Language of document : ECLI:EU:C:2011:610

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

VERICA TRSTENJAK

presentate il 22 settembre 2011 (1)

Causa C‑493/10

M. E.,

A. S. M.,

M. T.,

K. P.,

E. H.

contro

Refugee Applications Commissioner,

Minister for Justice, Equality and Law Reform

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court (Irlanda)]

«Regolamento n. 343/2003 – Trasferimento di richiedenti asilo verso lo Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo – Obbligo di esercitare il diritto di avocazione previsto all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 – Compatibilità del trasferimento di un richiedente asilo con la Carta dei diritti fondamentali – Art. 18 della Carta dei diritti fondamentali – Diritto di asilo»






Indice


I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – Il diritto dell’Unione

1. Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

2. Il diritto derivato

a) Regolamento n. 343/2003

b) Direttiva 2001/55

c) Direttiva 2003/9

d) Direttiva 2004/83

e) Direttiva 2005/85

III – Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

V – Argomenti delle parti

VI – Valutazione giuridica

A – Osservazioni preliminari

B – L’obbligo di esercitare il diritto di avocazione previsto all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 in presenza di un rischio serio di violazione dei diritti fondamentali di un richiedente asilo in caso di suo trasferimento verso lo Stato membro competente in via principale

C – Prima di trasferire un richiedente asilo conformemente al regolamento n. 343/2003, lo Stato membro trasferente deve accertarsi che nello Stato membro di accoglienza i diritti di tale richiedente asilo sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali siano garantiti

VII – Conclusione


I –    Introduzione

1.        I criteri per la determinazione dello Stato membro competente a conoscere di una domanda di asilo presentata nell’Unione risultano dal regolamento (CE) del Consiglio 18 febbraio 2003, n. 343, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (2). Elemento fondamentale del sistema di ripartizione delle competenze in materia d’asilo introdotto da detto regolamento è che per ogni domanda d’asilo presentata nell’Unione è competente, in via di principio, solo uno Stato membro. Se un cittadino di un paese terzo ha richiesto asilo in uno Stato membro che, in base al regolamento n. 343/2003, non è competente in via principale per l’esame di tale domanda, detto regolamento prevede un procedimento per il trasferimento del richiedente asilo nello Stato membro competente in via principale.

2.        Alla luce dell’attuale crisi in cui versa il regime di asilo greco, sorge tuttavia per gli altri Stati membri la questione se i richiedenti asilo possano essere trasferiti in Grecia a norma del regolamento n. 343/2003, non essendo più garantito, in tale paese, che i richiedenti asilo ricevano un trattamento conforme alle disposizioni del diritto dell’Unione e che l’esame delle loro domande di asilo sia effettuato secondo tali disposizioni. Poiché l’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 conferisce agli Stati membri la facoltà di prendersi carico, in deroga alle ordinarie regole di competenza, dell’esame di una domanda d’asilo presentata nel loro territorio al posto dello Stato membro competente in via principale, si pone altresì la questione se questo cosiddetto «diritto di avocazione» degli Stati membri possa trasformarsi in un «obbligo di avocazione» qualora lo Stato membro competente in via principale non sia più in grado di trattare i richiedenti asilo conformemente alle disposizioni del diritto dell’Unione.

3.        Su tali questioni deve pronunciarsi il giudice del rinvio nel procedimento principale, in cui cinque richiedenti asilo che sono entrati illegalmente nel territorio dell’Unione transitando attraverso la Grecia, ma che hanno presentato domanda d’asilo in Irlanda, si sono opposti al loro trasferimento dall’Irlanda verso la Grecia.

4.        La presente causa si trova in stretto rapporto con la causa C-411/10, N. S., relativamente alla quale presenterò le mie conclusioni lo stesso giorno. La causa N. S. verte sul problema del trasferimento di richiedenti asilo dal Regno Unito alla Grecia in base alle prescrizioni del regolamento n. 343/2003; con ordinanza del presidente della Corte essa è stata riunita alla presente ai fini della fase scritta e orale, nonché ai fini della decisione, ma per ragioni di chiarezza presento conclusioni separate per ciascuna delle due cause. Le presenti conclusioni contengono comunque svariati rinvii a quelle nella causa N.S.

II – Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

1.      Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

5.        L’art. 1 della Carta dei diritti fondamentali, rubricato «Dignità umana», dispone quanto segue:

«La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata».

6.        L’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali, rubricato «Proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti», dispone quanto segue:

«Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti».

7.        L’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali, rubricato «Diritto di asilo», dispone quanto segue:

«Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea».

8.        L’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali, rubricato «Protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione», dispone quanto segue:

«1.      Le espulsioni collettive sono vietate.

2.      Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti».

