Language of document : ECLI:EU:C:2013:270

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

25 aprile 2013 (*)

«Prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo – Direttiva 2005/60/CE – Articolo 22, paragrafo 2 – Decisione 2000/642/GAI – Obbligo a carico degli enti creditizi di segnalare le operazioni finanziarie sospette – Ente operante in regime di libera prestazione dei servizi – Identificazione dell’unità nazionale di informazione finanziaria responsabile della raccolta delle informazioni – Articolo 56 TFUE – Ostacolo alla libera prestazione dei servizi – Esigenze imperative di interesse generale – Proporzionalità»

Nella causa C‑212/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Supremo (Spagna), con decisione del 21 marzo 2011, pervenuta in cancelleria il 9 maggio 2011, nel procedimento

Jyske Bank Gibraltar Ltd

contro

Administración del Estado,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, facente funzione di presidente della Terza Sezione, da K. Lenaerts, E. Juhász, J. Malenovský e D. Šváby (relatore), giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: A. Impellizzeri, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 settembre 2012,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Jyske Bank Gibraltar Ltd, da M. Rubio de Casas, J.M. Olivares Blanco e J. de la Calle y Peral, abogados, nonché da D. Bufalá Balmaseda, procurador;

–        per il governo spagnolo, da A. Rubio González e N. Díaz Abad, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da N. Rouam e G. de Bergues, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Urbani Neri, avvocato dello Stato;

–        per il governo polacco, da B. Czech e M. Szpunar, in qualità di agenti;

–        per il governo rumeno, da R.H. Radu, A. Wellman e R. Nitu, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da J. Baquero Cruz, E. Traversa, S. La Pergola e C. Vrignon, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 ottobre 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (GU L 309, pag. 15).

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la Jyske Bank Gibraltar Ltd (in prosieguo: la «Jyske»), ente creditizio con sede a Gibilterra e operante in Spagna in regime di libera prestazione dei servizi, e l’Administración del Estado in merito alla decisione del Consejo de Ministros (Consiglio dei Ministri) del 23 ottobre 2009 di rigetto del ricorso in opposizione proposto contro la decisione dello stesso Consejo de Ministros del 17 aprile 2009, che aveva inflitto alla Jyske due sanzioni pecuniarie per un importo complessivo di EUR 1 700 000 e due ammonizioni pubbliche a seguito di rifiuto o negligenza nel fornire informazioni richieste dal Servicio Ejecutivo de la Comisión para la Prevención de Blanqueo de Capitales (Servizio esecutivo per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite; in prosieguo: il «Servicio Ejecutivo»).

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        L’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite (GU L 166, pag. 77), come modificata dalla direttiva 2001/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2001 (GU L 344, pag. 76; in prosieguo: la «direttiva 91/308»), stabiliva quanto segue:

«1.      Gli Stati membri provvedono a che gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva nonché i loro amministratori e dipendenti collaborino pienamente con le autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio:

a)      comunicando a tali autorità, di propria iniziativa, ogni fatto che possa costituire indizio di riciclaggio;

b)      fornendo a queste autorità, a loro richiesta, tutte le informazioni necessarie in conformità delle procedure stabilite dalla legislazione vigente.

2.      Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono trasmesse alle autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio dello Stato membro nel cui territorio è situato l’ente o la persona che trasmette le informazioni stesse. Tale trasmissione è effettuata di regola dalla persona o dalle persone designate dagli enti e dalle persone cui si applica la seguente direttiva, secondo le procedure previste all’articolo 11, punto 1, lettera a».

4        La direttiva 91/308 è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2005/60, il cui considerando 40 afferma quanto segue:

«Tenendo conto del carattere internazionale del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, si dovrebbero incoraggiare al massimo il coordinamento e la cooperazione tra le [unità di informazione finanziaria (in prosieguo: le “UIF”)] previsti nella decisione 2000/642/GAI del Consiglio, del 17 ottobre 2000, concernente le modalità di cooperazione tra le UIF degli Stati membri per quanto riguarda lo scambio di informazioni [(GU L 271, pag. 4)], inclusa l’istituzione di una rete delle UIF dell’Unione europea. A tal fine la Commissione dovrebbe prestare l’assistenza necessaria per facilitare tale coordinamento, compresa l’assistenza finanziaria».

5        Ai sensi dell’articolo 5 di tale direttiva, «[p]er impedire il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, gli Stati membri possono adottare o mantenere disposizioni più rigorose nel settore disciplinato dalla presente direttiva».

6        L’articolo 7 della suddetta direttiva stabilisce quanto segue:

«Gli enti e le persone soggetti alla presente direttiva applicano gli obblighi di adeguata verifica della clientela nei casi seguenti:

a)      quando instaurano rapporti d’affari;

b)      quando eseguono transazioni occasionali il cui importo sia pari o superiore a 15 000 EUR, indipendentemente dal fatto che siano effettuate con un’operazione unica o con diverse operazioni che appaiono collegate;

c)      quando vi è sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, indipendentemente da qualsiasi deroga, esenzione o soglia applicabile;

d)      quando vi sono dubbi sulla veridicità o sull’adeguatezza dei dati precedentemente ottenuti ai fini dell’identificazione di un cliente».

7        Ai sensi dell’articolo 21 della stessa direttiva:

«1.      Ciascuno Stato membro istituisce una UIF per combattere efficacemente il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo.

2.      L’UIF è un’unità nazionale centrale. Essa è incaricata di ricevere (e nella misura consentita di richiedere), di analizzare e di comunicare alle autorità competenti le informazioni che riguardano un possibile riciclaggio, un possibile finanziamento del terrorismo o che sono richieste dalle disposizioni legislative o regolamentari nazionali. Ad essa vengono fornite le risorse adeguate per espletare i propri compiti.

3.      Gli Stati membri garantiscono che l’UIF abbia accesso, direttamente o indirettamente, in maniera tempestiva, alle informazioni finanziarie, amministrative e investigative necessarie per assolvere i propri compiti in modo adeguato».

