Language of document : ECLI:EU:C:2014:2112

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 17 luglio 2014 (1)

Causa C‑528/13

Geoffrey Léger

contro

Ministre des Affaires sociales, de la Santé et des Droits des femmes

e

Établissement français du sang

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal administratif de Strasbourg (Francia)]

«Sanità pubblica – Donazione del sangue – Criteri di idoneità dei donatori – Criteri di esclusione permanente o temporanea – Esclusione definitiva degli uomini che hanno avuto rapporti sessuali con un altro uomo – Principio di non discriminazione fondata sull’orientamento sessuale – Proporzionalità»







Indice


I – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

B – Diritto francese

II – Procedimento principale e questione pregiudiziale

III – Procedimento dinanzi alla Corte

IV – Analisi

A – Sintesi della posizione del governo francese

B – Valutazione

1. Sull’interpretazione del punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33

a) Il punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33 può ricevere applicazione soltanto in presenza di un rischio elevato di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue

b) Se la circostanza, per un uomo, di avere avuto o di avere rapporti con un altro uomo configuri un «comportamento sessuale» ai sensi del punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33

2. Sul margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri dalla direttiva 2004/33 e sulla possibilità riconosciuta a questi ultimi di mantenere o introdurre misure protettive più rigorose

a) Il rispetto delle disposizioni del Trattato quale limite all’esercizio delle competenze nazionali

b) Il decreto ministeriale contiene una discriminazione indiretta fondata sulla doppia combinazione del sesso e dell’orientamento sessuale

c) La disparità di trattamento è giustificata e proporzionata?

V – Conclusione

1.        Il presente rinvio pregiudiziale solleva una questione delicata, ossia quella della compatibilità con il diritto dell’Unione di una misura nazionale che escluda dalla donazione del sangue, in maniera permanente, gli uomini che abbiano o abbiano avuto rapporti sessuali con un altro uomo.

I –    Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

2.        Il contesto di diritto dell’Unione può essere riassunto come segue.

3.        Adottata sulla base dell’articolo 152, paragrafo 4, lettera a), CE [divenuto articolo 168, paragrafo 4, lettera a), TFUE], la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CE (2), nasce dalla constatazione del legislatore dell’Unione di una situazione in cui «la qualità e la sicurezza [del sangue intero, del plasma e delle cellule sanguigne d’origine umana] destinati alla trasfusione e non trattati non sono soggette ad alcuna normativa comunitaria vincolante» (3). Il legislatore dell’Unione ha quindi espresso la propria intenzione di adottare disposizioni volte ad assicurare che «la qualità e la sicurezza del sangue e dei suoi componenti, a qualunque uso siano destinati, siano analoghe lungo tutto il percorso trasfusionale in tutti gli Stati membri», atteso che la determinazione di parametri elevati di qualità e sicurezza deve contribuire a rassicurare il pubblico (4). L’obiettivo della direttiva 2002/98 è pertanto quello di stabilire norme di qualità e sicurezza del sangue umano e dei suoi componenti, al fine di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana (5). In particolare, essa ha imposto agli Stati membri di assicurare che le attività relative alla raccolta, al controllo nonché alla lavorazione, alla conservazione e alla distribuzione del sangue e dei suoi componenti siano effettuate soltanto da centri ematologici che abbiano ottenuto una designazione e un accreditamento e che detti centri siano soggetti a diverse ispezioni e misure di controllo (6). La direttiva ha altresì sancito i principi della rintracciabilità del percorso del sangue, della donazione volontaria e gratuita e del controllo obbligatorio di ciascuna donazione (7).

4.        Per contro, i requisiti relativi all’idoneità dei donatori di sangue e di plasma, vale a dire, in particolare, i criteri di esclusione permanente e temporanea non sono stati fissati dalla direttiva 2002/98, bensì dalla direttiva 2004/33/CE della Commissione, del 22 marzo 2004, che applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti (8), secondo la procedura di comitato di cui all’articolo 28 della direttiva 2002/98 (9).

5.        Tali requisiti sono stati dunque fissati dalla direttiva 2004/33, il cui allegato III stabilisce i criteri di idoneità dei donatori di sangue intero e di emocomponenti, sancendo, al punto 2 di tale allegato, i criteri di esclusione per i suddetti donatori.

6.        Il punto 2.1 dell’allegato III contiene una tabella in cui sono elencati i criteri di esclusione permanente di donazioni allogeniche (10). La descrizione del comportamento sessuale prevista dalla tabella è formulata nei termini che seguono: «Persone il cui comportamento sessuale le espone ad alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue».

7.        Il punto 2.2 dell’allegato III elenca i criteri di esclusione temporanea di donatori di unità allogeniche, mentre al punto 2.2.2 del medesimo allegato sono illustrati, più in dettaglio, i criteri di esclusione legati all’esposizione a rischio di contrarre un’infezione trasmissibile per trasfusione. La voce della tabella relativa alle «[p]ersone il cui comportamento o attività sessuale le espone al rischio di contrarre malattie infettive trasmissibili col sangue» stabilisce la seguente esclusione: «Esclusione dopo cessazione del comportamento a rischio per un periodo determinato dalla malattia in questione e dalla disponibilità di adeguati esami di controllo».

B –          Diritto francese

8.        In data 12 gennaio 2009 il Ministre de la santé et des sports [Ministro della sanità e dello sport] ha adottato un decreto con il quale sono stati fissati i criteri di selezione dei donatori di sangue (11) (in prosieguo: il «decreto ministeriale»).

9.        L’articolo 1 del decreto ministeriale fissa le condizioni alle quali è possibile effettuare una donazione del sangue. Ai sensi dell’articolo 1, titolo V, punto 1, relativo alle caratteristiche cliniche del donatore, spetta alla persona abilitata a effettuare la selezione dei donatori valutare la possibilità di una donazione, alla luce delle controindicazioni e della rispettiva durata, come pure della relativa anteriorità e dell’evoluzione, mediante ulteriori domande oltre al questionario che precede la donazione (12). Tali domande sono poste all’occorrenza durante il colloquio precedente la donazione, che viene condotto invece sistematicamente. Sempre ai sensi di questa disposizione, la donazione viene rimandata in presenza di una delle controindicazioni indicate in una delle tabelle dell’allegato II del decreto ministeriale. È previsto che le autorità sanitarie possano modificare, aggiungere o eliminare controindicazioni alla donazione del sangue in funzione di situazioni epidemiologiche particolari o di dati dell’emovigilanza.

10.      L’allegato II del decreto ministeriale contiene le tabelle relative alle controindicazioni. Più in dettaglio, la tabella B elenca le controindicazioni in caso di rischio per il ricevente. La parte della tabella B dedicata al rischio connesso alla trasmissione di un’infezione virale è così redatta:

Trasmissione di un’infezione virale

Rischio di esposizione del candidato donatore ad un agente infettivo trasmissibile per via sessuale

Rapporto/i sessuale/i non protetto/i con un partner occasionale

CI [(13)] di quattro mesi dopo l’ultimo rapporto sessuale non protetto

  

Promiscuità sessuale: più di un partner negli ultimi quattro mesi

CI di quattro mesi dalla cessazione della situazione di promiscuità

  

Uomo che ha avuto rapporti sessuali con un altro uomo

CI permanente

  

Rapporti sessuali non protetti con un nuovo partner da meno di due mesi

CI di quattro mesi dall’ultimo rapporto sessuale non protetto

 

Rischio di esposizione del partner sessuale del candidato donatore ad un agente infettivo trasmissibile per via sessuale

Partner che ha avuto più di un partner negli ultimi quattro mesi

CI di quattro mesi

  

Partner che si è iniettato sostanze stupefacenti o dopanti e senza status serologico HIV[(14)] e HBV noto

CI di quattro mesi dall’ultimo rapporto sessuale

  

Partner con una serologia positiva per HIV, HTLV, HCV, HBV (AgHBs+)

CI di quattro mesi dall’ultimo rapporto sessuale. (…)

  

Partner con una IST recente o sotto terapia

CI di quattro mesi dalla guarigione del partner

II – Procedimento principale e questione pregiudiziale

11.      Il 29 aprile 2009 il medico dell’Établissement français du sang (Centro ematologico francese; in prosieguo: l’«EFS») rifiutava la donazione del sangue offerta dal sig. Geoffroy Léger per il fatto che quest’ultimo dichiarava di essere omosessuale.

