ha firmato tale offerta e che l’accordo non sarebbe stato infine concluso. Le ricorrenti sostengono che il fatto che gli acquisti effettivi del cliente siano stati inferiori all’obiettivo iniziale dell’offerta starebbe a dimostrare l’assenza di impegni vincolanti.

191    Per quanto riguarda la Rema 1000, le ricorrenti riprendono lo stesso ragionamento fatto per l’accordo stipulato con la NKL (COOP), nella misura in cui si sarebbe egualmente avuta un’offerta di sconto sull’acquisto di 70 macchine, che il cliente avrebbe rifiutato. Le ricorrenti contestano quindi che si sia avuto un accordo concluso tra le parti.

192    L’argomento delle ricorrenti, secondo il quale il fatto che gli acquisti effettivi di questi due clienti siano stati inferiori all’obiettivo iniziale dell’offerta proverrebbe l’assenza di impegni vincolanti, deve essere respinto.

193    Si deve a questo proposito, in primo luogo, osservare che la decisione impugnata non afferma che questi due clienti [NKL (COOP) e Rema 1000] erano contrattualmente tenuti ad acquistare un dato quantitativo di macchine. Infatti, le due società sono citate al punto 302 della decisione impugnata sotto la rubrica «Impegni quantitativi e condizioni unilaterali connesse a determinati quantitativi». Si tratterebbe, nei due casi, di sconti subordinati all’acquisto da parte del cliente di un grande quantitativo di macchine su un periodo di circa un anno. Nel caso della Rema 1000, il sistema di sconto prevedeva uno sconto condizionato diretto (10% per un volume di 70 macchine) ed uno sconto retroattivo supplementare del 3% per 85 macchine. Il cliente ha acquistato 73 macchine (v. punto 261 della decisione impugnata).

194    In secondo logo, si deve sottolineare che la decisione impugnata prende in considerazione le condizioni contrattuali relativamente morbide che erano state offerte, per esempio, alla NKL (COOP) rispetto agli altri clienti norvegesi e ne tiene conto (v. punto 256 e, per quanto riguarda l’incidenza delle pratiche delle ricorrenti, la nota a piè di pagina n. 604). In effetti, la Commissione indica a questo riguardo, giustamente, che non era necessariamente determinante sapere se un determinato obiettivo fosse stato o meno raggiunto, in quanto gli acquisti effettuati presso le ricorrenti erano nulli o di scarsa importanza (v. punto 312 della decisione impugnata).

195    Per tali ragioni, la presente censura dev’essere respinta.

196    Alla luce di quanto sopra precede, la tesi delle ricorrenti secondo cui tutti gli accordi riguardanti la Norvegia sono stati erroneamente qualificati nella decisione impugnata dev’essere respinta.

197    La seconda parte del primo motivo e, quindi, il primo motivo nel suo complesso devono essere respinti.

B –  Sul secondo e quarto motivo, relativi all’esistenza di errori manifesti di valutazione circa la questione se gli accordi fossero tali da escludere la concorrenza e all’assenza di motivazione

198    Il secondo e il quarto motivo del ricorso sono stati riuniti nel presente motivo, che si articola su tre punti. In primo luogo, la Commissione sarebbe incorsa in errore manifesto di diritto giudicando che accordi di esclusiva, impegni in termini di quantità personalizzati e regimi individuali di sconti retroattivi sono «di per sé» illegittimi ai sensi dell’art. 82 CE e non applicando i criteri di valutazione da essa utilizzati per stabilire se tali accordi fossero idonei a restringere o a escludere la concorrenza. In secondo luogo, la Commissione non avrebbe esaminato se la parte del mercato delle RVM che poteva essere conquistata fosse sufficientemente consistente per permettere a concorrenti egualmente efficaci di restare sul mercato. In terzo luogo, la valutazione della Commissione della capacità che gli asseriti sconti retroattivi avrebbero per escludere la concorrenza sarebbe basata su prove e su ipotesi inesatte e ingannevoli.

1.     Sull’asserita illegittimità «di per sé» degli accordi delle ricorrenti e sulla mancanza di spiegazioni circa i criteri utilizzati dalla Commissione per valutare se gli accordi fossero idonei a restringere o a escludere la concorrenza

a)     Argomenti delle parti

199    In primo luogo, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di essere incorsa in errore manifesto di diritto non includendo nella sua analisi giuridica il contesto del mercato nel quale i tre tipi di accordi si iscrivevano.

200    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato il criterio accolto nella sentenza Michelin II. Sostengono che, in forza della sentenza Michelin II, la decisione impugnata deve dimostrare che gli accordi sono «idonei» a restringere la concorrenza. Ciò esigerebbe un esame del contesto del mercato. Infatti, nulla o pressoché nulla resterebbe del criterio accolto nella sopracitata sentenza Hoffmann-La Roche, se, in forza della sentenza Michelin II, la Commissione fosse tenuta unicamente ad esaminare il contenuto di un accordo ai sensi dell’art. 82 CE.

201    Le ricorrenti aggiungono che il criterio «di per sé» figurante nella decisione impugnata porterà al divieto di un gran numero di accordi in seno ad un mercato interno, in differenti settori, quand’anche rafforzino la concorrenza invece di restringerla, secondo il contesto del mercato. Non vi sarebbe alcun fondamento nella teoria economica o nella pratica commerciale per affermare che accordi di esclusiva, impegni personalizzati sui quantitativi e sconti individuali inducano sempre o pressoché sempre una restrizione della concorrenza, quando sono utilizzati da una società in posizione dominante.

202    Le ricorrenti sostengono che, non esaminando taluni fattori, la Commissione non ha valutato se la loro pratica fosse, in diritto, tale da produrre un effetto restrittivo sulla concorrenza.

203    I fattori non esaminati dalla Commissione consisterebbero nel fatto che le ricorrenti erano l’unico produttore di RVM idoneo a offrire la tecnologia rivoluzionaria di alimentazione orizzontale tra il 1997 e il 2001, che i concorrenti delle ricorrenti potevano sempre offrire le loro macchine ad almeno il 61% dell’insieme del mercato delle RVM tra il 1998 e il 2002, che le ricorrenti vendevano le loro macchine direttamente al cliente finale (le catene di supermercati), che gli accordi in esame non avrebbero impedito l’accesso dei concorrenti ai distributori e, infine, che le catene di supermercati sarebbero acquirenti professionali in grado di confrontare le RVM delle ricorrenti con le RVM concorrenti e, quindi, di decidere essi stessi quali RVM avessero il buon prezzo, le buone qualità, l’affidabilità e la tecnologia e il buon livello di servizio.

204    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata è fondata sull’ipotesi giuridica che l’art. 82 CE esige soltanto che la Commissione dimostri l’esistenza e la forma degli accordi e non motiva adeguatamente perché uno qualunque dei 49 accordi fosse idoneo a escludere concorrenti dal mercato delle RVM.

205    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalle ricorrenti.

b)     Giudizio del Tribunale

206    Si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la nozione di sfruttamento abusivo di posizione dominante è una nozione oggettiva che riguarda il comportamento dell’impresa in posizione dominante atto ad influire sulla struttura di un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera detta impresa, il grado di concorrenza è già indebolito e che ha come effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti o servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza. Da ciò consegue che l’art. 82 CE vieta ad un’impresa dominante di eliminare un concorrente e di rafforzare così la sua posizione facendo ricorso a mezzi diversi da quelli che rientrano in una concorrenza per meriti. Il divieto sancito da tale disposizione si giustifica egualmente con la preoccupazione di non produrre pregiudizio ai consumatori (v. sentenza del Tribunale 23 ottobre 2003, causa T‑65/98, Van den Bergh Foods/Commissione, Racc. pag. II‑4653, punto 157).

207    Sebbene l’accertamento dell’esistenza di una posizione dominante non implichi di per sé alcuna contestazione a carico dell’impresa interessata, a quest’ultima incombe, tuttavia, indipendentemente dalle cause di tale posizione, la particolare responsabilità di non compromettere, con il proprio comportamento, una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune (sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 57, e sentenza del Tribunale 17 settembre 2007, causa T‑201/04, Microsoft/Commissione, Racc. pag. II‑3601, punto 229). Parimenti, se il fatto di detenere una posizione dominante non può privare l’impresa interessata del diritto di tutelare i propri interessi commerciali, se questi sono insidiati, e se quindi le si deve consentire, in una misura ragionevole, di compiere gli atti che essa ritenga opportuni per la protezione di tali interessi, non è, però, ammissibile un comportamento che abbia in realtà lo scopo di rafforzare la posizione dominante dell’impresa e di farne abuso (sentenza della Corte 14 febbraio 1978, causa 27/76, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, Racc. pag. 207, punto 189, e sentenza Michelin II, punto 55).

