Language of document : ECLI:EU:C:2017:684

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

14 settembre 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2004/38/CE – Direttiva 2008/115/CE – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Soggiorno di un cittadino di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro nonostante un divieto di ingresso nel territorio di tale Stato – Legittimità di un provvedimento di ritiro di un attestato di iscrizione e di un secondo provvedimento di allontanamento dal territorio – Possibilità di avvalersi, a titolo di eccezione, dell’illegittimità di un precedente provvedimento – Obbligo di traduzione»

Nella causa C‑184/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Dioikitiko Protodikeio Thessalonikis (tribunale amministrativo di primo grado di Salonicco, Grecia), con decisione del 23 marzo 2016, pervenuta in cancelleria il 1o aprile 2016, nel procedimento

Ovidiu-Mihăiță Petrea

contro

Ypourgos Esoterikon kai Dioikitikis Anasygrotisis

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, E. Regan, J.‑C. Bonichot (relatore), A. Arabadjiev e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: R. Schiano, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 febbraio 2017,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Ovidiu-Mihăiță Petrea, da S. Dima e A. Muntean, dikigoroi;

–        per il governo ellenico, da D. Katopodis e A. Magrippi, in qualità di agenti;

–        per il governo belga, da C. Pochet e L. Van den Broeck, in qualità di agenti;

–        per il governo danese, da M.S. Wolff e C. Thorning, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, da S. Brandon e C. Brodie, in qualità di agenti, assistiti da B. Lask, barrister;

–        per la Commissione europea, da E. Montaguti e M. Konstantinidis, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 aprile 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 27, 28 e da 30 a 32 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e rettifiche GU 2004, L 229, pag. 35, GU 2007, L 204, pag. 28 e GU 2014, L 305, pag. 116), dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98), nonché dei principi di effettività e di tutela del legittimo affidamento.

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra il sig. Ovidiu-Mihăiță Petrea e l’Ypourgos Dimosias Taxis kai Prostasias tou Politi (Ministro dell’Ordine pubblico e della Protezione del cittadino), in seguito divenuto l’Ypourgos Esoterikon kai Dioikitikis Anasygkrotisis (Ministro dell’Interno e della Riforma amministrativa), in relazione alla legittimità di un provvedimento amministrativo con cui quest’ultimo ha ritirato un attestato d’iscrizione che era stato rilasciato all’interessato e ha ordinato il suo rimpatrio in Romania.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 2004/38

3        Il considerando 11 della direttiva 2004/38 così recita:

«Il diritto fondamentale e personale di soggiornare in un altro Stato membro è conferito direttamente dal trattato ai cittadini dell’Unione e non dipende dall’aver completato le formalità amministrative».

4        L’articolo 8, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva così recita:

«1.      Senza pregiudizio dell’articolo 5, paragrafo 5, per soggiorni di durata superiore a tre mesi lo Stato membro ospitante può richiedere ai cittadini dell’Unione l’iscrizione presso le autorità competenti.

2.      Il termine fissato per l’iscrizione non può essere inferiore a tre mesi dall’ingresso. Un attestato d’iscrizione è rilasciato immediatamente. Esso contiene l’indicazione precisa del nome e del domicilio della persona iscritta e la data dell’avvenuta iscrizione. L’inadempimento dell’obbligo di iscrizione rende l’interessato passibile di sanzioni proporzionate e non discriminatorie».

5        L’articolo 15, paragrafo 1, di detta direttiva dispone quanto segue:

«Le procedure previste agli articoli 30 e 31 si applicano, mutatis mutandis, a tutti i provvedimenti che limitano la libera circolazione dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari per motivi non attinenti all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica».

6        Ai sensi dell’articolo 27, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva:

«1.      Fatte salve le disposizioni del presente capo, gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per fini economici.

2.      I provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza rispettano il principio di proporzionalità e sono adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale della persona nei riguardi della quale essi sono applicati. La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti.

Il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione».

7        L’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 stabilisce quanto segue:

«Prima di adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, lo Stato membro ospitante tiene conto di elementi quali la durata del soggiorno dell’interessato nel suo territorio, la sua età, il suo stato di salute, la sua situazione familiare e economica, la sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e [l’]importanza dei suoi legami con il paese d’origine».

8        L’articolo 30 di tale direttiva così recita:

«1.      Ogni provvedimento adottato a norma dell’articolo 27, paragrafo 1, è notificato per iscritto all’interessato secondo modalità che consentano a questi di comprenderne il contenuto e le conseguenze.

2.      I motivi circostanziati e completi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica che giustificano l’adozione del provvedimento nei suoi confronti sono comunicati all’interessato, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato.