2.      Il diritto derivato

9.        Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha deciso di lavorare all’istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull’applicazione integrale, in ogni sua componente, della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, come modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967 (in prosieguo: la «convenzione di Ginevra sui rifugiati»), attraverso il quale sia preservato il principio di non respingimento e sia garantito che nessuno venga rinviato in un paese nel quale rischia di essere nuovamente esposto alla persecuzione. In tale riunione straordinaria il Consiglio europeo ha altresì confermato la necessità di un accordo basato sulla solidarietà tra gli Stati membri in merito alla questione della protezione temporanea degli sfollati.

10.      Per dare attuazione alle conclusioni di Tampere sono stati adottati, tra l’altro, il regolamento e le direttive seguenti (3):

–        regolamento n. 343/2003;

–        direttiva del Consiglio 20 luglio 2001, 2001/55/CE, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi (4);

–        direttiva del Consiglio 27 gennaio 2003, 2003/9/CE, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (5);

–        direttiva del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/83/CE, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (6);

–        direttiva del Consiglio 1° dicembre 2005, 2005/85/CE, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (7).

11.      In dettaglio, il regolamento e le direttive citati stabiliscono quanto segue.

a)      Regolamento n. 343/2003

12.      All’art. 1 il regolamento n. 343/2003 stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo.

13.      L’art. 3 del regolamento n. 343/2003 stabilisce quanto segue:

«1.      Gli Stati membri esaminano la domanda di asilo di un cittadino di un paese terzo presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III.

2.      In deroga al paragrafo 1, ciascuno Stato membro può esaminare una domanda d’asilo presentata da un cittadino di un paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento. In tale ipotesi, detto Stato membro diventa lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e assume gli obblighi connessi a tale competenza. Eventualmente, esso ne informa lo Stato membro anteriormente competente, lo Stato membro che ha in corso la procedura volta a determinare lo Stato membro competente o quello al quale è stato chiesto di prendere o riprendere in carico il richiedente asilo.

3.      Ogni Stato membro mantiene la possibilità, conformemente alla propria legislazione nazionale, di inviare un richiedente asilo in un paese, nel rispetto delle disposizioni della convenzione di Ginevra.

4.      Il richiedente asilo è informato per iscritto in una lingua che possa essere sufficientemente compresa dallo stesso, dell’applicazione del presente regolamento, delle date e degli effetti pertinenti».

14.      L’art. 4 del regolamento n. 343/2003 dispone:

«1.      Il procedimento volto a determinare lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento è avviato non appena una domanda d’asilo è presentata per la prima volta in uno Stato membro.

2.      La domanda d’asilo si considera presentata non appena le autorità competenti dello Stato membro interessato ricevono un formulario presentato dal richiedente asilo o un verbale redatto dalle autorità. Nel caso di domanda non scritta, il periodo che intercorre dalla dichiarazione di volontà e la stesura del relativo verbale deve essere quanto più breve possibile.

(...)».

15.      L’art. 5 del regolamento n. 343/2003 così recita:

«1.      I criteri per la determinazione dello Stato membro competente si applicano nell’ordine nel quale sono definiti dal presente capo.

2.      La determinazione dello Stato membro competente in applicazione di tali criteri avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente asilo ha presentato domanda di asilo per la prima volta in uno Stato membro».

16.      L’art. 10 del regolamento n. 343/2003 stabilisce quanto segue:

«1.      Quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle prove indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 18, paragrafo 3, inclusi i dati di cui al capo III del regolamento (CE) n. 2725/2000, che il richiedente asilo ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda d’asilo. Questa responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera.

2.      Quando uno Stato membro non può o non può più essere ritenuto responsabile ai sensi del paragrafo 1 e quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle prove indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 18, paragrafo 3, che il richiedente asilo – entrato illegalmente nei territori degli Stati membri o del quale non si possano accertare le circostanze dell’ingresso – all’atto della presentazione della domanda ha soggiornato in precedenza per un periodo continuato di almeno cinque mesi in uno Stato membro, detto Stato membro è competente per l’esame della domanda d’asilo.

Se il richiedente asilo ha soggiornato per periodi di almeno cinque mesi in vari Stati membri, lo Stato membro in cui ciò si è verificato per l’ultima volta è competente per l’esame della domanda d’asilo».

17.      L’art. 13 del regolamento n. 343/2003 così recita:

«Quando lo Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata».

18.      L’art. 16 del regolamento n. 343/2003 stabilisce quanto segue:

«1.      Lo Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo in forza del presente regolamento è tenuto a:

a)      prendere in carico, alle condizioni specificate negli articoli da 17 a 19, il richiedente asilo che ha presentato domanda d’asilo in un altro Stato membro;

b)      portare a termine l’esame della domanda d’asilo;

(...)

