Language of document : ECLI:EU:C:2012:516

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

5 settembre 2012 (*)

«Codice frontiere Schengen – Decisione 2010/252/UE – Sorveglianza delle frontiere marittime esterne – Introduzione di modalità supplementari in materia di sorveglianza delle frontiere – Competenze di esecuzione della Commissione – Portata – Domanda di annullamento»

Nella causa C‑355/10,

avente ad oggetto il ricorso di annullamento, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposto il 12 luglio 2010,

Parlamento europeo, rappresentato da M. Dean, A. Auersperger Matić e K. Bradley, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da Z. Kupčová e R. Szostak, in qualità di agenti, 

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da C. O’Reilly e M. Wilderspin, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J. N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot e dalla sig.ra A. Prechal, presidenti di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Schiemann, E. Juhász, G. Arestis, T. von Danwitz (relatore), dalla sig.ra M. Berger e dal sig. E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 gennaio 2012,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 aprile 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il ricorso in esame, il Parlamento europeo chiede alla Corte di annullare la decisione 2010/252/UE del Consiglio, del 26 aprile 2010, che integra il codice frontiere Schengen per quanto riguarda la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (GU L 111, pag. 20; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

2        A sostegno del suo ricorso il Parlamento deduce in giudizio, in particolare, che tale decisione eccede i limiti delle competenze d’esecuzione previste dall’articolo 12, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU L 105, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 296/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2008 (GU L 97, pag. 60; in prosieguo: il «CFS»). Il Parlamento afferma che le disposizioni della decisione impugnata avrebbero dovuto essere adottate in applicazione della procedura legislativa ordinaria e non avvalendosi della procedura di comitologia fondata su detto articolo 12, paragrafo 5.

I –  Contesto normativo

A –  La decisione 1999/468/CE

3        Sul fondamento dell’articolo 202 CE è stata adottata la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23), come modificata dalla decisione 2006/512/CE del Consiglio, del 17 luglio 2006 (GU L 200, pag. 11; in prosieguo: la «seconda decisione “comitologia”»).

4        Per quanto riguarda la procedura di regolamentazione con controllo, il considerando 7 bis della seconda decisione «comitologia» è formulato nei seguenti termini:

«È necessario ricorrere alla procedura di regolamentazione con controllo per le misure di portata generale intese a modificare elementi non essenziali di un atto adottato secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato [CE], anche sopprimendo taluni di questi elementi, o completandolo con l’aggiunta di nuovi elementi non essenziali. Tale procedura deve consentire ai due rami dell’autorità legislativa di effettuare un controllo preliminare all’adozione di siffatte misure. Gli elementi essenziali di un atto legislativo possono essere modificati soltanto dal legislatore in base al trattato».

5        L’articolo 2, paragrafo 2, della seconda decisione «comitologia» così dispone:

«Quando un atto di base adottato secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato prevede l’adozione di misure di portata generale intese a modificare elementi non essenziali di tale atto, anche sopprimendo taluni di questi elementi, o di completarlo tramite l’aggiunta di nuovi elementi non essenziali, tali misure sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo».

6        Lo svolgimento della procedura di regolamentazione con controllo è disciplinato dall’articolo 5 bis della seconda decisione «comitologia». Nel contesto di tale procedura interviene anche un comitato di regolamentazione con controllo composto dei rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione europea (in prosieguo: il «comitato»), che esprime il suo parere su un progetto di misure da prendere. La procedura differisce a seconda che le misure previste siano conformi al parere di tale comitato, o non lo siano, oppure detto comitato non abbia adottato un parere.

7        Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in assenza di parere, l’articolo 5 bis, paragrafo 4, della seconda decisione «comitologia» prevede che si applichi la procedura seguente:

«a)      la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare e la trasmette al tempo stesso al Parlamento europeo;

b)      il Consiglio delibera a maggioranza qualificata sulla proposta entro due mesi da quando la stessa gli è stata presentata;

c)      se entro questo termine il Consiglio si oppone a maggioranza qualificata alle misure proposte, queste ultime non sono adottate. In tal caso la Commissione può sottoporre al Consiglio una proposta modificata o presentare una proposta legislativa, in base al trattato,

d)      se il Consiglio prevede di adottare le misure proposte, le sottopone senza indugio al Parlamento europeo. Se il Consiglio non delibera entro il suddetto termine di due mesi, la Commissione sottopone senza indugio le misure al Parlamento europeo;

e)      il Parlamento europeo, deliberando a maggioranza dei membri che lo compongono entro un termine di quattro mesi dalla trasmissione della proposta conformemente alla lettera a), può opporsi all’adozione delle misure in questione, adducendo a motivo della sua opposizione il fatto che le misure proposte eccedono le competenze di esecuzione previste dall’atto di base o che le misure non sono compatibili con il fine o il contenuto dell’atto di base o non rispettano i principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

f)      se entro questo termine il Parlamento europeo si oppone alle misure proposte, queste ultime non sono adottate. In tal caso la Commissione può sottoporre al comitato un progetto di misure modificato o presentare una proposta legislativa in base al trattato;

g)      se allo scadere di tale termine il Parlamento europeo non si è opposto alle misure proposte, queste sono adottate dal Consiglio o dalla Commissione, a seconda dei casi».

B –  Il CFS

8        Come risulta dal suo articolo 1, secondo comma, il CFS stabilisce le norme applicabili al controllo di frontiera sulle persone che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea.

9        Conformemente al considerando 6 del CFS, tale controllo mira a «contribuire alla lotta contro l’immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani nonché alla prevenzione di qualunque minaccia per la sicurezza interna, l’ordine pubblico, la salute pubblica e le relazioni internazionali degli Stati membri».

10      Ai sensi del considerando 17 del CFS «[è] opportuno prevedere una procedura che consenta alla Commissione di adeguare talune modalità pratiche del controllo di frontiera. In tal caso, sono adottate le misure necessarie per l’attuazione del [CFS] secondo la decisione 1999/468/CE (…)».

