Language of document : ECLI:EU:C:2007:428

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 12 luglio 2007 1(1)

Causa C-393/05

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica d’Austria

e

Causa C‑404/05

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica federale di Germania

«Ricorso per inadempimento – Libera prestazione di servizi – Organismi di controllo nel settore dei prodotti biologici – Requisito dello stabilimento nello Stato membro – Grado di armonizzazione – Esercizio di pubblici poteri – Ragioni imperative di interesse generale – Tutela dei consumatori»





1.        Nelle presenti cause parallele, proposte ai sensi dell’art. 226 CE, la Commissione sostiene che l’Austria e la Germania sono venute meno all’obbligo di garantire la libera prestazione di servizi richiedendo che organismi privati, autorizzati in un altro Stato membro a prestare servizi di controllo nel settore dell’agricoltura biologica, abbiano almeno un’infrastruttura permanente nei loro rispettivi territori per prestarvi i medesimi servizi.

2.        Le cause vertono sul grado di armonizzazione all’interno della Comunità nel settore dei suddetti controlli e sull’eventuale giustificazione delle restrizioni alla libera prestazione di servizi di controllo con l’argomento che tali servizi partecipano all’esercizio dei pubblici poteri, ovvero che le restrizioni sono indispensabili, nell’interesse generale, alla tutela dei consumatori.

 Normativa comunitaria

 Il Trattato CE

3.        L’art. 49 CE vieta le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione.

4.        Ai sensi dell’art. 55 CE, l’art. 45 CE si applica alla libera prestazione dei servizi sancita dall’art. 49 CE. Il primo comma dell’art. 45 CE recita quanto segue:

«Sono escluse dall’applicazione delle disposizioni del presente capo, per quanto riguarda lo Stato membro interessato, le attività che in tale Stato partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri».

 Regolamento n. 2092/91

5.        Il regolamento n. 2092/91 (2) introduce regole comunitarie sulla produzione, l’etichettatura e il controllo di prodotti agricoli e derrate alimentari ottenuti con metodi biologici.

6.        Il preambolo spiega, in particolare, che è necessario un quadro normativo siffatto per tutelare la coltura biologica, garantire condizioni di concorrenza leale fra i produttori, contrastare una tendenza all’anonimato sul mercato dei prodotti biologici e rendere tali prodotti più credibili agli occhi dei consumatori (3); che, nell’interesse dei produttori e degli acquirenti, è necessario stabilire principi minimi (4) e che tutti gli operatori e tutte le fasi della produzione e della commercializzazione devono essere assoggettati ad un regime di controllo regolare, conforme ai requisiti minimi comunitari ed effettuato da istanze all’uopo designate e/o da organismi riconosciuti e controllati (5).

7.        Gli artt. 1, 2 e 4 del regolamento elencano i prodotti cui esso è applicabile e le indicazioni di produzione biologica, nonché definiscono diversi termini. L’art. 3 stabilisce che il regolamento si applica, fatte salve le altre disposizioni comunitarie o nazionali, in conformità del diritto comunitario. L’art. 5 stabilisce le condizioni alle quali è consentito far riferimento al metodo di produzione biologico nell’etichettatura o nella pubblicità, mentre l’art. 6 enuncia le norme di produzione (definite più dettagliatamente nell’allegato I) che il termine «metodo di produzione biologico» implica.

8.        Gli artt. 8 e 9 riguardano il sistema di controllo. In particolare, l’art. 9 stabilisce quanto segue:

«1.   Gli Stati membri instaurano un sistema di controllo gestito da una o più autorità di controllo designate e/o da organismi privati riconosciuti (...).

(....)

3.     Il sistema di controllo comprende quanto meno le misure di controllo e le misure precauzionali figuranti all’allegato III.

4.     Per l’attuazione del sistema di controllo affidato ad organismi privati, gli Stati membri designano un’autorità incaricata del riconoscimento e della sorveglianza di tali organismi.

5.     Per il riconoscimento di un organismo di controllo privato sono presi in considerazione gli elementi seguenti:

a)      il piano tipo di controllo elaborato dall’organismo, contenente una descrizione particolareggiata delle misure di controllo e delle misure precauzionali che detto organismo s’impegna ad imporre agli operatori che controlla;

b)      le sanzioni che l’organismo prevede di imporre nei casi in cui si accertino irregolarità e/o infrazioni;

c)      le risorse adeguate di personale qualificato e di attrezzature di carattere amministrativo e tecnico, nonché l’esperienza in materia di controllo e l’affidabilità;

d)      l’obiettività dell’organismo di controllo nei confronti degli operatori da esso controllati.

6.     Quando un organismo di controllo è stato riconosciuto, l’autorità competente provvede a:

a)      garantire l’obiettività dei controlli effettuati dall’organismo di controllo;

b)      accertare l’efficienza dei controlli;

c)      prendere conoscenza delle irregolarità e/o infrazioni accertate e delle sanzioni comminate;

d)      revocare il riconoscimento di un organismo di controllo qualora questo non soddisfi i requisiti di cui alle lettere a) e b), non sia più conforme ai criteri di cui al paragrafo 5 o non soddisfi i requisiti di cui ai paragrafi 7, 8, 9 e 11.

(…)

7.     L’autorità di controllo e gli organismi di controllo riconosciuti di cui al paragrafo 1:

a)      procurano che siano applicate, nelle aziende da essi controllate, almeno le misure di controllo e le misure precauzionali di cui all’allegato III;

(...)