3.      La notifica riporta l’indicazione dell’organo giurisdizionale o dell’autorità amministrativa dinanzi al quale l’interessato può opporre ricorso e il termine entro il quale deve agire e, all’occorrenza, l’indicazione del termine impartito per lasciare il territorio dello Stato membro. Fatti salvi i casi di urgenza debitamente comprovata, tale termine non può essere inferiore a un mese a decorrere dalla data di notificazione».

9        L’articolo 31 della citata direttiva così recita:

«1.      L’interessato può accedere ai mezzi di impugnazione giurisdizionali e, all’occorrenza, amministrativi nello Stato membro ospitante, al fine di presentare ricorso o chiedere la revisione di ogni provvedimento adottato nei suoi confronti per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica.

2.      Laddove l’impugnazione o la richiesta di revisione del provvedimento di allontanamento sia accompagnata da una richiesta di ordinanza provvisoria di sospensione dell’esecuzione di detto provvedimento, l’effettivo allontanamento dal territorio non può avere luogo fintantoché non è stata adottata una decisione sull’ordinanza provvisoria, salvo qualora:

–        il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale, o

–        le persone interessate abbiano precedentemente fruito di una revisione, o

–        il provvedimento sia fondato su motivi imperativi di pubblica sicurezza di cui all’articolo 28, paragrafo 3.

3.      I mezzi di impugnazione comprendono l’esame della legittimità del provvedimento nonché dei fatti e delle circostanze che ne giustificano l’adozione. Essi garantiscono che il provvedimento non sia sproporzionato, in particolare rispetto ai requisiti posti dall’articolo 28.

4.      Gli Stati membri possono vietare la presenza dell’interessato nel loro territorio per tutta la durata della procedura di ricorso, ma non possono vietare che presenti di persona la sua difesa, tranne qualora la sua presenza possa provocare gravi turbative dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza o quando il ricorso o la revisione riguardano il divieto d’ingresso nel territorio».

10      L’articolo 32 della direttiva 2004/38 così dispone:

«1.      La persona nei cui confronti sia stato adottato un provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio per motivi d’ordine pubblico o pubblica sicurezza può presentare una domanda di revoca del divieto d’ingresso nel territorio nazionale dopo il decorso di un congruo periodo, determinato in funzione delle circostanze e in ogni modo dopo tre anni a decorrere dall’esecuzione del provvedimento definitivo di divieto validamente adottato ai sensi del diritto [dell’Unione], nella quale essa deve addurre argomenti intesi a dimostrare l’avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietarne l’ingresso nel territorio.

Lo Stato membro interessato si pronuncia in merito a tale nuova domanda entro sei mesi dalla data di presentazione della stessa.

2.      La persona di cui al paragrafo 1 non ha diritto d’ingresso nel territorio dello Stato membro interessato durante l’esame della sua domanda».

11      L’articolo 37 di tale direttiva prevede quanto segue:

«Le disposizioni della presente direttiva non pregiudicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di diritto interno che siano più favorevoli ai beneficiari della presente direttiva».

 Direttiva 2008/115

12      L’articolo 1 della direttiva 2008/115 così dispone:

«La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto [dell’Unione] e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell’uomo».

13      L’articolo 2, paragrafo 1, di detta direttiva dispone quanto segue:

«La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare».

14      L’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5».

15      L’articolo 12 della direttiva in parola così recita:

«1.      Le decisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d’ingresso e le decisioni di allontanamento sono adottate in forma scritta, sono motivate in fatto e in diritto e contengono informazioni sui mezzi di ricorso disponibili.

(…)

2.      Gli Stati membri provvedono, su richiesta, alla traduzione scritta od orale dei principali elementi delle decisioni connesse al rimpatrio di cui al paragrafo 1, incluse le modalità di impugnazione disponibili, in una lingua comprensibile per il cittadino di un paese terzo o che si può ragionevolmente supporre tale.

3.      Gli Stati membri possono decidere di non applicare il paragrafo 2 ai cittadini di paesi terzi che sono entrati in modo irregolare nel territorio di uno Stato membro e non hanno successivamente ottenuto un’autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato.

In tali casi le decisioni connesse al rimpatrio di cui al paragrafo 1 sono adottate per mezzo di un modello uniforme previsto dalla legislazione nazionale.

Gli Stati membri rendono disponibili schede informative generalizzate che espongono gli elementi principali del modello uniforme in almeno cinque delle lingue più frequentemente utilizzate o comprese dagli immigrati che entrano in modo irregolare nel loro territorio».

 Diritto ellenico

16      Il decreto presidenziale n. 106/2007, relativo alla libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio ellenico dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari (FEK A’ 135/21.6.2007) ha recepito la direttiva 2004/38.