3.      Gli obblighi di cui al paragrafo 1 vengono meno se il cittadino di un paese terzo si è allontanato dal territorio degli Stati membri per almeno tre mesi, sempre che detto cittadino di un paese terzo non sia titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato dallo Stato membro competente.

(...)».

19.      L’art. 17 del regolamento n. 343/2003 così recita:

«1.      Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda d’asilo e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame della stessa può interpellare tale Stato membro affinché prenda in carico il richiedente asilo quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda d’asilo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2.

Se la richiesta di prendere in carico il richiedente asilo non è formulata entro tre mesi, la competenza dell’esame della domanda d’asilo spetta allo Stato membro al quale la domanda è stata presentata.

(...)».

20.      L’art. 18 del regolamento n. 343/2003 stabilisce quanto segue:

«1.      Lo Stato membro richiesto procede alle verifiche necessarie, in particolare nei suoi archivi, e delibera sulla richiesta di presa in carico di un richiedente entro due mesi a decorrere dalla data in cui ha ricevuto la richiesta.

(...)

7.      La mancata risposta entro la scadenza del termine di due mesi citato al paragrafo 1 e di quello di un mese citato al paragrafo 6 equivale all’accettazione della richiesta e comporta l’obbligo di prendere in carico la persona, comprese le disposizioni appropriate all’arrivo della stessa».

21.      L’art. 19 del regolamento n. 343/2003 così recita:

«1.      Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere in carico il richiedente asilo, lo Stato membro nel quale la domanda d’asilo è stata presentata notifica al richiedente asilo la decisione di non esaminare la domanda e l’obbligo del trasferimento del richiedente verso lo Stato membro competente.

2.      La decisione menzionata al paragrafo 1 è motivata. Essa è corredata dei termini relativi all’esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui il richiedente deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi. La decisione può formare oggetto di ricorso o revisione. Il ricorso o la revisione della decisione non ha effetto sospensivo ai fini dell’esecuzione del trasferimento a meno che il giudice o l’organo giurisdizionale competente non decida in tal senso caso per caso se la legislazione nazionale lo consente.

3.      Il trasferimento del richiedente asilo dallo Stato membro nel quale la domanda d’asilo è stata presentata verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale del primo Stato membro, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di presa in carico o della decisione su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo.

(...)

4.      Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, la competenza ricade sullo Stato membro nel quale la domanda d’asilo è stata presentata. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione del richiedente asilo, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora il richiedente asilo si sia reso irreperibile.

(...)».

b)      Direttiva 2001/55

22.      Ai sensi del suo art. 1, la direttiva 2001/55 ha lo scopo di istituire norme minime per la concessione di una protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati provenienti da paesi terzi che non possono ritornare nel paese d’origine e di promuovere l’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi.

23.      In base all’art. 2, lett. a), della direttiva 2001/55, per «protezione temporanea» si intende la procedura di carattere eccezionale che garantisce, nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da paesi terzi che non possono rientrare nel loro paese d’origine, una tutela immediata e temporanea alle persone sfollate, in particolare qualora vi sia anche il rischio che il sistema d’asilo non possa far fronte a tale afflusso senza effetti pregiudizievoli per il suo corretto funzionamento e per gli interessi delle persone di cui trattasi nonché degli altri richiedenti protezione.

24.      Il capo II della direttiva 2001/55 contiene disposizioni sulla durata e sull’applicazione della protezione temporanea. Il capo III enuncia gli obblighi incombenti agli Stati membri nei confronti dei titolari della protezione temporanea. Il capo IV disciplina l’accesso alla procedura in materia d’asilo dei titolari della protezione temporanea. Il capo V riguarda il rimpatrio delle persone interessate e i provvedimenti successivi alla protezione temporanea. Il capo VI concerne la ripartizione degli oneri e dei compiti tra gli Stati membri, organizzata nel segno della solidarietà all’interno dell’Unione.

c)      Direttiva 2003/9

25.      La direttiva 2003/9, come enuncia il suo art. 1, è volta a stabilire norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri.

26.      Le norme minime stabilite dalla direttiva 2003/9 riguardano obblighi di informazione degli Stati membri nei confronti dei richiedenti asilo (art. 5), il rilascio di documenti ai richiedenti asilo (art. 6), la residenza e la libera circolazione dei richiedenti asilo (art. 7), il mantenimento dell’unità del nucleo familiare dei richiedenti asilo (art. 8), la scolarizzazione e l’istruzione dei minori (art. 10), l’accesso dei richiedenti asilo al mercato del lavoro (art. 11) e la loro formazione professionale (art. 12), nonché le condizioni materiali di accoglienza e l’assistenza sanitaria dei richiedenti asilo (artt. 13 e segg.).

