Language of document : ECLI:EU:T:2012:415

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

11 settembre 2012 (*)

«Aiuti di Stato – Settore del cabotaggio marittimo – Servizio di interesse economico generale – Test dell’investitore privato in economia di mercato – Politica sociale degli Stati membri – Aiuti alla ristrutturazione – Effetti di una sentenza di annullamento»

Nella causa T‑565/08,

Corsica Ferries France SAS, con sede in Bastia (Francia), rappresentata da S. Rodrigues e C. Bernard‑Glanz, avocats,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da C. Giolito e B. Stromsky, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta dalla

Repubblica francese, rappresentata inizialmente da G. de Bergues e da A.‑L. Vendrolini, successivamente da G. de Bergues, N. Rouam e J. Rossi, in qualità di agenti,

e dalla

Société Nationale Maritime Corse-Méditerranée (SNCM) SA, rappresentata da A. Winckler e F.‑C. Laprévote, avocats,

intervenienti

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 2009/611/CE, dell’8 luglio 2008, riguardante le misure N C 58/02 (ex N 118/02) che la Francia ha applicato a favore della Société Nationale Maritime Corse‑Méditerranée (SNCM) (GU 2009, L 225, pag. 180),

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da I. Pelikánová, presidente, K. Jürimäe e M. van der Woude (relatore), giudici

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 dicembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Le compagnie di navigazione coinvolte

1        La ricorrente, Corsica Ferries France SAS, è una compagnia di navigazione che offre collegamenti marittimi regolari verso la Corsica a partire dalla Francia continentale (Marsiglia, Tolone e Nizza) e dall’Italia.

2        La Société Nationale Maritime Corse‑Méditerranée (SNCM) è una compagnia di navigazione che garantisce collegamenti regolari verso la Corsica in partenza dalla Francia continentale (Marsiglia, Tolone e Nizza) e verso l’Africa del Nord (Algeria e Tunisia) in partenza dalla Francia, nonché collegamenti verso la Sardegna. Una delle principali controllate della SNCM, nella misura del 100%, è la Compagnie Méridionale de Navigation (in prosieguo: la «CMN»).

3        Nel 2002 la SNCM era controllata per il 20% dalla Société nationale des chemins de fer e per l’80% dalla Compagnie Générale Maritime et Financière (in prosieguo: la «CGMF»), controllate al 100% dallo Stato francese. A partire dall’apertura del suo capitale nel 2006, due acquirenti, la Butler Capital Partners (in prosieguo: la «BCP») e la Veolia Transport (in prosieguo: la «VT»), hanno assunto il controllo, rispettivamente, del 38% e del 28% del capitale, mentre la CGMF restava presente con una quota del 25% e il 9% del capitale rimaneva riservato ai dipendenti. La BCP ha poi ceduto la sua partecipazione alla VT.

 Il procedimento amministrativo

4        Con la sua decisione 2002/149/CE, del 30 ottobre 2001, relativa agli aiuti pubblici corrisposti dalla Francia alla SNCM (GU 2002, L 50, pag. 66; in prosieguo: la «decisione del 2001»), la Commissione delle Comunità europee ha stimato che un aiuto di EUR 787 milioni concesso alla SNCM per il periodo compreso tra il 1991 e il 2001, a titolo di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, era compatibile con il mercato comune in applicazione dell’articolo 86, paragrafo 2, CE. La decisione in parola non ha formato oggetto di ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale.

5        Con lettera del 18 febbraio 2002, la Repubblica francese ha notificato alla Commissione un progetto di aiuto alla ristrutturazione a favore della SNCM per un importo di EUR 76 milioni (in prosieguo: il «piano del 2002»).

6        Con la sua decisione 2004/166/CE, del 9 luglio 2003, concernente l’aiuto alla ristrutturazione che la Francia prevede di mettere ad esecuzione a favore della SNCM (GU 2004, L 61, pag. 13; in prosieguo: la «decisione del 2003»), la Commissione ha approvato, a determinate condizioni, due tranche di aiuti alla ristrutturazione versati a favore della SNCM per un importo totale di EUR 76 milioni, una di EUR 66 milioni, pagabile immediatamente, e l’altra, di un importo massimo di EUR 10 milioni, condizionata al risultato netto delle cessioni aventi ad oggetto in particolare le navi della SNCM.

7        Il 13 ottobre 2003 la ricorrente ha introdotto un ricorso di annullamento della decisione del 2003 dinanzi al Tribunale (causa T‑349/03).

8        Con la sua decisione 2005/36/CE, dell’8 settembre 2004, che modifica la decisione del 2003 (GU 2005, L 19, pag. 70; in prosieguo: la «decisione del 2004»), la Commissione ha modificato una delle condizioni poste con l’articolo 2 della decisione del 2003. Si trattava della condizione relativa al numero massimo di undici navi che la SNCM era autorizzata a cedere. Con la decisione del 2004, la Commissione ha permesso di sostituire una delle suddette navi, l’Aliso, con un’altra, l’Asco.

9        Con decisione del 16 marzo 2005 (in prosieguo: la «decisione del 2005»), la Commissione ha autorizzato, sulla base della decisione del 2003, la liquidazione di una seconda tranche dell’aiuto alla ristrutturazione per un importo di EUR 3 327 400.

10      Con sentenza del 15 giugno 2005, Corsica Ferries France/Commissione (T‑349/03, Racc. pag. II‑2197; in prosieguo: la «sentenza del 2005»), il Tribunale ha annullato la decisione del 2003 a motivo di una valutazione erronea del carattere minimo dell’aiuto, dovuta principalmente a errori di calcolo del prodotto netto delle cessioni, respingendo tutti gli altri motivi attinenti a un difetto di motivazione e a una violazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE, e degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (GU 1999, C 288, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti»).

11      Con lettera del 7 aprile 2006, le autorità francesi hanno invitato la Commissione a considerare che, in ragione della sua natura di compensazione del servizio pubblico, una parte dell’aiuto alla ristrutturazione autorizzato nel quadro del piano del 2002, per un importo di EUR 53,48 milioni, non doveva essere classificata come misura presa nel quadro di un piano di ristrutturazione, bensì come misura che non costituisce aiuto ai sensi della sentenza della Corte del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, Racc. pag. I‑7747; in prosieguo: la «sentenza Altmark») o come misura autonoma e indipendente dal piano del 2002 ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, CE.

12      Il 21 aprile 2006 il progetto di concentrazione relativo all’acquisizione di un controllo congiunto della SNCM da parte della BCP e della VT è stato notificato alla Commissione ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (GU L 24, pag. 1). Il 29 maggio 2006 la Commissione ha autorizzato l’operazione di concentrazione sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), dello stesso regolamento.

13      Nel giugno 2006 le autorità francesi hanno fornito alla Commissione numerose informazioni circa le operazioni finanziarie compiute in occasione del trasferimento della SNCM al settore privato.

14      Il 13 settembre 2006 la Commissione ha deciso di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2, CE, riguardante le nuove misure attuate a favore della SNCM, integrando nel contempo il piano del 2002 (GU 2006, C 303, pag. 53; in prosieguo: la «decisione del 2006»).

15      Con la sua decisione 2009/611/CE, dell’8 luglio 2008, riguardante le misure N C 58/02 (ex N 118/02) che la Francia ha applicato a favore della SNCM (GU 2009, L 225, pag. 180; in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha ritenuto che le misure del piano del 2002 costituissero aiuti di Stato illegittimi ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, CE, ma compatibili con il mercato comune ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, CE e dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE, e che le misure del piano di privatizzazione del 2006 (in prosieguo: il «piano del 2006») non costituissero aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.

 Le misure in parola

16      La decisione impugnata si riferisce alle seguenti misure:

–        nel quadro del piano del 2002: l’apporto di capitale della CGMF alla SNCM per un importo di EUR 76 milioni, di cui EUR 53,48 milioni a titolo di oneri di servizio pubblico e il saldo a titolo di aiuti alla ristrutturazione;

–        nel quadro del piano del 2006:

–        il prezzo di vendita negativo della SNCM da parte della CGMF per un importo di EUR 158 milioni;

–        l’apporto di capitale della CGMF per EUR 8,75 milioni;

–        l’anticipo in conto corrente della CGMF per la somma di EUR 38,5 milioni a favore del personale licenziato della SNCM nel caso di un nuovo piano sociale.

 La decisione impugnata

17      Nella decisione impugnata, in particolare ai punti 37‑54, la Commissione ha accertato che il collegamento con la Corsica per il trasporto di passeggeri era un mercato caratterizzato dalla sua stagionalità e dalla sua concentrazione. La struttura concorrenziale del mercato è profondamente mutata dall’arrivo, nel 1996, della ricorrente. Dal 2000, la SNCM e la ricorrente costituivano un duopolio che deteneva di fatto più del 90% delle quote di mercato. Nel 2007, la ricorrente ha nettamente superato la SNCM con un milione di passeggeri trasportati in più, in un mercato che cresceva con regolarità del 4% annuo. La SNCM, insieme alla CMN, manteneva invece una posizione di quasi monopolio riguardo al trasporto di merci.

18      La Commissione ha ritenuto, ai punti 219‑225 della decisione impugnata, che tutti i conferimenti, ricevuti dalla SNCM attraverso la CGMF, fossero finanziati mediante risorse statali, circostanza questa che minacciava di falsare la concorrenza e di incidere sugli scambi tra gli Stati membri e ha ritenuto pertanto soddisfatte tre delle quattro condizioni poste dall’articolo 87, paragrafo 1, CE. Essa ha quindi esaminato, in relazione a ciascuna misura, l’esistenza di un vantaggio economico selettivo e la sua eventuale compatibilità con il mercato comune.

19      Per quanto attiene agli EUR 76 milioni notificati nel 2002, essa ha ritenuto, al punto 236 della decisione impugnata, che 53,48 milioni potessero essere considerati come compensazione di servizio pubblico. Conformemente al punto 320 della sentenza del 2005, di cui al precedente punto 10, essa ha valutato tale apporto alla luce della sentenza Altmark, di cui al precedente punto 11, e ha concluso, al punto 257 della decisione impugnata, che esso costituiva effettivamente un aiuto di Stato, ma che era tuttavia compatibile con il mercato comune ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, CE. I restanti EUR 22,52 milioni dovevano quindi essere considerati come aiuto alla ristrutturazione.

20      Per quanto attiene al piano del 2006, la Commissione ha poi applicato, ai punti 267‑352 della decisione impugnata, il test dell’investitore privato in economia di mercato (in prosieguo: il «test dell’investitore privato») al prezzo di vendita negativo di EUR 158 milioni. Per farlo, essa ha valutato se un ipotetico investitore privato, al posto della CGMF, avrebbe preferito ricapitalizzare la CGMF per tale importo o mettere la società in liquidazione accollandosene i costi. Si è così reso necessario valutare i costi minimi di liquidazione.

21      La Commissione ha accertato, ai punti 267‑280 della decisione impugnata, che i costi di liquidazione dovevano necessariamente comprendere i costi di un piano sociale, vale a dire i costi delle indennità complementari di licenziamento che andavano ad aggiungersi agli obblighi legali e convenzionali, per uniformarsi alla prassi dei grandi gruppi d’imprese di oggi e non offuscare l’immagine della holding di appartenenza e del suo azionista ultimo. Essa ha quindi valutato, con l’aiuto di un consulente indipendente, i costi di tali indennità complementari confrontandoli con i piani sociali attuati di recente in Francia da gruppi di imprese quali Michelin o Yves Saint‑Laurent.