17      La legge n. 3907/2011, relativa ai servizi di asilo e di prima accoglienza, rimpatrio delle persone in soggiorno irregolare, permesso di soggiorno ecc. (FEK A’ 7/26.1.2011) ha trasposto la direttiva 2008/115.

18      L’articolo 40, paragrafi 1 e 2, di detta legge così recita:

«1.      Per quanto concerne il rimpatrio delle persone che godono del diritto alla libera circolazione, conformemente all’articolo 2, punto 5), del codice delle frontiere Schengen e al decreto presidenziale n. 106/2007, si applicano le disposizioni del capo C della presente legge relative alle autorità, alle procedure, alle garanzie procedurali e alla tutela giurisdizionale degli stranieri sul rimpatrio, salvo che gli articoli da 22 a 24 del decreto presidenziale n. 106/2007 non contengano disposizioni più favorevoli.

2.      Per quanto concerne le condizioni materiali e le modalità di adozione delle decisioni di rimpatrio nei confronti delle persone di cui al precedente paragrafo, continuano ad applicarsi le disposizioni degli articoli da 22 a 24 del decreto presidenziale n. 106/2007».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

19      Si evince dalla decisione di rinvio che il sig. Petrea, cittadino romeno, nel 2011 è stato condannato dal Monomeles Plimmeleiodikeio Peiraia (tribunale monocratico del Pireo competente per reati comuni, Grecia) ad una pena detentiva di otto mesi sospesa per tre anni, per concorso nel reato di furto.

20      Le autorità elleniche, con provvedimento del 30 ottobre 2011, da un lato hanno ordinato il suo allontanamento verso la Romania in base al motivo che costituiva una grave minaccia per l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza e, dall’altro lato, l’hanno inserito nel registro nazionale degli stranieri indesiderati nonché nel sistema informativo Schengen, fino al 30 ottobre 2018, il che gli ha impedito di entrare nel territorio fino a tale data.

21      Tale provvedimento precisava che un bollettino informativo destinato agli stranieri in fase di allontanamento, comunicato al sig. Petrea il 27 ottobre 2011, lo informava, in una lingua da lui conosciuta, circa i suoi diritti e i mezzi di ricorso a sua disposizione, nonché circa la possibilità di chiedere una traduzione scritta od orale dei passaggi essenziali del provvedimento di rimpatrio.

22      Il 1o novembre 2011 il sig. Petrea ha dichiarato per iscritto di rinunciare a qualsivoglia impugnazione e di voler tornare nel proprio paese di origine. Il suo allontanamento verso detto Stato membro è avvenuto il 5 novembre 2011.

23      Il 1o settembre 2013 il sig. Petrea è tornato in Grecia e ha presentato, il 25 settembre 2013, una domanda di attestato di iscrizione quale cittadino dell’Unione, che gli è stato rilasciato il giorno stesso.

24      Tuttavia, dopo aver scoperto che il sig. Petrea era ancora colpito da un divieto di ingresso nel territorio, l’ufficio stranieri ha deciso, il 14 ottobre 2014, di ritirare tale attestato e di ordinare il rimpatrio del sig. Petrea in Romania.

25      Il sig. Petrea ha depositato un ricorso amministrativo avverso tale provvedimento, nell’ambito del quale ha fatto valere non solo il difetto di notifica per iscritto, in una lingua a lui conosciuta, del provvedimento di allontanamento del 30 ottobre 2011, in violazione degli obblighi di cui all’articolo 30 della direttiva 2004/38, ma anche il fatto di non rappresentare più, in ogni caso, un pericolo per l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza.

26      Tale ricorso è stato respinto con decisione del 10 novembre 2014, in base al motivo che il sig. Petrea era ancora interessato da una misura di divieto d’ingresso nel territorio. È stato parimenti eccepito che il sig. Petrea non poteva avvalersi, a titolo di eccezione, dell’illegittimità del provvedimento di allontanamento del 30 ottobre 2011.

27      Il sig. Petrea ha chiesto al Dioikitiko Protodikeio Thessalonikis (tribunale amministrativo di primo grado di Salonicco, Grecia) l’annullamento della decisione da ultimo citata e di quella del 14 ottobre 2014.

