Language of document : ECLI:EU:C:2018:4

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate l’11 gennaio 2018 (1)

Causa C626/16

Commissione europea

contro

Repubblica slovacca

«Violazione dei Trattati – Articolo 260 TFUE – Mancata esecuzione della sentenza del 25 aprile 2013, Commissione/Slovacchia (C‑331/11, EU:C:2013:271) – Oggetto del procedimento – Procedimento precontenzioso – Diffida – Direttiva 1999/31/CE – Discariche di rifiuti – Discarica di rifiuti di Žilina – Považský Chlmec»






I.      Introduzione

1.        Come noto, il procedimento precontenzioso previsto all’articolo 258 TFUE riveste grande importanza ai fini della delimitazione dell’oggetto della controversia nell’ambito del procedimento per inadempimento. Prima di poter adire la Corte affinché accerti una violazione del diritto dell’Unione da parte di uno Stato membro, la Commissione deve anzitutto accertare quale sia la posizione di detto Stato sulla contestazione da essa sollevata, inviandogli una cosiddetta lettera di diffida. La Commissione è poi tenuta a precisare l’inadempimento eccepito all’interno di un parere motivato e a concedere allo Stato membro un termine ultimo per porre fine alle violazioni. Solo in seguito la Commissione può proporre il ricorso, fermo restando che essa è legittimata a contestare unicamente le violazioni che hanno già fatto oggetto della lettera di diffida e del parere motivato.

2.        Nell’ambito del presente procedimento la Corte è chiamata nuovamente (2) a precisare in quale misura i requisiti messi a punto per il procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE debbano essere trasposti alla procedura di esecuzione delle sentenze di cui all’articolo 260, paragrafo 1, TFUE. In tale contesto occorre tener conto delle differenze rispetto all’articolo 228, paragrafo 2, CE precedentemente in vigore che, al pari dell’articolo 258 TFUE, prevedeva una lettera di diffida e un parere motivato. Infatti, a norma dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, detto parere non è più necessario.

3.        Inoltre, occorre stabilire l’importanza che riveste la delimitazione dell’oggetto della controversia sulla base della sentenza cui deve essere data attuazione.

4.        Le questioni succitate si pongono con riferimento a una discarica di rifiuti presente già da lungo tempo in Slovacchia e che, sino a oggi, non è stata autorizzata in conformità della direttiva discariche (3) ma neppure chiusa a norma della stessa. Nella sentenza Commissione/Slovacchia (C‑331/11, EU:C:2013:271), la Corte ha accertato la violazione dell’articolo 14 di detta direttiva integrata da tale situazione. Al riguardo assume particolare interesse stabilire se una decisione definitiva ai sensi della summenzionata disposizione debba essere inoppugnabile, ovvero non possa più essere contestata in giudizio.

II.    Contesto normativo

5.        L’articolo 13 della direttiva discariche disciplina la chiusura di discariche nei seguenti termini:

«Gli Stati membri provvedono affinché, in conformità, se del caso, dell’autorizzazione:

a)      la procedura di chiusura della discarica o di una parte di essa sia avviata:

i)      quando siano soddisfatte le condizioni pertinenti indicate nell’autorizzazione, oppure

ii)      con l’autorizzazione dell’autorità competente, su richiesta del gestore, oppure

iii)      su decisione motivata dell’autorità competente;

b)      la discarica o una parte della stessa sia considerata definitivamente chiusa solo dopo che l’autorità competente abbia eseguito un’ispezione finale sul posto, abbia valutato tutte le relazioni presentate dal gestore ed abbia comunicato a quest’ultimo l’approvazione della chiusura. Ciò non comporterà in alcun caso una minore responsabilità per il gestore alle condizioni stabilite dall’autorizzazione;

c)      dopo la chiusura definitiva della discarica, il gestore sia responsabile della manutenzione, della sorveglianza e del controllo nella fase della gestione successiva alla chiusura per tutto il tempo che sarà ritenuto necessario dall’autorità competente, tenendo conto del periodo di tempo durante il quale la discarica può comportare rischi.

Il gestore notifica all’autorità competente eventuali significativi effetti negativi sull’ambiente riscontrati a seguito delle procedure di controllo e si conforma alla decisione dell’autorità competente sulla natura delle misure correttive e sui termini di attuazione delle medesime;

d)      fintantoché l’autorità competente ritiene che la discarica possa comportare rischi per l’ambiente e senza pregiudicare qualsivoglia normativa comunitaria o nazionale in materia di responsabilità del detentore dei rifiuti, il gestore della discarica impegni la propria responsabilità nel controllare e analizzare il gas di discarica e il colaticcio del sito nonché le acque freatiche nelle vicinanze, a norma dell’allegato III».

6.        L’articolo 14 della direttiva discariche stabilisce la procedura da adottare con riferimento alle discariche esistenti:

«Gli Stati membri adottano misure affinché le discariche che abbiano ottenuto un’autorizzazione o siano già in funzione al momento del recepimento della presente direttiva possano rimanere in funzione soltanto se i provvedimenti in appresso sono adottati con la massima tempestività e al più tardi entro otto anni dalla data prevista all’articolo 18, paragrafo 1:

a)      entro un anno dalla data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1, il gestore della discarica elabora e presenta all’approvazione dell’autorità competente un piano di riassetto della discarica comprendente le informazioni menzionate nell’articolo 8 e le misure correttive che ritenga eventualmente necessarie al fine di soddisfare i requisiti previsti dalla presente direttiva, fatti salvi i requisiti di cui all’allegato I, punto 1;

b)      in seguito alla presentazione del piano di riassetto, le autorità competenti adottano una decisione definitiva sull’eventuale proseguimento delle operazioni in base a detto piano e alla presente direttiva. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per far chiudere al più presto, a norma dell’articolo 7, lettera g), e dell’articolo 13, le discariche che, in forza dell’articolo 8, non ottengono l’autorizzazione a continuare a funzionare;

c)      sulla base del piano approvato, le autorità competenti autorizzano i necessari lavori e stabiliscono un periodo di transizione per l’attuazione del piano. Tutte le discariche preesistenti devono conformarsi ai requisiti previsti dalla presente direttiva, fatti salvi i requisiti di cui all’allegato I, punto 1, entro otto anni dalla data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1;

d)      (…)».

III. Procedimento precontenzioso e conclusioni delle parti

7.        Nella sentenza del 25 aprile 2013, Commissione/Slovacchia (C‑331/11, EU:C:2013:271), la Corte ha stabilito che, consentendo il mantenimento in funzione della discarica di rifiuti di Žilina – Považský Chlmec in assenza di un piano di riassetto e senza che fosse emanata una decisione definitiva sull’eventuale proseguimento delle operazioni di detta discarica in base a un piano autorizzato, la Slovacchia era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 14, lettere da a) a c), della direttiva discariche. La suddetta decisione si fondava sulla mancata presentazione di un piano di riassetto per la discarica di cui trattasi.