22      Al punto 350 della decisione impugnata, la Commissione ha riconosciuto che il prezzo di vendita negativo derivava da una procedura di selezione aperta, trasparente, incondizionata e non discriminatoria e che, a questo riguardo, esso costituiva un prezzo di mercato. Muovendo dall’ipotesi di costi di liquidazione limitati alle sole indennità di licenziamento, essa ha concluso pertanto, al punto 352 della suddetta decisione, che il costo di liquidazione era superiore al prezzo di vendita negativo e che l’apporto di capitale di EUR 158 milioni non costituiva un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.

23      Per quanto attiene all’apporto di capitale di EUR 8,75 milioni da parte della CGMF, la Commissione ha ritenuto, ai punti 356‑358 della decisione impugnata, che il carattere di aiuto poteva essere escluso immediatamente poiché il conferimento degli acquirenti privati era significativo e concomitante. Essa ha poi constatato che il tasso di redditività fisso costituiva una remunerazione adeguata dei capitali investiti e che l’esistenza di una clausola risolutiva di cessione non era tale da rimettere in discussione la parità di trattamento. Essa ha concluso, al punto 365 della stessa decisione, che l’apporto di capitale della CGMF per un importo di EUR 8,75 milioni non costituiva un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.

24      La Commissione ha poi osservato, ai punti 372‑378 della decisione impugnata, che le misure di aiuto alla persona per EUR 38 milioni, depositati su un conto sequestrato, verrebbero poste in essere nel caso di un nuovo piano sociale attuato dagli acquirenti e che esse non corrisponderebbero all’esecuzione dei piani di riduzione del personale contemplati nel piano del 2002. I suddetti aiuti, secondo la Commissione, potevano essere versati solo ai soggetti il cui contratto di lavoro con la SNCM fosse stato previamente rescisso. Le misure in parola non costituirebbero pertanto gli oneri derivanti dalla normale applicazione della normativa in ambito sociale vigente in caso di rescissione del contratto di lavoro. La Commissione ha concluso che tali aiuti alla persona, autorizzati dallo Stato in quanto ente pubblico e non dallo Stato quale azionista, rientravano pertanto nella politica sociale degli Stati membri e non costituivano, per tale ragione, un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.

25      Per quanto riguarda il saldo di EUR 22,52 milioni notificato a titolo di aiuti alla ristrutturazione, vale a dire la differenza tra gli EUR 76 milioni notificati nel quadro del piano del 2002 e gli EUR 53,48 milioni ritenuti compatibili con il mercato interno ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, CE (v. il precedente punto 19), la Commissione ha ritenuto, al punto 381 della decisione impugnata, che esso rappresentasse un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE. Essa ha quindi esaminato la compatibilità della suddetta misura con gli orientamenti.

26      La Commissione ha riconosciuto, ai punti 387‑401 della decisione impugnata, che nel 2002 la SNCM era effettivamente un’impresa in difficoltà ai sensi del punto 5, lettera a), e del punto 6 degli orientamenti e che il piano del 2002 poteva assicurare il ripristino della redditività dell’impresa, conformemente ai punti 31‑34 degli orientamenti.

27      Per quanto attiene alla prevenzione di indebite distorsioni della concorrenza (punti 35‑39 degli orientamenti), la Commissione ha stabilito, al punto 404 della decisione impugnata, che nel mercato dei servizi marittimi verso la Corsica non c’era eccesso di capacità e che non occorreva contribuire al suo risanamento. Essa ha affermato poi, al punto 406 della suddetta decisione, che il piano di ristrutturazione notificato contribuiva in maniera significativa alla riduzione della presenza dell’impresa sul mercato. Il criterio attinente alla prevenzione di indebite distorsioni della concorrenza era quindi anch’esso soddisfatto.

28      Ai punti 410‑419 della decisione impugnata, la Commissione ha osservato che il fabbisogno di aiuti, calcolato al minimo in forza dei punti 40 e 41 degli orientamenti, era limitato a EUR 19,75 milioni al 9 luglio 2003, fatto salvo il prodotto netto delle cessioni previste dalla decisione del 2003. A tal fine, la Commissione ha iniziato calcolando la liquidità di cui la SNCM necessitava per il suo piano di ristrutturazione. Il costo del piano di ristrutturazione ammontava, a suo parere, a EUR 46 milioni. Essa ha detratto poi tutte le cessioni realizzate tra il 18 febbraio 2002 (data della notifica del piano del 2002) e il 9 luglio 2003 (data dell’adozione della decisione del 2003), vale a dire EUR 26,25 milioni, per giungere a un importo di EUR 19,75 milioni.

29      Per quanto attiene alle misure compensative, la Commissione ha stabilito che le condizioni previste nella decisione del 2003 relative alle acquisizioni, all’impiego della flotta, alle cessioni degli attivi, al divieto di applicare tariffe più basse rispetto a quelle di ciascuno dei suoi concorrenti (in prosieguo: la «condizione di price leadership») e alla limitazione delle rotazioni delle navi sulle linee dirette verso la Corsica erano state rispettate nella quasi totalità. Dato che le suddette condizioni erano state rispettate e l’importo d’aiuto notificato era sostanzialmente inferiore all’importo approvato nel 2003, la Commissione non ha ritenuto opportuno imporre obblighi aggiuntivi. Così, dopo aver considerato l’importo delle ulteriori cessioni previste dalla decisione del 2003, la Commissione ha ritenuto, al punto 434 della decisione impugnata, che il saldo finale della ristrutturazione, fissato in EUR 15,81 milioni, fosse un aiuto di Stato compatibile con il mercato comune ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE.

30      Il dispositivo della decisione impugnata ha il seguente tenore:

«Articolo 1

La compensazione versata dallo Stato francese alla SNCM per un importo pari a 53,48 milioni di EUR, a titolo di oneri di servizio pubblico per il periodo 1991‑2001, costituisce un aiuto di Stato illegittimo ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE, ma compatibile con il mercato comune ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, di detto trattato.

Il prezzo di vendita negativo della SNCM pari a 158 milioni di EUR, il fatto che la CGMF si sia fatta carico di interventi sociali nei confronti dei dipendenti per un importo di 38,5 milioni di EUR e la ricapitalizzazione congiunta e concomitante della SNCM da parte della CGMF per un importo pari a 8,75 milioni di EUR non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE.

L’aiuto alla ristrutturazione per un importo pari a 15,81 milioni di EUR che la Francia ha attuato a favore della [SNCM] costituisce un aiuto di Stato illegittimo ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE, ma compatibile con il mercato comune ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, di detto trattato.

Articolo 2

La Repubblica francese è destinataria della presente decisione».

 Procedimento e conclusioni delle parti

31      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 dicembre 2008 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

32      Con ordinanza del 27 aprile 2009 la Repubblica francese è stata ammessa a intervenire.

33      Con ordinanza del 1º luglio 2009 la SNCM è stata ammessa a intervenire.

34      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento.

35      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 64 del suo regolamento di procedura, il Tribunale ha invitato le parti a rispondere a determinati quesiti e a produrre alcuni documenti. Le parti hanno ottemperato a tali richieste nei termini impartiti.

36      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

37      La Commissione, la Repubblica francese e la SNCM chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

38      A fondamento del presente ricorso di annullamento, la ricorrente deduce essenzialmente sei motivi.

39      Il primo motivo si riferisce a un’interpretazione asseritamente troppo estensiva dell’articolo 287 CE, che si sarebbe tradotta in un difetto di motivazione della decisione impugnata e in una lesione dei diritti della difesa e del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo.

40      Il secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo si riferiscono alla violazione degli articoli 87 CE e 88 CE, nonché degli orientamenti. Questi motivi si riferiscono, nell’ordine, all’apporto di capitale per EUR 53,48 milioni a titolo di compensazione del servizio pubblico, alla cessione della SNCM a un prezzo negativo di EUR 158 milioni, all’apporto di capitale della CGMF di EUR 8,75 milioni, alle misure di aiuto alla persona per EUR 38,5 milioni e al saldo di EUR 22,52 milioni notificato a titolo di aiuti alla ristrutturazione.

 Sul primo motivo, relativo a un difetto di motivazione e alla lesione dei diritti della difesa e del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo

41      Con il presente motivo la ricorrente sostiene che la decisione impugnata presenta sostanzialmente un difetto di motivazione in quanto, per ragioni di riservatezza, la Commissione ha occultato nella versione comunicata alla ricorrente taluni elementi essenziali. Essa ritiene, in subordine, di non essere stata adeguatamente consultata in relazione ai dati che la riguardano.

42      A tal proposito, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la motivazione prescritta dall’articolo 253 CE deve essere adeguata alla natura dell’atto e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e da permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi fatti valere e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone che questo riguarda direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione di accertare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 253 CE deve essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punto 63 e la giurisprudenza ivi citata).

43      Allo stesso modo, occorre ricordare che l’articolo 287 CE fa obbligo ai membri, funzionari e agenti delle istituzioni della Comunità di non divulgare le informazioni che, per loro natura, sono protette dal segreto d’ufficio. Tuttavia, un difetto di motivazione non può essere giustificato sulla base dell’obbligo di rispettare il segreto d’ufficio sancito dal succitato articolo 287 CE. L’obbligo di rispettare i segreti commerciali non può essere inteso in senso così lato da privare del suo contenuto essenziale l’esigenza di motivazione, a detrimento del diritto della difesa degli Stati membri e delle parti interessate (v., in tal senso, sentenza della Corte del 13 marzo 1985, Paesi Bassi e Leeuwarder Papierwarenfabriek/Commissione, 296/82 e 318/82, Racc. pag. 809, punto 27). In particolare, la necessità della motivazione di una decisione adottata in materia di aiuti di Stato non può essere determinata in funzione dell’interesse a essere informato del solo Stato membro al quale detta decisione è rivolta. Infatti, nel caso in cui lo Stato membro abbia ottenuto da parte della Commissione ciò che richiedeva, vale a dire l’autorizzazione del suo progetto di aiuto, il suo interesse ad essere destinatario di una decisione motivata, a differenza di quello dei concorrenti del beneficiario, non può essere che limitatissimo (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 25 giugno 1998, British Airways e a./Commissione, T‑371/94 e T‑394/94, Racc. pag. II‑2405, punto 92).

44      Occorre osservare inoltre che, secondo una consolidata giurisprudenza, la presentazione di un motivo dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al giudice dell’Unione di esercitare il suo controllo giurisdizionale e alla parte convenuta di preparare la sua difesa. Al fine di garantire la certezza del diritto ed una corretta amministrazione della giustizia, è quindi necessario che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali il motivo è fondato emergano, anche sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dall’atto introduttivo stesso (sentenze del Tribunale del 7 novembre 1997, Cipeke/Commissione, T‑84/96, Racc. pag. II‑2081, punto 31, e del 27 settembre 2006, Roquette Frères/Commissione, T‑322/01, Racc. pag. II‑3137, punto 208). Emerge dallo stesso combinato disposto dell’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura che l’atto introduttivo deve indicare l’oggetto della controversia e un’esposizione sommaria ma chiara e precisa dei motivi invocati.

45      È alla luce delle considerazioni che precedono che il presente motivo deve essere esaminato.

46      In primo luogo, per quanto attiene all’obbligo di motivazione, occorre anzitutto ricordare che la decisione impugnata è stata adottata successivamente alle decisioni prese dal 2001 al 2005 e alla sentenza del 2005, di cui al precedente punto 10. La decisione impugnata è stata pertanto adottata in un contesto ben noto alla ricorrente (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 15 giugno 2005, Olsen/Commissione, T‑17/02, Racc. pag. II‑2031, punto 97).