8        L’articolo 22 della direttiva 2005/60 stabilisce quanto segue:

«1.      Gli Stati membri impongono agli enti e alle persone soggetti alla presente direttiva e, se del caso, ai loro amministratori e dipendenti di collaborare pienamente:

a)      informando prontamente l’UIF, di propria iniziativa, quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo;

b)      fornendo prontamente all’UIF, su sua richiesta, tutte le informazioni necessarie secondo le procedure di cui alla legislazione vigente.

2.      Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono trasmesse all’UIF dello Stato membro nel cui territorio è situato l’ente o la persona che trasmette le informazioni stesse. Tale trasmissione è effettuata di regola dalla persona o dalle persone designate secondo le procedure di cui all’articolo 34».

9        Come emerge dall’articolo 3, paragrafi 1 e 2, lettera f), della direttiva 2005/60, gli enti di cui all’articolo 22 della stessa comprendono anche le succursali, ai sensi dell’articolo 1, punto 3, della direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (GU L 126, pag. 1). La succursale è definita in tale ultima disposizione come una sede di attività che costituisce parte, sprovvista di personalità giuridica, di un ente creditizio e che effettua direttamente, in tutto o in parte, le operazioni inerenti all’attività di ente creditizio.

10      L’articolo 1 della decisione 2000/642 stabilisce quanto segue:

«1.      Gli Stati membri si assicurano che le UIF istituite o designate per ricevere informazioni finanziarie nel quadro della lotta al riciclaggio dei proventi di attività illecite cooperino per raccogliere, analizzare e sottoporre a investigazione le informazioni nell’ambito delle UIF relative a ogni fatto che possa costituire indizio di riciclaggio, conformemente alle loro competenze nazionali.

2.      Ai fini del paragrafo 1, gli Stati membri si assicurano che le UIF si scambino, spontaneamente o a richiesta, ai sensi della presente decisione o in conformità di memorandum d’intesa esistenti o futuri, tutte le informazioni disponibili che possano risultare utili per il trattamento o l’analisi di informazioni o per l’investigazione, da parte delle UIF, di operazioni finanziarie connesse con il riciclaggio di denaro e delle persone fisiche o giuridiche in esse implicate.

3.      Lo Stato membro che designa come UIF un’autorità di polizia può stabilire che le informazioni da essa detenute possono essere scambiate, conformemente alla presente decisione, con un’autorità dello Stato membro ricevente, designata a tal fine e competente per le materie di cui al paragrafo 1».

11      Ai sensi dell’articolo 4 di tale decisione:

«1.      Ogni domanda inoltrata ai sensi della presente decisione è accompagnata da una succinta esposizione dei pertinenti elementi noti all’UIF richiedente. L’UIF specifica nella domanda l’uso che sarà fatto delle informazioni richieste.

2.      Allorché una domanda è inoltrata in conformità della presente decisione, l’UIF richiesta fornisce tutte le informazioni pertinenti, tra cui le informazioni finanziarie disponibili e i dati inerenti all’applicazione della legge richiesti nella domanda, senza che sia necessaria una lettera formale di richiesta ai sensi delle convenzioni o degli accordi applicabili tra gli Stati membri.

3.      Un’UIF può rifiutare di comunicare le informazioni che potrebbero compromettere sostanzialmente indagini di carattere penale in corso nello Stato membro richiesto o, in circostanze eccezionali, quando tale comunicazione sarebbe palesemente sproporzionata rispetto agli interessi legittimi di una persona fisica o giuridica o dello Stato membro in questione ovvero non conforme ai principi fondamentali di diritto nazionale. Un siffatto rifiuto è adeguatamente circostanziato all’UIF richiedente».

12      L’articolo 10 della suddetta decisione precisa che quest’ultima si applica a Gibilterra e che a tal fine, e fatto salvo l’articolo 2 della stessa, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord può notificare al Segretariato generale del Consiglio dell’Unione europea l’esistenza di una UIF a Gibilterra.

 Il diritto nazionale

13      La direttiva 91/308 è stata recepita nel diritto spagnolo con la legge 19/1993 recante determinate misure di prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite (Ley 19/1993 sobre determinadas medidas de prevención de blanqueo de capitales), del 28 dicembre 1993 (BOE n. 311, del 29 dicembre 1993, pag. 37327).

14      Secondo l’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, della legge 19/1993:

«Sono soggetti agli obblighi previsti dalla presente legge:

a)      gli enti creditizi.

(…)

Rientrano nell’elenco che precede le persone o gli enti stranieri che, servendosi di succursali o in regime di libera prestazione dei servizi, senza avere una sede stabile, svolgano in Spagna attività che presentano la stessa natura delle attività esercitate dalle persone o dagli enti citati.

Le succitate persone sono anche soggette agli obblighi fissati dalla presente legge in relazione alle operazioni realizzate tramite agenti o tramite altre persone fisiche o giuridiche che intervengono come loro intermediari».

15      Quanto agli obblighi di comunicazione, l’articolo 3 della legge 19/1993 stabiliva quanto segue:

«Per i soggetti menzionati nel precedente articolo si prevedono i seguenti obblighi:

(…)

4.      Collaborare con il [Servicio Ejecutivo], e a tal fine:

a)      comunicare al Servizio, di propria iniziativa, ogni fatto o operazione rispetto a cui esista un indizio o la certezza di collegamenti con il riciclaggio di denaro proveniente dalle attività indicate all’articolo 1. La comunicazione viene effettuata, in linea di principio, dalla persona o dalle persone all’uopo designate dai soggetti obbligati, conformemente alle procedure di cui all’articolo 1, paragrafo 7. Sarà detta persona o saranno le persone così designate a comparire in tutti i procedimenti amministrativi o giudiziari in relazione ai dati ottenuti con la detta comunicazione, o a qualsiasi altra informazione aggiuntiva ad essa correlata.

I casi e le transazioni specifiche che devono essere comunicati in ogni caso al Servicio Ejecutivo sono definiti con regolamento.

Sono altresì oggetto di comunicazione le operazioni che presentano una evidente mancanza di corrispondenza con la natura, il volume di affari o le precedenti operazioni dei clienti, sempreché, in esito all’esame specifico previsto al paragrafo 2, non emergano motivi economici, professionali o commerciali che possano giustificare le operazioni in questione, in relazione alle attività di cui all’articolo 1 della presente legge.

b)      fornire le informazioni richieste dal Servicio Ejecutivo nell’esercizio delle sue competenze.

