Language of document : ECLI:EU:C:2012:293

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JÁN MAZÁK

presentate il 15 maggio 2012 (1)

Causa C‑457/10 P

AstraZeneca AB e AstraZeneca plc

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Mercato dei medicinali antiulcera – Abuso delle procedure attinenti ai certificati protettivi complementari per i medicinali e delle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio per i medicinali – Dichiarazioni ingannevoli – Revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio – Ostacoli all’immissione in commercio dei farmaci generici ed alle importazioni parallele»





I –    Introduzione

1.        Con la loro impugnazione l’AstraZeneca AB e l’AstraZeneca plc (in prosieguo: le «ricorrenti») chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 1° luglio 2010, AstraZeneca/Commissione, T‑321/05 (2), con cui il Tribunale ha respinto in gran parte il loro ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione C(2005) 1757 (3). In base alla decisione contestata, la Commissione aveva irrogato un’ammenda di EUR 60 milioni alle suddette società per abuso dei sistemi di brevetti e delle procedure per l’immissione in commercio di prodotti farmaceutici al fine di impedire o ritardare l’arrivo di medicinali generici concorrenti sul mercato e di ostacolare le importazioni parallele.

2.        La European Federation of Pharmaceutical Industries Association (Federazione europea delle associazioni delle industrie farmaceutiche; in prosieguo: l’«EFPIA»), intervenuta nella causa in primo grado a sostegno delle conclusioni delle ricorrenti, ha proposto un’impugnazione incidentale diretta all’annullamento della sentenza impugnata e all’annullamento della decisione contestata. Anche la Commissione ha proposto un’impugnazione incidentale diretta all’annullamento della sentenza impugnata in quanto ha parzialmente annullato e modificato la decisione contestata.

II – Fatti all’origine della controversia

3.        Il gruppo AstraZeneca plc è un gruppo farmaceutico (in prosieguo: l’«AZ») operante, su scala mondiale, nel settore dell’ideazione, dello sviluppo e della commercializzazione di prodotti innovativi. Le sue attività si concentrano su un certo numero di settori farmaceutici tra cui, in particolare, il settore delle patologie gastrointestinali. In tale ambito, uno dei prodotti più venduti dall’AZ è conosciuto con il nome di Losec, un marchio commerciale utilizzato nella maggior parte dei mercati europei. Questo medicinale a base di omeprazolo, utilizzato nel trattamento di patologie gastrointestinali legate all’iperacidità e, in particolare, per inibire in maniera proattiva le secrezioni acide dello stomaco, è stato il primo sul mercato ad agire direttamente sulla pompa di protoni, che è l’enzima specifico all’interno delle cellule parietali, lungo le pareti dello stomaco, che pompa acido nello stomaco.

4.        Il 12 maggio 1999 la Generics (UK) Ltd e la Scandinavian Pharmaceuticals Generics AB hanno presentato alla Commissione una denuncia contro i comportamenti dell’AZ volti ad impedire loro di introdurre versioni generiche dell’omeprazolo su un certo numero di mercati del SEE. Con decisione del 9 febbraio 2000 la Commissione ha ingiunto all’AZ di sottoporsi a verifiche nei suoi locali di Londra e di Södertälje. Il 25 luglio 2003 la Commissione ha adottato una decisione di apertura del procedimento e il 29 luglio 2003 ha trasmesso una comunicazione degli addebiti all’AZ. Dopo una serie di scambi verbali e per iscritto tra il 2003 e il 2005, il 15 giugno 2005 la Commissione ha adottato la decisione contestata, nella quale ha dichiarato che l’AstraZeneca AB e l’AstraZeneca plc avevano commesso due abusi di posizione dominante, violando in tal modo l’articolo 82 CE (divenuto articolo 102 TFUE) e l’articolo 54 dell’accordo SEE.

5.        Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione contestata, il primo abuso era consistito in dichiarazioni ingannevoli rese agli uffici dei brevetti in Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Regno Unito, nonché ai tribunali nazionali in Germania e Norvegia. La Commissione ha considerato, al riguardo, che tali dichiarazioni erano parte di una strategia globale destinata ad estromettere i fabbricanti di prodotti generici dal mercato ottenendo o mantenendo certificati protettivi complementari (in prosieguo: i «CCP») (4) per l’omeprazolo ai quali l’AZ non aveva diritto o ai quali aveva diritto per un periodo più limitato.

6.        Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione contestata, il secondo abuso era consistito nella presentazione di domande di revoca delle autorizzazioni di immissione in commercio delle capsule di Losec in Danimarca, Norvegia e Svezia e allo stesso tempo nel ritiro dal mercato delle capsule di Losec e nel lancio delle compresse di Losec MUPS («Multiple Unit Pellet System») nei tre paesi citati. Secondo la Commissione, tali operazioni sarebbero state intraprese per assicurarsi che la procedura di registrazione abbreviata prevista ai sensi dell’articolo 4, terzo comma, punto 8, lettera a), sub iii), della direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (5), non fosse disponibile per i produttori generici di omeprazolo e hanno altresì comportato anche la possibilità che gli importatori paralleli perdessero le loro licenze di importazione parallela. La Commissione in particolare ha fatto riferimento all’attuazione strategica del contesto normativo da parte delle ricorrenti al fine di tutelare artificialmente dalla concorrenza i prodotti che non erano più protetti da un brevetto e per i quali era scaduto il periodo di esclusiva dei dati.

7.        Per questi due abusi, la Commissione ha inflitto alle ricorrenti, congiuntamente e in solido, un’ammenda di importo pari a EUR 46 milioni, nonché un’ammenda di EUR 14 milioni all’AstraZeneca AB.

8.        Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 25 agosto 2005 le ricorrenti hanno proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione di cui trattasi. Con detto ricorso veniva contestata la legittimità della suddetta decisione quanto alla definizione del mercato rilevante, alla valutazione della posizione dominante, al primo e al secondo abuso di posizione dominante e all’importo delle ammende.

9.        Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha parzialmente accolto tale ricorso. Esso ha tuttavia annullato l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione contestata relativa al secondo abuso nella parte in cui constatava che, avendo chiesto la revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio delle capsule di Losec in Danimarca e in Norvegia, contemporaneamente al ritiro dal mercato delle capsule di Losec ed al lancio delle compresse di Losec MUPS in tali due paesi, le ricorrenti avevano violato l’articolo 82 CE e l’articolo 54 dell’accordo SEE, e ciò in quanto si era considerato che tali atti fossero idonei a limitare le importazioni parallele di capsule di Losec verso detti paesi. Il Tribunale ha pertanto ridotto l’importo dell’ammenda inflitta congiuntamente e in solido alle ricorrenti a EUR 40 250 000 e l’ammenda inflitta all’AstraZeneca AB a EUR 12 250 000, respingendo il ricorso per il resto.

III – Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

10.      Con la presente impugnazione le ricorrenti chiedono che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata e la decisione contestata; in subordine, ridurre, nella misura che la Corte riterrà opportuna, l’ammenda inflitta alle ricorrenti all’articolo 2 della decisione contestata; e condannare la Commissione al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

11.      L’EFPIA chiede che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata e la decisione contestata e condannare la Commissione alle spese di entrambi i gradi di giudizio, comprese quelle relative all’intervento dell’EFPIA.

12.      La Commissione chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e l’impugnazione incidentale dell’EFPIA; ammettere l’impugnazione incidentale della Commissione; condannare le ricorrenti alle spese e l’EFPIA alle spese relative alla sua impugnazione incidentale.

IV – L’impugnazione

13.      I motivi di ricorso delle ricorrenti possono essere classificati in quattro capi.

A –    Primo capo: definizione del mercato dei prodotti di cui trattasi

14.      Le ricorrenti sollevano due motivi di ricorso riguardo alla definizione del mercato.

1.      Primo motivo: omessa adeguata considerazione della gradualità dell’aumento delle vendite di IPP a danno degli anti‑H2

a)      Argomenti

15.      Le ricorrenti sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto non avendo esaminato adeguatamente la rilevanza della gradualità dell’aumento dell’uso di inibitori della pompa protonica (in prosieguo: gli «IPP») a danno degli anti‑H2 (antistaminici). L’argomento è suddiviso in due parti.

16.      In primo luogo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha omesso di procedere ad un’analisi temporale. Infatti, la sentenza impugnata, e in particolare i punti 66‑82, non ammette la necessità di esaminare lo sviluppo del rapporto concorrenziale tra gli IPP e gli anti‑H2 nel corso dei periodi d’infrazione di cui trattasi e non tiene conto dei mutamenti verificatisi sul mercato geografico rilevante. È errato in diritto giudicare riguardo al mercato del prodotto di cui trattasi in un singolo paese nel 1993 basandosi sullo stato della concorrenza nel 2000. Inoltre, il fatto che il rapporto tra gli IPP e gli anti‑H2 fosse cambiato nel tempo emerge con evidenza dalle dichiarazioni degli esperti medici su cui il Tribunale si è basato.

17.      In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale non ha riconosciuto la rilevanza dell’inerzia tipica della diffusione delle conoscenze riguardo agli IPP nella comunità e nelle prassi prescrittive mediche, che ha costituito la ragione della graduale sostituzione nel tempo degli anti‑H2 da parte degli IPP. Il Tribunale è incorso in errore quando ha respinto, ai punti 83-107 della sentenza impugnata, l’argomento delle ricorrenti secondo cui gli anti‑H2 hanno necessariamente esercitato un notevole vincolo concorrenziale sugli IPP in quanto le vendite di questi ultimi sono aumentate solo gradualmente a danno degli anti‑H2 e quindi meno rapidamente rispetto a quello che ci si sarebbe aspettati considerata la superiorità terapeutica degli IPP. Le ricorrenti sostengono, in particolare, che il Tribunale ha artificialmente suddiviso i diversi vantaggi e svantaggi degli anti‑H2 e degli IPP, che erano necessariamente collegati. Infatti, se un medico decide di prescrivere un anti‑H2 perché nutre dei timori circa gli effetti collaterali degli IPP, la sua decisione non è solamente in funzione dei timori riguardanti gli IPP, ma implica necessariamente una valutazione della qualità e del profilo terapeutico degli anti‑H2, compreso il fatto che essi presentano meno rischi.

18.      L’EFPIA, a sostegno di tale prima censura, afferma che il Tribunale ha rovesciato l’onere della prova imponendo alle ricorrenti di dimostrare che la progressiva sostituzione degli anti‑H2 da parte degli IPP è rilevante quanto alla definizione del mercato.

19.      La Commissione sostiene che il primo motivo di ricorso è inoperante, in quanto contesta uno solo degli elementi del ragionamento seguito dal Tribunale. La gradualità della tendenza sostitutiva è solamente uno degli aspetti della valutazione complessiva riguardo al mercato rilevante e nessun errore di diritto riguardo al suddetto aspetto inficerebbe tale valutazione. Secondo la Commissione, inoltre, il presente motivo è in gran parte irricevibile in quanto si chiede alla Corte di procedere a una nuova valutazione dei fatti.

20.      In ogni caso, a detta della Commissione, il presente motivo è infondato. Per quanto riguarda la prima parte, la Commissione sostiene che il Tribunale non ha limitato la sua analisi alle prove raccolte a partire dalla fine del periodo di riferimento, ma al contrario ha focalizzato la sua attenzione sulla necessità di dimostrare l’esistenza del mercato dall’inizio del suddetto periodo. Inoltre, il Tribunale ha correttamente affermato che la gradualità della crescita di un nuovo prodotto non è in contraddizione con l’esistenza di un mercato separato per quel prodotto soltanto. Inoltre, il fatto che il rapporto tra gli IPP e gli anti‑H2 fosse caratterizzato da una sostituzione «asimmetrica» a danno degli anti‑H2 e dal passaggio degli anti‑H2 verso le patologie gastrointestinali più benigne, cosa che non viene contestata dalle ricorrenti, è rilevante per dimostrare che gli anti‑H2 non esercitavano un vincolo concorrenziale significativo sugli IPP. Infine, l’emergere di un «nuovo» mercato non significa per forza che il «vecchio» mercato sia scomparso o che il nuovo mercato registri già vendite maggiori rispetto al vecchio.

21.      Riguardo alla seconda parte, la Commissione sostiene che essa si basa su un’erronea lettura della sentenza impugnata. Il Tribunale infatti ha riconosciuto l’importanza dell’inerzia ma ha dichiarato che questo non significava che gli IPP avessero subito una considerevole pressione da parte degli anti‑H2 nel corso del periodo di riferimento, dal momento che nel caso di specie l’inerzia era dovuta essenzialmente alla carenza di informazioni riguardo agli IPP e non alle qualità degli anti‑H2.

b)      Valutazione

22.      A mio avviso, il primo motivo di impugnazione delle ricorrenti, relativo alla omessa considerazione della gradualità dell’aumento delle vendite degli IPP a danno degli anti‑H2 non è irrilevante come sostiene la Commissione. È vero, come quest’ultima afferma, che la valutazione del mercato rilevante è basata su una serie di fattori che tengono in considerazione l’intero periodo di riferimento compreso tra il 1993 e il 2000, e non soltanto la fine di tale periodo (6). Tuttavia, a mio avviso, i limiti in cui determinati prodotti sono intercambiabili o rappresentano dei sostituti costituisce un elemento determinante di qualsiasi valutazione di un mercato di prodotto rilevante ai sensi dell’articolo 102 TFUE (7). Dato che le vendite degli IPP e degli anti‑H2 sono evolute nel corso del tempo (8), alla luce della conclusione del Tribunale secondo cui il primo abuso era iniziato in Germania, Belgio, Danimarca, Paesi Bassi e Regno Unito al più tardi il 30 giugno 1993 (9) ed era terminato in Danimarca il 30 novembre 1994 e nel Regno Unito il 16 giugno 1994 (10), è di capitale importanza nella valutazione del comportamento di cui trattasi ai sensi dell’articolo 102 TFUE il fatto che il mercato del prodotto rilevante fosse correttamente individuato con riferimento all’intero periodo rilevante e in particolare con riferimento al 1993 e al 1994 tenendo conto della suddetta evoluzione.

23.      Per quanto riguarda il motivo di irricevibilità sollevato dalla Commissione, ritengo che le ricorrenti, facendo valere nelle conclusioni dinanzi alla Corte di giustizia prove fornite, tra l’altro, da numerosi esperti medici e dal rapporto dell’IMS Health (11) e che erano anche state presentate al Tribunale, chiedano in parte una nuova valutazione di tali elementi di prova da parte della Corte. Poiché le impugnazioni sono limitate ai punti di diritto, salvo che non venga affermato che il Tribunale ha snaturato tali elementi probatori, la Corte non può procedere ad una nuova valutazione (12). Tuttavia, le ricorrenti non hanno lamentato uno snaturamento degli elementi di prova di cui trattasi. A mio avviso pertanto, il presente motivo di impugnazione, in quanto mira ad una nuova valutazione dei fatti di cui trattasi, è irricevibile.

24.      Tuttavia, ritengo che il presente motivo di impugnazione sollevi questioni di diritto che mi accingo ora ad esaminare.

25.      Per quanto riguarda la prima parte del primo motivo di impugnazione, secondo le ricorrenti quando il Tribunale si è basato sulle conclusioni esposte ai punti 68‑72 della sentenza impugnata per confermare la decisione della Commissione relativa al mercato di prodotti rilevante nei diversi paesi tra il 1993 e il 2000 (1999 in Danimarca) è incorso in un errore sostanziale in quanto non ha tenuto conto dei cambiamenti avvenuti nei suddetti mercati nel corso del periodo rilevante e ha basato la definizione del mercato per un dato periodo sulla situazione esistente alcuni anni dopo. Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, ritengo che il Tribunale abbia riconosciuto la rilevanza giuridica delle graduali evoluzioni nei mercati rilevanti. Come emerge chiaramente dalla sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato nel dettaglio le caratteristiche di sostituzione degli anti‑H2 da parte degli IPP (13) tra il 1991 e il 2000, nell’ambito del motivo presentato dinanzi ad esso riguardo alla sostituzione graduale, al fine di valutare se nel corso del periodo rilevante gli anti‑H2 avessero esercitato un vincolo concorrenziale significativo sugli IPP. Al punto 84 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ammesso che tanto il numero quanto il valore dei trattamenti prescritti a base di IPP erano gradualmente aumentati ed è chiaro che tale giudice era consapevole del fatto che i trattamenti a base di anti‑H2 fossero migliori di quelli a base di IPP durante una parte del periodo rilevante (14). Il Tribunale tuttavia ha considerato che lo sviluppo graduale non suffragasse la conclusione che gli anti‑H2 avessero esercitato un vincolo concorrenziale significativo sugli IPP nel corso del periodo rilevante. Tali considerazioni erano basate su due punti.