47      In secondo luogo, alla luce del ricorso si deve riconoscere che la ricorrente è stata in grado di difendersi utilmente. Allo stesso modo, la decisione impugnata era sufficientemente chiara e precisa per consentire al giudice dell’Unione di esercitare il suo controllo.

48      In terzo luogo, si deve osservare che, nel caso di specie, la ricorrente non indica in modo sufficientemente preciso quali elementi essenziali siano stati occultati dalla decisione impugnata. I soli elementi dedotti in concreto dalla ricorrente sono presentati, infatti, in modo vago, senza che la ricorrente si curi di dimostrare in che modo essi fossero essenziali sotto il profilo dell’obbligo di motivazione.

49      Occorre quindi respingere in quanto infondata la censura relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione.

50      In secondo luogo, per quanto attiene alla contestata violazione dei diritti della difesa, la Commissione non era tenuta a consultare la ricorrente in relazione ai dati e alle valutazioni che la riguardano. Nel quadro della procedura amministrativa le imprese beneficiarie degli aiuti o i loro concorrenti sono infatti considerati unicamente come «interessati». La giurisprudenza attribuisce così agli interessati essenzialmente il ruolo di fonti di informazione per la Commissione nell’ambito del procedimento amministrativo avviato ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 2, CE. Ne consegue che gli interessati, lungi dal potersi valere dei diritti della difesa spettanti a coloro nei cui confronti è aperto un procedimento, dispongono soltanto del diritto di essere associati al procedimento amministrativo in misura adeguata, tenuto conto delle circostanze del caso di specie (sentenze del Tribunale British Airways e a./Commissione, cit. al precedente punto 43, punti 59 e 60, e del 6 marzo 2003, Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein‑Westfalen/Commissione, T‑228/99 e T‑233/99, Racc. pag. II‑435, punto 125).

51      Nel caso di specie la ricorrente ha avuto la possibilità di far conoscere utilmente il suo punto di vista sulla fondatezza e pertinenza dei singoli elementi di fatto e di diritto relativi all’operazione controversa. Gli elementi a disposizione del Tribunale riguardo alla partecipazione della ricorrente al procedimento amministrativo indicano, infatti, chiaramente che essa ha avuto l’occasione di esporre la sua opinione sia sul piano del 2002, sia sul piano del 2006, come emerge dai punti 24, 131‑134 e 142‑159 della decisione impugnata. La ricorrente ha quindi avuto la possibilità di partecipare pienamente al procedimento trasmettendo alla Commissione, in più occasioni, le sue osservazioni scritte.

52      Occorre pertanto respingere in quanto infondata la censura relativa alla violazione dei diritti della difesa.

53      In terzo luogo, per quanto attiene alla contestata violazione del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, occorre ricordare, da un lato, che le censure della ricorrente circa le violazioni dell’obbligo di motivazione e dei diritti della difesa sono state respinte in quanto infondate (v. i precedenti punti 49 e 52). Dall’altro, occorre osservare che la ricorrente non ha presentato alcun argomento specifico a sostegno della sua censura. Pertanto, la censura relativa alla violazione del suo diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo deve essere anch’essa respinta in quanto infondata.

54      Alla luce delle considerazioni che precedono, il primo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo, relativo essenzialmente a un errore manifesto di valutazione della Commissione derivante dall’approvazione dell’apporto di capitale per EUR 53,48 milioni a norma dell’articolo 86, paragrafo 2, CE, letto in combinato disposto con l’articolo 87, paragrafo 1, CE

55      La ricorrente afferma, essenzialmente, che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione nel ritenere che la SNCM potesse a buon diritto ricevere un apporto di capitale per EUR 53,48 milioni a titolo di compensazione del servizio pubblico, considerato in particolare che il semplice esercizio delle forze di mercato avrebbe potuto garantire la continuità territoriale.

56      A tal proposito, occorre ricordare che il diritto dell’Unione non fornisce una definizione precisa della nozione del servizio di interesse economico generale (in prosieguo: «SIEG») di cui all’articolo 86, paragrafo 2, CE. Al contrario, dalla giurisprudenza del Tribunale risulta che gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale quanto alla definizione di ciò che essi considerano SIEG e che la definizione di tali servizi da parte dello Stato membro può essere messa in discussione dalla Commissione solo in caso di errore manifesto. Tuttavia, il potere di agire dello Stato membro, in base all’articolo 86, paragrafo 2, CE, e quindi il suo potere di definizione dei SIEG non è illimitato e non può essere esercitato in maniera arbitraria al solo fine di sottrarre un settore particolare, quale quello del cabotaggio marittimo, all’applicazione delle regole di concorrenza (sentenze del Tribunale Olsen/Commissione, di cui al precedente punto 46, punto 216; del 12 febbraio 2008, BUPA e a./Commissione, T‑289/03, Racc. pag. II‑81, punti 165‑169, e del 6 ottobre 2009, FAB/Commissione, T‑8/06, non pubblicata nella Raccolta, punto 63).

57      Per quanto attiene più nello specifico ai SIEG nel settore dei collegamenti marittimi, l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio, del 7 dicembre 1992, concernente l’applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) (GU L 364, pag. 7; in prosieguo: il «regolamento sul cabotaggio»), prevede esplicitamente la possibilità di concludere contratti di servizio pubblico per garantire servizi regolari da, tra e verso le isole a condizione che ciò non avvenga su base discriminatoria. La Corte ha infatti ritenuto, nella sua sentenza del 20 febbraio 2001, Analir e a. (C‑205/99, Racc. pag. I‑1271, punto 27), che la continuità territoriale costituisce un interesse pubblico legittimo.

58      Nel caso di specie, dalla decisione impugnata si evince che, per conformarsi al punto 320 della sentenza del 2005, di cui al precedente punto 10, la Commissione ha esaminato, ai punti 226‑244, l’apporto di capitale per EUR 53,48 milioni alla luce della sentenza Altmark, di cui al precedente punto 11. La Commissione ha osservato, al punto 244 della decisione impugnata, che il suddetto apporto di capitale conferiva alla SNCM un vantaggio economico selettivo e costituiva di conseguenza un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE. Essa ha quindi ritenuto, al punto 257 della decisione impugnata, che detto aiuto era compatibile con il mercato comune ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, CE.

59      Per quanto attiene all’esistenza di un SIEG, la Commissione si è limitata a enunciare brevemente, al punto 249 della decisione impugnata, le ragioni per le quali riteneva che le convenzioni di delega del servizio pubblico (in prosieguo: «DSP») rispondessero a un bisogno reale di servizio pubblico. Occorre osservare che le convenzioni di DSP, firmate dalle autorità pubbliche deleganti e dalle imprese, sono contratti che precisano gli oneri di servizio pubblico idonei a garantire l’attuazione del principio di continuità territoriale. La SNCM era stata scelta dallo Stato francese nel 1976 per garantire la continuità territoriale per un periodo di 25 anni. La SNCM e la CMN hanno ottenuto insieme la DSP relativa al collegamento con la Corsica per il periodo 2002‑2006 e, successivamente, per il periodo 2007‑2013, conformemente alle nuove regole di diritto dell’Unione e a seguito di una gara d’appalto europea. Nella decisione impugnata, la Commissione ha ricordato che il principio di continuità territoriale rispondeva agli svantaggi presentati dall’insularità e che, nel caso di specie, tale legittimo obiettivo non poteva essere raggiunto dal semplice esercizio delle forze di mercato; essa ha infine rinviato all’analisi approfondita del gioco della concorrenza compiuta nella decisione del 2001.

60      Dal punto 249 della decisione impugnata si evince che la Commissione si è accontentata di motivare sommariamente l’esistenza di un SIEG per il periodo compreso tra il 1991 e il 2001, rinviando alla decisione del 2001 per una più ampia analisi; occorre pertanto valutare se essa potesse basarsi in parte su detta precedente decisione per giustificare, all’interno della decisione impugnata, l’esistenza di un SIEG o se invece fosse tenuta, al contrario, come sostiene la ricorrente, a riesaminare la suddetta questione nel dettaglio.

61      A tal proposito, si deve anzitutto osservare che il punto 7.2 della decisione del 2001 stabilisce in modo convincente l’esistenza di un reale bisogno di servizio pubblico. La questione se, avuto riguardo in particolare all’arrivo sul mercato della ricorrente nel 1996, la concorrenza fosse tale da garantire il raggiungimento dell’obiettivo della continuità territoriale, viene affrontata ai punti 72 e 74 della decisione del 2001. La Commissione ha esaminato in particolare, al punto 72 della decisione del 2001, l’evoluzione, linea per linea, dell’offerta della ricorrente tra la Corsica e la Francia nel periodo compreso tra il 1996 e il 2001. Essa ha concluso così, al punto 74 della suddetta decisione, nel senso dell’incapacità degli operatori privati ad assicurare la continuità territoriale al di fuori della DSP, avuto riguardo sia ai criteri qualitativi sia quantitativi fissati dal regime della convenzione, descritto quest’ultimo, come del resto il quadro normativo, ai punti 18‑30 della suddetta decisione e ricordato sommariamente ai punti 73, 75 e 80 della stessa. La decisione del 2001 esamina nel dettaglio il rapporto tra concorrenza e servizio pubblico minimo fino all’aprile 2001 (punto 72) e non è stata oggetto di un ricorso di annullamento da parte della ricorrente.

62      In secondo luogo, occorre osservare che il carattere reale del servizio pubblico oggetto della convenzione di DSP non è mai stato contestato dalla ricorrente o da altre parti interessate nel corso dei diversi procedimenti amministrativi e giurisdizionali promossi dinanzi alle istituzioni dell’Unione successivamente alla decisione del 2001. In particolare, il ricorso di annullamento contro la decisione del 2003, presentato dalla ricorrente il 13 ottobre 2003, era volto a contestare la qualificazione, compiuta dalla Commissione, di parte dell’aiuto come compensazione del servizio pubblico e non l’esistenza del servizio pubblico stesso.

63      In terzo e ultimo luogo, nel quadro della procedura amministrativa che ha condotto all’adozione della decisione impugnata, la ricorrente non ha più contestato l’esistenza di un servizio pubblico. Dal punto 146 della decisione impugnata si evince, infatti, che la ricorrente ha sostenuto che i criteri posti dalla sentenza Altmark, di cui al precedente punto 11, non erano soddisfatti nel caso di specie, ad eccezione del primo, vale a dire quello relativo all’esistenza di un servizio pubblico reale.

64      Dall’insieme delle considerazioni che precedono si desume che la Commissione, in mancanza di elementi nuovi portati alla sua attenzione dalle parti interessate, in particolare nel corso del procedimento amministrativo che si è concluso con la decisione impugnata, e considerati gli elementi di valutazione di cui disponeva, poteva a buon diritto limitarsi a motivare sommariamente e a rinviare alla decisione del 2001 per affermare l’esistenza di un servizio pubblico reale come accertato per il periodo tra il 1991 e il 2001, un periodo, d’altra parte, ben anteriore alla decisione impugnata.

65      Occorre quindi osservare che, nel quadro del suo controllo prima facie sulla definizione di SIEG da parte degli Stati membri (sentenza BUPA e a./Commissione, di cui al precedente punto 56, punto 166), la Commissione non ha commesso un errore manifesto di valutazione nel ritenere che la convenzione di DSP rispondesse ad un’esigenza reale di servizio pubblico per il periodo compreso tra il 1991 e il 2001.