27.      A termini dell’art. 21 della direttiva 2003/9, rubricato «Mezzi di ricorso», gli Stati membri devono garantire che le decisioni negative relative alla concessione di benefici ai sensi di tale direttiva o le decisioni adottate a norma dell’art. 7 che riguardano individualmente i richiedenti asilo possano essere impugnate secondo le modalità stabilite dal diritto nazionale. Almeno in ultimo grado è garantita la possibilità di ricorso o revisione dinanzi a un organo giudiziario.

28.      Ai sensi dell’art. 23 della direttiva 2003/9, gli Stati membri, nel debito rispetto della loro struttura costituzionale, assicurano adeguate misure di orientamento, sorveglianza e controllo del livello qualitativo delle condizioni di accoglienza. Ai sensi dell’art. 24, n. 2, essi inoltre stanziano le risorse necessarie per l’applicazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della direttiva stessa.

d)      Direttiva 2004/83

29.      In base al suo art. 1, la direttiva 2004/83 stabilisce norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

30.      I capi II, III e V della direttiva 2004/83 contengono una serie di norme e criteri relativi alla valutazione delle domande di attribuzione dello status di rifugiato o alla concessione di protezione sussidiaria, nonché al riconoscimento di cittadini di paesi terzi come rifugiati o come persone aventi diritto a protezione sussidiaria. Il capo IV contiene, per un verso, la statuizione che gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all’apolide ammissibile quale rifugiato in conformità dei capi II e III (art. 13). Per altro verso, questo capo stabilisce le procedure per la revoca, la cessazione o il rifiuto del rinnovo dello status di rifugiato (art. 14). Il capo VI enuncia i criteri per il riconoscimento (art. 18) nonché per la revoca, la cessazione o il diniego di rinnovo dello status di protezione sussidiaria (art. 19). Il capo VII precisa il contenuto della protezione internazionale, che prevede, tra l’altro, la protezione dal respingimento (art. 21). Il capo VIII tratta della cooperazione amministrativa. Conformemente all’art. 36, gli Stati membri adottano, inter alia, le misure necessarie affinché tutte le autorità competenti e le altre organizzazioni che danno attuazione alla direttiva medesima abbiano ricevuto la necessaria formazione di base.

e)      Direttiva 2005/85

31.      La direttiva 2005/85, come enuncia il suo art. 1, è volta a stabilire norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

32.      Ai sensi del suo art. 3, n. 1, la direttiva 2005/85 si applica a tutte le domande di asilo presentate nel territorio, compreso alla frontiera o nelle zone di transito degli Stati membri, nonché alla revoca dello status di rifugiato. Ai sensi dell’art. 4, n. 1, primo comma, per tutti i procedimenti gli Stati membri designano un’autorità che sarà competente a esaminare adeguatamente le domande a norma della stessa direttiva.

33.      I principi fondamentali cui tali procedure si informano, nonché le garanzie che devono essere concesse a questo riguardo ai richiedenti asilo, sono stabiliti nel capo II della direttiva 2005/85. Specifiche disposizioni sulle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato sono contenute nel capo III della direttiva, in cui sono introdotti anche i concetti di paese terzo sicuro (art. 27) e di paese di origine sicuro (art. 31). Nel capo V viene disciplinato il diritto del richiedente asilo a un mezzo di impugnazione efficace (art. 39).

III – Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

34.      Il procedimento principale verte sui ricorsi proposti da cinque richiedenti asilo contro le decisioni del Refugee Applications Commissioner (in prosieguo: il «primo convenuto nel procedimento principale») che hanno disposto il trasferimento di tali richiedenti asilo in Grecia, conformemente alle disposizioni del regolamento n. 343/2003, ai fini dell’esame delle loro domande d’asilo.

35.      Tutti i ricorrenti, tra i quali non esistono legami di alcun tipo, hanno viaggiato sul territorio ellenico, dove sono stati arrestati per ingresso illegale. Si tratta, senza eccezioni, di uomini adulti che non invocano alcuna specifica esigenza di protezione o handicap. Hanno tutti lasciato la Grecia senza chiedere asilo e si sono recati in Irlanda, dove hanno presentato domanda di asilo.

36.      I cinque ricorrenti affermano di essere originari dell’Afghanistan, dell’Iran o dell’Algeria e si oppongono tutti al rientro in Grecia. Essi asseriscono che in Grecia le procedure e le condizioni per i richiedenti asilo sono inadeguate e che, pertanto, l’Irlanda è tenuta a esercitare la facoltà di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 e ad assumere la competenza a esaminare nonché a decidere nel merito le loro domande di asilo.