26.      In primo luogo, al punto 91 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, in linea di principio ed anche nel caso dei mercati dei prodotti farmaceutici, il carattere graduale dell’aumento delle vendite di un prodotto nuovo che si sostituisce ad un prodotto esistente non è sufficiente per concludere che quest’ultimo esercita necessariamente sul primo un vincolo concorrenziale significativo. Faccio tuttavia notare che le ricorrenti non hanno contestato né tale conclusione in sede di impugnazione né l’impianto teorico a sostegno di tale conclusione esposto dal Tribunale ai punti 86‑90 della sentenza impugnata. Le ricorrenti non hanno neppure contestato la conclusione del Tribunale, esposta al punto 92 della sentenza impugnata, secondo la quale esse non avevano fornito elementi che permettessero di dedurre che tale aumento graduale delle vendite degli IPP fosse causato da un vincolo concorrenziale significativo esercitato dagli anti‑H2. Pertanto, a mio avviso, il Tribunale ha correttamente dichiarato che le ricorrenti si erano limitate ad invocare una presunzione di nesso di causalità tra il carattere graduale dell’aumento delle vendite di IPP e un vincolo concorrenziale esercitato dagli anti‑H2 sugli IPP. Il Tribunale ha quindi giustamente concluso che tale presunzione non poteva sussistere in linea di principio e che nessun elemento del caso di specie permetteva di individuare un tale nesso di causalità. Nel far ciò, a mio avviso, il Tribunale non ha rovesciato l’onere spettante alla Commissione di accertare i mercati di prodotti rilevanti. Il Tribunale si è limitato a dichiarare che l’argomento dinanzi ad esso sollevato non era corroborato da alcun elemento di prova.

27.      In secondo luogo, al punto 96 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato che il fatto che le vendite di IPP fossero state di gran lunga inferiori a quelle degli anti‑H2 nel 1993 non permetteva di ritenere che questi ultimi esercitassero un vincolo concorrenziale significativo sugli IPP durante tale anno, in quanto il movimento di sostituzione asimmetrico caratterizzato dalla crescita delle vendite di IPP e dal calo o dalla stagnazione delle vendite di anti‑H2, unitamente all’accertamento di un passaggio dell’uso di anti‑H2 verso il trattamento di forme patologiche più benigne, rafforzava la considerazione secondo cui gli anti‑H2 non esercitavano alcun vincolo concorrenziale significativo sugli IPP. Neppure queste conclusioni del Tribunale sono state contestate dalle ricorrenti.

28.      A mio avviso, un’analisi relativa a quale prodotto venda di più in un particolare momento temporale può non essere sufficiente per definire un mercato rilevante ai sensi del diritto della concorrenza. Infatti, nel caso di mercati in evoluzione, le vendite e i movimenti di sostituzione debbono essere esaminati nel corso del tempo. Il semplice fatto che si siano registrate vendite considerevoli di anti‑H2 alla fine del periodo considerato non vuol dire, come suggerito dalle ricorrenti, che gli anti‑H2 e gli IPP facessero parte dello stesso mercato di prodotti rilevante. È possibile che un prodotto «nuovo» e uno «vecchio» coesistano in due mercati diversi.

29.      Ritengo pertanto che la Corte debba respingere la prima parte del primo motivo di impugnazione in quanto in parte irricevibile e in parte infondata.

30.      Per quanto riguarda il problema dell’inerzia, ritengo che l’argomento delle ricorrenti secondo cui i vantaggi e gli svantaggi relativi degli IPP e degli anti‑H2 sono necessariamente connessi debba essere respinto in quanto infondato perché, a mio parere, mira a sollevare una quasi presunzione non suffragata da un inequivoco accertamento di fatto da parte del Tribunale sulle circostanze specifiche del caso (15).

31.      Il Tribunale ha ammesso che il grado di «inerzia» dei medici prescriventi aveva rallentato le vendite degli IPP e, di conseguenza, il processo di sostituzione degli anti‑H2 da parte degli IPP (16). Tuttavia, secondo il Tribunale, di per sé questo fatto non dimostrava che gli anti‑H2 avessero esercitato un vincolo concorrenziale significativo sugli IPP (17). Pur ammettendo espressamente che la qualità di un prodotto già esistente è idonea ad influire sul grado di inerzia dei medici prescriventi se la sua efficacia terapeutica è considerata sufficiente (18), il Tribunale ha dichiarato, sulla base delle prove contenute nel fascicolo depositato dinanzi ad esso, che l’«inerzia» trovava origine in primo luogo nella prudenza nei confronti di un prodotto nuovo e, più specificamente, nei timori quanto agli eventuali effetti secondari cancerogeni degli IPP. Esso ha inoltre sottolineato che il fatto che gli IPP venissero considerati come l’unico trattamento efficace delle forme gravi delle patologie gastrointestinali, che gli IPP e gli anti‑H2 fossero di conseguenza oggetto di usi terapeutici diversi e che la crescita degli IPP non fosse avvenuta, per una percentuale spesso assai rilevante, a danno degli anti‑H2 rafforzava la tesi secondo cui l’«inerzia» dei medici era dovuta più al cumulo e alla diffusione delle informazioni circa le proprietà degli IPP che non alla qualità degli anti‑H2 (19). A mio avviso, queste conclusioni di fatto non possono essere confutate in sede di impugnazione, in assenza di uno snaturamento che non viene lamentato dalle ricorrenti.

32.      A mio avviso, inoltre, il modo in cui il Tribunale ha considerato l’inerzia nell’ambito della definizione del mercato e dell’abuso di posizione dominante non è inconferente, come sostenuto dalle ricorrenti. L’inerzia nelle prassi prescrittive dei medici è stata esaminata sia nell’ambito della definizione del mercato sia nella valutazione della posizione dominante, con conclusioni alquanto differenti nell’uno e nell’altro caso. Tuttavia, ritengo che tali differenze siano conciliabili con il fatto che la definizione di un mercato e la valutazione di una posizione dominante sono esercizi alquanto diversi sotto il profilo del diritto della concorrenza. Inoltre, e cosa ancor più importante, il diverso trattamento dell’inerzia nella definizione di un mercato e nella valutazione di un abuso di posizione dominante è pienamente coerente e comprensibile alla luce degli specifici accertamenti di fatto operati dal Tribunale. Al riguardo, il Tribunale ha considerato che, sebbene l’inerzia avesse rallentato il processo di sostituzione degli IPP agli anti‑H2, questo non dimostrava che gli anti‑H2 avessero esercitato un vincolo concorrenziale significativo sugli IPP in quanto l’inerzia non era dovuta alle qualità terapeutiche degli anti‑H2, ma piuttosto ad una carenza di conoscenze riguardo agli IPP che di fatto erano superiori dal punto di vista terapeutico. Tuttavia, riguardo alla questione della posizione dominante, il Tribunale ha dichiarato che, nel mercato degli IPP, e quindi riguardo a prodotti che erano analoghi sotto il profilo terapeutico, l’inerzia da parte dei medici prescriventi, unitamente alla posizione di primo entrante dell’AZ e alla solida immagine di marchio del Losec, conferivano all’AZ un notevole vantaggio concorrenziale (20).

33.      Ritengo pertanto che la Corte debba respingere la seconda parte del primo motivo di impugnazione in quanto in parte irricevibile e in parte infondata.

2.      Il secondo motivo: mancata considerazione del costo generale del trattamento tramite IPP e anti‑H2 nel valutare il modo in cui la Commissione si è basata sui fattori tariffari

a)      Argomenti

34.      Le ricorrenti sostengono che il Tribunale non ha esaminato il costo generale del trattamento tramite IPP comparandolo con il costo del trattamento a base di anti‑H2 all’atto di valutare gli indicatori tariffari sui quali si è basata la Commissione. Al riguardo, esse affermano che, sebbene il costo di una dose giornaliera di IPP sia maggiore rispetto al costo di una dose giornaliera di anti‑H2, il costo complessivo del trattamento è virtualmente identico perché gli IPP curano i pazienti in modo più rapido. Pur riconoscendo tutto questo ai punti 188 e 193 della sentenza impugnata, ai punti 189 e 190 della stessa il Tribunale ha dichiarato che, poiché una quantificazione del rapporto costo/efficacia può rivelarsi particolarmente complessa e aleatoria, la Commissione non aveva commesso un errore manifesto di valutazione prendendo in considerazione il prezzo dei farmaci per lo stesso periodo di trattamento. Di fatto, questo approccio da parte del Tribunale è giuridicamente errato, poiché inverte l’onere della prova. Infatti, quando la Commissione cerca di basarsi su fattori complessi e aleatori, come i fattori tariffari, deve prendere in esame i suddetti fattori in modo esauriente oppure astenersi dal basarsi su di essi se non è in grado di dimostrarli a causa della loro complessità.

35.      A sostegno del presente motivo, l’EFPIA sottolinea che il Tribunale non ha applicato correttamente il test di sostituibilità nel dichiarare che la Commissione non era incorsa in un errore manifesto di valutazione quando ha confrontato i prezzi per lo stesso periodo di trattamento.

36.      La Commissione sostiene che il presente motivo è inconferente, in quanto non confuta le conclusioni esposte al punto 191 della sentenza impugnata secondo le quali gli anti‑H2 non erano in grado di esercitare un vincolo concorrenziale significativo sugli IPP tramite prezzi più bassi, alla luce, in primo luogo, della limitata sensibilità di medici e pazienti alle differenze di prezzo e, in secondo luogo, del sistema normativo in vigore. A suo giudizio, questo argomento è anche infondato. Il fatto che la decisione di cui trattasi sia basata su trattamenti superiori a 28 giorni non può essere considerato un errore manifesto di valutazione, poiché sarebbe impossibile stabilire la durata precisa di ogni trattamento. Al riguardo, la Commissione sostiene che il parere espresso dalle ricorrenti riguardo alla valutazione del rapporto costo/efficacia è oltremodo semplicistico e non tiene conto della pluralità di condizioni e di trattamenti individuali possibili. Inoltre, il fatto che, secondo il Tribunale, i dati relativi ai differenziali di prezzo fossero rilevanti indica che, a dispetto della mancanza di certezza, esso riteneva i suddetti dati sufficientemente affidabili per formare parte della valutazione complessiva. Tale valutazione non può essere messa in discussione in sede di impugnazione.

b)      Valutazione

37.      A mio avviso, il presente motivo di impugnazione è inconferente. Al punto 196 della sentenza impugnata il Tribunale ha affermato che gli indicatori basati sui prezzi rappresentano un elemento importante della definizione del mercato rilevante effettuata dalla Commissione nel caso di specie. Tuttavia, anche nel caso in cui il Tribunale avesse dichiarato, a torto al punto 190 della sentenza impugnata che la Commissione non aveva commesso un errore manifesto di valutazione prendendo in considerazione il prezzo dei farmaci per un periodo di trattamento identico (28 giorni) (21), ciò non inficia le conclusioni indiscusse del Tribunale ai punti 171‑175 e 177 della sentenza impugnata, secondo cui gli anti‑H2 non erano in grado di esercitare un vincolo concorrenziale significativo sugli IPP grazie a prezzi più bassi (22).

38.      Inoltre, ritengo che il presente motivo di impugnazione sia infondato. Mentre la differenza di prezzo complessiva tra gli anti‑H2 e gli IPP può essere inferiore a causa del rapporto costo/efficacia degli IPP, come sostenuto dalle ricorrenti e come in effetti espressamente ammesso dal Tribunale, a mio avviso le ricorrenti si sono limitate ad affermare che il Tribunale è incorso in un errore nell’accettare il fatto che la Commissione si basasse sulla differenza di costo degli IPP e degli anti‑H2 facendo riferimento ad un periodo di trattamento di 28 giorni. Le ricorrenti non hanno tuttavia contestato la conclusione del Tribunale secondo la quale la quantificazione del rapporto costo/efficacia poteva essere particolarmente complessa e aleatoria. Ritengo pertanto che, sebbene il periodo di trattamento di 28 giorni non sia un indicatore basato sui prezzi perfettamente affidabile, il Tribunale non è incorso in un errore quando ha dichiarato che nella decisione contestata la Commissione poteva tenerne conto nel definire il mercato del prodotto rilevante unitamente ad altri indicatori, basati sui prezzi, maggiormente vincolanti indicati nella sentenza impugnata.

39.      Ritengo pertanto che il secondo motivo di impugnazione sia inconferente e infondato e debba essere respinto dalla Corte.

B –    Secondo capo: primo abuso di posizione dominante

40.      Le ricorrenti sollevano due motivi di impugnazione riguardo al primo abuso.

1.      Primo motivo: esistenza di una concorrenza fondata sui meriti e invocazione, da parte dell’AZ, di un’interpretazione in buona fede della normativa

a)      Argomenti

41.      Le ricorrenti ritengono che l’approccio del Tribunale alla concorrenza fondata sui meriti sia giuridicamente errato. Nel verificare se le dichiarazioni delle ricorrenti dinanzi all’ufficio brevetti fossero oggettivamente mendaci, a torto il Tribunale le avrebbe dichiarate inammissibili dal momento che l’AZ aveva interpretato con ragionevolezza e buona fede i suoi diritti legali all’ottenimento di un CCP ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1768/92.

42.      Secondo le ricorrenti, il Tribunale ha interpretato erroneamente il concetto di «concorrenza fondata sui meriti» definendo come violazione di questo tipo di concorrenza il fatto che le ricorrenti non avessero comunicato agli uffici nazionali dei brevetti la loro interpretazione dell’articolo 19 del regolamento n. 1768/92 e quindi, in particolare, la circostanza che il riferimento alla prima autorizzazione su cui esse si erano basate a sostegno della loro domanda di CCP non fosse all’autorizzazione di cui alla direttiva 65/65/CEE, bensì fosse un riferimento all’autorizzazione successiva connessa alla pubblicazione dei prezzi. Una «mancanza di trasparenza» non può essere sufficiente per integrare un abuso e il Tribunale avrebbe dovuto quanto meno esigere il presupposto che le ricorrenti fossero consapevoli di non aver diritto a un CCP. Dopo aver dichiarato irrilevante il fatto che, all’epoca della presentazione delle loro domande, considerata l’ambiguità dell’articolo 19 del regolamento n. 1768/92, era ragionevole ritenere che le ricorrenti avessero diritto a un CCP, il Tribunale ha posto un limite troppo basso, elevando al rango di abuso il semplice fatto che un’impresa in posizione dominante cerchi di ottenere il riconoscimento di un diritto dal quale pensa di trarre benefici senza rivelare gli elementi sui quali si fonda la sua opinione. Il ragionamento del Tribunale si basa sul presupposto che le ricorrenti non avessero diritto al CCP e pertanto è stato elaborato ex post, tenendo conto dei chiarimenti forniti nella sentenza Hässle (23).

43.      Secondo le ricorrenti, superiori ragioni di ordine politico e giuridico impongono l’esistenza di una frode o di un inganno perché si possa parlare di abuso in circostanze come quelle del presente caso. Pertanto, un concetto di abuso così rigido come quello applicato dal Tribunale potrebbe ostacolare e ritardare le richieste di diritti di proprietà intellettuale in Europa, specie se combinato con il rigido approccio della Commissione riguardo alla definizione di mercato. A titolo di confronto, nel diritto statunitense solo i brevetti ottenuti fraudolentemente possono essere impugnati in forza del diritto della concorrenza, in modo da non sospendere le domande di brevetti. Si potrebbe anche tracciare un parallelo tra la giurisprudenza sulle controversie in materia di abusi e le due condizioni da applicare, oggettiva e soggettiva, individuate dal Tribunale nella sentenza ITT Promedia/Commissione (24), nessuna delle quali risulta soddisfatta nel caso di specie.

44.      L’EFPIA appoggia il presente motivo e sostiene inoltre che, secondo l’interpretazione del Tribunale, dichiarazione «oggettivamente ingannevole» in realtà significa dichiarazione «oggettivamente errata». Se si applicasse questo criterio, le imprese in posizione dominante dovrebbero essere infallibili nei loro rapporti con le autorità di regolamentazione. Pertanto, anche un errore non deliberatamente commesso e subito rettificato potrebbe far insorgere una responsabilità ai sensi dell’articolo 102 TFUE. In particolare, l’EFPIA sostiene che sarebbe giuridicamente insostenibile applicare tale concetto alle domande di brevetti, poiché molte di queste domande verrebbero respinte ogni anno a motivo della loro oggettiva mancanza di correttezza, in quanto il loro obiettivo non risponde ai criteri di brevettabilità. L’EFPIA sottolinea che il diritto dei brevetti è particolarmente complesso e che le procedure di ricerca e di esame richiedono anni per essere espletate.