(…)».

16      L’articolo 16, paragrafo 3, della suddetta legge stabiliva quanto segue:

«In conformità degli orientamenti stabiliti dalla Commissione per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite e dei reati monetari, il Servicio Ejecutivo e, se del caso, la Segreteria [della suddetta Commissione], cooperano con le autorità degli altri Stati membri che esercitano competenze analoghe, sollecitando specialmente la collaborazione delle autorità competenti degli Stati la cui sovranità si estende ai territori confinanti con la Spagna (…)».

17      La legge 19/1993 è stata abrogata dalla legge 10/2010 sulla prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo (Ley 10/2010 de prevención del blanqueo de capitales y de la financiación del terrorismo), del 28 aprile 2010 (BOE n. 103, del 29 aprile 2010, pag. 37458), la quale ha per oggetto la trasposizione della direttiva 2005/60 nell’ordinamento giuridico spagnolo. In conformità all’articolo 48, paragrafo 3, di tale legge, il Servicio Ejecutivo si impegna a collaborare con i suoi omologhi stranieri. È previsto che lo scambio di informazioni si svolga, in particolare, in conformità alla decisione 2000/642 e ai principi fissati dal gruppo informale in seno al quale si riuniscono le UIF di numerosi Stati, incluse quelle degli Stati membri, e che funge anche da forum per lo scambio di informazioni nonché per la cooperazione tra le diverse UIF, detto «gruppo Egmont».

18      L’articolo 5, paragrafo 2, lettera c), del regio decreto 925/1995, recante approvazione del regolamento di attuazione della legge 19/1993, del 28 dicembre 1993, recante determinate misure di prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite (Real Decreto 925/1995 por el que se aprueba el Reglamento de la Ley 19/1993, de 28 de diciembre, sobre determinadas medidas de prevención del blanqueo de capitales), del 9 giugno 1995 (BOE n. 160, del 6 luglio 1995, pag. 20521), impone di comunicare al Servicio Ejecutivo i movimenti sui conti provenienti da o diretti verso i paradisi fiscali.

19      L’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), di tale regio decreto prevede quanto segue:

«In ogni caso, le persone e gli enti obbligati comunicano mensilmente al Servicio Ejecutivo:

(…)

b)      le operazioni effettuate con o da persone fisiche o giuridiche che siano residenti, o che agiscano per conto di queste, nei territori o negli Stati designati a tali effetti con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, nonché le operazioni che implicano il trasferimento di fondi verso o dai suddetti territori o Stati, ovunque si trovi la residenza delle persone che intervengono, purché l’importo delle citate operazioni sia superiore a EUR 30 000 o al suo controvalore in valuta straniera».

20      I territori considerati paradisi fiscali e territori non cooperativi sono stati preventivamente individuati con regio decreto 1080/1991, del 5 luglio 1991 (BOE n. 167, del 13 luglio 1991, pag. 233371), e con decreto ECO/2652/2002, recante attuazione degli obblighi di comunicazione delle operazioni relative a determinati Stati al Servizio Esecutivo della Commissione per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite e dei reati monetari (Orden ECO/2652/2002 por la que se desarrollan las obligaciones de comunicación de operaciones en relación con determinados países al Servicio Ejecutivo de la Comisión de Prevención del Blanqueo de Capitales e Infracciones Monetarias), del 24 ottobre 2002 (BOE n. 260, del 30 ottobre 2002, pag. 38033). Gibilterra figura in questa lista.

21      Secondo il Tribunal Supremo, l’articolo 5 della legge del 2007 sul riciclaggio e sui proventi della criminalità [Crime (Money Laundering and Proceeds) Act 2007], che attua nell’ordinamento giuridico di Gibilterra la direttiva 2005/60, impone il rispetto del segreto bancario.

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

22      La Jyske, società controllata della banca danese NS Jyske Bank, è un ente creditizio con sede a Gibilterra, dove è sottoposta al controllo della Financial Services Commission (Commissione per i servizi finanziari).

23      Secondo la decisione di rinvio, la Jyske, all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, operava in Spagna in regime di libera prestazione dei servizi, cioè senza disporre di alcuna sede sul territorio spagnolo.

24      Il 30 gennaio 2007, l’UIF spagnola, cioè il Servicio Ejecutivo, informava la Jyske che, dal momento che essa non aveva designato un rappresentante autorizzato a trattare con il Servicio, quest’ultimo avrebbe proceduto al controllo della sua struttura organizzativa e delle sue procedure in relazione alle attività da essa svolte in Spagna in regime di libera prestazione dei servizi. In tale occasione, il Servicio Ejecutivo chiedeva alla Jyske di trasmettergli, entro il 1° marzo 2007, documenti e informazioni relative, in particolare, all’identità dei suoi clienti.

25      Tale richiesta veniva avanzata a seguito di un rapporto del Servicio Ejecutivo del 24 gennaio 2007, secondo il quale la Jyske svolgeva in Spagna un’ampia attività consistente, in particolare, nella concessione di mutui assistiti da garanzia ipotecaria finalizzati all’acquisto di immobili in Spagna. Il suddetto rapporto indicava che, «per sviluppare tale attività in Spagna, l’ente dispone di un appoggio o di un sostegno duplice, vale a dire quello della succursale della sua società controllante in Spagna e quello, in particolare, di due studi legali con sede a Marbella [(Spagna)]. Stando alle informazioni pubblicamente disponibili, il titolare di uno di questi studi legali sarebbe stato sottoposto a indagini in quanto sospettato del reato di riciclaggio di capitali e il suo nome apparirebbe, insieme al nome dell’altro studio legale succitato, in numerose operazioni segnalate al Servicio Ejecutivo da altre persone soggette all’obbligo di fornire informazioni in relazione all’esistenza di indizi di riciclaggio». Alla luce di tali elementi, il Servicio Ejecutivo riteneva che esistesse un rischio molto elevato che la Jyske venisse utilizzata per operazioni di riciclaggio nell’ambito delle sue attività svolte in Spagna in regime di libera prestazione dei servizi. Secondo il rapporto del Servicio Ejecutivo del 24 gennaio 2007, il meccanismo utilizzato a tal fine consisteva nella creazione a Gibilterra «di strutture societarie volte, in definitiva, a nascondere l’identità del proprietario finale e reale dei beni immobiliari acquistati in Spagna, essenzialmente sulla Costa del Sol, nonché (…) l’origine dei fondi utilizzati in vista di tale acquisto».

