Language of document : ECLI:EU:C:2014:13

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

16 gennaio 2014 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 16, paragrafi 2 e 3 – Diritto di soggiorno permanente dei cittadini di paesi terzi familiari di un cittadino dell’Unione – Considerazione dei periodi di detenzione di tali cittadini»

Nella causa C‑378/12,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber), London (Regno Unito), con decisione dell’11 luglio 2012, pervenuta in cancelleria il 3 agosto 2012, nel procedimento

Nnamdi Onuekwere

contro

Secretary of State for the Home Department,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta (relatore), presidente di sezione, J.L. da Cruz Vilaça, G. Arestis, J.‑C. Bonichot e A. Arabadjiev, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: A. Impellizzeri, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 giugno 2013,

considerate le osservazioni presentate:

–        per N. Onuekwere, da M. Henderson e C. Meredith, barristers, su incarico di D. Furner, solicitor;

–        per il governo del Regno Unito, da S. Brighouse e H. Walker, in qualità di agenti, assistite da R. Palmer, barrister;

–        per il governo ceco, da M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da T. Henze e J. Möller, in qualità di agenti;

–        per l’Irlanda, da E. Creedon, in qualità di agente;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Palatiello, avvocato dello Stato;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna e M. Szpunar, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da M.Wilderspin e C. Tufvesson, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 ottobre 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 16, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e rettifiche in GU 2004, L 229, pag. 35, e GU 2005, L 197, pag. 34).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Onuekwere e il Secretary of State for the Home Department (Ministro dell’Interno; in prosieguo: il «Secretary of State») in merito a una decisione che nega al sig. Onuekwere il beneficio di una carta di soggiorno permanente come familiare di un cittadino dell’Unione.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        Ai sensi dei considerando 17 e 18 della direttiva 2004/38:

«(17)      Un diritto di (...) soggiorno permanente per i cittadini dell’Unione che hanno scelto di trasferirsi a tempo indeterminato nello Stato membro ospitante rafforzerebbe il senso di appartenenza alla cittadinanza dell’Unione e costituisce un essenziale elemento di promozione della coesione sociale, che è uno degli obiettivi fondamentali dell’Unione. Occorre quindi istituire un diritto di soggiorno permanente per tutti i cittadini dell’Unione ed i loro familiari che abbiano soggiornato nello Stato membro ospitante per un periodo ininterrotto di cinque anni conformemente alle condizioni previste dalla presente direttiva e senza diventare oggetto di una misura di allontanamento.

(18)      Per costituire un autentico mezzo di integrazione nella società dello Stato membro ospitante in cui il cittadino dell’Unione soggiorna, il diritto di soggiorno permanente non dovrebbe, una volta ottenuto, essere sottoposto ad alcuna condizione».

4        L’articolo 2 della direttiva 2004/38, rubricato «Definizioni», così recita:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1)      “cittadino dell’Unione”: qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;

2)      “familiare”:

a)      il coniuge;

(...)

3)      “Stato membro ospitante”: lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno».

5        L’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, intitolato «Aventi diritto», così dispone:

«1. La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo».

6        L’articolo 7 della richiamata direttiva, intitolato «Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi», è formulato nei termini seguenti:

«1.      Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a)      di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o

b)      di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o

c)      –       di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione professionale,

      –      di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o

d)      di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c).

2.      Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alle condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c).

(...)

4.      In deroga al paragrafo 1, lettera d) e al paragrafo 2, soltanto il coniuge, il partner che abbia contratto un’unione registrata prevista all’articolo 2, punto 2, lettera b) e i figli a carico godono del diritto di soggiorno in qualità di familiari di un cittadino dell’Unione che soddisfa le condizioni di cui al paragrafo 1, lettera c). L’articolo 3, paragrafo 2, si applica ai suoi ascendenti diretti e a quelli del coniuge o partner registrato».

7        Collocato nel capo IV della direttiva 2004/38, rubricato «Diritto di soggiorno permanente», l’articolo 16 della direttiva medesima, a sua volta intitolato «Norma generale per i cittadini dell’Unione e i loro familiari», così recita:

«1.      Il cittadino dell’Unione che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in detto Stato. Tale diritto non è subordinato alle condizioni di cui al capo III.