45.      La Commissione sostiene che le ricorrenti tentano, con il presente motivo, di minimizzare l’abuso presentandolo come una semplice mancanza di trasparenza, mentre il Tribunale ha dichiarato che la loro condotta era deliberata e altamente fuorviante. Le ricorrenti si limitano a descrivere i fatti in modo diverso da quanto accertato dal Tribunale che, in particolare, ha osservato come esse non potessero ignorare il fatto che gli agenti e gli uffici dei brevetti avevano inteso il concetto di «autorizzazione all’immissione in commercio» come riferito all’autorizzazione ai sensi della direttiva 65/65/CEE. Il presente motivo è pertanto irricevibile, poiché in realtà mira ad ottenere una nuova valutazione dei fatti sottostanti al primo abuso.

46.      La Commissione sottolinea che il primo abuso consisteva non soltanto nella mancata comunicazione di un’interpretazione giuridica del regolamento CCP, ma altresì nella circostanza che le ricorrenti consapevolmente avevano fuorviato le autorità competenti non comunicando loro informazioni fattuali molto specifiche necessarie per stabilire se i CCP dovessero essere concessi ed anche, ove opportuno, la loro durata. Non è neppure necessario dimostrare la malafede nel contesto di un abuso di posizione dominante, poiché tale abuso è un concetto oggettivo. Il carattere ingannevole di una dichiarazione non dipende dal fatto che la persona che la rende la percepisca o meno come ingannevole. La questione decisiva è se il comportamento fosse oggettivamente tale da limitare la concorrenza, cosa che il Tribunale ha esaminato con attenzione. Inoltre, l’argomento delle ricorrenti equivale ad affermare che se una società ritiene di poter beneficiare di un diritto esclusivo nulla le impedisce di rendere dichiarazioni false, fallaci o ingannevoli alle pubbliche autorità, il che è inconcepibile. Da ultimo, la sentenza ITT Promedia/Commissione (25) è irrilevante nel presente caso.

b)      Valutazione

47.      Come risulta evidente dal punto 496 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che l’asserita buona fede dell’AZ nell’interpretazione del regolamento n. 1768/92 e il carattere ragionevole di quest’ultima non fossero affatto in discussione nel primo abuso. Infatti, in precedenza esso aveva dichiarato che dal carattere oggettivo della nozione di abuso emerge che la natura ingannevole delle dichiarazioni comunicate alle autorità pubbliche dev’essere valutata sulla base di elementi oggettivi e che la dimostrazione della natura volontaria del comportamento e della malafede dell’impresa in posizione dominante non è necessaria per individuare un abuso di posizione dominante (26). Le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha erroneamente dichiarato irrilevante l’interpretazione del diritto secondo buona fede da parte dell’AZ e che far ciò in effetti ha reso di per sé abusivo per un’impresa in posizione dominante chiedere un diritto che essa ritiene le spetti senza rivelare su cosa si basa la sua opinione.

48.      A mio avviso, le affermazioni delle ricorrenti sono totalmente in contrasto con le conclusioni di fatto estremamente dettagliate e inequivoche raggiunte dal Tribunale sulla base delle azioni concrete dell’AZ. Al riguardo, va rilevato che il Tribunale ha affermato che le dichiarazioni rese dall’AZ agli uffici brevetti al fine di richiedere CCP erano «caratterizzat[e] da un’evidente mancanza di trasparenza» (27) ed erano «fortemente ingannevol[i]» (28). Secondo quanto da esso accertato, le domande di CCP erano presentate in modo da indurre gli uffici brevetti a considerare che le date indicate relativamente alla Francia e al Lussemburgo corrispondessero al rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio tecnica anziché alla data della pubblicazione del prezzo del medicinale (29).

49.      Il Tribunale ha quindi concluso, a mio giudizio, che le false dichiarazioni di cui trattasi non si basavano solamente sulla mancata comunicazione da parte dell’AZ nelle domande di CCP riguardo alla sua interpretazione dell’articolo 19 del regolamento n. 1768/92, ma piuttosto sul carattere fortemente ingannevole delle dichiarazioni rese dall’AZ durante la procedura di richiesta. Il riferimento del Tribunale, al punto 494 della sentenza impugnata, all’omessa divulgazione proattiva, da un lato, della natura delle date indicate riguardo alle autorizzazioni all’immissione in commercio in Lussemburgo e in Francia e, dall’altro, dell’interpretazione del regolamento n. 1768/92 da cui derivava la scelta delle suddette date, non poteva essere considerato isolatamente, bensì nel contesto degli accertamenti di fatto dettagliati compiuti dal Tribunale riguardo alle dichiarazioni fortemente ingannevoli rese dall’AZ nel corso della procedura di richiesta. Infatti, il Tribunale ha dichiarato che in numerose occasioni l’AZ aveva deliberatamente (30) cercato di ingannare le autorità competenti non comunicando loro informazioni di fatto rilevanti per la concessione dei CCP.

50.      È costante giurisprudenza che la nozione di aiuto di Stato è una nozione obiettiva (31). A mio avviso pertanto, nell’ambito di un abuso di posizione dominante, nel valutare se un particolare tipo di comportamento sia ingannevole, il Tribunale non era tenuto, come sostengono le ricorrenti, a valutare l’asserita convinzione soggettiva dell’AZ riguardo a un’interpretazione del diritto, in buona fede o altro, ma piuttosto ad esaminare la loro condotta effettiva (32). Inoltre, le affermazioni delle ricorrenti riguardo alla necessità di dimostrare che l’AZ sapesse di non aver diritto ad un CCP e avesse pertanto agito in modo fraudolento, a mio avviso si discosta totalmente dal principio secondo cui l’abuso di posizione dominante costituisce un concetto oggettivo. Tale affermazione inoltre è un tentativo di applicare criteri probatori penali ad un procedimento che, come affermato dalla Corte, ha natura amministrativa anziché penale (33) ed è alquanto in contrasto con l’articolo 23, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1/2003 (34) ai sensi del quale le ammende imposte in forza di tale disposizione non hanno carattere penale.

51.      Il fatto che sia stata presentata alla Corte una domanda di rinvio pregiudiziale nella causa Hässle (35) per chiarire l’articolo 19 del regolamento n. 1768/92 o che nel 1994, ossia un anno dopo l’inizio del primo abuso, due studi legali incaricati dall’AZ avessero redatto dei pareri a sostegno della «teoria dell’immissione effettiva sul mercato» è irrilevante e non può mettere in discussione le dichiarazioni oggettivamente ingannevoli dell’AZ che, faccio notare, alla luce degli accertamenti compiuti dal Tribunale, vanno manifestamente oltre un’interpretazione in buona fede della normativa applicabile. A mio avviso, contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti e dall’EFPIA, il Tribunale non ha trasformato in un abuso di per sé il fatto che un’impresa dominante richieda un diritto che ritiene di poter invocare senza comunicare su quale base si fondi la sua opinione. Al contrario, il Tribunale ha dichiarato che un’impresa in posizione dominante non può rendere dichiarazioni oggettivamente ingannevoli alle pubbliche autorità al fine di ottenere un diritto, indipendentemente dal fatto che l’impresa ritenga di poter invocare tale diritto. Un siffatto approccio non abbassa la soglia per gli abusi e, a mio parere, non ha per effetto di congelare o ritardare le domande di diritti di proprietà intellettuale in Europa aumentando gli oneri normativi, giuridici e burocratici a carico delle società, come asserito dalle ricorrenti, ma al contrario avrà l’effetto di limitare gli abusi di posizione dominante derivanti da dichiarazioni fortemente ingannevoli rese alle autorità competenti in materia di brevetti o di altri diritti di proprietà intellettuale.

52.      Inoltre, a mio avviso il Tribunale ha correttamente concluso che la sentenza da esso pronunciata nella causa ITT Promedia/Commissione (36) non fosse rilevante per il caso di specie. Infatti, esso non si è pronunciato riguardo ai criteri necessari per stabilire se, nel caso ITT Promedia/Commissione, un’azione giudiziaria costituisse un abuso di posizione dominante e di conseguenza il riferimento che le ricorrenti fanno nei loro atti ai suddetti criteri è alquanto speculativo (37). Inoltre, ritengo che comunque non si possa tracciare alcun significativo parallelismo tra quelli che le ricorrenti definiscono come casi di abuso mediante il promuovimento di azioni giudiziarie e i casi di abusivo ricorso al diritto. L’estremo rigore che occorre esercitare, per tutelare il diritto fondamentale di accesso alla giustizia, prima di stabilire se una controversia abbia carattere abusivo non è giustificato nel presente caso, mancando qualunque necessità di salvaguardare il suddetto diritto fondamentale e considerato altresì il fatto che l’abuso di cui trattasi era caratterizzato da dichiarazioni fortemente ingannevoli rese alle autorità competenti in materia di brevetti.

53.      Suggerisco pertanto alla Corte di respingere il presente motivo di impugnazione in quanto infondato.

2.      Secondo motivo: mancata individuazione di un effetto sulla concorrenza o di una tendenza a limitare la concorrenza

a)      Argomenti

54.      Le ricorrenti sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto in quanto non ha correttamente individuato il momento in cui è iniziato il primo abuso di posizione dominante. Il Tribunale ha infatti erroneamente dichiarato che costituiva già un abuso il semplice fatto di chiedere un CCP, senza considerare gli eventuali effetti sulla concorrenza o la possibilità che la condotta contestata fosse tendenzialmente idonea a limitare la concorrenza. Se il Tribunale avesse effettuato un simile esame avrebbe dovuto dichiarare che un abuso era iniziato non con la richiesta di CCP ma soltanto con la concessione del certificato. Le ricorrenti inoltre osservano che le domande di CCP erano state depositate cinque e sei anni prima della loro entrata in vigore e che fino a quel momento i loro diritti erano tutelati da brevetti.

55.      In particolare, le ricorrenti sostengono che un comportamento non può essere contestato ai sensi dell’articolo 102 TFUE solo perché ex post si è rivelato ingannevole. Perché nel presente caso si possa parlare di un comportamento diretto all’esclusione della concorrenza occorre che il comportamento ingannevole abbia un effetto reale sulla concorrenza o che sia tendenzialmente idonea a produrre tale effetto. Non poteva sussistere un pregiudizio per la concorrenza se il diritto di esclusiva richiesto non era stato concesso, se i concorrenti delle ricorrenti non erano a conoscenza del diritto di esclusiva e se l’esistenza di tale diritto non era tendenzialmente atta a influire sul comportamento dei concorrenti. A sostegno della loro analisi le ricorrenti fanno riferimento, in particolare, alle conclusioni dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer relative alla sentenza Sot. Lélos kai Sia e a. (38), ad una serie di sentenze della Corte e del Tribunale e anche al diritto della concorrenza statunitense, in base al quale non sussiste abuso finché è in atto il brevetto.

56.      L’EFPIA fa altresì riferimento all’affermazione del Tribunale secondo la quale una dichiarazione ingannevole può costituire un abuso anche se non produce effetti esterni perché l’errore è stato corretto dall’ufficio brevetti o da terzi utilizzando sistemi di rettifica come procedure di opposizione o procedimento di dichiarazione di invalidità.

57.      La Commissione sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, il Tribunale non si è basato su un’analisi che dimostra che le dichiarazioni ingannevoli sono di per sé abusive, ma ha proceduto ad un esame estremamente approfondito degli effetti potenziali del comportamento contestato, spiegando in dettaglio le ragioni che lo hanno indotto a considerare che tale comportamento fosse idoneo a limitare la concorrenza e a dichiarare che il comportamento in questione aveva prodotto effetti sul mercato. Al riguardo, la Commissione fa riferimento, in particolare, ai punti 357, 361, 377, 380, 493, 591, 593, 598, 602‑608 e 903 della sentenza impugnata, i quali contengono accertamenti di fatto che non possono costituire oggetto di riesame nell’ambito di un’impugnazione.

58.      Poiché le ricorrenti chiedono che si accerti che l’abuso produce di per sé un effetto diretto sulla concorrenza, tale motivo è in contrasto con la giurisprudenza ed è stato giustamente respinto ai punti 376 e 377 della sentenza impugnata. Inoltre, come emerge dalla giurisprudenza, il criterio della concorrenza potenziale potrebbe essere idoneo per definire un comportamento anticoncorrenziale. Per di più, il fatto che gli effetti sul mercato possano dipendere da altre azioni da parte delle autorità pubbliche non osta all’esistenza di un abuso. Se le dichiarazioni ingannevoli sviano il processo decisionale di tali autorità, l’effetto anticoncorrenziale che ne deriva non è imputabile all’azione dello Stato ma alle suddette dichiarazioni.

59.      Per quanto riguarda l’argomento relativo al fatto che il CCP non veniva concesso in alcuni paesi, la Commissione sostiene che, poiché il comportamento contestato era parte di una strategia complessiva, all’esistenza di un abuso non osta il fatto che tale strategia non abbia avuto successo in certi paesi. Il criterio decisivo è se sia possibile dimostrare la catena di eventi con sufficiente probabilità. Da ultimo, la Commissione afferma che la soluzione adottata nel diritto statunitense non può essere applicata nel contesto europeo e che la sentenza impugnata, e in particolare i punti 362 e 368, è sufficientemente motivata al riguardo.

b)      Valutazione

60.      Secondo una costante giurisprudenza, l’articolo 102 TFUE si riferisce al comportamento di un’impresa dominante che, su di un mercato nel quale il grado di concorrenza è già sminuito proprio per il fatto che vi opera detta impresa, ha come effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti o servizi fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza (39).

61.      Vi è pertanto la necessità di dimostrare la sussistenza di effetti anticoncorrenziali (40).

62.      Tuttavia, i limiti entro cui occorre dimostrare gli effetti anticoncorrenziali per dichiarare un abuso di posizione dominante sono oggetto di ampio dibattito e costituiscono un tema di importanza centrale per una corretta e tempestiva attuazione dell’articolo 102 TFUE. Se la condizione relativa alla dimostrazione degli effetti anticoncorrenziali di una prassi è posta a un livello troppo alto, esigendo la prova di un effetto concreto o di un’elevata probabilità o possibilità che tali effetti si producano (41), si corre il rischio che il comportamento anticoncorrenziale, che tra l’altro è svantaggioso per i consumatori, continui senza costituire oggetto di contestazione da parte delle autorità competenti in materia di concorrenza a causa del fatto che l’onere probatorio a loro carico è troppo gravoso. D’altro canto, se la necessità di provare gli effetti anticoncorrenziali di determinate prassi è fissata ad un livello troppo basso, ove si assuma che tali prassi siano abusive di per sé o si esiga poco più di un’affermazione vaga o teorica circa la produzione di effetti anticoncorrenziali da parte delle stesse, ciò rischia di scoraggiare i legittimi sforzi delle imprese in posizione dominante che fanno concorrenza, magari «in modo aggressivo», ma tuttavia sulla base dei meriti. Sussiste pertanto la necessità di costruire una via di mezzo tra questi due estremi.

63.      Di conseguenza, ritengo che le autorità competenti debbano dimostrare, in una maniera adeguata alle peculiarità e ai fatti di ogni singolo caso, che una particolare prassi «tende» a limitare la concorrenza nel senso che è potenzialmente idonea a ostacolarla. Occorre pertanto dimostrare che è plausibile che detta prassi è o sarà nociva per la concorrenza. Affermazioni o teorie meramente astratte, ipotetiche o imprecise riguardo a tale pregiudizio e che non siano connesse alle peculiarità del caso di specie non saranno quindi sufficienti.

64.      A mio avviso, per stabilire se una prassi possiede i richiesti (potenziali/plausibili) effetti anticoncorrenziali, tali effetti vanno valutati al momento in cui la prassi è stata effettivamente applicata o posta in atto (42). Un approccio «attendista», consistente nel valutare gli effetti anticoncorrenziali in un determinato momento successivo, può portare all’introduzione di un criterio che è simile a quello consistente nel richiedere effetti anticoncorrenziali reali e concreti e può imporre un onere probatorio eccessivo. Di conseguenza, a mio avviso, anche l’effettiva, successiva consapevolezza o le reazioni di terze parti ad una particolare prassi già posta in essere sono del pari irrilevanti, in linea di principio, nel valutare se la detta prassi tenda ad avere effetti anticoncorrenziali. Concordo pienamente con la conclusione del Tribunale esposta al punto 377 della sentenza impugnata secondo la quale «dichiarazioni volte ad ottenere irregolarmente diritti esclusivi costituiscono un abuso solo quando sia dimostrato che, alla luce del contesto oggettivo nel quale vengono rese, tali dichiarazioni sono realmente idonee a spingere le autorità pubbliche ad accordare il diritto esclusivo richiesto».