8.        In data 7 giugno 2013, su domanda della Commissione, la Slovacchia comunicava la propria intenzione di chiudere la discarica. In seguito, il 21 novembre 2013, la Commissione invitava formalmente la Repubblica slovacca, ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, a prendere posizione sull’attuazione della sentenza, concedendo allo Stato membro interessato un termine di due mesi, che scadeva quindi il 21 gennaio 2014.

9.        In risposta alla suddetta diffida e, successivamente, con ulteriori comunicazioni, la Repubblica slovacca illustrava le misure da essa adottate ai fini della chiusura della discarica di rifiuti di Žilina – Považský Chlmec.

10.      Dalle suddette comunicazioni emerge anzitutto che, al più tardi dall’8 gennaio 2014, nella discarica non avrebbero potuto più essere sversati nuovi rifiuti.

11.      Tuttavia, se le autorità competenti avevano inizialmente deciso, nel 2013, di chiudere i settori 2a e 2b della discarica, decorso il succitato termine, il 10 aprile 2014, tale decisione veniva ritirata in vista di una valutazione dell’impatto ambientale. Solo il 15 agosto 2016 le suddette autorità decidevano nuovamente di chiudere i succitati settori. La loro decisione veniva confermata dalla massima autorità amministrativa in data 9 novembre 2016.

12.      Per contro, con riferimento al restante settore 2c, l’iter decisionale veniva sospeso in ragione delle controversie in essere riguardo alla titolarità del diritto di proprietà sulle superfici corrispondenti.

13.      La Commissione giungeva nondimeno alla conclusione che la Repubblica slovacca non avesse ancora dato completa esecuzione alla sentenza e decideva, pertanto, di proporre un ricorso ai sensi dell’articolo 260 TFUE.

14.      La Commissione chiede che la Corte voglia:

1)      dichiarare che, non avendo adottato le misure necessarie per conformarsi alla sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271), con la quale la Corte ha dichiarato che la Repubblica slovacca era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 14, lettere da a) a c), della direttiva discariche, la Repubblica slovacca è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE;

2)      condannare la Repubblica slovacca a versare alla Commissione europea sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea»:

a)      una penalità di importo pari a EUR 6 793,80 per ogni giorno di ritardo nell’adozione delle misure necessarie, da parte della Repubblica slovacca, all’esecuzione della sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271), a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza nella presente causa fino a quella di adozione delle misure necessarie, da parte della Repubblica slovacca, all’esecuzione della medesima sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271);

b)      una somma forfettaria dell’importo giornaliero di EUR 743,60, mantenendo un importo minimo complessivo di EUR 939 000, per ogni giorno di ritardo nell’adozione delle misure necessarie, da parte della Repubblica slovacca, all’esecuzione della sentenza della Corte nella causa Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271), a partire dal 25 aprile 2013, giorno della pronuncia di detta sentenza,

–        fino alla data di pronuncia della sentenza nella presente causa, ovvero

–        fino alla data dell’adozione delle misure necessarie, da parte della Repubblica slovacca, all’esecuzione della sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271), qualora tale data sia anteriore a quella di pronuncia della sentenza nella presente causa;

3)      condannare la Repubblica slovacca alle spese.

15.      La Repubblica slovacca chiede che la Corte voglia:

1)      dichiarare irricevibile il ricorso;

2)      in subordine, dichiarare il ricorso parzialmente irricevibile e, per il resto, respingerlo in quanto infondato, oppure respingerlo in toto in quanto infondato;

3)      in ulteriore subordine, ridurre l’importo delle sanzioni pecuniarie proposte dalla ricorrente;

4)      condannare la ricorrente alle spese.

16.      Le parti hanno formulato osservazioni scritte. Il 14 novembre 2017, al termine della fase scritta del procedimento, la Slovacchia ha trasmesso alla Corte ulteriori informazioni sulla chiusura della discarica in questione e su un progetto di legge in corso. Tali informazioni non influiscono, però, sulla decisione proposta nelle presenti conclusioni.

IV.    Analisi

17.      In prosieguo, occorre esaminare anzitutto la ricevibilità del ricorso, per poi trattare dell’attuazione della sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271) e, infine, della questione delle sanzioni pecuniarie.

A.      Sulla ricevibilità del ricorso

18.      La Slovacchia ritiene che il ricorso sia irricevibile. A tale proposito essa osserva che, nel ricorso, la Commissione le contesta il fatto che la discarica di rifiuti controversa non sia stata ancora completamente chiusa ai sensi dell’articolo 13 della direttiva discariche. Tuttavia, l’osservanza della suddetta disposizione non sarebbe stata oggetto della prima sentenza né la Commissione avrebbe contestato la sua violazione nella lettera di diffida ai sensi dell’articolo 260 TFUE.

1.      Sull’oggetto della sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271)

19.      È vero che la sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271) non fa riferimento all’articolo 13 della direttiva discariche. Essa si limita invece ad accertare una violazione del suo articolo 14, lettere da a) a c), per aver la Slovacchia consentito che la discarica rimanesse in funzione in assenza di un piano di riassetto e senza che fosse emanata una decisione definitiva sull’eventuale proseguimento delle operazioni in base a un piano di riassetto autorizzato.

20.      Attenendosi strettamente al suo tenore letterale, la suddetta constatazione potrebbe essere interpretata nel senso che la Corte ha ritenuto che solo l’autorizzazione del mantenimento in funzione della discarica integrasse una violazione dell’articolo 14 della direttiva de qua.

21.      Le affermazioni della Corte devono però essere interpretate alla luce della disposizione violata. A questo proposito, è vero che l’articolo 14 della direttiva discariche vieta di mantenere in funzione discariche esistenti ove non siano soddisfatte le condizioni ivi indicate.

22.      Come ammesso dalla stessa Slovacchia, tuttavia, l’articolo 14, lettera b), della direttiva discariche offre agli Stati membri due diverse strade per adempiere i loro obblighi con riferimento alle discariche esistenti: autorizzare la continuazione dell’attività nel rispetto della direttiva discariche oppure adottare le misure necessarie per far chiudere al più presto, a norma dell’articolo 7, lettera g), e dell’articolo 13, le discariche che non ottengano l’autorizzazione a continuare a funzionare (4).

23.      Per quanto attiene all’opzione della continuazione dell’attività, la Corte ha già stabilito che gli obblighi derivanti dall’articolo 14 della direttiva discariche non si esauriscono nell’autorizzarla definitivamente sulla base di un piano di riassetto. Devono anche essere adottate le misure previste per gestire la discarica in conformità della direttiva (5).