2.      Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che abbiano soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni assieme al cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante.

3.      La continuità della residenza non è pregiudicata da assenze temporanee che non superino complessivamente sei mesi all’anno né da assenze di durata superiore per l’assolvimento degli obblighi militari né da un’assenza di dodici mesi consecutivi al massimo dovuta a motivi rilevanti, quali gravidanza e maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o il distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un paese terzo.

4.      Una volta acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni consecutivi».

 Il diritto del Regno Unito

8        Il regolamento del 2006 in materia di immigrazione (Spazio economico europeo) [Immigration (European Economic Area) Regulations 2006] dà attuazione, nel diritto del Regno Unito, alle disposizioni della direttiva 2004/38.

9        Sotto la rubrica «Diritto di soggiorno permanente», l’articolo 15 del richiamato regolamento opera la trasposizione dell’articolo 16 della direttiva 2004/38.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

10      Il sig. Onuekwere è cittadino nigeriano. Il 2 dicembre 1999 ha contratto matrimonio con una cittadina irlandese che esercitava il suo diritto di libera circolazione e di soggiorno nel Regno Unito, con la quale ha avuto due figli. Il 5 settembre 2000 ha ottenuto, in quanto familiare di un cittadino dell’Unione, un permesso di soggiorno nel Regno Unito della validità di cinque anni.

11      Il 26 giugno 2000 il sig. Onuekwere è stato condannato a nove mesi di reclusione con sospensione della pena per due anni, condanna che non ha dato luogo all’effettiva incarcerazione dell’interessato.

12      Il 16 settembre 2004 il sig. Onuekwere è stato nuovamente condannato per un reato commesso nel 2003. Sebbene la pena detentiva pronunciata fosse di due anni e sei mesi, egli è stato rilasciato il 16 novembre 2005. Tuttavia, con decisione del 18 novembre 2005, il Secretary of State ha disposto l’espulsione del sig. Onuekwere dal Regno Unito. Tale decisione è stata annullata in quanto il sig. Onuekwere era coniugato con una cittadina dell’Unione che esercitava i diritti conferiti dal Trattato CE.

13      Nel gennaio del 2008 il sig. Onuekwere è stato nuovamente incarcerato per un altro reato. L’8 maggio 2008 è stato condannato a due anni e tre mesi di reclusione. Il 6 febbraio 2009 il sig. Onuekwere è stato rilasciato, ma il Secretary of State ha nuovamente disposto la sua espulsione dal Regno Unito. Il 29 giugno 2010 l’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber), London, ha tuttavia annullato la decisione del Secretary of State che pronunciava tale espulsione. Pur avendo accertato che il diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16 della direttiva 2004/38 era stato acquisito soltanto dalla moglie del sig. Onuekwere, tale giudice ha considerato che gli elementi peculiari della situazione del sig. Onuekwere fossero prevalenti rispetto all’interesse pubblico alla sua espulsione per motivi di ordine pubblico.

14      Successivamente il sig. Onuekwere ha presentato domanda di carta di soggiorno permanente, respinta dal Secretary of State con decisione del 24 settembre 2010. Pur avendo considerato che il sig. M. Onuekwere godeva di un diritto di soggiorno, il First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) ha comunque confermato l’insussistenza di un diritto di soggiorno permanente dell’interessato, che ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio.

15      Tale giudice osserva che, escludendo i periodi di detenzione del sig. Onuekwere, di una durata complessiva di tre anni e tre mesi, dal calcolo della durata del soggiorno di quest’ultimo nel Regno Unito, tale soggiorno, seppure interrotto da tali periodi, risulta di una durata superiore a cinque anni. Per contro, se detti periodi dovessero essere presi in considerazione, il soggiorno del sig. Onuekwere nel Regno Unito sarebbe di nove anni e tre mesi alla data della decisione oggetto della controversia principale e di più di dieci anni alla data della proposizione della domanda di pronuncia pregiudiziale.