37.      Il primo convenuto nel procedimento principale ha rifiutato di esercitare il diritto di avocazione previsto all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 ed il Minister for Justice, Equality and Law Reform (in prosieguo: il «secondo convenuto nel procedimento principale») ha emesso, per ognuno dei cinque ricorrenti, ordini di trasferimento conformemente alle disposizioni del regolamento n. 343/2003. Tali trasferimenti sono stati tuttavia sospesi fino alla decisione che il giudice del rinvio dovrà rendere nel procedimento dinanzi ad esso pendente, nel quale è stata impugnata la validità della decisione con cui il primo convenuto nel procedimento principale ha rifiutato di esercitare il diritto di avocazione previsto all’art. 3, n. 2.

38.      Nutrendo dubbi in merito all’interpretazione e all’applicazione dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 in un caso come quello del procedimento principale, il giudice del rinvio ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se lo Stato membro che provvede al trasferimento ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio n. 343/2003 sia tenuto ad accertare il rispetto, da parte dello Stato ricevente, dell’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, delle direttive del Consiglio 2003/9/CE, 2004/83/CE e 2005/85/CE nonché del regolamento (CE) del Consiglio n. 343/2003.

2.      In caso di soluzione affermativa, ove lo Stato membro ricevente risulti non attenersi a una o più di tali disposizioni, se lo Stato membro che provvede al trasferimento sia obbligato ad accettare la competenza ad esaminare la domanda di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento (CE) del Consiglio n. 343/2003».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

39.      L’ordinanza di rinvio è pervenuta in cancelleria il 15 ottobre 2010. Le cause C-411/10 e C-493/10 sono state riunite, con ordinanza del presidente della Corte 9 novembre 2010, ai fini della fase scritta e, con ordinanza del presidente della Corte 16 maggio 2011, ai fini della fase orale e della decisione.

40.      Hanno presentato osservazioni scritte i ricorrenti nel procedimento principale, Amnesty International Limited e l’AIRE (Advice on Individual Rights in Europe) Centre, in qualità di intervenienti a sostegno dei ricorrenti, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, la Repubblica d’Irlanda, il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica italiana, la Repubblica di Finlandia, la Repubblica ellenica, la Repubblica d’Austria, la Repubblica ceca, la Repubblica di Polonia, la Confederazione svizzera nonché la Commissione europea. All’udienza del 28 giugno 2011 hanno partecipato i rappresentanti dei ricorrenti nel procedimento principale, di Amnesty International Ltd e dell’AIRE (Advice on Individual Rights in Europe) Centre, dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, della Repubblica d’Irlanda, della Repubblica ellenica, della Repubblica di Slovenia, del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica di Polonia, della Repubblica francese, del Regno Unito nonché della Commissione.

V –    Argomenti delle parti

41.      La prima questione pregiudiziale – ossia, se lo Stato membro che provvede al trasferimento ai sensi del regolamento n. 343/2003 sia tenuto ad accertare il rispetto, da parte dello Stato di accoglienza, dell’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali, delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 nonché del regolamento n. 343/2003 – dev’essere risolta, a parere dei ricorrenti nel procedimento principale, di Amnesty International Limited e dell’AIRE Centre, in senso affermativo. Amnesty International Limited e l’AIRE Centre sottolineano inoltre che, nell’ambito di tale accertamento, lo Stato membro che provvede al trasferimento deve accertarsi che lo Stato membro di accoglienza rispetti tutte le disposizioni pertinenti della Carta dei diritti fondamentali.

42.      I governi belga, tedesco e francese, la Commissione e l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati sostengono, in tale contesto, che lo Stato membro che provvede al trasferimento, in sede di applicazione del regolamento n. 343/2003, può presumere che lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo agisca conformemente al diritto dell’Unione, pur potendo tale presunzione essere smentita. Il governo del Regno Unito sottolinea che l’obbligo di accertare il rispetto dell’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali e/o delle disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 nonché del regolamento n. 343/2003 da parte dello Stato membro di accoglienza può sorgere soltanto in presenza di circostanze eccezionali, ossia qualora la presunzione secondo la quale lo Stato membro competente agisce in conformità dei diritti dell’uomo e delle disposizioni del diritto dell’Unione sia chiaramente confutata.

43.      Ad avviso dell’Irlanda e dei governi italiano, olandese, ceco, polacco e finlandese, la prima questione pregiudiziale dev’essere risolta in senso negativo. I governi ellenico e polacco affermano peraltro che il diritto dell’Unione esclude che uno Stato membro possa verificare la conformità al diritto dell’Unione del comportamento di un altro Stato membro.

44.      Il governo austriaco asserisce che lo Stato membro che verifica l’ammissibilità di un trasferimento verso lo Stato membro competente ai sensi del regolamento n. 343/2003 deve accertarsi che lo Stato membro di accoglienza osservi rigorosamente quelle norme minime il cui rispetto consentirebbe di presumere la compatibilità del trasferimento con la Carta dei diritti fondamentali.

