Language of document : ECLI:EU:C:2016:825

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 27 ottobre 2016 (1)

Causa C‑551/15

Pula Parking d.o.o.

contro

Sven Klaus Tederahn

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Općinski sud u Puli-Pola (Tribunale municipale di Pola, Croazia)]

«Applicazione nel tempo del diritto dell’Unione – Contratto di prestazione di servizi – Contratto tra un’entità di proprietà pubblica e un soggetto privato – Acta iure imperii – Ambito di applicazione del regolamento n. 1215/2012 – Funzioni notarili e funzioni giurisdizionali – Nozione di “autorità giurisdizionale”»






I –    Introduzione

1.        Il sig. Tederahn (in prosieguo: il «convenuto») è residente in Germania. Nel 2010 egli ha parcheggiato la sua autovettura in un’area di parcheggio sita nella città di Pola, Croazia, omettendo di pagare il biglietto per la sosta. Cinque anni dopo, la società pubblica Pula Parking d.o.o. (in prosieguo: la «Pula Parking» o la «ricorrente»), incaricata della gestione dell’area di parcheggio, ha chiesto a un notaio croato di rilasciarle un mandato di esecuzione nei confronti del convenuto. Quest’ultimo ha contestato detto mandato. Conformemente alla procedura nazionale ordinaria, il procedimento è stato poi deferito al giudice nazionale competente, l’Općinski sud u Puli-Pola (Tribunale municipale di Pola, Croazia), che è il giudice del rinvio nella presente causa.

2.        Il giudice a quo chiede se la controversia ricada nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: il «regolamento») (2). Detto giudice solleva in particolare due questioni. In primo luogo, esso vuole sapere se, dal momento che la ricorrente è una società di proprietà e gestione pubblica, la controversia rientri nella nozione di materia civile e commerciale. In secondo luogo, chiede se i mandati di esecuzione rilasciati dai notai croati ricadano nel campo di applicazione di detto regolamento, che riguarda le «decisioni» emesse da «autorità giurisdizionali».

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      Regolamento n. 1215/2012

3.        I considerando del regolamento enunciano quanto segue:

«(10)      È opportuno includere nell’ambito d’applicazione del presente regolamento la parte essenziale della materia civile e commerciale, esclusi alcuni settori ben definiti (…).

(…)

(15)      È opportuno che le norme sulla competenza presentino un alto grado di prevedibilità e si basino sul principio generale della competenza dell’autorità giurisdizionale del domicilio del convenuto. (…)

(16)      Il criterio del foro del domicilio del convenuto dovrebbe essere completato attraverso la previsione di fori alternativi, basati sul collegamento stretto tra l’autorità giurisdizionale e la controversia, ovvero al fine di agevolare la buona amministrazione della giustizia».

4.        L’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento così recita:

«1.      Il presente regolamento si applica in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell’autorità giurisdizionale. Esso non si estende, in particolare, alla materia fiscale, doganale e amministrativa né alla responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii)».

5.        L’articolo 1, paragrafo 2, esclude una serie di settori dall’ambito di applicazione del regolamento, quali i fallimenti, la sicurezza sociale, l’arbitrato, le obbligazioni alimentari nonché i testamenti e le successioni.

6.        L’articolo 2 contiene un elenco di definizioni, tra cui:

«a)      “decisione”: a prescindere dalla denominazione usata, qualsiasi decisione emessa da un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro, compresi un decreto, un’ordinanza, una decisione o un mandato di esecuzione, nonché una decisione relativa alla determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere.

Ai fini del capo III, la “decisione” comprende anche i provvedimenti provvisori e cautelari emessi da un’autorità giurisdizionale competente a conoscere nel merito ai sensi del presente regolamento. Essa non comprende i provvedimenti provvisori e cautelari emessi da tale autorità giurisdizionale senza che il convenuto sia stato invitato a comparire, a meno che la decisione contenente il provvedimento sia stata notificata o comunicata al convenuto prima dell’esecuzione».

7.        L’articolo 3 precisa quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento, la nozione di “autorità giurisdizionale” comprende le seguenti autorità nella misura in cui sono competenti per le materie rientranti nell’ambito di applicazione del presente regolamento:

a)      in Ungheria, nei procedimenti sommari relativi a ingiunzioni di pagamento (fizetési meghagyásos eljárás), il notaio (közjegyző);

b)      in Svezia, nei procedimenti sommari relativi a ingiunzioni di pagamento (betalningsföreläggande) e all’assistenza (handräckning), l’autorità per l’esecuzione forzata (Kronofogdemyndigheten)».

8.        L’articolo 4 stabilisce la regola generale secondo cui sono competenti le autorità giurisdizionali dello Stato membro nel quale è domiciliato il convenuto.

9.        L’articolo 7, punto 1, lettera a), prevede che, in materia contrattuale, una persona può essere convenuta davanti all’autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio. L’articolo 7, punto 1, lettera b), precisa che, nel caso della compravendita di beni, una persona può essere convenuta davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto e, nel caso della prestazione di servizi, del luogo in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto. L’articolo 7, punto 1, lettera c), prevede che, in tutti gli altri casi, si applica la regola generale di cui all’articolo 7, punto 1, lettera a).

10.      L’articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, stabilisce che, in materia di contratti di locazione di immobili stipulati per un periodo massimo di sei mesi, hanno competenza anche le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui è situato l’immobile.

11.      L’articolo 66 dispone che il regolamento si applica alle azioni proposte alla data o successivamente al 10 gennaio 2015.

B –    Diritto nazionale

1.      Legge sull’esecuzione forzata

12.      Ai sensi dell’articolo 278 della Ovršni zakon (legge sull’esecuzione forzata) (3), i notai adottano decisioni concernenti le domande di esecuzione basate su atti autentici conformemente a quanto disposto dalla medesima legge.

13.      A termini dell’articolo 279, paragrafi 1 e 3, della legge sull’esecuzione forzata, in relazione ai titoli esecutivi la competenza territoriale spetta al notaio stabilito nell’area territoriale (regione) del domicilio o della sede dell’esecutato. Qualora la domanda di esecuzione sia stata presentata dinanzi a un notaio privo della competenza territoriale, l’autorità giurisdizionale ne ordina il rigetto.

14.      Risulta dalla decisione di rinvio che, conformemente all’articolo 282, paragrafo 3, della legge sull’esecuzione forzata, il notaio dinanzi al quale viene tempestivamente presentata un’opposizione, ricevibile e motivata, contro un mandato dal medesimo emesso, trasmette il fascicolo al giudice competente affinché lo valuti. Detto giudice si pronuncerà sull’opposizione ai sensi degli articoli 57 e 58 della legge in parola.

2.      Il regolamento sui parcheggi

15.      Secondo l’ordinanza di rinvio, nella città di Pola la sosta nei parcheggi è regolamentata dal regolamento che disciplina la riscossione del corrispettivo e il controllo della sosta nei parcheggi pubblici, del 16 dicembre 2009 (4) e dell’11 febbraio 2015 (in prosieguo: il «regolamento sui parcheggi») (5).

16.      L’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento sui parcheggi stabilisce che le attività tecniche e quelle concernenti l’organizzazione, la riscossione del corrispettivo, la vigilanza del parcheggio di veicoli, la manutenzione e la pulizia, nonché altre attività nei parcheggi pubblici a pagamento sono svolte dalla Pula Parking, che è una società pubblica di proprietà del Comune di Pola.

17.      Il regolamento sui parcheggi prevede inoltre che gli utenti delle aree di parcheggio stipulano un contratto con la Pula Parking, ricevono un biglietto valido per ventiquattr’ore e accettano le condizioni generali applicabili. Gli utenti devono pagare il biglietto entro otto giorni, decorsi i quali maturano interessi legali e spese.

III – Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

18.      L’8 settembre 2010, il convenuto parcheggiava la sua autovettura in un parcheggio pubblico della città di Pola, sulla costa croata. Al momento dell’uscita, egli ometteva di pagare il biglietto di sosta giornaliera per un importo di HRK 100 (circa EUR 13) e di versare tale somma entro gli otto giorni successivi a tal fine previsti, prima che iniziassero a decorrere i relativi interessi legali.

19.      Il 1o luglio 2013 la Croazia aderiva all’Unione europea.

20.      Il 27 febbraio 2015, la ricorrente, Pula Parking, una società appartenente al Comune di Pola alla quale è stata affidata, con decisione della pubblica autorità, la gestione dell’area di parcheggio di cui trattasi, avviava una procedura per il recupero del credito. Alla suddetta data, la ricorrente chiedeva a un notaio di Pola di emettere un mandato di esecuzione per HKR 100 nei confronti del convenuto, sul fondamento di un «atto autentico» costituito da un estratto della sua contabilità, in cui era registrato il debito del convenuto.

21.      Il mandato veniva emesso il 25 marzo 2015. Il 21 aprile 2015, il convenuto presentava opposizione contro detto mandato e il procedimento veniva deferito, conformemente all’articolo 282, paragrafo 3, della legge sull’esecuzione forzata, all’Općinski sud u Puli-Pola (Tribunale municipale di Pola), che è il giudice del rinvio. Dinanzi a detto giudice, il convenuto ha affermato che il notaio non sarebbe competente né ratione materiae né ratione loci ad emettere un mandato di esecuzione sulla base di una atto autentico nei confronti di cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea.

22.      Di conseguenza, l’Općinski sud u Puli-Pola (Tribunale municipale di Pola) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, considerata la natura giuridica dei rapporti tra le parti della controversia, il regolamento (UE) n. 1215/2012 sia applicabile al caso di specie.

2)      Se il regolamento (…) n. 1215/2012 abbia riguardo parimenti alla competenza dei notai nella Repubblica di Croazia».

23.      Hanno presentato osservazioni scritte la ricorrente, il convenuto, i governi croato, tedesco e svizzero, nonché la Commissione europea. Le parti interessate che hanno partecipato alla fase scritta, ad eccezione dei governi tedesco e svizzero, hanno inoltre presentato osservazioni orali all’udienza svoltasi il 14 luglio 2016.

IV – Analisi

A –    Sulla ricevibilità

1.      Conformità della domanda di pronuncia pregiudiziale al diritto croato

24.      Il convenuto sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere respinta in quanto non rispetta i requisiti previsti dalla legge croata. A tal riguardo, egli osserva in particolare che tale domanda è redatta sotto forma di lettera, e non di ordinanza di un’autorità giurisdizionale. Afferma inoltre di avere presentato un ricorso contro detta domanda dinanzi ai giudici nazionali.

25.      Secondo costante giurisprudenza, la Corte non esamina «se l’ordinanza di rinvio sia stata adottata in modo conforme alle norme nazionali di organizzazione giudiziaria e di procedura. La Corte deve attenersi al provvedimento di rinvio emesso da un giudice di uno Stato membro, fintantoché esso non sia stato revocato a seguito dell’esperimento di rimedi giurisdizionali eventualmente previsti dal diritto nazionale» (6).

26.      Pertanto, per quanto riguarda la forma specifica della domanda, la giurisprudenza sopra citata conferma che si tratta di ambiti il cui esame spetta esclusivamente ai giudici nazionali. Inoltre, quanto all’eventuale proposizione di un ricorso contro la domanda di pronuncia pregiudiziale a livello nazionale, alla Corte non consta che detta domanda sia stata annullata e non le è pervenuta alcuna notifica formale di un’impugnazione. Di conseguenza, fintanto che non venga comunicato alla Corte che il giudice del rinvio ha ritirato la sua domanda (7), la Corte stessa rimane validamente adita.

27.      Ciò considerato, gli argomenti addotti dal convenuto non sono idonei a rimettere in discussione la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal giudice nazionale.

2.      Applicabilità ratione temporis del diritto dell’Unione

28.      L’obbligazione contrattuale controversa è sorta l’8 settembre 2010. La Croazia ha aderito all’Unione europea solo il 1o luglio 2013. Il regolamento n. 1215/2012 è entrato in vigore il 10 gennaio 2015. In tale contesto si pone la questione dell’applicabilità ratione temporis del regolamento.

29.      In base all’articolo 2 dell’Atto di adesione della Croazia (in prosieguo: l’«Atto di adesione») (8), il diritto dell’Unione europea è divenuto immediatamente vincolante in Croazia il 1o luglio 2013 (9).

30.      L’articolo 66 del regolamento dispone che quest’ultimo si applica «alle azioni proposte (…) alla data o successivamente al 10 gennaio 2015».

31.      Nella fattispecie, il procedimento esecutivo è stato avviato il 27 febbraio 2015. L’opposizione contro il mandato esecutivo è stata presentata il 21 aprile 2015.

32.      Ne consegue che le disposizioni del regolamento relative alla competenza e all’esecuzione erano pienamente applicabili in Croazia all’epoca da prendere in considerazione, vale a dire alla data di avvio del procedimento, sia essa il 27 febbraio 2015 o il 21 aprile 2015.

33.      Non rileva che il procedimento di esecuzione in esame riguardi fatti anteriori all’adesione della Croazia. Come ho già tentato di spiegare in altra sede, il principio dell’applicazione diretta del diritto dell’Unione a rapporti giuridici in corso consente di modificare tali rapporti per il futuro (10). Di rilievo ancor maggiore, nel contesto del presente rinvio pregiudiziale, è la circostanza che nuove disposizioni dell’Unione saranno altresì applicabili a taluni fatti anteriori all’adesione è una conseguenza naturale nel caso dei procedimenti di esecuzione e delle norme di procedura. Accade spesso, infatti, che l’esecuzione di crediti esigibili sia soggetta a norme vigenti al momento dell’avvio del procedimento esecutivo e non alle norme di procedura in vigore al momento della firma del contratto iniziale.

34.      Tale conclusione è corroborata dalla giurisprudenza della Corte sull’applicazione nel tempo delle norme dell’Unione in materia di competenza ed esecuzione. Ad esempio, nella causa Collin (11), la Corte si trovava di fronte a una situazione in cui un contratto di lavoro era stato concluso e giunto a termine prima dell’entrata in vigore della Convenzione di Bruxelles, predecessore del regolamento (12), e il procedimento era stato avviato dopo detta entrata in vigore. La Corte ha confermato che, ai fini dell’applicazione delle norme in materia di competenza ed esecuzione, «unica condizione, necessaria e sufficiente (…) è che l’azione giudiziaria (…) sia stata proposta dopo [la data di entrata in vigore del regolamento]» (13).

35.      Il convenuto contesta l’applicabilità ratione temporis del diritto dell’Unione nel caso di specie e invoca l’ordinanza VG Vodoopskrba della Corte (14). Nella causa menzionata, la Corte ha declinato la propria competenza, adducendo la ragione che il giudice del rinvio le chiedeva di interpretare il diritto dell’Unione applicabile alle disposizioni sostanziali di un contratto concluso e, apparentemente, eseguito in parte prima dell’adesione della Croazia all’Unione europea. Il che, potenzialmente, avrebbe potuto condurre ad una nuova valutazione di fatti anteriori all’adesione. Il presente caso, per contro, verte esclusivamente sull’esecuzione forzata (attualmente in corso e per sua natura rivolta al futuro) per un importo apparentemente dovuto e il procedimento esecutivo è chiaramente iniziato dopo l’adesione.

36.      Ciò considerato, ritengo che la Corte sia competente ratione temporis a rispondere alle questioni del giudice del rinvio concernenti l’interpretazione del regolamento n. 1215/2012.