11      L’articolo 2, punto 9, del CFS definisce il «controllo di frontiera» come consistente in verifiche di frontiera e nella sorveglianza di frontiera e comprendente «l’attività svolta alla frontiera, in conformità e per gli effetti del [CFS], in risposta esclusivamente all’intenzione di attraversare la frontiera o al suo effettivo attraversamento e indipendentemente da qualunque altra ragione».

12      La sorveglianza di frontiera è definita, all’articolo 2, punto 11, del CFS, come «la sorveglianza delle frontiere tra i valichi di frontiera e la sorveglianza dei valichi di frontiera al di fuori degli orari di apertura stabiliti, allo scopo di evitare che le persone eludano le verifiche di frontiera».

13      Agli articoli 6‑11, il CFS stabilisce le norme relative alle verifiche di frontiera alle frontiere esterne.

14      Per quanto riguarda la sorveglianza di frontiera, l’articolo 12 del CFS così recita:

«1.      La sorveglianza si prefigge principalmente di impedire l’attraversamento non autorizzato della frontiera, di lottare contro la criminalità transfrontaliera e di adottare misure contro le persone entrate illegalmente.

2.      Le guardie di frontiera si servono di unità fisse o mobili per effettuare la sorveglianza di frontiera.

Tale sorveglianza viene effettuata in modo da impedire alle persone di eludere le verifiche ai valichi di frontiera o da dissuaderle dal farlo.

3.      La sorveglianza tra i valichi di frontiera è effettuata da guardie di frontiera in numero e con metodi adatti ai rischi e alle minacce esistenti o previsti. Essa comporta cambiamenti frequenti ed improvvisi dei periodi di sorveglianza, in modo che chi attraversa senza autorizzazione la frontiera corra il rischio costante di essere individuato.

4.      La sorveglianza è effettuata da unità fisse o mobili che svolgono i loro compiti pattugliando o appostandosi in luoghi riconosciuti come sensibili o supposti tali allo scopo di fermare le persone che attraversano illegalmente la frontiera. La sorveglianza può essere effettuata facendo ricorso anche a mezzi tecnici, compresi dispositivi elettronici.

5.      Possono essere adottate misure di sorveglianza supplementari. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, completandolo, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 33, paragrafo 2».

15      L’ingresso nel territorio degli Stati membri è negato ai cittadini di Stati terzi con un provvedimento motivato notificato, a norma dell’articolo 13, paragrafo 2, del CFS, a mezzo del modello uniforme di cui all’allegato V, parte B, di tale codice.

16      L’articolo 33, paragrafo 2, del CFS stabilisce quanto segue:

«Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa».

C –  Il regolamento (CE) n. 2007/2004

17      Il regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio, del 26 ottobre 2004, che istituisce un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (GU L 349, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 863/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007 (GU L 199, pag. 30; in prosieguo: il «regolamento Frontex»), stabilisce, tra l’altro, i compiti spettanti a tale Agenzia europea (in prosieguo: l’«Agenzia»).

18      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento Frontex, l’Agenzia svolge in particolare i seguenti compiti:

«a)      coordina la cooperazione operativa tra gli Stati membri nella gestione delle frontiere esterne;

(...)

e)      aiuta gli Stati membri in circostanze che richiedono una maggiore assistenza tecnica e operativa alle frontiere esterne;

(...)

g)      invia squadre di intervento rapido alle frontiere negli Stati membri (...)».

19      Se, su domanda di uno Stato membro, il direttore esecutivo dell’Agenzia decide di inviare una o più squadre di intervento rapido alle frontiere esterne di tale Stato, l’Agenzia e lo Stato membro richiedente elaborano un piano operativo, a norma dell’articolo 8 quinquies, paragrafo 5, di detto regolamento.

20      L’articolo 8 sexies del regolamento Frontex, intitolato «Piano operativo», così dispone:

«1.      Il direttore esecutivo e lo Stato membro richiedente concordano il piano operativo che definisce nel dettaglio le condizioni per l’invio delle squadre. Il piano operativo precisa i seguenti elementi:

a)      una descrizione della situazione, con modus operandi e obiettivi dell’invio, obiettivi operativi compresi;

b)      la durata prevista della missione delle squadre di sostegno;

c)      l’area geografica di competenza nello Stato membro richiedente in cui le squadre di sostegno saranno inviate;

d)      la descrizione dei compiti e le istruzioni specifiche per i membri delle squadre, anche in merito all’autorizzazione a consultare banche dati e portare armi d’ordinanza, munizioni ed equipaggiamento nello Stato membro ospitante;

e)      la composizione delle squadre di sostegno;

f)      il nome e il grado delle guardie di frontiera dello Stato membro ospitante responsabili della cooperazione con le squadre, in particolare delle guardie di frontiera che hanno il comando delle squadre durante la missione e la posizione gerarchica delle stesse;

g)      le attrezzature tecniche da inviare insieme alle squadre a norma dell’articolo 8.

2.      Qualsiasi modifica o adattamento del piano operativo è subordinata al consenso congiunto del direttore esecutivo e dello Stato membro richiedente. L’Agenzia trasmette immediatamente copia del piano operativo modificato o adattato agli Stati membri partecipanti».

21      Per quanto riguarda l’esecuzione del piano operativo, l’articolo 8 octies, paragrafo 2, del regolamento Frontex prevede quanto segue:

«L’agente di coordinamento agisce a nome dell’Agenzia per tutti gli aspetti relativi all’invio delle squadre. In particolare, l’agente di coordinamento:

(...)

c) controlla la corretta attuazione del piano operativo;

(...)».

D –  La decisione impugnata

22      La decisione impugnata è stata adottata sul fondamento dell’articolo 12, paragrafo 5, del CFS nel contesto della procedura di regolamentazione con controllo, come prevista all’articolo 5 bis della seconda decisione «comitologia». Poiché il comitato non ha espresso un parere sulla proposta iniziale della Commissione, quest’ultima, conformemente a tale articolo 5 bis, paragrafo 4, ha sottoposto al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare e l’ha trasmessa al Parlamento. Dato che quest’ultimo non si è opposto a detta proposta, il Consiglio ha adottato la decisione impugnata.