12.      Con la sua decisione di rifiuto, il medico dell’EFS applicava il decreto ministeriale secondo il quale il fatto di avere avuto rapporti sessuali con un altro uomo configura una controindicazione permanente alla donazione del sangue per il donatore.

13.      Il sig. Léger presentava al giudice del rinvio un ricorso di annullamento avverso tale decisione. Egli sostiene, in particolare, che nella parte in cui fissa la controindicazione permanente anzidetta, il decreto ministeriale violerebbe la direttiva 2004/33 e, più precisamente, l’allegato II, punto B (15), e l’allegato III, punto 2.1. Il decreto ministeriale sarebbe altresì, e peraltro, contrario agli articoli 3, 8 e 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), nonché al principio di uguaglianza.

14.      Pertanto, posto di fronte a una difficoltà connessa all’interpretazione del diritto dell’Unione, il Tribunal administratif de Strasbourg (Tribunale amministrativo di Strasburgo) ha deciso di sospendere il procedimento e, con decisione di rinvio pervenuta alla cancelleria della Corte in data 8 ottobre 2013, ha sottoposto a quest’ultima, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la seguente questione pregiudiziale:

«Se, ai sensi dell’allegato III della direttiva [2004/33], la circostanza che un uomo abbia rapporti sessuali con una persona del suo stesso sesso configuri, di per sé, un comportamento sessuale che espone al rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue e che giustifica un’esclusione permanente dalla donazione del sangue per i soggetti che abbiano avuto un siffatto comportamento sessuale, oppure se detta circostanza possa semplicemente costituire, in funzione delle circostanze proprie del caso concreto, un comportamento sessuale che espone al rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue e che giustifica un’esclusione temporanea dalla donazione del sangue per un determinato periodo di tempo dopo la cessazione del comportamento a rischio».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

15.      Soltanto il governo francese e la Commissione europea hanno depositato osservazioni scritte dinanzi alla Corte.

IV – Analisi

A –    Sintesi della posizione del governo francese

16.      Il governo francese è dell’avviso che la direttiva 2004/33 non osti a che uno Stato membro ritenga che la circostanza che un uomo abbia rapporti sessuali con un altro uomo (in prosieguo: «MSM») (16) configuri un comportamento sessuale che espone al rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue, che giustifica un’esclusione permanente dalla donazione.

17.      In primo luogo, il comportamento sessuale consistente, per un uomo, nell’avere rapporti sessuali con un altro uomo configurerebbe di per sé un comportamento sessuale tale da giustificare una controindicazione permanente alla donazione. La direttiva 2002/98 rientra, in senso più ampio, nell’ambito dell’attuazione di una politica comune di sanità pubblica e mira a fissare parametri elevati di qualità e di sicurezza – obiettivi onnipresenti nella direttiva in parola – con un approccio coordinato della sicurezza del sangue a seguito di diversi casi di infezioni trasmesse per via trasfusionale. La direttiva 2002/98 è stata pertanto adottata sulla base dell’articolo 152, paragrafo 4, lettera a), CE. Inoltre, l’obiettivo principale è la protezione del soggetto che riceve la donazione e, al riguardo, la direttiva insiste sul fatto che le donazioni devono provenire da persone il cui stato di salute garantisca che non si producano effetti negativi a seguito della donazione e che gli eventuali rischi di trasmissione di malattie infettive siano ridotti al minimo (17). La selezione dei donatori è appunto uno dei tre strumenti utilizzati allo scopo di ridurre tale rischio (18).

18.      Sebbene la direttiva 2004/33 preveda che i soggetti il cui comportamento sessuale li espone al rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue debbano essere esclusi in maniera permanente dalla donazione, essa, tuttavia, non definisce tale nozione. Peraltro, è proprio questa esposizione a un rischio ad essere contemplata dal punto 2.2.2 dell’allegato III di detta direttiva, che fissa i criteri di esclusione temporanea. Le altre versioni linguistiche mostrano inoltre alcune divergenze. In tale ipotesi, la giurisprudenza costante della Corte impone di basarsi sull’economia generale e sulla finalità della direttiva che, secondo il governo francese, è la riduzione al minimo del rischio e l’attuazione di parametri elevati di sicurezza e di qualità. Pertanto, un rischio transitorio giustificherebbe un’esclusione temporanea, mentre un rischio maggiore, che può giustificare una misura più rigorosa, dovrebbe motivare un’esclusione permanente. Posto che l’azione dell’Unione in tale materia è complementare rispetto a quella degli Stati membri e rispetta la responsabilità di questi ultimi (19), la valutazione del rischio spetterebbe ad essi, alla luce delle situazioni epidemiologiche nazionali.

19.      A tal riguardo, il governo francese menziona dati statistici secondo cui la percentuale di persone in vita che hanno contratto l’HIV (20) nella popolazione MSM sarebbe 65 volte maggiore rispetto al resto della popolazione. Per quanto riguarda l’incidenza dell’infezione da HIV (21), nel 2008, su 6 940 nuovi casi censiti, 3 320 apparterrebbero alla popolazione MSM. Orbene, tenuto conto dell’arco temporale durante il quale non è rilevabile la presenza dei virus HIV‑1 e HIV‑2 con i test diagnostici (rispettivamente 12 e 22 giorni), tale situazione risulterebbe particolarmente problematica per le donazioni di sangue. Nella sua risoluzione del 27 marzo 2013 (22), il Consiglio d’Europa avrebbe del resto confermato che la popolazione MSM è esposta a un rischio elevato di infezione e, pertanto, di trasmissione di gravi malattie infettive trasmissibili col sangue.

20.      In secondo luogo, il governo francese sostiene che, alla luce di tali elementi, non sarebbe possibile l’applicazione di un’esclusione soltanto temporanea. Pertanto, il Consiglio d’Europa suggerisce di applicare una controindicazione temporanea unicamente dopo aver stabilito che il comportamento interessato non espone a un rischio elevato. Orbene, il Consiglio medesimo, valutando l’impatto sulla sicurezza delle trasfusioni delle donazioni provenienti dalla popolazione MSM, è giunto alla conclusione che sussiste un maggior rischio di trasmissione dell’HIV (23). Il governo francese ritiene che il «comportamento» MSM esponga a un rischio elevato, non temporaneo, come dimostrato dai dati statistici anzidetti, aggiungendo che il rischio residuo di infezione da HIV – ossia il rapporto di donazioni infette rispetto al numero complessivo di donazioni – è di una donazione potenzialmente infettante su 2 900 000 e che la metà delle donazioni infette da HIV proviene dalla popolazione MSM, che manifesterebbe una crescente propensione alla donazione del sangue, malgrado la controindicazione permanente. Il governo francese ritiene che il passaggio da un’esclusione permanente ad una temporanea costituisca un falso segnale per la popolazione MSM che, nonostante tutto, tende attualmente ad autoescludersi dal percorso trasfusionale, e rischi, nel contempo, di trasformare la donazione in un ulteriore mezzo di screening dell’HIV e di minimizzare la portata del discorso generale sulla prevenzione di tale virus.