3.      Sulla natura ipotetica della seconda questione

37.      Si pone il problema della possibile natura ipotetica della seconda questione del giudice nazionale. Tale problematica sarà esaminata più avanti, nell’ambito dell’analisi complessiva di detta questione, ai paragrafi da 56 a 61 delle presenti conclusioni.

B –    Nel merito

1.      Prima questione

38.      Il giudice nazionale chiede se la controversia ricada nell’ambito di applicazione del regolamento. A tale proposito, esso richiama la «natura giuridica dei rapporti tra le parti della controversia». Mi sembra di capire che si chiede quindi di stabilire se la presente fattispecie rientri nella nozione di «materia civile e commerciale», tenendo conto del fatto che la ricorrente è una società pubblica e del tipo di contratto in questione.

39.      Per i motivi che mi accingo ad esporre, ritengo che la risposta sia chiaramente affermativa.

40.      La nozione di «materia civile e commerciale» è una nozione autonoma di diritto dell’Unione (15). Essa è «delimitat[a] essenzialmente in ragione degli elementi che caratterizzano la natura dei rapporti giuridici fra le parti in causa o l’oggetto della lite» (16).

41.      Nel caso di specie, la ricorrente ha locato un posto di parcheggio al convenuto.

42.      Quest’ultimo afferma nelle sue memorie che il contratto tra le parti del procedimento principale è un contratto di locazione e non un contratto di prestazione di servizi. Tale qualificazione, a suo parere, comporterebbe anche l’applicazione di un termine di prescrizione più breve per le azioni fondate sul contratto. Su tale base, egli nega che sussista la competenza dei notai croati ai sensi del diritto nazionale e afferma che, secondo la legge croata, la competenza sui contratti di locazione spetta alle autorità giurisdizionali.

43.      A prescindere dalla fondatezza di tali argomenti, si tratta di una questione che deve essere risolta dal giudice nazionale ed è priva di incidenza su quella sottoposta alla Corte, vale a dire se il contratto rientri nell’ambito della «materia civile e commerciale» ai sensi del regolamento (17).

44.      In linea di principio, tanto i contratti di locazione quanto i contratti per la prestazione di servizi possono rientrare nella nozione di «materia civile e commerciale», che deve «includere (…) la parte essenziale della materia civile e commerciale, esclusi alcuni settori ben definiti» (18). Le eccezioni devono essere assoggettate ad interpretazione restrittiva (19).

45.      In circostanze normali, un contratto tra due parti private avente ad oggetto la messa a disposizione di un posto di parcheggio ricadrebbe nella nozione di materia civile e commerciale. Tuttavia, ciò è stato contestato in base al fatto che la ricorrente è una società di proprietà pubblica ed i suoi poteri le sono stati conferiti con un atto della pubblica autorità (20).

46.      Si pone quindi la questione se tale elemento sottragga il contratto tra le parti all’ambito di applicazione del regolamento.

47.      Ritengo che non sia così, per i seguenti motivi.

48.      L’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento esclude espressamente dal proprio campo di applicazione la «materia fiscale, doganale e amministrativa [e la] responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii)». Tale eccezione è stata confermata e delimitata dalla giurisprudenza, secondo cui «esulano dall’ambito d’applicazione [del regolamento] solamente le cause tra una pubblica autorità e un soggetto di diritto privato, in quanto la detta autorità agisca nell’esercizio della sua potestà d’imperio» (21).

49.      Nel caso di specie nulla indica che il contratto di parcheggio equivalesse a un «actum iure imperii», ossia un atto compiuto nell’esercizio di una potestà d’imperio. È vero che la ricorrente svolge un’attività affidatale con un atto di una pubblica autorità. Tuttavia, l’attività di cui trattasi, la locazione di un posto di parcheggio, è un’attività commerciale ordinaria. Il mero fatto che il mandato di esercizio di detta attività venga conferito con un atto delle pubbliche autorità non trasforma automaticamente l’attività in questione in «acta iure imperii». Nessun elemento del fascicolo induce a ritenere che la ricorrente, per assolvere tale compito, eserciti poteri in deroga alle norme giuridiche applicabili ai rapporti tra soggetti privati (22). Secondo l’ordinanza di rinvio, difatti, l’inesistenza di una deroga per questo tipo di contratto è stata confermata da una sentenza dell’Ustavni sud (Corte costituzionale della Croazia).

50.      Inoltre, l’importo che la ricorrente tenta di recuperare dal convenuto sembra costituire il corrispettivo per il servizio che essa gli ha fornito. Dal fascicolo non risulta che detto importo costituisca una penalità o sanzione.

51.      La validità di siffatta conclusione non è rimessa in discussione dalla circostanza che la ricorrente è interamente di proprietà di un’autorità pubblica. Tale proprietà non configura una situazione equivalente a quella in cui detto Stato membro eserciti prerogative dei pubblici poteri. Una simile considerazione vale a fortiori quando un ente pubblico si comporta come un qualunque operatore economico operante su un dato mercato (23).

52.      Per i motivi sopra esposti, propongo alla Corte di rispondere come segue alla prima questione posta dal giudice nazionale: il regolamento n. 1215/2012 è applicabile in circostanze come quelle del caso di specie, in cui è stato concluso un contratto per l’utilizzo di un posto di parcheggio tra, da un lato, un soggetto privato e, dall’altro, un’entità appartenente a un’autorità pubblica, se quest’ultima non sta esercitando i suoi poteri pubblici.

2.      Sulla seconda questione

53.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se il regolamento abbia riguardo anche alla «competenza dei notai nella Repubblica di Croazia».

54.      Il giudice nazionale non indica espressamente le specifiche disposizioni del regolamento cui pensava formulando tale quesito. Tuttavia, la questione sollevata, in definitiva, è se i notai croati che emettono mandati di esecuzione possano essere qualificati come «autorità giurisdizionali» che adottano «decisioni» ai sensi del regolamento.

55.      Per i motiviche esporrò nel proseiguo, ritengo che i notai non siano «autorità giurisdizionali» in tal senso.

a)      Sulla ricevibilità

56.      Prima di esaminare il merito, occorre risolvere una questione preliminare di ricevibilità.

57.      Nel caso di specie, il convenuto si è opposto al mandato di esecuzione del notaio. Di conseguenza, la competenza è stata trasferita ai giudici croati. Atteso che il notaio non è più competente a dirimere la controversia, tale circostanza rende la seconda questione del giudice del rinvio puramente ipotetica, e quindi irricevibile?

58.      Ritengo di no.

59.      Secondo una giurisprudenza costante, le questioni sollevate dai giudici nazionali godono di una presunzione di rilevanza (24). Il rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte.

60.      Nel caso di specie, non mi pare che la suddetta presunzione di rilevanza sia inequivocabilmente confutata. Non è chiaro quali conseguenze avrebbe sul procedimento nazionale una risposta negativa della Corte alle seconda questione. Da un lato, è possibile che tale risposta non avrebbe in definitiva alcun effetto, dato che il procedimento è attualmente pendente dinanzi al giudice nazionale e non più dinanzi al notaio. Dall’altro, la risposta alla seconda questione potrebbe, sicuramente in caso di risposta negativa, incidere sull’intero procedimento nazionale. Si tratta di questioni di diritto interno. Spetta al giudice nazionale, e non alla Corte, procedere al loro esame.

61.      Pertanto, suggerisco di considerare ricevibile la seconda questione.

b)      Nel merito

i)      Osservazioni sull’adattamento del regolamento n. 1215/2012 alla luce dell’adesione della Croazia

62.      La nozione di «autorità giurisdizionale» non è definita nel regolamento. Tuttavia, l’articolo 3 dello stesso enuncia che la nozione di «autorità giurisdizionale» include specificamente i notai ungheresi che conoscono dei procedimenti sommari relativi a ingiunzioni di pagamento e l’autorità svedese per l’esecuzione forzata che conosce dei procedimenti sommari relativi a ingiunzioni di pagamento e all’assistenza. Non esistono analoghe disposizioni concernenti i notai croati che emettono mandati di esecuzione.