23      Il considerando 9 della decisione impugnata così recita:

«Ai fini di un miglior coordinamento tra gli Stati membri partecipanti alle operazioni rispetto a dette situazioni e per facilitare la condotta di tali operazioni, è opportuno che la presente decisione contenga orientamenti non vincolanti. La presente decisione non dovrebbe pregiudicare gli obblighi delle autorità preposte alla ricerca e al soccorso, compreso quello di assicurare che il coordinamento e la cooperazione siano effettuati secondo modalità che permettano alle persone tratte in salvo di essere trasferite in luogo sicuro».

24      Ai sensi dell’articolo 1 della decisione impugnata:

«La sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa tra Stati membri coordinata dall’[Agenzia] è disciplinata dalle regole stabilite nella parte I dell’allegato. Tali regole e gli orientamenti non vincolanti stabiliti nella parte II dell’allegato costituiscono parte integrante del piano operativo predisposto per ciascuna operazione coordinata dall’Agenzia».

25      Il punto 1 della parte I dell’allegato alla decisione impugnata contiene principi generali sulle operazioni alle frontiere marittime coordinate dall’Agenzia, mentre il punto 2 stabilisce regole che prevedono misure concrete cui ricorrere in occasione di tali operazioni. I punti 2.1‑2.3 di tale parte I determinano la condotta da tenere nell’avvicinamento e nella sorveglianza delle navi localizzate, nonché la comunicazione alle competenti autorità delle informazioni riguardanti tali navi. Il punto 2.4 della medesima parte concerne le misure da adottare nei confronti delle navi localizzate e delle persone presenti a bordo e il punto 2.5 di essa fissa le condizioni da osservare nell’applicazione di tali misure. Queste condizioni sono distinte a seconda che le misure debbano essere prese nelle acque territoriali e zona contigua, oppure in alto mare.

26      Per quanto attiene alle misure da adottare nei confronti delle navi localizzate o delle persone a bordo, il punto 2.4 di tale parte I dispone quanto segue:

«Le misure adottate nel quadro dell’operazione di sorveglianza nei confronti di navi o altre imbarcazioni che si ha fondato motivo di sospettare trasportino persone intenzionate a eludere i controlli ai valichi di frontiera possono consistere nel:

a)      chiedere informazioni e documenti riguardanti la proprietà, l’immatricolazione ed elementi relativi al viaggio, nonché l’identità, la cittadinanza e altri dati pertinenti delle persone a bordo;

b)      fermare la nave e provvedere alla visita a bordo, all’ispezione della nave, del carico e delle persone e interrogare le persone a bordo;

c)      comunicare alle persone a bordo che non sono autorizzate ad attraversare la frontiera e che i conducenti della nave sono passibili di sanzioni per aver favorito il viaggio;

d)      sequestrare la nave e fermare le persone a bordo;

e)      ordinare alla nave di modificare la rotta per uscire dalle acque territoriali o dalla zona contigua o per dirigersi altrove, scortandola o navigando in prossimità fino a che non segua la rotta indicata;

f)      condurre la nave o le persone a bordo in un paese terzo o altrimenti consegnare la nave o le persone a bordo alle autorità di un paese terzo;

g)      condurre la nave o le persone a bordo nello Stato membro ospitante o in altro Stato membro partecipante all’operazione».

27      La parte II dell’allegato alla decisione impugnata è rubricata «Orientamenti per le situazioni di ricerca e soccorso e per lo sbarco nell’ambito di operazioni alle frontiere marittime coordinate dall’Agenzia».

28      Il punto 1.1 di detta parte II prevede, in particolare, che gli Stati membri «ottemperano all’obbligo di prestare assistenza alle persone in pericolo in mare» e che «[le] unità partecipanti prestano assistenza a qualunque nave o persona in pericolo in mare». I punti 1.2‑1.5 di tale parte riguardano la valutazione della situazione, la comunicazione di tale valutazione e di altre informazioni al centro di coordinamento del soccorso nonché l’adozione di misure adeguate o necessarie per garantire la sicurezza delle persone coinvolte. In virtù del punto 1.6 di questa medesima parte II, l’operazione, a talune condizioni, dovrebbe essere ripresa conformemente alla parte I dell’allegato della decisione impugnata.

29      Inoltre, il punto 2.1, primo comma, prima frase, della parte II dell’allegato alla decisione impugnata dispone, segnatamente, che «[i]l piano operativo dovrebbe indicare le modalità di sbarco delle persone intercettate o soccorse, in conformità del diritto internazionale e degli eventuali accordi bilaterali applicabili». Ai sensi della seconda frase del medesimo comma, tale piano operativo «non impone obblighi agli Stati membri che non partecipano all’operazione». Quanto al punto 2.1, secondo comma, esso stabilisce che, a meno che non sia diversamente indicato nel piano operativo, «dovrebbe essere privilegiato lo sbarco nel paese terzo da cui è partita la nave che trasporta le persone interessate o dalle cui acque territoriali o regione di ricerca e soccorso tale nave è transitata».

II –  Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

30      Il Parlamento chiede che la Corte voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        ordinare che gli effetti della decisione impugnata siano mantenuti fino a quando non sarà sostituita, e

–        condannare il Consiglio alle spese.

31      Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

–        in via principale, respingere il ricorso del Parlamento in quanto irricevibile;

–        in subordine, respingerlo in quanto infondato, e

–        condannare il Parlamento alle spese.

32      Con ordinanza del presidente della Corte del 30 novembre 2010, la Commissione è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Nella sua memoria di intervento essa chiede che il ricorso del Parlamento sia respinto e che quest’ultimo sia condannato alle spese.

III –  Sul ricorso

A –  Sulla ricevibilità del ricorso

1.     Argomenti delle parti

33      In via principale il Consiglio eccepisce l’irricevibilità del ricorso del Parlamento. A suo parere, quest’ultimo non dispone né dell’interesse ad agire né del diritto di contestare la decisione impugnata, giacché non si è avvalso della facoltà di opporsi alla sua adozione per violazione di uno dei motivi elencati all’articolo 5 bis, paragrafo 4, lett. e), della seconda decisione «comitologia»: se il Parlamento nutriva dubbi in merito alla legittimità della decisione impugnata, avrebbe dovuto opporvisi, conformemente alla procedura di regolamentazione con controllo, con il risultato che quest’ultima decisione non avrebbe potuto essere adottata.