21.      Il governo francese sostiene, altresì, che ritenere l’esclusione permanente degli MSM contraria alla direttiva 2004/33 priverebbe di qualunque efficacia il punto 2.1 dell’allegato III di detta direttiva. Sebbene esistano altri comportamenti sessuali che espongono a un rischio di infezione (24), tutti esporrebbero a un rischio meno elevato di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue rispetto alla popolazione MSM, come confermato dai dati statistici sopra richiamati. Orbene, se un simile rischio non integra la fattispecie contemplata dal punto 2.1 dell’allegato III, il governo francese si chiede quale sia allora il rischio che la possa integrare. Esso ne deduce che la popolazione MSM non possa che essere oggetto di un’esclusione permanente.

22.      In terzo luogo, anche se il punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33 dovesse essere interpretato nel senso che la popolazione MSM possa rientrare soltanto in un’esclusione temporanea, uno Stato membro avrebbe sempre la facoltà di applicare misure di protezione più rigorose e ritenere che un tale livello di rischio di infezione giustifichi un’esclusione permanente. Il governo francese menziona gli articoli 6, lettera a) TFUE, e 168, paragrafo 4, lettera a), TFUE. Quest’ultimo prevede che gli Stati membri possano mantenere o introdurre misure di questo genere, il che viene peraltro ribadito non soltanto dal considerando 22 ma anche dall’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2002/98, il quale enuncia che la medesima non impedisce agli Stati membri di mantenere o di introdurre misure di protezione più rigorose, purché siano conformi alle disposizioni del Trattato. Poiché, secondo una giurisprudenza costante, la protezione della salute umana e della vita delle persone occupa il primo posto tra i beni e gli interessi protetti dall’Unione e considerato che gli Stati membri sono liberi di decidere il livello di protezione e le modalità per raggiungerlo, nulla osterebbe a che uno Stato membro possa ritenere che la popolazione MSM debba essere oggetto di un’esclusione permanente dalla donazione a motivo del rischio elevato cui queste persone esporrebbero i donatori, rischio che sarebbe confermato dai dati epidemiologici forniti dal governo francese. Pertanto, la misura di protezione più rigorosa costituita da una simile esclusione definitiva sarebbe proporzionata all’obiettivo legittimo perseguito.

B –    Valutazione

23.      Occorrerà dapprima stabilire se, per un uomo, la circostanza di avere rapporti sessuali con un altro uomo configuri un «comportamento sessuale» che espone ad alto rischio di contrarre gravi malattie infettive ai sensi del punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33.

24.      Se così non fosse, si dovrà in un secondo momento verificare se uno Stato membro, nell’esercizio del potere discrezionale tradizionalmente riconosciutogli in materia di sanità pubblica, possa adottare una misura protettiva più rigorosa di quest’ultima, come quella consistente nell’esclusione permanente della popolazione MSM dalla donazione del sangue.

1.      Sull’interpretazione del punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33

a)      Il punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33 può ricevere applicazione soltanto in presenza di un rischio elevato di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue

25.      L’interpretazione del motivo di esclusione di cui al punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33 è tanto più oggetto di discussione in quanto, come evidenziato dal governo francese, uno dei motivi di esclusione temporanea elencati al punto 2.2.2 del suddetto allegato è formulato con gli stessi termini, dato che indica «[p]ersone il cui comportamento o attività sessuale le espone al rischio di contrarre malattie infettive trasmissibili col sangue» (25). È evidente che il legislatore non può aver inteso prevedere che un comportamento definito negli stessi termini potesse costituire l’oggetto di un’esclusione nel contempo permanente e temporanea. Su questo punto, il governo francese e la Commissione hanno evidenziato l’esistenza di divergenze nelle versioni linguistiche disponibili dell’allegato III della direttiva 2004/33.

26.      Invero, secondo le versioni linguistiche considerate, l’esclusione temporanea riguarda soltanto l’esistenza di un rischio semplice rispetto al rischio elevato dell’esclusione permanente (26), oppure l’allegato III indica in entrambi i casi un rischio elevato (27), oppure, ancora, come nel caso della versione francese, l’allegato rimanda in entrambi i casi alla semplice nozione di «rischio», senza ulteriori precisazioni (28). Orbene, la necessità di un’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione esclude che, in caso di dubbio, il testo di una disposizione sia considerato isolatamente ma impone, al contrario, che esso sia interpretato e applicato alla luce dei testi redatti nelle altre lingue ufficiali – confronto che, come abbiamo avuto modo di osservare, non è del tutto esplicativo – e in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui fa parte (29). In altre parole, il semplice fatto che il punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33 nella versione in lingua francese contempli soltanto i soggetti il cui comportamento sessuale li espone al «semplice» rischio di contrarre gravi malattie infettive non è di per sé sufficiente per dichiarare la compatibilità dell’esclusione permanente della normativa nazionale con la direttiva.

27.      Le finalità della direttiva 2004/33 coincidono con quelle della direttiva 2002/98, giacché la prima precisa i requisiti tecnici di quest’ultima. Orbene, come osservato dal governo francese, il legislatore ha posto quale priorità della direttiva 2002/98 il miglioramento della qualità e della sicurezza del percorso trasfusionale.

28.      L’adozione di tale direttiva si inserisce in un ambito in cui gli Stati membri avevano già sperimentato le carenze dei rispettivi sistemi di sorveglianza e di sicurezza del percorso trasfusionale. Pertanto, le autorità sovranazionali si sono occupate della questione, sia a livello di Consiglio d’Europa (30) sia a livello dell’Unione. Tuttavia, occorre attendere la direttiva 2002/98, il cui fondamento giuridico è l’articolo 152, paragrafo 4, lettera a), CE – che prevedeva l’adozione di «misure che fissino parametri elevati di qualità e sicurezza (…) del sangue» – per assistere all’adozione del primo testo vincolante in materia da parte dell’Unione (31). L’obiettivo di qualità e sicurezza è onnipresente (32). Si tratta di prevenire la trasmissione di malattie (33) accertandosi che le donazioni provengano da persone il cui stato di salute garantisca che non si producano effetti negativi a seguito della donazione e che gli eventuali rischi di trasmissione di malattie infettive siano ridotti al minimo (34), e ciò al fine di aumentare la fiducia delle persone (35). Le medesime finalità sono ravvisabili nel testo della direttiva 2004/33 (36), il cui obiettivo dichiarato è garantire un elevato livello di tutela della salute umana (37).

29.      È pertanto evidente che gli allegati della direttiva 2004/33 debbano essere interpretati alla luce di questo obiettivo. Sono altresì dell’avviso che il punto 2.1 dell’allegato III della suddetta direttiva vada interpretato nel senso che sono esclusi in via permanente dalla donazione del sangue i soggetti il cui comportamento sessuale li esponga a un rischio elevato di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue, come peraltro riconosciuto dal governo francese nelle sue osservazioni. Siffatta interpretazione risulta non soltanto opportuna – affinché mantenga la sua pertinenza la distinzione operata dal legislatore dell’Unione fra, da un lato, i motivi di esclusione temporanea e, dall’altro, quelli di esclusione permanente – ma anche coerente con l’idea, anch’essa contenuta nella direttiva, di ridurre al minimo ogni rischio di trasmissione. Pertanto, un rischio elevato comporta un’esclusione permanente mentre un rischio minore e più limitato comporta soltanto un’esclusione temporanea.

b)      Se la circostanza, per un uomo, di avere avuto (38) o di avere rapporti con un altro uomo configuri un «comportamento sessuale» ai sensi del punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33

30.      Sebbene, alla luce delle suesposte considerazioni, la linea di demarcazione fra esclusione temporanea ed esclusione permanente appaia più nitida, rimane da stabilire quale possa essere un «comportamento sessuale» atto ad esporre a un rischio elevato di infezione.