28      In tale contesto, il Dioikitiko Protodikeio Thessalonikis (tribunale amministrativo di primo grado di Salonicco) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Se gli articoli 27 e 32 della direttiva 2004/38(…), in combinato disposto con gli articoli 45 TFUE e 49 TFUE e alla luce dell’autonomia procedurale degli Stati membri nonché dei principi [di tutela] del legittimo affidamento e del buon andamento dell’amministrazione, debbano essere interpretati nel senso che impongono – o nel senso che consentono – la revoca dell’attestato di iscrizione quale cittadino dell’Unione europea già rilasciato, a norma dell’articolo 8, paragrafo 1, del decreto presidenziale n. 106/2007, al cittadino di un altro Stato membro e l’adozione, da parte dello Stato ospitante, nei confronti del medesimo, di un provvedimento di rimpatrio, allorché tale cittadino, pur essendo iscritto nel registro nazionale degli stranieri indesiderati a seguito di un [precedente] provvedimento di divieto d’ingresso per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza, ha fatto nuovamente ingresso nello Stato membro in questione e ivi avviato attività d’impresa senza chiedere la revoca del divieto d’ingresso conformemente alla procedura di cui all’articolo 32 della direttiva 2004/38, considerando quest’ultimo (il divieto d’ingresso) come un autonomo motivo di ordine pubblico che giustifica la revoca dell’attestato di iscrizione di un cittadino di uno Stato membro.

2)      In caso di risposta affermativa alla questione precedente, se detta fattispecie possa essere equiparata a un soggiorno irregolare di un cittadino dell’Unione europea sul territorio dello Stato ospitante, così da permettere l’adozione, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115(…), di un provvedimento di rimpatrio da parte dell’organo competente per la revoca dell’attestato di iscrizione quale cittadino dell’Unione, e ciò benché, da un lato, l’attestato di iscrizione non costituisca, come comunemente ammesso, titolo per un soggiorno regolare nel paese e, dall’altro, la direttiva 2008/115 si applichi ratione personae unicamente ai cittadini di paesi terzi.

3)      In caso di risposta negativa alla medesima questione, se la revoca, per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, dell’attestato di iscrizione del cittadino di un altro Stato membro, attestato che non costituisce titolo per un soggiorno regolare nel paese, e l’adozione, nei confronti di tale cittadino, di un provvedimento di rimpatrio – disposte contestualmente dalle autorità nazionali competenti nell’esercizio dell’autonomia procedurale dello Stato membro ospitante – possano essere considerate, secondo una corretta interpretazione del diritto, come un unico atto amministrativo di allontanamento amministrativo ai sensi degli articoli 27 e 28 della direttiva 2004/38, soggetto a sindacato giurisdizionale alle condizioni previste da tali ultime disposizioni, che stabiliscono un modo solo, all’occorrenza, di allontanamento amministrativo dei cittadini UE dal territorio dello Stato membro ospitante.

4)      Tanto in caso di risposta affermativa quanto in caso di risposta negativa alla prima e alla seconda questione, se sia in contrasto con il principio di effettività una prassi giurisprudenziale nazionale consistente nel vietare alle autorità amministrative e, di seguito, agli organi giurisdizionali competenti aditi di controllare, nel contesto della revoca di un attestato di iscrizione quale cittadino dell’Unione europea o dell’adozione di un provvedimento di allontanamento da parte dello Stato membro ospitante, per il fatto che nei confronti del cittadino di un altro Stato membro vige un provvedimento di divieto d’ingresso in detto (primo) Stato membro, se, in sede di adozione della stessa decisione di divieto d’ingresso, siano state rispettate le garanzie procedurali sancite agli articoli 30 e 31 della direttiva 2004/38.

5)      In caso di risposta affermativa alla questione precedente, se dall’articolo 32 della direttiva 2004/38 discenda per le autorità amministrative competenti dello Stato membro l’obbligo di notificare comunque al cittadino interessato di un altro Stato membro la decisione di allontanarlo in una lingua che egli comprenda, affinché tale cittadino possa esercitare efficacemente i diritti procedurali che gli derivano dalle predette disposizioni della direttiva, quand’anche il medesimo non abbia avanzato una richiesta in tal senso».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

29      Dalla decisione di rinvio risulta che il Dioikitiko Protodikeio Thessalonikis (tribunale amministrativo di primo grado di Salonicco) ritiene che il provvedimento di allontanamento del 30 ottobre 2011 abbia avuto per oggetto l’ordine rivolto al sig. Petrea di uscire dal territorio ellenico, da un lato, e il divieto di farvi ritorno fino al 30 ottobre 2018, dall’altro lato. Riguardo alle questioni proposte alla Corte, tale decisione deve pertanto essere considerata come un provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio.

30      Si deve quindi, in tali circostanze, leggere la prima questione come diretta, in sostanza, ad accertare se la direttiva 2004/38, e in particolare i suoi articoli 27 e 32, nonché il principio della tutela del legittimo affidamento, ostino a che uno Stato membro ritiri un attestato d’iscrizione erroneamente rilasciato ad un cittadino dell’Unione che era ancora oggetto di un divieto d’ingresso nel territorio e assuma nei suoi confronti un provvedimento di allontanamento, basato sulla mera constatazione che il provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio era ancora in vigore.