66      Ad abundantiam, occorre considerare che gli argomenti sollevati dalla ricorrente in relazione, principalmente, alla sua presenza sul mercato in tale periodo non sono tali da rimettere in discussione la valutazione in parola.

67      In primis, il fatto che la ricorrente fosse già presente sul mercato all’epoca del rinnovo della DSP nel 2001, pur corrispondendo al vero, non è tale da rimettere in discussione la conclusione della Commissione. Emerge, infatti, dagli elementi del fascicolo che la ricorrente era totalmente assente dal mercato prima del 1996 e che ha attivato una linea tra Tolone e la Corsica solo nel 2000. Nel 2000 controllava solo il 12% delle quote di mercato in termini di posti offerti, nel periodo estivo, tra la Corsica e la Francia. Le sue quote di mercato erano tuttavia in rapido incremento, attestandosi, in particolare, al 30% nel 2001. Per quanto la presenza della ricorrente sul mercato cominciasse a farsi sentire in modo più forte, specialmente negli ultimi due anni del periodo considerato, in particolare nel 2001, ciò non prova comunque che le forze sul mercato fossero in grado di permettere a un determinato operatore di adempiere, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, agli obblighi del contratto della DSP come definiti nella convenzione quadro. La ricorrente non indica, infatti, alcun elemento concreto quanto alla sua capacità, ad esempio, di soddisfare su tutti gli itinerari gli obiettivi di frequenza in bassa stagione e nel periodo di punta, quanto agli orari di partenza e di arrivo, nonché alla tipologia di navi per il trasporto di passeggeri e di merci, e neppure in merito alla sua capacità di servire i numerosi porti della Corsica.

68      In secondo luogo, occorre notare, come sottolinea la ricorrente, che la DSP è stata abbandonata sulle linee in partenza da Nizza e Tolone a favore di un meccanismo che prevede aiuti sociali rivolti a determinate categorie di passeggeri, tra cui i residenti corsi, e obblighi di frequenza dei collegamenti estesi a tutti gli operatori. Questi meccanismi di aiuti sociali sono stati considerati dalla Commissione come compatibili con il mercato comune ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, CE. Tuttavia, diversamente da quanto sostiene la ricorrente, se è pacifico che il suo progressivo affermarsi sul mercato indica un’intensificazione del gioco della concorrenza, obiettivo questo perseguito peraltro dall’Unione fin dall’emanazione del regolamento sul cabotaggio, essa non può mettere in dubbio il carattere di servizio pubblico della DSP durante il periodo considerato, tanto più che dal punto 36 della decisione impugnata emerge chiaramente che il meccanismo degli aiuti sociali è stato attuato solo nel 2002, vale a dire successivamente al periodo in parola.

69      Il passaggio agli aiuti sociali indica infatti più una buona gestione da parte dell’autorità concedente che un aiuto ingiustificato finalizzato a «salvare» la SNCM, come sostiene la ricorrente. Limitando progressivamente le compensazioni versate alla SNCM, l’Office des transports de la Corse (in prosieguo: l’«OTC») ha limitato il costo per il consumatore e ha adattato la compensazione, come richiesto dall’articolo 86, paragrafo 2, CE. L’OTC ha quindi risposto alla necessità di tener conto dell’evoluzione delle forze di mercato e ha agito diligentemente avviando una riflessione sul cambiamento del sistema a partire dal 2000. Occorre sottolineare infine che l’esistenza di un aiuto sociale tende essa stessa a dimostrare l’esistenza di un’esigenza reale di servizio pubblico. Il fatto che la portata del suddetto servizio pubblico sia stata limitata dall’OTC non rimette in discussione tale circostanza di fatto.

70      In terzo e ultimo luogo, per quanto attiene all’argomento della ricorrente secondo cui la decisione del tribunal administratif di Bastia (Francia) del 5 luglio 2001, che annulla i servizi di punta nel periodo estivo, tenderebbe a dimostrare l’assenza di servizio pubblico reale, è sufficiente constatare che la suddetta decisione è stata annullata dal Conseil d’État (Consiglio di Stato) francese il 24 ottobre 2001, come ricorda la SNCM. Per quanto attiene infine alla sentenza della Cour administrative d’appel di Marsiglia (Francia) del 7 novembre 2011, citata dalla ricorrente in udienza, si deve osservare che la succitata sentenza si riferisce al periodo più recente della DSP, dal 2007 al 2013. Di conseguenza, le analisi vertenti sull’esistenza di un’esigenza di servizio pubblico reale in quel periodo non possono apportare alcun elemento di prova idoneo a rimettere in discussione la valutazione della Commissione per il periodo compreso tra il 1996 e il 2001, in particolare tenuto conto dello sviluppo oltremodo rapido del gioco della concorrenza sul mercato interessato.

71      Alla luce delle considerazioni che precedono, il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo, relativo a un errore manifesto di valutazione della Commissione concernente l’autorizzazione della cessione della SNCM a un prezzo negativo di EUR 158 milioni quale misura che non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE

72      A fondamento del suo terzo motivo, la ricorrente solleva sei censure volte a contestare l’applicazione da parte della Commissione del test dell’investitore privato al prezzo di vendita negativo di EUR 158 milioni. In primo luogo, la Commissione avrebbe impropriamente collegato i disordini sociali del 2005 e l’elevata probabilità di una liquidazione della SNCM. In secondo luogo, il confronto operato con piani sociali recenti non sarebbe sufficientemente giustificato. In terzo luogo, le indennità complementari di licenziamento non potrebbero essere ricomprese nei costi minimi di liquidazione. Doveva essere analizzato, in quarto luogo, l’impatto economico della clausola risolutiva di cessione. In quinto luogo, la mancata considerazione da parte della Commissione della responsabilità dello Stato francese nella situazione attuale della SNCM non sarebbe conforme alla sua prassi decisionale. In sesto luogo, non sarebbe stata rispettata la parità di trattamento tra la CGMF e gli acquirenti.

73      Il Tribunale ritiene che si debba iniziare l’esame del terzo motivo dalla terza censura.

74      Nell’ambito della suddetta terza censura, la ricorrente sostiene che, alla luce della giurisprudenza, la Commissione non poteva includere nel calcolo dei costi ipotetici di liquidazione della SNCM le indennità complementari di licenziamento che eccedono gli obblighi legali e convenzionali, dal momento che un tale approccio non caratterizzerebbe il comportamento di un investitore privato guidato da prospettive di redditività a lungo termine. In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la ricorrente ha precisato la portata della sua censura, sottolineando, da un lato, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione al punto 270 della decisione impugnata, la protezione dell’immagine della CGMF, di cui la SNCM era il solo attivo, non sarebbe una ragione sufficiente a giustificare la concessione delle indennità complementari di licenziamento. Dall’altro, il versamento delle indennità complementari di licenziamento sarebbe volto in realtà a contenere i disordini sociali in caso di liquidazione della SNCM, obiettivo questo che rientrerebbe tra quelli dello Stato in quanto ente pubblico e non nel comportamento di un investitore privato.

75      Dalla decisione impugnata si evince che, al fine di valutare se la SNCM avesse beneficiato di un vantaggio economico selettivo ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, la Commissione ha confrontato, ai punti 259‑352, il prezzo di vendita negativo di EUR 158 milioni con un ipotetico costo di liquidazione della società. Secondo la Commissione, il costo di liquidazione, calcolato al minimo, si comporrebbe nel caso di specie del solo costo delle indennità complementari di licenziamento (punto 306 della decisione impugnata). Queste ultime, secondo la Commissione, sarebbero divenute oggi un obbligo di fatto per i grandi gruppi d’impresa in caso di liquidazione di una filiale o di chiusura di un sito. Nella fattispecie, il versamento delle indennità complementari di licenziamento sarebbe ancor più necessario per proteggere l’immagine della CGMF e dello Stato francese, visti i disordini sociali interni alla SNCM (punti 270 e 271 della decisione impugnata). La Commissione ha quindi concluso che, dato che l’importo delle indennità complementari di licenziamento era superiore al costo di ricapitalizzazione, il prezzo di vendita negativo di EUR 158 milioni non comportava elementi di aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.

76      A tale riguardo si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’intervento, sotto qualsiasi forma, delle pubbliche autorità nel capitale di un’impresa può costituire aiuto di Stato (v. sentenza del Tribunale dell’11 luglio 2002, HAMSA/Commissione, causa T‑152/99, Racc. pag. II‑3049, punto 125 e la giurisprudenza ivi citata).

77      Occorre tuttavia anche ricordare che, a norma del suo articolo 295, il Trattato CE lascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri. Gli Stati membri restano liberi di intraprendere, direttamente o indirettamente, attività economiche alla stregua degli imprenditori privati. Questo principio di parità di trattamento fra i settori pubblico e privato implica che gli Stati membri possono investire nelle attività economiche e che i capitali messi a disposizione di un’impresa, direttamente o indirettamente, da parte dello Stato, in circostanze che corrispondono alle normali condizioni del mercato, non possono essere considerati aiuti di Stato (sentenze della Corte del 21 marzo 1990, Belgio/Commissione, C‑142/87, Racc. pag. I‑959, punto 29, e del 21 marzo 1991, Italia/Commissione, C‑303/88, Racc. pag. I‑1433, punto 20; sentenza del Tribunale del 12 dicembre 1996, Air France/Commissione, T‑358/94, Racc. pag. II‑2109, punto 70).

78      Al fine di determinare se la privatizzazione della SNCM per un prezzo di vendita negativo di EUR 158 milioni abbia comportato elementi di aiuto di Stato, occorre quindi valutare se, in condizioni simili, un investitore privato avrebbe potuto essere indotto ad effettuare conferimenti di capitali di simile entità nel quadro della vendita della suddetta società o se invece avrebbe optato per la sua liquidazione (v., in tal senso, sentenze della Corte del 16 maggio 2002, Francia/Commissione, C‑482/99, Racc. pag. I‑4397, punto 70, e del 28 gennaio 2003, Germania/Commissione, C‑334/99, Racc. pag. I‑1139, punto 133).

79      Ai fini dell’applicazione del test dell’investitore privato, si deve necessariamente distinguere tra gli obblighi che lo Stato deve assumere come proprietario di un’impresa che esercita un’attività economica e quelli che possono incombergli come autorità pubblica (v., in tal senso, sentenze della Corte del 14 settembre 1994, Spagna/Commissione, da C‑278/92 a C‑280/92, Racc. pag. I‑4103, punto 22, e Germania/Commissione, punto 78 supra, punto 134). Quando, infatti, lo Stato effettua un investimento nell’ambito dell’esercizio del pubblico potere, il comportamento dello Stato non può mai essere paragonato a quello di un operatore o di un investitore privato operante in un’economia di mercato (sentenza del Tribunale del 17 dicembre 2008, Ryanair/Commissione, T‑196/04, Racc. pag. II‑3643, punto 85).

80      Tuttavia, nell’effettuare tale distinzione tra attività economiche, da un lato, e interventi come potere pubblico, dall’altro, si deve tener conto del fatto che il comportamento dell’investitore privato, cui deve essere comparato quello dell’investitore pubblico, non è necessariamente quello del comune investitore che colloca capitali in funzione della loro capacità di produrre reddito a termine più o meno breve. Questo comportamento deve quantomeno corrispondere a quello di una holding privata o di un gruppo imprenditoriale privato che persegua una politica strutturale, globale o settoriale, ed essere guidato da prospettive di redditività a più lungo termine (sentenza della Corte del 21 marzo 1991, Italia/Commissione, C‑305/89, Racc. pag. I‑1603, punto 20).