31.      A questo proposito, il fascicolo presentato alla Corte non contiene alcun elemento relativo ai lavori preparatori della direttiva 2004/33 che possa chiarire ciò che il legislatore abbia voluto intendere con l’espressione «comportamento sessuale», né la direttiva contiene alcuna definizione al riguardo. Neppure l’esame dei documenti del Consiglio d’Europa fornisce chiarimenti, in quanto il comitato dei ministri si era limitato a definire un comportamento sessuale a rischio come un «comportamento sessuale che espone gli individui interessati a un rischio anche elevato di contrarre malattie infettive gravi trasmissibili col sangue» (39). È dunque giocoforza riferirsi al significato comune.

32.      Da un punto di vista strettamente letterale, il comportamento definisce la maniera in cui un individuo si comporta, il suo modo di agire; si tratta di tutte le sue reazioni, vale a dire della sua condotta (40). La nozione di comportamento induce, a priori, una valutazione soggettiva e il comportamento sessuale sarebbe dunque definito dalle abitudini e dalle pratiche sessuali del singolo interessato, vale a dire dalle condizioni concrete in cui il rapporto sessuale o i rapporti sessuali in parola sono stati consumati.

33.      Si pone pertanto la questione se l’esclusione permanente per la popolazione MSM miri a colpire un orientamento sessuale particolare o un comportamento concreto propriamente detto.

34.      Invero, il criterio di esclusione adottato dal decreto ministeriale è il fatto, per un uomo, di avere avuto o di avere un’attività sessuale consistente in rapporti sessuali con un altro uomo, a prescindere dalle condizioni dei rapporti, dalla loro frequenza o dalle pratiche osservate. Vero è che il criterio non è espressamente e direttamente formulato sulla base dell’orientamento sessuale, posto che la popolazione MSM non è ufficialmente definita in funzione dell’orientamento sessuale (41). Tuttavia, esso pone una sorta di presunzione assoluta secondo cui una relazione MSM espone necessariamente e sistematicamente a un rischio elevato di infezione. E, in pratica, l’intera popolazione maschile omosessuale e bisessuale si ritrova essenzialmente, se non esclusivamente (42), di fatto esclusa in modo permanente dalla donazione per il semplice motivo di avere avuto o di avere attualmente rapporti sessuali con un altro uomo.

35.      A mio avviso, il criterio nazionale applicato è formulato in modo troppo ampio e allo stesso tempo troppo generico, mentre la nozione di «comportamento sessuale» impiegata dal legislatore dell’Unione richiede l’identificazione di una condotta e di un’attitudine precise atte ad esporre il candidato alla donazione a un rischio elevato di infezione. Peraltro, la Commissione ha già evidenziato il fatto che il «comportamento sessuale» di cui alla direttiva 2004/33 non dovesse essere inteso come sinonimo di «orientamento sessuale» (43).

36.      Contrariamente a quanto sostenuto dal governo francese, affermare che il punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33 stabilisca che dalla donazione del sangue siano escluse in modo permanente persone riguardo alle quali è stato individuato un comportamento preciso e circostanziato, che le ha esposte o che le espone a un rischio elevato e che non si abbina a un’esclusione generica come quella prevista dal decreto ministeriale, non finisce per privare del suo effetto utile il suddetto punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33. Vero è che ciò obbliga, nondimeno, a ridefinire i criteri di esclusione permanente. Possiamo sin da ora pensare ai professionisti e alle professioniste del sesso (44), che, a mio parere, soddisferebbero i requisiti per rientrare in un’esclusione permanente ai sensi di tale punto 2.1 del summenzionato allegato.

37.      Dalle osservazioni che precedono emerge che il punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33 dev’essere interpretato nel senso che la sola circostanza, per un uomo, di avere avuto o di avere rapporti sessuali con un altro uomo non configura, di per sé, un comportamento sessuale che espone al rischio elevato di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue.

2.      Sul margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri dalla direttiva 2004/33 e sulla possibilità riconosciuta a questi ultimi di mantenere o introdurre misure protettive più rigorose

a)      Il rispetto delle disposizioni del Trattato quale limite all’esercizio delle competenze nazionali

38.      Come ho già sottolineato, il fondamento normativo della direttiva 2002/98, di cui la direttiva 2004/33 ha precisato i requisiti tecnici, è l’articolo 152, paragrafo 4, lettera a), CE, che prevedeva le condizioni alle quali il Consiglio poteva contribuire alla realizzazione di taluni obiettivi e, più nello specifico, quello di adottare «misure che fissino parametri elevati di qualità e sicurezza (…) del sangue e degli emoderivati». Le lettera a) del suddetto articolo continuava precisando che «tali misure non ostano a che gli Stati membri mantengano o introducano misure protettive più rigorose» (45). L’articolo 152, paragrafo 5, CE affermava che l’azione della Comunità nel settore della sanità pubblica rispettava pienamente le responsabilità degli Stati membri e, in particolare, che «le misure di cui al paragrafo 4, lettera a) non pregiudica[va]no le disposizioni nazionali sulla donazione (…) di sangue» (46).

39.      Sebbene da quanto precede si debba dedurre che l’azione della Comunità ieri, e dell’Unione oggi, può concretizzarsi soltanto in misure di accompagnamento, di incoraggiamento o di coordinamento, ma certamente non di armonizzazione, la Corte non ha mai interpretato queste disposizioni nel senso che le misure nazionali sfuggano a ogni controllo di compatibilità con il diritto dell’Unione.

40.      Infatti, in materia di previdenza sociale, la Corte ha affermato che «[è] vero che è pacifico che il diritto dell’Unione non pregiudica la competenza degli Stati membri ad organizzare i propri sistemi previdenziali e che, in mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, spetta alla normativa di ciascuno Stato membro determinare le condizioni di concessione delle prestazioni in materia di previdenza sociale (…). Occorre, del pari, rilevare che, ai sensi dell’art[icolo] 152, [paragrafo] 5, CE, l’azione dell’Unione nel settore della sanità pubblica rispetta appieno le competenze degli Stati membri in materia di organizzazione e fornitura di servizi sanitari e assistenza medica. Ciò nondimeno, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione, in particolare le disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi (…). Così, la Corte ha giudicato che l’art[icolo] 152, [paragrafo] 5, CE non esclude che gli Stati membri siano tenuti, a tenore di altre disposizioni del Trattato (…) ad apportare adattamenti al loro sistema di previdenza sociale, senza peraltro che si possa ritenere che ne venga compromessa, in tal modo, la competenza sovrana in materia» (47).

41.      Mutatis mutandis, la Corte dovrebbe parimenti ritenere che il fatto di assoggettare l’esercizio delle altre competenze nazionali di cui all’articolo 152, paragrafo 5, CE al rispetto delle disposizioni del Trattato non comprometta la loro competenza sovrana in materia. La precisazione finale contenuta in detto articolo, che riguarda segnatamente la donazione del sangue, non sembra doversi opporre.