24.      Parimenti, ove si decida di non mantenere in funzione l’attività di una discarica, non è sufficiente interrompere lo sversamento di nuovi rifiuti. Devono invece essere adottate le misure necessarie ai fini della chiusura (6). Infatti, anche qualora non siano sversati ulteriori rifiuti, tali discariche continuano a comportare rischi notevoli per l’ambiente. Solo una chiusura definitiva nel rispetto della direttiva discariche riduce i rischi in questione al punto da renderli accettabili.

25.      Pertanto, lo Stato membro che dia attuazione all’articolo 14 della direttiva discariche non mediante autorizzazione alla continuazione dell’attività, bensì chiudendo una discarica, deve anche soddisfare i requisiti di cui all’articolo 13.

26.      Non può valere un criterio diverso quando lo Stato membro attua l’articolo 14 della direttiva discariche dopo che la Corte ha accertato la violazione di tale disposizione.

27.      Di conseguenza, il rispetto dell’articolo 13 della direttiva discariche è implicito, ma necessariamente ricompreso, nell’ambito di applicazione della sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271) e se ne può chiedere l’attuazione ai sensi dell’articolo 260 TFUE.

2.      Sull’oggetto del procedimento precontenzioso

a)      Sulla lettera di diffida

28.      D’altro lato, la Slovacchia afferma altresì che il ricorso amplierebbe l’oggetto del procedimento rispetto all’originaria diffida del 21 novembre 2013, con cui la Commissione aveva invitato il suddetto Stato a pronunciarsi sull’addebito di incompleta esecuzione della sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271). Un siffatto ampliamento sarebbe inammissibile.

29.      Prima che la Commissione inviasse tale diffida alla Slovacchia, lo Stato membro in questione aveva già comunicato la propria intenzione di chiudere la discarica.

30.      Tuttavia, la Commissione ha valutato le misure preannunciate come insufficienti, sollevando, in concreto, due obiezioni.

31.      In primo luogo, l’articolo 14 della direttiva discariche richiederebbe al gestore della discarica di presentare un piano di riassetto. Nessun piano, però, sarebbe stato presentato o preannunciato, né le autorità competenti avrebbero adottato sulla sua base una decisione definitiva.

32.      In secondo luogo, alla discarica non si applicherebbero le disposizioni in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (7), ma le più specifiche disposizioni sulle discariche di rifiuti, vale a dire la normativa di recepimento della direttiva discariche nel diritto slovacco. La Commissione si ricollegherebbe così agli accertamenti compiuti ai punti da 32 a 36 della sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271), secondo cui in sede di autorizzazione della discarica vanno rispettate le disposizioni sulle discariche di rifiuti.

33.      Nel ricorso la Commissione afferma invece che le competenti autorità slovacche, pur avendo deliberato la chiusura di determinate parti della discarica (i settori 2a e 2b), non l’avrebbero ancora attuata completamente a norma dell’articolo 13 della direttiva discariche e che la decisione di chiusura potrebbe ancora essere impugnata. Inoltre, con riferimento a un’altra parte della discarica (il settore 2c), essa eccepisce che non sarebbe stata nemmeno adottata una qualche decisione sulla chiusura.

34.      Ove la Corte fissasse requisiti stringenti per la corrispondenza tra lettera di diffida e ricorso, potrebbe tutt’al più essere ammessa quale oggetto del presente procedimento solo l’obiezione sollevata in merito all’assenza di una decisione definitiva ovvero inoppugnabile sulla chiusura della discarica. Infatti, l’assenza di una decisione definitiva è stata menzionata nella lettera di diffida del 21 novembre 2013.

35.      Un’eventuale violazione dell’articolo 13 della direttiva discariche non è stata invece indicata, né in maniera esplicita né in maniera implicita, nella lettera di diffida. A rigore, detta censura sarebbe pertanto irricevibile nell’ambito del procedimento giudiziale.

36.      Tuttavia, non è certo che si possa pretendere una siffatta corrispondenza tra oggetto della lettera di diffida e oggetto del ricorso.

37.      In tal senso milita la giurisprudenza sull’articolo 228, paragrafo 2, CE precedentemente in vigore (divenuto, a seguito di modifica, articolo 260, paragrafo 2, TFUE). L’oggetto ammissibile di un ricorso proposto sulla base della suddetta disposizione sarebbe circoscritto dal procedimento precontenzioso ivi previsto, nel senso che la Commissione, nel suo ricorso, non può ampliare l’oggetto della controversia deducendo nuovi addebiti rispetto a quelli elencati nel parere motivato (8).

38.      La Corte ha anche sottolineato che, nel parere motivato emesso in applicazione dell’articolo 228, paragrafo 2, CE, la Commissione è tenuta a precisare i punti sui quali lo Stato membro interessato non si è conformato alla sentenza della Corte che dichiara l’inadempimento. Pertanto, l’oggetto della controversia non potrebbe essere esteso a obblighi non indicati nel parere motivato, salvo incorrere nella violazione delle forme sostanziali che garantiscono la regolarità del procedimento (9).

39.      A seguito delle modifiche apportate con il Trattato di Lisbona, però, l’articolo 260, paragrafo 2, TFUE non impone più alla Commissione di emettere un parere motivato.

40.      Dall’eliminazione del parere motivato viene dedotta la necessità di prevedere ormai requisiti particolarmente rigorosi per la determinazione dell’oggetto della controversia all’interno della lettera di diffida. In base alla suddetta interpretazione, la diffida dovrebbe indicare in maniera precisa l’oggetto della controversia, costituendo l’unica dichiarazione formale della Commissione idonea a definire l’oggetto del procedimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE (10).

41.      Ciò perché il Trattato di Lisbona ha eliminato il parere motivato e non invece, come sarebbe stato possibile, la lettera di diffida, ipotesi anch’essa discussa nel quadro della Convenzione europea (11). Sarebbe però contraddittorio eliminare il passaggio soggetto ai requisiti più stringenti per rendere, poi, maggiormente rigorosi i requisiti relativi all’iter mantenuto.

42.      Inoltre, la razionalizzazione del procedimento precontenzioso mirava a strutturare in maniera più efficace e a semplificare la disciplina in caso di mancato adeguamento alle sentenze della Corte (12). L’irrigidimento dei requisiti previsti, a loro volta, per la lettera di diffida non risponde al suddetto obiettivo.

43.      Al contrario, dal punto di vista dei diritti della difesa e della certezza del diritto è di norma sufficiente che gli Stati membri siano informati del fatto che la Commissione valuta la possibilità di avvalersi dell’articolo 260 TFUE e che abbiano avuto l’occasione di presentare osservazioni (13). L’oggetto del procedimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE è invece già adeguatamente circoscritto in base alla prima sentenza della Corte. Inoltre, gli Stati membri hanno piena conoscenza tanto del loro obbligo di adottare le misure necessarie per l’esecuzione di una sentenza della Corte che dichiara un inadempimento di Stato, quanto delle conseguenze che potrebbero derivare dalla violazione di tale obbligo (14).