81      Inoltre, sia il contenuto delle legislazioni sociali nazionali, sia le pratiche dei rapporti sociali all’interno dei grandi gruppi d’impresa evolvono con il tempo e divergono in seno all’Unione. È quindi necessario che il controllo degli aiuti di Stato rifletta l’evoluzione dei suddetti usi, per quanto concerne sia gli investimenti privati, sia gli investimenti effettuati dagli Stati, conformemente al principio della parità di trattamento e senza alterare il suo effetto utile.

82      Si deve ugualmente precisare che, all’interno di un’economia sociale di mercato, un investitore privato accorto non può prescindere, da un lato, dalla sua responsabilità nei confronti di tutti i soggetti interessati dell’impresa e, dall’altra, dall’evoluzione del contesto sociale, economico e ambientale all’interno del quale ne promuove lo sviluppo. Le questioni legate alla responsabilità sociale e al contesto imprenditoriale possono infatti influenzare in modo fondamentale le concrete decisioni e gli orientamenti strategici di un acquirente privato accorto. La razionalità strategica a lungo termine della condotta di un acquirente privato accorto non può pertanto essere valutata senza prendere in considerazione tali preoccupazioni.

83      A tale titolo, il versamento da parte di un investitore privato di indennità complementari di licenziamento può, in linea di principio, costituire una pratica legittima e opportuna, in base alle circostanze del caso, al fine di favorire un dialogo sociale sereno e preservare l’immagine di una società o di un gruppo di società. Il costo delle indennità complementari di licenziamento non si confonde in effetti con il costo della copertura sociale che graverebbe in ogni caso sullo Stato in caso di liquidazione di una società. In forza del principio della parità di trattamento (v. il precedente punto 75), la facoltà di versare delle indennità complementari di licenziamento è riconosciuta anche agli Stati membri in caso di liquidazione di una società pubblica, benché i loro obblighi non eccedano a priori gli obblighi legali e convenzionali minimi.

84      Tuttavia, l’accollo di costi aggiuntivi a fronte di preoccupazioni legittime non può perseguire finalità esclusivamente sociali, o addirittura politiche, a pena di uscire dal quadro del test dell’investitore privato come tracciato ai precedenti punti 76‑82. In mancanza di una qualsiasi razionalità economica, anche a lungo termine, l’accollo di costi ulteriori rispetto agli obblighi legali e convenzionali deve pertanto essere considerato un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.

85      A questo proposito, occorre precisare che la protezione dell’immagine di uno Stato membro quale investitore globale in un’economia di mercato non può costituire, al di fuori di circostanze particolari e senza una motivazione oltremodo convincente, una giustificazione sufficiente per dimostrare la razionalità economica a lungo termine dell’accollo di costi aggiuntivi quali quelli delle indennità complementari di licenziamento. Permettere alla Commissione di fare genericamente riferimento all’immagine di uno Stato membro, quale attore globale, per sostenere l’assenza di un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE potrebbe, da un lato, distorcere le condizioni della concorrenza sul mercato interno a favore di imprese operanti all’interno di Stati membri il cui settore economico pubblico è comparativamente più sviluppato o nel quale il dialogo sociale è particolarmente deteriorato e, dall’altro, ridurre indebitamente l’effetto utile delle regole dell’Unione in materia di aiuti di Stato.

86      Occorre altresì ricordare che, nel contesto del test dell’investitore privato, spetta alla Commissione, nell’esercizio del suo margine di discrezionalità, definire le attività economiche dello Stato, in particolare a livello geografico e settoriale, in relazione alle quali deve essere valutata la razionalità economica a lungo termine del comportamento del suddetto Stato.

87      In mancanza di una definizione sufficientemente precisa delle attività economiche interessate, da un lato, la Commissione non sarà, infatti, in grado di individuare gli investitori privati di riferimento e quindi di determinare l’esistenza di una pratica sufficientemente consolidata tra tali investitori sulla base di elementi oggettivi e verificabili. Dall’altro, in mancanza di un simile termine di paragone, la definizione delle attività economiche interessate è comunque necessaria per poter stabilire l’esistenza di una probabilità ragionevole e sufficientemente fondata che lo Stato membro tragga dal comportamento un profitto materiale indiretto, seppur a lungo termine.

88      Per quanto attiene, da ultimo, alla portata e alla natura del sindacato giurisdizionale, occorre anzitutto ricordare che la nozione di aiuto di Stato, come definita nel Trattato, ha carattere giuridico e deve essere interpretata sulla base di elementi oggettivi. Per tale ragione il giudice dell’Unione deve, in linea di principio e tenendo conto sia degli elementi concreti della causa sottopostagli, sia del carattere tecnico o complesso delle valutazioni effettuate dalla Commissione, esercitare un controllo completo in ordine al punto se una misura rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE (sentenze della Corte del 16 maggio 2000, Francia/Ladbroke Racing e Commissione, C‑83/98 P, Racc. pag. I‑3271, punto 25, e del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione, C‑487/06 P, Racc. pag. I‑10515, punto 111). Il giudice dell’Unione è tenuto in particolare non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (v. sentenza della Corte del 2 settembre 2010, Commissione/Scott, C‑290/07 P, Racc. pag. I‑7763, punto 65 e la giurisprudenza ivi citata).

89      È alla luce di questi principi che deve essere esaminata la terza censura del terzo motivo.

90      A tal proposito occorre osservare fin da subito che la Commissione non ha definito, in modo univoco, le attività economiche dello Stato francese per le quali si potrebbe eventualmente riconoscere l’esistenza di un’esigenza di protezione dell’immagine.

91      Dai punti 270 e 271 della decisione impugnata emerge infatti che l’immagine da proteggere è quella della «holding di appartenenza e del suo azionista finale», vale a dire, quella della CGMF e dello Stato francese. Sul punto, si deve osservare, come correttamente evidenziato dalla ricorrente, che la CGMF non ha altro attivo nel settore del trasporto marittimo. È escluso quindi che l’argomento relativo alla protezione dell’immagine potesse riferirsi ad essa.

92      In risposta a un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha poi sostenuto che l’immagine meritevole di protezione era, in realtà, quella dello Stato francese quale investitore globale in un’economia di mercato. In udienza, infine, la Commissione ha nuovamente cambiato posizione, precisando in più occasioni che l’argomento relativo alla protezione dell’immagine si riferiva, di fatto, allo Stato francese quale investitore nel settore dei trasporti. La Repubblica francese ha invece fatto riferimento allo Stato francese quale investitore globale in un’economia di mercato.

93      È quindi giocoforza constatare che la Commissione ha omesso di definire, in termini giuridicamente soddisfacenti, le attività economiche dello Stato francese in relazione alle quali occorreva valutare, nel caso di specie, la razionalità economica delle misure in parola (v. i precedenti punti 86 e 87).

94      In mancanza di una simile definizione è, in linea di principio, impossibile per il Tribunale controllare la razionalità economica a lungo termine del prezzo di vendita negativo della SNCM, autorizzato dallo Stato francese per evitare il versamento delle indennità complementari di licenziamento in caso di liquidazione (v. i precedenti punti 86 e 87). Solo a questo riguardo si deve ritenere che la Commissione abbia commesso un errore di diritto.

95      A prescindere dalla definizione delle attività economiche interessate, occorre altresì osservare, in primo luogo, che la Commissione non ha indicato sufficienti elementi oggettivi e verificabili idonei a dimostrare che il versamento delle indennità complementari di licenziamento, in circostanze analoghe, sarebbe una prassi consolidata tra gli imprenditori privati.

96      Si deve, infatti, notare che la Commissione non ha affrontato tale questione nella decisione impugnata, se non nella nota a piè di pagina n. 135. Ai punti 267 e 268 della decisione impugnata, la Commissione si è limitata ad affermare che il versamento di indennità complementari di licenziamento, al pari di altre misure quali aiuti alla ricerca di posti di lavoro, era divenuto una prassi corrente tra i grandi gruppi di imprese, senza tuttavia produrre alcun elemento di prova. Se è vero, infatti, come sostiene la Commissione al punto 267 della decisione impugnata, che i grandi gruppi di imprese non possono disinteressarsi delle conseguenze sociali della chiusura di un sito di produzione, questo non implica tuttavia, in mancanza di altri elementi di prova, che il versamento delle indennità complementari di licenziamento costituisce una pratica costante presso i grandi gruppi di imprese in caso di liquidazione di una filiale.

97      Al punto 272 e alla nota a piè di pagina n. 135 della decisione impugnata, la Commissione ha nuovamente affermato che il fatto di non includere le indennità complementari di licenziamento nel costo ipotetico della liquidazione significherebbe non tener conto della realtà sociale con la quale si confrontano i grandi gruppi di imprese e, per fondare tale affermazione, si è limitata a richiamare la sua decisione 92/266/CEE del 27 novembre 1991, relativa alle attività di riconversione dei gruppi industriali pubblici francesi ad eccezione di quelli siderurgici, delle miniere di carbone e della Compagnie générale maritime conformemente agli articoli 92, 93 e 94 del Trattato CEE (GU 1992, L 138, pag. 24), nonché gli altri piani sociali citati. A tal proposito, basti osservare, da un lato, che una decisione risalente al 1991 non è idonea a provare l’esistenza di una pratica sufficientemente consolidata all’atto della privatizzazione, avvenuta nel 2006, e, dall’altro, che il semplice rinvio a un numero limitato di piani sociali non può dimostrare l’esistenza di una pratica sufficientemente consolidata nell’ambito di casi equiparabili a quelli in esame. Ciò vale a maggior ragione se si considera che i suddetti piani sociali si riferiscono, come riconosciuto dalla Commissione in udienza, ad operazioni di ristrutturazione e non di liquidazione poste in essere all’interno di settori, come quello della cosmesi (Yves Saint‑Laurent Haute Couture) o quello agroalimentare (Danone), che non hanno a priori nulla in comune con le infrastrutture dei trasporti.

98      Si deve sottolineare, in secondo luogo, che i soli elementi di fatto indicati dalla Commissione, ai punti 274‑277 della decisione impugnata, erano volti essenzialmente a stimare i costi delle suddette indennità per dipendente e non a comprovare l’esistenza di una prassi sufficientemente consolidata, come ha confermato la Commissione al punto 41 della controreplica. Si deve peraltro osservare, a tal proposito, che le stime prodotte variano considerevolmente a seconda delle imprese e dei settori interessati.

99      In terzo luogo, né la Commissione, né le parti intervenienti hanno offerto elementi a comprova dell’esistenza della prassi di versare indennità complementari, né nelle loro risposte scritte ai quesiti del Tribunale, né in udienza. La Commissione non ha infatti neppure affrontato tale questione, mentre la Repubblica francese ha menzionato soltanto un’impresa privata, nel settore della siderurgia, che sembrerebbe voler riconoscere siffatte indennità complementari di licenziamento.

100    Tenuto conto di quanto osservato ai precedenti punti 96‑99, si deve ritenere che la Commissione non è stata in grado di dimostrare che il versamento delle indennità complementari di licenziamento fosse una pratica sufficientemente consolidata tra le imprese private.

101    In secondo luogo, si deve riconoscere che la Commissione non ha neppure indicato elementi oggettivi e verificabili idonei a dimostrare che, in mancanza di una prassi consolidata da parte dell’investitore privato, il comportamento dello Stato francese sarebbe stato motivato, nel caso di specie, dalla ragionevole probabilità di conseguire un profitto materiale indiretto, seppur a lungo termine (v. i precedenti punti 86 e 87).