16      In tale contesto l’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber), London, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      A quali condizioni, laddove esistano, un periodo di detenzione integri un soggiorno legale ai fini dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16 della direttiva 2004/38.

2)      Se, qualora un periodo di detenzione non integri un soggiorno legale, una persona che ha scontato un periodo di detenzione possa sommare i periodi di soggiorno precedenti e successivi alla detenzione ai fini del calcolo dei cinque anni necessari per acquisire il diritto di soggiorno permanente ai sensi della direttiva 2004/38».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

17      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che i periodi di detenzione nello Stato membro ospitante di un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in tale Stato membro per detti periodi, possano essere presi in considerazione ai fini dell’acquisizione, da parte di tale cittadino, del diritto di soggiorno permanente ai sensi di tale disposizione.

18      In via preliminare, si deve ricordare che, conformemente all’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, l’acquisizione del diritto di soggiorno permanente dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dipende in ogni caso dal fatto che, da un lato, il cittadino stesso risponda alle condizioni stabilite all’articolo 16, paragrafo 1, di detta direttiva e che, dall’altro, i familiari di cui trattasi abbiano soggiornato assieme al suddetto cittadino durante il periodo in questione (v. sentenza dell’8 maggio 2013, Alarape e Tijani, C‑529/11, punto 34), in via continuativa.

19      A tale proposito, l’obbligo dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro di soggiornare assieme a detto cittadino nello Stato membro ospitante durante il periodo in questione implica per essi l’esistenza necessaria e concomitante di un diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, in qualità di familiari che accompagnano o raggiungono il cittadino medesimo, in maniera tale che soltanto i periodi di soggiorno di tali familiari che rispondono alla condizione prevista dall’articolo 7, paragrafo 2, della stessa possono essere presi in considerazione (v. sentenza Alarape e Tijani, cit., punti 36 e 37).

20      Secondo il sig. Onuekwere, poiché al momento dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente da parte di sua moglie, quest’ultima aveva soddisfatto le condizioni elencate all’articolo 7, paragrafo 1, lettere a), b) o c), della direttiva 2004/38, per un periodo continuativo di cinque anni, egli aveva a sua volta adempiuto la condizione prevista dall’articolo 7, paragrafo 2, di tale direttiva durante tale medesimo periodo di soggiorno nello Stato membro ospitante, cosicché detto periodo dovrebbe essere preso in considerazione ai fini dell’acquisizione, da parte sua, del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, della richiamata direttiva, e ciò nonostante il fatto che per una parte di tale periodo egli fosse detenuto.

21      Come rilevato da tutti gli Stati membri che hanno presentato osservazioni e dalla Commissione europea, tale argomento non può essere accolto.

22      Invero, dai termini stessi nonché dalla finalità dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 emerge che i periodi di detenzione non possono essere presi in considerazione ai fini dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente ai sensi di tale disposizione.

23      Da un lato, come rammentato al punto 18 della presente sentenza, l’acquisizione, a norma di tale articolo 16, paragrafo 2, del diritto di soggiorno permanente dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dipende in ogni caso non soltanto dal fatto che il cittadino stesso risponda alle condizioni stabilite all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, ma anche dal fatto che tali familiari abbiano soggiornato legalmente durante il periodo in questione in via continuativa «assieme» a detto cittadino, laddove il termine «assieme» rafforza la condizione secondo la quale detti familiari devono accompagnare o raggiungere il cittadino medesimo.

24      Dall’altro lato, si deve ricordare che, come evidenziato dal considerando 17 della direttiva 2004/38, il diritto di soggiorno permanente costituisce un essenziale elemento di promozione della coesione sociale ed è stato previsto da tale direttiva per rafforzare il sentimento di appartenenza alla cittadinanza dell’Unione, sicché il legislatore dell’Unione ha subordinato l’ottenimento del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 all’integrazione del cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante (v. sentenza del 7 ottobre 2010, Lassal, C‑162/09, Racc. pag. I‑9217, punti 32 e 37).