208    Si deve inoltre ricordare che, secondo la giurisprudenza, per un’impresa che si trova in posizione dominante su un mercato, il fatto di vincolare – sia pure a loro richiesta – gli acquirenti con l’obbligo o la promessa di rifornirsi per tutto o gran parte del loro fabbisogno esclusivamente presso l’impresa in questione costituisce uno sfruttamento abusivo di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE, tanto se l’obbligo in questione è imposto sic et simpliciter, quanto se ha come contropartita la concessione di sconti. Altrettanto dicasi quando la detta impresa, senza vincolare gli acquirenti con un obbligo formale, applica, o in forza di accordi stipulati con gli acquirenti o unilateralmente, un sistema di sconti di fedeltà, cioè riduzioni subordinate alla condizione che il cliente si rifornisca esclusivamente per la totalità o per una parte considerevole del suo fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit., punto 89).

209    In effetti, gli impegni di approvvigionamento esclusivo di questo tipo, con o senza contropartita di sconti o concessioni di premi di fedeltà onde stimolare l’acquirente ad acquistare unicamente presso l’impresa dominante, sono incompatibili con lo scopo che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune in quanto non si fondano su una prestazione economica che giustifichi questo onere o questo vantaggio, bensì mirano a togliere all’acquirente o a ridurre nei suoi riguardi la possibilità di scelta per quel che concerne le sue fonti di approvvigionamento e a precludere l’accesso al mercato e agli altri produttori concorrenti (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit., punto 90).

210    Per quanto più particolarmente riguarda la concessione di sconti da parte di un’impresa in posizione dominante, da una costante giurisprudenza risulta che lo sconto di fedeltà che è concesso in contropartita di un impegno del cliente di approvvigionarsi esclusivamente o quasi esclusivamente presso un’impresa in posizione dominante è in contrasto con l’art. 82 CE. Un siffatto sconto mira, infatti, ad impedire, mediante la concessione di un vantaggio finanziario, che i clienti si riforniscano presso produttori concorrenti (sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73‑48/73, 50/73, 54/73‑56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 518, e sentenza Michelin II, punto 56).

211    Un siffatto meccanismo di sconti che ha un effetto di esclusione dal mercato deve essere considerato in contrasto con l’art. 82 CE se viene applicato da un’impresa in posizione dominante. Per questa ragione, la Corte ha giudicato che uno sconto legato alla realizzazione di un obiettivo di acquisti violava l’art. 82 CE (sentenza Michelin II, punto 57).

212    I sistemi di sconto quantitativi, legati esclusivamente al volume degli acquisti effettuati presso un’impresa in posizione dominante, sono in genere considerati come non aventi un effetto di esclusione vietato dall’art. 82 CE. Se l’aumento del quantitativo fornito si traduce in un costo inferiore per il fornitore, quest’ultimo è, infatti, in diritto di far fruire il suo cliente di tale riduzione mediante una tariffa più favorevole. Si ritiene pertanto che gli sconti di quantità riflettano guadagni in termini di efficienza ed economie di scala realizzate dalle imprese in posizione dominante (sentenza Michelin II, punto 58).

213    Da ciò consegue che un sistema di sconti la cui percentuale aumenta in funzione del volume acquistato non viola l’art. 82 CE, a meno che dai criteri e dalle modalità di concessione dello sconto emerga che il sistema non riposa su una contropartita economicamente giustificata, bensì mira, alla stregua di uno sconto di fedeltà e di obiettivo, ad impedire che i clienti si approvvigionino presso produttori concorrenti (sentenze Hoffmann-La Roche/Commissione, cit., punto 90, e Michelin II, punto 59).

214    Per stabilire l’eventuale carattere abusivo di un sistema di sconti quantitativi, si deve valutare l’insieme delle circostanze e, in particolare, i criteri e le modalità di concessione degli sconti, ed esaminare se gli sconti mirino, con un vantaggio che non riposa su alcuna prestazione economica che li giustifichi, a togliere all’acquirente o a ridurre nei suoi riguardi la possibilità di scelta per quel che concerne le sue fonti di approvvigionamento, a precludere l’accesso al mercato ai concorrenti, ad applicare a partner commerciali condizioni diseguali per prestazioni equivalenti o a rafforzare la posizione dominante mediante una concorrenza falsata (sentenza Michelin II, punto 60).

215    Da tale giurisprudenza è dato di dedurre che, come sostenuto peraltro dalle ricorrenti, per verificare se accordi di esclusiva, impegni in termini quantitativi personalizzati o sconti retroattivi personalizzati siano compatibili con l’art. 82 CE, si deve valutare se, a seguito di una valutazione delle circostanze e, quindi, anche del contesto nel quale tali accordi si inseriscono, tali pratiche tendano o siano idonee a restringere o a escludere la concorrenza sul mercato considerato.

216    In primo luogo, si deve, nella specie, esaminare se la Commissione, nella decisione impugnata, abbia trascurato il contesto nel quale gli accordi di cui trattasi si inseriscono e, in secondo luogo, se abbia motivato adeguatamente la sua conclusione circa il fatto se gli accordi fossero idonei ad escludere la concorrenza.

217    Si deve, a questo proposito, rilevare che la decisione impugnata, dopo aver esaminato la struttura dei mercati in considerazione, la posizione che vi occupavano rispettivamente le ricorrenti e i loro concorrenti e dopo aver concluso che esse detenevano una posizione dominante molto importante (v. punti 12‑96 della decisione impugnata), ha esaminato una per una ciascuna delle pratiche delle ricorrenti (v. punti 97‑133 della decisione impugnata). La decisione impugnata ha, quindi, dedicato lunghe argomentazioni all’esame dell’idoneità di tali pratiche a falsare la concorrenza nelle circostanze di specie (v., in particolare, punti 159‑166, 180‑187, 218‑226, 234‑240, 264‑277 e 286‑329 della decisione impugnata).

218    Inoltre, la decisione impugnata, dopo aver messo in relazione le pratiche delle ricorrenti in ciascun mercato nazionale interessato, con l’importanza dei clienti, la durata degli accordi, l’evoluzione della domanda nel medesimo mercato, la percentuale della quota subordinata della domanda, ha stabilito che tali pratiche potevano impedire il sorgere o lo sviluppo della concorrenza e ha concluso per l’esistenza di un abuso qualora tali pratiche tendessero a bloccare una quota significativa della domanda. Per quanto riguarda in particolare i meccanismi di sconto usati dalle ricorrenti, la decisione impugnata illustra con rappresentazioni grafiche «l’effetto di aspirazione» per taluni di tali meccanismi per ciascun paese.

219    La Commissione, anche se ciò non era necessario con riferimento alla giurisprudenza, ha altresì analizzato, alla luce delle condizioni del mercato, gli effetti reali delle pratiche delle ricorrenti.

220    Per quanto riguarda altri fattori che, secondo le ricorrenti, la decisione impugnata avrebbe dovuto esaminare per dimostrare se le loro pratiche fossero tali da restringere la concorrenza, occorre tener presente le seguenti considerazioni.

221    In primo luogo, l’asserita superiorità tecnica delle ricorrenti, che sarebbero state le sole fabbricanti di RVM capaci di offrire una tecnologia rivoluzionaria di alimentazione orizzontale tra il 1997 e il 2001, non può avere alcun impatto sull’analisi della questione se gli accordi fossero idonei a restringere la concorrenza. Tale elemento potrebbe eventualmente avere un impatto solo sull’analisi della posizione concorrenziale delle ricorrenti sul mercato e, quindi, sulla loro posizione dominante.

222    In secondo luogo, si deve considerare che il fatto che le macchine fossero vendute direttamente al cliente finale sarebbe un fattore che suffragherebbe la constatazione dell’abuso di posizione dominante e non il contrario. Infatti, se è certamente vero che gli accordi di cui trattasi non impedivano in teoria l’accesso dei concorrenti ai distributori, è tuttavia evidente che i distributori non avevano alcun interesse ad acquistarli, dato che gli accordi delle ricorrenti impedivano ai loro concorrenti di offrire le loro RVM al cliente finale.

223    In terzo luogo, per quanto riguarda il fatto che le catene di supermercati sono acquirenti professionali che erano in grado di confrontare e scegliere tra le RVM delle ricorrenti e quelle degli altri concorrenti, si deve rilevare che il comportamento delle ricorrenti era manifestamente concepito per introdurre dispositivi che incentivavano i clienti a non rifornirsi presso altri fornitori e a mantenere tale situazione.