102    Infatti, si deve osservare, ancora una volta, che la suddetta questione non è stata pressocché affrontata nella decisione impugnata. La Commissione si è limitata, ai punti 270 e 271 della decisione impugnata, ad affermare che in caso di liquidazione della SNCM le tensioni sociali interne all’impresa, comprovate a suo avviso dal conflitto sociale verificatosi nel 2004, sfocerebbero in disordini sociali idonei a minare l’immagine della sua società controllante e del suo azionista finale. Nella decisione impugnata la Commissione non ha quindi indicato elementi in grado di spiegare la concreta natura del pregiudizio subito e in particolare di chiarire nei confronti di quali parti interessate (utenti, clienti, fornitori o dipendenti) l’immagine della CGMF e dello Stato francese verrebbe ad essere danneggiata. La decisione impugnata non contiene inoltre alcun elemento volto a dimostrare che la Commissione abbia cercato di quantificare il pregiudizio subito, pregiudizio che deve tuttavia essere necessariamente confrontato con il costo stimato delle indennità complementari di licenziamento di cui costituisce la giustificazione.

103    Nella sua risposta scritta ai quesiti del Tribunale, la Commissione ha sostenuto che disordini si sarebbero potuti verificare probabilmente nelle società controllate dallo Stato e attive vicino alla SNCM, come il porto di Marsiglia, e avrebbero potuto estendersi a tutte le imprese pubbliche, a prescindere dal settore, in particolare nei trasporti. Sarebbe quindi l’immagine dello Stato quale datore di lavoro a essere lesa. Di conseguenza, secondo la Commissione, una liquidazione della SNCM senza il versamento delle indennità di licenziamento comporterebbe con ogni probabilità scioperi di solidarietà in tutto il settore pubblico, come quelli che si sono verificati all’interno di certe imprese private. La Repubblica francese ha precisato in udienza che il deterioramento dell’immagine deve essere interpretato, a suo avviso, come un deterioramento dell’immagine agli occhi di tutti i suoi partner commerciali e di tutti i suoi clienti non professionali. La Commissione ha inoltre accennato al rischio di episodi di violenza e di danni alle cose.

104    Oltre a rilevare la tardività della motivazione dedotta, il Tribunale ritiene, in ogni caso, che gli elementi presentati nelle risposte scritte e in udienza non siano idonei a costituire una motivazione sufficiente a giustificare l’inclusione delle indennità complementari di licenziamento nell’ipotetico costo di liquidazione della SNCM.

105    Infatti, si deve anzitutto osservare che la Commissione non ha indicato elementi idonei a dimostrare l’esistenza, nel caso di specie, di una ragionevole probabilità che insorgano costi sociali atti a giustificare il versamento delle indennità complementari di licenziamento. La Commissione non ha esaminato in alcun modo questo rischio, come essa stessa ha riconosciuto in occasione dell’udienza. La Commissione si è essenzialmente limitata ad affermare che esiste un rischio di scioperi di solidarietà, senza indicare il benché minimo elemento quanto alla loro estensione, se non precisando che essi potevano toccare tutte le imprese pubbliche, in particolare nel settore dei trasporti. A titolo di esempio concreto, la Commissione si è accontentata di menzionare le possibili conseguenze sulle attività commerciali dello Stato in caso di blocco del porto di Marsiglia, come è accaduto in occasione dei disordini sociali del marzo 2011. Essa ha altresì citato tre esempi di blocchi di siti di produzione verificatisi in Francia e in Belgio negli ultimi quindici anni. Di conseguenza, se si può considerare sufficientemente comprovata l’esistenza di forti tensioni sociali all’interno della SNCM, come emerge ad esempio dal punto 271 della decisione impugnata, gli elementi indicati non comproverebbero, nel caso di specie, l’esistenza, alla data dell’adozione della suddetta decisione, di un reale rischio di scioperi di solidarietà all’interno di altre imprese controllate, direttamente o indirettamente, dallo Stato francese.

106    Occorre sottolineare, in secondo luogo, che il mancato sforzo della Commissione di quantificare i costi sociali indiretti è tanto più grave se si considera che i suddetti costi dovevano essere considerevoli per poter giustificare il suo ragionamento. I costi delle indennità complementari di licenziamento superano, infatti, per definizione, gli EUR 158 milioni, vale a dire il prezzo di cessione negativo della SNCM. Le indennità complementari di licenziamento possono ritenersi giustificate solo se i loro costi sono inferiori ai costi sociali indiretti, quali quelli derivanti da scioperi di solidarietà. Ne consegue che l’importo dei costi sociali indiretti, se effettivamente presenti, deve essere particolarmente elevato per poter giustificare il ragionamento della Commissione.

107    In terzo luogo, alla luce degli elementi forniti dalla Commissione, si deve sottolineare che nessuno tra gli elementi del fascicolo permette di ritenere che la concessione delle indennità complementari di licenziamento ai dipendenti della SNCM fosse idonea a prevenire disordini sociali in caso di liquidazione della società, come riconosciuto dalla Commissione in udienza. La Commissione, infatti, non solo ha omesso di analizzare la probabilità che i suddetti costi sociali indiretti si presentino, ma non ha neppure valutato il rischio che essi si verifichino anche in caso di versamento delle indennità complementari di licenziamento. In quest’ultimo caso, lo Stato francese avrebbe dovuto sostenere, malgrado la concessione delle indennità complementari, i costi sociali indiretti invocati che costituiscono la giustificazione delle suddette indennità.

108    La Commissione non ha quindi indicato alcun elemento idoneo a dimostrare in modo adeguato che la previsione del considerevole costo delle indennità complementari di licenziamento, che poteva raggiungere un importo pari anche a dieci volte i soli obblighi legali e convenzionali, come emerge dal punto 277 della decisione impugnata, sarebbe stata giustificata, nel caso di specie, da una probabilità ragionevole per lo Stato francese di trarre un profitto materiale indiretto, seppure a lungo termine. Per quanto non sia possibile escludere il rischio che un’eventuale liquidazione della SNCM possa avere, in caso di mancato versamento delle indennità complementari di licenziamento, conseguenze sul piano sociale all’interno di altre imprese pubbliche, l’entità dei costi sociali e la probabilità che essi si verifichino non è stata in alcun modo analizzata dalla Commissione, neppure nelle sue risposte scritte al Tribunale. Si deve pertanto concludere che la razionalità economica a lungo termine del comportamento dello Stato francese non è stata dimostrata in termini giuridicamente sufficienti.

109    Alla luce dei punti 72‑108 che precedono, occorre accogliere la terza censura della ricorrente. Deve pertanto essere accolto il terzo motivo, senza che ci sia bisogno di analizzare la prima, seconda, quarta, quinta e sesta censura. Le conseguenze sulla legittimità della decisione impugnata saranno esaminate in prosieguo ai punti 155 e seguenti.

 Sul quarto motivo, relativo a un errore manifesto di valutazione della Commissione derivante dall’approvazione dell’apporto di capitale da parte della CGMF per EUR 8,75 milioni quale misura che non costituisce aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE

110    A fondamento del presente motivo, la ricorrente deduce due censure, relative, da una parte, a un’erronea applicazione del criterio della concomitanza degli apporti di capitale degli acquirenti privati e della CGMF e, dall’altra, al mancato rispetto del principio della parità di trattamento.

111    Dal punto 72 della decisione impugnata si evince che la sottoscrizione congiunta e concomitante da parte degli acquirenti e della CGMF di nuove azioni per EUR 35 milioni, di cui il 25% da parte della CGMF, era prevista nella sezione III del protocollo d’intesa. La suddetta sottoscrizione doveva essere compiuta dopo la ricapitalizzazione per EUR 142,5 milioni e la cessione del 75% delle quote ad acquirenti privati ad un prezzo simbolico.

112    Al punto 354 della decisione impugnata, la Commissione ha anzitutto ritenuto che un apporto di capitale pubblico non costituisca un aiuto se contemporaneamente vengono effettuati investimenti privati di importo significativo. Essa ha quindi ritenuto di potersi limitare ad analizzare la concomitanza degli apporti di capitale, in quanto tali apporti erano di entità significativa, senza analizzare i rendimenti, per concludere nel senso di negare l’esistenza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE. Dato che il criterio della concomitanza era rispettato, essa ha concluso, al punto 360 della decisione impugnata, nel senso che l’apporto di capitale della CGMF per EUR 8,75 milioni non conferiva alla SNCM un vantaggio economico e che non si trattava pertanto di un aiuto.

113    Solo dopo aver constatato la mancanza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, la Commissione ha poi analizzato, ai punti 361‑363 della decisione impugnata, la questione se il rendimento fisso della partecipazione della CGMF sarebbe stato accettabile per un ipotetico investitore privato. In considerazione del fatto che il rendimento fisso sottraeva la CGMF a qualsiasi rischio al livello dell’esecuzione del piano aziendale, essa ha ritenuto che tale rendimento garantisse una redditività a lungo termine adeguata dei capitali investiti. Il consulente della Commissione ha concluso inoltre che, sotto il profilo del rischio, il suddetto apporto di capitale era analogo a un collocamento in obbligazioni del settore privato francese.

114    Dal punto 364 della decisione impugnata emerge, da ultimo, che la clausola risolutiva di cessione (v. il precedente punto 23) non è stata esaminata in rapporto alla questione dei rendimenti, essendosi la Commissione accontentata di affermare che essa non rimette in discussione la parità di trattamento tra la CGMF e gli acquirenti privati.

115    A questo proposito si è già ricordato, ai punti 76 e 77 che precedono, che, per determinare se un apporto di provenienza pubblica comporti elementi di aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, occorre valutare se un investitore privato, in circostanze analoghe, avrebbe effettuato tale apporto. Quando i capitali vengono messi a disposizione di un’impresa, direttamente o indirettamente, dallo Stato in circostanze corrispondenti alle normali condizioni di mercato, essi non possono essere considerati come aiuti di Stato, in virtù del principio della parità di trattamento tra i settori pubblico e privato. Occorre pertanto ritenere che un apporto di capitali su fondi pubblici soddisfi il criterio dell’investitore privato e non implichi un aiuto statale nel caso in cui, tra l’altro, tale apporto avvenga in concomitanza con un significativo apporto di capitale da parte di un investitore privato effettuato in condizioni comparabili (v. sentenza del Tribunale del 12 dicembre 2000, Alitalia/Commissione, T‑296/97, Racc. pag. II‑3871, punto 81 e la giurisprudenza ivi citata).

 Sulla concomitanza

116    Per quanto attiene alla concomitanza degli apporti degli investitori privati e pubblici, la ricorrente ritiene, sulla base del fatto che non tutti gli EUR 35 milioni sono stati liberati contemporaneamente, che il criterio della concomitanza non sia stato rispettato per la totalità degli apporti, mentre la Commissione ha ritenuto sufficiente che le condizioni fossero analoghe.