45.      La seconda questione pregiudiziale – ossia, ove lo Stato membro di accoglienza risulti non attenersi all’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali o a una o più delle disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 nonché del regolamento n. 343/2003, se lo Stato membro trasferente sia obbligato ad avocare la competenza ad esaminare la domanda di asilo ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 – dev’essere risolta, secondo Amnesty International Limited e l’AIRE Centre, in senso affermativo. Amnesty International Limited e l’AIRE Centre sottolineano inoltre che l’obbligo di esercitare il diritto di avocazione sorge in tutti i casi in cui sussista il rischio di inosservanza, nello Stato membro di accoglienza, di una delle pertinenti disposizioni della Carta.

46.      Secondo i ricorrenti nel procedimento principale, i governi belga e francese, la Commissione nonché l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, lo Stato membro trasferente è tenuto ad esercitare il diritto di avocazione previsto all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 qualora sia dimostrato, nel paese di accoglienza, un rischio serio di violazione dei diritti conferiti al richiedente asilo dalla Carta dei diritti fondamentali. Il governo finlandese si esprime in termini analoghi, nel senso che l’obbligo di esercitare il diritto di avocazione di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 può sorgere, eccezionalmente, nei casi in cui è accertato che il trasferimento del richiedente asilo comporterebbe una violazione grave dei diritti conferitigli dall’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali.

47.      Per contro, secondo i governi ellenico e olandese, lo Stato membro trasferente non è tenuto ad esercitare il diritto di avocazione di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 qualora lo Stato membro di accoglienza violi l’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali o una o più disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 nonché del regolamento n. 343/2003. Anche a parere dei governi polacco e sloveno, dall’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 non è possibile desumere l’obbligo di esercitare il diritto di avocazione. I governi tedesco e olandese osservano, tuttavia, che il richiedente asilo non può essere trasferito in uno Stato membro in cui sia esposto a un rischio serio di violazione dei diritti conferitigli dalla Carta dei diritti fondamentali.

48.      Avendo l’Irlanda e il governo italiano risolto la prima questione in senso negativo, a loro parere non occorre rispondere alla seconda questione. Alla luce della soluzione da esso suggerita per la prima questione, nemmeno il governo del Regno Unito ritiene necessario rispondere alla seconda.

49.      Secondo la Confederazione svizzera (8), il regolamento n. 343/2003 contiene, in base alla logica insita nel sistema da esso predisposto, la presunzione relativa secondo la quale gli Stati che partecipano a tale sistema rispettano la convenzione di Ginevra sui rifugiati e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»). Se, tuttavia, in un caso concreto questa presunzione risulta vinta e nello Stato competente non è garantito un trattamento del richiedente asilo conforme al diritto internazionale, secondo la Confederazione svizzera il trasferimento in tale Stato è escluso e il diritto di avocazione di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 si trasforma eccezionalmente in obbligo.

VI – Valutazione giuridica

A –    Osservazioni preliminari

50.      Con le sue due questioni pregiudiziali il giudice del rinvio chiede in sostanza se, e in caso di risposta affermativa a quali condizioni, uno Stato membro sia tenuto ad esaminare una domanda di un richiedente asilo esercitando il diritto di avocazione previsto all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 qualora, in caso di trasferimento di tale richiedente asilo verso lo Stato membro competente in via principale, questi sia esposto al rischio di una violazione dei diritti conferitigli dall’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali e/o al rischio che tale Stato membro non rispetti gli obblighi ad esso incombenti in forza delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 nonché del regolamento n. 343/2003.

51.      Il giudice del rinvio solleva tali questioni in quanto vi sono chiari indizi di un’ampia discrepanza tra, da un lato, le norme dell’Unione applicabili alla Grecia relativamente all’organizzazione del suo sistema di asilo e alla relativa procedura e, dall’altro, il trattamento concreto dei richiedenti asilo in Grecia, tant’è che nel caso di trasferimento di richiedenti asilo in tale paese potrebbe addirittura sorgere il rischio di una violazione dei loro diritti fondamentali.

52.      A tale proposito, secondo il giudice del rinvio, sarebbe contrario allo spirito del regolamento n. 343/2003 ritenere che uno Stato membro o i giudici nazionali siano tenuti, in sede di applicazione di detto regolamento, a controllare l’efficacia del sistema di asilo di un altro Stato membro. In assenza di elementi nel senso che, in caso di trasferimento, il richiedente asilo sarebbe esposto al rischio di subire un trattamento contrario all’art. 3 della CEDU, spetterebbe sostanzialmente allo Stato membro decidere se esercitare il diritto di avocazione di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003. Così, non sarebbe compito dei giudici nazionali stabilire quando e come lo Stato membro debba esercitare il proprio potere discrezionale.