44.      Del resto, non ci si può attendere dalla Commissione che essa indichi già nella sua prima e unica comunicazione formale tutte le possibili carenze in sede di attuazione della sentenza. La previsione di requisiti siffatti non sarebbe di certo funzionale a un procedimento più efficiente e semplice.

45.      Pertanto, in linea di principio, la Commissione non è tenuta a precisare nella lettera di diffida a norma dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE tutti i possibili motivi alla base dei dubbi circa l’adeguata attuazione di una prima sentenza.

46.      L’obiettivo di un’attuazione più efficiente e semplice delle sentenze della Corte deve però guidare anche l’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE da parte della Commissione. Ne consegue, in particolare, che una lettera di diffida non può trarre in inganno lo Stato membro, ma deve, per quanto possibile, contenere indicazioni utili ai fini dell’attuazione della prima sentenza. Per questo la Commissione deve aver cura di tenere adeguatamente in conto le informazioni di cui dispone in merito alle intenzioni manifestate dallo Stato membro di procedere all’attuazione. Peraltro, solo in tal modo risulta soddisfatto anche il dovere della Commissione di reciproca leale cooperazione con gli Stati membri ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE (15).

47.      La lettera di diffida del 21 novembre 2013 non risponde al suddetto criterio. La Commissione, pur conoscendo l’intenzione della Slovacchia di procedere alla chiusura, non ha citato i requisiti previsti per la chiusura delle discariche esistenti. Essa si è invece occupata di questioni generali concernenti la procedura a norma dell’articolo 14 della direttiva discariche e di taluni aspetti specifici del diritto slovacco. Il ricorso, per contro, si riferisce solo parzialmente a tali censure.

48.      Inoltre, prima di proporre il ricorso, la Commissione avrebbe avuto sufficiente occasione per chiarire le sue obiezioni e, in particolare, l’importanza dell’articolo 13 della direttiva discariche con una lettera di diffida supplementare. Tra il ricevimento della risposta della Slovacchia alla lettera di diffida, il 14 gennaio 2014, e la decisione della Commissione in merito alla proposizione del ricorso, adottata il 16 giugno 2016 (16), erano passati pur sempre più di due anni. Dalla prima sentenza del 25 aprile 2013 addirittura più di tre anni.

49.      Pertanto, la Slovacchia, benché fosse certamente a conoscenza degli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 13 della direttiva discariche, non doveva necessariamente aspettarsi che tale inadempimento avrebbe formato oggetto di un ricorso della Commissione ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE.

50.      Per le ragioni che precedono, ritengo che il ricorso sia irricevibile nella parte in cui contesta una violazione dell’articolo 13 della direttiva discariche.

b)      Sulla replica della Commissione

51.      In sede di replica, la Commissione lamenta altresì che le decisioni di chiusura assunte nel corso del 2016 non rimandino a un piano di riassetto. Si tratta di un nuovo motivo rispetto al contenuto del ricorso, che, a norma dell’articolo 127, paragrafo 1, del regolamento di procedura, sarebbe ricevibile solo ove si basasse su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Ciò è tuttavia fuori discussione, in quanto al momento della proposizione del ricorso la Commissione era pienamente a conoscenza quantomeno della decisione del 15 agosto 2016 (17). Pertanto, anche tale argomento è irricevibile.

3.      Conclusione intermedia

52.      Il ricorso della Commissione è quindi ricevibile e deve essere valutato nel merito unicamente nella parte in cui fa valere l’assenza di una decisione definitiva ai sensi dell’articolo 14 della direttiva discariche. Nondimeno, nell’eventualità che la Corte dovesse ritenere ricevibile la censura sulla violazione dell’articolo 13, affronterò brevemente, in prosieguo, in via sussidiaria, nel quadro dell’esame della fondatezza del ricorso e delle sanzioni pecuniarie, anche il suddetto motivo di ricorso (sezioni IV.B.3. e IV.C.3.). Non mi occuperò invece ulteriormente della censura – anch’essa irricevibile – concernente l’assenza di piano di riassetto.

B.      Sulla fondatezza del ricorso

53.      Nella sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271) la Corte ha stabilito che, consentendo il mantenimento in funzione della discarica di rifiuti di Žilina – Považský Chlmec in assenza di un piano di riassetto e senza che fosse emanata una decisione definitiva sull’eventuale proseguimento delle operazioni di detta discarica in base a un piano di riassetto autorizzato, la Slovacchia era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 14, lettere da a) a c), della direttiva discariche.

54.      Nel verificare se una sentenza sia stata eseguita, occorre utilizzare come data di riferimento per accertare un inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE quella della scadenza del termine fissato nella lettera di diffida formulata ai sensi di tale disposizione (18). Nel presente procedimento deve pertanto essere esaminata la situazione al 21 gennaio 2014.

55.      Ai fini dell’esame dell’irrogazione di una somma forfettaria e/o di una penalità ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, invece, è determinante la situazione al momento in cui la Corte deciderà nell’ambito del procedimento in corso. In particolare, una penalità sarà giustificata soltanto se l’inadempimento derivante dall’inosservanza della precedente sentenza della Corte sarà ancora attuale (19).

56.      Pertanto, in prosieguo, analizzerò anzitutto l’attuazione della prima sentenza al 21 gennaio 2014 e, successivamente, la situazione odierna.

1.      Sull’attuazione alla data della scadenza del termine

57.      Come già menzionato, l’attuazione della sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271) richiede o l’autorizzazione al mantenimento in funzione della discarica in base a un piano di riassetto in linea con i requisiti posti dalla direttiva discariche oppure l’adozione di una decisione definitiva sulla chiusura, da attuare, in particolare, in conformità all’articolo 13 della direttiva discariche. La Slovacchia ha scelto la strada della chiusura, ma la Commissione ritiene che le misure a oggi adottate non siano sufficienti.

58.      In base alle osservazioni, non contestate, della Slovacchia, dal 7 gennaio 2014 è vietato l’utilizzo della discarica, tale che, in particolare, non vi vengono sversati nuovi rifiuti.

59.      Tuttavia, come osserva correttamente la Commissione, ciò non è sufficiente. In base all’articolo 14, lettera b), della direttiva discariche, le autorità competenti devono, invece, stabilire con decisione definitiva se la discarica possa essere mantenuta in funzione. Di conseguenza, deve essere concessa una nuova autorizzazione oppure deliberata la chiusura della discarica.