8.     Gli organismi di controllo riconosciuti:

a)      consentono all’autorità competente, ai fini d’ispezione, il libero accesso ai loro uffici e impianti, comunicano qualsiasi informazione e forniscono tutta la collaborazione ritenuta necessaria dall’autorità competente per l’adempimento degli obblighi ad essa incombenti in forza del presente regolamento;

b)      trasmettono entro il 31 gennaio di ogni anno all’autorità competente dello Stato membro l’elenco degli operatori da essi controllati (...).

9.     L’autorità di controllo e gli organismi di controllo di cui al paragrafo 1 devono:

a)      ove sia accertata un’irregolarità nell’applicazione delle disposizioni degli articoli 5 e 6 o nell’applicazione delle misure di cui all’allegato III, far sopprimere le indicazioni previste dall’articolo 2 (...);

b)      qualora venga accertata un’infrazione manifesta o avente effetti prolungati, ritirare all’operatore in questione il diritto di commercializzare prodotti con indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico per un periodo da convenirsi con l’autorità competente dello Stato membro.

(…)

11.   A decorrere dal 1° gennaio 1998 e fatti salvi i paragrafi 5 e 6, gli organismi di controllo riconosciuti devono soddisfare i requisiti di cui alle condizioni della norma EN 45011 [(6)].

(…)».

9.        L’art. 10 stabilisce che possono essere apposti un’indicazione e/o un logo sull’etichettatura dei prodotti assoggettati ad un sistema di controllo; a tale proposito, l’art. 10, n. 3, impone agli organismi di controllo obblighi di applicazione equivalenti a quelli fissati all’art. 9, n. 9.

10.      L’art. 10 bis, relativo alle misure generali di applicazione, stabilisce quanto segue:

«1.   Qualora uno Stato membro constati, su un prodotto proveniente da un altro Stato membro e recante indicazioni di cui all’articolo 2 e/o all’allegato V, irregolarità o infrazioni circa l’applicazione del presente regolamento, esso ne informa lo Stato membro che ha nominato l’autorità di controllo o riconosciuto l’organismo di controllo e la Commissione.

2.     Gli Stati membri prendono le misure necessarie per evitare l’uso fraudolento delle indicazioni di cui all’articolo 2 e/o all’allegato V».

11.      L’allegato III illustra in dettaglio i requisiti minimi di controllo e le misure precauzionali nell’ambito del sistema di controllo di cui agli artt. 8 e 9 dello stesso regolamento. L’allegato V elenca nelle diverse lingue le indicazioni e i logo che possono essere utilizzati sull’etichettatura.

12.      In conformità all’art. 9, n. 1, del regolamento, sia l’Austria sia la Germania hanno scelto di istituire un sistema di controllo gestito da organismi privati.

 Normativa austriaca

13.      Attualmente non vi è alcun obbligo di legge nel senso che gli organismi di controllo privati devono essere stabiliti in Austria per svolgervi le proprie attività. È tuttavia pacifico che, ai fini del riconoscimento di tali organismi, le autorità austriache richiedono di fatto almeno la presenza di una succursale con il personale e le attrezzature di carattere amministrativo e tecnico necessarie (7).

14.      In risposta a quesiti scritti formulati dalla Corte, l’Austria ha spiegato che le autorità competenti a norma dell’art. 9 del regolamento sono i singoli Landeshauptmänner (capi degli esecutivi regionali). Essi provvedono ad accogliere o a respingere le richieste di riconoscimento da parte di potenziali organismi di controllo privati, ad assicurare il rispetto delle modalità di rapporto, nonché a sorvegliare le attività degli organismi di controllo riconosciuti. Hanno anche il potere di revocare il riconoscimento.

15.      Gli organismi di controllo privati riconosciuti non hanno di per sé il potere di comminare o di eseguire sanzioni. Essi si limitano a formulare raccomandazioni ai Landeshauptmänner. Possono, tuttavia, concedere talune deroghe individuali stabilite nel regolamento (anche in tal caso, sotto il controllo dei Landeshauptmänner).

 Normativa tedesca 

16.      In base al sistema federale vigente in Germania la competenza ad attuare il regolamento spetta ai singoli Länder. Nel 1994 un apposito gruppo di lavoro (Arbeitsgemeinschaft) costituito dai Länder ha elaborato una serie di orientamenti per promuovere l’applicazione uniforme del sistema di controllo. Sebbene fossero inizialmente intesi come raccomandazioni, i Länder hanno parzialmente trasformato tali orientamenti in disposizioni amministrative vincolanti (8).

17.      I punti 1 e 2 degli orientamenti attribuivano alle autorità competenti dei vari Länder la responsabilità del riconoscimento e della sorveglianza degli organismi privati preposti ad attuare il sistema di controllo di cui all’art. 9 del regolamento.

18.      Il punto 2.1 stabilisce quanto segue (9):

«(…) Un organismo di controllo può essere riconosciuto solo qualora abbia una sede dell’attività economica nell’Unione europea. Un organismo di controllo che non abbia una sede nazionale può chiedere il riconoscimento solo qualora abbia designato un rappresentante residente in [Germania] (…).

È consentito delegare [poteri] agli organismi di controllo (…)».