26      Il 23 febbraio 2007, la Jyske inviava una comunicazione al Servicio Ejecutivo in cui lo informava che aveva chiesto un parere alla propria autorità di sorveglianza, la Financial Services Commission, per verificare se essa avesse facoltà di trasmettere tali informazioni senza violare la normativa vigente a Gibilterra in materia di segreto bancario e protezione dei dati personali. Il 14 marzo 2007, tale commissione invitava il Servicio Ejecutivo a partecipare a una procedura di cooperazione reciproca. Con lettera del 2 aprile 2007, il Servicio Ejecutivo comunicava alla suddetta commissione che la Jyske era soggetta agli obblighi in forza delle attività da essa svolte nel territorio spagnolo.

27      Il 12 giugno 2007, la Jyske trasmetteva al Servicio Ejecutivo una parte delle informazioni richieste. Essa si rifiutava, tuttavia, di comunicare i dati relativi all’identità dei suoi clienti, invocando le regole in materia di segreto bancario applicabili a Gibilterra. Tali informazioni non comprendevano neppure le copie relative alle operazioni sospette poste in essere dalla Jyske a partire dal 1° gennaio 2004 nell’ambito delle attività da essa svolte in regime di libera prestazione dei servizi in Spagna.

28      Il 25 ottobre 2007, la segreteria del Servicio Ejecutivo avviava quindi un procedimento sanzionatorio contro la Jyske, contestandole, in particolare, la violazione delle disposizioni della legge 19/1993.

29      All’esito di tale procedimento, il 17 aprile 2009, il Consejo de Ministros affermava che la Jyske, non adempiendo agli obblighi di comunicazione ad essa incombenti in forza della legge 19/1993, si era resa responsabile di un’infrazione molto grave descritta come «[il] rifiuto o [la] negligenza nel fornire le informazioni specifiche richieste per iscritto dal Servicio ejecutivo» e «[la] mancata ottemperanza all’obbligo di fornire le informazioni relative ai casi specifici previsti con regolamento (rendiconti sistematici)». Di conseguenza, esso pronunciava nei confronti della Jyske due ammonizioni pubbliche e le infliggeva due sanzioni pecuniarie per un importo complessivo di EUR 1 700 000.

30      Il 30 aprile 2009, la Jyske proponeva contro tale decisione un ricorso in opposizione al Consejo de Ministros, che veniva respinto da quest’ultimo il 23 ottobre 2009. La Jyske proponeva quindi un ricorso contenzioso amministrativo dinanzi al Tribunal Supremo. A fondamento di tale ricorso, essa afferma di essere soggetta a un obbligo di comunicazione, in forza della direttiva 2005/60, soltanto nei confronti delle autorità di Gibilterra, e sostiene che la normativa spagnola, nella parte in cui estende tale obbligo agli enti creditizi operanti in Spagna in regime di libera prestazione dei servizi, non è conforme alle disposizioni di tale direttiva.

31      È in questo quadro che il Tribunal Supremo ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60 (...), uno Stato membro possa esigere che le informazioni che gli enti creditizi operanti nel suo territorio senza una sede stabile devono fornire siano trasmesse obbligatoriamente e direttamente alle autorità nazionali incaricate della prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite o se, invece, la richiesta di informazioni debba essere rivolta all’[UIF] dello Stato membro nel cui territorio è situato l’ente creditizio interessato».

 Sulla questione pregiudiziale

 Sulla ricevibilità

32      Il Regno di Spagna sostiene che la questione pregiudiziale è irricevibile in quanto di natura puramente ipotetica e priva di qualsiasi legame con l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale, dal momento che riguarda l’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60, la quale doveva essere trasposta al più tardi il 15 dicembre 2007, mentre le richieste di informazioni sono state inviate alla Jyske tra il 30 gennaio e il 12 giugno 2007.

33      A questo proposito, va ricordato che, secondo una costante giurisprudenza, spetta soltanto al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze del caso, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a pronunciarsi (sentenza del 15 gennaio 2013, Križan e a., C‑416/10, punto 53 e giurisprudenza citata).

34      Ne consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sottoposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o con l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenze del 1° giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez, C‑570/07 e C‑571/07, Racc. pag. I‑4629, punto 36, nonché del 5 luglio 2012, Geistbeck, C‑509/10, punto 48).

35      La direttiva 2005/60, della quale si richiede l’interpretazione, è entrata in vigore il 15 dicembre 2005, cioè in data anteriore alle richieste di informazioni inviate dal Servicio Ejecutivo alla Jyske il 30 gennaio e il 12 giugno 2007. Inoltre, sebbene sia certamente vero che il termine per la trasposizione della suddetta direttiva è scaduto solo il 15 dicembre 2007, la controversia di cui al procedimento principale riguarda tuttavia la legittimità della decisione adottata nei confronti della Jyske dal Consejo de Ministros il 23 ottobre 2009, cioè in data successiva alla scadenza di tale termine per la trasposizione.

36      Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Nel merito

37      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60 debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale di uno Stato membro la quale impone agli enti creditizi che svolgono le loro attività sul territorio di tale Stato membro in regime di libera prestazione dei servizi di comunicare direttamente all’UIF del suddetto Stato membro le informazioni richieste a fini di lotta al riciclaggio di capitali.

38      In via preliminare occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, per fornire una soluzione utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la questione (sentenza del 3 aprile 2008, Militzer & Münch, C‑230/06, Racc. pag. I‑1895, punto 19).