60.      È vero che, già il 21 ottobre 2013, le autorità competenti avevano deliberato la chiusura di parti della discarica, vale a dire dei settori 2a e 2b. Tuttavia, tale decisione è stata ritirata in data 10 aprile 2014, al fine di effettuare anzitutto una valutazione dell’impatto ambientale. Con riferimento al restante settore 2c, l’iter decisionale veniva invece sospeso in quanto la proprietà sulle superfici corrispondenti era (e continua ad essere) oggetto di discussione.

a)      Sui settori 2a e 2b

61.      In primo luogo, occorre esaminare se la decisione di chiusura dei settori 2a e 2b, efficace alla data della scadenza del termine, possa essere riconosciuta come decisione definitiva ai sensi dell’articolo 14, lettera b), della direttiva discariche.

62.      In tal senso depone il fatto che, in base alle informazioni disponibili, già con la suddetta decisione le autorità competenti intendevano deliberare in maniera definitiva la chiusura dei settori interessati.

63.      È vero che la decisione di cui trattasi poteva ancora essere contestata in giudizio, vale a dire non era inoppugnabile. Tuttavia, l’articolo 14, lettera b), della direttiva discariche esige soltanto una decisione definitiva dell’autorità competente. Che sia anche inoppugnabile, non è ulteriormente presupposto.

64.      Infatti, in un’Unione del diritto che garantisce la tutela giurisdizionale effettiva, segnatamente in sede di attuazione del diritto dell’Unione (20), prima del decorso dei termini di impugnazione una decisione delle autorità non può essere definitiva nel senso che è escluso un controllo giurisdizionale. Le autorità competenti non hanno neppure il potere di impedire impugnazioni tempestive. E nonostante il lungo termine di otto anni previsto dall’articolo 14 della direttiva discariche per l’adozione della decisione definitiva, non sarebbe possibile garantire, con riferimento alle decisioni che devono essere adottate ai sensi di detta disposizione, che, una volta decorso il termine, tutti i procedimenti giudiziali siano conclusi. Del resto, occorre considerare che tale termine non è stato fissato in funzione di eventuali impugnazioni, quanto piuttosto di possibili difficoltà in sede di messa in conformità o di chiusura delle discariche di rifiuti.

65.      Pertanto, di norma, si deve ritenere sufficiente che la decisione delle autorità – come la decisione del 21 ottobre 2013 – sia concepita come disciplina finale del singolo caso considerato.

66.      Tuttavia, il 10 aprile 2014, quindi dopo la scadenza del termine fissato nella lettera di diffida, le autorità competenti hanno ritirato la suddetta decisione. Tale ritiro integra una nuova violazione dell’obbligo di attuazione della sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271) che, alla data di riferimento, vale a dire alla scadenza del termine, non sussisteva. Esso implica anche, però, che la decisione di chiusura iniziale perda i suoi effetti ex tunc, quindi già alla data della scadenza del termine.

67.      Di conseguenza, per quanto attiene ai settori 2a e 2b, la Slovacchia non ha tempestivamente dato attuazione alla sentenza controversa.

68.      Il suddetto Stato membro afferma, tuttavia, che non sarebbe stato possibile compiere progressi maggiori nella chiusura dei succitati settori, poiché le procedure amministrative a tal fine necessarie avrebbero richiesto tempo.

69.      A tale proposito occorre considerare che, in linea di principio, uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del suo ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi risultanti dal diritto dell’Unione. Per questo motivo, la Corte ha respinto argomentazioni in tal senso riferite all’attuazione di sentenze sulla normativa in materia di rifiuti (21), ma anche al recepimento della direttiva sulle acque reflue (22), che impone, in genere, la realizzazione, con sforzi considerevoli, di impianti di trattamento delle acque e di reti fognarie (23).

70.      D’altro lato, la Slovacchia sottolinea in particolare che, in base alla direttiva VIA (24), sarebbe stato necessario realizzare una valutazione dell’impatto ambientale. Ed effettivamente occorre riconoscere che la decisione di chiusura di una discarica di rifiuti presuppone una siffatta valutazione quando, in ragione dei lavori o degli interventi di modifica delle condizioni fisiche, essa implichi la modifica dell’area adibita a discarica e possa avere considerevoli ripercussioni (negative) (25) sull’ambiente (26).

71.      Ciononostante, neppure la necessità di una valutazione dell’impatto ambientale in ottemperanza del diritto dell’Unione può giustificare il ritardo nell’attuazione della sentenza controversa. Infatti, la Slovacchia doveva essere a conoscenza già da molto tempo degli obblighi derivanti dalla direttiva discariche e dell’impegno necessario per il loro adempimento. Essa disponeva quindi di tempo sufficiente per adeguarsi alla direttiva con riferimento alla discarica in questione e, in caso di difficoltà insormontabili, avrebbe dovuto concordare una proroga dei termini nel 2004, in sede di adesione all’Unione europea.

72.      Pertanto, con riferimento ai settori 2a e 2b, la Slovacchia non ha attuato la sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271) nel termine fissato dalla lettera di diffida.

b)      Sul settore 2c

73.      Con riferimento al settore 2c, non è mai stata adottata una decisione di chiusura.

74.      In base alle informazioni fornite dalla Slovacchia, il ritardo è riconducibile a una serie di controversie in relazione alla titolarità del diritto di proprietà sulle superfici corrispondenti. Tuttavia, tali controversie pendono quantomeno dal 2009 e la Slovacchia non ha spiegato perché non fossero state ancora definite alla scadenza del termine. In ogni caso, esse non possono giustificare che siano accettati i rischi che una discarica di rifiuti non opportunamente chiusa implica per l’ambiente.

75.      Pertanto, nemmeno con riferimento al settore 2c la Slovacchia ha attuato la sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271) nel termine fissato dalla lettera di diffida.

c)      Conclusione intermedia

76.      Non avendo ancora adottato, al 21 gennaio 2014, alcuna decisione definitiva sulla chiusura della discarica di rifiuti Žilina – Považský Chlmec, la Repubblica slovacca ha quindi violato gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE e della sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271).

2.      Sulla situazione attuale

77.      La situazione attuale si distingue da quella presente alla data di scadenza del termine per il fatto che, con decisione del 15 agosto 2016, le autorità competenti hanno stabilito che i settori 2a e 2b della discarica non sarebbero stati più utilizzati, bensì chiusi e ricostruiti. Il 9 novembre 2016, in esito a un reclamo, l’autorità di controllo competente ha confermato la suddetta decisione. Nel frattempo è stata sì proposta un’impugnazione giudiziale, ma ciò non osta a che la decisione sia eseguita.

78.      La Commissione esclude che si tratti di una decisione definitiva, in quanto la si può ancora contestare in giudizio. Tuttavia, come ho già osservato, per una decisione definitiva l’inoppugnabilità non è necessaria.