19.      Il 10 luglio 2002 la Germania ha adottato la legge in materia di agricoltura biologica (10) (in prosieguo: l’«ÖLG»), volta segnatamente a dare attuazione al regolamento n. 2092/91. Ai sensi dell’art. 15 dell’ÖLG, talune disposizioni sono entrate in vigore il giorno successivo alla pubblicazione, e cioè il 16 luglio 2002, mentre le rimanenti sono entrate in vigore il 1° aprile 2003.

20.      Fra le disposizioni che erano dunque in vigore al tempo dei fatti di causa (11), quelle dell’art. 2, n. 3, conferivano ai Länder il potere di delegare completamente o parzialmente l’attività di controllo sul rispetto del regolamento da parte di produttori ed operatori ad organismi di controllo o ad altre persone fisiche o giuridiche di diritto privato, ovvero di assegnare loro un ruolo di cooperazione (partecipazione) in tali compiti.

21.      Quanto alle altre disposizioni, si può sottolineare che, ai sensi dell’art. 3, n. 1, laddove i Länder non abbiano delegato la sorveglianza, gli organismi di controllo sono tenuti ad effettuare i controlli stabiliti nel regolamento «sempre che adempiere tale compito non comporti l’apertura di un procedimento amministrativo», e che l’art. 4, n. 1, punto 4, conferisce maggiore precisione e rigore all’efficacia dei precedenti orientamenti richiedendo, fra le condizioni per il riconoscimento di un organismo di controllo, una sede dell’attività economica in Germania.

 Causa C-393/05

22.      Nel 1999 la Commissione riceveva una denuncia da parte di un organismo di controllo privato stabilito e riconosciuto in Germania. Da essa risultava che l’organismo era stato inizialmente autorizzato a prestare servizi in Austria, ma che l’autorizzazione era stata revocata poiché esso non aveva una sede di attività economica in tale paese.

23.      A seguito di due richieste di informazioni, la Commissione inviava all’Austria una lettera di diffida datata 8 novembre 2000, nella quale sosteneva che imporre a un organismo di controllo, stabilito e riconosciuto in un altro Stato membro, di avere una sede di attività economica o uno stabilimento in Austria per effettuare controlli in tale Stato era contrario all’art. 49 CE. L’Austria rispondeva con lettera 25 aprile 2001. Il 16 ottobre 2002 la Commissione emetteva un parere motivato.

24.      Dopo avere esaminato la risposta dell’Austria, datata 23 dicembre 2002, la Commissione ha proposto il presente ricorso il 4 novembre 2005, chiedendo alla Corte di dichiarare che «la Repubblica d’Austria, richiedendo ad organismi di controllo privati nel settore dell’agricoltura biologica, stabiliti e riconosciuti in un altro Stato membro, di avere una sede di attività economica o un’altra infrastruttura permanente in Austria al fine di svolgervi le loro attività, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 49 CE», e di condannare l’Austria alle spese.

25.      Inizialmente l’Austria ha richiesto la fase orale, ma successivamente ha ritirato tale richiesta; non si è pertanto svolta alcuna udienza.

 Causa C-404/05

26.      Mediante lettera di diffida 8 novembre 2000 la Commissione informava la Germania che, a suo avviso, richiedere ad un organismo di controllo, stabilito e riconosciuto in un altro Stato membro, di avere una sede di attività economica o uno stabilimento in Germania al fine di effettuare controlli in tale Stato era contrario all’art. 49 CE. La Germania rispondeva con lettera 19 febbraio 2001. La Commissione emetteva un parere motivato il 16 ottobre 2002.

27.      Dopo avere esaminato la risposta della Germania del 13 febbraio 2003, la Commissione ha proposto il presente ricorso il 17 novembre 2005, chiedendo alla Corte di pronunciarsi, nei confronti della Repubblica federale di Germania, negli stessi termini della dichiarazione richiesta relativamente alla Repubblica d’Austria, e di condannare la Germania alle spese.

28.      Non è stata chiesta, né si è svolta, la fase orale.

 Analisi

29.      È palese che le disposizioni in vigore in Austria e Germania ostacolano di fatto la prestazione dei servizi di cui al regolamento da parte di organismi di controllo stabiliti e riconosciuti in altri Stati membri, ma privi di una sede in Austria o in Germania, secondo i casi. La Commissione è dell’avviso che l’onere imposto a organismi siffatti di avere una sede nello Stato membro ospitante neghi la loro libertà di prestare servizi quale sancita dall’art. 49 CE.

30.      Una questione preliminare riguarda il grado di armonizzazione introdotto dal regolamento. La Germania sostiene che il regolamento armonizza in modo esaustivo il sistema di controllo da esso stesso creato, motivo per cui le libertà fondamentali sancite dal Trattato non costituiscono più il metro con cui misurare la legittimità di una normativa interna di uno Stato membro. L’Austria, invece, ritiene che il regolamento non armonizzi tutti gli aspetti del riconoscimento degli organismi privati di controllo e della sorveglianza sugli stessi, per cui sia le disposizioni del Trattato sulla libera prestazione di servizi sia le giustificazioni delle deroghe a tali disposizioni devono essere applicate agli aspetti non armonizzati.

31.      L’Austria e la Germania deducono, poi, sostanzialmente due motivi.

32.      In primo luogo, esse sostengono che l’attività degli organismi di controllo privati partecipa all’esercizio dei pubblici poteri nell’accezione del primo comma dell’art. 45 CE.