39      Nel caso di specie, la risposta alla questione sollevata non dipende soltanto dall’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60, ma impone di tener conto anche, da un lato, dell’insieme delle disposizioni della suddetta direttiva e della decisione 2000/642, e, dall’altro, dell’articolo 56 TFUE.

 Sulla direttiva 2005/60

40      A proposito dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60, dalla sua formulazione emerge chiaramente che gli enti e le persone soggetti agli obblighi derivanti dalla direttiva sono tenuti a trasmettere le informazioni necessarie per prevenire il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo all’UIF dello Stato membro nel cui territorio essi sono situati.

41      Contrariamente a quanto sostenuto dal governo spagnolo, l’espressione «“Stato membro nel cui territorio è situato l’ente o la persona” che trasmette le informazioni stesse» non può essere interpretata nel senso che essa si riferisce, nel caso di attività svolta dall’ente in questione in regime di libera prestazione dei servizi, al territorio dello Stato membro ospitante nel quale l’attività è svolta.

42      Infatti, da un lato, tale interpretazione non corrisponde al significato normale dei termini in questione. Dall’altro, l’articolo 22, paragrafo 2, della suddetta direttiva non distingue tra le prestazioni di servizi fornite nello Stato membro in cui è situato l’ente e quelle effettuate in altri Stati membri in regime di libera prestazione dei servizi, né a fortiori prevede che, per le prestazioni fornite in regime di libera prestazione dei servizi, l’UIF competente debba essere quella dello Stato membro nel quale le suddette prestazioni sono fornite.

43      Ne consegue che l’articolo 22, paragrafo 2, della stessa direttiva deve essere interpretato nel senso che esso prevede che gli enti in questione debbano comunicare le informazioni richieste all’UIF dello Stato membro nel cui territorio essi sono situati, cioè, in caso di operazioni svolte in regime di libera prestazione dei servizi, all’UIF dello Stato membro di origine.

44      È opportuno tuttavia esaminare se tale disposizione osti, per contro, a che lo Stato membro ospitante imponga, ad un ente creditizio che svolge attività sul suo territorio in regime di libera prestazione dei servizi, di comunicare direttamente le informazioni in questione alla propria UIF.

45      A tal proposito occorre rilevare, in primo luogo, che la formulazione dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60 non esclude espressamente tale possibilità.

46      In secondo luogo, va rilevato che, sebbene certamente la direttiva 2005/60 si fondi su una duplice base giuridica, cioè l’articolo 47, paragrafo 2, CE (divenuto articolo 53, paragrafo 1, TFUE) e l’articolo 95 CE (divenuto articolo 114 TFUE), e pertanto miri anche a garantire il corretto funzionamento del mercato interno, tuttavia essa ha come obiettivo principale la prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio di capitali e di finanziamento del terrorismo, come emerge sia dall’intitolazione e dai considerando della stessa, sia dal fatto che essa è stata adottata, al pari della direttiva 91/308 che l’ha preceduta, in un contesto internazionale, per applicare e rendere vincolanti nell’Unione le raccomandazioni del Gruppo d’azione finanziaria internazionale (GAFI), che è il principale organismo internazionale di lotta al riciclaggio di capitali.

47      Di conseguenza, una normativa, come quella di cui al procedimento principale, diretta a consentire alle autorità competenti dello Stato membro ospitante di ottenere le informazioni necessarie per una lotta più efficace al riciclaggio dei capitali e al finanziamento del terrorismo, persegue un obiettivo affine a quello perseguito dalla direttiva 2005/60.

48      In terzo luogo, la direttiva 2005/60 non priva le autorità dello Stato membro in cui sono effettuate le operazioni o le transazioni sospette della loro competenza a svolgere indagini e perseguire i reati in materia di riciclaggio di capitali. Ebbene, è questo il caso quando le operazioni sono realizzate tramite la libera prestazione dei servizi.

49      Ne consegue che l’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60 non osta, in linea di principio, alla normativa di uno Stato membro la quale impone agli enti creditizi che svolgono attività sul suo territorio in regime di libera prestazione dei servizi di comunicare direttamente alla propria UIF le informazioni richieste, nella misura in cui una normativa del genere miri ad accrescere, nel rispetto del diritto dell’Unione, l’efficacia della lotta al riciclaggio di capitali e al finanziamento del terrorismo.

50      Una normativa del genere non può dunque compromettere i principi stabiliti dalla direttiva 2005/60 in merito agli obblighi di dichiarazione degli enti che ad essi sono soggetti, né nuocere all’efficacia delle esistenti forme di cooperazione e scambio di informazioni tra le UIF, quali sono previste dalla decisione 2000/642.

51      A questo proposito, va rilevato che l’adozione da parte di uno Stato membro di una normativa che impone agli enti finanziari con sede in un altro Stato membro e operanti in regime di libera prestazione dei servizi sul suo territorio di comunicare direttamente alla propria UIF le informazioni necessarie a fini di lotta al riciclaggio di capitali e al finanziamento del terrorismo non può esentare gli enti creditizi di cui alla direttiva 2005/60 dal loro obbligo di fornire le informazioni richieste alla UIF dello Stato membro sul cui territorio sono situati, conformemente all’articolo 22 di tale direttiva.

52      D’altra parte, quanto al coordinamento e alla cooperazione tra le UIF, previsti dalla direttiva 2005/60 e dalla decisione 2000/642, dal considerando 40 di tale direttiva emerge che, «[t]enendo conto del carattere internazionale del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, si dovrebbero incoraggiare al massimo il coordinamento e la cooperazione tra le UIF previsti nella decisione 2000/642 (…), inclusa l’istituzione di una rete delle UIF dell’Unione europea».

53      A questo proposito va rilevato innanzitutto che, sebbene la direttiva 2005/60 preveda numerosi obblighi concreti e dettagliati di verifica della clientela, di informazione e di conservazione di documenti, che gli Stati membri devono imporre agli enti finanziari in questione, di contro, per quanto riguarda la cooperazione tra le UIF, essa non prevede alcun obbligo né alcuna procedura, ma si limita a precisare, al suo articolo 38, che la «Commissione presta l’assistenza necessaria per facilitare il coordinamento nonché lo scambio di informazioni tra le UIF all’interno della Comunità».