224    Si deve, infine, rilevare, alla stregua della Commissione, che le ricorrenti avevano ogni possibilità di presentare una giustificazione economica obiettiva, e rispettosa della concorrenza, delle loro pratiche. Esse avrebbero potuto spiegare quali guadagni in termini di efficienza intendevano eventualmente trarre dagli accordi di esclusiva, dagli impegni in termini quantitativi e dai regimi di sconti personalizzati che praticavano. Tuttavia, le ricorrenti non sostengono dinanzi al Tribunale che il loro comportamento abbia prodotto il minimo guadagno apprezzabile in termini di efficienza, sia stato altrimenti giustificato o sia approdato ad un calo dei prezzi o ad un altro vantaggio per i consumatori.

225    Alla luce di quanto precede, l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe analizzato soltanto il contenuto degli accordi di cui trattasi e non il contesto nel quale gli accordi si inserivano va respinto.

226    In secondo luogo, è giocoforza rilevare che neppure la censura che deduce insufficienza di motivazione di tale aspetto della decisione impugnata può sortire esito fruttuoso.

227    La motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e di tutelare i propri diritti e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (sentenze della Corte 13 marzo 1985, cause riunite 296/82 e 318/82, Paesi Bassi e Leeuwarder Papierwarenfabriek/Commissione, Racc. pag. 809, punto 19, e 19 settembre 2002, causa C‑114/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑7657, punto 62). Trattandosi di una decisione adottata in applicazione dell’art. 82 CE, tale principio richiede che la decisione contestata faccia riferimento ai dati di fatto da cui dipende la giustificazione giuridica del provvedimento e alle considerazioni che l’hanno indotta ad adottare la decisione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 30 gennaio 2007, causa T‑340/03, France Télécom/Commissione, Racc. pag. II‑107, punto 57, non impugnata su tale punto).

228    A questo proposito, si deve fare rinvio alle considerazioni operate supra ai punti 216‑218, dalle quali risulta chiaramente che la Commissione ha esposto in modo dettagliato le ragioni per cui riteneva che gli accordi di cui trattasi erano tali da restringere o escludere la concorrenza.

229    È, pertanto, innegabile che le ricorrenti hanno potuto conoscere tutte le giustificazioni di tale aspetto della decisione impugnata. Si deve constatare, inoltre, che il Tribunale è stato pienamente in grado di esercitare il suo controllo della legittimità della decisione impugnata. Da ciò risulta che tale aspetto della decisione impugnata è insufficientemente motivato.

230    Alla luce delle considerazioni che precedono, tale parte del secondo motivo dev’essere respinta.

2.     Sulla «copertura insufficiente» della domanda totale di RVM mediante le pratiche delle ricorrenti

a)     Argomenti delle parti

231    Le ricorrenti sostengono che, anche se la decisione impugnata avesse dimostrato che tutti i contratti di cui trattasi avevano potuto avere effetti di esclusione, ciò dimostrerebbe unicamente che i concorrenti sarebbero stati esclusi dal rifornimento dei clienti che avevano già concluso tali contratti (la cui esistenza resta da esse contestata). I concorrenti resterebbero cionondimeno liberi di ricercare la clientela di altre imprese. Per accertare una violazione dell’art. 82 CE, la decisione impugnata avrebbe dovuto dimostrare che tali accordi coprivano una quota del mercato così estesa da essere in grado di escludere dall’insieme del mercato un numero di concorrenti sufficiente, al punto da provocare una riduzione significativa della concorrenza. La Commissione non spiegherebbe perché il fatto che alcuni concorrenti non potessero vendere le loro RVM a determinati clienti porterebbe all’esclusione di detti concorrenti dal mercato nel suo insieme.

232    Le ricorrenti sostengono che la questione pertinente sarebbe se un concorrente potesse restare in modo redditizio sul mercato disimpegnando solo la quota della domanda che poteva essere conquistata, e che la Commissione avrebbe dovuto stabilire la dimensione della redditività minima necessaria per operare sul mercato considerato. Se la detta domanda era sufficientemente importante, e la scala di redditività sufficientemente ridotta, per consentire a un potenziale concorrente di penetrare o di restare sul mercato accanto alle ricorrenti, la Commissione avrebbe dovuto concludere che le pratiche di queste ultime non erano abusive. La Commissione, inoltre, non avrebbe chiaramente indicato la quota di mercato che dovrebbe essere coperta dagli accordi perché questi fossero tali da escludere alcuni concorrenti. La decisione impugnata non fornirebbe alcun criterio obiettivo per stabilire dove la soglia potrebbe collocarsi.

233    Secondo le ricorrenti, se la Commissione avesse effettuato una siffatta analisi, non le sarebbe stato possibile dimostrare che i contratti di cui trattasi avrebbero potuto escludere dal mercato concorrenti aventi la stessa efficienza. Esse sottolineano che spettava alla Commissione dimostrare nella sua decisione impugnata che le loro pratiche erano tali da produrre un effetto di esclusione. In mancanza di sufficiente motivazione nella decisione impugnata, non vi sarebbe alcun obbligo per le ricorrenti di dimostrare il contrario.

234    Le ricorrenti fanno presente che la nuova analisi esposta nel controricorso, circa l’effetto di esclusione prodotto dalle pratiche delle ricorrenti, è irricevibile. La questione sottoposta al Tribunale è se la decisione impugnata fosse su questo punto sufficientemente motivata. Non è infatti possibile consentire, in modo generale, alla convenuta di porre rimedio agli errori e alle omissioni della decisione controversa presentando una nuova analisi ed elementi supplementari in occasione del procedimento dinanzi al Tribunale.

235    Le ricorrenti respingono, inoltre, l’affermazione secondo cui non spetta all’impresa in posizione dominante stabilire il numero dei concorrenti sul mercato, in quanto priva di pertinenza. Mercati differenti possono essere pienamente concorrenziali anche se il numero dei concorrenti varia e qualche volta anche quando ve ne sono solo due. Spettava, a loro avviso, alla Commissione stabilire nella decisione impugnata la soglia di redditività per le imprese sul mercato rilevante e stabilire se la dimensione della quota acquisibile del mercato consentisse ad un numero sufficiente di esse di operarvi in modo che la concorrenza fosse effettiva. Nella specie ciò non sarebbe stato fatto.

236    Infine, le ricorrenti sostengono che le loro pratiche non coprivano una quota sufficientemente importante della domanda totale. Le ricorrenti ritengono che la quota della domanda che poteva essere conquistata era, per ciascun mercato nazionale, di almeno il 30% e di oltre il 50% nella maggioranza dei casi e, per i cinque mercati insieme considerati, era in media di circa il 61%, cioè oltre 2 000 apparecchi all’anno. Tale cifra sarebbe superiore al livello minimo di vendite necessarie per assicurare la redditività di un produttore di RVM, che le ricorrenti ritengono tra le 500 e le 1 000 unità all’anno.

237    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalle ricorrenti.

b)     Giudizio del Tribunale

238    Si deve, innanzitutto, rilevare che, in sostanza, la questione che si pone è accertare se la Commissione, per dimostrare l’esclusione dei concorrenti dal mercato nel suo insieme, avrebbe dovuto stabilire la dimensione della redditività minima necessaria per operare sul mercato di cui trattasi e quindi verificare se la quota di mercato che non poteva essere conquistata (cioè la quota della domanda vincolata dalle pratiche delle ricorrenti) fosse sufficientemente grande da poter produrre un effetto di esclusione dei concorrenti.

239    Nella specie, si deve considerare che la Commissione, nella decisione impugnata, ha constatato che nei paesi e negli anni per i quali l’infrazione è stata accertata, la quota bloccata della domanda era «sostanziale» o «non trascurabile» e che soprattutto durante gli «anni cruciali» di crescita su ciascuno dei mercati di cui trattasi rappresentava una porzione molto importante (v. punto 392 della decisione impugnata). La decisione impugnata, tuttavia, non ha stabilito una soglia precisa oltre la quale le pratiche delle ricorrenti sarebbero state tali da poter escludere i concorrenti.

240    Orbene, si deve rilevare che la Commissione ha, giustamente, considerato che, bloccando una parte importante del mercato, come nel caso di specie, l’impresa dominante ha limitato l’ingresso solo ad uno o ad alcuni concorrenti e ha, quindi, ristretto l’intensità della concorrenza nel mercato nel suo insieme.