33.      In secondo luogo (e, nel caso della Germania, in via subordinata), esse invocano ragioni imperative di interesse generale (12) per giustificare la condizione imposta agli organismi di controllo operanti nel loro territorio di avere ivi una sede.

 Il grado di armonizzazione realizzato dal regolamento

34.      Secondo la giurisprudenza della Corte, laddove la normativa comunitaria abbia operato un’armonizzazione esaustiva delle attività, i provvedimenti nazionali devono essere valutati in rapporto alle disposizioni normative pertinenti e non agli articoli del Trattato (13).

35.      Dietro a questo principio vi è il (ragionevole) assunto che il Consiglio, nel realizzare un’armonizzazione completa in un determinato settore, lo abbia fatto in modo compatibile con le libertà fondamentali sancite nel Trattato. Per questo motivo, la compatibilità della normativa nazionale in casi siffatti deve essere valutata con riferimento al regolamento di armonizzazione, e non al Trattato, perché un’armonizzazione totale c’è già.

36.      Al contrario, i settori esclusi dall’armonizzazione comunitaria rimangono soggetti al potere normativo degli Stati membri, ma questi ultimi devono, nell’esercizio del loro potere, rispettare le libertà fondamentali garantite dal Trattato (14). La Corte ha già applicato tale principio ad una situazione in cui la normativa comunitaria armonizzava certi aspetti delle procedure di controllo ma non il luogo di stabilimento degli organismi di controllo, dichiarando che osta all’art. 49 CE che uno Stato membro chieda ad un’impresa di essere stabilita nel suo territorio per essere riconosciuta quale organismo di controllo (15).

37.      Nel caso di specie mi sembra palese che l’armonizzazione delle attività di controllo non sia completa (16).

38.      Già l’uso dei termini «minimi» e «quadro» nel preambolo denota che l’armonizzazione non è esaustiva. Nella stessa linea, l’art. 9, nn. 3 e 7, lett. a), richiede che siano assicurate «quanto meno» [n. 3], ovvero «almeno» [n. 7, lett. a)], le misure di controllo e le misure precauzionali elencate all’allegato III.

39.      Ancora più notevole è, però, l’art. 3, che stabilisce espressamente che il regolamento si applica, «fatte salve le altre disposizioni comunitarie o nazionali, in conformità del diritto comunitario» in materia.

40.      Il regolamento tace sulla prestazione di servizi in uno Stato membro da parte di un organismo privato stabilito e riconosciuto in un altro Stato membro. Mi risulta difficile leggere l’art. 3 nel senso di escludere tali servizi dall’ambito di applicazione dell’art. 49 CE. La condizione imposta da Austria e Germania agli organismi di controllo di avere una sede d’affari anche nei loro rispettivi territori deve pertanto essere valutata alla luce di detto articolo e delle giustificazioni delle deroghe di cui esso è passibile conformemente al Trattato e alla giurisprudenza della Corte.

 Il problema sollevato dal regolamento

41.      Dal momento che la prestazione di servizi transfrontalieri non è oggetto del regolamento, può essere utile precisare ora il contesto normativo.

42.      Il regolamento n. 2092/91 stabilisce taluni requisiti minimi per prodotti recanti un’indicazione o un logo comunitario che certifichino un metodo di produzione biologico. Esso fa obbligo agli Stati membri di instaurare un sistema di controllo sulla produzione e l’etichettatura di tali prodotti. Lo Stato membro può scegliere di affidare il sistema a una o più autorità statali di controllo e/o ad organismi di controllo privati riconosciuti e controllati da un’autorità statale. Il sistema di controlli deve riuscire a garantire l’applicazione di misure minime.

43.      Ove gli Stati membri abbiano deciso di affidare i controlli esclusivamente ad una o più autorità statali, non sorgono questioni di prestazione di servizi fra Stati. Nessun organismo privato di controllo avrà il potere di effettuare controlli in Stati membri che abbiano adottato una tale decisione, indipendentemente dalla sua nazionalità e dal luogo o dai luoghi di stabilimento. Le autorità statali, per loro stessa natura, non saranno competenti ad effettuare controlli al di fuori del loro territorio.

44.      Ove gli organismi di controllo privati riconosciuti da uno Stato membro desiderino offrire i propri servizi in un altro Stato membro che abbia scelto di attribuire a organismi siffatti la responsabilità dei controlli, il regolamento non stabilisce regole, né fornisce orientamenti. In linea di principio, tali organismi devono comunque poter offrire i propri servizi ai sensi dell’art. 49 CE e subordinatamente alle restrizioni stabilite al riguardo dal Trattato o dalla giurisprudenza della Corte.

45.      Sorgono tuttavia difficoltà pratiche ed è comprensibile che gli Stati membri cerchino di risolverle.

46.      Gli organismi di controllo riconosciuti devono, segnatamente, consentire all’autorità di controllo il libero accesso ai propri uffici ed impianti (art. 9, n. 8, del regolamento). Detta autorità deve garantire in particolare l’obiettività dei controlli effettuati e accertarne l’efficienza (art. 9, n. 6).

47.      Il rispetto dei suddetti obblighi pone problemi nel caso in cui autorità di controllo e organismo di controllo si trovino in Stati membri differenti. Può un’autorità di controllo sottoporre a verifica nel proprio territorio i controlli svolti da un organismo riconosciuto dall’autorità di un altro Stato membro? Può pretendere l’accesso agli uffici e agli impianti di un organismo di controllo in un altro Stato membro, vuoi che abbia riconosciuto essa tale organismo, vuoi che l’abbia riconosciuto l’altro Stato membro? Può verificare i controlli effettuati in un altro Stato membro da parte di un organismo che essa stessa abbia riconosciuto? Sussiste il pericolo che un organismo di controllo possa sfuggire al controllo dei servizi che fornisce in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato riconosciuto?