34      A suo avviso, la situazione della fattispecie si distingue da quella oggetto della causa da cui è scaturita la sentenza del 12 luglio 1979, Italia/Consiglio (C‑166/78, Racc. pag. 2575), in cui la Corte ha giudicato ricevibile un ricorso proposto da uno Stato membro che, nell’ambito del Consiglio, aveva votato a favore dell’atto impugnato. Il controllo esercitato dal Parlamento allo scopo di accertare se una misura proposta esorbiti dalle competenze di esecuzione previste dall’atto di base costituirebbe infatti una fase procedurale formale dell’iter di adozione dell’atto in oggetto e richiederebbe non una valutazione politica, bensì la verifica che le condizioni di legittimità siano state rispettate.

35      Il Parlamento sostiene di non essere tenuto a dimostrare l’interesse ad agire, conformemente all’articolo 263, secondo comma, TFUE e alla giurisprudenza della Corte (v. sentenza del 26 marzo 1987, Commissione/Consiglio, 45/86, Racc. pag. 1493, punto 3). Anche ammettendo che siffatta prova sia necessaria, sarebbe innegabile che in questa fattispecie tale interesse esiste, giacché viene contestata la legittimità di un atto vincolante dell’Unione e in quanto le prerogative del Parlamento sarebbero messe in discussione dall’adozione di un atto giuridico nel contesto di una procedura di esecuzione invece che di una procedura legislativa (sentenza del 18 giugno 1996, Parlamento/Consiglio, C‑303/94, Racc. pag. I‑2943, punti 19 e 20).

36      La verifica del Parlamento su una misura di esecuzione proposta, come quella prevista dall’articolo 5 bis, paragrafo 4, lett. e), della seconda decisione «comitologia», a suo avviso non produce la conseguenza di limitare il diritto di tale istituzione a proporre un ricorso volto a ottenere un sindacato giurisdizionale su detta misura. Il Parlamento, inoltre, afferma di non essere obbligato ad esercitare il suo diritto di veto quando nutre dubbi in merito alla legittimità di una misura di esecuzione proposta.

2.     Giudizio della Corte

37      Per costante giurisprudenza della Corte, il diritto di ricorso degli Stati membri, del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, previsto dall’articolo 263, paragrafo 2, TFUE, non è subordinato alla dimostrazione di un interesse ad agire (v., in questo senso, sentenze Italia/Consiglio, cit., punto 6; Commissione/Consiglio, cit., punto 3; del 21 gennaio 2003, Commissione/Parlamento e Consiglio, C‑378/00, Racc. pag. I‑937, punto 28; del 1° ottobre 2009, Commissione/Consiglio, C‑370/07, Racc. pag. I‑8917, punto 16, nonché del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione, C‑463/10 P e C‑475/10 P, Racc. pag. I-9639, punto 36).

38      Dalla giurisprudenza della Corte risulta inoltre altresì che l’esercizio di tale diritto non dipende dalla posizione assunta dall’istituzione o dallo Stato membro che presenta il ricorso in occasione del procedimento di adozione dell’atto (v., in questo senso, citate sentenze Italia/Consiglio, punto 6, nonché Commissione/Parlamento e Consiglio, punto 28).

39      La circostanza che il Parlamento, a norma dell’articolo 5 bis, paragrafo 4, lett. e), della seconda decisione «comitologia», abbia avuto la possibilità di opporsi all’adozione della decisione impugnata, pronunciandosi a maggioranza dei membri che lo compongono, non è idonea, come rileva l’avvocato generale ai paragrafi 20 e 22 delle conclusioni, ad escludere un diritto di ricorso di tale istituzione.

40      Sebbene la procedura di regolamentazione con controllo, in conformità al considerando 7 bis della seconda decisione «comitologia», consenta al Parlamento di effettuare un controllo preliminare all’adozione di una misura, tale procedura non può sostituirsi al sindacato giurisdizionale. Pertanto, il fatto che il Parlamento non si sia opposto all’adozione di un atto nel contesto di tale procedura non comporta l’irricevibilità di un ricorso d’annullamento con cui si contesta la legittimità dell’atto in tal modo adottato.

41      Da quanto precede risulta che il ricorso di annullamento è ricevibile.

B –  Nel merito

1.     Argomenti delle parti

42      In sostanza, le parti controvertono sui principi che informano le competenze di esecuzione e sulla possibilità di adottare la decisione impugnata in forza delle competenze di esecuzione.

a)     Sui principi che disciplinano le competenze di esecuzione

43      Il Parlamento sostiene che la procedura di regolamentazione con controllo può riguardare la modifica o l’eliminazione di elementi non essenziali di un atto di base, oppure l’aggiunta di nuovi elementi non essenziali, ma non la modifica degli elementi essenziali di un atto di questo genere. A suo dire, qualunque esercizio della competenza di esecuzione deve avvenire nell’osservanza degli elementi essenziali del contenuto dell’atto di base. Inoltre, il Parlamento ritiene che la Commissione non sia autorizzata a disciplinare attività non riconducibili alla sfera di applicazione ratione materiae dell’atto legislativo di base.

44      Secondo il Parlamento, la nozione di «elementi essenziali» abbraccia, in particolare, le definizioni fornite da una normativa di base per delimitarne la sfera di applicazione ratione materiae e fissa il quadro al cui interno si applica tale normativa, che può essere completata con nuovi elementi non essenziali. Per determinare i limiti delle competenze di esecuzione, a dire del Parlamento occorre prendere segnatamente in considerazione i limiti materiali di tali competenze che derivano dagli elementi essenziali dell’atto di base, nonché le disposizioni del Trattato CE e l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali.

45      Il Consiglio afferma invece che il legislatore dell’Unione può esso stesso fissare i limiti della delega, definire gli obiettivi fondamentali della normativa di base e decidere quali sono gli elementi essenziali che non possono essere delegati alla Commissione. A suo avviso, la portata della delega delle competenze di esecuzione dipende, segnatamente, dal potere discrezionale che il legislatore conferisce alla Commissione e, a questo proposito, la Corte avrebbe riconosciuto che a tale istituzione può essere attribuita un’ampia delega delle competenze di esecuzione.