65.      Ritengo, a titolo preliminare, che non dovrebbe essere accolto l’argomento delle ricorrenti esposto supra al paragrafo 55, secondo cui il loro comportamento è stato dichiarato abusivo solo ex post. Come indicato ai paragrafi 48 e seguenti delle presenti conclusioni, il Tribunale ha accertato nei fatti che le domande di CCP di cui trattasi erano «caratterizzat[e] da un’evidente mancanza di trasparenza», erano «fortemente ingannevoli» e andavano oltre un’interpretazione in buona fede della normativa applicabile.

66.      A mio avviso, inoltre, le domande di CCP di cui trattasi erano potenzialmente idonee, all’epoca in cui erano state presentate, ad ostacolare la concorrenza. A questo proposito, la circostanza che i CCP effettivamente concessi potessero entrare in vigore solo un certo numero di anni dopo la scadenza dei brevetti di base o il fatto che non siano mai stati concretamente concessi (43) in alcuni paesi non sminuisce il fatto che le domande di per sé fossero potenzialmente idonee a influire negativamente o ad ostacolare la concorrenza a causa dell’effetto di esclusione della concorrenza prodotto dai CCP.

67.      Per accertare un effetto anticoncorrenziale non occorre che il comportamento abusivo abbia successo (44) o, a mio avviso, che lo abbia entro un certo arco temporale, a patto che l’effetto anticoncorrenziale non sia talmente vago da risultare improbabile.

68.      A mio avviso, al punto 360 della sentenza impugnata il Tribunale ha correttamente affermato che la circostanza che alcune autorità pubbliche non si siano lasciate ingannare o che alcuni concorrenti abbiano ottenuto l’annullamento dei CCP non significa che le dichiarazioni ingannevoli fossero inidonee a produrre effetti anticoncorrenziali nel momento in cui sono state rese. Ritengo pertanto che l’asserzione dell’EFPIA indicata supra al paragrafo 56 debba essere respinta. Nel caso de quo, se non fosse stato per l’intervento di terze parti, è probabile che le domande di CCP avrebbero portato alla concessione di detti certificati e avrebbero dato origine ad ostacoli normativi alla concorrenza. Contrariamente a quanto asserito dalle ricorrenti dinanzi alla Corte, non ci troviamo in una situazione in cui il comportamento «limiterebbe la concorrenza solo in presenza di una serie di eventi ulteriori». Al contrario, ciò è manifestamente più simile ad una situazione nella quale un comportamento limiterebbe la concorrenza a meno che altri eventi (come l’intervento di terze parti) non si verifichino per impedire che questo accada.

69.      A mio avviso, la Commissione ha ragione quando afferma che il criterio supplementare della «consapevolezza da parte dei concorrenti», invocato dalle ricorrenti, introdurrebbe un elemento soggettivo nel concetto di abuso di posizione dominante che è in contrasto con la sua natura oggettiva. Per di più, come indicato dalla Commissione, dal momento che un’impresa in posizione dominante potrebbe non essere in grado di sapere se i suoi concorrenti sono a conoscenza del suo comportamento, tale requisito sarebbe contrario anche alla certezza del diritto.

70.      Per quanto riguarda il riferimento che le ricorrenti fanno al diritto statunitense, è sufficiente osservare che il diritto degli Stati Uniti non è rilevante nell’ambito del presente procedimento che riguarda l’applicazione dell’articolo 102 TFUE. Il Tribunale pertanto ha correttamente dichiarato, al punto 368 della sentenza impugnata, che il diritto americano non può prevalere sulla posizione seguita dall’Unione europea. In ogni caso, a mio avviso, il criterio della prova degli effetti anticoncorrenziali invocato dalle ricorrenti per analogia con il diritto degli Stati Uniti non dovrebbe essere accolto. A questo riguardo, le ricorrenti, citando una pronuncia di una District Court (Federal) degli Stati Uniti (45), sottolineano nei loro atti che, «in via generale, il semplice ottenimento fraudolento di un brevetto, in assenza di successivi tentativi di metterlo in atto, non costituisce una violazione de diritto della concorrenza». In primo luogo, come ho affermato al paragrafo 50 delle presenti conclusioni, esigere una frode costituisce un tentativo pregiudizievole di applicare criteri probatori di stampo penalistico in un settore che non possiede natura penalistica. In secondo luogo, esigere potenziali/plausibili effetti anticoncorrenziali garantisce che l’articolo 102 TFUE crei un deterrente sufficiente a prevenire l’abuso di posizione dominante, evitando al contempo una applicazione formale o automatica di tale disposizione che rischierebbe di scoraggiare la concorrenza basata sui meriti. A mio avviso, pertanto, imporre un ulteriore tentativo di applicazione equivale palesemente quasi a imporre una dimostrazione di effetti anticoncorrenziali concreti. Una simile condizione pertanto aggrava eccessivamente l’onere probatorio riguardo agli effetti anticoncorrenziali e comporterebbe un serio rischio di sminuire l’effetto deterrente dell’articolo 102 TFUE. Ritengo che, al punto 362 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia correttamente dichiarato che non era necessario che i CCP venissero effettivamente messi in atto, in quanto «[i]l semplice possesso di un diritto esclusivo da parte di un’impresa ha come conseguenza normale l’estromissione dei concorrenti, essendo questi ultimi tenuti a rispettare, in forza della normativa pubblica, tale diritto esclusivo».

71.      Propongo pertanto alla Corte di respingere il presente motivo di impugnazione in quanto non fondato.

C –    Terzo capo: il secondo abuso di posizione dominante

72.      Le ricorrenti sollevano due motivi di impugnazione riguardo al secondo abuso di posizione dominante.

1.      Primo motivo: concorrenza basata sui meriti

a)      Argomenti

73.      Le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha erroneamente interpretato il concetto di «concorrenza basata sui meriti» considerando che il semplice esercizio di un diritto conferito dal diritto dell’Unione europea è incompatibile con tale tipo di concorrenza. Il diritto di revocare un’autorizzazione all’immissione in commercio non può logicamente essere concesso dall’Unione europea e al tempo stesso essere vietato dalla stessa. Al riguardo le ricorrenti sostengono che la normativa dell’Unione in tema di prodotti farmaceutici conferisce al titolare di un’autorizzazione all’immissione in commercio il diritto di chiedere la revoca di tale autorizzazione, così come il diritto di non rinnovarla alla scadenza. La stessa Commissione ed anche gli avvocati generali La Pergola e Geelhoed hanno espressamente riconosciuto nelle cause Rhône-Poulenc Rorer e May & Baker (46) e Ferring (47) che il titolare può sempre esercitare tale diritto senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover tenere conto degli interessi dei fabbricanti di prodotti generici o degli importatori paralleli. Questi principi scaturiscono anche dalla seconda sentenza citata.

74.      A questo proposito, le ricorrenti sottolineano che l’esistenza di un’autorizzazione all’immissione in commercio impone obblighi rigorosi di farmacovigilanza e costi permanenti dei quali è legittimo liberarsi qualora il prodotto non sia più in commercio. Privare una società in posizione dominante del diritto di revoca e imporle di mantenere in vigore un’autorizzazione della quale non ha più bisogno, costringendola così a sostenere sforzi e spese e ad assumere una responsabilità in termini di salute pubblica per l’accuratezza delle informazioni da essa fornite, senza alcuna contropartita da parte dei suoi concorrenti, amplia eccessivamente la speciale responsabilità che grava sulle società in posizione dominante. Inoltre, tale revoca non impedirebbe le importazioni parallele né l’immissione in commercio di prodotti generici che si trovano già sul mercato.

75.      Le ricorrenti inoltre sostengono che il Tribunale ha motivato in modo insufficiente, al punto 677 della sentenza impugnata, la sua conclusione secondo la quale l’illegittimità di un comportamento abusivo alla luce dell’articolo 102 TFUE non ha alcuna relazione con la sua conformità o meno rispetto ad altre norme giuridiche. Il Tribunale infatti avrebbe dovuto spiegare in che modo l’esercizio di un diritto legittimo da parte dell’AZ costituisse un abuso nel caso di specie. Inoltre, le stesse norme dell’Unione in materia farmaceutica mirano a conciliare l’incoraggiamento all’innovazione con la tutela della concorrenza. Le ricorrenti inoltre affermano che il Tribunale ha individuato come costitutiva di abuso una serie di comportamenti diversi da quelli individuati dalla Commissione e così facendo ha oltrepassato i limiti della sua competenza.

76.      La Commissione osserva, in primo luogo, che il Tribunale ha dichiarato che l’intenzione dell’AZ nel revocare le autorizzazioni all’immissione in commercio era di ostacolare l’introduzione di prodotti generici e le importazioni parallele e che non sussisteva alcuna giustificazione oggettiva per il suo comportamento. Essa inoltre osserva che le ricorrenti hanno distorto sia la posizione della Commissione sia quella del Tribunale. Secondo la Commissione, il semplice fatto che la direttiva 65/65/CEE non imponga alcuna condizione alla possibilità che il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio chieda la revoca di un prodotto non significa che esista un diritto a favore del titolare meritevole di tutela. Inoltre, esiste una notevole differenza tra il fatto di lasciar scadere l’autorizzazione senza chiederne il rinnovo e domandarne la revoca prima della scadenza del termine di validità in modo da sollevare barriere all’ingresso sul mercato di prodotti generici e importazioni parallele. La decisione contestata non ha imposto obblighi positivi, ma ha dichiarato abusive una serie di azioni. La Commissione sostiene che l’illegittimità di un comportamento abusivo in forza dell’articolo 102 TFUE discende dalle conseguenze che esso può produrre sulla concorrenza e non è legata alla sua conformità o meno rispetto ad altri regimi giuridici. Inoltre, la direttiva 65/65/CEE non è stata adottata sulla base di disposizioni di diritto primario in tema di concorrenza e pertanto non persegue lo stesso obiettivo dell’articolo 102 TFUE.

b)      Valutazione

77.      Per quanto riguarda l’asserito disaccordo tra la Commissione e il Tribunale in merito alla condotta rilevante costitutiva del secondo abuso (48), a mio giudizio dal punto 789 della decisione contestata emerge chiaramente che la Commissione ha ritenuto che l’abuso riguardava le richieste selettive da parte dell’AZ di revoca per le capsule di Losec in Danimarca, Norvegia e Svezia, unitamente alla sostituzione di dette capsule con le compresse di Losec MUPS. Al punto 792 della decisione contestata, la Commissione afferma che singoli atti che implicano il lancio, la revoca o le domande di revoca di un prodotto farmaceutico non sarebbero considerati normalmente come un abuso. Tuttavia, al punto 793 della decisione contestata, la Commissione ha sottolineato chiaramente che non riteneva che il lancio di una nuova formula di Losec (il Losec MUPS) e/o il ritiro delle capsule di Losec di per sé costituissero un abuso. A mio avviso, pertanto, il Tribunale ha correttamente dichiarato, al punto 807 della sentenza impugnata, che l’elemento centrale del secondo abuso consiste nella revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio delle capsule di Losec, e la conversione delle vendite delle capsule di Losec in Losec MUPS costituiva il contesto nel quale sono state effettuate le revoche delle autorizzazioni all’immissione in commercio. Pertanto, la Commissione e il Tribunale concordano entrambi sul fatto che, mentre l’abuso di posizione dominante consiste nella revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio, il contesto nel quale tale abuso si è determinato non è irrilevante. Simile approccio, a mio avviso, è pienamente coerente con una valutazione caso per caso dell’abuso di posizione dominante che tenga conto del contesto di fatto e di diritto nel quale una determinata prassi viene posta in essere ed evita qualsiasi metodologia predeterminata.

78.      Le ricorrenti affermano di avere un illimitato diritto di revocare le loro autorizzazioni all’immissione in commercio e fanno leva in gran parte sulle sentenze Rhône-Poulenc Rorer e May & Baker (49) e Ferring (50) e in particolare sulle conclusioni degli avvocati generali e sugli argomenti presentati dalla Commissione in tali cause. Va sottolineato che il presente procedimento riguarda l’applicazione dell’articolo 102 TFUE e che nessun riferimento di alcun genere a tale disposizione o ad alcuna delle norme in tema di concorrenza contenute nel Trattato è menzionato nelle suddette sentenze, o nelle conclusioni degli avvocati generali relative alle dette cause che riguardavano, rispettivamente, l’applicazione della direttiva 65/65/CEE, come modificata, e le norme in tema di libera circolazione delle merci. Di conseguenza, le affermazioni contenute in tali sentenze, nelle conclusioni degli avvocati generali o negli argomenti della Commissione non possono essere estrapolate dal loro contesto e trasformate in affermazioni di carattere generale necessariamente applicabili, tra l’altro, a cause relative all’articolo 102 TFUE. Anche se una società farmaceutica, in forza della direttiva 65/65/CEE, può essere libera di rinunciare ad un’autorizzazione all’immissione in commercio, questo non significa che tale comportamento sia esente da controllo in forza di altre disposizioni di diritto dell’Unione, compreso l’articolo 102 TFUE. Inoltre, il fatto che la direttiva 65/65/CEE istituisca un regime normativo dell’Unione anziché un regime nazionale e che le disposizioni di tale direttiva possano indirettamente promuovere, tra l’altro, la concorrenza all’interno dell’Unione, non modifica tale analisi e non autorizza ciò che in effetti costituirebbe una mancata applicazione dell’articolo 102 TFUE. Ancora, considerato che il fondamento giuridico della direttiva 65/65/CEE è l’articolo 100 CE (divenuto articolo 114, paragrafo 1, TFUE), le norme di tale direttiva di armonizzazione non possono ostacolare l’applicazione dell’articolo 102 TFUE. Per di più, emerge chiaramente dal preambolo di tale direttiva che il suo scopo principale è la salvaguardia della salute pubblica e l’eliminazione delle disparità esistenti tra alcune disposizioni nazionali che ostacolano il commercio dei prodotti medicinali all’interno dell’Unione. Pertanto, la direttiva 65/65/CEE non persegue in sostanza, come asserito dalle ricorrenti, gli stessi obiettivi dell’articolo 102 TFUE.

79.      Di conseguenza, non soltanto concordo pienamente con la conclusione del Tribunale esposta al punto 677 della sentenza impugnata, ma ritengo altresì del tutto sufficiente il suo ragionamento. Il fatto che l’AZ fosse legittimata a richiedere la revoca delle sue autorizzazioni all’immissione in commercio per le capsule di Losec in forza della direttiva 65/65/CEE non permette in alcun modo a tale comportamento di sottrarsi al divieto sancito dall’articolo 102 TFUE. Come sottolineato dalla Commissione nei suoi atti, l’illegittimità di un comportamento abusivo ai sensi dell’articolo 102 TFUE non ha alcuna relazione con la sua conformità o meno rispetto ad altri sistemi giuridici.

80.      Occorre sottolineare che la decisione contestata e la sentenza impugnata riguardano azioni effettive intraprese dall’AZ per revocare le autorizzazioni all’immissione in commercio. Pertanto, non può essere istituito alcun parallelismo, come sostengono le ricorrenti, tra i fatti specifici del caso de quo e la scadenza naturale di un’autorizzazione all’immissione in commercio dopo un periodo di cinque anni. La decisione contestata e la sentenza impugnata non riguardano un obbligo positivo dell’AZ di rinnovare un’autorizzazione all’immissione in commercio scaduta o in scadenza. Quanto all’argomento delle ricorrenti relativo agli obblighi di farmacovigilanza, dovrebbe a mio avviso essere respinto alla luce delle inequivoche conclusioni di fatto esposte ai punti 688‑694 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha dichiarato che gli obblighi di farmacovigilanza cui l’AZ era soggetta in Danimarca, in Norvegia e in Svezia non erano particolarmente onerosi e pertanto non costituivano una giustificazione oggettiva per le domande di revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio per il Losec nei suddetti paesi.

81.      Propongo pertanto alla Corte di respingere il presente motivo di impugnazione in quanto infondato.

2.      Il secondo motivo: comportamento mirante a limitare la concorrenza

a)      Argomenti

82.      Le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha interpretato erroneamente le condizioni per una distorsione della concorrenza considerando che il semplice esercizio di un diritto legittimamente conferito dal diritto dell’Unione mira a limitare la concorrenza. L’esercizio di tale diritto potrebbe integrare un abuso, in linea di principio, solo in circostanze eccezionali, ossia in caso di eliminazione di una concorrenza effettiva. Si potrebbe individuare un’analogia con i casi di licenze obbligatorie, come quelle analizzate nella sentenza IMS Health (51). Detta analogia si giustifica non solo a causa dell’effettiva espropriazione del diritto di revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio, ma altresì in forza del fatto che il divieto di revoca è una forma di licenza obbligatoria.