241    Infatti, il blocco di una parte sostanziale del mercato ad opera di un’impresa dominante non può essere giustificato con la dimostrazione che la quota del mercato che può essere conquistata sia ancora sufficiente per fare posto ad un numero limitato di concorrenti. Infatti, da un lato, i clienti che si trovano nella quota bloccata del mercato dovrebbero avere la possibilità di approfittare di ogni grado di concorrenza che sia possibile sul mercato e i concorrenti dovrebbero potersi dare alla concorrenza per i meriti su tutto il mercato e non soltanto su una parte di questo. Dall’altro lato, il ruolo dell’impresa dominante non è quello di stabilire quanti concorrenti validi siano autorizzati a farle concorrenza per la quota acquisibile della domanda che può ancora essere conquistata.

242    A questo proposito, si deve sottolineare che solo un’analisi delle circostanze della specie, come quella operata dalla Commissione nella decisione impugnata, può consentire di stabilire se le pratiche di un’impresa in posizione dominante siano tali da escludere la concorrenza. Sarebbe tuttavia artificioso stabilire a priori quale sia la quota di mercato bloccata oltre la quale le pratiche di un’impresa in posizione dominante possono produrre un effetto di esclusione dei concorrenti.

243    In particolare, in primo luogo, si deve rilevare che le pratiche delle ricorrenti bloccavano, in media, una quota considerevole – cioè due quinti – della domanda totale durante il periodo e nei paesi considerati. Di conseguenza, quand’anche si ammettesse la tesi delle ricorrenti secondo cui il blocco di una piccola quota della domanda sarebbe irrilevante, nella specie tale quota era lungi dall’essere di scarsa rilevanza.

244    In secondo luogo, le pratiche delle ricorrenti hanno sovente portato ad una quota molto elevata della domanda «subordinata» durante «anni cruciali» quando la domanda era più elevata e sarebbe stata quella meglio in grado di produrre ingressi sul mercato coronati da successi, in particolare nel corso degli anni 1999 e 2000 in Austria, nel 2001 nei Paesi Bassi, nel 1999 in Norvegia (v., ad esempio, punti 219 e 237 della decisione impugnata).

245    In terzo luogo, si deve ricordare che le pratiche delle ricorrenti subordinavano la domanda del cliente finale, e non quella dei distributori. I concorrenti non potevano, pertanto, avvalersi di metodi di distribuzione differenti che potessero mitigare gli effetti delle pratiche delle ricorrenti.

246    Alla luce di quanto sopra considerato, la seconda parte del secondo motivo dev’essere, pertanto, respinta.

3.     Sulle prove e sulle ipotesi assertivamente inesatte e ingannevoli alle quali sarebbe stato fatto ricorso per valutare l’idoneità degli sconti retroattivi ad escludere la concorrenza

a)     Argomenti delle parti

247    Le ricorrenti sostengono che la tesi della Commissione sugli sconti retroattivi riposa su due elementi: in primo luogo, sul fatto che i clienti non sarebbero disposti ad acquistare più di un piccolo numero di macchine da un nuovo fornitore e, in secondo luogo, sul fatto che gli sconti retroattivi consentirebbero alle ricorrenti di praticare prezzi negativi o molto bassi. Fanno presente che, in pressoché tutti gli esempi utilizzati dalla Commissione, i prezzi mai erano stati tali da essere negativi e che, comunque, i concorrenti sarebbero stati in grado di ottenere redditi positivi dalle loro vendite. Fanno altresì presente che la Commissione non ha neppure esaminato i costi delle ricorrenti al fine di stabilire il livello al di sotto del quale i prezzi sarebbero di esclusione o predatori.

248    Secondo le ricorrenti, quando gli sconti retroattivi portano a prezzi positivi, non è dato di presumere che essi saranno necessariamente tali da produrre effetti di esclusione. Un siffatto approccio porterebbe infatti ad un divieto di per sé degli sconti retroattivi.

249    Le ricorrenti aggiungono che la decisione impugnata non ha valutato i prezzi risultanti dai loro sconti delle ricorrenti né rispetto ad un punto di riferimento né sulla base di un criterio obiettivo utilizzabile. Si limita ad affermare che gli sconti hanno imposto ai concorrenti un costo di opportunità, che ha mal definito, e che i prezzi che ne risultano sono, pertanto, nella sua opinione soggettiva, «molto bassi» senza che la Commissione definisse cosa debba intendersi con quest’ultima espressione. Le ricorrenti ritengono che la convenuta non può avvalersi di tali affermazioni e opinioni soggettive per stabilire se degli sconti siano o no idonei a produrre un effetto di esclusione.

250    Le ricorrenti sostengono, inoltre, che la conclusione della decisione impugnata secondo la quale sconti retroattivi erano tali da produrre effetti di esclusione si fonda su diagrammi inesatti.

251    In due dei sette casi citati nella decisione impugnata (figure 23 e 24 della decisione impugnata relative all’Austria), la Commissione si baserebbe su diagrammi inesatti e ingannevoli. La tesi della Commissione, secondo la quale taluni concorrenti avrebbero dovuto in tali casi fatturare prezzi negativi, sarebbe in tutte le circostanze inesatta.

252    In altri quattro casi (figure 15 e 18, relative, rispettivamente, ai Paesi Bassi e alla Svezia, e figure 21 e 22, relative alla Germania), la Commissione avrebbe ignorato l’esistenza di sconti di cui potevano fruire i clienti per vendite che si collocavano al di sotto della soglia che la Commissione ha utilizzato nella sua analisi. Una volta corretto l’errore, i prezzi non sarebbero negativi in nessuna circostanza in tre dei quattro casi e sarebbero negativi solo marginalmente per le vendite di una sola unità in un altro caso.

253    Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, in sei dei sette casi, i concorrenti sarebbero stati in grado di fatturare prezzi positivi, anche se vendevano solo quantitativi molto ridotti, cioè due o tre macchine.

254    In ciascuno dei sette casi, la Commissione avrebbe a torto supposto che i concorrenti avrebbero dovuto limitarsi a vendere un piccolo numero di unità di RVM.

255    In ciascuno dei sette casi, la Commissione avrebbe ignorato le prove pertinenti circa il funzionamento del mercato, il che minerebbe le sue conclusioni. La Commissione avrebbe in particolare ignorato gli introiti derivati dai servizi dopo vendita e dalle vendite seguenti di RVM. Tenuto conto di tali introiti, i concorrenti avrebbero potuto aspettarsi di percepire introiti positivi, anche nel caso di vendite di RVM fatte a prezzi negativi.

256    Le ricorrenti precisano che, anche se i concorrenti fossero stati costretti a vendere solo un piccolo numero di RVM (per esempio uno o due macchine), la Commissione, nella decisione impugnata, non avrebbe dimostrato che gli sconti praticati dalle ricorrenti sarebbero stati tali da escludere siffatti concorrenti dal mercato.

257    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalle ricorrenti.

b)     Giudizio del Tribunale

258    Si deve, innanzitutto, rilevare che la presente censura è basata su una premessa errata. Infatti, contrariamente a quanto assumono le ricorrenti, la circostanza che i meccanismi di sconti retroattivi forzino i concorrenti a fatturare prezzi negativi ai clienti delle ricorrenti beneficiari di sconti non può considerarsi un pilastro sul quale poggia la decisione impugnata per dimostrare che i meccanismi di sconto retroattivi delle ricorrenti sono idonei a produrre effetti anticoncorrenziali.

259    Per contro, la decisione impugnata è fondata su tutta una serie di altre considerazioni circa gli sconti retroattivi praticati dalle ricorrenti per concludere che tali tipi di pratiche erano tali da escludere i concorrenti in violazione dell’art. 82 CE.

260    In primo luogo, la decisione impugnata rileva che l’incentivo a rifornirsi esclusivamente o pressoché esclusivamente presso le ricorrenti è particolarmente forte quando soglie, come quelle applicate dalle ricorrenti, sono combinate con un meccanismo in forza del quale il beneficio legato al superamento, a seconda dei casi, della soglia di premio o della soglia più vantaggiosa si ripercuote su tutti gli acquisti effettuati dal cliente durante il periodo considerato e non esclusivamente sul volume di acquisti eccedente la soglia di cui trattasi (v. punti 132, 297 e 316 della decisione impugnata).

261    In secondo luogo, la Commissione, nella decisione impugnata, osserva che i regimi di sconto erano specifici per ciascun cliente e le soglie erano fissate sulla base del fabbisogno stimato del cliente e/o dei volumi di acquisti realizzati in passato.

262    La decisione impugnata menziona, tra l’altro, il fatto che un meccanismo di sconti retroattivi combinato con una o più soglie corrispondenti alla totalità o ad un’elevata percentuale del fabbisogno del cliente rappresentava un incentivo rilevante a rifornirsi per la totalità o la quasi totalità delle attrezzature necessarie presso le ricorrenti e aumentava artificiosamente il costo del passaggio ad un altro fornitore, anche per un piccolo numero di unità (v. punti 131‑133, 297, 321 e 322 della decisione impugnata).