46      Secondo la Commissione, per quanto attiene alla nozione di «elementi essenziali» occorre fondarsi sulla giurisprudenza della Corte secondo la quale tali elementi sarebbero costituiti dalle norme che presentano un carattere essenziale per la materia di cui trattano (sentenze del 17 dicembre 1970, Köster e Berodt & Co., 25/70, Racc. pag. 1161, punto 6, e del 27 ottobre 1992, Germania/Commissione, C‑240/90, Racc. pag. I‑5383, punto 36). I termini «completarlo tramite l’aggiunta di nuovi elementi non essenziali», che figurano all’articolo 2, paragrafo 2, della seconda decisione «comitologia», consentirebbero di conferire alla Commissione il potere di concretizzare gli elementi essenziali che i co-legislatori non hanno enunciato in dettaglio. Quest’ultima sarebbe autorizzata a completare tali elementi e a disciplinare nuove attività riconducibili alla sfera di applicazione della materia disciplinata e delle sue norme essenziali.

b)     Sulla decisione impugnata

47      Quanto alla decisione impugnata, il Parlamento non ne contesta gli obiettivi, ma ritiene tuttavia che il suo contenuto avrebbe dovuto essere adottato tramite un atto legislativo e non un atto di esecuzione. A suo dire, tale decisione esula dall’ambito di applicazione delle competenze d’esecuzione contemplate all’articolo 12, paragrafo 5, del CFS, in quanto essa introduce in tale codice nuovi elementi essenziali e modifica elementi essenziali di quest’ultimo, nonché il contenuto del regolamento Frontex.

i)     Sull’introduzione di nuovi elementi essenziali nel CFS

48      Per quanto riguarda l’introduzione di nuovi elementi essenziali nel CFS, il Parlamento asserisce che le parti I e II dell’allegato alla decisione impugnata prevedono misure che non si possono considerare come rientranti nella sfera di applicazione della sorveglianza di frontiera quale definita da tale codice o come un elemento non essenziale di esso.

49      La parte I, punto 2.4, di tale allegato, infatti, in contrasto con quanto previsto dall’articolo 12, paragrafo 5, del CFS e dal suo considerando 17, non conterrebbe mere modalità pratiche della sorveglianza di frontiera, bensì conferirebbe alle guardie di frontiera poteri alquanto vasti. Il CFS nulla disporrebbe in merito alle misure che possono essere adottate nei confronti delle persone o delle navi. Tuttavia, la decisione impugnata prevederebbe misure coercitive di portata notevole, senza però garantire che le persone intercettate in alto mare possano invocare il diritto d’asilo ed i diritti ad esso connessi, e ciò quando invece, a norma dell’articolo 13 del CFS, il rimpatrio delle persone interessate nel paese da cui provengono può essere disposto esclusivamente nel contesto di un respingimento formale.

50      Inoltre, secondo il Parlamento le regole relative ad attività come la ricerca, il soccorso e lo sbarco, figuranti nella parte II dell’allegato alla decisione impugnata, non sono riconducibili alla nozione di sorveglianza. Sebbene il titolo di detta parte II contenga il termine «orientamenti», quest’ultima sarebbe cogente e destinata a produrre effetti giuridici nei confronti degli Stati membri che partecipano ad un’operazione coordinata dall’Agenzia, tenuto conto sia del suo tenore testuale, sia della circostanza che essa figura all’interno di un atto giuridicamente vincolante e che fa parte del piano operativo previsto dal regolamento Frontex. La decisione impugnata conterrebbe pertanto elementi essenziali del CFS e non poteva quindi essere oggetto di una misura di esecuzione.

51      Il Parlamento sostiene inoltre che la decisione impugnata esorbita dall’ambito di applicazione territoriale del CFS. Ai sensi dell’articolo 2, punto 11, di quest’ultimo, la sorveglianza sarebbe limitata alla sorveglianza di frontiera tra i valichi di frontiera e alla sorveglianza dei valichi di frontiera al di fuori degli orari di apertura stabiliti, mentre tale decisione, secondo la parte I, punto 2.5, del suo allegato, si applicherebbe non solo alle acque territoriali, bensì anche alle zone contigue e all’alto mare.

52      Secondo il Consiglio, il legislatore dell’Unione ha ritenuto che le verifiche alle frontiere costituissero l’elemento essenziale del controllo delle frontiere esterne che esso avrebbe esaustivamente disciplinato. Quanto alla sorveglianza di frontiera, il Consiglio afferma che il legislatore ha, per contro, considerato che fosse sufficiente definire gli obiettivi generali e i metodi di base, conferendo alla Commissione l’autorizzazione ad adottare, all’occorrenza, misure di sorveglianza supplementari, nonché ampie competenze d’esecuzione.

53      Il Consiglio afferma che le misure elencate al punto 2.4 di detta parte I non sono in contrasto con gli obiettivi della sorveglianza di frontiera come definiti dall’articolo 12 del CFS. Le norme relative al coordinamento delle operazioni di sorveglianza durante operazioni congiunte, sancite al punto 2.5 della stessa parte I, sarebbero finalizzate ad agevolare lo svolgimento delle operazioni. A detta del Consiglio, l’argomento vertente su una presunta estensione dell’ambito di applicazione territoriale del CFS non è fondato, stante il fatto che tale codice non definisce la nozione di frontiera marittima, sicché questa deve essere intesa nel senso che abbraccia anche la sorveglianza di frontiera nelle zone contigue e in alto mare.

54      Per quanto riguarda la parte II dell’allegato alla decisione impugnata, non solo il tenore dei suoi considerando 7-9, ma anche la differenza nella redazione dei titoli delle due parti di tale allegato e il modo in cui sono formulati gli orientamenti dimostrerebbero che l’autore di tale decisione non intendeva attribuire forza obbligatoria a tale parte. Invero, l’assistenza alle navi in pericolo non costituirebbe una misura di sorveglianza in senso stretto, tuttavia, quando si presenta una situazione del genere nel corso di un’operazione di sorveglianza coordinata dall’Agenzia, sarebbe apparso indispensabile coordinare in anticipo le modalità con cui i diversi Stati membri partecipanti conducono la ricerca e il soccorso. Il Consiglio ritiene pertanto che la decisione impugnata non introduca elementi nuovi nel CFS.