63.      Il regolamento è stato adottato il 12 dicembre 2012, pochi mesi prima dell’adesione della Croazia all’Unione europea, avvenuta il 1o luglio 2013, ma dopo la pubblicazione, in data 24 aprile 2012, dell’Atto di adesione, che contiene un elenco di adattamenti tecnici al diritto derivato (25).

64.      Si potrebbe sostenere che il regolamento ricade tra due estremi: è stato adottato troppo tardi per essere oggetto di adattamenti tecnici nell’ambito del processo di adesione e troppo presto perché la Croazia potesse influire sul suo contenuto in qualità di Stato membro dell’Unione europea.

65.      Ciò posto, il governo croato afferma che, semplicemente, non gli è stato possibile far includere i notai nell’articolo 3 del regolamento.

66.      Sebbene comprenda gli aspetti pratici fatti valere riguardo alla tempistica del regolamento, ritengo che siffatte considerazioni non debbano incidere sulla delimitazione dell’ambito di applicazione del regolamento stesso. Il principio della certezza del diritto impone di interpretare le disposizioni di diritto dell’Unione in base al loro tenore letterale. Se quest’ultimo risulta ambiguo, le ambiguità vanno risolte facendo riferimento al contesto e allo scopo della disposizione.

67.      Tuttavia, circostanze inconsuete non giustificano la disapplicazione delle suddette regole generali di interpretazione legislativa. I casi insoliti producono cattive regole generali. Le intenzioni professate di uno Stato membro, asseritamente vanificate per motivi di tempistica, non devono poter stravolgere l’interpretazione del diritto dell’Unione, che, in ultima analisi, deve essere uniforme in tutti gli Stati membri (26).

ii)    I notai croati che emettono mandati di esecuzione sono «autorità giurisdizionali» che emettono «decisioni»?

–       Mancanza di una definizione consolidata di «autorità giurisdizionale»

68.      Il regolamento [N.d.T.: nella sua versione in lingua inglese] definisce i «judgments» in modo molto ampio. Tale definizione viene tenuta chiaramente separata da qualsiasi categorizzazione nazionale di ciò che costituisce «judgment» utilizzando l’espressione «whatever the judgment may be called (a prescindere dalla denominazione usata)» (27). Inoltre, altre versioni linguistiche tendono ad utilizzare termini più generici e prossimi al più ampio termine inglese «decision» (ad esempio «décision» in francese, «Entscheidung» in tedesco, «beslissing» in neerlandese o «rozhodnutí» in ceco). Il regolamento contiene esempi svariati di tali «decisions»: «decreto, (…) ordinanza, (…) decisione o (…) mandato di esecuzione, (…) determinazione delle spese giudiziali». Pertanto, i «mandati di esecuzione» sono espressamente contemplati.

69.      Tuttavia, le «decisions» sono «judgments» ai sensi del regolamento solo se sono rese da «autorità giurisdizionali» (28). L’espressione «autorità giurisdizionale» (29) non è definita nel regolamento.

70.      In una prospettiva più istituzionale, il significato naturale di «autorità giurisdizionale» non comprenderebbe i notai, che non sono un «organo giurisdizionale» (30), ossia non fanno parte dell’architettura giudiziaria (31). In una prospettiva più funzionale, lo stesso diritto dell’Unione riconosce l’esistenza di «differenze fondamentali» tra la funzione notarile e quella giurisdizionale negli ordinamenti giuridici (32). Sebbene i notai possano talora svolgere funzioni giurisdizionali in casi specifici, non è questo il loro ruolo tipico e/o principale. Di conseguenza, anche in un’ottica più funzionale, i notai non sono autorità giurisdizionali «ver[e] e propri[e]» (33).

71.      Nondimeno, si potrebbe sostenere che l’importanza da attribuire al significato naturale dell’espressione «autorità giurisdizionale» viene attenuata nel caso di specie dalle sue diverse traduzioni in altre versioni linguistiche. Così, ad esempio, la versione croata fa riferimento alle «corti» (sud), al pari di quella ceca (soud), quella francese alle «giurisdizioni» (juridiction), quella spagnola agli «organi giurisdizionali» (órgano jurisdiccional) e quella tedesca ai «tribunali» (Gericht).

72.      Atteso che il significato naturale di tali termini non è privo di ambiguità, esaminerò di seguito due aspetti chiave del contesto e dello scopo del regolamento, prima di proporre una soluzione per il caso in esame.

73.      In primo luogo, l’articolo 3 del regolamento fornisce indicazioni utili. Esso indica specificamente che i notai ungheresi e l’autorità svedese per l’esecuzione forzata (quando adotta taluni provvedimenti) costituiscono «autorità giurisdizionali», «[a]i fini del presente regolamento».

74.      Da tale approccio risulta molto chiaramente che il legislatore non ha automaticamente considerato che i notai ungheresi e l’autorità svedese per l’esecuzione forzata rientrano nella nozione di «autorità giurisdizionale» (34). Se lo avesse fatto, sarebbe stato inutile menzionarli espressamente. È evidente che l’articolo 3 costituisce una sorta di eccezione o di estensione del significato naturale dell’espressione «autorità giurisdizionale».

75.      Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal governo croato, l’articolo 3 non va interpretato, a mio avviso, come un mero chiarimento relativo a casi limite. Il che in quanto, come osservato in precedenza, i notai (e le autorità per l’esecuzione forzata) (35) non sono «autorità giurisdizionali» nel senso comune dell’espressione. Inoltre, se i notai costituissero di norma «autorità giurisdizionali», quod non, non vi sarebbe motivo di affermarlo espressamente e solo in riferimento a una specifica funzione esercitata dai notai ungheresi, ma non ad altre funzioni o ai notai di altri Stati membri (36).

76.      Pertanto, la struttura e il testo degli articoli 2 e 3 del regolamento sembrano confermare l’esclusione dei notai dalla nozione di «autorità giurisdizionale».

77.      In secondo luogo, presenta interesse anche la normativa parallela concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione in settori specifici (e più in generale in materia di procedura civile) (37). Tali strumenti propongono una gamma di approcci diversi. Alcuni di essi contengono definizioni esplicite dell’«autorità giurisdizionale» ampie e variegate (38) (e talora utilizzano e definiscono termini diversi) (39). Altri non definiscono il termine di riferimento, ma sono accompagnati da precisazioni, ad esempio un elenco di entità specifiche che devono essere comunque considerate «autorità giurisdizionali» (40). È il caso del regolamento n. 1215/2012 (41).

78.      Nel caso di specie, il problema è la scarsa omogeneità, e la ancor più manchevole uniformità, orizzontale tra i singoli strumenti nel settore della procedura civile dell’Unione. Il ricorso a un approccio sistemico non sarebbe quindi di grande utilità. È evidente che la nozione di «autorità giurisdizionale» dipende in ampia misura dal contesto normativo e dalla finalità del singolo provvedimento. In alcuni casi emerge chiaramente l’intento di fornire una definizione specifica e ad hoc, mentre in altri viene utilizzato un termine più generico e indefinito (accompagnato da precisazioni).

79.      Occorre pertanto diffidare di trasposizioni indiscriminate di quelle che appaiono essere definizioni specifiche al contesto. Parimenti, risulta problematico definire un’unica nozione onnicomprensiva di«autorità giurisdizionale» a livello di diritto dell’Unione.