263    In terzo luogo, la Commissione rileva che sovente gli sconti retroattivi si applicavano a taluni dei più importanti clienti delle ricorrenti con l’obiettivo di assicurare la loro fedeltà (v., per esempio, punti 180 e 240 della decisione impugnata).

264    Infine, la decisione impugnata rileva che le ricorrenti non hanno dimostrato che il loro comportamento era obiettivamente giustificato o che produceva incrementi di efficienza sostanziali che prevalevano sugli effetti anticoncorrenziali prodotti sui consumatori (v. punto 391 della decisione impugnata).

265    È certamente vero che la decisione impugnata illustra con diagrammi (v. figure 15, 18, 21‑24 e 27) il fatto che gli sconti retroattivi delle ricorrenti producevano un effetto di esclusione che induceva i concorrenti a chiedere prezzi molto bassi e, talvolta, negativi per le ultime unità prima di superare la soglia fissata dal meccanismo di sconto (v. punti 165, 186, 224, 235, 236 e 268 della decisione impugnata).

266    Tuttavia, la Commissione, nella decisione impugnata, da un lato, non afferma assolutamente che i regimi di sconto abbiano sistematicamente indotto prezzi negativi e, dall’altra parte, non sostiene neppure che una siffatta dimostrazione costituisse una previa condizione per constatare che tali meccanismi di sconto sono abusivi. Per altro, la decisione impugnata non contiene rappresentazioni grafiche per ciascuno dei regimi di sconto utilizzati dalle ricorrenti. Contiene soltanto uno o due diagrammi per paesi che illustrano l’effetto di esclusione dei meccanismi di sconto delle ricorrenti.

267    Si deve ricordare, a questo proposito, che il meccanismo di esclusione costituito dagli sconti retroattivi non richiede che l’impresa in posizione dominante sacrifichi dei profitti, poiché il costo dello sconto si trova ripartito su un grande numero di unità. Con la concessione retroattiva dello sconto, il prezzo medio ottenuto dall’impresa dominate può senz’altro essere ampiamente superiore ai costi e procurare un margine di utile medio elevato. Tuttavia, il meccanismo di sconto retroattivo fa sì che, per il cliente, il prezzo effettivo delle ultime unità sia molto basso in ragione dell’effetto di aspirazione.

268    Alla luce di tali considerazioni, si deve rilevare che la circostanza che taluni diagrammi contengano errori non può, di per sé, inficiare le conclusioni circa il carattere anticoncorrenziale dei meccanismi di sconto praticati dalle ricorrenti. Tale censura delle ricorrenti è pertanto inoperante.

269    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo il quale i concorrenti non vedevano la loro azione limitata alla vendita di un piccolo numero di unità a ciascun cliente, si deve constatare che è inerente ad una posizione dominante forte, quale quella occupata dalle ricorrenti, che, per una buona parte della domanda, non esista un prodotto sostitutivo adeguato a quello fornito dall’impresa che detiene tale posizione dominante. Il fornitore in posizione dominante è quindi, in ampia misura, un partner commerciale irrinunciabile (v., in questo senso, sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit., punto 41). Da ciò consegue che, in tali circostanze, nella decisione impugnata è dato correttamente di leggere che i clienti si rivolgevano ad altri fornitori solo per una quota limitata dei loro acquisti.

270    Per le stesse ragioni, è difficile condividere l’argomento delle ricorrenti secondo il quale un concorrente può compensare i prezzi più bassi che è indotto a chiedere ad un cliente per le unità al di qua della soglia vendendo unità supplementari al medesimo cliente (al di là della soglia). Infatti, la restante domanda di tale cliente è, nella migliore delle ipotesi, limitata, con la conseguenza che il prezzo medio del concorrente resta strutturalmente poco attraente.

271    Altrettanto dicasi dell’affermazione secondo la quale i concorrenti potrebbero cercare di compensare perdite o una debole redditività iniziale imposte dalle pratiche delle ricorrenti mediante introiti dopo vendita (manutenzione e riparazione). Infatti, la larga base posta in essere dalle ricorrenti conferisce loro anche un vantaggio evidente per la riparazione e la manutenzione dei loro apparecchi, così che non risulta chiaramente dall’argomentazione delle ricorrenti come i margini strutturalmente deboli dei concorrenti sul mercato primario potrebbero essere compensati da profitti sul mercato del dopo vendita.

272    Alla luce di quanto sopra precede, si deve respingere la terza parte del secondo motivo e, quindi, il secondo motivo nel suo insieme.

C –  Sul terzo motivo, relativo ad errori manifesti nella valutazione della Commissione circa la questione se gli accordi eliminassero effettivamente la concorrenza

1.     Argomenti delle parti

273    Le ricorrenti considerano che l’analisi degli effetti reali fa parte integrante delle conclusioni della decisione impugnata relative all’esclusione. I passaggi della decisione impugnata relativi all’«impatto» per ciascuno dei cinque paesi confermerebbero tale circostanza.

274    Secondo le ricorrenti, gli elementi di prova della Commissione sarebbero contraddittori, speculativi o privi di pertinenza e non consentirebbero, di conseguenza, di concludere che gli accordi abbiano effettivamente soppresso la concorrenza.

275    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che, nella maggioranza dei cinque mercati nazionali analizzati, la loro quota di mercato cala nel corso del periodo durante il quale la Commissione sostiene che esse mettevano in atto pratiche anticoncorrenziali.

276    Le ricorrenti considerano che il grafico presentato dalla Commissione conferma le loro affermazioni circa la loro quota di mercato, cioè che questa era in declino in tre dei cinque paesi considerati, il che non può considerarsi come la prova di un effetto anticoncorrenziale.

277    In secondo luogo, le ricorrenti contestano la tesi della Commissione secondo la quale la posizione dei loro concorrenti in ciascuno dei cinque paesi continuava ad essere debole durante il periodo analizzato. Ritengono che i loro concorrenti abbiano conquistato quote di mercato in tre paesi, che le loro quote di mercato siano rimaste ampiamente immutate in Germania e che esse abbiano perduto quote di mercato soltanto in Svezia.

278    In terzo luogo, le ricorrenti contestano l’esistenza di un nesso manifesto tra la dimensione del mercato subordinato e la loro quota di mercato, in ciascuno dei cinque mercati nazionali dal 1998 al 2002. Esaminando i cinque mercati nazionali nel loro insieme, non si avrebbero prove che consentano di ritenere che una quota subordinata di mercato elevata porti ad un aumento nella quota di mercato delle ricorrenti. Per esempio, nei Paesi Bassi e in Norvegia, ove la quota di mercato subordinata alle pratiche delle ricorrenti era la più elevata, la quota di mercato delle ricorrenti sarebbe scesa, mentre in Germania e in Svezia, dove la quota di mercato subordinata era inferiore, la quota di mercato delle ricorrenti sarebbe aumentata o rimasta stabile. Solo in Austria la quota di mercato delle ricorrenti sarebbe scesa più rapidamente che nei Paesi Bassi e in Norvegia.

279    Le ricorrenti sostengono, inoltre, che non vi è un nesso statisticamente significativo tra la quota di mercato che non può essere conquistata e la loro quota di mercato per i cinque paesi esaminati durante il periodo analizzato.

280    Le ricorrenti osservano che la Commissione si avvale della propria soggettiva interpretazione delle prove respingendo qualsiasi criterio obiettivo. La Commissione sosterrebbe che le variabili sono «connesse», ma respingerebbe ogni tentativo di sottoporre la sua affermazione ad un esame obiettivo e statisticamente solido. Inoltre, la Commissione non fornirebbe alcuna prova a sostegno della sua affermazione secondo la quale l’analisi statistica delle ricorrenti avrebbe potuto essere stata manipolata.

281    In quarto luogo, le ricorrenti contestano la tesi della Commissione secondo la quale i loro prezzi non sarebbero calati, e sostengono che la Commissione avrebbe dovuto esaminare i prezzi netti effettivi dopo lo sconto, e non i prezzi di catalogo.

282    Le ricorrenti mettono in evidenza il fatto che un’analisi corretta dei dati, quale effettuata nel ricorso, dimostra che i prezzi sono calati in tre paesi su cinque.