55      Per la Commissione, la sorveglianza di frontiera costituisce un elemento essenziale del CFS, ma le norme essenziali di tale materia sono contenute nell’articolo 12 del CFS, il quale istituisce disposizioni in merito al contenuto, all’oggetto e alla finalità della sorveglianza, senza peraltro essere destinato a disciplinarla in modo estensivo ed esaustivo. I co‑legislatori avrebbero attribuito alla Commissione il potere di completare detti elementi essenziali. Il potere di disciplinare nuove attività consentirebbe a quest’ultima di fissare il contenuto della sorveglianza di frontiera e di definire ciò che tale attività implica.

56      La Commissione ritiene che la decisione impugnata non introduca nuovi elementi essenziali nel CFS. Alla luce della sua finalità, la sorveglianza dovrebbe comprendere non solo l’individuazione di tentativi di ingresso illecito nell’Unione, bensì anche le misure concrete, quali l’intercettazione delle navi che si presume stiano cercando di penetrare nell’Unione senza sottoporsi alle verifiche alle frontiere. L’articolo 12, paragrafo 4, del CFS indicherebbe specificamente che una delle finalità della sorveglianza consiste nel fermare gli individui. Per chiarire se «la ricerca e il soccorso» ricadano nella nozione di sorveglianza, occorrerebbe prendere in considerazione le circostanze di fatto in cui si svolgono i tentativi di ingresso illecito. In numerosi casi, l’operazione di sorveglianza farebbe scattare quella di ricerca e di soccorso, senza che risulti possibile tracciare una netta distinzione tra questi due tipi di operazioni. La questione dell’obbligatorietà degli orientamenti non si porrebbe, stante il fatto che le misure che essi prevedono rientrano nella nozione di sorveglianza.

ii)  Sulla modifica di elementi essenziali del CFS

57      Quanto alla modifica di elementi essenziali del CFS, il Parlamento asserisce, tra l’altro, che la decisione impugnata modifica l’articolo 13 di tale codice. Poiché tale articolo si applica a tutti i casi di intercettazione, le persone entrate illegalmente nelle acque territoriali e nelle zone contigue non potrebbero essere respinte o invitate a partire senza che sia adottata una decisione ai sensi di tale articolo 13. La parte I, punto 2.4, dell’allegato alla decisione impugnata conferirebbe invece alle guardie di frontiera il potere di ingiungere alla nave di modificare la propria rotta onde lasciare le acque territoriali senza che sia stata adottata una decisione ai sensi di detto articolo 13 e senza che le persone interessate abbiano avuto la possibilità di presentare un ricorso contro il respingimento.

58      A questo riguardo, il Consiglio e la Commissione fanno valere che l’articolo 13 del CFS non si applica alle attività di sorveglianza di frontiera, sicché la decisione non può modificare tale articolo.

iii)  Sulla modifica del regolamento Frontex

59      Per quanto attiene alla modifica del regolamento Frontex, il Parlamento eccepisce che l’articolo 12, paragrafo 5, del CFS non conferisce alla Commissione la competenza ad emanare norme che modifichino i poteri e gli obblighi stabiliti dal regolamento Frontex per le operazioni coordinate dall’Agenzia. La decisione impugnata non sarebbe lo strumento giuridico adeguato per istituire obblighi relativi a siffatte operazioni né per modificare disposizioni del regolamento Frontex.

60      Ciononostante, detta decisione sarebbe destinata ad essere applicata unicamente nel contesto delle operazioni coordinate dall’Agenzia e sarebbe obbligatoria per quest’ultima e per gli Stati membri, giacché il suo allegato fa parte del piano operativo elaborato per ogni operazione, mentre i principali elementi di tale piano sarebbero determinati dall’articolo 8 sexies del regolamento Frontex. L’inclusione obbligatoria nel piano operativo delle regole e degli orientamenti enunciati nell’allegato della decisione impugnata modificherebbe considerevolmente l’elenco degli elementi necessari per dare attuazione a detto piano, quali il ruolo delle guardie di frontiera, delle unità partecipanti nonché del Centro di coordinamento del soccorso.

61      A questo proposito, il Consiglio sostiene che la decisione impugnata non modifica i compiti dell’Agenzia, nonostante l’allegato di tale decisione faccia parte del piano operativo. Le modalità della sorveglianza di frontiera rientrerebbero nel novero degli elementi necessari del piano operativo elencati all’articolo 8 sexies del regolamento Frontex. Sebbene tale decisione aggiunga nuovi elementi non essenziali alle disposizioni di detto articolo 8 sexies, ciò non comporterebbe l’illegittimità di tale regolamento. Il CFS e le sue misure di esecuzione, da un lato, e il regolamento Frontex, dall’altro, sarebbero complementari. I due atti di base rappresenterebbero strumenti giuridici finalizzati all’attuazione della politica relativa al controllo di frontiera definita all’articolo 77 TFUE e il coordinamento con il sistema predisposto dal regolamento Frontex sarebbe disciplinato dal CFS. Di conseguenza, i nuovi elementi non essenziali aggiunti dalla decisione impugnata sarebbero compatibili con il regolamento Frontex e con il CFS.

62      Secondo la Commissione, la decisione impugnata non intacca il funzionamento del regolamento Frontex. Il requisito sancito dall’articolo 1 di questa decisione, in forza del quale le due parti del suo allegato devono essere integrate nel piano operativo, sarebbe vincolante nei confronti non tanto dell’Agenzia quanto degli Stati membri in qualità di destinatari di detta decisione, incaricati di garantire che tale allegato sia integrato in questo piano. Pertanto, la decisione impugnata non modificherebbe il regolamento Frontex.

2.     Giudizio della Corte

63      Occorre constatare che la disposizione autorizzativa oggetto della fattispecie, ossia l’articolo 12, paragrafo 5, del CFS, dispone che possono essere adottate «misure di sorveglianza supplementari (...) intese a modificare elementi non essenziali del [CFS], completandolo». Questa norma, in combinato disposto con l’articolo 33, paragrafo 2, del CFS, rinvia, per quanto attiene alla procedura da seguire, alla seconda decisione «comitologia», la quale, a sua volta, è fondata sull’articolo 202, terzo trattino, CE.