80.      Peraltro, come hanno rilevato in particolare la Commissione e il governo croato, l’espressione inglese «court or tribunal» utilizzata all’articolo 2, lettera a), del regolamento è identica [N.d.T.: nella versione in lingua inglese] a quella utilizzata all’articolo 267 TFUE. Sembra che, nella maggior parte delle versioni linguistiche, il termine utilizzato nel regolamento coincida con quello utilizzato tradizionalmente per indicare i soggetti autorizzati ad adire la Corte in via pregiudiziale.

81.      Esiste un’ampia giurisprudenza sull’articolo 267 TFUE. Tuttavia, sembra problematico trasporla in maniera generalizzata. Siffatta trasposizione è certamente possibile in una certa misura (42), ma occorre sempre rammentare che la definizione ai sensi dell’articolo 267 è stata elaborata in un contesto e per scopi diversi. Ciò posto, l’approccio adottato nell’ambito dell’articolo 267 TFUE può comunque costituire un valido punto di partenza. In definitiva, esso coglie le caratteristiche essenziali delle istituzioni che possono essere definite «autorità giurisdizionale».

–       Proposta di definizione in due parti

82.      Dunque, come si può definire l’«autorità giurisdizionale» nel contesto del regolamento n. 1215/2012? In qual modo i giudici nazionali ai quali si chiede di riconoscere ed eseguire provvedimenti emessi da entità straniere dovrebbero stabilire se tali entità siano «autorità giurisdizionali»?

83.      Ai fini specifici del regolamento n. 1215/2012, proporrei un approccio alla nozione di «autorità giurisdizionale» suddiviso in due parti, composto da:

–        una definizione standard istituzionale (basata sul mero rinvio alle strutture giurisdizionali riconosciute degli Stati membri),

–        corretta, in casi eccezionali, da una definizione funzionale di diritto dell’Unione (basata sui criteri dell’articolo 267 TFUE, ma applicati restrittivamente).

84.      Tale approccio in due parti, che potrebbe anche essere definito semplicemente come una «definizione istituzionale con una valvola di sicurezza», si adatterebbe meglio, a mio avviso, agli scopi specifici del regolamento n. 1215/2012. Da un lato, siffatto approccio consente di trattare velocemente la maggior parte dei casi ordinari. Dall’altro, esso implica altresì che i casi più complessi siano risolti facendo riferimento alla giurisprudenza esistente della Corte, ancorché applicata in modo leggermente diverso.

85.      La definizione standard della nozione di «autorità giurisdizionale» dovrebbe essere semplice e basata su un approccio istituzionale: un’«autorità giurisdizionale» è un organo giurisdizionale di uno Stato membro. Essa è un’entità che fa parte della struttura giurisdizionale dello Stato membro ed è riconosciuta come tale (43).

86.      Tale approccio istituzionale alla definizione di «autorità giurisdizionale» trova conferma nella giurisprudenza esistente della Corte (44). In detta giurisprudenza, generalmente, la questione se il soggetto di cui trattasi sia un’«autorità giurisdizionale» non viene neppure esaminata. Dalla prassi giudiziaria risulta, ad esempio, che la High Court of Justice (Alta Corte di giustizia di Inghilterra e Galles) (45), l’Arondissementsrechtsbank (Tribunale distrettuale olandese) (46) o il Tribunal de Grande Instance (Tribunale di primo grado francese) (47) sono evidentemente «autorità giurisdizionali».

87.      In tali cause, l’analisi è incentrata semmai sul tipo di procedura seguito e sulla questione se il provvedimento emesso al termine della stessa costituisca una «decisione» ai sensi dell’attuale articolo 2, lettera a), del regolamento. Ciò può risultare dubbio a causa, ad esempio, della natura provvisoria o ex parte del procedimento. In altri termini, l’analisi «funzionale» o «procedurale» è riservata principalmente alla valutazione dell’atto e non dell’istituzione che lo ha adottato.

88.      Aspetto forse più importante, una definizione istituzionale standard di «autorità giurisdizionale» non è solo in linea con il significato naturale dell’espressione, ma risponde anche meglio allo scopo del regolamento. Tale scopo è il riconoscimento reciproco, la rapidità e la prevedibilità nell’amministrazione della giustizia. Un simile scopo richiede semplicità. Un’analisi caso per caso sarebbe chiaramente inidonea a conseguirlo. Detto scopo richiede inoltre fiducia. Se l’entità di cui trattasi fa manifestamente parte (o meno) delle istituzioni giudiziarie dello Stato membro di emissione, per quale motivo lo Stato membro dell’esecuzione dovrebbe sollevare dubbi al riguardo, salvo in casi del tutto eccezionali (48)?

89.      A tale obiettivo generale si collega una questione operativa: se la definizione standard di «autorità giurisdizionale» ai fini del regolamento n. 1215/2012 dovesse essere una definizione autonoma di diritto dell’Unione, la Corte esigerebbe che i giudici nazionali verifichino la sussistenza di tutti gli elementi di tale definizione in ogni singolo caso in cui venga chiesto un riconoscimento ai sensi di detto regolamento? La questione è se qualsiasi giudice di primo grado dello Stato membro X, adito con una domanda di esecuzione di una decisione, dovrebbe anzitutto controllare se il giudice di primo grado dello Stato Y, che ha emesso la decisione, sia un organo indipendente e imparziale di natura giurisdizionale, costituito per legge in via permanente e che applica un procedimento in contraddittorio.

90.      La risposta più ragionevole è chiaramente negativa. L’approccio standard, difatti, deve essere necessariamente istituzionale: occorre semplicemente presumere che i giudici che fanno parte della struttura giurisdizionale ordinaria di uno Stato membro siano «autorità giurisdizionali» ai fini del regolamento n. 1215/2012, senza che siano necessarie ulteriori verifiche individuali. Ancora una volta, si tratta di un’espressione della fiducia reciproca: salvo prova manifesta e inconfutabile del contrario, ciò che è autorità giurisdizionale per uno Stato membro, lo sarà anche per l’altro.

91.      La definizione istituzionale standard presenta anche un altro importante aspetto pratico: consente la delega interna tra giudici nazionali, in particolare quelli di primo grado. Il fatto che un provvedimento adottato in nome dell’istituzione sia firmato da un cancelliere, segretario giudiziario o altro funzionario dell’organo giurisdizionale debitamente autorizzato dalla legge nazionale, generalmente in procedimenti sommari, senza contraddittorio o relativi a controversie di modesta entità, non rimette in dubbio la qualificazione dell’istituzione come «autorità giurisdizionale». Quale sia esattamente il soggetto che emette la decisione o vi appone la propria firma può essere rilevante per accertare se il provvedimento costituisca una «decisione», ma è una questione diversa.

92.      Per contro, se uno Stato membro sceglie di delegare anche una funzione giudiziaria esternamente, ossia al di fuori del sistema giurisdizionale, il soggetto che riceve tale delega non è automaticamente qualificabile, solo in virtù della stessa, come «autorità giurisdizionale».

93.      Ignorare tale distinzione sarebbe contrario, a mio avviso, al significato naturale dell’espressione «autorità giurisdizionale», nonché alla struttura degli articoli 2 e 3 del regolamento, e avrebbe implicazioni assolutamente indesiderabili e poco pratiche.

94.      Tuttavia, se pure le norme standard rappresentano la migliore soluzione pratica per trattare l’ampia maggioranza dei casi (49), la questione non può esaurirsi qui. Possono sempre verificarsi situazioni inattese ed eccezionali. Inoltre, l’adozione di una definizione puramente istituzionale e nazionale di «autorità giurisdizionale» dipenderebbe interamente, in definitiva, dagli Stati membri e dalle loro scelte in materia di architettura giudiziaria. Ciò contraddirebbe l’origine comunitaria della nozione (50). Al contempo, la creazione di una nozione di diritto dell’Unione a sé stante, completamente autonoma, di «autorità giurisdizionale» non appare adeguata al suo scopo. Per i motivi precedentemente esposti, ciò comporterebbe altresì diverse difficoltà pratiche. Pertanto, tale definizione richiede tanto una dimensione di diritto nazionale, quanto una dimensione di diritto dell’Unione, che corrispondono alla prima e alla seconda parte dell’approccio proposto in questa sede.