48.      L’Austria e la Germania, che hanno entrambe optato per un sistema di controllo ad opera di organismi privati riconosciuti, hanno risolto tali problemi richiedendo una sede stabile (o, nel caso della Germania – almeno secondo gli orientamenti – una rappresentanza, che può essere assimilata ad una sede stabile (17)) nel proprio territorio quale conditio sine qua non per essere autorizzati a prestarvi servizi.

49.      Nondimeno sembrerebbe fattibile (e proporzionato) risolvere tali difficoltà anche mediante la cooperazione fra autorità degli Stati membri. Non spetta a questa Corte indicare in che modo – questo è compito dell’organo legislativo della Comunità –, tuttavia durante la fase precontenziosa di entrambe le cause la Commissione ha delineato una possibile procedura abbreviata di riconoscimento adatta allo scopo (18).

50.      Una condizione generale come questa pretesa dall’Austria e dalla Germania risulta, pertanto, in contrasto con l’art. 49 CE, a meno che sia giustificata da motivi ammissibili. L’Austria e la Germania ne hanno addotti due.

 L’esercizio dei pubblici poteri

51.      Ai sensi dell’art. 45 CE (in combinato disposto con l’art. 55 CE), l’art. 49 CE non si applica ad attività che partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri in un dato Stato membro.

52.      Siccome pone una deroga ad una libertà fondamentale sancita dal Trattato, l’art. 45 CE deve essere interpretato in maniera che la sua portata si limiti a quanto è strettamente necessario per tutelare gli interessi che esso stesso permette agli Stati membri di proteggere (19). Si applica, quindi, solo alle attività che, considerate di per sé, costituiscono una partecipazione diretta e specifica all’esercizio di poteri pubblici (20). Restano esclusi i compiti meramente ausiliari e preparatori nei confronti di un organismo che esercita pubblici poteri adottando la decisione finale (21). La verifica che la Corte effettua per determinare se un’attività costituisca esercizio di pubblici poteri ai sensi dell’art. 45 CE è incentrata su ciò, se le decisioni della persona o dell’entità che svolga tale attività siano vincolanti o meno (22).

53.      Nei casi di specie, gli organismi privati riconosciuti sono soggetti alla sorveglianza e al controllo dell’autorità competente nello Stato membro di origine. Gli stessi organismi privati effettuano i controlli necessari ai sensi del regolamento. Essi possono applicare sanzioni, comprese quelle elencate agli artt. 9, n. 9, e 10, n. 3, in caso di violazioni da parte degli operatori. Come sottolinea la Germania, possono anche concedere talune deroghe.

54.      Ciò detto, quello attuato dal regolamento è un sistema in cui, sostanzialmente, gli organismi di controllo gestiscono un regime di certificazione dei prodotti sotto la sorveglianza dell’autorità competente (23). Un utile rinvio, nell’ambito della giurisprudenza della Corte sull’art. 45 CE, può farsi, a mio avviso, ai compiti svolti dai commissari d’assicurazione nella sentenza Thijssen (24). In quel caso i commissari erano autorizzati e sorvegliati dall’Ufficio belga di controllo delle assicurazioni, un ente pubblico. Un’impresa di assicurazione era obbligata a nominare un commissario autorizzato, il quale doveva presentare all’Ufficio di controllo una relazione sull’impresa ed informarlo delle violazioni e di ogni altro fatto che potesse compromettere la situazione finanziaria di quest’ultima. Il commissario aveva il potere di sospendere fino ad otto giorni l’esecuzione di una decisione che avrebbe potuto costituire un illecito penale (25).

55.      La Corte ha dichiarato che i compiti dei commissari erano ausiliari e preparatori alle funzioni dell’Ufficio, il quale adottava le decisioni finali. Essi pertanto non costituivano partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri. Ciò valeva anche per il potere di veto temporaneo, poiché la decisione finale era adottata dall’Ufficio, il quale non era vincolato dal veto del commissario (26).

56.      In sé il regolamento non indica o implica, dunque, che i compiti espletati dagli organismi di controllo privati riconosciuti partecipino all’esercizio dei pubblici poteri nell’accezione della Corte.

57.      Che dire delle modalità in cui, in pratica, il regolamento è stato attuato in Austria e in Germania?

58.      La prassi sembra variare in Germania secondo il Land. Alcuni Länder hanno scelto di delegare i poteri ad organismi di controllo privati o di assegnare loro un ruolo di partecipazione. In altri, gli organismi di controllo privati operano esclusivamente nell’ambito del diritto privato. In ogni caso, tuttavia, gli organismi di controllo sono soggetti alla rispettiva autorità competente.

59.      Il potere degli organismi di controllo di comminare sanzioni varia considerevolmente da un Land all’altro. Alcuni possono adottare, autonomamente o di concerto con l’autorità competente, taluni o tutti i provvedimenti previsti dagli artt. 9, n. 9, e 10, n. 3, del regolamento. In altri casi tali provvedimenti sono presi dalle autorità dei Länder. Dove vi è stata una delega di attribuzioni, tali poteri sono di carattere amministrativo. I provvedimenti possono tuttavia essere anche previsti contrattualmente fra organismi di controllo e produttori, ricadendo così nel diritto privato. Il potere di applicare le sanzioni (nonché di sanzionare talune violazioni) è riservato, con poche eccezioni, alle autorità competenti.