64      Per costante giurisprudenza, l’adozione delle norme essenziali nella materia considerata è riservata alla competenza del legislatore dell’Unione (v., in questo senso, sentenze Germania/Commissione, cit., punto 36; del 14 ottobre 1999, Atlanta/Comunità europea, C‑104/97 P, Racc. pag. I‑6983, punto 76, e del 6 luglio 2000, Molkereigenossenschaft Wiedergeltingen, C‑356/97, Racc. pag. I‑5461, punto 21). Le norme essenziali della materia di cui trattasi devono essere stabilite nella normativa di base e non possono costituire oggetto di una delega (v., in questo senso, sentenze del 13 luglio 1995, Parlamento/Commissione, C‑156/93, Racc. pag. I‑2019, punto 18; Parlamento/Consiglio, cit., punto 23; dell’11 novembre 1999, Söhl & Söhlke, C‑48/98, Racc. pag. I‑7877, punto 34, nonché del 6 maggio 2008, Parlamento/Consiglio, C‑133/06, Racc. pag. I‑3189, punto 45).

65      Pertanto, le disposizioni la cui adozione richiede scelte politiche rientranti nelle responsabilità proprie del legislatore dell’Unione non possono costituire oggetto di una delega di tal genere.

66      Di conseguenza, le misure di esecuzione non possono né modificare elementi essenziali di una normativa di base né completarla mediante nuovi elementi essenziali.

67      Contrariamente a quanto sostengono il Consiglio e la Commissione, nell’accertare quali siano gli elementi di una materia che devono essere qualificati come essenziali non ci si deve basare sulla sola valutazione del legislatore dell’Unione, bensì su elementi oggettivi che possano essere sottoposti a sindacato giurisdizionale.

68      A questo riguardo, occorre tener conto delle caratteristiche e delle peculiarità del settore in esame.

69      Per chiarire se il Consiglio fosse autorizzato ad adottare la decisione impugnata come misura di esecuzione dell’articolo 12 del CFS relativo alla sorveglianza di frontiera, sul fondamento del paragrafo 5 di tale articolo, occorre anzitutto valutare il contenuto di detto articolo.

70      L’articolo 12, paragrafi 1‑4, del CFS dispone che la sorveglianza si prefigge di impedire l’attraversamento non autorizzato della frontiera, di lottare contro la criminalità transfrontaliera nonché di adottare misure contro le persone che hanno attraversato illegalmente la frontiera e di fermarle. Il considerando 6 del CFS prevede inoltre che il controllo di frontiera persegue la finalità di contribuire «alla lotta contro l’immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani nonché alla prevenzione di qualunque minaccia per la sicurezza interna, l’ordine pubblico, la salute pubblica e le relazioni internazionali degli Stati membri».

71      Quanto alle operazioni di sorveglianza di frontiera, l’articolo 12, paragrafi 2‑4 del CFS contiene disposizioni relative a taluni aspetti del funzionamento delle operazioni di sorveglianza, che si limitano a descrivere astrattamente i compiti delle guardie di frontiera. Segnatamente, il paragrafo 2, secondo comma, di tale articolo stabilisce che la sorveglianza viene «effettuata in modo da impedire alle persone di eludere le verifiche ai valichi di frontiera o da dissuaderle dal farlo». La prima frase del paragrafo 3 del medesimo articolo 12 dispone poi che «[l]a sorveglianza tra i valichi di frontiera è effettuata da guardie di frontiera in numero e con metodi adatti ai rischi e alle minacce esistenti o previsti».

72      Per quanto attiene all’autorizzazione dell’istituzione interessata ad adottare misure di esecuzione relative alla sorveglianza di frontiera, l’articolo 12, paragrafo 5, del CFS, in conformità alla giurisprudenza citata al punto 64 della presente sentenza, dispone che possono essere adottate «misure di sorveglianza supplementari (...) intese a modificare elementi non essenziali del [CFS], completandolo». Peraltro, a tenore del considerando 17 del CFS e del considerando 4 del regolamento n. 296/2008, la delega delle competenze d’esecuzione verte unicamente su talune modalità pratiche del controllo di frontiera.

73      Orbene, se è vero che il CFS, che costituisce la normativa di base in materia, enuncia al suo articolo 12, paragrafo 4, che l’obiettivo della sorveglianza consiste nel fermare le persone che attraversano illegalmente le frontiere, esso non contiene però norme in merito ai provvedimenti che le guardie di frontiera sono autorizzate ad applicare nei confronti delle persone o delle navi quando queste vengono fermate e successivamente, quali l’applicazione di misure coercitive, l’utilizzo delle armi o il trasferimento dei fermati in un determinato luogo, o anche le misure da prendere nei confronti di persone implicate nella tratta degli esseri umani.

74      Orbene, l’allegato alla decisione impugnata stabilisce, al punto 2.4 della parte I, le misure che le guardie di frontiera possono prendere nei confronti delle navi intercettate e delle persone a bordo. A questo proposito, le lettere b), d), f) e g) del citato punto 2.4 permettono, in particolare, di fermare la nave, ispezionarla, provvedere alla visita a bordo, sequestrare la nave e procedere all’ispezione delle persone a bordo e fermarle, condurre la nave o le persone a bordo in uno Stato terzo e, quindi, consentono l’adozione di misure coercitive nei confronti di persone e di navi che potrebbero essere soggette alla sovranità dello Stato di cui battono bandiera.

75      Inoltre, il punto 1.1 della parte II di detto allegato prevede, segnatamente, l’obbligo in capo alle unità partecipanti a operazioni alle frontiere marittime esterne coordinate dall’Agenzia di prestare assistenza a qualunque nave o persona in pericolo in mare. Il punto 2 della medesima parte II stabilisce regole in materia di sbarco delle persone intercettate o soccorse e il punto 2.1, secondo comma, precisa che per tale sbarco dovrebbe essere privilegiato il paese terzo da cui è partita la nave che trasporta tali persone.