83.      Inoltre, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 830 della sentenza impugnata, l’AZ conserva ancora diritti di esclusiva sui dati clinici, che restano riservati, anche dopo la scadenza del periodo di esclusiva conferito dalla direttiva 65/65/CEE. Tale direttiva non contiene alcun obbligo per le imprese che forniscono informazioni riservate di condividere tali informazioni con i loro concorrenti, come confermato dal parere del Parlamento europeo nelle fasi preparatorie della direttiva 87/21/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, che modifica la direttiva 65/65 (52).

84.      Di conseguenza, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale ai punti 817 e 829 della sentenza impugnata, nel presente caso non basta dimostrare che la revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio abbia reso la concorrenza «più difficile», ma occorre dimostrare altresì che la revoca produce un effetto sproporzionato sulla concorrenza.

85.      Secondo le ricorrenti, la concorrenza da parte di imprese generiche non è stata eliminata. In realtà, non è stata pregiudicata in maniera sostanziale. La rinuncia ad un’autorizzazione all’immissione in commercio non ha fatto venir meno il diritto delle imprese generiche già presenti sul mercato di continuare a vendere i loro prodotti. Per i prodotti generici non ancora presenti sul mercato esistevano diverse altre modalità di vendita oltre alla procedura abbreviata prevista ai sensi dell’articolo 4, terzo comma, punto 8, lettera a), sub iii), della direttiva 65/65/CEE. Esistevano «soluzioni alternative», anche se «meno vantaggiose» (53).

86.      Le ricorrenti sostengono inoltre che la parte della decisione contestata relativa al secondo abuso e alle importazioni parallele avrebbe dovuto essere annullata in quanto applicata anche alla Svezia. Qualsiasi ostacolo alla concorrenza in Svezia era dovuto all’erronea applicazione del diritto dell’Unione da parte delle autorità svedesi, poiché la Corte ha dichiarato che gli articoli 28 CE e 30 CE ostano alla revoca di un’autorizzazione all’immissione in commercio per un prodotto farmaceutico che implichi, di per sé, la revoca dell’autorizzazione all’importazione parallela, in assenza di un rischio per la salute (54).

87.      La Commissione sostiene che, con il loro argomento relativo alle «licenze obbligatorie», le ricorrenti si limitano a ripetere quanto già esposto in primo grado, senza spiegare perché l’esame di tali argomenti da parte del Tribunale sia errato. Tale argomento è dunque irricevibile.

88.      La Commissione osserva altresì nel presente contesto che l’esistenza di un’autorizzazione all’immissione in commercio iniziale permette semplicemente alle autorità farmaceutiche di riferirsi – al fine di autorizzare un altro medicinale in base alla procedura abbreviata – ad un fascicolo già in loro possesso. Poiché le ricorrenti hanno perduto il diritto esclusivo ad utilizzare le informazioni contenute nel fascicolo relative al medicinale originale, non esiste alcun problema di accordare una «licenza obbligatoria» ai produttori di medicinali generici. Anche nell’ipotesi in cui il fascicolo contenesse «informazioni commerciali riservate», l’applicazione della procedura abbreviata non interferirebbe in alcun modo con tale riservatezza, poiché l’autorità farmaceutica non renderebbe mai pubblica l’informazione di cui trattasi né la rivelerebbe al secondo richiedente. L’accertamento del secondo abuso pertanto non produce come conseguenza di accordare ai concorrenti un accesso ai dati dell’AZ. È evidente pertanto che la giurisprudenza in materia di «essential facilities» è irrilevante.

b)      Valutazione

89.      Alla luce della conclusione che ho esposto supra, ai paragrafi 79 e 80, non ritengo che il fatto che la revoca di un’autorizzazione all’immissione in commercio possa essere ammissibile in base alla direttiva 65/65/CEE sottragga tale comportamento all’esame ai sensi dell’articolo 102 TFUE. Inoltre, il diritto di revocare un’autorizzazione all’immissione in commercio non è affatto simile a un diritto di proprietà, ma costituisce semplicemente una linea di azione che le imprese possono seguire in base al disposto della direttiva 65/65/CEE. A mio avviso, l’applicazione dell’articolo 102 TFUE non costituisce un’espropriazione effettiva del diritto di revocare un’autorizzazione all’immissione in commercio, come sostenuto dalle ricorrenti. Pertanto, la condizione dell’eliminazione di una concorrenza effettiva, come nei casi di licenze obbligatorie, non è applicabile nel presente caso.

90.      Le ricorrenti inoltre hanno basato i loro argomenti relativi al requisito di una eliminazione effettiva della concorrenza sul presupposto che l’AZ beneficiasse di diritti di proprietà sui suoi dati clinici. Esse fanno riferimento poi alla natura riservata delle informazioni. Ritengo che tale premessa sia infondata.

91.      Come emerge chiaramente dai punti 668 e 680 della sentenza impugnata, i quali non sono stati contestati dalle ricorrenti, dopo lo scadere di un periodo di sei o dieci anni che inizia a decorrere dal rilascio della prima autorizzazione all’immissione in commercio, la direttiva 65/65/CEE non riconosce più al titolare di una specialità farmaceutica originale il diritto esclusivo di sfruttare i risultati delle prove farmacologiche, tossicologiche e cliniche versate agli atti. Al contrario, tali informazioni possono essere prese in considerazione da parte delle autorità nazionali ai fini della concessione di autorizzazioni all’immissione in commercio per prodotti essenzialmente simili, nell’ambito della procedura abbreviata prevista dall’articolo 4, terzo comma, punto 8, lettera a), sub iii). A mio avviso, il Tribunale ha correttamente dichiarato, al punto 681 della sentenza impugnata, che qualsiasi diritto dell’AZ sulle informazioni di cui trattasi era limitato all’epoca dei fatti dalla disposizione sopra menzionata.

92.      Infatti, nonostante l’informazione riservata di cui trattasi non fosse stata messa direttamente a disposizione di altre imprese, la direttiva 65/65, come indicato dalle ricorrenti stesse nel ricorso dinanzi al Tribunale (55), «avrebbe introdotto una deroga alla riservatezza spettante all’AZ, in quanto tale disposizione avrebbe dispensato il richiedente successivo, in particolari condizioni, dall’obbligo di fornire il proprio fascicolo informativo».

93.      Alla luce di quanto precede, ritengo che il Tribunale non sia incorso in un errore di diritto, come sostenuto dalle ricorrenti, al punto 830 della sentenza impugnata, nell’affermare che «l’AZ non disponeva più del diritto esclusivo di sfruttare i risultati delle prove farmacologiche, tossicologiche e cliniche» in quanto essa non poteva impedire alle autorità nazionali di basarsi sui dati in questione nella procedura abbreviata (56). Ritengo pertanto che le ricorrenti non abbiano dimostrato che uno dei diritti di proprietà dell’AZ sia stato espropriato o che una licenza obbligatoria sia stata concessa ai concorrenti dell’AZ (57) a causa dell’applicazione dell’articolo 102 TFUE nella decisione contestata.

94.      Inoltre, a mio avviso la giurisprudenza IMS Health (58) è totalmente inapplicabile in quanto il presente caso non riguarda, tra l’altro, un rifiuto da parte di un’impresa dominante di concedere l’accesso o autorizzare informazioni indispensabili per consentire ad un potenziale concorrente di entrare sul mercato nel quale l’impresa titolare del diritto occupa una posizione dominante. È evidente che la decisione contestata non ha costretto l’AZ a cedere un elemento di attivo o a stipulare contratti con persone che non ha scelto (59).

95.      I criteri estremamente severi imposti nelle cause in materia di «essential facilities», che hanno carattere eccezionale e che infatti impongono, tra l’altro, la dimostrazione dell’esclusione di qualsiasi concorrenza (60), non possono essere estesi alle circostanze e ai fatti del tutto diversi del presente caso.

96.      Nei loro atti le ricorrenti hanno anche presentato prove dirette a dimostrare che dal gennaio al febbraio 2003 quattro imprese generiche avevano effettuato il lancio delle proprie capsule di omeprazolo generico in Svezia. Inoltre, l’AZ sostiene che le imprese generiche avrebbero potuto facilmente ottenere un’autorizzazione per una versione generica delle capsule utilizzando la procedura basata sulla letteratura pubblicata. Poiché le impugnazioni sono limitate alle questioni di diritto, la Corte non può procedere a una nuova valutazione dei fatti se il Tribunale non è accusato di aver snaturato gli elementi probatori. Le ricorrenti però non hanno dichiarato che le prove di cui trattasi sono state distorte. A mio avviso, il presente motivo di impugnazione, in quanto mirante a una nuova valutazione dei fatti di cui trattasi, è pertanto irricevibile.

97.      Ritengo che il Tribunale non sia incorso in un errore di diritto nel dichiarare che il comportamento (la revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio) ha prodotto, in relazione alla vendita di prodotti generici in Danimarca, Norvegia e Svezia, gli effetti anticoncorrenziali richiesti ai sensi dell’articolo 102 TFUE. Al punto 833 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che la procedura fondata sulla letteratura pubblicata o la procedura ibrida richiedono il soddisfacimento di condizioni che vanno al di là di quelle che sono imposte dalla procedura abbreviata contemplata dall’articolo 4, terzo comma, punto 8, lettera a), sub iii), della direttiva 65/65, come ad esempio la produzione di dati supplementari. Il Tribunale ha constatato che queste altre procedure sono di fatto più onerose per i fabbricanti di prodotti generici e necessariamente più dispendiose in termini di tempo rispetto alla procedura abbreviata. La revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio ha pertanto permesso all’AZ di ritardare, almeno temporaneamente, la notevole pressione concorrenziale che i prodotti generici esercitavano su di essa. Come dichiarato dal Tribunale, tenuto conto dei volumi di vendite in gioco, qualsiasi ritardo relativamente all’ingresso dei prodotti generici sul mercato era gradito per l’AZ (61). Contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, ritengo il ritardo in questione concreto e sufficiente perché la revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio fosse idonea ad ostacolare il mantenimento del livello di concorrenza ancora sussistente sul mercato ovvero la crescita della concorrenza stessa.

98.      Per quanto riguarda il criterio corretto da applicare alle importazioni parallele relativamente alla Svezia, appare evidente dal punto 862 della sentenza impugnata che il Tribunale ha constatato che l’agenzia dei prodotti farmaceutici svedese riteneva che le autorizzazioni alle importazioni parallele potessero essere concesse solo in presenza di valide autorizzazioni all’immissione in commercio (62) e che tale agenzia aveva ritirato le autorizzazioni all’importazione a seguito della revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio delle capsule di Losec. Il Tribunale pertanto ha dichiarato che la revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio era idonea ad ostacolare le importazioni parallele.

99.      Il fatto che la prassi seguita dalle autorità svedesi fosse contraria al diritto dell’Unione, come sostenuto dalle ricorrenti e come chiarito dalla Corte in sentenze successive (63), non è a mio avviso idoneo a escludere che al momento della revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio di cui trattasi da parte dell’AZ fosse plausibile, alla luce delle prove documentali relative alle prassi di tali autorità, che la revoca avrebbe avuto l’effetto di ostacolare il commercio parallelo in Svezia.

100. Pertanto, ritengo che la Corte debba respingere il presente motivo di impugnazione in quanto in parte irricevibile e in parte infondato.

D –    Quarto capo: ammenda

1.      Argomenti

101. Nel presente motivo, suddiviso in due parti, le ricorrenti sostengono che l’importo dell’ammenda ad esse inflitta è eccessivo.

102.  Le ricorrenti sostengono, in primo luogo, che il Tribunale avrebbe dovuto ridurre l’importo dell’ammenda in quanto gli abusi avevano carattere di novità. Nel presente caso, le regole sulla concorrenza riguardanti gli abusi non sono mai state stabilite in passato, il che, conformemente alla sentenza AKZO/Commissione (64), giustifica l’imposizione di un’ammenda simbolica. Per le ragioni esposte nell’ambito del motivo attinente al primo abuso e all’assenza di una concorrenza fondata sui meriti (65), le ricorrenti contestano l’analisi effettuata dal Tribunale secondo la quale le prassi costitutive del primo abuso erano manifestamente contrarie alla concorrenza fondata sui meriti, e pertanto era esclusa una riduzione dell’ammenda per tener conto del loro carattere di novità. Secondo le ricorrenti, la sentenza Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione (66), su cui il Tribunale ha basato la propria analisi, è inapplicabile perché si riferisce ad uno scenario completamente diverso. Per quanto riguarda il secondo abuso, le ricorrenti sostengono che esso presenta carattere di novità nel rappresentare come abusivo l’esercizio di un diritto conferito dall’Unione e inoltre il fatto che la richiesta da parte dell’AZ di revocare la propria autorizzazione all’immissione in commercio fosse consentita in forza del diritto farmaceutico dell’Unione avrebbe dovuto essere considerato come una circostanza attenuante che giustificava una riduzione dell’ammenda.

103. Nell’ambito della seconda parte del presente motivo le ricorrenti sostengono che l’assenza di effetti anticoncorrenziali costituisce un fattore di cui il Tribunale dovrebbe tener conto nel riconsiderare l’importo di un’ammenda. Al riguardo, esse fanno riferimento alle sentenze T-Mobile Netherlands e a. (67) e ARBED/Commissione (68). Infatti, quanto al primo abuso, non si sarebbero prodotti effetti anticoncorrenziali in Danimarca e nel Regno Unito perché i CCP non erano stati concessi. In Germania, il CCP concesso era stato revocato talmente tanto tempo prima di entrare in vigore che non poteva aver prodotto effetti negativi sulla concorrenza. Inoltre, non esiste prova del fatto che la concorrenza fosse realmente limitata in Norvegia, nei Paesi Bassi e in Belgio. Per quanto riguarda il secondo abuso, vi sono scarse prove concrete del fatto che esso abbia prodotto un effetto restrittivo.

104. Secondo la Commissione il presente motivo è irricevibile in quanto diretto a garantire un riesame generale delle ammende. Infatti, non spetta alla Corte, nei procedimenti di impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la sua valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, sull’ammontare delle ammende inflitte a imprese a seguito della violazione di norme sulla concorrenza. Inoltre, il Tribunale ha correttamente esaminato tutti gli elementi rilevanti per il calcolo dell’ammenda, compreso l’asserito carattere di novità degli abusi e la presunta mancanza di effetti.

2.      Valutazione

105. Per quanto riguarda il problema dell’irricevibilità sollevato dalla Commissione, secondo una costante giurisprudenza non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un ricorso contro una sentenza del Tribunale, sostituire, per motivi di equità, la sua valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza anche di merito, sull’ammontare delle ammende inflitte a imprese a seguito della violazione, da parte di queste ultime, del diritto dell’Unione europea (69). A mio avviso il presente motivo di impugnazione non è irricevibile, in quanto le ricorrenti non mirano semplicemente, come sostiene la Commissione, ad un riesame generale delle ammende inflitte. Al contrario, le ricorrenti sostengono che il Tribunale non ha valutato correttamente sotto il profilo giuridico il carattere di novità delle violazioni di cui trattasi e i loro effetti al fine del calcolo delle ammende. Di conseguenza, ritengo che il presente motivo di impugnazione sia ricevibile.

106. Quanto al problema del carattere di novità, dal punto 901 della sentenza impugnata e dal rinvio, contenuto al punto 903 della stessa, al punto 908 della decisione contestata deriva che il Tribunale e quindi la Commissione hanno considerato che gli abusi di cui trattasi presentavano carattere di novità.

107.  Emerge nondimeno in modo evidente da tali disposizioni che, secondo il Tribunale, gli abusi erano inediti per quanto riguarda i mezzi utilizzati (70) e che sotto un profilo specifico e limitato non erano chiaramente definiti.