60.      La posizione dell’Austria è più semplice. Sono sempre i Landeshauptmänner che esercitano la sorveglianza sugli organismi di controllo privati e che, agendo sulla base dei pareri (non vincolanti) di questi ultimi, sanzionano le eventuali violazioni.

61.      L’attività degli organismi di controllo privati riconosciuti che maggiormente si avvicina all’esecuzione di un atto ufficiale consiste nell’emissione di certificati. A mio avviso tale attività non costituisce esercizio di pubblici poteri ai fini dell’art. 45 CE (27).

62.      Niente lascia pensare, inoltre, nei casi di specie, che una restrizione totale alla libera prestazione di servizi privati di controllo transfrontalieri in uno Stato membro ospitante che abbia scelto di permettere la prestazione di detti servizi ad organismi privati riconosciuti stabiliti nel suo territorio sia «strettamente necessaria» per tutelare gli interessi degli Stati membri considerati (28).

63.      Il regolamento non impedisce agli Stati membri di delegare poteri amministrativi agli organismi di controllo, e l’Austria e la Germania sono quindi libere di delegare. Nel fare ciò, tuttavia, esse non devono limitare le libertà fondamentali.

64.      L’Austria si basa molto sulla sentenza Van Schaik (29) (relativa all’emissione di certificati di controllo per automobili). L’avvocato generale Jacobs riteneva che tale attività non partecipasse all’esercizio di pubblici poteri (30). La Corte ha dichiarato che «la concessione da parte dello Stato olandese, ad autofficine stabilite in altri Stati membri, del riconoscimento (...) concerne l’estensione di una prerogativa dei pubblici poteri al di fuori del territorio nazionale e pertanto non rientra nell’ambito d’applicazione dell’art. [49] del Trattato» (31).

65.      Non è tuttavia chiaro se l’esercizio di pubblici poteri cui la Corte faceva lì riferimento concernesse il riconoscimento da parte dei Paesi Bassi di autofficine stabilite in altri Stati membri o l’attività specifica della certificazione delle automobili. Nella seconda ipotesi, stupisce che la Corte non abbia motivato la propria decisione (e nemmeno abbia menzionato quello che ora è l’art. 45 CE) alla luce, innanzi tutto, della propria giurisprudenza che restringe il campo di applicazione di tale deroga e, in secondo luogo, del parere contrario espresso dall’avvocato generale. Sono pertanto dell’avviso che la sentenza Van Schaik non aiuti a risolvere i casi di specie.

66.      Concludo che le attività degli organismi di controllo privati riconosciuti non partecipano all’esercizio di pubblici poteri nell’accezione dell’art. 45 CE.

 Le ragioni imperative di interesse generale

67.      In alternativa al motivo di deroga di cui all’art. 45 CE, entrambi gli Stati membri invocano come ragione imperativa la tutela dei consumatori. Essi sono dell’avviso che la condizione che un organismo di controllo privato sia stabilito nel territorio nazionale sia proporzionata allo scopo, in quanto sarebbe necessaria per assicurare l’obiettività e uno standard elevato dei controlli. I compiti di un’autorità di controllo ai sensi dell’art. 9, n. 6, del regolamento sono di carattere continuativo. Essi possono essere espletati in modo efficace solo se organismi di controllo ed autorità competente si trovano nello stesso paese. La procedura di cui all’art. 10 bis, in base alla quale gli altri Stati membri e la Commissione sono informati delle irregolarità dei prodotti, non può essere estesa per analogia agli organismi di controllo. Questi ultimi svolgono compiti distinti secondo gli obblighi loro imposti dal rispettivo Stato membro d’origine. Di conseguenza, anche il livello di controllo è diverso. Una procedura semplificata di autorizzazione, quale propugnata dalla Commissione, sarebbe pertanto inefficace.

68.      Secondo la giurisprudenza della Corte, ragioni imperative di interesse generale possono giustificare una restrizione alla libera prestazione di servizi imposta da un provvedimento nazionale laddove tale interesse non sia già protetto da misure comunitarie di armonizzazione (32) o salvaguardato da disposizioni cui il prestatore di servizi è soggetto nello Stato membro di stabilimento (33). Tale provvedimento restrittivo deve, tuttavia, essere applicato ad ogni persona o impresa che svolga un’attività sul territorio dello Stato membro destinatario e può essere giustificato solo se sia necessario per proteggere gli interessi che intende garantire e ove tale finalità non possa essere assicurata da misure meno restrittive (34).

69.      La tutela dei consumatori può costituire una ragione imperativa di interesse generale (35) e il requisito dello stabilimento si applica sia in Austria sia in Germania a tutti gli organismi di controllo privati che intendono prestare servizi.

70.      Tuttavia, pur non contenendo un’armonizzazione completa del settore dell’agricoltura biologica (36), il regolamento stabilisce criteri di armonizzazione in base ai quali i controlli devono rispettare i medesimi standard minimi in tutta la Comunità. Di conseguenza, se un organismo di controllo è stabilito in un altro Stato membro in cui i propri uffici ed impianti sono controllati dall’autorità nazionale competente, ciò è sufficiente per rendere superflue duplicazioni dei medesimi controlli da parte dell’Austria o della Germania, secondo i casi, e ad escludere qualsiasi giustificazione del requisito dello stabilimento nello Stato ospitante (37).