283    In quinto luogo, le ricorrenti sostengono che l’uscita di tre concorrenti non dimostra l’esistenza di effetti anticoncorrenziali. Da un lato, la Prokent avrebbe fatto fallimento proprio quando le pratiche assertivamente anticoncorrenziali delle ricorrenti erano cessate. Dall’altro lato, l’acquisizione da parte delle ricorrenti della Halton e dell’Eleiko contraddirebbe la teoria negativa della Commissione, poiché, se era vero che le ricorrenti avevano capacità di contenere e di escludere i loro concorrenti, esse non avrebbero avuto bisogno di acquistare tali due società per allontanarle dal mercato.

284    Infine, le ricorrenti sostengono che, anche se taluni fatti invocati dalla Commissione fossero esatti, essi non dimostrebbero necessariamente l’effetto anticoncorrenziale dei loro prezzi commerciali. In primo luogo, la quota di mercato dell’operatore storico e la posizione sul mercato dei suoi concorrenti possono restare stabili nel tempo per ragioni del tutto legittime; in secondo luogo, la Commissione si contraddirebbe circa i prezzi delle ricorrenti e la loro evoluzione nel tempo qualificando la loro politica di fissazione dei prezzi predatoria e accusandole allo stesso tempo di mantenere prezzi elevati, e, in terzo luogo, l’uscita dal mercato di uno o più concorrenti non dimostrebbe un effetto anticoncorrenziale, ma potrebbe semplicemente essere il risultato del normale processo concorrenziale.

285    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalle ricorrenti.

2.     Giudizio del Tribunale

286    Si deve, a questo proposito, ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza, nei limiti in cui taluni motivi di una decisione sono, di per sé, idonei a giustificarla adeguatamente, i vizi di cui potrebbero essere inficiati altri motivi che la sorreggono sono, comunque, ininfluenti sul suo dispositivo (v., per analogia, sentenza della Corte 12 luglio 2001, cause riunite C‑302/99 P e C‑308/99 P, Commissione e Francia/TF1, Racc. pag. I‑5603, punti 26‑29).

287    Orbene, la decisione impugnata ai punti 285 e 332 afferma che, per quanto, secondo la giurisprudenza, per accertare una violazione dell’art. 82 CE, sia sufficiente provare che le pratiche delle ricorrenti erano intese a restringere la concorrenza o che il loro comportamento era idoneo o tale da avere un siffatto effetto, essa ha completato la sua analisi nella specie con un esame dei probabili effetti delle pratiche delle ricorrenti sul mercato delle RVM.

288    È pertanto chiaro che la Commissione non ha cercato di basare la sua constatazione di un’infrazione dell’art. 82 CE su tale esame degli effetti reali delle pratiche delle ricorrenti su ciascuno dei mercati nazionali esaminati, bensì ha semplicemente completato la sua constatazione di un’infrazione con un breve esame dei probabili effetti di tali pratiche.

289    Si deve, inoltre, constatare che, effettivamente, per accertare una violazione dell’art. 82 CE, non è necessario dimostrare che il comportamento abusivo di cui trattasi abbia avuto un effetto concreto sui mercati considerati. È a questo proposito sufficiente dimostrare che il comportamento abusivo delle imprese in posizione dominante mira a restringere la concorrenza o, in altri termini, che è tale da avere o che può avere un simile effetto (sentenze Michelin II, punto 239, e British Airways/Commissione, cit., punto 293).

290    Alla luce di quanto sopra precede, il terzo motivo è inoperante e dev’essere pertanto respinto senza che si renda necessario esaminare se gli elementi di prova forniti dalla Commissione avrebbero consentito di concludere che gli accordi di cui trattasi avevano effettivamente soppresso la concorrenza. Infatti, quand’anche la Commissione fosse incorsa in un errore manifesto di valutazione, come assunto dalle ricorrenti, nel considerare che gli accordi eliminavano effettivamente la concorrenza, la legittimità della decisione impugnata non ne risulterebbe inficiata.

D –  Sul quinto motivo, relativo all’errore manifesto nel quale la Commissione sarebbe incorsa concludendo che impegni in termini quantitativi non vincolanti potevano violare l’art. 82 CE

1.     Argomenti delle parti

291    Le ricorrenti, facendo riferimento al primo motivo di ricorso, affermano che la maggior parte dei 18 accordi, enumerati al punto 302 della decisione impugnata, che prevedono impegni sui quantitativi erano «non vincolanti». Secondo le ricorrenti, al pari degli accordi di esclusiva non vincolanti, un impegno sui quantitativi personalizzato non vincolante, anche se rappresenta la totalità o la quasi totalità del fabbisogno del cliente, non è idoneo ad escludere la concorrenza. Se un cliente non è giuridicamente tenuto a rispettare un impegno di acquistare uno specifico quantitativo presso un fornitore, egli sarà libero di accettare offerte migliori da fornitori concorrenti in qualsiasi momento. Un impegno sui quantitativi personalizzato, non vincolante, non sarebbe altro che una stima.

292    Le ricorrenti sostengono che non vi è fondamento giuridico nel diritto comunitario che consenta di vietare a un cliente di dare ai suoi fornitori una stima della totalità o della quasi totalità del suo fabbisogno nel corso di un determinato periodo, anche se uno dei fornitori sia in una posizione dominante. Se così è, questi 18 accordi non sarebbero idonei a produrre effetti anticoncorrenziali e non possono pertanto essere invocati nella decisione impugnata. Escludere 18 dei 49 accordi, sui quali la decisione impugnata si fonda, ne minerebbe in modo decisivo la fondatezza e comporta, secondo le ricorrenti, l’annullamento della decisione impugnata nella sua totalità.

293    Le ricorrenti aggiungono che, contrariamente a quanto affermato nel controricorso, un buon numero di accordi non allineerebbe il prezzo al volume acquistato, ma praticherebbe un prezzo unitario unico per ciascun apparecchio ordinato (Lidl, COOP ecc.).

294    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalle ricorrenti.

2.     Giudizio del Tribunale

295    Si deve osservare che, come ricordato supra ai punti 208 e 209, per un’impresa che si trova in posizione dominante su un mercato, il fatto di vincolare gli acquirenti – quand’anche su loro domanda – con un obbligo o una promessa di rifornirsi per la totalità o per una parte considerevole del loro fabbisogno esclusivamente presso la detta impresa costituisce uno sfruttamento abusivo di una posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE, sia che l’obbligo considerato sia stipulato sic et simpliciter, sia che trovi la sua contropartita nella concessione di sconti. Altrettanto dicasi quando la detta impresa, senza vincolare gli acquirenti con un obbligo formale, applica, o in forza di accordi stipulati con tali acquirenti o unilateralmente, un sistema di sconti di fedeltà, cioè riduzioni di prezzo subordinate alla condizione che il cliente si rifornisca esclusivamente per la totalità o per una parte considerevole del suo fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit., punto 89).

296    In effetti, gli impegni di approvvigionamento esclusivo di questo tipo, con o senza contropartita di sconti o concessione di premi di fedeltà onde stimolare l’acquirente ad acquistare esclusivamente presso l’impresa in posizione dominante, sono incompatibili con lo scopo che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune, in quanto non si fondano su una prestazione economica che giustifichi questo onere o questo vantaggio, bensì mirano a togliere all’acquirente, o a ridurre nei suoi riguardi, la possibilità di scelta per quel che concerne le sue fonti di approvvigionamento e a precludere l’accesso al mercato agli altri produttori (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit., punto 90).

297    Orbene, nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione, nella decisione impugnata, ha, giustamente, esaminato gli impegni sui quantitativi personalizzati non solo in modo puramente formale, dal punto di vista giuridico, ma anche tenendo conto del contesto economico specifico nel quale gli accordi di cui trattasi si inserivano. Proprio su tale base la Commissione ha concluso, nella decisione impugnata, che gli accordi di cui trattasi erano idonei ad escludere i concorrenti.

298    Infatti, impegni sui quantitativi personalizzati, come quelli cui fa riferimento la decisione impugnata al punto 302, che vincolano de facto o incentivano l’acquirente a rifornirsi esclusivamente o per una parte considerevole del suo fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante, e che non riposano su una prestazione economica che giustifichi tale onere o tale vantaggio, ma mirano a togliere all’acquirente o a limitargli la possibilità di scelta per quanto riguarda le sue fonti di approvvigionamento e a impedire l’accesso al mercato ai produttori, costituiscono, quand’anche si ammetta che non vincolino l’acquirente con un’obbligazione formale, uno sfruttamento abusivo di una posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE (v., in questo senso, sentenza Van den Bergh Foods/Commissione, cit., punti 84 e 160).