42.      Pertanto, a fronte di una legislazione nazionale che mira a garantire la natura volontaria e gratuita della donazione nonché una tutela maggiore rispetto ai requisiti imposti dalla direttiva 2002/98 (48), la Corte non ha circoscritto il proprio sindacato per il motivo che la legislazione nazionale rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 152, paragrafo 5, CE. Essa ha invece sottoposto la legislazione anzidetta a una verifica della sua compatibilità con altre disposizioni del Trattato, nella fattispecie quelle dedicate alla libera circolazione delle merci. Per di più, essa ha concluso che l’articolo 28 CE, letto in combinato disposto con l’articolo 30 CE, ostava alla normativa nazionale secondo cui l’importazione di sangue o di componenti del sangue provenienti da un altro Stato membro era lecita soltanto a condizione che – così come prescritto anche per i prodotti nazionali – le donazioni del sangue alla base di tali prodotti fossero state effettuate senza corresponsione di una remunerazione ai donatori e senza riconoscimento a costoro di un rimborso delle spese da essi sostenute per effettuare le donazioni stesse (49).

43.      Osservo, da ultimo, che il fatto che il rispetto delle disposizioni del Trattato rappresenti il limite naturale all’esercizio delle competenze nazionali è confermato dall’articolo 4, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2002/98, in forza del quale «[l]a presente direttiva non impedisce ad alcuno Stato membro di mantenere in vigore o introdurre nel proprio territorio misure di protezione più rigorose purché siano conformi al trattato» (50) e ciò non è messo in discussione né dal governo francese (51), né dalla Commissione (52).

b)      Il decreto ministeriale contiene una discriminazione indiretta fondata sulla doppia combinazione del sesso e dell’orientamento sessuale

44.      Posto che la libertà degli Stati membri termina nel momento in cui è pregiudicato il rispetto del diritto primario dell’Unione, mi limiterò a osservare al riguardo che, escludendo in maniera definitiva gli uomini che abbiano o che abbiano avuto rapporti sessuali con un altro uomo, il decreto ministeriale introduce una chiara discriminazione indiretta nel sistema di selezione dei donatori (53), che consiste nella combinazione di un trattamento differenziato in ragione del sesso – giacché il criterio in parola riguarda soltanto gli uomini – e dell’orientamento sessuale – giacché il criterio in parola riguarda quasi esclusivamente gli uomini omosessuali e bisessuali.

45.      Benché la raccomandazione R(95)14 abbia rammentato l’importanza di attuare una selezione adeguata dei donatori evitando ogni possibilità di discriminazione, la citata risoluzione CM/Res(2013)3 ha ammesso che si era proceduto a escludere la popolazione MSM, ossia un’intera categoria della popolazione, non potendo rendere più precisi i dati statistici disponibili in base alle singole assunzioni di rischio. Orbene, nello specifico, le statistiche mettono costantemente a confronto la popolazione MSM con quella eterosessuale e, infatti, l’espressione MSM è divenuta sinonimo di «omosessuale» o di «bisessuale» (54) tanto nell’accezione comune quanto in quella scientifica. La comunità maschile omosessuale e bisessuale è esclusa dalla donazione del sangue in maniera definitiva, formando dunque oggetto di una discriminazione. Orbene, l’Unione intende lottare contro le discriminazioni fondate sul sesso e sull’orientamento sessuale, come dichiara sia il vecchio articolo 13 CE, sia il nuovo articolo 19 TFUE e l’articolo 21 della Carta (55).

46.      Si può certamente obiettare che qualunque meccanismo di selezione è di per sé discriminatorio. Nondimeno, occorre assicurarsi che tali disparità di trattamento siano sufficientemente giustificate e proporzionate.

c)      La disparità di trattamento è giustificata e proporzionata?

47.      La Corte ha ripetutamente dichiarato che «la salute e la vita delle persone occupano una posizione preminente tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato» (56). Dal momento che il decreto ministeriale che dispone l’esclusione totale e permanente della popolazione MSM dalla donazione del sangue costituisce una misura di protezione più rigorosa, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2002/98, è pacifico che tale misura persegua un obiettivo legittimo, e cioè quello di ridurre al minimo i rischi di infezione per i riceventi e contribuire in tal modo all’obiettivo generale di garantire un livello elevato di protezione della salute pubblica, attualmente richiamato tanto dall’articolo 168, paragrafo 1, TFUE quanto dall’articolo 35 della Carta.

48.      Sebbene la normativa di cui al procedimento principale persegua un obiettivo legittimo, resta da verificare se essa rispetti altresì il principio di proporzionalità, ossia se essa sia idonea e necessaria per il conseguimento degli scopi perseguiti, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla misura meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (57).

49.      In primo luogo, l’esclusione permanente della popolazione MSM mira effettivamente al conseguimento dello scopo legittimo perseguito.

50.      In secondo luogo, quanto agli inconvenienti causati, alla luce dei rischi di cui trattasi, questi dovrebbero essere ritenuti relativamente accettabili, in quanto il sentimento di esclusione per motivi legati alla propria vita privata va ponderato con l’interesse superiore della protezione della salute dei riceventi. Inoltre, posso capire che il rifiuto di un gesto di generosità e di solidarietà disinteressate, quale è la donazione del sangue, possa provocare una reazione di incomprensione nelle persone che subiscono tale rifiuto, ma deve necessariamente riconoscersi che la donazione del sangue non è di per sé un diritto, che la sua universalità non è mai stata riconosciuta in quanto i donatori formano oggetto di una selezione e, al riguardo, devono soddisfare alcuni requisiti e che, in ogni caso, l’ultima parola spetta rigorosamente alle autorità mediche, le uniche a essere investite della piena responsabilità immediata delle proprie decisioni (58).

51.      In terzo luogo, nell’ambito della sanità pubblica, la verifica del rispetto del principio di proporzionalità impone di «tenere conto del fatto che lo Stato membro può decidere il livello al quale intende garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. Poiché tale livello può variare da uno Stato membro all’altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalità» (59). Conseguentemente, il fatto che uno Stato membro stabilisca norme meno stringenti di quelle applicabili in un altro Stato membro non significa che queste ultime siano sproporzionate (60).

52.      Concretamente ciò significa che, nel decidere se il governo francese possa adottare una misura meno lesiva del principio di parità di trattamento, ma, idonea ad ottenere il medesimo risultato, non si deve tener conto del fatto che la Spagna, l’Italia, la Slovacchia, la Finlandia e il Regno Unito non escludano automaticamente, né definitivamente la popolazione MSM dalla donazione del sangue (61). Questo vale, a maggior ragione, in considerazione del fatto che il livello di rischio non è uniforme fra gli Stati membri, giacché la rispettiva situazione epidemiologica, con particolare riferimento all’infezione da HIV, è assai disparata ed è pacifico che la Francia presenti un’incidenza particolarmente elevata di HIV nella popolazione MSM (62).

53.      Tuttavia, per stabilire se l’esclusione permanente di cui al decreto ministeriale non vada al di là di quanto necessario, il giudice del rinvio dovrà effettuare un determinato numero di verifiche, che lo stato degli atti sottoposti alla Corte non consente a quest’ultima di condurre.

54.      Pertanto, in primo luogo, occorre tener conto della situazione epidemiologica in Francia, accertandosi che i dati statistici forniti siano recenti (63), rappresentativi e affidabili.

55.      In secondo luogo, dovrà essere verificato un determinato numero di elementi tipici della tecnica sanitaria.

56.      L’argomentazione del governo francese è quasi esclusivamente focalizzata sul rischio di contrarre l’HIV cui è esposta la popolazione MSM. Sebbene l’esclusione permanente sia essenzialmente giustificata dal rischio in cui incorrerebbe il ricevente a motivo dell’«arco temporale durante il quale non è rilevabile» la presenza del virus, osservo che il governo francese ha indicato che il periodo più lungo – quello che riguarda il virus HIV‑2 – è fissato in 22 giorni. Orbene, salvo errori da parte mia, il termine massimo di conservazione del sangue è di circa 45 giorni. La quarantena sistematica delle donazioni provenienti dalla popolazione MSM per il periodo suindicato prima di essere analizzate potrebbe obiettivamente essere una valida soluzione per realizzare al meglio l’obiettivo perseguito.