71.      A mio avviso, la tesi degli Stati membri convenuti fondata sulle ragioni imperative di interesse generale dovrebbe pertanto essere respinta.

 La forma della dichiarazione richiesta

72.      Vorrei affrontare, in chiusura, una questione di dettaglio non priva di significato.

73.      In entrambi i casi la Commissione chiede che sia dichiarato che lo Stato membro ha violato l’art. 49 CE imponendo ad organismi di controllo stabiliti e riconosciuti in un altro Stato membro di avere almeno un’infrastruttura permanente nel territorio nazionale per esercitarvi le loro attività.

74.      Tuttavia, sia in Austria sia in Germania, la prassi (38), come descritto nelle memorie, è nel senso che ai detti organismi è richiesto di avere almeno un’infrastruttura permanente nel territorio nazionale per esservi riconosciuti e che, se le autorità nazionali non li riconoscono, essi non possono espletare in tali Stati attività di controllo.

75.      Gli atti, pertanto, rivelano una situazione più complessa di quanto risulti dalla dichiarazione richiesta dalla Commissione. Dal momento che la situazione descritta nelle memorie comprende quella descritta nella dichiarazione richiesta, nulla osta ad accogliere il ricorso della Commissione in entrambi i casi. La differenza, tuttavia, si ripercuote sui rimedi che dovrebbero essere adottati dagli Stati membri.

76.      In sostanza, se ad un organismo di controllo riconosciuto in uno Stato membro deve essere permesso di prestare i propri servizi liberamente, ma sotto un adeguato controllo, in un altro Stato membro, allora tale secondo Stato ha due opzioni: può o riconoscere esso stesso tale organismo sulla base del riconoscimento originario e successivamente sottoporre le attività da questo espletate nel suo territorio al proprio controllo, o accettare l’organismo di controllo senza ulteriore riconoscimento e controllare le sue attività congiuntamente all’autorità di controllo dello Stato membro d’origine. Sebbene non spetti alla Corte prescrivere un determinato modus operandi, e nonostante sia deplorevole che l’organo legislativo non l’abbia fatto, entrambe le soluzioni mi paiono conformi all’art. 49 CE.

 Spese

77.      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Sono dell’avviso che i ricorsi debbano essere accolti in entrambi i casi e la Commissione ha concluso per la condanna di Germania e Austria al pagamento delle spese.

 Conclusione

78.      Propongo pertanto alla Corte di dichiarare quanto segue:

nella causa C-393/05,

–        la Repubblica d’Austria, avendo richiesto ad organismi di controllo privati nel settore dell’agricoltura biologica, stabiliti e riconosciuti in un altro Stato membro, di avere una sede d’attività economica o un’infrastruttura permanente in Austria per svolgervi le loro attività, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 49 CE;

–        la Repubblica d’Austria è condannata alle spese;

e, nella causa C-404/05,

–        la Repubblica federale di Germania, avendo richiesto ad organismi di controllo privati nel settore dell’agricoltura biologica, stabiliti e riconosciuti in un altro Stato membro, di avere una sede d’attività economica o un’infrastruttura permanente in Germania per svolgervi le loro attività, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 49 CE;

–        la Repubblica federale di Germania è condannata alle spese.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari (GU L 198, pag. 1), come modificato (in prosieguo: il «regolamento»). La versione consolidata applicabile può essere consultata su http://eur‑lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/consleg/1991/R/01991R2092‑20020323‑it.pdf.


3 – V. il quinto ‘considerando’.


4 – V. l’ottavo ‘considerando’.


5 – V. il dodicesimo e il tredicesimo ‘considerando’.


6 – La quale ha ad oggetto gli obblighi incombenti agli organismi che gestiscono sistemi di certificazione dei prodotti.


7 – La Commissione fa osservare che un'attuale proposta di legge prescrive esplicitamente che, per essere riconosciuti, gli organismi di controllo siano stabiliti in Austria.


8 – V. la relazione conclusiva 4 ottobre 2002 del Forschungsinstitut für biologischen Landbau, Berlino, punto 3.3.1.


9 – Cito la versione del 6 aprile 2001. Nella sua lettera di notifica la Commissione fa riferimento ad una versione precedente con una diversa numerazione.


10 – Gesetz zur Durchführung der Rechtsakte der Europäischen Gemeinschaft auf dem Gebiet des ökologischen Landbaus – ÖLG (Öko‑Landbaugesetz) del 10 luglio 2002 (BGBl. I 2002 47, pag. 2558, del 15 luglio 2002).


11 – In un procedimento ai sensi dell’art. 226 CE, il momento rilevante per stabilire se le disposizioni nazionali siano compatibili con gli obblighi di uno Stato membro sanciti dal diritto comunitario è la scadenza del termine stabilito nel parere motivato della Commissione (v., da ultimo, sentenza 7 giugno 2007, causa C‑50/06, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑4383, punto 48). Nel caso di specie il termine era due mesi dalla notifica del parere motivato, datato 16 ottobre 2002.


12 – Quale motivo di giustificazione sviluppato nella giurisprudenza della Corte v., ad esempio, sentenza 30 novembre 1995, causa C‑55/94, Gebhard (Racc. pag. I‑4165, punto 37).