53.      Il giudice del rinvio trova conferma delle sue conclusioni nella sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte eur. D.U.») 2 dicembre 2008, K.R.S./Regno Unito (9), in cui quest’ultima doveva pronunciarsi sul ricorso in materia di diritti umani proposto da un cittadino iraniano che doveva essere trasferito dal Regno Unito verso la Grecia conformemente alle disposizioni del regolamento n. 343/2003. Il richiedente asilo iraniano aveva in particolare sostenuto che la sua espulsione verso la Grecia avrebbe costituito una violazione dell’art. 3 della CEDU. La Corte eur. D.U., nella sentenza del 2 dicembre 2008, respingeva tale ricorso ritenendolo manifestamente infondato.

54.      Il giudice del rinvio non può tuttavia stabilire con certezza se, e in caso affermativo in che modo, l’interpretazione del regolamento n. 343/2003 da esso proposta sia compatibile con il diritto d’asilo sancito dall’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali, che – dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona – ha rango di diritto primario. Detto giudice chiede, pertanto, alla Corte un’indicazione di orientamento sull’applicazione dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 nei casi in cui un ricorrente sostenga, sulla base di perizie, che nello Stato membro di accoglienza le condizioni di accoglienza sono sfavorevoli e/o la procedura di asilo inefficace.

55.      In primo luogo, per quanto riguarda in particolare le osservazioni del giudice del rinvio in merito alla giurisprudenza della Corte eur. D.U., si deve rilevare che quest’ultima, successivamente al deposito della domanda di pronuncia pregiudiziale, ha rivisto la valutazione in fatto e in diritto dei trasferimenti di richiedenti asilo verso la Grecia su cui aveva fondato la sentenza 2 dicembre 2008, K.R.S./Regno Unito. Nella sentenza di principio 21 gennaio 2011, M.S.S./Belgio e Grecia (10), la Corte eur. D.U. ha infatti dichiarato che le condizioni di vita e di detenzione di un richiedente asilo afghano in Grecia costituivano una violazione dell’art. 3 della CEDU. In quel procedimento, le carenze accertate nell’esame della domanda d’asilo del richiedente asilo, il rischio di un respingimento diretto o indiretto in patria senza un serio esame della fondatezza della sua domanda d’asilo e la mancanza di un rimedio giurisdizionale effettivo hanno portato la Corte eur. D.U. ad accertare una violazione, da parte della Grecia, dell’art. 13 in combinato disposto con l’art. 3 della CEDU. Alla luce di tali conclusioni, la Corte eur. D.U. ha altresì dichiarato che, trasferendo un richiedente asilo ai sensi del regolamento n. 343/2003 dal Belgio verso la Grecia, il Belgio aveva violato l’art. 3 della CEDU nonché l’art. 13 in combinato disposto con l’art. 3 della CEDU.

56.      Per quanto riguarda la disamina della questione dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte eur. D.U. a proposito della maniera in cui la compatibilità (o l’incompatibilità) con la CEDU dei trasferimenti di richiedenti asilo verso la Grecia si ripercuote sul controllo giurisdizionale di tali trasferimenti alla luce del diritto dell’Unione e in particolare della Carta dei diritti fondamentali, rimando alle mie considerazioni nelle conclusioni relative alla causa N. S. In quella sede ho sottolineato che, a norma dell’art. 52, n. 3, della Carta dei diritti fondamentali, deve essere assicurato che la protezione garantita da detta Carta, nelle materie in cui le disposizioni della stessa si intersecano con le disposizioni della CEDU, non sia mai inferiore alla protezione garantita dalla CEDU. Nella misura in cui l’estensione e la portata della protezione assicurata dalla CEDU sono state precisate nella giurisprudenza della Corte eur. D.U., tale giurisprudenza assume – in sede di interpretazione, da parte della Corte di giustizia, delle corrispondenti disposizioni della Carta dei diritti fondamentali – un significato particolare e un peso considerevole (11).

57.      Alla luce di tali precisazioni, esaminerò nel prosieguo entrambe le questioni pregiudiziali. Analizzerò in primo luogo la seconda, volta a stabilire a quali condizioni uno Stato membro può essere tenuto, nell’esercizio del suo diritto di avocazione ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003, ad esaminare la domanda di asilo di un richiedente asilo per l’esame della quale è normalmente competente un altro Stato membro. Successivamente, in sede di soluzione della prima questione, tratterò il problema delle modalità con cui uno Stato membro è tenuto, in questo contesto, ad accertare il rispetto delle disposizioni di diritto dell’Unione da parte degli altri Stati membri.