31      Il giudice del rinvio si interroga, in particolare, sulla questione se l’articolo 27 della direttiva 2004/38 obblighi le autorità competenti a verificare, in tale occasione, se l’interessato rappresenti ancora una minaccia reale per l’ordine pubblico o se il giudice debba fare riferimento alla valutazione effettuata alla data della decisione iniziale, nel caso di specie il provvedimento del 30 ottobre 2011.

32      Per quanto concerne, innanzitutto, la revoca dell’attestato di iscrizione, la Corte ha dichiarato che il diritto dei cittadini di uno Stato membro di entrare nel territorio di un altro Stato membro e di soggiornarvi, per gli scopi voluti dal Trattato CE, è un diritto attribuito direttamente da quest’ultimo o, a seconda dei casi, dalle disposizioni adottate per l’attuazione del Trattato medesimo. Pertanto, il rilascio di un titolo di soggiorno al cittadino di uno Stato membro dev’essere considerato non come un atto costitutivo di diritti, ma come un atto destinato a constatare, da parte di uno Stato membro, la posizione individuale del cittadino di un altro Stato membro alla luce delle norme del diritto dell’Unione (sentenza del 21 luglio 2011, Dias, C‑325/09, EU:C:2011:498, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

33      Conseguentemente, tale natura dichiarativa, così come impedisce di qualificare come illegale, ai sensi del diritto dell’Unione, il soggiorno di un cittadino in considerazione della sola circostanza che questi non disponga di un permesso di soggiorno, esclude anche che possa essere considerato legale, ai sensi del diritto dell’Unione, il soggiorno di un cittadino dell’Unione sulla base del solo fatto che tale permesso gli sia stato validamente rilasciato (sentenza del 21 luglio 2011, Dias, C‑325/09, EU:C:2011:498, punto 54).

34      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 42 delle sue conclusioni, una simile soluzione si applica a maggior ragione nell’ambito del trattato FUE, come del resto dichiara il considerando 11 della direttiva 2004/38.

35      Tale natura dichiarativa, pertanto, caratterizza parimenti l’attestato di iscrizione di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, di modo che il rilascio di detto documento, di per sé, non può determinare il sorgere di un legittimo affidamento dell’interessato circa il proprio diritto di soggiorno sul territorio dello Stato membro in questione.

36      Peraltro, nessuna delle circostanze di cui al procedimento principale descritte nella decisione di rinvio permette di ritenere che le autorità competenti abbiano fatto sorgere, in virtù di precise assicurazioni da esse fornite, aspettative relative al diritto di soggiorno dell’interessato.

37      Si evince, inoltre, dal fascicolo a disposizione della Corte che l’amministrazione ellenica ha giustificato la revoca dell’attestato di iscrizione adducendo motivi legittimi, in particolare adducendo la circostanza che detto attestato era stato rilasciato per errore.

38      Risulta da quanto precede che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, né la direttiva 2004/38 né il principio della tutela del legittimo affidamento ostano al ritiro dell’attestato di iscrizione previsto all’articolo 8, paragrafo 2, di detta direttiva.

39      Per quanto concerne le modalità di adozione di un provvedimento di rimpatrio in circostanze quali quelle di cui al procedimento principale, si deve ricordare che l’articolo 27, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 prevede, fatte salve le disposizioni del capo VI, la possibilità per gli Stati membri di limitare la libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. L’articolo 27, paragrafo 2, di tale direttiva precisa in particolare che il comportamento dell’interessato deve rappresentare una minaccia reale, attuale e tanto grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società.

40      Quanto all’articolo 28, paragrafo 1, della citata direttiva, esso stabilisce che, prima di adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, le autorità competenti devono tener conto di elementi quali la durata del soggiorno dell’interessato nel territorio, la sua età, il suo stato di salute, la sua situazione familiare ed economica, la sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e l’importanza dei suoi legami con il paese d’origine.

41      Tali disposizioni, che valgono per tutti i provvedimenti di allontanamento, si applicano dunque in particolare ai provvedimenti di divieto d’ingresso nel territorio cui l’articolo 32 della direttiva 2004/38 fa espresso riferimento.

42      Sebbene la direttiva 2004/38 non contenga norme specifiche per il caso in cui una persona che sia stata colpita da un tale divieto, violandolo, torni nello Stato membro interessato, risulta dal complesso delle disposizioni della direttiva citata e più in particolare da quelle relative all’eventuale revoca di un simile provvedimento che le autorità competenti dispongono di poteri idonei ad assicurarne il rispetto.