54      Va rilevato, inoltre, che una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, non viola alcuna disposizione della decisione 2000/642 se l’UIF dello Stato membro che adotta una tale normativa non risulta esentata in alcun modo dal proprio obbligo di cooperare con le UIF degli altri Stati membri e mantiene a sua volta intatto il diritto di richiedere loro la comunicazione di documenti o informazioni a fini di lotta al riciclaggio di capitali.

55      Una simile normativa non pregiudica, infatti, il meccanismo di cooperazione tra le UIF previsto dalla decisione 2000/642, ma prevede, a fianco di quest’ultimo, uno strumento per l’UIF dello Stato membro in questione per ottenere direttamente informazioni nel caso particolare di un’attività svolta in regime di libera prestazione dei servizi sul suo territorio.

56      Da quanto precede deriva che l’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60 non osta ad una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale se quest’ultima risponde alle condizioni enunciate ai punti da 49 a 51 e 54 della presente sentenza.

 Sull’articolo 56 TFUE

57      Al fine di verificare se il diritto dell’Unione sia rispettato, ai sensi del punto 49 della presente sentenza, si deve ancora valutare se l’articolo 56 TFUE non osti a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, in forza della quale un ente creditizio che fornisce servizi sul territorio dello Stato membro in questione senza avervi stabilito una sede è tenuto a comunicare direttamente all’UIF di tale Stato membro ospitante le proprie dichiarazioni di operazioni sospette e le informazioni che tale autorità gli richiede.

58      Da costante giurisprudenza della Corte emerge che l’articolo 56 TFUE impone non solo l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi in base alla sua cittadinanza o al fatto che questi è stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui la prestazione deve essere effettuata, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi (sentenze del 23 novembre 1999, Arblade e a., C‑369/96 e C‑376/96, Racc. pag. I‑8453, punto 33, nonché del 19 dicembre 2012, Commissione/Belgio, C‑577/10, punto 38 e giurisprudenza citata).

59      Una normativa di un primo Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, la quale impone all’ente creditizio operante in regime di libera prestazione dei servizi sul territorio di questo primo Stato membro a partire dal territorio di un altro Stato membro un obbligo di fornire informazioni direttamente all’UIF del primo Stato membro, costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi, in quanto essa comporta difficoltà e costi aggiuntivi per le attività svolte in regime di libera prestazione dei servizi, ed è tale da aggiungersi ai controlli già effettuati nello Stato membro in cui ha sede l’ente creditizio in questione, così dissuadendo quest’ultimo dal dedicarsi alle suddette attività.

60      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante della Corte, una normativa nazionale che ricada in un settore non oggetto di armonizzazione completa a livello dell’Unione e che si applichi indistintamente a qualsivoglia soggetto o impresa che eserciti un’attività sul territorio dello Stato membro interessato può risultare giustificata, malgrado i suoi effetti restrittivi sulla libera prestazione dei servizi, se risponde a esigenze imperative di interesse generale, qualora tale interesse non sia già tutelato dalle norme cui il prestatore è soggetto nello Stato membro in cui è stabilito, se è idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e se non va oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (v. sentenze Arblade e a., cit., punti 34 e 35, nonché del 21 settembre 2006, Commissione/Austria, C‑168/04, Racc. pag. I‑9041, punto 37).

61      Ebbene, la lotta al riciclaggio di capitali non è oggetto di armonizzazione completa a livello dell’Unione. Infatti, la direttiva 2005/60 attua un’armonizzazione minima e, in particolare, il suo articolo 5 permette agli Stati membri di adottare disposizioni più rigorose nella misura in cui tali disposizioni mirano a rafforzare la lotta al riciclaggio di capitali o al finanziamento del terrorismo.

–       Motivi imperativi di interesse generale

62      La prevenzione e la lotta contro il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo costituiscono obiettivi legittimi al raggiungimento dei quali gli Stati membri si sono impegnati sia a livello internazionale sia a livello dell’Unione.

63      Come afferma il considerando 1 della direttiva 2005/60, che mira ad attuare a livello dell’Unione le raccomandazioni del GAFI, «[f]lussi ingenti di denaro proveniente da attività criminose possono danneggiare la stabilità e la reputazione del settore finanziario e minacciare il mercato unico; il terrorismo scuote le fondamenta stesse della nostra società». Analogamente, il considerando 3 della suddetta direttiva sottolinea che «i soggetti che riciclano denaro e i soggetti che finanziano il terrorismo potrebbero tentare di approfittare della libertà dei movimenti di capitale e della libertà di prestare servizi finanziari (…), per esercitare più agevolmente le proprie attività criminose».

64      La Corte peraltro ha già riconosciuto che la lotta contro il riciclaggio di capitali, che si ricollega all’obiettivo di tutela dell’ordine pubblico, costituisce un obiettivo legittimo tale da giustificare un ostacolo alla libera prestazione dei servizi (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2011, Zeturf, C‑212/08, Racc. pag. I‑5633, punti 45 e 46).

–       Idoneità della normativa nazionale in questione a conseguire gli obiettivi da essa perseguiti

65      Dal momento che le autorità dello Stato membro ospitante dispongono di una competenza esclusiva quanto all’incriminazione, al perseguimento e alla punizione dei reati, come quelli di riciclaggio di capitali o finanziamento del terrorismo, commessi sul territorio dello stesso, risulta giustificato il fatto che le informazioni relative alle operazioni sospette effettuate sul territorio del suddetto Stato membro siano trasmesse all’UIF di quest’ultimo. Una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale consente allo Stato membro in questione di esigere, tutte le volte che sussiste un ragionevole dubbio circa la legalità di un’operazione finanziaria, la comunicazione delle informazioni che esso ritiene utili affinché le autorità nazionali possano adempiere la loro missione e, se del caso, perseguire e punire i responsabili.