299    Anche se più esempi confermano che, per quanto riguarda gli impegni in termini di quantità e gli sconti, le ricorrenti consentivano una certa flessibilità circa il rigoroso rispetto delle scadenze e degli obiettivi, tale flessibilità, applicata altresì a taluni accordi che le ricorrenti riconoscono essere «vincolanti», non diminuisce assolutamente l’effetto esclusivo prodotto da tali pratiche. Al contrario, la Commissione ha, giustamente, affermato nella decisione impugnata che l’esatto volume degli acquisti era per le ricorrenti meno importante della fedeltà del cliente. Infatti, tale flessibilità contribuiva a mantenere l’incentivo ad acquistare le RVM delle ricorrenti, anche per quei clienti che altrimenti non avrebbero raggiunto le soglie richieste (v. punto 312 della decisione impugnata).

300    Inoltre, si deve rilevare che la grande maggioranza degli impegni in termini di quantità che le ricorrenti qualificavano non vincolanti sono accordi nei quali il prezzo e le condizioni commerciali sono subordinati all’acquisto di un certo volume da parte del cliente. Tali accordi contenevano in genere uno sconto subordinato espressamente alla realizzazione dell’obiettivo. Il cliente non era giuridicamente obbligato a raggiungere l’obiettivo, ma doveva arrivarvi per ottenere o conservare lo sconto. Siffatti accordi sono presenti nella specie, come per esempio quelli conclusi con l’Axfood (2001), la COOP (2000), la NorgesGruppen o la Hakon Gruppen. Tali accordi sono simili ad uno sconto retroattivo. Il rischio di perdere lo sconto retroattivamente incentiva fortemente il cliente a raggiungere l’obiettivo. Il fatto che le ricorrenti possano infine non aver chiesto il rimborso dello sconto, o l’assenza dimostrata di accettazione di un’offerta delle ricorrenti da parte del cliente, non sono pertinenti. Ciò che conta sono le aspettative del cliente all’epoca in cui egli ha fatto gli ordinativi conformemente alle condizioni dell’offerta ricevuta.

301    Dall’insieme di tutto quanto sopra considerato risulta che il motivo che deduce l’errore manifesto di diritto commesso dalla Commissione nel ritenere che impegni non vincolanti sui quantitativi potessero violare l’art. 82 CE dev’essere respinto.

 II – Sulle conclusioni dirette all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda

 A – Argomenti delle parti

302    Nell’ambito del sesto motivo, le ricorrenti considerano che la Commissione è incorsa nella violazione dei principi di proporzionalità e di non discriminazione fissando l’ammenda all’8% del giro d’affari mondiale del gruppo Tomra.

303    Rispondendo alle affermazioni della Commissione esposte nel controricorso, le ricorrenti reiterano l’affermazione secondo cui l’ammenda di EUR 24 milioni inflitta dalla Commissione rappresenta il 7,97% del giro d’affari mondiale del gruppo nel 2005.

304    In primo luogo, le ricorrenti considerano che, se la Commissione è libera di alzare il livello delle ammende, al fine di rafforzarne l’effetto dissuasivo, tuttavia, la politica della Commissione deve rispettare le esigenze di proporzionalità, in forza delle quali le ammende che sanzionano le infrazioni qualificate «molto gravi» debbono presentare un effetto dissuasivo maggiore di quelle che sanzionano le infrazioni qualificate «gravi». Tale logica sarebbe riconosciuta dagli orientamenti sul calcolo delle ammende, che prevedrebbero che le infrazioni «gravi» siano punite con un’ammenda di base da EUR 1 a 20 milioni e le infrazioni «molto gravi» con un’ammenda di base superiore a EUR 20 milioni.

305    Secondo le ricorrenti, la Commissione ha seguito questa logica quando ha inflitto un’ammenda alla Microsoft per infrazioni «molto gravi». Tuttavia, esse deducono, a titolo di confronto, che l’ammenda della Microsoft rappresentava solo l’1,5% del suo giro d’affari mondiale, anche se l’infrazione era stata considerata «molto grave». Le ricorrenti dichiarano di essere dell’opinione che ciò induce alla conclusione illogica secondo cui per la Commissione è più importante creare un effetto dissuasivo nei confronti delle ricorrenti, cioè un gruppo di società con un giro d’affari inferiore a EUR 300 milioni, per un’infrazione «grave», di quanto non lo fosse stato nei confronti della Microsoft, una delle cinque più grandi imprese al mondo, con un fatturato (nel 2003) superiore a EUR 30 miliardi, per un’infrazione «molto grave». Parimenti, la Commissione avrebbe inflitto all’AstraZeneca un’ammenda per due infrazioni «gravi», la quale, pur avendo tenuto conto della necessità di infliggere un’ammenda avente un effetto dissuasivo proporzionale ai benefici pertinenti, sarebbe ammontata a circa solo il 3% del suo giro d’affari mondiale.

306    Le ricorrenti affermano che la Corte ha riconosciuto che ogni significativa modifica dell’approccio da parte della Commissione esige una dettagliata spiegazione. La Commissione ciò nondimeno non avrebbe precisato, nella decisione impugnata, per quale ragione al gruppo Tomra, un’impresa che non è neppure classificata tra le 50 maggiori imprese in Norvegia, sia stata inflitta un’ammenda corrispondente «alla massima percentuale del giro d’affari mondiale di una società cui viene inflitta un’ammenda per violazione delle regole di concorrenza».

307    Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che la decisione impugnata non contiene spiegazioni dettagliate che permettano di giustificare tale significativa modifica dell’approccio della Commissione in materia di ammende.

308    In secondo luogo, le ricorrenti considerano che il livello dell’ammenda è sproporzionato, tenuto conto dell’importo limitato del fatturato che esse hanno realizzato sui mercati geografici considerati. Le ricorrenti ritengono che meno del 25% del loro giro d’affari viene prodotto in Germania, nei Paesi Bassi, in Austria, in Svezia e in Norvegia e meno del de 34% in seno al SEE nel suo insieme. Secondo le ricorrenti, la Corte ha accettato che il principio di proporzionalità possa risultare violato se la Commissione ignora il nesso tra il giro d’affari mondiale e il giro d’affari «costituito dai prodotti per i quali l’infrazione è stata commessa». La Commissione non poteva, pertanto, limitarsi a tener conto del fatto che le infrazioni non erano continue durante tutto il periodo esaminato su tutti i mercati nazionali interessati.

309    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalle ricorrenti.

 B – Giudizio del Tribunale

310    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti che deduce la violazione del principio di non discriminazione, in quanto la Commissione ha fissato l’ammenda all’8% del giro d’affari mondiale delle ricorrenti, si deve, innanzitutto, ricordare che, nell’ambito della determinazione dell’importo delle ammende, la Commissione non può violare il principio di parità di trattamento, principio generale di diritto comunitario che, secondo la costante giurisprudenza, risulta violato soltanto quando situazioni analoghe vengono trattate in maniera differente o quando situazioni differenti vengono trattate in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑220/00, Cheil Jedang/Commissione, Racc. pag. II‑2473, punto 104).

311    Occorre, tuttavia, sottolineare a questo proposito che la prassi decisionale antecedente della Commissione non funge di per sé quale quadro normativo per le ammende in materia di concorrenza. Il fatto che la Commissione abbia applicato, in passato, ammende di un certo livello a taluni tipi di infrazioni non vale a privare la detta istituzione della possibilità di aumentare tale livello entro i limiti indicati dal regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), ove ciò sia necessario per garantire l’attuazione della politica comunitaria in materia di concorrenza (v., per analogia, sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80‑103/80, Musique diffusion française e a./ Commissione, Racc. pag. 1825, punto 109).

312    Occorre aggiungere che la gravità delle infrazioni dev’essere accertata sulla scorta di un gran numero di elementi, come, segnatamente, le circostanze proprie del caso di specie, il suo contesto e l’effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenza della Corte 17 luglio 1997, causa C‑219/95 P, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I‑4411, punto 33). Orbene, i dati pertinenti, quali i mercati, i prodotti, i paesi, le imprese e i periodi in questione, variano da caso a caso. Ne consegue che la Commissione non può essere obbligata ad infliggere ad imprese ammende il cui importo rispecchi la medesima proporzione delle infrazioni del loro rispettivo fatturato in tutti i casi paragonabili sotto il profilo della gravità (v., in questo senso, sentenza del Tribunale 13 gennaio 2004, causa T‑67/01, JCB Service/Commissione, Racc. pag. II‑49, punti 187‑189).

313    Poiché le ammende sono uno strumento della politica della concorrenza della Commissione, questa deve disporre di un margine di discrezionalità nel fissare il loro importo al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza (sentenza del Tribunale 11 dicembre 1996, causa T‑49/95, Van Megen Sports/Commissione, Racc. pag. II‑1799, punto 53).