79.      Occorre quindi respingere l’argomento della Commissione secondo cui le decisioni concernenti i settori 2a e 2b della discarica non sarebbero definitive.

80.      Per contro, tuttora non è stata adottata una decisione in merito alla chiusura e alla ricostruzione del settore 2c.

81.      Pertanto, la Commissione contesta ancora a buon diritto l’assenza di una decisione con riferimento al succitato settore.

82.      Allo stato attuale, non avendo ancora adottato una decisione definitiva sulla chiusura del settore 2c della discarica di rifiuti Žilina – Považský Chlmec, la Repubblica slovacca viola gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE e della sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271).

3.      In subordine: sull’applicazione dell’articolo 13 della direttiva discariche

83.      Ad ogni modo, ove la Corte dovesse valutare il ricorso della Commissione ricevibile anche nella parte in cui fa valere la violazione dell’articolo 13 della direttiva discariche, si dovrebbe, a titolo complementare, accertare un ulteriore difetto di attuazione. Infatti, la mancata chiusura della discarica, sia alla data della scadenza del termine di cui al succitato articolo 13 che alla data odierna, non è oggetto di discussione tra le parti.

C.      Sulle sanzioni pecuniarie

84.      In sede di applicazione dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE spetta alla Corte, in ciascuna causa e in relazione alle circostanze del caso di specie di cui è investita nonché al grado di persuasione e di dissuasione che le sembra necessario, determinare le sanzioni pecuniarie adeguate per garantire l’esecuzione più rapida possibile della sentenza che ha precedentemente constatato un inadempimento e impedire la ripetizione di infrazioni analoghe al diritto dell’Unione (27).

85.      Le proposte della Commissione non possono vincolare la Corte e costituiscono soltanto un utile punto di riferimento. Parimenti, orientamenti quali quelli contenuti nelle comunicazioni della Commissione non vincolano la Corte, ma contribuiscono a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza giuridica dell’azione condotta da tale istituzione (28).

1.      Sulla penalità

86.      Ai fini della fissazione dell’importo della penalità, i criteri fondamentali da prendere in considerazione per garantire la natura coercitiva della stessa in vista di un’applicazione uniforme ed effettiva del diritto dell’Unione sono costituiti, in linea di principio, dalla gravità dell’infrazione, dalla sua durata (a partire dalla prima condanna) e dalla capacità finanziaria dello Stato membro in causa. Per l’applicazione di tali criteri occorre tener conto, in particolare, delle conseguenze dell’omessa esecuzione sugli interessi pubblici e privati in gioco nonché dell’urgenza che lo Stato membro interessato si conformi ai suoi obblighi (29).

87.      Per quanto attiene, in primo luogo, alla gravità dell’infrazione,basandosi sul suo ricorso concernente la mancata adozione sia di una decisione definitiva per l’intera discarica che di misure di chiusura ai sensi dell’articolo 13 della direttiva discariche, la Commissione valuta la violazione di cui trattasi con un fattore di gravità pari a 2 su un massimo di 20.

88.      Tuttavia, in base alle considerazioni testé esposte, il ricorso è irricevibile con riferimento ai requisiti di cui all’articolo 13 e ormai infondato quanto alla decisione sui settori 2a e 2b. Manca ancora, unicamente, una decisione definitiva per il settore 2c, che copre circa la metà della superficie della discarica.

89.      Tale situazione depone a favore di un fattore di gravità molto inferiore rispetto a quello proposto dalla Commissione.

90.      Al tempo stesso occorre considerare che, di massima, alle violazioni della normativa in materia di rifiuti è riconosciuto un peso particolarmente importante, che – contrariamente alle argomentazioni delle parti – l’impatto ambientale non ha necessariamente mero carattere locale e che il problema sussiste già da un periodo relativamente lungo. Fermo restando, ad ogni modo, che la Slovacchia non ha finora riportato condanne per violazioni della normativa in materia di rifiuti.

91.      In particolare, la Corte ha già stabilito che l’obbligo di smaltire i rifiuti senza pericoli per la salute umana né danni per l’ambiente fa parte degli obiettivi stessi della politica dell’Unione nel settore ambientale, come risulta dall’articolo 191 TFUE (30). La Corte ne ha desunto la particolare gravità delle violazioni delle norme in materia di rifiuti di volta in volta considerate.

92.      Ciò vale, in linea di principio, anche per una violazione dell’articolo 14 della direttiva in esame con riferimento a una singola discarica. Infatti, come osservato dalla Corte nel punto 34 della sentenza Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271), l’osservanza di tale disposizione costituisce il fondamento affinché la discarica controversa possa essere conformata ai requisiti posti dalla direttiva. Non si tratta pertanto di una violazione puramente formale (31).

93.      Inoltre, dal 7 gennaio 2014, la Slovacchia ha interrotto l’utilizzo della discarica. Se, dunque, è vero che è escluso l’insorgere di nuovi rischi per la salute umana e/o per l’ambiente, tale circostanza induce a dubitare che la discarica possa essere gestita nel rispetto della direttiva discariche senza grosse difficoltà. Si deve piuttosto temere che già il mantenimento in funzione in passato abbia implicato notevoli rischi di tale sorta. Per venire a capo di siffatti rischi, la discarica dovrebbe quantomeno essere chiusa correttamente. Ciò non è possibile in assenza di una decisione definitiva sulla chiusura.

94.      Quanto alle affermazioni di entrambe le parti in merito al carattere locale di possibili effetti negativi, occorre osservare che la discarica controversa si trova lungo le rive del fiume Váh, che è interessato da eventuali contaminazioni e le potrebbe diffondere ulteriormente a valle.

95.      Da un lato, la violazione del diritto dell’Unione persiste ormai dal 16 luglio 2009, quando, al più tardi, in base all’articolo 14 della direttiva discariche, avrebbe dovuto essere adottata una decisione definitiva sul mantenimento in funzione o sulla chiusura della discarica, quindi da oltre otto anni. E, in linea di principio, a far data dalla sua adesione all’Unione europea nel 2004, la Slovacchia avrebbe avuto tempo sufficiente per adottare una siffatta decisione, anche se all’uopo era effettivamente necessaria una valutazione dell’impatto ambientale.

96.      Dall’altro lato, la Slovacchia osserva a ragione di non essere mai stata condannata, a oggi, dalla Corte per una violazione della normativa in materia di rifiuti, benché quest’ultima si sia già occupata di detto ambito politico con riferimento anche alla Slovacchia (32).