66      Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 109 delle sue conclusioni, una simile normativa permette allo Stato membro in questione di controllare la totalità delle transazioni finanziarie compiute nel suo territorio da parte degli enti creditizi, a prescindere dalle modalità che questi hanno scelto per prestare i loro servizi, per il tramite di una sede sociale o di una succursale o in regime di libera prestazione dei servizi. In questo modo, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte secondo la quale una normativa nazionale è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo addotto solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico (sentenza del 10 marzo 2009, Hartlauer, C‑169/07, Racc. pag. I‑1721, punto 55), tutti gli operatori sono soggetti a obblighi simili dal momento in cui essi svolgono le loro attività sullo stesso territorio nazionale e offrono servizi finanziari simili che possono, su scala più o meno ampia, essere impiegati a fini di riciclaggio di capitali o di finanziamento del terrorismo.

67      Di conseguenza, una normativa nazionale come quella oggetto della controversia principale, la quale impone di comunicare all’UIF dello Stato membro ospitante informazioni sulle operazioni realizzate in regime di libera prestazione di servizi sul territorio di tale Stato membro, appare come una misura idonea a conseguire, in modo efficace e coerente, l’obiettivo perseguito dalla suddetta normativa nazionale.

–       Proporzionalità

68      Secondo una giurisprudenza costante, una misura restrittiva della libera prestazione dei servizi è proporzionata solamente quando sia idonea a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti e non vada al di là di quanto necessario per il loro conseguimento (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2006, Commissione/Francia, C‑255/04, Racc. pag. I‑5251, punto 44 e giurisprudenza citata).

69      Al fine di lottare efficacemente contro il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo, uno Stato membro deve poter ottenere le informazioni necessarie che gli consentono di scoprire e di perseguire gli eventuali reati del genere che siano commessi sul suo territorio o che coinvolgano individui residenti nello stesso.

70      Una normativa nazionale come quella oggetto della controversia principale, la quale impone agli enti creditizi operanti in regime di libera prestazione dei servizi sul suo territorio di fornire direttamente tali informazioni alla propria UIF, risulterà tuttavia proporzionata solo se il meccanismo previsto all’articolo 22 della direttiva 2005/60, in combinato con la decisione 2000/642, non consente già alla suddetta UIF di ottenere tali informazioni tramite l’UIF dello Stato membro in cui è situato l’ente creditizio e di lottare in maniera altrettanto efficace contro il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo.

71      Il fatto che l’UIF dello Stato membro ospitante ottenga le informazioni necessarie dall’UIF dello Stato membro di origine implica, infatti, per l’ente creditizio in questione, un onere amministrativo e finanziario meno gravoso rispetto all’obbligo di fornire direttamente le suddette informazioni all’UIF dello Stato membro ospitante. Da un lato, può accadere che l’UIF dello Stato membro di origine detenga già le informazioni richieste, dal momento che l’ente creditizio è tenuto a comunicargli le informazioni ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60. Dall’altro, anche nell’ipotesi in cui l’UIF dello Stato membro nel quale ha sede l’ente creditizio debba richiederle a sua volta a tale ente, l’onere amministrativo sarebbe meno gravoso, in quanto l’ente creditizio dovrebbe rispondere ad un solo interlocutore.

72      È opportuno dunque esaminare se il meccanismo di cooperazione e scambio di informazioni attuato dalla decisione 2000/642 consenta allo Stato membro ospitante di lottare in maniera efficace in ogni circostanza contro il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo in relazione alle attività degli enti creditizi svolte in regime di libera prestazione dei servizi sul suo territorio.

73      A questo proposito, va rilevato che tale meccanismo di cooperazione tra UIF presenta talune lacune.

74      Innanzitutto, va rilevato che la decisione 2000/642 prevede importanti deroghe all’obbligo dell’UIF interpellata di comunicare all’UIF richiedente le informazioni richieste. Così, l’articolo 4, paragrafo 3, di tale decisione prevede che un’UIF possa rifiutarsi di effettuare la comunicazione quando essa riguardi informazioni che potrebbero compromettere sostanzialmente indagini di carattere penale in corso nello Stato membro richiesto o quando tale comunicazione implichi effetti palesemente sproporzionati rispetto agli interessi legittimi di una persona fisica o giuridica o dello Stato membro in questione, ovvero ancora quando essa comporti una violazione dei principi fondamentali di diritto nazionale, senza tuttavia definire tali nozioni.

75      Allo stesso modo, è evidente che, in materia di lotta contro i fenomeni del riciclaggio di capitali o del finanziamento del terrorismo e, a fortiori, per quanto riguarda la prevenzione di tali fenomeni, la reazione delle autorità deve essere più rapida possibile. L’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2005/60 precisa peraltro espressamente che l’ente creditizio deve fornire le informazioni in questione prontamente, che si tratti delle dichiarazioni spontanee di operazioni sospette o delle informazioni necessarie richieste dall’UIF competente. Di conseguenza, la comunicazione delle informazioni necessarie effettuata direttamente all’UIF dello Stato membro sul cui territorio le operazioni sono realizzate appare lo strumento più appropriato per garantire una lotta efficace contro il riciclaggio di capitali o il finanziamento del terrorismo.

76      Inoltre, la decisione 2000/642 non prevede un termine per la comunicazione delle informazioni da parte dell’UIF richiesta, né sanzioni per il caso di mancata esecuzione o di rifiuto ingiustificato da parte dell’UIF interpellata di comunicare le informazioni richieste.

77      Infine, è giocoforza constatare che il ricorso al meccanismo di cooperazione tra le UIF finalizzato a ottenere le informazioni necessarie per lottare contro il riciclaggio di capitali o il finanziamento del terrorismo solleva difficoltà particolari quando si tratti di attività svolte in regime di libera prestazione dei servizi.

78      Da un lato, in questo quadro, è l’UIF dello Stato membro ospitante sul cui territorio le operazioni finanziarie incriminate sono realizzate a disporre della conoscenza più approfondita dei rischi legati al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo nel territorio nazionale. Essa viene infatti informata dell’insieme dei fatti che possono essere collegati a reati finanziari su detto territorio non soltanto dagli enti e dalle persone considerati dalla direttiva 2005/60, ma anche dall’insieme delle autorità nazionali competenti a perseguire e sanzionare i reati finanziari, che si tratti di autorità amministrative, giudiziarie o di polizia, oppure ancora di organi di vigilanza sulla borsa o sui prodotti finanziari derivati.