108. L’argomento delle ricorrenti secondo cui il carattere di novità degli abusi giustifica l’imposizione di un’ammenda simbolica dovrebbe, a mio giudizio, essere respinto. Tale argomento non considera affatto che, sebbene i mezzi utilizzati siano inediti, perché non esistevano decisioni della Commissione o sentenze della Corte su condotte caratterizzate dall’uso degli stessi metodi, la sostanza concreta degli abusi di cui trattasi non aveva carattere di novità e si discostava con evidenza da una concorrenza basata sui meriti (71). A mio avviso il Tribunale ha correttamente concluso, nell’esaminare la sostanza concreta degli abusi di cui trattasi (72), che essi costituivano violazioni gravi. Nella sentenza Deutsche Telekom/Commissione la Corte ha dichiarato che, per quanto riguarda la questione se le infrazioni siano state commesse dolosamente o colposamente e siano, pertanto, sanzionabili mediante ammenda, dalla giurisprudenza della Corte emerge che tale condizione è soddisfatta qualora l’impresa di cui trattasi non possa ignorare il carattere anticoncorrenziale della propria condotta, a prescindere dalla consapevolezza o meno di violare le regole di concorrenza poste dal Trattato (73). A mio avviso, al punto 901 della sentenza impugnata, il Tribunale ha fatto correttamente riferimento al punto 107 della sentenza Michelin I (74) e ha dichiarato che l’AZ non poteva essere esonerata dall’ammenda. L’AZ doveva aspettarsi che gli abusi di cui trattasi rientrassero nell’ambito di applicazione dell’articolo 102 TFUE, anche se i comportamenti basati sugli stessi mezzi o sugli stessi metodi (75) non erano stati presi in esame dalla Commissione o dalla Corte. Inoltre, l’argomento delle ricorrenti dovrebbe essere respinto per motivi di ordine politico. Un simile approccio, che privilegerebbe la forma anziché la sostanza, a mio avviso metterebbe a repentaglio il ruolo deterrente delle ammende nei confronti delle violazioni del diritto sulla concorrenza.

109. Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti relativo alle circostanze attenuanti e al fatto che la revoca da parte dell’AZ dell’autorizzazione all’immissione in commercio fosse consentita in base alla direttiva 65/65/CEE, a mio avviso al punto 914 della sentenza impugnata il Tribunale ha correttamente dichiarato che le ricorrenti ribadiscono nuovamente argomenti presi in considerazione nell’ambito dell’esame dell’abuso di posizione dominante o della valutazione della gravità dell’infrazione. Inoltre, non si può fare un confronto tra le circostanze della causa T‑271/03, Deutsche Telekom/Commissione (76), che avevano portato ad una riduzione del 10% dell’ammenda e il fatto che la direttiva 65/65/CEE non impedisce la revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio. Nella causa Deutsche Telekom/Commissione il Tribunale aveva dichiarato che la Commissione aveva correttamente utilizzato il suo potere discrezionale nel fissare le ammende considerando che l’intervento reiterato, attivo e specifico dell’autorità di regolamentazione nazionale nello stabilire i prezzi della Deutsche Telekom nel settore delle telecomunicazioni e la valutazione, da parte di tale autorità, circa la sussistenza di una compressione dei margini risultante dai prezzi della Deutsche Telekom giustificavano una riduzione del 10% dell’ammenda (77).

110. Per quanto riguarda l’argomento secondo cui il Tribunale non ha ridotto l’ammenda tenendo conto dei suoi effetti minimi, osservo che al punto 902 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato che la natura delle pratiche relative al primo e al secondo abuso era fortemente anticoncorrenziale, in quanto esse erano idonee a incidere in misura rilevante sulla concorrenza. Rilevo pertanto che, ai punti 902 e 911 della sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente concluso che elementi relativi allo scopo di un comportamento possono di fatto avere un effetto più rilevante, ai fini della fissazione dell’importo delle ammende, di quelli relativi ai suoi effetti (78). Inoltre, dal fascicolo depositato dinanzi al Tribunale emerge chiaramente che gli effetti reali del primo abuso erano limitati per esempio in Danimarca e nel Regno Unito a causa dell’intervento di terze parti. A mio avviso sarebbe irragionevole che le ricorrenti traessero beneficio da tale intervento. Per di più, l’adozione di un simile approccio metterebbe gravemente a repentaglio l’effetto deterrente dell’articolo 102 TFUE (79).

111. Propongo pertanto alla Corte di respingere il primo motivo in quanto non fondato.

V –    L’impugnazione incidentale dell’EFPIA

112. A sostegno della sua impugnazione incidentale l’EFPIA deduce due motivi attinenti all’esistenza di una posizione dominante. L’EFPIA sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto, in primo luogo, perché ha omesso di considerare adeguatamente il ruolo svolto dallo Stato come acquirente in regime di monopsonio e, in secondo luogo, perché ha dichiarato che i diritti di proprietà intellettuale dell’AZ, la sua condizione di primo entrante e la sua potenza finanziaria costituivano prova della sua posizione dominante.

113. Prima di esaminare in dettaglio e separatamente ciascuno di questi due motivi di impugnazione, sottolineo in via preliminare che, secondo una costante giurisprudenza, benché l’importanza delle quote di mercato possa variare da un mercato all’altro, il possesso nel tempo di quote molto alte costituisce di per sé, e salvo circostanze eccezionali, la prova dell’esistenza di una posizione dominante (80). Inoltre, una quota di mercato compresa tra il 70% e l’80% costituisce di per sé un chiaro indizio dell’esistenza di una posizione dominante (81).

114. Come appare chiaramente dai punti 245‑254 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso che l’accertamento da parte della Commissione circa l’esistenza di una posizione dominante si basava in gran parte sulla quota di mercato generalmente molto elevata dell’AZ, non paragonabile a quella degli altri suoi concorrenti, durante tutto il periodo rilevante in tutti i paesi interessati, che in tal modo garantiva all’AZ la posizione di leader sul mercato degli IPP (82). Inoltre, al punto 244 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione correttamente non ha basato il proprio accertamento riguardo alla posizione dominante dell’AZ solo sulle quote di mercato, ma ha preso in esame diversi altri fattori. Tra questi diversi fattori considerati nella decisione contestata e confermati dal Tribunale nella sentenza impugnata vi sono i livelli dei prezzi applicati al Losec, l’esistenza e l’utilizzo di diritti di proprietà intellettuale, la posizione di primo entrante dell’AZ e la sua potenza economica.

115. Considerata la giurisprudenza sul valore probatorio di quote elevate di mercato indicata supra al paragrafo 113, ritengo che i motivi di impugnazione proposti dall’EFPIA relativi al ruolo dello Stato come acquirente in posizione di monopsonio nonché ai diritti di proprietà intellettuale dell’AZ, alla sua posizione come primo entrante e alla sua potenza economica, anche ove accolti, sarebbero inconferenti a meno che non pongano in discussione il fondamento della conclusione generale riguardo alla posizione dominante, raggiunta dalla Commissione e confermata dal Tribunale, in gran parte basata sulle quote di mercato.

116. Poiché a mio avviso i due motivi di impugnazione proposti dall’EFPIA dovrebbero essere respinti, non occorre, nel presente grado di giudizio, esaminare la validità degli stessi alla luce delle conclusioni complessive riguardo alla posizione dominante.

A –    Errore di diritto riguardo al ruolo dello Stato – potere di monopsonio

1.      Argomenti

117. L’EFPIA sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto non avendo considerato se l’elevata quota di mercato dell’AZ le permettesse di agire in modo autonomo rispetto ai suoi concorrenti e clienti o se, piuttosto, il ruolo dello Stato come acquirente in posizione di monopsonio di farmaci soggetti a prescrizione e simultaneamente come regolatore dei prezzi escludesse o quanto meno mitigasse il presunto potere di mercato dell’AZ.

118. Al punto 257 della sentenza impugnata il Tribunale si è limitato a confermare la conclusione della Commissione secondo la quale, in primo luogo, le imprese farmaceutiche che propongono per la prima volta prodotti dotati di un notevole valore aggiunto sul piano terapeutico grazie all’innovazione da cui derivano sono in grado di ottenere da parte delle autorità pubbliche prezzi o livelli di rimborso superiori a quelli dei prodotti esistenti e, in secondo luogo, le imprese farmaceutiche hanno un potere di negoziazione perché i prezzi e i livelli di rimborso vengono fissati dalle autorità pubbliche a seguito di negoziati con tali imprese. Di fatto, né l’una né l’altra conclusione sono sufficienti a corroborare l’affermazione secondo cui l’AZ era in grado di agire in maniera autonoma in circostanze nelle quali il mercato era caratterizzato da una notevole intensità normativa in termini di prezzi ed esisteva un’aspra concorrenza in termini di innovazione. Il Tribunale non ha neppure considerato entro quali limiti il potere di negoziazione delle imprese farmaceutiche attribuisse loro un controllo sul potere di negoziazione dello Stato.

119. Inoltre, dalla conclusione del Tribunale esposta ai punti 191 e 262 della sentenza impugnata secondo cui, da un lato, la sensibilità dei medici e dei pazienti ai diversi prezzi è limitata a causa dell’importanza del ruolo dell’efficacia terapeutica e, dall’altro lato, il costo dei farmaci è del tutto o in gran parte coperto dai sistemi previdenziali, deriva che il prezzo avrà un impatto limitato sul numero di prescrizioni di Losec e quindi sulla quota di mercato dell’AZ. Contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale al punto 261 della sentenza impugnata, pertanto, non si può desumere alcuna conclusione significativa riguardo al potere di mercato dal fatto che l’AZ sia stata in grado di conservare quote di mercato superiori a quelle dei suoi concorrenti, pur praticando prezzi più elevati.

120. La Commissione sostiene che il presente motivo è irricevibile, poiché l’EFPIA si limita a chiedere alla Corte di valutare nuovamente le conclusioni di fatto raggiunte dal Tribunale. Inoltre, gli argomenti proposti nell’ambito del presente motivo, che sono già stati correttamente esaminati dal Tribunale ai punti 258‑268 della sentenza impugnata, sono infondati e costituiscono un tentativo di negare persino la possibilità dell’esistenza di una posizione dominante sul mercato dei farmaci soggetti a prescrizione.

2.      Valutazione

121. Per quanto riguarda la questione dell’irricevibilità sollevata dalla Commissione, ritengo che l’EFPIA non contesti i fatti accertati dal Tribunale ma piuttosto le conseguenze giuridiche derivanti da questi ultimi e, specificamente, la possibilità che taluni fatti corroborino o meno un accertamento della posizione dominante dell’AZ. Il presente motivo di impugnazione, pertanto, è a mio avviso ricevibile.

122. Quanto al contenuto del presente motivo di impugnazione, sottolineo che, secondo una costante giurisprudenza, la posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE si riferisce a una situazione di potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva sul mercato di cui trattasi e ha la possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e, in ultima analisi, dei consumatori (83).

123. L’EFPIA non nega che l’AZ fosse in grado di mantenere una quota di mercato di gran lunga superiore rispetto a quelle dei suoi concorrenti pur praticando prezzi più elevati di quelli applicati per altri IPP (84). Tuttavia, essa afferma che a causa della domanda anelastica i prezzi avranno un limitato impatto sulla domanda e quindi sulle quote di mercato. A mio avviso, tale affermazione è del tutto vaga e astratta e non è idonea a dimostrare che il Tribunale è incorso in un errore, al punto 262 della sentenza impugnata, quando ha affermato che i sistemi sanitari tendono a sostenere il potere di mercato delle società farmaceutiche a causa di una domanda anelastica. Per contro, il Tribunale ha adattato la propria analisi e le sue conclusioni riguardo al carattere anelastico alle peculiarità della situazione specifica dell’omeprazolo ed ha affermato che un’impresa farmaceutica che per prima immette sul mercato un prodotto innovativo è in grado di ottenere dalle autorità pubbliche un prezzo più elevato rispetto a prodotti simili che offrono un valore aggiunto solo limitato sul piano terapeutico (85). Inoltre, l’EFPIA non ha contestato la conclusione del Tribunale riguardo agli sforzi di riduzione delle spese sanitarie intrapresi dalle autorità pubbliche allo scopo di compensare la limitata sensibilità dei medici prescriventi e dei pazienti (86). Di conseguenza, considerata la sensibilità di dette autorità al prezzo, il Tribunale non è incorso in errore affermando che tale prezzo poteva costituire un criterio rilevante nella valutazione del potere di mercato in determinate circostanze (87).

124. Inoltre, contrariamente a quanto affermato dall’EFPIA, il Tribunale ha esaminato molto in dettaglio il ruolo dello Stato come acquirente in posizione di monopsonio nel contesto specifico del mercato degli IPP e in particolare del prodotto omeprazolo dell’AZ (88). A mio avviso, il Tribunale ha correttamente dichiarato che il potere di negoziazione delle imprese farmaceutiche varia a seconda del valore aggiunto sul piano terapeutico dei loro prodotti rispetto a prodotti già esistenti. Sotto questo profilo, le autorità nazionali che definiscono i livelli dei rimborsi o i prezzi dei medicinali in base alla loro missione di interesse generale hanno un potere di negoziazione più limitato riguardo a prodotti che contribuiscono in modo significativo al miglioramento della salute pubblica. Riguardo alle peculiarità del caso di specie il Tribunale ha dichiarato che, essendo la prima impresa a proporre un IPP (89) avente un valore terapeutico di gran lunga superiore a quello dei prodotti esistenti sul mercato, l’AZ è stata in grado di ottenere dalle autorità pubbliche un prezzo superiore, malgrado la sensibilità al prezzo di queste ultime (90). Simili prezzi erano invece meno facili da ottenere per le imprese farmaceutiche impegnate nella commercializzazione degli altri IPP, poiché tali prodotti proponevano un valore aggiunto solo limitato sul piano terapeutico (91). A mio avviso, il fatto che le imprese farmaceutiche siano interessate ad ottenere l’approvazione dei prezzi e dei rimborsi il più rapidamente possibile non smentisce il fatto che in talune circostanze particolari, come il caso dell’omeprazolo come sopra indicato, un’impresa farmaceutica possa godere di un potere di contrattazione nell’ambito della negoziazione del prezzo con lo Stato. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dall’EFPIA, ritengo che il Tribunale abbia esaminato entro quali limiti il potere di contrattazione delle imprese farmaceutiche attribuisca a queste ultime un controllo sul potere di negoziazione dello Stato.

125. La tesi dell’EFPIA secondo cui il Tribunale non ha tenuto conto del fatto che l’AZ aveva dovuto affrontare una forte concorrenza in termini di innovazione è semplicemente affermata ma non è assolutamente suffragata dal fascicolo depositato dinanzi alla Corte di giustizia. Per di più, l’EFPIA si limita del pari semplicemente ad affermare che il mercato è interessato da una notevole intensità normativa. In ogni caso, il fatto che il Losec fosse un medicinale soggetto a prescrizione e che la sua distribuzione fosse regolamentata è stato tenuto in considerazione dal Tribunale nell’ambito dei livelli dei prezzi (92).

126. Il Tribunale ha quindi considerato giustamente che i prezzi superiori dell’AZ costituissero un fattore importante che dimostrava come il comportamento dell’AZ non fosse soggetto entro limiti considerevoli a vincoli concorrenziali.

127. Propongo pertanto alla Corte di respingere il presente motivo di impugnazione in quanto non fondato.

B –    Errore di diritto quanto ai diritti di proprietà intellettuale dell’AZ, alla sua posizione di primo entrante e alla sua potenza finanziaria

1.      Argomenti

128. L’EFPIA sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto quando ha considerato che i diritti di proprietà intellettuale dell’AZ, la sua posizione di primo entrante e la sua potenza finanziaria costituivano una prova della sua posizione dominante. Queste tre caratteristiche sono tipicamente condivise da numerose società innovative che si impegnano con successo nella ricerca di nuovi prodotti e non consentono di effettuare una distinzione significativa tra imprese in posizione dominante e imprese che non lo sono. Il Tribunale pertanto ha applicato erroneamente la giurisprudenza della Corte, e, in particolare, le sentenze RTE e ITP/Commissione («Magill») (93) e IMS Health (94), in cui è stato confermato che il semplice possesso di diritti di proprietà intellettuale non basta per dimostrare l’esistenza di una posizione dominante. Quel che ha portato la Corte a concludere nel senso dell’esistenza di una posizione dominante nella causa Magill è stata l’esistenza di elementi sulla base dei quali essa ha considerato i palinsesti della Magill come equivalenti effettivamente ad una «essential facility» (95). La sentenza impugnata ha implicazioni notevoli poiché in realtà essa dichiara che una società che entra per prima nel mercato con un prodotto innovativo deve astenersi dall’acquistare un ampio portafoglio di diritti di proprietà intellettuale o dall’esercitare tali diritti se non vuol rischiare di essere considerata in posizione dominante. L’EFPIA inoltre contesta il Tribunale per aver omesso di confermare che i diritti di proprietà intellettuale dell’AZ le consentivano di agire in maniera autonoma sul mercato.

129. La Commissione sostiene che il presente motivo si basa su una ripetuta confusione tra la valutazione della posizione dominante e la qualificazione di determinati comportamenti come abusivi. Il riconoscimento dell’importanza dei brevetti come fattore da prendere in considerazione per stabilire se un’impresa abbia una posizione dominante è risalente nel tempo quanto lo stesso diritto dell’Unione in materia di concorrenza ed è stato già sancito nella sentenza Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione (96) Inoltre, l’esistenza di una posizione dominante da parte del titolare di un brevetto può essere accertata solo dopo un’analisi specifica della situazione del mercato, come, nel presente caso, è spiegato in decine di punti della decisione di cui trattasi e come è stato confermato dal Tribunale. Per di più, il fatto che un brevetto non sia automaticamente sinonimo di una posizione dominante non cambia il fatto che possa costituire un grave ostacolo all’ingresso di concorrenti sul mercato o alla loro espansione.