95.      Per quanto riguarda la seconda parte dell’approccio da me suggerito, posso pensare (quanto meno) a due situazioni nelle quali la definizione istituzionale standard potrebbe essere eccezionalmente messa in discussione e cedere il posto a una valutazione più particolareggiata della questione se un soggetto costituisca o meno un’autorità giurisdizionale.

96.      Nella prima situazione, talune decisioni in materia civile e commerciale che rientrano, in linea di principio, nell’ambito di applicazione ratione materiae del regolamento vengono delegate internamente nell’ambito del sistema giurisdizionale dello Stato membro, ma con modalità che sollevano serie e evidenti preoccupazioni di ordine costituzionale in altri Stati membri. A tal riguardo si possono prospettare due scenari: uno Stato membro può voler designare come «giudice ordinario» nell’ambito del suo sistema giurisdizionale istituzioni e/o individui che, nonostante la loro classificazione formale, semplicemente non possono essere accettati come autorità di tale natura dagli altri Stati membri (51). In alternativa, sempre in circostanze realmente eccezionali, si può ipotizzare che i giudici ordinari di uno Stato membro incontrino disfunzioni tali da rendere problematico il reciproco riconoscimento automatico (52). In entrambi i casi, una valutazione delle entità di cui trattasi basata su una definizione autonoma di diritto dell’Unione dovrebbe fornire il necessario correttivo.

97.      Nella seconda situazione, un’attività che può essere considerata una funzione giurisdizionale è stata delegata esternamente a un organo che, a prima vista, non fa parte del sistema giurisdizionale di uno Stato membro. Ci si aspetterebbe che tale secondo scenario abbia molte più probabilità di realizzarsi rispetto al primo. In effetti, è quanto sembra essere accaduto nel caso di specie. Ancora una volta, si dovrebbe poter ricorrere a una definizione più modulata di «autorità giurisdizionale», che fosse basata unicamente sul diritto dell’Unione.

98.      Quale dovrebbe essere tale definizione? Per i motivi sopra esposti, ritengo inopportuno importare definizioni estensive e generiche elaborate in contesti diversi per altri strumenti di diritto derivato.

99.      Al contempo, come si è già rilevato (paragrafo 80 delle presenti conclusioni), il regolamento n. 1215/2012 [N.d.T.: nella sua versione in lingua inglese] utilizza testualmente la medesima terminologia dell’articolo 267 TFUE.

100. Vi sono validi motivi normativi e pratici per non reinventare la ruota, ossia per non creare ex novo ulteriori definizioni. Sotto il profilo normativo, la coerenza delle leggi è un importante elemento di prevedibilità e legittimità. Come esposto supra ai paragrafi 77 e 78, si tratta di un settore già contraddistinto da un livello elevato di particolarismo definitorio. Pertanto, la linea d’azione più adeguata sembra essere un tentativo graduale di coordinare i singoli strumenti, senza estrarre dal cappello un’altra nuova definizione. Pragmaticamente parlando, il test dell’articolo 267 TFUE evidenzia già in modo molto chiaro le caratteristiche essenziali di un organo giudiziario che possa essere qualificato come «autorità giurisdizionale».

101. Alla luce di quanto precede, propongo di dichiarare che in casi come quello di specie, in cui viene messa in discussione la qualificazione istituzionale standard di un organo, detta qualificazione può essere riesaminata in base alle caratteristiche prese in considerazione per identificare le «autorità giurisdizionali» nel contesto della giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 267 TFUE. Ciò significa che occorre accertare se l’organo nazionale in questione possieda tutte le caratteristiche individuali tradizionalmente elencate in detta definizione, vale a dire: il fondamento legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l’organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente (53).

102. Tuttavia, evitare di reinventare completamente la ruota non significa che non se ne possa modificare o adeguare l’uso. Nella fattispecie, l’adeguamento non consiste nello stabilire quali criteri si debbano applicare, ma semmai come li si debba applicare nel contesto particolare del regolamento n. 1215/2012.

103. L’adeguamento da me proposto in questa sede tiene conto dei diversi obiettivi, da un lato, del procedimento di rinvio pregiudiziale e, dall’altro, del regolamento. Il primo innesca un dialogo tra giudici e promuove l’uniformità del diritto dell’Unione. Il secondo è uno strumento per il riconoscimento reciproco e la libera circolazione delle decisioni, che sottintende obiettivi di celerità, semplicità e prevedibilità (54), ma si basa sulla fiducia reciproca per quanto riguarda l’esistenza di standard adeguati di tutela giurisdizionale.

104. Tale diversità di obiettivi deve riflettersi in un diverso approccio in termini di modalità di applicazione dei medesimi criteri. Nel contesto della ricevibilità delle questioni pregiudiziali, si potrebbe definire la prassi vigente come un approccio relativamente indulgente, incline al riconoscimento della ricevibilità in caso di dubbio. In alcune descrizioni precedenti, di natura più letteraria, di tale flessibilità, è stata fatta allusione alla possibilità di accettare una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da Sancho Panza in qualità di governatore dell’isola di Barataria (55).

105. Tuttavia, tenuto conto del contesto e dello scopo molto diversi del regolamento, ritengo che i suddetti criteri debbano essere applicati restrittivamente. Infatti, la fiducia reciproca richiede chiarezza e rassicurazioni quanto al fatto che, nei casi limite, gli atti dell’organo di uno Stato membro al quale è stata presentata una domanda di esecuzione offrono sufficienti garanzie in termini di indipendenza, imparzialità, natura contraddittoria del procedimento e rispetto generale dei diritti della difesa. Pertanto, i fattori elencati precedentemente (paragrafo 101) non devono essere considerati elementi accessori, o più o meno importanti, di una valutazione globale. Al contrario, propongo di considerarli come una «lista di controllo».

106. In altri termini, nel contesto specifico del regolamento n. 1215/2012, l’approccio da adottare nella seconda parte dell’eventuale valutazione funzionale della natura di un organo nazionale dovrebbe essere restrittivo: tutti i requisiti devono essere soddisfatti, senza possibilità di compensazione o di valutazione globale (56).

107. In breve, per concludere con la metafora donchisciottesca accennata sopra: si può ampliare la definizione di autorità giurisdizionale ai sensi dell’articolo 267 TFUE e accettare una questione pregiudiziale presentata da Sancho Panza in qualità di governatore dell’isola di Barataria. Dopo tutto, si dovrebbe sempre guardare con favore al fatto che si risponda alle questioni pregiudiziali per promuovere l’unità e la chiarezza del diritto. Tuttavia, eseguire le decisioni emesse dal governatore Sancho Panza nei confronti di cittadini di altre isole è una questione ben diversa.

–       Applicazione al presente procedimento

108. Nel caso di specie, alla luce della domanda di pronuncia pregiudiziale e delle osservazioni presentate alla Corte, i notai croati non sembrano corrispondere alla definizione istituzionale standard di «autorità giurisdizionale».

109. La questione è se essi possano nondimeno essere qualificati «autorità giurisdizionali» nella seconda fase dell’approccio proposto, ossia in applicazione della «lista di controllo dell’articolo 267 TFUE».

110. Si può affermare che nel caso di specie ricorrono alcuni dei fattori sopra menzionati, come suggerisce il governo croato. Spetta in definitiva al giudice nazionale stabilire se ricorra o meno tale ipotesi.