314    Nella specie si deve, pertanto, respingere di primo acchito l’argomento delle ricorrenti che deduce il confronto tra l’ammenda inflitta alle ricorrenti e quelle inflitte dalla Commissione in altre decisioni, poiché, come or ora ricordato, la prassi decisionale della Commissione non può servire di per sé come quadro normativo per le ammende in materia di concorrenza. La Commissione non può, infatti, essere obbligata a fissare ammende con una perfetta coerenza rispetto a quelle fissate in altri casi.

315    Non può avere successo neppure l’argomento delle ricorrenti secondo cui la decisione impugnata segna un cambiamento di politica che avrebbe meritato spiegazioni specifiche. Infatti, la Commissione, nel fissare l’ammenda controversa, si è conformata agli obblighi che le incombono in forza del regolamento n. 1/2003 e dei suoi orientamenti relativi al calcolo delle ammende, circostanze che, peraltro, non sono oggetto di contestazioni da parte delle ricorrenti. Il livello dell’ammenda fissato dalla Commissione non costituisce pertanto un cambiamento della sua politica in materia di ammende, bensì, al contrario, un’applicazione classica di tale politica.

316    Per quanto riguarda l’asserito carattere sproporzionato dell’ammenda rispetto all’importo limitato del rispettivo giro d’affari delle ricorrenti sui mercati geografici considerati, si deve ricordare che, fatto salvo il rispetto del limite massimo previsto dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 e che si riferisce al fatturato complessivo (v., per analogia, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, citata al punto 119), la Commissione può tenere conto del fatturato dell’impresa in questione al fine di valutare la gravità dell’infrazione nel determinare l’importo dell’ammenda, senza, tuttavia, attribuirvi un’importanza sproporzionata rispetto ad altri elementi di valutazione (sentenza della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 257).

317    Nella specie, la Commissione ha applicato il metodo di calcolo definito negli orientamenti, il quale prevede che, all’atto della valutazione della gravità dell’infrazione per fissare l’importo dell’ammenda, siano presi in considerazione un gran numero di elementi, tra cui, in particolare, figurano la natura propria dell’infrazione, l’impatto concreto sul mercato quando sia misurabile, l’estensione geografica del mercato rilevante e la necessaria efficacia dissuasiva dell’ammenda. Gli orientamenti, benché non prevedano che l’importo delle ammende sia calcolato in funzione del giro d’affari globale o del giro d’affari pertinente, non ostano a che tali giri d’affari vengano presi in considerazione all’atto della fissazione dell’importo dell’ammenda al fine di rispettare i principi generali del diritto comunitario e qualora le circostanze lo esigano (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punti 258 e 260).

318    Da ciò consegue che, se non può negarsi che il giro d’affari inerente ai prodotti considerati può costituire una base appropriata ai fini della valutazione dei danni arrecati alla concorrenza sul mercato dei prodotti di cui trattasi in seno al SEE, resta ciò nondimeno che tale elemento non costituisce l’unico criterio sulla base del quale la Commissione deve valutare ed ha, nella specie, effettivamente valutato la gravità dell’infrazione.

319    Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, si attribuirebbe a tale elemento un’importanza eccessiva se si limitasse la valutazione del carattere proporzionato dell’importo dell’ammenda fissato dalla Commissione alla relazione del detto importo con il giro d’affari relativo ai prodotti considerati. La natura propria dell’infrazione, l’impatto concreto della stessa qualora misurabile, l’estensione geografica del mercato rilevante e la necessaria efficacia dissuasiva dell’ammenda sono pure essi elementi presi in considerazione dalla Commissione nella specie, che possono giustificare in diritto l’importo dell’ammenda.

320    Ad ogni modo, come giustamente rilevato dalla Commissione, è giocoforza constatare che il giro d’affari realizzato nei mercati interessati con l’infrazione commessa dalle ricorrenti rappresenta una quota relativamente importante del loro fatturato globale, cioè il 25%. Di conseguenza, non può pretendersi che le ricorrenti abbiano realizzato solo un’esigua parte del loro giro d’affari globale sui mercati considerati.

321    Da ciò consegue che il motivo che deduce il trattamento sproporzionato e/o discriminatorio di cui le ricorrenti sarebbero state oggetto con riferimento alla prassi decisionale della Commissione e al giro d’affari realizzato nei mercati rilevanti dev’essere respinto e debbono, pertanto, essere respinte pure le conclusioni intese all’annullamento e alla riduzione dell’ammenda.

322    Da tutto quanto sopra esposto consegue che il ricorso deve essere integralmente respinto.

 Sulle spese

323    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, poiché sono rimaste soccombenti, devono essere condannate a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle della Commissione, conformemente alle conclusioni di quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Tomra Systems ASA, la Tomra Europe AS, la Tomra Systems GmbH, la Tomra Systems BV, la Tomra Leergutsysteme GmbH, la Tomra Systems AB e la Tomra Butikksystemer AS, e sono condannate a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

Vilaras

Prek

Ciucă

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 settembre 2010.

Indice


Fatti all’origine della controversia

Decisione impugnata

I –  Mercato rilevante

II –  Posizione dominante

III –  Comportamento abusivo

IV –  Ammenda

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

I – Sulle conclusioni intese all’annullamento della decisione impugnata

A –  Sul primo motivo, relativo all’uso di prove manifestamente inesatte e poco affidabili per constatare la politica di esclusione e per dimostrare l’esistenza e determinare il contenuto di taluni accordi tra le ricorrenti e i loro clienti

1.  Sulla prima parte, relativa all’assenza di elementi di prova affidabili atti a dimostrare l’esistenza di una politica di esclusione

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

2.  Sulla seconda parte, relativa all’uso di prove inesatte e poco affidabili per dimostrare l’esistenza e determinare il contenuto di taluni degli accordi tra le ricorrenti e i loro clienti

a)  Sugli accordi di esclusiva anteriori al 1998

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

b)  Sugli accordi che designano le ricorrenti come «fornitore preferito, principale o primo fornitore»

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

c)  Sugli impegni personalizzati in materia di quantitativi e i meccanismi individuali di sconti retroattivi

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

d)  Sulla valutazione di taluni contratti conclusi nel territorio della Germania, dei Paesi Bassi, della Svezia e della Norvegia

Germania

–  Edeka Bayern-Sachsen-Thüringen (1998‑1999)

–  Edeka Handelsgesellschaft Hessenring (1999)

–  Edeka Baden-Würtemberg (2000)

–  COOP Schleswig-Holstein (2000)

–  Netto

–  Rewe Wiesloch e Rewe-Hungen (1997)

–  Rewe Hungen (2000)

Paesi Bassi

–  Albert Heijn (1998‑2000)

–  Royal Ahold (2000‑2002)

–  Lidl (1999‑2000)

–  Superunie (2001)

Svezia

–  ICA Handlares (Svezia) e Hakon Gruppen (Norvegia) (2000‑2002)

–  Rimi Svenska (2000)

–  Spar, Willys e KB Exonen (gruppoAxfood) (2000)

–  Axfood (2001)

–  Axfood (2003‑2004)

Norvegia

–  Køff Hedmark e Rema 1000 (1996), AKA/Spar Norge (1997)

–  NorgesGruppen, Hakon Gruppen, NKL (COOP) e Rema 1000 (1999‑2000)

–  NorgesGruppen (2000‑2001)

–  NKL (COOP) e Rema 1000 (2000‑2001)

B –  Sul secondo e quarto motivo, relativi all’esistenza di errori manifesti di valutazione circa la questione se gli accordi fossero tali da escludere la concorrenza e all’assenza di motivazione

1.  Sull’asserita illegittimità «di per sé» degli accordi delle ricorrenti e sulla mancanza di spiegazioni circa i criteri utilizzati dalla Commissione per valutare se gli accordi fossero idonei a restringere o a escludere la concorrenza

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

2.  Sulla «copertura insufficiente» della domanda totale di RVM mediante le pratiche delle ricorrenti

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

3.  Sulle prove e sulle ipotesi assertivamente inesatte e ingannevoli alle quali sarebbe stato fatto ricorso per valutare l’idoneità degli sconti retroattivi ad escludere la concorrenza

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

C –  Sul terzo motivo, relativo ad errori manifesti nella valutazione della Commissione circa la questione se gli accordi eliminassero effettivamente la concorrenza

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

D –  Sul quinto motivo, relativo all’errore manifesto nel quale la Commissione sarebbe incorsa concludendo che impegni in termini quantitativi non vincolanti potevano violare l’art. 82 CE

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

II – Sulle conclusioni dirette all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda

A – Argomenti delle parti

B – Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.