2.      Valutazione

130. A mio avviso, l’EFPIA ha semplicemente affermato, senza però spiegarlo, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto prendendo in considerazione, nell’ambito della valutazione complessiva riguardo alla posizione dominante dell’AZ, le questioni della sua posizione di primo entrante e della sua potenza finanziaria. Ritengo pertanto che gli argomenti dell’EFPIA sul punto siano irricevibili.

131. Per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale, a mio avviso, il possesso di questi diritti esclusivi non implica necessariamente che un’impresa detenga una posizione dominante su un mercato rilevante in quanto possono esistere dei sostituti dei prodotti o dei servizi di cui trattasi. Pertanto, come indicato dalla Commissione nei suoi atti, non vi è la presunzione che il possesso di tali diritti conferisca un potere di mercato. Infatti, molti prodotti soggetti a brevetto, a diritto d’autore, alla tutela del marchio e dei disegni o modelli non hanno successo sul piano commerciale. Tuttavia, in alcuni casi specifici il possesso di tali diritti può essere sufficiente di per sé a conferire ad un’impresa una posizione dominante. In subordine, il possesso dei suddetti diritti, unitamente ad altri fattori, può portare a concludere nel senso di una posizione dominante. Qualsiasi valutazione al riguardo deve pertanto essere effettuata per ogni singolo caso e i diritti di proprietà intellettuale, tenendone in debita considerazione le peculiarità, dovrebbero essere ampiamente considerati analoghi ad altri diritti di proprietà.

132. L’affermazione dell’EFPIA secondo la quale i diritti di proprietà intellettuale possono conferire una posizione dominante solo se costituiscono un’«essential facility», non trova alcun riscontro nella giurisprudenza da essa invocata (97), che riguarda il possibile abuso di posizione dominante derivante dal rifiuto di concedere tali diritti. Inoltre, se è vero che il possesso di un diritto di proprietà intellettuale indispensabile per competere su un mercato rilevante conferisce senza dubbio una posizione dominante ad un’impresa su quel mercato a causa delle barriere all’ingresso, l’indispensabilità non è un presupposto irrinunciabile per accertare una posizione dominante in situazioni di questo tipo (98).

133. La constatazione dell’esistenza di una posizione dominante non comporta di per sé alcun addebito nei confronti dell’impresa interessata (99). È soltanto l’abuso di tale posizione che è soggetto a sanzioni in forza dell’articolo 102 TFUE. Di conseguenza, il fatto che il Tribunale abbia confermato che la Commissione può prendere in considerazione, tra l’altro, i diritti di proprietà intellettuale dell’AZ, la sua posizione di primo entrante e la sua potenza finanziaria come indizi di una posizione dominante, non congela la legittima concorrenza sulla base dei meriti tanto da parte dell’AZ quanto da parte di qualsiasi impresa farmaceutica.

134. Alla luce della conclusione non contestata del Tribunale, esposta al punto 271 della sentenza impugnata, secondo cui, in quanto primo IPP introdotto sul mercato, il Losec godeva di una tutela tramite brevetto particolarmente forte, sulla base della quale l’AZ ha condotto una campagna di azioni giudiziarie che le ha permesso di esercitare vincoli considerevoli sui suoi concorrenti (100) e di condizionare in larga misura il loro accesso sul mercato, ritengo che il Tribunale non sia incorso in errore nel dichiarare, al punto 272 della sentenza impugnata, che la tutela tramite brevetto di cui usufruiva il Losec aveva permesso all’AZ di esercitare una considerevole pressione sui suoi concorrenti e costituiva quindi di per sé (101) un indizio rilevante riguardo alla sua posizione dominante. Infatti, l’espressione «di per sé», contestata dall’EFPIA, va letta nel contesto e alla luce dello specifico e inequivoco ragionamento del Tribunale. In ogni caso, considerato che il Tribunale ha preso in esame altri fattori, non da ultimo le quote estremamente elevate possedute dall’AZ sui mercati pertinenti, è chiaro che la sentenza impugnata esige più di un «semplice possesso» di diritti di proprietà intellettuale per accertare una posizione dominante come sostenuto dall’EFPIA.

135. Concludo quindi che la Corte dovrebbe respingere il presente motivo di impugnazione in quanto parzialmente irricevibile e parzialmente infondato.

VI – L’impugnazione incidentale della Commissione

A –    Argomenti

136. L’impugnazione incidentale della Commissione è diretta contro la valutazione del Tribunale, contenuta ai punti 840‑861 della sentenza impugnata, sulla cui base esso ha dichiarato che la Commissione aveva dimostrato per la Svezia, ma non per la Danimarca e la Norvegia, che la revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio delle capsule di Losec era in grado di escludere le importazioni parallele di tali prodotti e pertanto idonea a restringere la concorrenza.

137. La Commissione sostiene che il Tribunale ha applicato erroneamente le norme in tema di onere e di criteri probatori chiedendo alla Commissione di dimostrare che le autorità nazionali fossero propense a ritirare, o che in effetti ritirassero abitualmente, le autorizzazioni di importazione parallela a seguito di una revoca. In realtà, il Tribunale si è concentrato sugli effetti reali della prassi o, piuttosto, su un particolare concetto di «effetti», invece di applicare il criterio giuridico che si era prefissato. Il ragionamento del Tribunale ha conseguenze contraddittorie e paradossali. Infatti, la Danimarca era precisamente il solo paese in cui la strategia di revoca da parte dell’AZ si era dimostrata pienamente efficace, e tuttavia il Tribunale ha dichiarato che non vi era stato alcun abuso in tale paese, il che dimostra come il criterio della causalità applicato fosse troppo limitato. Difatti, il semplice fatto che altri fattori potessero aver contribuito all’esclusione di qualsivoglia commercio parallelo non giustifica la conclusione che neppure la revoca fosse idonea a produrre tale effetto. Inoltre, dato che il contesto normativo nei tre paesi era esattamente lo stesso, è contraddittorio giungere a risultati diversi. Per di più, al punto 850 della sentenza impugnata, il Tribunale ha omesso di valutare prove fondamentali e ai punti 839 e 846 di tale sentenza ha applicato in maniera manifestamente errata la presunzione di innocenza.

138. Inoltre, le conclusioni del Tribunale, esposte ai punti 848 e 849 della sentenza impugnata, secondo cui i documenti dell’AZ cui la Commissione ha fatto riferimento riflettevano soltanto l’opinione personale, o addirittura le previsioni, dei membri dei servizi dell’AZ o tutt’al più potevano mostrare l’intenzione dell’AZ di escludere le importazioni parallele mediante la revoca dell’autorizzazione per le capsule di Losec, costituisce un evidente snaturamento delle prove. Questi documenti dimostrano che l’AZ ha effettuato una ricerca per proprio conto riguardo alle prassi delle autorità nazionali e ha concluso che la sua strategia avrebbe potuto funzionare nei tre paesi interessati. Di conseguenza, il Tribunale ha ingiustamente imposto alla Commissione di verificare, ex post, diversi anni dopo gli eventi, quale avrebbe potuto essere l’atteggiamento di un’autorità, mentre la ricerca al riguardo compiuta dall’AZ era particolarmente attendibile. Né si può contestare alla Commissione di non aver accertato una prassi che non esisteva, a causa del fatto che l’operazione di «sostituzione e revoca» non aveva precedenti. Inoltre, il Tribunale ha commesso un errore nel respingere, al punto 849, l’importanza della prova delle intenzioni, in contrasto con il criterio che si era prefissato e con la giurisprudenza di questa Corte.

B –    Valutazione

139. In primo grado, le ricorrenti hanno sostenuto che il calo delle importazioni parallele delle capsule di Losec in Svezia, Danimarca e Norvegia era dovuto al successo delle capsule di Losec MUPS anziché alla revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio. La Commissione ha però considerato che esisteva un nesso di causalità tra l’eliminazione del commercio parallelo e la revoca (102).

140. Il Tribunale ha correttamente dichiarato che incombe alla Commissione l’onere di dimostrare i necessari effetti anticoncorrenziali della prassi della revoca sul commercio parallelo. È pertanto evidente che, contrariamente a quanto da essa sostenuto, la Commissione non era tenuta a dimostrare un nesso di causalità effettivo tra la revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio delle capsule di Losec e un ostacolo al commercio parallelo, ma solo che «le autorità nazionali avrebbero potuto ritirare, o che normalmente avrebbero ritirato, le autorizzazioni alle importazioni parallele in seguito alla revoca (…)» (103).

141. Il Tribunale ha dichiarato che la Commissione non aveva apportato elementi tangibili per dimostrare che, in seguito alla revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio delle capsule di Losec in Danimarca e in Norvegia, le autorità nazionali avrebbero potuto ritirare, o che normalmente avrebbero ritirato, le autorizzazioni alle importazioni parallele. Esso ha dichiarato che, nel caso della Danimarca e della Norvegia, la Commissione non aveva dimostrato gli effetti anticoncorrenziali della revoca, in quanto si era basata su prove che riflettevano semplicemente le previsioni dell’AZ riguardo alle probabili reazioni alla revoca da parte delle autorità competenti nei suddetti paesi. Tuttavia, nel caso della Svezia, la decisione contestata è stata confermata riguardo al riferimento in essa contenuto alla prova documentale proveniente dall’agenzia dei prodotti farmaceutici svedese, che l’AZ aveva ottenuto da quest’ultima, e da cui risultava che tale agenzia riteneva che le autorizzazioni alle importazioni parallele potessero essere concesse solo in presenza di valide autorizzazioni all’immissione in commercio (104). La stessa Commissione ammette che non vi erano elementi di prova tangibili riguardo alla Norvegia e alla Danimarca.

142. Dalla sentenza impugnata emerge chiaramente che l’AZ aveva effettuato una ricerca per conto proprio riguardo alle prassi delle autorità nazionali, concludendo che la sua strategia avrebbe potuto funzionare nei tre paesi interessati (105). Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, ritengo che il Tribunale non abbia applicato erroneamente le regole in materia di onere e criteri probatori e abbia correttamente respinto la prova che rifletteva le valutazioni dell’AZ riguardo alla possibilità che le autorità danesi e norvegesi fossero propense a ritirare le autorizzazioni alle importazioni parallele a seguito della revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio. A mio avviso, il Tribunale ha correttamente concluso che le previsioni informate, ma comunque soggettive, dell’AZ riguardo alle reazioni alla revoca da parte delle autorità danesi e norvegesi, basate sul consiglio di un legale interno (106), costituivano una prova delle intenzioni anticoncorrenziali dell’AZ, ma erano di per se stesse insufficienti a soddisfare il requisito della dimostrazione di effetti anticoncorrenziali in assenza di qualunque prova tangibile o oggettiva a suffragio di tali opinioni o previsioni personali.

143. Il fatto che l’AZ credesse, sulla base di un’approfondita ricerca e su pareri di esperti, che le sue azioni avrebbero prodotto gli effetti anticoncorrenziali voluti, non è a mio avviso sufficiente di per sé, in quanto dalla natura oggettiva del concetto di abuso deriva che gli effetti anticoncorrenziali di una pratica debbono essere valutati sulla base di fattori oggettivi. Per dimostrare che il comportamento tende oggettivamente a restringere la concorrenza è necessario un elemento concreto, in aggiunta alla prova di un’intenzione anticoncorrenziale. Per quanto riguarda l’affermazione della Commissione secondo la quale questo elemento di prova è difficile da ottenere dopo gli eventi, tale affermazione dovrebbe essere respinta, considerato l’onere della prova incombente alla Commissione. Faccio notare poi, in ogni caso, che la Commissione non ha prodotto alcun elemento di prova né ha affermato nei suoi atti di aver tentato senza successo di indagare quale fosse l’atteggiamento delle autorità pertinenti in Danimarca e in Norvegia riguardo alla revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio e alle autorizzazioni per le importazioni parallele.

144. A mio avviso, la conclusione generale del Tribunale, esposta al punto 850 della sentenza impugnata, non è erronea. Anche se in tale punto non si menziona specificamente il punto 302 della decisione contestata, ma è invece indicato il punto 311 che fa riferimento al punto 302 di detta decisione, è evidente che in tale ultimo punto si attestano semplicemente le previsioni personali dell’AZ riguardo ad una prassi e quindi le sue intenzioni anticoncorrenziali. A questo proposito, il punto 302 della decisione contestata fa riferimento al documento norvegese relativo alla strategia LPP (107), dal quale emerge che si prevedeva «che il commercio parallelo delle capsule di Losec sarebbe cessato gradualmente (…)» e si sarebbe riprodotta la situazione esistente in Danimarca al momento dell’introduzione del Losec MUPS. A mio avviso, la prova dell’intenzione anticoncorrenziale non dimostra necessariamente l’esistenza di un nesso di causalità anticoncorrenziale tra la revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio delle capsule di Losec e l’esclusione delle importazioni parallele. Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, il Tribunale non esigeva che la scomparsa del commercio parallelo in Danimarca fosse causata esclusivamente dalla revoca in quanto esso ha accertato al punto 850 della sentenza impugnata che «non viene istituito alcun collegamento tra la revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio delle capsule di Losec e l’esclusione delle importazioni parallele».

145. Inoltre, il fatto che in seguito risulti che il commercio parallelo delle capsule di Losec era pregiudicato in Danimarca ma non in Svezia, come affermato dalla Commissione, non è paradossale. Nel primo caso, non esisteva nella decisione contestata una prova del necessario nesso causale, omissione questa cui non si poteva porre rimedio con una prova a posteriori prodotta dopo l’adozione della decisione stessa. La decisione contestata dev’essere valutata sulla base del suo contenuto. Nel secondo caso, il fatto che una prassi anticoncorrenziale specifica non avesse funzionato non ne cancella i potenziali/plausibili effetti all’epoca in cui tale prassi è stata messa in atto.

146. Ritengo pertanto che la Corte debba respingere l’impugnazione incidentale della Commissione in quanto infondata.

VII – Spese

147. A norma dell’articolo 69, paragrafo 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto del successivo articolo 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

148. Considerato che le ricorrenti sono rimaste soccombenti nell’ambito della loro impugnazione, esse debbono essere condannate alle spese inerenti a tale impugnazione, conformemente alla domanda formulata dalla Commissione.

149. Considerato che l’EFPIA è rimasta soccombente nell’ambito della sua impugnazione incidentale, essa dev’essere condannata alle spese sostenute nell’ambito di tale impugnazione, conformemente alla domanda formulata dalla Commissione. L’EFPIA va condannata alle spese sostenute nell’ambito del suo intervento a sostegno dell’impugnazione promossa dalle ricorrenti. Poiché la Commissione non ha chiesto la condanna dell’EFPIA alle spese legate al suo intervento, quest’ultima non sopporterà tali spese.

150. Poiché la Commissione è rimasta soccombente nell’ambito della sua impugnazione incidentale, considerate le circostanze particolari della fattispecie, in cui le ricorrenti non hanno depositato memorie scritte riguardo a tale impugnazione incidentale, la Commissione dev’essere condannata alle spese.

VIII – Conclusione

151. Per le ragioni sopra esposte, suggerisco che la Corte voglia:

i)      respingere l’impugnazione proposta dall’AstraZeneca AB e dall’AstraZeneca plc;

ii)      respingere l’impugnazione incidentale proposta dalla European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (EFPIA);

iii)      respingere l’impugnazione incidentale proposta dalla Commissione;

iv)      condannare l’AstraZeneca AB e l’AstraZeneca plc alle proprie spese per quanto riguarda la loro impugnazione nonché alle spese sostenute dalla Commissione;

v)      condannare l’EFPIA alle proprie spese per quanto riguarda la sua impugnazione incidentale nonché alle spese sostenute dalla Commissione;

vi)      condannare l’EFPIA alle proprie spese per quanto riguarda l’impugnazione proposta dall’AstraZeneca AB e dall’AstraZeneca plc;

vii)      condannare la Commissione alle proprie spese per quanto riguarda la sua impugnazione incidentale.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Racc. pag. II‑2805 (in prosieguo: la «sentenza impugnata»).


3 – Decisione della Commissione del 15 giugno 2005, C (2005) 1757 def., relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 82 [CE] e dell’articolo 54 dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE) (Caso COMP/A.37.507/F3 – AstraZeneca) (in prosieguo: la «decisione contestata»).