111. Tuttavia, a mio parere, come è stato osservato dalla Commissione e ulteriormente discusso in udienza, il procedimento dinanzi ai notai croati descritto nella domanda di pronuncia pregiudiziale dà la netta impressione di non avere carattere contraddittorio. Anzi, ne sembra privo per definizione, dato che qualsiasi controversia deve essere rimessa all’autorità giurisdizionale in applicazione dell’articolo 282, paragrafo 3, della legge sull’esecuzione forzata.

112. Nei casi in cui si applica la definizione di «giurisdizione» di cui all’articolo 267 TFUE, il carattere contraddittorio del procedimento non costituisce una conditio sine qua non. Tuttavia, per i motivi sopra esposti, ritengo che esso debba essere considerato una condizione necessaria della definizione di «autorità giurisdizionale» ai sensi del regolamento.

113. Quand’anche un procedimento acquisti carattere contraddittorio (anche facilmente) con il trasferimento a un organo diverso, ciò non è di per sé sufficiente, a mio avviso, per riqualificare l’organo remittente come «autorità giurisdizionale» a norma del regolamento. La ragione è semplice: la fase effettivamente in contraddittorio del procedimento di natura giurisdizionale si svolge dinanzi al giudice, e non dinanzi al notaio.

iii) Conclusione sulla seconda questione

114. Per i suesposti motivi, propongo alla Corte di rispondere come segue alla seconda questione posta dal giudice del rinvio: per poter essere qualificata come «autorità giurisdizionale» ai sensi del regolamento n. 1215/2012, un ente deve essere un organo giurisdizionale di uno Stato membro e fare parte del suo sistema giurisdizionale. Tuttavia, in caso di dubbio, tale ente può comunque rientrare nella definizione di «autorità giurisdizionale» se soddisfa i seguenti requisiti: i) il fondamento legale, ii) il carattere permanente, iii) l’obbligatorietà della sua giurisdizione, iv) la natura contraddittoria del procedimento, v) il fatto che l’organo applichi norme giuridiche e v) che sia indipendente.

V –    Conclusione

115. Propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni poste dall’Općinski sud u Puli-Pola (Tribunale municipale di Pola, Croazia):

Questione 1

Il regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale è applicabile in circostanze come quelle di cui al presente procedimento, in cui è stato concluso un contratto per l’utilizzo di un posto di parcheggio tra un privato, da un lato, e un’entità appartenente a un’autorità pubblica, dall’altro, se detta entità non sta esercitando i suoi poteri pubblici.

Questione 2

Per essere qualificata come «autorità giurisdizionale» ai sensi del regolamento n. 1215/2012, un ente deve essere un organo giurisdizionale facente parte del sistema giurisdizionale di uno Stato membro. Tuttavia, in caso di dubbio, tale ente può comunque rientrare nella definizione di «autorità giurisdizionale» se soddisfa i seguenti requisiti: i) il fondamento legale, ii) il carattere permanente, iii) l’obbligatorietà della sua giurisdizione, iv) la natura contraddittoria del procedimento, v) il fatto che l’organo applichi norme giuridiche e v) che sia indipendente.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Regolamento n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012 (GU 2012, L 351, pag. 1).


3 – Narodne novine (Gazzetta ufficiale) nn. 112/12, 25/13, 93/14.


4 – Službene novine Grada Pule (Bollettino ufficiale del Comune di Pola) n. 21/09.


5 – Službene novine Grada Pule (Bollettino ufficiale del Comune di Pola) n. 03/15.


6 – Sentenza dell’11 luglio 1996, SFEI e a. (C‑39/94, EU:C:1996:285, punto 24); v. altresì sentenze del 14 gennaio 1982, Reina (C‑65/81, EU:C:1982:6, punto 7), e dell’11 aprile 2000, Deliège (C‑51/96 e C‑191/97, EU:C:2000:199, punto 29).


7 – Ponendo l’accento proprio sulla decisione del giudice del rinvio e non necessariamente del giudice dell’opposizione. Conformemente alla giurisprudenza della Corte, spetta al giudice del rinvio trarre le conclusioni da un’eventuale decisione sull’impugnazione della sua domanda di pronuncia pregiudiziale – v. sentenza del 16 dicembre 2008, Cartesio (C‑210/06, EU:C:2008:723, in particolare punti 93 e 97).


8 – Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Croazia e agli adattamenti del trattato sull’Unione europea, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (GU 2012, L 112, pag. 21).


9 – Salvo che l’Atto di adesione o i suoi allegati prevedessero un termine diverso. Nel caso di specie non sono applicabili eccezioni di questo tipo.


10 – V. le conclusioni da me presentate nella causa Nemec (C‑256/15, EU:C:2016:619, paragrafi da 25 a 44).


11 – Sentenza del 13 novembre 1979, Sanicentral/ René Collin (C‑25/79, EU:C:1979:255, punto 6). La giurisprudenza elaborata in relazione al regolamento del Consiglio (CE) n. 44/2001, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001 L 12, pag. 1) e alla Convenzione di Bruxelles della Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1978, L 304, pag. 77), predecessori del regolamento n. 1215/2012, si applica parimenti a detto regolamento, ove le disposizioni pertinenti «possano essere qualificate come equivalenti». L’esigenza di garantire una continuità di interpretazione di tali strumenti è inoltre richiamata al considerando 34 del regolamento n. 1215/2012. V., ad esempio, sentenza dell’11 aprile 2013, Sapir e a. (C‑645/11, EU:C:2013:228, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


12 – La causa Collin riguardava la Convenzione di Bruxelles, ma la relativa giurisprudenza può essere trasposta ad altri contesti. Anche l’articolo 54 di detta Convenzione prevedeva espressamente che essa si applicasse ai procedimenti avviati prima della sua entrata in vigore (v. supra, nota 11). V., più recentemente, con specifico riferimento all’applicazione nel tempo del regolamento n. 1215/2012 e all’adesione di nuovi Stati membri, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Kostanjevec (C‑185/15, EU:C:2016:397, paragrafi 24 e segg.).


13 – Per un’analogia più ampia, si può osservare che il medesimo approccio è stato adottato anche nel contesto dell’esecuzione successiva all’adesione di obblighi (amministrativi) imposti prima dell’adesione – v. sentenza del 14 gennaio 2010, Kyrian (C‑233/08, EU:C:2010:11).


14 – Ordinanza del 5 novembre 2014 (C‑254/14, EU:C:2014:2354).


15 – Sentenza del 15 febbraio 2007, Lechouritou e a. (C‑292/05, EU:C:2007:102, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).


16 – Sentenza dell’11 aprile 2013, Sapir e a. (C‑645/11, EU:C:2013:228, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


17 – Detta questione potrebbe influire sul fondamento specifico della competenza nell’ambito del regolamento (l’articolo 7 riguarda i contratti di servizi e l’articolo 24 i contratti di locazione di immobili), ma ciò non ha alcuna incidenza sull’analisi sopra esposta.


18 – V. considerando 10 del regolamento.


19 – V., ad esempio, sentenza del 23 ottobre 2014, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑302/13, EU:C:2014:2319, punto 27).


20 – V. supra, paragrafi 15 e segg.


21 – Sentenza del 1o ottobre 2002, Henkel (C‑167/00, EU:C:2002:555, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).


22–      Sentenza del 1o ottobre 2002, Henkel (C‑167/00, EU:C:2002:555, punto 30).


23 – Sentenza del 23 ottobre 2014, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑302/13, EU:C:2014:2319, punto 37).


24 – V. la recente sentenza dell’11 novembre 2015, Pujante Rivera (C‑422/14, EU:C:2015:743, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).


25 – V. allegato III dell’Atto di adesione.


26 – Occorre rammentare che nulla impedisce a uno Stato membro di tentare di trasformare tali intenzioni in atti normativi vincolanti, attraverso le normali procedure legislative a livello dell’Unione.


27 – Sentenza del 15 novembre 2012, Gothaer Allgemeine Versicherung e a. (C‑456/11, EU:C:2012:719, punti 26 e segg.).