57.      Il giudice del rinvio dovrebbe pertanto chiedersi se, riguardo a tutti o a parte dei componenti del sangue, siffatta quarantena sia accettabile, sotto il profilo economico, e fattibile, sotto quello scientifico. Detto giudice dovrebbe in particolare verificare che questa non nuoccia al buon funzionamento del percorso trasfusionale. A tal fine egli potrebbe, per esempio, basarsi sulle conclusioni del rapporto sul percorso del sangue trasmesso nel 2013 al Ministre des affaires sociales et de la santé (Ministro degli affari sociali e della salute) da Olivier Véran, deputato francese (in prosieguo: il «rapporto Véran»), secondo il quale «gli esperti concordano sul fatto che la quarantena sistematica del plasma, associata allo screening virologico, consenta di evitare ogni rischio di trasmissione virale» (64). Sotto il profilo della protezione della salute dei riceventi, siffatta soluzione appare ottimale: da un lato consente di superare i problemi legati al potenziale sentimento di discriminazione fra la popolazione MSM – che potrebbe indurla a non rispondere sinceramente al questionario – e, dall’altro, sottopone tutte le donazioni al medesimo trattamento, lasciando trascorrere il periodo durante il quale il virus non è individuabile prima di procedere con gli esami, in maniera da avvicinarsi sensibilmente al rischio zero. Rilevo che le osservazioni del governo francese, pur successive a tale rapporto, non ne fanno menzione.

58.      Inoltre, permane un certo dubbio sulla coerenza dell’esclusione permanente. In applicazione della controindicazione permanente stabilita dal decreto ministeriale e dal combinato disposto di quest’ultima con il summenzionato questionario (65), la circostanza per un uomo di avere avuto, almeno una volta nella vita – fosse anche dieci anni prima – un rapporto sessuale con un altro uomo comporta la sua esclusione definitiva dalla donazione del sangue. Occorre dedurne che l’attualità del comportamento a rischio è irrilevante mentre, poiché tutte le donazioni di sangue vengono sottoposte a test per verificare la presenza di HIV, di fatto è l’arco temporale durante il quale il virus non è rilevabile quello che costituisce il periodo più critico e che espone i riceventi al rischio maggiore (66). Orbene, lo ripeto, anche se la motivazione principale è quella concernente l’arco temporale anzidetto, si potrebbe ipotizzare che un’esclusione temporanea, stabilita in base alla data dell’ultimo rapporto, sia più adeguata.

59.      Nello stesso ordine di idee, ci si può interrogare sui motivi per cui non esiste alcuna controindicazione specifica per le donne il cui partner faccia parte della popolazione MSM. Peraltro, una persona il cui partner sia sieropositivo è oggetto di una controindicazione temporanea di quattro mesi. Da un lato, è verosimile che all’interno di tale coppia vengano adottate maggiori precauzioni, ma, dall’altro, è altresì possibile ritenere che, in un caso simile, l’esposizione al rischio sia reale, mentre per la popolazione MSM, senza un esame individuale delle pratiche seguite, questa sia meno certa. Occorre inoltre confrontare l’ipotesi dell’uomo che, una volta nella vita od occasionalmente, abbia avuto un rapporto omosessuale protetto – escluso in via definitiva – con quella di un soggetto eterosessuale che costantemente abbia rapporti non protetti, ma che sarà tuttavia colpito soltanto da una controindicazione temporanea: mi chiedo se la sola appartenenza alla popolazione MSM sia tale da giustificare, in un caso simile, un’esclusione definitiva.

60.      Tornando ai dati statistici, osservo che, nel 2011, 2 400 persone appartenenti alla popolazione MSM sono state riscontrate sieropositive al test dell’HIV. Nel medesimo anno, 3 500 persone sono state contagiate mediante rapporti eterosessuali, 2 400 delle quali erano eterosessuali nati all’estero (67). Il giudice del rinvio dovrebbe cercare di chiarire i motivi per cui tale categoria di donatori non è oggetto di controindicazione ai sensi del decreto ministeriale in parola nell’ambito del procedimento principale (68).

61.      Da ultimo, e forse soprattutto, il questionario potrebbe essere rielaborato, così da consentire di identificare i comportamenti a rischio nella popolazione MSM, come già avviene, in modo sembra soddisfacente, per il resto della popolazione dei donatori. Domande più mirate – riguardanti il tempo trascorso dall’ultimo rapporto, il numero di partner, la natura dei rapporti, se questi siano o meno protetti e la frequentazione di luoghi notturni – consentirebbero non più di identificare un orientamento sessuale ma, al contrario, di valutare il livello di rischio che individualmente presenta ciascun donatore rispetto al proprio comportamento sessuale (69).

62.      Dalle considerazioni che precedono risulta che spetta al giudice del rinvio accertarsi che, escludendo in maniera permanente dalla donazione del sangue gli uomini che hanno avuto o che hanno rapporti sessuali con un altro uomo, il governo francese si sia avvalso del potere discrezionale tradizionalmente riconosciuto agli Stati membri nel settore della tutela della sanità pubblica in maniera conforme ai requisiti inerenti al principio di non discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e, più in particolare, al principio di proporzionalità. Verificando che la misura di esclusione definitiva non ecceda quanto necessario per conseguire l’obiettivo legittimo della protezione della salute dei riceventi, è compito di detto giudice, in particolare, accertarsi in primo luogo che la situazione epidemiologica francese illustrata alla Corte si fondi su statistiche affidabili, rappresentative e recenti e, in secondo luogo, che, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non sia possibile prevedere misure di quarantena delle donazioni in attesa della scadenza dell’arco temporale durante il quale non è rilevabile la presenza del virus HIV, senza sottoporre il percorso trasfusionale a vincoli eccessivi. Da ultimo, spetta altresì al giudice del rinvio indagare sugli eventuali motivi per cui la valutazione dell’assunzione del rischio individuale, mediante un questionario eventualmente rielaborato e un colloquio individuale condotto dal personale medico e diretto a accertare se il potenziale donatore abbia un comportamento sessuale cosiddetto «a rischio», mentre essa è possibile per il resto della popolazione, risulti inadeguata ad assicurare in maniera soddisfacente la tutela dei riceventi per quanto riguarda le donazioni provenienti da uomini che hanno avuto o che hanno rapporti sessuali con un altro uomo.

V –    Conclusione

63.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere come segue alla questione sottopostale dal Tribunal administratif de Strasbourg:

«Il punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33/CE della Commissione, del 22 marzo 2004, che applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti, dev’essere interpretato nel senso che la mera circostanza, per un uomo, di avere avuto o di avere attualmente rapporti sessuali con un altro uomo non configura, di per sé, un comportamento sessuale che espone al rischio elevato di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili con il sangue.

Spetta al giudice del rinvio accertarsi che, escludendo in maniera permanente dalla donazione del sangue gli uomini che hanno avuto o che hanno rapporti con un altro uomo, il governo francese si sia avvalso del potere discrezionale tradizionalmente riconosciuto agli Stati membri nel settore della tutela della sanità pubblica in maniera conforme ai requisiti inerenti al principio di non discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e, più in particolare, al principio di proporzionalità.