4–      Il regolamento (CEE) n. 1768/92 del Consiglio, del 18 giugno 1992, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali (GU L 182, pag. 1), prevede la creazione di un certificato protettivo complementare che ha ad oggetto l’estensione della durata del diritto di esclusiva garantito dal brevetto e, quindi, il conferimento di un periodo di protezione supplementare. Il CCP è destinato a compensare la riduzione del periodo di tutela effettiva conferito dal brevetto, corrispondente al periodo compreso tra il deposito di una domanda di brevetto per un farmaco e l’autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco stesso. Il regolamento testé menzionato verrà indicato nel prosieguo come il «regolamento CCP».


5–      GU 1965, n. 22, pag. 369.


6–      V., ad esempio, i punti 68 e 69 della sentenza impugnata.


7–      Secondo una consolidata giurisprudenza, ai fini dell’applicazione dell’articolo 102 TFUE il mercato di un determinato prodotto o servizio comprende tutti i prodotti o servizi che, in ragione delle loro caratteristiche, sono particolarmente idonei a soddisfare esigenze costanti e non sono facilmente intercambiabili con altri prodotti o servizi: v. sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, Racc. pag. I‑7791, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).


8–      V. punto 84 della sentenza impugnata.


9–      V. punti 381 e 612 della sentenza impugnata.


10–      V. punto 613 della sentenza impugnata.


11 – Rapporto redatto dall’IMS Health; v. punto 37 della sentenza impugnata.


12–      Sentenze del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione (C‑185/95 P, Racc. pag. I‑8417, punto 23), e del 6 aprile 2006, General Motors/Commissione (C‑551/03 P, Racc. pag. I‑3173, punto 51).


13 – V. punti 83‑107 della sentenza impugnata, in particolare i punti 84 e 101.


14–      V. anche punti 95 e 96 della sentenza impugnata.


15 – A mio avviso, gran parte delle prove dedotte dalle ricorrenti nell’ambito di questa parte del primo motivo di impugnazione è irricevibile in quanto mira semplicemente ad una nuova valutazione degli accertamenti di fatto compiuti dal Tribunale. V. paragrafo 23 supra.


16–      V. punto 94 della sentenza impugnata.


17–      V. punto 94 della sentenza impugnata.


18–      V. punto 98 della sentenza impugnata.


19–      V. punto 102 della sentenza impugnata.


20 – V. punto 278 della sentenza impugnata.


21 – Poiché la quantificazione del rapporto costi/efficacia poteva essere particolarmente complessa e aleatoria.


22 – Tenuto conto, da un lato, della sensibilità limitata dei medici e dei pazienti ai diversi prezzi a causa dell’importanza del ruolo dell’efficacia terapeutica nella scelta prescrittiva e, dall’altro, dei sistemi normativi in vigore negli Stati considerati, i quali non erano concepiti in modo da permettere ai prezzi degli anti‑H2 di esercitare una pressione al ribasso sulle vendite o sui prezzi degli IPP. V. il riassunto di cui al punto 191 della sentenza impugnata.


23–      Sentenza dell’11 dicembre 2003, Hässle (C‑127/00, Racc. pag. I‑14781).


24–      Sentenza del 17 luglio 1998, ITT Promedia/Commissione (T‑111/96, Racc. pag. II‑2937, punti 54‑60).


25–      Cit. alla nota 24.


26–      V. punto 356 della sentenza impugnata.


27–      V. punto 493 della sentenza impugnata.


28–      V. punto 495 della sentenza impugnata.


29–      V. ad esempio, i punti 491, 495 e 497 della sentenza impugnata.


30–      V. punti 573, 588 e 599 della sentenza impugnata.


31–      Sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione (C‑280/08 P, Racc.  pag. I‑9555, punto 174 e la giurisprudenza ivi citata).


32 – A mio avviso il Tribunale ha correttamente affermato che provare l’intenzione di ricorrere a prassi estranee alla concorrenza basata sui meriti può comunque essere rilevante, ove serva a concludere nel senso che l’impresa interessata ha commesso un abuso di posizione dominante. In tal senso, v. punto 359 della sentenza impugnata.


33–      V. sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punto 200).


34–      Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato, GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1. V. anche articolo 15, paragrafo 4, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962: Primo regolamento di applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato (GU 13 del 21 dicembre 1962, pag. 204).


35–      Cit. alla nota 23.


36–      Cit. alla nota 24.


37 – In tale causa la Commissione aveva affermato che, per poter determinare i casi nei quali un’azione giudiziaria è abusiva, debbono essere soddisfatti due criteri cumulativi. Occorre che l’azione i) non possa essere ragionevolmente considerata volta a far valere i diritti dell’impresa interessata, quindi unicamente defatigatoria, e ii) sia concepita nell’ambito di un piano volto ad eliminare la concorrenza. Va tuttavia sottolineato che il Tribunale ha valutato se la Commissione avesse applicato correttamente i due criteri cumulativi senza pronunciarsi sulla fondatezza della scelta dei criteri effettuata dalla Commissione stessa. V. il punto 58 della sentenza.


38–      Sentenza del 16 settembre 2008, Sot. Lélos kai Sia e a. (da C‑468/06 a C‑478/06, Racc.  pag. I‑7139).


39–      V. in tal senso sentenze del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione (85/76, Racc. pag. 461, punto 91), e del 3 luglio 1991, AKZO/Commissione (C‑62/86, Racc. pag. I‑3359, punto 69).


40–      V. sentenza Deutsche Telekom/Commissione, cit. supra alla nota 31, punto 250. In detta causa il Tribunale ha dichiarato che gli effetti anticoncorrenziali che la Commissione è tenuta a dimostrare, per quanto attiene alle pratiche tariffarie di un’impresa dominante da cui derivi la compressione dei margini dei suoi concorrenti quantomeno altrettanto efficienti, riguardano gli eventuali ostacoli che le pratiche tariffarie della ricorrente hanno potuto causare rispetto allo sviluppo dell’offerta sul mercato al dettaglio o dei servizi di accesso agli abbonati e, conseguentemente, sul livello di concorrenza esistente sul medesimo (il corsivo è mio) (v. punto 252). È stato altresì statuito nella causa di cui trattasi che specifiche pratiche tariffarie avevano prodotto concreti effetti preclusivi (v. punto 259).


41–      Non mi piace in questo contesto l’uso del termine «probabili effetti» da parte della giurisprudenza. Questo termine richiama il criterio delle norme in tema di responsabilità per fatti illeciti del «bilanciamento delle probabilità», ponendo quindi il limite probatorio troppo in alto. D’altro canto, parlare di «idoneità» potrebbe porre il limite probatorio troppo in basso, e in tal caso ogni vaga possibilità di effetti anticoncorrenziali sarebbe sufficiente a dimostrare un abuso.


42–      Se una prassi all’epoca dell’attuazione non è in grado di ostacolare la concorrenza, detta prassi allora non viola l’articolo 102 TFUE. V., in tal senso, Deutsche Telekom/Commissione, cit. alla nota 31, punto 254.


43 – A mio avviso, al punto 548 della sentenza impugnata, riguardo alle domande iniziali di CCP presentate all’ufficio del Regno Unito (paese nel quale all’AZ non era stato concesso alcun CCP), il Tribunale ha correttamente affermato che «dall’insieme delle prove documentali sottoposte all’attenzione del Tribunale (…) emerge inequivocabilmente che la domanda iniziale di CCP introdotta dinanzi all’ufficio dei brevetti del Regno Unito faceva parte di una strategia complessiva in materia di domande di CCP, mirante a fondare le domande stesse sulla data del 21 marzo 1988 anziché sulla data del 15 aprile 1987, corrispondente alla prima autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata nella Comunità».


44 – V, per analogia, Deutsche Telekom/Commissione, cit. alla nota 31, punto 254. A questo proposito, concordo pienamente anche con la conclusione del Tribunale, esposta al punto 379 della sentenza impugnata, secondo la quale «la circostanza che l’AZ non fosse più in posizione dominante nel momento in cui il suo comportamento abusivo è stato in grado di produrre effetti non modifica la qualificazione giuridica che va attribuita ai suoi atti, poiché questi sono stati commessi in un periodo in cui sull’AZ gravava una responsabilità particolare di non compromettere con il suo comportamento una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune». A mio avviso, gli effetti cui si riferiva il Tribunale sono effetti concreti che non sono evidentemente necessari secondo la giurisprudenza della Corte. Ritengo che la Commissione abbia correttamente affermato nei suoi atti che la legittimità di un atto dev’essere valutata con riferimento al momento in cui esso viene eseguito e non al momento in cui insorgono i suoi effetti concreti.


45 – K-Lath Division of Tree Island Wire (USA) Iinc v Davis Wire Corporation and Others, 15 F.Supp. 2d 952 (C:D: Cal. 1998).


46–      Sentenza del 16 dicembre 1999, Rhône-Poulenc Rorer e May & Baker (C‑94/98, Racc. pag. I‑8789).


47–      Sentenza del 10 settembre 2002, Ferring (C‑172/00, Racc. pag. I‑6891).


48–      V. paragrafo 76 supra.


49–      Cit. supra alla nota 46.


50–      Cit. supra alla nota 47.


51–      Sentenza del 29 aprile 2004, IMS Health (C‑418/01, Racc. pag. I‑5039).


52–      GU 1987, L 15, pag. 36.


53–      V. sentenza IMS Health, cit. supra alla nota 51, punto 22.


54 – Sentenze dell’8 maggio 2003, Paranova Läkemedel e a. (C‑15/01, Racc. pag. I‑4175, punti 25‑28 e 33), e Paranova (C‑113/01, Racc. pag.  I‑4243, punti 26‑29 e 34).


55–      V. il punto 492, lettera b).


56 – La procedura abbreviata non era comunque possibile a causa delle azioni positive dell’AZ nel domandare la revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio per le capsule di Losec nei paesi interessati.


57 – Le quali non hanno diritto ad accedere direttamente ai dati di cui trattasi ai sensi della direttiva 65/65/CEE.


58 –      O la giurisprudenza in materia di obblighi di contrarre o di «essential facilities».


59 – V. sentenza del 23 ottobre 2003, Van den Bergh Foods/Commissione (T‑65/98, Racc. pag. II‑4653, punto 161), confermata dalla Corte nell’ordinanza del 28 settembre 2006, Unilever Bestfoods/Commissione (C‑552/03 P, Racc. pag. I‑9091, punto 137).


60–      V. sentenza IMS Health, cit. supra alla nota 51, punto 52.


61–      V. punto 834 della sentenza impugnata.


62 – Dal punto 315 della decisione contestata emerge chiaramente che, in esito alle risposte ad un questionario trasmesso all’AZ dall’agenzia dei prodotti farmaceutici svedese nel 1997, esistevano prove documentali riguardo ai possibili/plausibili effetti della revoca delle capsule di Losec sulle importazioni parallele in Svezia.


63 – Paranova Läkemedel e a., cit. supra alla nota 54, punti 25‑28 e 33, e Paranova, cit. supra alla nota 54, punti 26‑29 e 34.


64–      Cit. supra alla nota 39.


65–      V. supra, paragrafi 41‑43.


66 – Sentenza del 9 novembre 1983, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione (detta «Michelin I», 322/81, Racc. pag. 3461).


67–      Sentenza del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a. (C‑8/08, Racc. pag. I‑4529).


68–      Sentenza dell’11 marzo 1999, ARBED/Commissione (T‑137/94, Racc. pag. II‑303).


69–      Sentenze del 17 luglio 1997, Ferriere Nord/Commissione (C‑219/95 P, Racc. pag. I‑4411, punto 31), e Baustahlgewebe/Commissione, cit. supra alla nota 12 (punto 129).


70 – V. il punto 908 della decisione contestata che fa riferimento al ricorso a procedure e normative pubbliche finalizzate all’esclusione della concorrenza.


71 – V. supra, paragrafi 47 e segg. e 74 e segg.


72 – Consistente, in primo luogo, in dichiarazioni ingannevoli presentate intenzionalmente al fine di ottenere diritti esclusivi cui l’AZ non aveva diritto, o ai quali aveva diritto per un periodo più limitato e, in secondo luogo, in revoche delle autorizzazioni all’immissione in commercio dirette a creare ostacoli all’ingresso sul mercato dei prodotti generici in Danimarca, Norvegia e Svezia e alle importazioni parallele in Svezia, il che comportava quindi una compartimentazione del mercato comune.


73–      Cit. supra alla nota 31, punto 124.


74–      Cit. supra alla nota 66.


75 – Nella sentenza Michelin I la Corte si riferiva a sistemi di sconti aventi caratteristiche identiche (cit. supra, alla nota 66).


76–      Sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione (T‑271/03, Racc. pag. II‑477, punti 312 e 313).


77 – Come confermato in sede di impugnazione. V. la sentenza Deutsche Telekom/Commissione (C‑280/08 P, cit. supra alla nota 31, punti 279 e 286).


78 – Dal contesto risulta evidente che gli effetti di cui trattasi sono effetti reali.


79 – V., per analogia, sentenza del 18 dicembre 2008, Coop de France Bétail et Viande/Commissione (C‑101/07 P e C‑110/07 P, Racc. pag. I‑10193, punti 96‑98).


80–      Sentenza Hoffmann-La-Roche/Commissione, cit. supra alla nota 39, punto 41.


81–      Sentenza del 12 dicembre 1991, Hilti/Commissione (T‑30/89, Racc. pag. II‑1439, punto 92).


82–      V. punto 245 della sentenza impugnata. Al punto 294 della sentenza impugnata il Tribunale ha concluso che la Commissione non ha commesso un errore manifesto di valutazione giungendo alla conclusione secondo cui l’AZ deteneva una posizione dominante ai sensi dell’articolo 82 CE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE sul mercato degli IPP in Germania dal 1993 fino alla fine del 1997, in Belgio dal 1993 fino alla fine del 2000, in Danimarca dal 1993 fino alla fine del 1999, in Norvegia dal 1994 fino alla fine del 2000, nei Paesi Bassi dal 1993 fino alla fine del 2000, nel Regno Unito dal 1993 fino alla fine del 1999 e in Svezia dal 1993 fino alla fine del 2000.


83–      Sentenza del 14 febbraio 1978, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione (27/76, Racc. pag. 207, punto 65). Siffatta posizione, a differenza di una posizione di monopolio o di quasi monopolio, non esclude l’esistenza di una certa concorrenza, ma pone l’impresa che la detiene nelle condizioni, se non di decidere, almeno di influire notevolmente sul modo in cui si svolgerà detta concorrenza e, comunque, di comportarsi sovente senza doverne tener conto e senza che, per questo, simile condotta le arrechi pregiudizio. V. sentenza Hoffmann-La-Roche/Commissione, cit. supra alla nota 39, punto 39.


84–      V. punto 261 della sentenza impugnata.


85–      V. punti 259‑262 della decisione impugnata.


86–      V. punto 264 della sentenza impugnata.


87–      V. punto 269 della sentenza impugnata.


88–      V. punto 256 della sentenza impugnata.


89 – L’AZ aveva una posizione di primo entrante su un mercato da essa stessa creato. V. punto 260 della sentenza impugnata.


90–      V. i punti 259 e 264 della sentenza impugnata.


91–      V. punto 259 della sentenza impugnata.


92–      V., in particolare, punto 264 della sentenza impugnata.


93–      Sentenza del 6 aprile 1995, RTE e ITP/Commissione (C‑241/91 P e C‑242/91 P, Racc. pag. I‑743).


94–      Cit. supra alla nota 51.


95–      V. punto 47 della sentenza Magill (cit. supra alla nota 93).


96–      Sentenza del 6 marzo 1974, Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione (6/73 e 7/73, Racc. pag. 223).


97 – Sentenze Magill, cit. supra alla nota 93; IMS Health, cit. supra alla nota 51; e del 5 ottobre 1988, Volvo (238/87, Racc. pag. 6211).


98 – Tuttavia, l’indispensabilità è di fondamentale importanza per stabilire un abuso in simili casi di agevolazioni essenziali.


99 – V. sentenze Michelin I, cit. supra alla nota 66, punto 57, e del 16 marzo 2000, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione (C‑395/96 P e C‑396/96 P, Racc. pag. I‑1365, punto 37).


100 – La Takeda, la Byk Gulden e la Eisai.


101 – Comprese, tra l’altro, quote di mercato estremamente elevate.


102–      V. punto 753 della sentenza impugnata.


103–      V. punto 846, e altresì punto 839, della sentenza impugnata.


104 – V. punto 862 della sentenza impugnata, nel quale si fa riferimento al punto 315 della decisione contestata.


105 – V., per esempio, punti 780 e 848.


106 – Che secondo la Commissione si basava su una ricerca approfondita ed esauriente.


107 – Losec Post Patent Strategy [strategia post brevetto relativa al Losec].