28 – Il termine inglese «judgment» (come quello croato «sudska odluka») contiene in sé l’indicazione del tipo di soggetto che deve adottare l’atto. L’altro requisito previsto dall’articolo 2, lettera a), del regolamento, secondo cui le decisioni devono essere emanate da un autorità giurisdizionale «di uno Stato membro», non è in discussione nel caso di specie.


29 – La versione inglese del regolamento utilizza indifferentemente sia il termine «court» sia l’espressione «court or tribunal». Nelle presenti conclusioni in lingua inglese l’avvocato generale ha fatto altrettanto. Altre versioni linguistiche sono più coerenti e impiegano un unico termine.


30 – Sentenze del 2 giugno 1994, Solo Kleinmotoren (C‑414/92, EU:C:1994:221, punto 17), e del 14 ottobre 2004, Mærsk Olie & Gas (C‑39/02, EU:C:2004:615, punto 45).


31 – La nozione di «judgment» include taluni atti adottati da un «cancelliere». Tali cancellieri possono quindi formare parte dell’«organo giudiziario» (v. sentenza del 2 giugno 1994, Solo Kleinmotoren (C‑414/92, EU:C:1994:221, punti 16 e 17). Tuttavia, nel caso di specie, l’emissione di mandati di esecuzione è stata delegata esternamente, ai notai, vale a dire al di fuori delle strutture giudiziarie istituzionali, e non internamente, nell’ambito della struttura di un organo giurisdizionale.


32 – Sentenza del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary (C‑32/14, EU:C:2015:637, punto 47).


33 – V. considerando 20 del regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo (GU 2012, L 201, pag. 107).


34 – Dalla documentazione scritta dei lavori preparatori non emergono i motivi dell’inserimento dell’articolo 3.


35 – Le quali, per la loro stessa denominazione, sarebbero tendenzialmente considerate come parte del potere esecutivo, anziché di quello giudiziario. In un testo legislativo in materia analoga si fa riferimento alle stesse comee «autorità amministrative» (v. infra, nota 41).


36 – Rilevo inoltre che i notai ungheresi non sono inclusi nell’equivalente articolo 4, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (GU 2004, L 143, pag. 15). V. altresì, in senso opposto, nota 33 supra, relativa al considerando 20 del regolamento n. 650/2012.


37 – V., ad esempio, regolamenti n. 805/2004 (titolo esecutivo europeo) e n. 650/2012 (successioni); Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2007, L 339, pag. 3); regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1); regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento (GU 2006, L 399, pag. 1); regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari (GU 2009, L 7, pag. 1); regolamento (UE) n. 606/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile (GU 2013, L 181, pag. 4), e regolamento (CE) n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità (GU 2007, L 199, pag. 1).


38 – Ad esempio, l’espressione «autorità giurisdizionale» può essere definita in riferimento all’ambito di applicazione del regolamento come all’articolo 2, punto 1, del regolamento n. 2201/2003 e all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 650/2012. In entrambi i casi, gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione quali autorità (non giurisdizionali) rientrino nella definizione di «organi giurisdizionali» (articolo 79 del regolamento n. 650/2012; articolo 68 del regolamento n. 2201/2003). Un altro approccio si basa sul rinvio diretto alle definizioni adottate dagli Stati membri (vale a dire, gli organi giurisdizionali sono le autorità designate come giudici da ciascuna giurisdizione). È il caso dell’articolo 62 della Convenzione di Lugano, che è stato espressamente richiamato dai governi tedesco e svizzero.


39 – V., ad esempio, articolo 3, paragrafo 4, del regolamento n. 606/2013, che definisce come «autorità emittent[i]» le «autorità giurisdizional[i]» e talune altre autorità che adottano provvedimenti che formano «oggetto di controllo da parte di un’autorità giurisdizionale e [hanno] forza ed effetti equivalenti a quelli di una decisione dell’autorità giurisdizionale nella stessa materia».


40 – Il regolamento n. 861/2007 utilizza un approccio ancora diverso. Detto regolamento non contiene alcuna definizione dell’espressione fondamentale «organo giurisdizionale», ma indica nei considerando che, ad esempio, quest’ultimo deve comprendere una persona abilitata ad esercitare le funzioni di giudice, nonché rispettare il diritto ad un giusto processo ed il principio del contraddittorio (considerando 27 e 9).


41 – Come dimostra il suo articolo 3. V. anche regolamento n. 805/2004. Il regolamento n. 4/2009 non definisce l’«autorità giurisdizionale», ma stabilisce che essa include le «autorità amministrative», le quali sono elencate nell’allegato X (in cui è menzionata l’autorità svedese di esecuzione).


42 – V. sentenza del 19 settembre 2006, Wilson (C‑506/04, EU:C:2006:587, punti 47 e 48), in cui la definizione elaborata nell’ambito dell’articolo 267 TFUE è stata trasposta ai fini dell’interpretazione di norme di diritto derivato.


43 – Pur non essendo in discussione nel caso di specie, tale definizione non dovrebbe escludere, in linea di principio, gli organi giurisdizionali comuni a più Stati membri, quale la Corte di giustizia del Benelux (v. considerando 11 del regolamento).


44 – V. sentenze del 2 giugno 1994, Solo Kleinmotoren (C‑414/92, EU:C:1994:221, punto 17), e del 14 ottobre 2004, Mærsk Olie & Gas (C‑39/02, EU:C:2004:615, punto 45). In dette sentenze la Corte utilizza l’espressione «organo giurisdizionale» apparentemente come sinonimo di «autorità giurisdizionale».


45 – Sentenza del 2 aprile 2009, Gambazzi (C‑394/07, EU:C:2009:219).


46 – Sentenza del 14 ottobre 2004, Mærsk Olie & Gas (C‑39/02, EU:C:2004:615).


47 – Sentenza del 21 maggio 1980, Denilauler (C‑125/79, EU:C:1980:130).


48 – Ciò ovviamente non pregiudica la verifica della qualificazione come «decisione» dell’atto considerato.


49 – Come conferma il fatto che, fin dall’entrata in vigore della Convenzione di Bruxelles, oltre quarant’anni fa, il significato preciso dell’espressione «autorità giurisdizionale» in questo contesto non è mai stato esaminato dettagliatamente dalla Corte.


50 – Un indizio nel senso che effettivamente non era questo lo scopo del regolamento n. 1215/2012 è dato dal fatto che la proposta iniziale di regolamento della Commissione definiva il «giudice» come l’«autorità designata da uno Stato membro» (proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, COM(2010) 748 definitivo ‑ COD 2010/0383, articolo 2, lettera c). Tale definizione, tuttavia, non è stata mantenuta.


51 – A scopo illustrativo si potrebbero fornire alcuni esempi di questo tipo chiaramente paradossali. Tuttavia, è forse più importante evidenziare lo scopo di una definizione autonoma a livello di Unione in casi del genere, che può non essere principalmente nell’interesse dell’Unione, quanto soprattutto in quello degli altri Stati membri.


52 – V., per un’analogia più ampia, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punti 98 e segg.).


53 – V., ad esempio, sentenza del 17 settembre 1997, Dorsch Consult (C‑54/96, EU:C:1997:413, punto 23), recentemente confermata con sentenza del 24 maggio 2016, MT Højgaard e Züblin (C‑396/14, EU:C:2016:347, punto 23).


54 – Sentenza del 15 novembre 2012, Gothaer Allgemeine Versicherung e a. (C‑456/11, EU:C:2012:719, punto 26).


55 – V. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer nella causa De Coster (C‑17/00, EU:C:2001:366, paragrafo 14).


56 – Naturalmente, nei casi limite i giudici nazionali possono (e talora debbono) consultare la Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 267 TFUE.