Verificando che la misura di esclusione definitiva non ecceda quanto necessario per conseguire l’obiettivo legittimo della protezione della salute dei riceventi, è compito di detto giudice, in particolare, accertarsi in primo luogo che la situazione epidemiologica francese illustrata alla Corte si fondi su statistiche affidabili, rappresentative e recenti e, in secondo luogo, che, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non sia possibile prevedere misure di quarantena delle donazioni in attesa della scadenza dell’arco temporale durante il quale non è rilevabile la presenza del virus HIV, senza sottoporre il percorso trasfusionale a vincoli eccessivi. Da ultimo, spetta altresì al giudice del rinvio indagare sugli eventuali motivi per cui la valutazione dell’assunzione del rischio individuale, mediante un questionario eventualmente rielaborato e un colloquio individuale condotto dal personale medico e diretto a verificare se il potenziale donatore abbia un comportamento sessuale cosiddetto “a rischio”, mentre essa è possibile per il resto della popolazione, risulti inadeguata a assicurare in maniera soddisfacente la tutela dei riceventi per quanto riguarda le donazioni provenienti da uomini che hanno avuto o che hanno rapporti sessuali con un altro uomo».


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      GU 2003, L 33, pag. 30.


3 –      Considerando 3 della direttiva 2002/98.


4 –      Considerando 3 della direttiva 2002/98.


5 –      Articolo 1 della direttiva 2002/98.


6 –      Articoli 5 e 8 della direttiva 2002/98.


7 –      Rispettivamente, articoli 14, 20 e 21 e allegato IV della direttiva 2002/98.


8 –      GU L 91, pag. 25.


9 –      V. articolo 29 della direttiva 2002/98.


10 –      Ossia donazioni destinate ad altri individui e non autologhe, unica ipotesi che rileva ai fini della presente controversia (v. punto 2 dell’allegato I della direttiva 2004/33).


11 –      JORF del 18 gennaio 2009, pag. 1067.


12 –      Il questionario è consultabile a partire dal seguente link: http://www.dondusang.net/content/medias/media1832_giCQxWpZDhBErjG.pdf?finalFileName=Questionnaire_pr%E9-don_pour_la_m%E9tropole.pdf.


13 –      CI: Controindicazione.


14 –      HIV: virus dell’immunodeficienza umana.


15 –      La parte B dell’allegato II della direttiva 2004/33 è dedicata alle informazioni da richiedere ai donatori, da parte dei centri ematologici, per ogni donazione.


16 –      MSM è l’acronimo dell’espressione inglese «men having sex with men» (MSM) creata negli anni ’90 da alcuni epidemiologi per descrivere uomini che hanno rapporti sessuali con un altro uomo, a prescindere dai loro eventuali rapporti sessuali con donne o dalla loro identità bisessuale o gay sotto il profilo personale o sociale (Fonte: Guide de terminologie de l’ONUSIDA, versione rivista, ottobre 2011, pag. 19).


17 –      Considerando 24 della direttiva 2002/98.


18 –      Unitamente al fatto di sottoporre ciascuna donazione a test e ad un procedimento di attenuazione di virus.


19 –      Il governo francese cita, a questo proposito, l’articolo 168, paragrafo 7, TFUE.


20 –      Vale a dire la prevalenza, di norma definita come indicante la proporzione, in una popolazione, di persone che vivono avendo contratto l’HIV in un dato momento (Fonte: Guide terminologique de l’ONUSIDA, pag. 23).


21 –      Vale a dire il numero di nuove persone infettate dall’HIV durante un determinato periodo in una data popolazione (Fonte: Guide terminologique de l’ONUSIDA, pag. 16).


22 –      Risoluzione CM/Res(2013)3 approvata il 27 marzo 2013 dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, relativa ai comportamenti sessuali dei donatori di sangue che influiscono sulla sicurezza delle trasfusioni.


23 –      Il governo francese si fonda, al riguardo, sulla citata risoluzione CM/Res(2013)3.


24 –      Come il fatto di avere rapporti sessuali non protetti con un partner occasionale o con un partner nuovo dopo meno di due mesi; avere avuto rapporti sessuali con più di un partner negli ultimi quattro mesi o avere rapporti sessuali con un partner che ha avuto più di un partner negli ultimi quattro mesi.


25 –      Il corsivo è mio.


26 –      V., per esempio, le versioni in lingua italiana, greca, inglese e portoghese.


27 –      V., per esempio, le versioni in lingua spagnola e tedesca.


28 –      È altresì presente un’imprecisione per quanto riguarda il testo del punto 2.2.2 dell’allegato III della direttiva 2004/33. Sebbene la versione francese contempli il comportamento sessuale o l’attività professionale, quelle spagnola e italiana si limitano a richiamare il comportamento o l’attività sessuale, mentre la versione portoghese fa unicamente riferimento al comportamento o all’attività senza precisarne la natura; questo limitandosi al confronto di tali versioni linguistiche della suddetta direttiva.


29 –      V., tra molte, sentenze Haasová (C‑22/12, EU:C:2013:692, punto 48 e giurisprudenza ivi citata), e Drozdovs (C‑277/12, EU:C:2013:685, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


30 –      Si rimanda, per esempio, alla raccomandazione del Comitato dei ministri agli Stati membri del Consiglio d’Europa n. R(95) 14, del 12 ottobre 1995, sulla tutela della salute dei donatori e dei riceventi nell’ambito delle trasfusioni di sangue.


31 –      V. considerando 3 della direttiva 2002/98. Riguardo alle azioni non vincolanti intraprese dalle istituzioni, v. considerando da 6 a 9 della suddetta direttiva.


32 –      V. considerando 1, 3, 5 e articolo 1 della direttiva 2002/98.


33 –      Considerando 1 e 2 della direttiva 2002/98.


34 –      Considerando 24 della direttiva 2002/98.


35 –      Considerando 3 e 6 della direttiva 2002/98.


36 –      V., in particolare, considerando 2 e 4 e articoli 4 e 6 della direttiva 2004/33.


37 –      Considerando 1 della direttiva 2004/33.


38 –      Conformemente al testo del questionario.


39 –      V. allegato 1 della citata risoluzione CM/Res(2013)3.


40 –      Secondo la definizione fornita da Le petit Larousse illustré, edizione 2011, Larousse, Parigi.


41 –      V. definizione dell’acronimo MSM alla nota 16 delle presenti conclusioni, nonché terzo considerando della citata risoluzione CM/Res(2013)3.


42 –      L’ipotesi, suggerita dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, di una parte di popolazione maschile omosessuale o bisessuale totalmente astinente e dunque potenzialmente donatrice, mi pare, tutto sommato, piuttosto marginale e da non tenere in considerazione nelle presenti osservazioni.


43 –      V. risposta della Commissione del 17 agosto 2011 all’interrogazione parlamentare con richiesta di risposta scritta del 1o luglio 2011 (E-006484/2011).


44 –      Tale caso era stato peraltro previsto dal Consiglio dell’Unione europea nella sua raccomandazione del 29 giugno 1998 sull’idoneità dei donatori di sangue e di plasma e sulla verifica delle donazioni di sangue nella Comunità europea (GU L 203, pag. 14: v., più precisamente, allegato II, parte C, punto 1, di tale raccomandazione) e dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, soprattutto al terzo considerando della sua citata risoluzione CM/Res(2013)3.


45 –      Attuale articolo 168, paragrafo 4, lettera a), TFUE.


46 –      Nel medesimo senso, v. attuale articolo 168, paragrafo 7, TFUE.


47 –      Sentenza Commissione/Portogallo (C‑255/09, EU:C:2011:695, punti da 47 a 49 e giurisprudenza ivi citata), il corsivo è mio. La Corte ha dunque seguito il parere dell’avvocato generale in questa causa che, al riguardo, concludeva osservando che «la Repubblica portoghese non [poteva] sottrarsi agli obblighi su di essa incombenti in forza del diritto primario dell’Unione (…) richiamandosi alla propria competenza originaria in materia di organizzazione e di fornitura di servizi sanitari e di assistenza sanitaria all’interno del territorio nazionale» [v. paragrafo 64 delle conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak (EU:C:2011:246)].