79      D’altro canto, per poter effettuare una richiesta di informazioni tramite il meccanismo di cooperazione tra le UIF previsto dalla decisione 2000/642, l’UIF deve già essere in possesso di informazioni che lascino emergere sospetti di riciclaggio di capitali o di finanziamento del terrorismo. Dal momento che le dichiarazioni relative a operazioni sospette sono effettuate, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60, all’UIF dello Stato membro di origine e che la decisione 2000/642 non prevede l’obbligo di comunicarle d’ufficio all’UIF dello Stato membro ospitante, quest’ultima disporrà solo raramente delle informazioni a sostegno dei sospetti necessarie per effettuare una richiesta di informazioni all’UIF dello Stato membro di origine.

80      Peraltro, sebbene un obbligo di dichiarazione all’UIF dello Stato membro ospitante comporti spese e oneri amministrativi ulteriori per gli enti creditizi operanti in regime di libera prestazione dei servizi, questi saranno assai limitati in quanto tali enti creditizi sono già tenuti a creare la struttura necessaria per la comunicazione di informazioni all’UIF dello Stato membro in cui hanno sede.

81      Pertanto, una normativa nazionale di uno Stato membro ospitante, come quella oggetto della controversia principale, soddisfa il requisito della proporzionalità nella misura in cui essa impone agli enti creditizi con sede in un altro Stato membro, con riferimento alle operazioni realizzate in regime di libera prestazione dei servizi, di comunicare le informazioni necessarie per la lotta contro il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo direttamente all’UIF dello Stato membro ospitante soltanto in assenza di un meccanismo efficace che garantisca una cooperazione piena e completa tra le UIF e che permetta di lottare in maniera altrettanto efficace contro il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo.

82      Nel caso di specie, la normativa spagnola oggetto della controversia principale impone agli enti creditizi i quali, servendosi di succursali o in regime di libera prestazione dei servizi, svolgono attività in Spagna senza avervi una sede stabile di comunicare direttamente all’UIF spagnola le operazioni che implicano trasferimenti di fondi provenienti da taluni territori o ad essi destinati, se il valore delle operazioni in questione supera EUR 30 000.

83      Una normativa del genere, che impone la comunicazione non di qualunque operazione effettuata in regime di libera prestazione dei servizi sul territorio spagnolo, ma soltanto di quelle che, secondo criteri obiettivi posti dal legislatore nazionale, devono essere considerate sospette, non appare sproporzionata.

84      Infine, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 115 delle sue conclusioni, tale normativa, assoggettando agli obblighi da essa imposti tutti gli enti creditizi e tutte le persone o entità stranieri che svolgono attività in Spagna mediante una sede centrale, una succursale o in regime di libera prestazione dei servizi, non appare discriminatoria.

85      Sulla base dell’insieme delle considerazioni che precedono occorre rispondere alla questione sollevata nel modo seguente:

–        l’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60 deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa di uno Stato membro la quale impone agli enti creditizi di comunicare direttamente all’UIF di tale Stato le informazioni richieste a fini di lotta al riciclaggio di capitali e al finanziamento del terrorismo quando tali enti svolgono le loro attività sul territorio nazionale in regime di libera prestazione dei servizi, a patto che tale normativa non pregiudichi l’effetto utile della suddetta direttiva nonché della decisione 2000/642;

–        l’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una siffatta normativa qualora quest’ultima sia giustificata da esigenze imperative di interesse generale, sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo da essa perseguito, non ecceda quanto necessario per raggiungerlo e si applichi in modo non discriminatorio, ciò che spetta al giudice nazionale accertare, tenuto conto delle seguenti considerazioni:

–        una siffatta normativa è atta a conseguire l’obiettivo della prevenzione del riciclaggio di capitali e del finanziamento del terrorismo se permette allo Stato membro in questione di sorvegliare e sospendere effettivamente le operazioni finanziarie sospette realizzate dagli enti creditizi che prestano i loro servizi nel territorio nazionale e, se del caso, di perseguire e punire i responsabili;

–        l’obbligo imposto da tale normativa agli enti creditizi che esercitano le loro attività in regime di libera prestazione dei servizi può costituire una misura proporzionata al perseguimento di tale obiettivo in mancanza, all’epoca dei fatti all’origine del procedimento principale, di meccanismi efficaci idonei a garantire una cooperazione piena e completa tra le UIF.

 Sulle spese

86      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, deve essere interpretato nel senso che non osta alla normativa di uno Stato membro la quale impone agli enti creditizi di comunicare direttamente all’unità di informazione finanziaria di tale Stato le informazioni richieste a fini di lotta al riciclaggio di capitali e al finanziamento del terrorismo quando tali enti svolgono le loro attività sul territorio nazionale in regime di libera prestazione dei servizi, a patto che tale normativa non pregiudichi l’effetto utile della suddetta direttiva nonché della decisione 2000/642/GAI del Consiglio, del 17 ottobre 2000, concernente le modalità di cooperazione tra le unità di informazione finanziaria degli Stati membri per quanto riguarda lo scambio di informazioni.

L’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una siffatta normativa qualora quest’ultima sia giustificata da esigenze imperative di interesse generale, sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo da essa perseguito, non ecceda quanto necessario per conseguirlo e si applichi in modo non discriminatorio, ciò che spetta al giudice nazionale accertare, tenuto conto delle seguenti considerazioni:

–        una siffatta normativa è atta a conseguire l’obiettivo della prevenzione del riciclaggio di capitali e del finanziamento del terrorismo se permette allo Stato membro in questione di sorvegliare e sospendere effettivamente le operazioni finanziarie sospette realizzate dagli enti creditizi che prestano i loro servizi nel territorio nazionale e, se del caso, di perseguire e punire i responsabili;

–        l’obbligo imposto da tale normativa agli enti creditizi che esercitano le loro attività in regime di libera prestazione dei servizi può costituire una misura proporzionata al perseguimento di tale obiettivo in mancanza, all’epoca dei fatti all’origine del procedimento principale, di meccanismi efficaci idonei a garantire una cooperazione piena e completa tra le unità di informazione finanziaria.

Firme


* Lingua processuale: lo spagnolo.