25      Tale integrazione, sottesa all’acquisizione del diritto di soggiorno permanente previsto dall’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, è coniugata non solo a elementi spaziali e temporali, ma anche ad elementi qualitativi, relativi al grado di integrazione nello Stato membro ospitante (v. sentenza del 21 luglio 2011, Dias, C‑325/09, Racc. pag. I‑6387, punto 64), al punto che la compromissione del legame d’integrazione tra la persona di cui trattasi e lo Stato membro ospitante giustifica la perdita del diritto di soggiorno permanente anche al di là dell’ipotesi contemplata dall’articolo 16, paragrafo 4, della direttiva 2004/38 (v., in tal senso, sentenza Dias, cit., punti 59, 63 e 65).

26      Orbene, il fatto che il giudice nazionale abbia inflitto una pena detentiva senza sospensione è idoneo a dimostrare il mancato rispetto, da parte della persona di cui trattasi, dei valori espressi dalla società dello Stato membro ospitante nel diritto penale di quest’ultimo, di modo che la considerazione dei periodi di detenzione ai fini dell’acquisizione, da parte dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, sarebbe manifestamente in contrasto con l’obiettivo perseguito da tale direttiva attraverso la creazione di detto diritto di soggiorno.

27      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 dev’essere interpretato nel senso che i periodi di detenzione nello Stato membro ospitante di un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in tale Stato membro durante detti periodi, non possono essere presi in considerazione ai fini dell’acquisizione, da parte di tale cittadino, del diritto di soggiorno permanente ai sensi di tale disposizione.

 Sulla seconda questione

28      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 16, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che la continuità del soggiorno è interrotta da periodi di detenzione nello Stato membro ospitante di un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in tale Stato membro per tali periodi.

29      In proposito si deve constatare che, come ricordato al punto 18 della presente sentenza, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, l’acquisizione del diritto di soggiorno permanente da parte dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dipende, tra altre condizioni, dal fatto che tali familiari abbiano soggiornato legalmente assieme a tale cittadino per un periodo continuativo di cinque anni.

30      Detta condizione di continuità del soggiorno legale risponde all’obbligo d’integrazione sotteso all’acquisizione del diritto di soggiorno permanente, ricordato ai punti 24 e 25 della presente sentenza, e al contesto generale della direttiva 2004/38, che ha previsto un sistema graduale per quanto riguarda il diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante, il quale, riprendendo sostanzialmente le fasi e le condizioni previste nei diversi strumenti del diritto dell’Unione e nella giurisprudenza anteriori a tale direttiva, sfocia nel diritto di soggiorno permanente (v. sentenza del 21 dicembre 2011, Ziolkowski e Szeja, C‑424/10 e C‑425/10, Racc. pag. I‑14051, punto 38, nonché Alarape e Tijani, cit., punto 46).

31      Come rilevato al punto 26 della presente sentenza, il fatto che il giudice nazionale abbia inflitto una pena detentiva senza sospensione è idoneo a dimostrare il mancato rispetto, da parte della persona di cui trattasi, dei valori espressi dalla società dello Stato membro ospitante nel diritto penale di quest’ultimo, di modo che la considerazione dei periodi di detenzione ai fini dell’acquisizione, da parte dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 sarebbe manifestamente in contrasto con l’obiettivo perseguito da tale direttiva attraverso la creazione di tale diritto di soggiorno.

32      Ne consegue che occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 16, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38 dev’essere interpretato nel senso che la continuità del soggiorno è interrotta da periodi di detenzione nello Stato membro ospitante di un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in detto Stato membro durante tali periodi.

 Sulle spese

33      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, dev’essere interpretato nel senso che i periodi di detenzione nello Stato membro ospitante di un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in tale Stato membro durante detti periodi, non possono essere presi in considerazione ai fini dell’acquisizione, da parte di tale cittadino, del diritto di soggiorno permanente ai sensi di tale disposizione.

2)      L’articolo 16, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38 dev’essere interpretato nel senso che la continuità del soggiorno è interrotta da periodi di detenzione nello Stato membro ospitante di un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in detto Stato membro durante tali periodi.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.