43      Va rilevato, a tal proposito, che la direttiva 2004/38 prevede le condizioni alle quali le autorità competenti possono accordare una revoca di detto provvedimento in ragione di un mutamento delle circostanze.

44      L’articolo 32, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2004/38 precisa infatti che la persona nei cui confronti sia stato adottato un provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio può presentare una domanda di revoca di detto divieto dopo il decorso di un congruo periodo, determinato in funzione delle circostanze e in ogni modo dopo tre anni a decorrere dall’esecuzione del provvedimento, adducendo argomenti intesi a dimostrare l’avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze materiali che ne avevano motivato l’adozione.

45      L’articolo 32, paragrafo 2, di detta direttiva dispone tuttavia che tale persona «non ha diritto d’ingresso nel territorio» dello Stato membro interessato durante l’esame della sua domanda.

46      Risulta quindi espressamente, in base al tenore letterale di tali disposizioni, che la direttiva 2004/38 non vieta in alcun modo ad uno Stato membro di adottare un provvedimento di rimpatrio nei confronti di una persona che abbia chiesto la revoca del divieto d’ingresso nel territorio, emesso a suo carico, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, di detta direttiva, fintantoché l’esame di tale domanda non abbia avuto esito positivo.

47      Ciò necessariamente vale anche nel caso in cui, come nel procedimento principale, l’interessato sia rientrato nel territorio dello Stato membro interessato senza aver chiesto la revoca del divieto di ingresso nel territorio, disposto a suo carico.

48      Per quanto concerne la questione se le autorità competenti debbano nuovamente verificare se i requisiti previsti agli articoli 27 e 28 della direttiva 2004/38 siano soddisfatti, discende dalla stessa natura del provvedimento di divieto di ingresso nel territorio che esso resta in vigore fino alla revoca, e che la mera constatazione della sua violazione permette a dette autorità di emettere, nei confronti dell’interessato, un nuovo provvedimento di allontanamento.

49      Tenuto conto di quanto precede, si deve quindi rispondere alla prima questione dichiarando che la direttiva 2004/38 nonché il principio della tutela del legittimo affidamento non ostano a che uno Stato membro, da un lato, ritiri un attestato d’iscrizione erroneamente rilasciato ad un cittadino dell’Unione che era ancora oggetto di un divieto d’ingresso nel territorio e, dall’altro lato, assuma nei suoi confronti un provvedimento di allontanamento, basato sulla mera constatazione che il provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio era ancora in vigore.

 Sulla seconda e sulla terza questione

50      Con la sua seconda e terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione osti a che un provvedimento di rimpatrio di un cittadino dell’Unione, come quello di cui al procedimento principale, sia adottato dalle stesse autorità ed in base alla stessa procedura seguita per il provvedimento di rimpatrio del cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115.

51      Il giudice del rinvio giustifica tali questioni con la circostanza che il legislatore nazionale ha reso applicabili ai cittadini degli Stati membri talune delle disposizioni procedurali di cui alla direttiva 2008/115 previste per i cittadini di paesi terzi, fatta salva l’esistenza di norme nazionali più favorevoli.

52      A tal proposito, si deve constatare che gli Stati membri possono ispirarsi alle norme della direttiva 2008/115 per designare le autorità competenti e definire la procedura applicabile all’adozione di un provvedimento, quale quello di cui al procedimento principale, che dispone il rimpatrio di un cittadino dell’Unione, se nessuna norma del diritto dell’Unione vi osta (v., per analogia, ordinanza del 10 febbraio 2004, Mavrona, C‑85/03, EU:C:2004:83, punto 20).

53      Infatti, la determinazione delle autorità competenti per l’adozione delle diverse misure previste dalla direttiva 2004/38 rientra nell’autonomia procedurale degli Stati membri, non disponendo nulla, detta direttiva, a tal proposito.

54      Quanto alla procedura da seguire, dalla decisione di rinvio risulta non solo che la direttiva 2008/115, a cui rinvia il diritto nazionale di cui al procedimento principale, prevede, al capo III, l’applicazione di garanzie procedurali, ma anche e soprattutto che il citato diritto nazionale fa in ogni caso salva l’applicazione delle misure di recepimento della direttiva 2004/38 che siano più favorevoli al cittadino dell’Unione.

55      Pertanto, non vi sono elementi, nel fascicolo di cui dispone la Corte, che permettano di ritenere che la direttiva 2004/38 osti a che un provvedimento di rimpatrio come quello di cui al procedimento principale sia adottato dalle stesse autorità ed in base alla stessa procedura seguita per il provvedimento di rimpatrio del cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare, di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115.