117    A questo proposito, occorre sottolineare che la concomitanza degli apporti degli investitori privati e pubblici è, tutt’al più, un’indicazione che permette di orientarsi verso l’assenza di un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE. Dal punto 81 della sentenza Alitalia/Commissione, di cui al precedente punto 115, citata da quest’ultima alla nota a piè di pagina n. 168 della decisione impugnata, si desume che gli apporti devono essere stati effettuati in condizioni equiparabili. Dato che lo scopo del test dell’investitore privato è confrontare il comportamento dello Stato con quello di un ipotetico investitore privato, non si può negare che l’esistenza di investitori pronti a investire in modo significativo e concomitante è tale da agevolare la convalida di un simile test. Tuttavia, la legittimità degli apporti considerati sotto il profilo delle norme dell’Unione in materia di aiuti di Stato deve essere esaminata alla luce di tutti gli elementi pertinenti, di fatto e di diritto. L’aspetto temporale è quindi ovviamente importante ma, in linea di principio, la concomitanza non può essere considerata di per sé sufficiente.

118    La concomitanza non deve pertanto essere valutata in senso restrittivo, poiché essa deve essere interpretata solo come un indizio che permette di orientarsi verso l’assenza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE. Nella fattispecie, dato che il primo quarto di ciascuna partecipazione è stato liberato rigorosamente nello stesso momento e che i tre quarti restanti erano soggetti alle norme di diritto nazionale, la Commissione ha potuto a buon diritto ritenere che il criterio della concomitanza fosse soddisfatto, o quantomeno che l’analisi dell’aspetto temporale tendesse a provare l’esistenza di condizioni equiparabili per gli investimenti privati e pubblici.

119    Si deve pertanto rigettare la prima censura del quarto motivo in quanto infondata.

 Sulla parità di trattamento

120    La ricorrente ritiene che la disparità tra i livelli di rendimento riconosciuti alla CGMF e agli acquirenti privati, dovuta in particolare all’esistenza della clausola risolutiva di cessione, rimetta in discussione l’equivalenza tra le condizioni degli investimenti degli acquirenti privati e della CGMF, circostanza questa che comporterebbe l’illegittimità della conclusione della Commissione sotto il profilo della parità di trattamento.

121    In forza dei principi enunciati al precedente punto 115, occorre valutare se le possibili differenze tra i rendimenti riconosciuti agli apporti di capitale, rispettivamente, degli acquirenti privati e della CGMF siano tali da rimettere in discussione la fondatezza dell’analisi compiuta dalla Commissione e conclusasi nel senso del rispetto del principio di parità di trattamento.

122    A questo proposito si deve ricordare, come esposto ai precedenti punti 117 e 118, che nella fattispecie la concomitanza degli investimenti pubblici e privati non poteva che costituire, tutt’al più, un elemento pertinente ai fini della valutazione della natura di aiuto di Stato di un apporto di capitale pubblico. Di conseguenza, l’affermazione della Commissione contenuta al punto 354 della decisione impugnata, secondo cui il giudice dell’Unione avrebbe confermato il suo contesto d’analisi, è errata. Il punto 3.2, terzo trattino, della comunicazione sull’applicazione degli articoli 92 [CE] e 93 CE all’acquisizione di partecipazioni delle autorità pubbliche (Bollettino CE‑9/1984), richiamato dalla Commissione alla nota a piè di pagina n. 167, attesta inoltre soltanto una presunzione di assenza di aiuti in caso di investimento privato significativo e concomitante. Di conseguenza, come riconosciuto dalla Commissione nelle sue risposte scritte ai quesiti del Tribunale, la concomitanza non è da sola sufficiente, neppure in presenza di investimenti privati significativi, per concludere nel senso dell’assenza di aiuti ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE senza tener conto degli altri elementi pertinenti, di fatto o di diritto.

123    Nella fattispecie si deve constatare che la questione del rendimento fisso e quella relativa all’incidenza della clausola risolutiva di cessione rientrano nell’insieme degli elementi pertinenti che la Commissione avrebbe dovuto analizzare per concludere nel senso della comparabilità delle condizioni di investimento tra acquirenti privati e CGMF, e quindi del rispetto del principio di parità di trattamento.

124    Infatti, si deve anzitutto osservare, da un lato, che la redditività dell’apporto di capitale degli acquirenti privati non è fissato nel protocollo d’intesa. Dall’altro, in base alla decisione impugnata, l’apporto in capitale della CGMF è pensato per operare come un’obbligazione a tasso di rendimento fisso. Tale tasso di rendimento fisso non è tuttavia garantito dato che, in caso di esercizio della clausola risolutiva di cessione a seguito del mancato rinnovo del contratto di DSP o di una decisione della Commissione o del giudice dell’Unione che modifica in modo importante il valore della società, tale rendimento smetterà di essere versato. Tenuto conto di tali elementi, la Commissione non poteva rinunciare ad analizzare approfonditamente l’incidenza dei differenti rendimenti delle partecipazioni della CGMF e degli acquirenti privati nel quadro dell’esame della parità di trattamento.

125    In secondo luogo, si deve osservare che l’investimento di EUR 8,75 milioni nel capitale della SNCM non può essere considerato un classico investimento di portafoglio senza astrarre dal contesto di privatizzazione dell’impresa. Tale apporto di capitale viene effettuato, infatti, nel quadro di un protocollo globale di vendita, frutto di una negoziazione unitaria, in cui gli apporti degli acquirenti sono la contropartita dei pesanti impegni assunti, sotto forme diverse, dallo Stato francese.

126    In terzo luogo, per quanto riguarda la clausola risolutiva di cessione, la Commissione ritiene che essa non possa rimettere in discussione la parità di trattamento degli investitori privati e pubblici, essendo stata già valutata nel quadro della cessione dell’impresa a un prezzo di vendita negativo.

127    Senza che occorra risolvere la questione se la clausola risolutiva di cessione sia stata correttamente presa in considerazione dalla Commissione, basti qui constatare che il suo impatto economico e, quindi, la sua incidenza sulla parità di trattamento degli investitori concomitanti non sono stati in alcun modo presi in esame nella decisione impugnata. Il punto 364 di quest’ultima si limita a constatare che essa non può rimettere in dubbio la parità di trattamento tra gli investitori concomitanti, ma non contiene alcuna analisi di carattere economico. Orbene, dagli elementi del fascicolo emerge che la clausola risolutiva di cessione ha probabilmente un valore economico essenziale, come osservato nel corso del procedimento amministrativo dalla ricorrente e dalla società STIM d’Orbigny, che hanno presentato le proprie osservazioni nel corso del procedimento di indagine formale quali terzi interessati, come risulta dai punti 155, 158 e 163 della decisione impugnata.

128    Infatti, si deve anzitutto ricordare che la clausola risolutiva di cessione può essere azionata in mancanza di rinnovo del contratto di DSP o in caso di una decisione della Commissione o del giudice dell’Unione che influenza il valore della società. Questi due eventi sono già essi stessi tali da porre la SNCM, una volta ricapitalizzata, in difficoltà poiché essa, in un caso, perderebbe parte importante del suo volume d’affari e, nell’altro caso, potrebbe essere destinataria di procedure volte al recupero di un aiuto illegittimo in relazione a tutti o parte degli apporti effettuati della CGMF. In un simile contesto, difficile per l’impresa, l’esercizio della clausola risolutiva di cessione comporterebbe, da un lato, un obbligo di rimborso della totalità degli apporti degli acquirenti. Dall’altro, la CGMF si troverebbe nuovamente a controllare il 100% del capitale sociale della SNCM e a essere quindi responsabile al 100% dei costi di una possibile futura liquidazione, in un momento in cui il rischio di liquidazione sarebbe nettamente maggiore.

129    In secondo luogo, la Commissione e la Repubblica francese non hanno contestato, né durante la fase scritta, né in udienza, il fatto che la clausola risolutiva di cessione avesse un valore economico reale, avendo sostenuto che la sua valorizzazione era strutturalmente compresa nella transazione. Nella sua memoria di intervento la Repubblica francese ha sottolineato inoltre che una delle offerte concorrenti, che non comprendeva la clausola risolutiva di cessione, richiedeva in cambio una ricapitalizzazione ben più importante da parte dello Stato francese. La Commissione e la Repubblica francese non hanno quindi contestato che la clausola risolutiva di cessione avesse un valore finanziario reale.

130    Alla luce dei punti 126‑129 che precedono, si deve concludere nel senso che la clausola risolutiva di cessione è idonea, quantomeno, ad annullare ogni alea per gli acquirenti privati quando si verifichi uno dei suoi eventi scatenanti e che essa ha pertanto un valore finanziario reale. La clausola in parola può quindi modificare i profili di rischio dell’apporto di capitale degli acquirenti privati e della CGMF e rimettere così in discussione la comparabilità delle condizioni di investimento. In ogni caso, la Commissione non si poteva astenere, nella decisione impugnata, dall’analizzare in modo approfondito l’impatto economico della clausola risolutiva di cessione.

131    Dalle considerazioni che precedono risulta che la Commissione non ha tenuto conto, nella sua valutazione della comparabilità delle condizioni di investimento degli apporti di capitali concomitanti, di tutti gli elementi pertinenti e, in particolare, dei rendimenti. Così facendo, la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione. La seconda censura deve pertanto essere ritenuta fondata. Occorre quindi accogliere parzialmente il quarto motivo. Le conseguenze di questo errore sulla legittimità della decisione impugnata verranno esaminate più avanti, ai punti 155 e seguenti.

 Sul quinto motivo, relativo a un errore manifesto di valutazione della Commissione risultante dall’approvazione delle misure d’aiuto alla persona per un importo di EUR 38,5 milioni quali misure che non costituiscono aiuti ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE

132    A fondamento del quinto motivo, la ricorrente deduce essenzialmente tre censure. In primo luogo, l’analisi della Commissione non sarebbe conforme al punto 3.2.7 degli orientamenti, concernente gli «aiuti erogati a copertura dei costi sociali della ristrutturazione», poiché l’oggetto di tali aiuti non sarebbe chiaramente definito. In secondo luogo, dato che la SNCM deciderebbe da sola, in forza di un accordo aziendale, dell’importo concesso ai dipendenti, tali aiuti alla persona dovrebbero essere considerati come aiuti ai sensi del punto 59 degli orientamenti. La misura in parola porrebbe la SNCM in una posizione migliore rispetto alla concorrenza, il che costituirebbe un vantaggio economico selettivo e quindi un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE. In terzo luogo, il conto sequestrato sul quale sono versati i fondi oggetto degli aiuti alla persona, non sarebbe remunerato. Esso non sarebbe quindi conforme agli orientamenti nella misura in cui il bisogno d’aiuto non è limitato al minimo.

133    La Commissione ritiene, essenzialmente, che tali censure siano inefficaci nella parte in cui la ricorrente contesta la compatibilità dell’aiuto con il mercato interno sulla base degli orientamenti e non il carattere di aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE. Nel merito, essa ritiene che le suddette misure d’aiuto alla persona rientrino nella politica sociale degli Stati membri.

134    In via preliminare, si deve osservare che la ricorrente confonde l’esistenza di un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE con la sua compatibilità con il mercato interno ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE e ai sensi degli orientamenti. Dato che non compete al Tribunale pronunciarsi sulla compatibilità di un aiuto che non è stato contestato dalla Commissione nella decisione impugnata, occorre rigettare la prima e la terza censura del quinto motivo in quanto inconferenti.

135    Si deve tuttavia interpretare la seconda censura come volta a contestare direttamente l’accertamento effettuato dalla Commissione circa la mancanza di un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE. Occorre quindi esaminare il carattere di vantaggio economico degli aiuti alla persona in esame.