76      Da un lato, l’emanazione delle regole relative all’attribuzione di poteri coercitivi alle guardie di frontiera, menzionate ai due punti precedenti della presente sentenza, richiede scelte politiche che rientrano nelle responsabilità proprie del legislatore dell’Unione, in quanto essa implica una ponderazione dei divergenti interessi in gioco sulla base di molteplici valutazioni. In funzione delle scelte politiche che informano l’adozione delle citate regole, i poteri delle guardie di frontiera possono variare in misura significativa, poiché il loro esercizio può essere subordinato ad un’autorizzazione, o essere soggetto a un obbligo, oppure a un divieto, ad esempio di applicare misure coercitive, di utilizzare le armi o di trasferire le persone fermate in un luogo determinato. Peraltro, quando tali poteri riguardano l’adozione di misure nei confronti delle navi, il loro esercizio, a seconda della portata di detti poteri, può interferire con i diritti sovrani di Stati terzi in base alla bandiera che le navi interessate battono. Pertanto, l’emanazione di siffatte regole costituisce una notevole evoluzione nel contesto del sistema del CFS.

77      Dall’altro lato, occorre sottolineare che disposizioni vertenti sull’attribuzione alle guardie di frontiera di poteri di pubblico imperio come quelli conferiti nella decisione impugnata, tra i quali figurano l’arresto delle persone fermate, il sequestro di navi e il rimpatrio delle persone fermate verso un determinato luogo, permettono ingerenze talmente incisive nei diritti fondamentali delle persone coinvolte da rendere necessario l’intervento del legislatore dell’Unione.

78      Pertanto, l’adozione di disposizioni del genere di quelle previste nella parte I, punto 2.4, e nella parte II, punti 1.1 e 2.1, dell’allegato alla decisione impugnata postula che siano effettuate scelte politiche ai sensi dei due precedenti punti della presente sentenza, sicché essa esula dal quadro delle misure supplementari a norma dell’articolo 12, paragrafo 5, del CFS e rientra, nel contesto del sistema istituzionale dell’Unione, nella responsabilità del legislatore di quest’ultima.

79      Alla luce di tali circostanze, occorre dichiarare che, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 61 e 66 delle conclusioni, le parti I e II dell’allegato della decisione impugnata contengono elementi essenziali della sorveglianza delle frontiere marittime esterne.

80      La mera circostanza che nel titolo della parte II dell’allegato alla decisione impugnata figuri il termine «orientamenti» e che l’articolo 1, seconda frase, di tale decisione precisi che le regole e gli orientamenti contenuti in tale parte sono «non vincolanti» non è idonea a mettere in discussione la loro qualificazione come regole essenziali.

81      In virtù dell’articolo 1, seconda frase, di detta decisione, la parte II di tale allegato costituisce infatti parte integrante del piano operativo predisposto per ciascuna operazione coordinata dall’Agenzia. Orbene, ai sensi dell’articolo 8 sexies del regolamento Frontex, tale piano definisce «nel dettaglio le condizioni per l’invio delle squadre», la cui «corretta attuazione» deve essere verificata, a norma dell’articolo 8 octies del medesimo regolamento, dall’agente di coordinamento.

82      Di conseguenza, dato che le condizioni stabilite da tale piano devono essere rispettate, le regole contenute nella parte II, punti 1.1 e 2.1, dell’allegato alla decisione impugnata sono necessariamente destinate a produrre effetti giuridici vincolanti.

83      Infine, sebbene nella decisione impugnata figurino anche disposizioni che disciplinano modalità pratiche per l’esercizio della sorveglianza di frontiera, non si può non constatare che le regole previste, rispettivamente, alle parti I e II dell’allegato a tale decisione sono tutte collegate, in quanto si riferiscono allo svolgimento, rispettivamente, di un’operazione di sorveglianza e di un’operazione di soccorso.

84      Date le circostanze, la decisione impugnata deve essere interamente annullata, poiché contiene elementi essenziali della sorveglianza delle frontiere marittime esterne degli Stati membri che esulano dal quadro delle misure supplementari ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 5, del CFS e che solo il legislatore dell’Unione avrebbe potuto adottare.

85      Da ciò risulta che non occorre esaminare gli argomenti del Parlamento secondo cui la decisione impugnata modifica elementi essenziali del CFS nonché il regolamento Frontex.

IV –  Sulla domanda di mantenimento degli effetti della decisione impugnata

86      Nell’eventualità che la Corte annulli la decisione impugnata, il Parlamento le chiede, ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, di mantenere gli effetti della stessa fino a quando non sarà sostituita.

87      Secondo il Parlamento, il mantenimento degli effetti di tale decisione è necessario alla luce dell’importanza degli obiettivi perseguiti dalle misure proposte nel contesto della politica dell’Unione relativa alle operazioni di controllo di frontiera.

88      In base all’articolo 264, secondo comma, TFUE, la Corte, ove lo reputi necessario, può indicare gli effetti di un atto annullato che devono essere considerati definitivi.

89      L’annullamento della decisione impugnata senza che i suoi effetti siano mantenuti in via provvisoria potrebbe arrecare pregiudizio al buon funzionamento delle operazioni in corso o future coordinate dall’Agenzia e, pertanto, alla sorveglianza delle frontiere marittime esterne degli Stati membri.

90      Sussistono quindi importanti motivi di certezza del diritto che giustificano l’esercizio da parte della Corte del potere conferitole dall’articolo 264, secondo comma, TFUE. Nella fattispecie, occorre mantenere gli effetti della decisione impugnata fino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole, di una nuova normativa destinata a sostituire la decisione impugnata, che viene annullata dalla presente sentenza.

V –  Sulle spese

91      Ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 2, primo comma, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Parlamento ne ha fatto domanda, il Consiglio, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese. La Commissione, intervenuta a sostegno delle conclusioni presentate dal Consiglio, sopporterà le proprie spese, ai sensi del paragrafo 4, primo comma, del medesimo articolo.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La decisione 2010/252/UE del Consiglio, del 26 aprile 2010, che integra il codice frontiere Schengen per quanto riguarda la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea, è annullata.

2)      Gli effetti della decisione 2010/252 sono mantenuti fino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole, di una nuova normativa.

3)      Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese.

4)      La Commissione sopporta le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.