56      Alla luce delle riflessioni sopra esposte, si deve rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando che le direttive 2004/38 e 2008/115 non ostano a che un provvedimento di rimpatrio di un cittadino dell’Unione, come quello di cui al procedimento principale, sia adottato dalle stesse autorità ed in base alla stessa procedura seguita per il provvedimento di rimpatrio del cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, quando siano applicate le misure di recepimento della direttiva 2004/38 più favorevoli a detto cittadino dell’Unione.

 Sulla quarta questione

57      Con la sua quarta questione il giudice del rinvio chiede se il principio di effettività osti ad una prassi giurisprudenziale secondo cui il cittadino di uno Stato membro colpito da un provvedimento di rimpatrio in circostanze quali quelle di cui al procedimento principale non possa eccepire, a sostegno di un ricorso avverso tale provvedimento, l’illegittimità del provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio precedentemente emesso nei suoi confronti.

58      A tal proposito, risulta da una consolidata giurisprudenza della Corte che, in mancanza di una disciplina normativa dell’Unione, spetta agli Stati membri designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai soggetti dell’ordinamento in forza delle norme del diritto dell’Unione. Tuttavia, tali modalità non devono essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenze del 29 aprile 2004, Orfanopoulos e Oliveri, C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262, punto 80, nonché del 13 marzo 2014, Global Trans Lodzhistik, C‑29/13 e C‑30/13, EU:C:2014:140, punto 33).

59      Il diritto dell’Unione non osta affatto ad una legge nazionale che non consenta, rispetto ad un atto individuale, quale un provvedimento di rimpatrio, di avvalersi dell’illegittimità di un provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio divenuto definitivo, vuoi per lo spirare del termine di ricorso avverso detto provvedimento, vuoi per il rigetto del ricorso proposto avverso il provvedimento in parola.

60      Infatti, come dichiarato in più occasioni dalla Corte, la fissazione di termini di ricorso ragionevoli nell’interesse della certezza del diritto, a tutela sia del soggetto dell’ordinamento sia dell’amministrazione, è compatibile con il diritto dell’Unione (sentenza del 17 novembre 2016, Stadt Wiener Neustad, C‑348/15, EU:C:2016:882, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

61      Tuttavia, l’interessato deve aver avuto l’effettiva possibilità di contestare in tempo utile il provvedimento iniziale di divieto d’ingresso nel territorio e di avvalersi delle disposizioni della direttiva 2004/38.

62      Risulta dalla decisione di rinvio che, nel procedimento principale, il sig. Petrea fa valere che il provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio del 30 ottobre 2011, in base al quale è stato emesso il provvedimento di allontanamento del 14 ottobre 2014, non gli è stato notificato secondo modalità che rispondano ai requisiti di cui all’articolo 30 della direttiva 2004/38, ossia secondo modalità «che consentano a questi di comprenderne il contenuto e le conseguenze». In un caso simile, il principio di effettività osta a che il termine di ricorso avverso il primo provvedimento sia considerato scaduto, e l’illegittimità che vizia tale provvedimento può essere ancora eccepita a sostegno del ricorso avverso il secondo provvedimento.

63      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulterebbe che il sig. Petrea è venuto a conoscenza del provvedimento del 30 ottobre 2011, che l’ha rispettato e che, prima dell’adozione dello stesso, era stato destinatario di un bollettino informativo per stranieri in fase di allontanamento, che lo informava, in una lingua da lui conosciuta, circa i suoi diritti e i mezzi di ricorso a sua disposizione, nonché circa la possibilità di chiedere una traduzione scritta od orale dei passaggi essenziali del provvedimento di rimpatrio. Pare inoltre che l’interessato abbia dichiarato per iscritto di rinunciare a qualsivoglia ricorso avverso il provvedimento del 30 ottobre 2011.

64      Alla luce di ciò, si deve ritenere che l’interessato disponesse di elementi sufficienti per far valere in sede giurisdizionale l’eventuale violazione dei requisiti stabiliti per la notifica dall’articolo 30 della direttiva 2004/38, circostanza che nondimeno spetta al giudice del rinvio verificare.

65      Di conseguenza, si deve rispondere alla quarta questione dichiarando che il principio di effettività non osta ad una prassi giurisprudenziale secondo cui il cittadino di uno Stato membro colpito da un provvedimento di rimpatrio in circostanze quali quelle di cui al procedimento principale non può eccepire, a sostegno di un ricorso avverso tale provvedimento, l’illegittimità del provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio precedentemente emesso nei suoi confronti, purché l’interessato abbia avuto l’effettiva possibilità di contestare in tempo utile il provvedimento da ultimo citato tenuto conto delle disposizioni della direttiva 2004/38.