97.      Pertanto, nel complesso, ritengo adeguato un fattore di gravità pari soltanto a 0,5.

98.      Per quanto attiene, in secondo luogo, alla durata dell’infrazione dalla pronuncia della sentenza sull’inadempimento iniziale, essa deve essere valutata tenendo conto del momento in cui la Corte ha esaminato i fatti nell’ambito del presente procedimento (33). Nel caso di specie, la durata della violazione oggetto di esame è notevole, poiché, ipotizzando una condanna ad aprile del prossimo anno, dalla pronuncia della prima sentenza – il 25 aprile 2013 – sarebbero trascorsi cinque anni benché fosse necessario soltanto adottare una decisione definitiva per sottrarsi alla censura. Di conseguenza, in conformità dei criteri della Commissione nel senso di un fattore pari a 0,1 per ciascun mese, il fattore relativo alla durata dovrebbe essere fissato a 6.

99.      Tenuto conto della capacità finanziaria della Slovacchia (34) si perviene, quindi, a una penalità giornaliera di EUR 3 345,60. La Corte dovrebbe arrotondare tale importo a EUR 3 300 e infliggerlo quale penalità giornaliera sino all’adozione della decisione definitiva sul settore 2c della discarica.

2.      Sulla somma forfettaria

100. La Corte è legittimata, nell’esercizio del potere discrezionale che le è attribuito nel campo in questione, a imporre, cumulativamente, una penalità e una somma forfettaria. Il principio della condanna al pagamento di una somma forfettaria si basa essenzialmente sulla valutazione delle conseguenze dell’omessa esecuzione degli obblighi da parte dello Stato membro interessato sugli interessi privati e pubblici, segnatamente quando l’inadempimento si è protratto per un ampio periodo, successivamente alla pronuncia della sentenza che l’ha inizialmente accertato. Siffatta condanna deve, in ogni caso di specie, rimanere l’espressione dell’insieme degli elementi pertinenti che si riferiscono sia alle caratteristiche dell’inadempimento accertato sia al comportamento proprio dello Stato membro interessato dal procedimento iniziato sul fondamento dell’articolo 260 TFUE. A tale proposito, quest’ultimo investe la Corte di un ampio potere discrezionale al fine di decidere se si debba o meno imporre una siffatta sanzione (35).

101. Quanto alla somma forfettaria, la Commissione propone di calcolarla in ragione di un importo di base giornaliero di EUR 230, dello stesso fattore «n» per la capacità finanziaria, pari a 1,64, e dello stesso fattore di gravità (in questo caso 0,5), moltiplicato per il numero di giorni tra la sentenza del 25 aprile 2013, Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271), e la data di pronuncia della sentenza nella presente causa. L’importo applicabile per ciascun giorno è così pari a EUR 188,60.

102. Supponendo che la sentenza nella presente causa venga emanata il 25 aprile 2018, dopo esattamente cinque anni, si arriverebbe a una somma forfettaria di circa EUR 344 195.

103. Tuttavia, nel determinare la somma forfettaria occorre tener conto del fatto che la decisione definitiva di chiudere i settori 2a e 2b è stata adottata soltanto nel 2016 (36). Pertanto, fino a quel momento, alla violazione deve essere riconosciuto un peso all’incirca doppio, visto che per nessuna parte della discarica era stata adottata la necessaria decisione definitiva. Pertanto, per 1 575 giorni deve essere aggiunto nuovamente l’importo di partenza di EUR 188,60. Ne risulterebbero ulteriori EUR 297 045.

104. Arrotondando, si arriva a una somma forfettaria di EUR 600 000. Pur trattandosi di un importo inferiore alla somma forfettaria minima di EUR 939 000 prevista dalla Commissione per la Slovacchia, lo reputo comunque adeguato. In particolare, non si tratta di un importo puramente simbolico, come la Commissione desidera evitare con la fissazione di un importo minimo (37).

3.      In subordine: violazione dell’articolo 13 della direttiva discariche

105. La Corte, ove dovesse ritenere che anche la violazione dell’articolo 13 della direttiva discariche sia oggetto del presente procedimento, dovrebbe quadruplicare l’importo della penalità e triplicare l’importo della somma forfettaria. Questa proposta si fonda sulla considerazione che la decisione definitiva ai sensi dell’articolo 14, lettera b), è sì il presupposto di una chiusura, ma che le ulteriori misure di chiusura ai sensi dell’articolo 13 rivestono un’importanza pratica finanche maggiore.

V.      Sulle spese

106. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate.

107. È vero che, pur discostandosi dalle conclusioni della Commissione con riferimento alla penalità e alla somma forfettaria, la Corte non ravvisa alcuna soccombenza parziale della Commissione (38); tuttavia, nel caso di specie, il ricorso della Commissione risulta altresì in parte irricevibile e in parte infondato.

108. Pertanto, occorre riconoscere che la Commissione e la Slovacchia sono rimaste soccombenti rispettivamente su uno o più capi. Si deve quindi decidere che ciascuna sopporti le sue proprie spese.

VI.    Conclusione

109. Propongo pertanto alla Corte di statuire come segue:

1)      Non avendo adottato, al 21 gennaio 2014, alcuna decisione definitiva sulla chiusura della discarica di Žilina – Považský Chlmec, la Repubblica slovacca è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE e della sentenza del 25 aprile 2013, Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271).

2)      Nell’ipotesi che, alla data della pronuncia della presente sentenza, la Repubblica slovacca non abbia ancora adottato alcuna decisione definitiva ai sensi dell’articolo 14, lettera b), della direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti, con riferimento al settore 2c della discarica di rifiuti Žilina – Považský Chlmec, necessaria per conformarsi alla sentenza del 25 aprile 2013, Commissione/Slovacchia (EU:C:2013:271), la Repubblica slovacca è condannata a pagare alla Commissione europea per ogni giorno di ritardo nell’adozione della suddetta decisione, a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza nella presente causa e fino a quella dell’adozione della decisione di cui trattasi, una penalità pari a EUR 3 300.

3)      La Repubblica slovacca è condannata a pagare alla Commissione europea una somma forfettaria pari a EUR 600 000.

4)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

5)      La Commissione europea e la Repubblica slovacca sopportano ciascuna le proprie spese.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Sentenza del 10 settembre 2009, Commissione/Portogallo (C‑457/07, EU:C:2009:531, punti 52 e segg.).


3      Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (GU 1999, L 182, pag. 1).


4      Sentenze del 16 luglio 2015, Commissione/Bulgaria (C‑145/14, EU:C:2015:502, punto 30), e del 25 febbraio 2016, Commissione/Spagna (C‑454/14, EU:C:2016:117, punto 59).


5      Sentenza del 25 febbraio 2016, Commissione/Spagna (C‑454/14, EU:C:2016:117, punti 42 e segg.).


6      V. sentenza del 25 febbraio 2016, Commissione/Spagna (C‑454/14, EU:C:2016:117, punto 61).


7      A tal proposito, nella sentenza Commissione/Slovacchia (C‑331/11, EU:C:2013:271, punti da 32 a 36), la Corte ha fatto riferimento alla direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU 1996, L 257, pag. 26). Tali disposizioni sono state nel frattempo incluse nella direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU 2010, L 334, pag. 17).