48 –      Essendo siffatta misura maggiormente protettiva autorizzata dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2002/98.


49 –      Sentenza Humanplasma (C‑421/09, EU:C:2010:760, punto 46).


50 –      Il corsivo è mio.


51 –      V. punto 90 delle sue osservazioni scritte.


52 –      V. risposte della Commissione fornite il 1° aprile 2009 all’interrogazione parlamentare n. E‑0910/2009 (che riguarda il rispetto del principio di proporzionalità) e il 17 agosto 2011 all’interrogazione parlamentare n. E‑006484/2011 [che riguarda, in particolare, l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») (GU 2007, C 303, pag. 1)].


53 –      A mio avviso, questa qualificazione suscita perplessità. Almeno in due occasioni, la Corte si è pronunciata a favore dell’esistenza di una discriminazione diretta fondata sull’orientamento sessuale nelle cause Maruko (C‑267/06, EU:C:2008:179) e Hay (C‑267/12, EU:C:2013:823). La prima causa riguardava, in sostanza, una legislazione nazionale che riservava il versamento di una pensione di reversibilità unicamente alle vedove, restando inteso che soltanto una persona coniugata avrebbe potuto far valere tale qualifica, il matrimonio non essendo consentito alle persone dello stesso sesso. La seconda causa riguardava un contratto collettivo che prevedeva il riconoscimento di un diritto a giorni di congedo e al pagamento di un premio in caso di matrimonio senza prevedere diritti corrispondenti qualora le persone interessate avessero concluso un’unione civile, unica forma di unione possibile per le persone dello stesso sesso. Tuttavia, in entrambe le cause e contrariamente all’esclusione di cui alla causa principale, il trattamento meno favorevole toccava l’intera comunità omosessuale, maschile e femminile.


54 –      Oltre ai dati forniti dal governo francese, v. anche «VIH/sida en France: données de surveillance et études», Bulletin épidémiologique hebdomadaire del 1° dicembre 2012, n. 46‑47, pag. 523 (scaricabile dal sito www.invs.sante.fr) oppure, ancora, il grafico dell’Institut français de veille sanitaire sul numero di sieropositivi HIV per contaminazione e per paese di nascita relativamente al periodo 2003‑2011 (disponibile sul sito http://www.invs.sante.fr/Dossiers-thematiques/Maladies-infectieuses/VIH-sida-IST/Infection-a-VIH-et-sida/Donnees/Donnees-epidemiologiques-sur-l-infection-a-VIH-et-les-IST).


55 –      Osservo inoltre che, nelle conclusioni nella causa Römer (C‑147/08, EU:C:2010:425) e in base a un’analisi su cui concordo pienamente, l’avvocato generale Jääskinen aveva suggerito alla Corte di sancire il divieto di discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale come un principio generale del diritto (v. paragrafi 122 e segg.). Nella sua sentenza (C‑147/08, EU:C:2011:286), la Corte aveva tuttavia potuto rispondere alle questioni pregiudiziali sottopostele senza dover prendere posizione in merito. È forse giunto ora il momento per questa presa di posizione, tenuto conto che il decreto di cui alla causa principale è stato adottato nel gennaio 2009, ossia prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e, dunque, prima che la Carta acquisisse efficacia vincolante.


56 –      Sentenza Müller Fleisch (C‑562/08, EU:C:2010:93, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). V., altresì, sentenza Humanplasma (EU:C:2010:760, punto 32).


57 –      V. sentenza Müller Fleisch (EU:C:2010:93, punto 43).


58 –      V. punto 4.1 della risoluzione CM/Res(2008)5 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sulla responsabilità dei donatori e sulla limitazione della donazione di sangue e dei suoi componenti, in forza del quale si raccomanda di garantire che i centri ematologici abbiano la responsabilità ultima della qualità del sangue e che «spetti a loro la decisione definitiva di accettare o di escludere i donatori, secondo un’analisi del rischio fondata su dati epidemiologici costantemente aggiornati e tenendo presente il diritto alla tutela della salute dei riceventi, nonché l’obbligo che ne deriva di diminuire il rischio di trasmissione di malattie infettive. Tali diritti e obblighi sono prioritari rispetto a qualunque altra considerazione, compresa la volontà dei singoli di donare il proprio sangue» (il corsivo è mio).


59 –      Sentenze Humanplasma (EU:C:2010:760, punto 39), e Venturini e a. (da C‑159/12 a C‑161/12, EU:C:2013:791, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).


60 –      Sentenze Müller Fleisch (EU:C:2010:93, punto 45 e giurisprudenza ivi citata), e Humanplasma (EU:C:2010:760, punto 40).


61 –      La Spagna e l’Italia prevedono soltanto un’esclusione temporanea in caso di promiscuità o di nuovo partner, a prescindere dalla natura del rapporto interessato (il mutamento di legislazione intervenuto in corso d’istanza dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo ha peraltro consentito a quest’ultima di evitare di esercitare un controllo della compatibilità con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, dell’esclusione degli omosessuali dalla donazione del sangue: v. Corte eur. D.U., sentenza Tosto/Italia del 15 ottobre 2002, ricorso n. 49821/99); la Slovacchia (secondo quanto emerge dal testo dell’interrogazione parlamentare n. E‑0910/09 del 17 febbraio 2009) così come, da ultimo, la Finlandia e il Regno Unito hanno optato per un requisito di astinenza di 12 mesi per gli uomini che dichiarano di aver avuto un rapporto omosessuale.


62 –      Se ci si attiene ai dati forniti dal governo francese, che risultano confermati dal rapporto speciale «Thematic report: Men who have sex with men (MSM) – Monitoring implementation of the Dublin Declaration on Partnership to fight HIV/AIDS in Europe and Central Asia: 2012 progress» (v., in particolare, pagg. 4, 5 e allegato 2) del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, istituito dal regolamento (CE) n. 851/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 (GU L 142, pag. 1).


63 –      Sentenza Francia/Commissione (C‑601/11 P, EU:C:2013:465, punto 136).


64 –      V. pag. 35 del suddetto rapporto.


65 –      V. paragrafo 9 delle presenti conclusioni.


66 –      L’articolo 20 della raccomandazione n. R(95) 14 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa indica che «[l]’esclusione (temporanea o definitiva, a seconda del caso) andrebbe pronunciata nei confronti delle persone che appartengono a categorie che, in virtù della loro anamnesi o delle attività e comportamenti attuali, presentano un rischio di trasmissione di malattie infettive» (il corsivo è mio).


67 –      Fonte: citato grafico dell’Institut français de veille sanitaire sul numero di sieropositivi HIV per modalità di contaminazione e per paese di nascita per il periodo 2003‑2011. Si tratta essenzialmente di persone nate nell’Africa subsahariana (77%) e di donne (58%).


68 –      Essendo la popolazione MSM numericamente di gran lunga inferiore a quella eterosessuale, è ovvio che la percentuale di contagio sia proporzionalmente più elevata presso quest’ultima e non è mia intenzione discuterne in questa sede. Tuttavia, è altresì innegabile che gli eterosessuali nati all’estero costituiscono, proporzionalmente, una categoria particolarmente esposta al rischio di contrarre l’HIV, senza per questo essere oggetto di una misura di precauzione particolare secondo il decreto ministeriale.


69 –      Al riguardo desidero osservare che si tratta, anche in questo caso, di una raccomandazione presente nel citato rapporto Véran: v. pag. 36 di quest’ultimo.