136    A tal proposito, è giurisprudenza costante che il mero fatto che una misura persegua uno scopo sociale non è sufficiente per sottrarre ipso facto tale misura alla qualifica di aiuto ai sensi dell’articolo 87 CE. Il paragrafo 1 di tale disposizione non distingue, infatti, a seconda delle cause o degli obiettivi di una misura statale, ma definisce tale misura in funzione dei suoi effetti. La nozione di aiuto comprende gli interventi pubblici che sotto varie forme alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa (v., in tal senso, sentenze della Corte del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España, C‑387/92, Racc. pag. I‑877, punto 13; del 26 settembre 1996, Francia/Commissione, C‑241/94, Racc. pag. I‑4551, punto 21; del 29 aprile 2004, Paesi Bassi/Commissione, C‑159/01, Racc. pag. I‑4461, punto 51, e del 3 marzo 2005, Heiser, C‑172/03, Racc. pag. I‑1627, punto 46).

137    Da quanto precede risulta che la nozione di aiuto non implica necessariamente l’accollo di un obbligo legale, ma piuttosto che l’impresa sia alleviata da oneri che generalmente gravano sul suo bilancio (v., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs relative alla sentenza della Corte del 26 settembre 1996, Francia/Commissione, di cui al precedente punto 136, Racc. pag. I‑4553, paragrafo 42). La definizione di ciò che è un onere rientrante nella gestione corrente di un’impresa non sarà quindi, per sua natura, limitata agli obblighi legali o convenzionali. Allo stesso modo, il fatto che i beneficiari diretti dell’aiuto alla persona siano i dipendenti non è sufficiente a dimostrare la mancanza di un aiuto a favore del loro datore di lavoro (v., in tal senso, sentenza della Corte del 23 febbraio 1961, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta autorità, 30/59, Racc. pag. 3).

138    Per valutare se i suddetti aiuti alla persona costituiscano un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, occorre quindi stabilire se la SNCM percepisca un vantaggio economico indiretto che le consente di evitare costi che avrebbero dovuto normalmente gravare sulle risorse finanziarie proprie e che impedisce alle forze presenti sul mercato di spiegare i loro normali effetti.

139    Dal punto 70 della decisione impugnata risulta che l’anticipo in conto corrente, per un importo di EUR 38,5 milioni, accordato dalla CGMF a favore del personale licenziato dalla SNCM mira a finanziare il costo delle future indennità complementari in caso di un eventuale piano di riduzione del personale attuato dagli acquirenti. Detto anticipo in conto corrente è volto, infatti, a finanziare «la frazione di costo delle eventuali dimissioni volontarie o rescissioni del contratto di lavoro (…) che andrebbe a integrare le somme di qualsivoglia natura dovute dal datore di lavoro in applicazione delle disposizioni di legge e convenzionali» (articolo II.2 del protocollo di cessione del 16 maggio 2006, citato alla nota a piè di pagina n. 66 della decisione impugnata).

140    La Commissione ha osservato, ai punti 366‑370 della decisione impugnata, che un vantaggio economico selettivo esiste quando un apporto di capitale pubblico allevia l’impresa di un onere rientrante nella sua gestione corrente. Essa ha ritenuto che, nel caso di specie, gli oneri rientranti nella gestione corrente erano l’insieme degli oneri derivanti dall’applicazione della legislazione in materia sociale e delle convenzioni collettive applicabili al settore. Nella misura in cui i suddetti aiuti alla persona non sono finalizzati a finanziare obblighi legali e convenzionali, essi non mirerebbero a finanziare oneri rientranti nella gestione corrente dell’impresa.

141    In base al punto 372 della decisione impugnata, gli aiuti alla persona non possono avere né per oggetto, né per effetto di consentire il licenziamento di dipendenti, dato che il conto sequestrato può essere attivato solo per dipendenti che avranno già lasciato l’impresa all’atto dell’adozione del nuovo piano sociale. Questi aiuti alla persona rappresenterebbero quindi una misura di politica sociale, poiché lo Stato francese agisce quale ente pubblico e non quale Stato azionista. Al punto 375 della decisione impugnata la Commissione ha precisato che la suddetta misura non è volta a finanziare i licenziamenti originariamente previsti nel piano del 2002.

142    Questo argomento non può essere accolto.

143    Dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 136 e 137 emerge anzitutto che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione al punto 371 della decisione impugnata, il fatto che la misura in esame non riguardi gli stretti obblighi giuridici e convenzionali non è, in linea di principio, idoneo a escludere la natura di aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.

144    Occorre osservare, in secondo luogo, che l’esistenza del conto sequestrato è idonea a fungere da incentivo per i dipendenti della SNCM a lasciare l’impresa o, quantomeno, a lasciarla senza negoziare il licenziamento, in particolare per quanto attiene alla concessione di eventuali indennità complementari di licenziamento ai sensi del punto 268 della decisione impugnata, aspetti questi che comporterebbero tutti un vantaggio economico indiretto a favore della SNCM.

145    Il fatto che il suddetto conto sequestrato sia stato negoziato con i sindacati dell’impresa prima della privatizzazione, a seguito dei conflitti sociali del 2005, come emerge dalle risposte scritte della Commissione, non è da solo idoneo a rimettere in discussione la natura di aiuto di Stato delle misure interessate. Infatti, che il vantaggio sia stato concesso prima o dopo la privatizzazione, beneficiaria continua a essere la SNCM. Il fatto che gli aiuti alla persona in parola fossero parte del protocollo di vendita contribuisce anch’esso a dimostrare che essi comportano un vantaggio. Si deve quindi riconoscere che le parti vi hanno fatto ricorso perché potevano trarne un certo beneficio.

146    Ne consegue che le spiegazioni della Commissione, in particolare quelle contenute al punto 372 della decisione impugnata, non sono convincenti e neppure comprensibili.

147    Visti i punti 142‑146 che precedono, si deve ritenere che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione, qualificando tali misure d’aiuto alla persona, per un importo di EUR 38,5 milioni, quali misure che non costituiscono un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE. Occorre quindi accogliere il quinto motivo. Le conseguenze del suddetto errore per la legittimità della decisione impugnata sono esaminate nel prosieguo ai punti 155 e seguenti.

 Sul sesto motivo, relativo a un errore manifesto di valutazione della Commissione risultante dall’approvazione del saldo di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE e ai sensi degli orientamenti

148    In primo luogo si deve osservare che il sesto motivo si riferisce al saldo di ristrutturazione, per un importo finale di EUR 15,81 milioni, dichiarato compatibile con il mercato comune ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE e ai sensi degli orientamenti.

149    In secondo luogo, occorre sottolineare che l’analisi di detto saldo di ristrutturazione, effettuata dalla Commissione ai punti 366‑434 della decisione impugnata, era fondata sulla premessa secondo cui il piano del 2006 non conteneva elementi di aiuto di Stato.

150    A tal proposito occorre, infatti, osservare che la decisione del 2006 indica espressamente che, in presenza di elementi di aiuto alla ristrutturazione nel piano del 2006, questi ultimi dovrebbero essere esaminati congiuntamente all’aiuto alla ristrutturazione del piano del 2002, come emerge dai punti 6, 7, 25 e 129. La Commissione ha d’altronde osservato, al punto 161 della decisione del 2006, che non poteva escludere che tutto o parte del nuovo apporto di capitale per EUR 158 milioni potesse essere considerato come costitutivo di un aiuto di Stato. Essa ha così correttamente sottolineato che, se tale nuova misura costituiva un aiuto, essa dovrebbe allora essere valutata «insieme con l’aiuto alla ristrutturazione globale di cui si dovrebbe in tal caso verificare la compatibilità».

151    Dalla decisione impugnata si evince tuttavia che il piano del 2006 non includeva, secondo la Commissione, nuovi elementi di aiuto, avendo quest’ultima ritenuto che il prezzo di vendita negativo di EUR 158 milioni, l’apporto di capitale congiunto e concomitante da parte della CGMF per un importo di EUR 8,75 milioni e gli aiuti alla persona per un importo pari a EUR 38,5 milioni non costituissero aiuti ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.

152    Orbene, dall’esame del terzo, quarto e quinto motivo emerge che la Commissione ha commesso un errore di diritto e manifesti errori di valutazione idonei a rimettere in discussione la premessa secondo cui il piano del 2006 sarebbe privo di elementi di aiuto.

153    Tanto premesso, il Tribunale osserva che l’analisi compiuta dalla Commissione relativa al saldo di ristrutturazione non è adeguatamente motivata. Si deve quindi accogliere il sesto motivo senza che sia necessario esaminare gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

154    Occorre ora analizzare le conseguenze degli errori di valutazione della Commissione sulla legittimità della decisione impugnata.

 Sulle conseguenze degli errori manifesti di valutazione compiuti dalla Commissione sulla legittimità della decisione impugnata

155    Dai punti 94, 109, 131 e 147 che precedono emerge che la Commissione ha compiuto un errore in diritto ed errori manifesti di valutazione quanto all’analisi del prezzo di vendita negativo di EUR 158 milioni, dell’apporto di capitale congiunto e concomitante, da parte della CGMF, per EUR 8,75 milioni e degli aiuti alla persona per un importo di EUR 38,5 milioni. È quindi necessario annullare, di conseguenza, l’articolo 1, secondo comma, della decisione impugnata.

156    Dai punti 148‑152 che precedono emerge che l’esame, compiuto dalla Commissione, del saldo di ristrutturazione, per un importo finale di EUR 15,81 milioni, era fondato su una premessa errata. Si deve pertanto annullare l’articolo 1, terzo comma, della decisione impugnata.

 Sulle spese

157    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

158    La Repubblica francese e la SNCM sopporteranno le proprie spese, conformemente all’articolo 87, paragrafo 4, primo e terzo comma, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’articolo 1, secondo e terzo comma, della decisione 2009/611/CE della Commissione, dell’8 luglio 2008, riguardante le misure N C 58/02 (ex N 118/02) che la Francia ha applicato a favore della Société Nationale Maritime Corse‑Méditerranée (SNCM) è annullato.

2)      La Commissione europea sopporterà le spese della ricorrente nonché le proprie spese.

3)      La Repubblica francese e la SNCM sopporteranno le proprie spese.

Pelikánová

Jürimäe

Van der Woude

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 settembre 2012.

Firme

Indice


Fatti

Le compagnie di navigazione coinvolte

Il procedimento amministrativo

Le misure in parola

La decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo motivo, relativo a un difetto di motivazione e alla lesione dei diritti della difesa e del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo

Sul secondo motivo, relativo essenzialmente a un errore manifesto di valutazione della Commissione derivante dall’approvazione dell’apporto di capitale per EUR 53,48 milioni a norma dell’articolo 86, paragrafo 2, CE, letto in combinato disposto con l’articolo 87, paragrafo 1, CE

Sul terzo motivo, relativo a un errore manifesto di valutazione della Commissione concernente l’autorizzazione della cessione della SNCM a un prezzo negativo di EUR 158 milioni quale misura che non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE

Sul quarto motivo, relativo a un errore manifesto di valutazione della Commissione derivante dall’approvazione dell’apporto di capitale da parte della CGMF per EUR 8,75 milioni quale misura che non costituisce aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE

Sulla concomitanza

Sulla parità di trattamento

Sul quinto motivo, relativo a un errore manifesto di valutazione della Commissione risultante dall’approvazione delle misure d’aiuto alla persona per un importo di EUR 38,5 milioni quali misure che non costituiscono aiuti ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE

Sul sesto motivo, relativo a un errore manifesto di valutazione della Commissione risultante dall’approvazione del saldo di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE e ai sensi degli orientamenti

Sulle conseguenze degli errori manifesti di valutazione compiuti dalla Commissione sulla legittimità della decisione impugnata

Sulle spese


* Lingua processuale: il francese.