8      Sentenza del 10 settembre 2009, Commissione/Portogallo (C‑457/07, EU:C:2009:531, punto 58).


9      Sentenza del 10 settembre 2009, Commissione/Portogallo (C‑457/07, EU:C:2009:531, punti 58 e 60).


10      In tal senso, ad esempio, Hatje, A., «Artikel 260 AEUV (ex-Artikel 228 EGV) [Wirkung und Durchsetzung von Urteilen; Zwangsgeld]», in Groeben/Schwarze/Hatje, Europäisches Unionsrecht, Nomos, Baden-Baden, 2015, punto 18.


11      Segretariato della Convenzione europea, Relazione finale del circolo di discussione sul funzionamento della Corte di giustizia [documento CONV 636/03, del 25 marzo 2003, punto 28, lettera a)].


12      Segretariato della Convenzione europea, Relazione finale del circolo di discussione sul funzionamento della Corte di giustizia (documento CONV 636/03, del 25 marzo 2003, punto 28).


13      Sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 52).


14      Sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 50).


15      V. sentenze del 16 ottobre 2003, Irlanda/Commissione (C‑339/00, EU:C:2003:545, punto 71); del 4 marzo 2004, Germania/Commissione (C‑344/01, EU:C:2004:121, punto 79), e del 10 luglio 2014, Nikolaou/Corte dei conti (C‑220/13 P, EU:C:2014:2057, punto 51).


16      Comunicato stampa IP/16/2099 della Commissione.


17      Punto 17 e allegato A.15 della replica.


18      Sentenze dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 67), e del 25 giugno 2013, Commissione/Repubblica ceca (C‑241/11, EU:C:2013:423, punto 23).


19      Sentenze del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia (C‑121/07, EU:C:2008:695, punto 27); del 7 luglio 2009, Commissione/Grecia (C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 59); del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 42); dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 96), e del 28 novembre 2013, Commissione/Lussemburgo (C‑576/11, EU:C:2013:773, punto 43).


20      Sentenza dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK (C‑243/15, EU:C:2016:838, in particolare punto 50).


21      Sentenze del 2 dicembre 2014, Commissione/Grecia (C‑378/13, EU:C:2014:2405, punto 29), e del 7 settembre 2016, Commissione/Grecia (C‑584/14, EU:C:2016:636, punto 53).


22      Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU 1991, L 135, pag. 40), nella versione modificata dalla direttiva 98/15/CE della Commissione, del 27 febbraio 1998 (GU 1998, L 67, pag. 29).


23      V., sul punto, sentenze del 15 ottobre 2015, Commissione/Grecia (C‑167/14, EU:C:2015:684, punti 28 e segg.), e del 22 giugno 2016, Commissione/Portogallo (C‑557/14, EU:C:2016:471, punto 41).


24      Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1).


25      Nel medesimo senso le mie conclusioni nella causa Ecologistas en Acción-CODA (C‑142/07, EU:C:2008:254, paragrafo 50). Tuttavia, la sentenza del 25 luglio 2008, Ecologistas en Acción-CODA (C‑142/07, EU:C:2008:445, punto 41), richiede che una valutazione sia compiuta anche ove siano ipotizzabili considerevoli effetti positivi.


26      Sentenza del 19 aprile 2012, Pro-Braine e a. (C‑121/11, EU:C:2012:225, punto 33).


27      Sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 36).


28      Sentenze del 10 gennaio 2008, Commissione/Portogallo (C‑70/06, EU:C:2008:3, punto 34); del 7 luglio 2009, Commissione/Grecia (C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 112); del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 37), e del 17 ottobre 2013, Commissione/Belgio (C‑533/11, EU:C:2013:659, punto 64).


29      Sentenze del 15 ottobre 2015, Commissione/Grecia (C‑167/14, EU:C:2015:684, punto 54), e del 22 giugno 2016, Commissione/Portogallo (C‑557/14, EU:C:2016:471, punto 70).


30      Sentenze del 2 dicembre 2014, Commissione/Italia (C‑196/13, EU:C:2014:2407, punto 98), e del 7 settembre 2016, Commissione/Grecia (C‑584/14, EU:C:2016:636, punto 77).


31      V. anche sentenza del 25 febbraio 2016, Commissione/Spagna (C‑454/14, EU:C:2016:117, punto 63).


32      Nell’ordinanza del 28 gennaio 2013, Commissione/Slovacchia (C‑305/12, EU:C:2013:38, punto 4), il Presidente della Corte stabiliva che la Slovacchia aveva adempiuto il suo obbligo di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU 2008, L 312, pag. 3), soltanto in pendenza del procedimento giudiziale, vale a dire con un ritardo di circa due anni. Nell’ordinanza del 19 maggio 2011, Commissione/Slovacchia (C‑253/10, EU:C:2011:325, punto 4), il Presidente dell’Ottava Sezione della Corte perveniva a una conclusione analoga con riferimento all’attuazione della direttiva discariche, intervenuta con un ritardo nettamente superiore. Per contro, la sentenza del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2013:8), è stata pronunciata nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale e non conteneva pertanto alcun accertamento in merito alla questione se, con riferimento alla discarica di rifiuti ivi oggetto di esame, sussistesse una violazione del diritto dell’Unione.


33      Sentenze del 2 dicembre 2014, Commissione/Grecia (C‑378/13, EU:C:2014:2405, punto 57), e del 7 settembre 2016, Commissione/Grecia (C‑584/14, EU:C:2016:636, punto 80).


34      In base alla comunicazione C(2016) 5091 final della Commissione, del 9 agosto 2016, deve essere applicato a tal fine un importo di base pari a EUR 680, moltiplicato per il fattore 1,64. Nel ricorso la Commissione si rifà ancora alla sua comunicazione C(2015) 5511 del 5 agosto 2015, applicabile al 16 giugno 2016, data in cui è stata adottata la decisione di proporre ricorso.


35      Sentenza del 2 dicembre 2014, Commissione/Grecia (C‑378/13, EU:C:2014:2405, punti da 71 a 73).


36      V. sentenza del 2 dicembre 2014, Commissione/Grecia (C‑378/13, EU:C:2014:2405, punto 78).


37      Comunicazione del 13 dicembre 2005 intitolata «Applicazione dell’articolo 228 del trattato CE» [SEC(2005) 1658], punto 20.


38      V., in particolare, sentenza del 22 giugno 2016, Commissione/Portogallo (C‑557/14, EU:C:2016:471, punti 43, 44, 62, 63 e 102), e le conclusioni che ho presentato in tale causa (EU:C:2016:119, paragrafo 92, e giurisprudenza ivi citata).