 Sulla quinta questione

66      Preliminarmente si deve rilevare che, nell’ambito della quinta questione, il giudice del rinvio fa riferimento all’articolo 32 della direttiva 2004/38, relativo agli effetti nel tempo del divieto di ingresso nel territorio, mentre dal tenore letterale della sua questione risulta manifestamente che essa riguarda l’articolo 30 di tale direttiva, relativo alla notificazione dei provvedimenti assunti in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 1, della stessa.

67      Dalla decisione di rinvio risulta peraltro che l’interessato non ha chiesto la traduzione del provvedimento del 30 ottobre 2011.

68      Di conseguenza, si deve ritenere che, con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 30 della direttiva 2004/38 imponga che un provvedimento adottato ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, di tale direttiva sia notificato all’interessato in una lingua che comprende, quand’anche egli non abbia presentato una domanda in tal senso.

69      Innanzitutto, va rilevato che un simile obbligo non discende dal testo dell’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva in parola, che prevede, più in generale, che ogni provvedimento adottato in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 1, della medesima direttiva sia notificato per iscritto all’interessato «secondo modalità che consentano a questi di comprenderne il contenuto e le conseguenze».

70      Risulta poi dai lavori preparatori della direttiva 2004/38, e in particolare dalla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri [COM (2001) 257 definitivo], che l’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 non richiede che il provvedimento di allontanamento sia tradotto nella lingua dell’interessato, ma impone viceversa agli Stati membri di adottare ogni misura utile affinché sia certo che l’interessato abbia compreso il contenuto e gli effetti di detto provvedimento, conformemente a quanto dichiarato dalla Corte nella sentenza del 18 maggio 1982, Adoui e Cornuaille (115/81 e 116/81, EU:C:1982:183, punto 13).

71      Si deve infine constatare che, per quanto concerne i provvedimenti di rimpatrio adottati nei confronti di cittadini di paesi terzi, l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2008/115 prevede che gli Stati membri provvedono, su richiesta, alla traduzione scritta od orale dei principali elementi delle decisioni connesse al rimpatrio, incluse le modalità di impugnazione disponibili, in una lingua comprensibile per il cittadino di un paese terzo o che si può ragionevolmente supporre tale.

72      Alla luce di quanto sopra esposto, si deve rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 30 della direttiva 2004/38 impone agli Stati membri di adottare ogni misura utile affinché l’interessato comprenda il contenuto e gli effetti di un provvedimento adottato in virtù dell’articolo 27, paragrafo 1, di detta direttiva, ma non impone, quando egli non abbia presentato una domanda in tal senso, che il provvedimento in questione gli sia notificato in una lingua per lui comprensibile o che si può ragionevolmente supporre tale.

 Sulle spese

73      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      La direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, nonché il principio della tutela del legittimo affidamento non ostano a che uno Stato membro, da un lato, ritiri un attestato d’iscrizione erroneamente rilasciato ad un cittadino dell’Unione europea che era ancora oggetto di un divieto d’ingresso nel territorio e, dall’altro lato, assuma nei suoi confronti un provvedimento di allontanamento, basato sulla mera constatazione che il provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio era ancora in vigore.

2)      La direttiva 2004/38 e la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, non ostano a che un provvedimento di rimpatrio di un cittadino dell’Unione europea, come quello di cui al procedimento principale, sia adottato dalle stesse autorità ed in base alla stessa procedura seguita per il provvedimento di rimpatrio del cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, quando siano applicate le misure di recepimento della direttiva 2004/38 più favorevoli a detto cittadino dell’Unione.

3)      Il principio di effettività non osta ad una prassi giurisprudenziale secondo cui il cittadino di uno Stato membro colpito da un provvedimento di rimpatrio in circostanze quali quelle di cui al procedimento principale non può eccepire, a sostegno di un ricorso avverso tale provvedimento, l’illegittimità del provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio precedentemente emesso nei suoi confronti, purché l’interessato abbia avuto l’effettiva possibilità di contestare in tempo utile il provvedimento da ultimo citato tenuto conto delle disposizioni della direttiva 2004/38.

4)      L’articolo 30 della direttiva 2004/38 impone agli Stati membri di adottare ogni misura utile affinché l’interessato comprenda il contenuto e gli effetti di un provvedimento adottato in virtù dell’articolo 27, paragrafo 1, di detta direttiva ma non impone, quando egli non abbia presentato una domanda in tal senso, che il provvedimento in questione gli sia notificato in una lingua per lui comprensibile o che si può ragionevolmente supporre tale.

Firme


*      Lingua processuale: il greco.