13 – V. sentenza 23 gennaio 2003, causa C‑221/00, Commissione/Austria (Racc. pag. I‑1007, punto 42, e giurisprudenza ivi citata).


14 – V. sentenze 1° febbraio 2001, causa C‑108/96, Mac Quen e a. (Racc. pag. I‑837, punto 24, e giurisprudenza ivi citata), e 11 luglio 2002, causa C‑294/00, Gräbner (Racc. pag. I‑6515, punto 26).


15 – Sentenza 14 dicembre 2006, causa C‑257/05, Commissione/Austria (non pubblicata nella Raccolta, punto 18 e dispositivo). La normativa comunitaria in questione è rappresentata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 maggio 1997, 97/23/CE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di attrezzature a pressione (GU L 181, pag. 1).


16 – Si potrebbe aggiungere che, come osserva la Commissione, il regolamento n. 2092/91 non si fonda sul secondo comma dell'art. 45 CE, ai sensi del quale il Consiglio può escludere talune attività dall'applicazione delle disposizioni del capo sulla libera prestazione di servizi.


17 – V. sentenza 4 dicembre 1986, causa 205/84, Commissione/Germania (Racc. pag. 3755, punto 21). V. anche, in un ambito diverso, l'art. 3 della seconda direttiva del Consiglio 22 giugno 1988, 88/357/CEE, recante coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita, e alla fissazione delle disposizioni volte ad agevolare l'esercizio effettivo della libera prestazione di servizi e che modifica la direttiva 73/239/CEE (GU L 172, pag. 1).


18 – La procedura da essa proposta terrebbe conto degli elementi già debitamente verificati nello Stato membro d'origine, ma lo Stato membro ospitante avrebbe il diritto di assicurarsi che l'organismo di controllo i) sia dotato di personale qualificato, nonché di strutture di carattere amministrativo e tecnico per effettuare i controlli nel proprio territorio, e possa garantire la propria esperienza, affidabilità ed obiettività; ii) effettui controlli adeguati ai sensi dell'art. 9, n. 6, e, soprattutto, informi sistematicamente ed in modo efficiente l'autorità competente circa eventuali irregolarità ed infrazioni; iii) applichi correttamente i criteri del sistema di controllo.


19 – Sentenze 15 marzo 1988, causa 147/86, Commissione/Grecia (Racc. pag. 1637, punto 7); 29 ottobre 1998, causa C‑114/97, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑6717, punto 34), e 30 marzo 2006, causa C‑451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti (Racc. pag. I‑2941, punto 45).


20 – Sentenze 21 giugno 1974, causa 2/74, Reyners (Racc. pag. 631, punto 45), e Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, cit. (punto 46, e giurisprudenza ivi citata).


21 – Sentenza 13 luglio 1993, causa C‑42/92, Thijssen (Racc. pag. I‑4047, punto 22).


22 – V. citate sentenze Reyners (punti 52‑53), Thijssen (punto 21), e 10 dicembre 1991, causa C‑306/89, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑5863, punto 7).


23 – Infatti, ai sensi dell'art. 9, n. 11, del regolamento, essi devono conformarsi alla norma EN 45011, la quale riguarda gli obblighi degli organismi che gestiscono sistemi di certificazione dei prodotti.


24 – Sentenza Thijssen (cit. alla nota 21).


25 – Idem, punti 11 e 16‑19. V. anche la relazione d'udienza.


26 – Idem, punti 21‑22.


27 – V. sentenza Thijssen, citata ai paragrafi 54‑55 e già alla nota 21.


28 – V. paragrafo 52.


29 – Sentenza 5 ottobre 1994, causa C‑55/93 (Racc. pag. I‑4837).


30 – V. paragrafo 17 delle sue conclusioni.


31 – Al punto 16 della sentenza.


32 – Sentenze 25 luglio 1991, causa C‑288/89, Collectieve Antennevoorziening Gouda (Racc. pag. I‑4007, punto 12), e Commissione/Austria (cit. alla nota 15), punto 23.


33 – Sentenze 17 dicembre 1981, causa 279/80, Webb (Racc. pag. 3305, punto 17); Gebhard (cit. alla nota 12), punto 38, e 9 luglio 1997, causa C‑222/95, Parodi (Racc. pag. I‑3899, punto 21, e giurisprudenza ivi citata).


34 – V. citate sentenze Collectieve Antennevoorziening Gouda, punti 12 e 15, e giurisprudenza ivi citata, e Parodi, punto 21.


35 – Sentenza Collectieve Antennevoorziening Gouda, cit., punto 14.


36 – V. paragrafo 40.


37 – V., analogamente, sentenza Commissione/Austria (cit. alla nota 15), punti 26‑27, relativa alla libera prestazione di servizi da parte degli ispettori delle caldaie. Il regolamento n. 2092/91, tuttavia, si differenzia alquanto dalla normativa comunitaria oggetto della sentenza 20 maggio 1992, causa C‑106/91, Ramrath (Racc. pag. I‑3351), su cui l'Austria fondava la propria argomentazione. Tale normativa richiede esplicitamente agli Stati membri di effettuare le loro valutazioni secondo il diritto nazionale. V. suddetta sentenza Ramrath, punto 34.


38 – Si deve ricordare che, almeno all'epoca dei fatti di causa, le norme nazionali delle quali andava accertata la compatibilità erano rappresentate sostanzialmente dalla prassi amministrativa e non dalla legislazione.