B –    L’obbligo di esercitare il diritto di avocazione previsto all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 in presenza di un rischio serio di violazione dei diritti fondamentali di un richiedente asilo in caso di suo trasferimento verso lo Stato membro competente in via principale

58.      Con la seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se uno Stato membro sia tenuto a esercitare il diritto di avocazione previsto all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003, e quindi ad esaminare una domanda di asilo presentata nel suo territorio, qualora constati che lo Stato membro competente in via principale per l’esame di tale domanda di asilo non è in grado di garantire il rispetto delle disposizioni dell’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali e/o delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85, nonché del regolamento n. 343/2003, relative al trattamento dei richiedenti asilo e all’esame delle loro domande.

59.      Come ho già spiegato nelle mie conclusioni nella causa N. S., il regolamento n. 343/2003 non si riferisce espressamente al trattamento dei richiedenti asilo e all’esame delle loro domande nello Stato membro di accoglienza, né quando elegge i criteri per determinare lo Stato membro competente a esaminare la domanda di asilo, né quando stabilisce la procedura per il trasferimento dei richiedenti asilo tra gli Stati membri. Tale mancato riferimento si spiega per il fatto che le direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 dettano norme minime vincolanti alle quali i sistemi di asilo degli Stati membri devono conformarsi e che tutti gli Stati membri hanno aderito alla CEDU e alla convenzione di Ginevra sui rifugiati, cosicché è garantito de iure che in ogni Stato membro il trattamento dei richiedenti asilo e l’esame delle loro domande rispettino le prescrizioni della Carta dei diritti fondamentali, della convenzione di Ginevra sui rifugiati e della CEDU (12).

60.      Qualora uno Stato membro, per qualsiasi ragione, non sia in grado di rispettare, nel trattamento dei richiedenti asilo o nell’esame delle loro domande, le prescrizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 o 2005/85 o i suoi obblighi in materia di diritti fondamentali e di diritto internazionale, sorge de facto il rischio che i richiedenti asilo, nel caso di loro trasferimento in tale Stato membro, ricevano un trattamento incompatibile con la Carta dei diritti fondamentali.

61.      Per esempio, in determinate circostanze, la saturazione completa di un sistema di asilo di uno Stato membro può far sì che i diritti conferiti ai richiedenti asilo dall’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali non siano più garantiti in tale Stato.

62.      In base all’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali, il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra sui rifugiati nonché dal TUE e dal TFUE. Uno degli elementi centrali della convenzione di Ginevra sui rifugiati è il divieto, formulato al suo art. 33, di espulsione o respingimento, diretto o indiretto, di un rifugiato in un paese in cui possa subire persecuzioni – il cosiddetto principio di «non-refoulement». Benché l’esatta portata di tale divieto di respingimento sia controversa, si deve ritenere che esso garantisca ai rifugiati (13) non solo protezione contro un allontanamento diretto verso un paese in cui potrebbero subire persecuzioni, ma anche protezione dai cosiddetti allontanamenti a catena, quando, cioè, viene effettuato un trasferimento in uno Stato in cui sussiste il pericolo di espulsione verso un paese in cui si rischiano persecuzioni (14). In considerazione di tale ampia definizione del divieto di respingimento si può constatare direttamente che la saturazione del sistema di asilo di uno Stato membro e le carenze che essa può provocare nell’esame delle domande d’asilo possono dar luogo, in singoli casi, ad allontanamenti incompatibili con il divieto di respingimento e, pertanto, con l’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali.

63.      La saturazione del sistema di asilo di uno Stato membro potrebbe altresì provocare il rischio che in tale Stato sia violato il diritto al rispetto e alla tutela della dignità umana dei richiedenti asilo, sancito dall’art. 1 della Carta dei diritti fondamentali, o che si trasgredisca alla disposizione che istituisce il divieto di tortura, pene e trattamenti inumani o degradanti dei richiedenti asilo, contenuta nell’art. 4 della suddetta Carta (15).

64.      Quando nello Stato membro competente in via principale per l’esame di una domanda di asilo ai sensi dell’art. 3, n. 1, in combinato disposto con le prescrizioni del capo III del regolamento n. 343/2003, sussiste il rischio serio di una violazione dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo sanciti agli artt. 1, 4 o 18 della Carta dei diritti fondamentali, gli altri Stati membri non possono trasferire richiedenti asilo in tale Stato, ma sono tenuti, in linea di principio, a esercitare il diritto di avocazione di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003.

65.      Tale obbligo di esercitare il diritto di avocazione si desume, da un lato, dall’obbligo degli Stati membri di applicare il regolamento n. 343/2003 in maniera conforme ai diritti fondamentali (16) e, dall’altro, dalla circostanza che un trasferimento di richiedenti asilo verso uno Stato membro in cui sussiste un rischio serio di violazione dei loro diritti fondamentali sanciti dagli artt. 1, 4 o 18 della Carta dei diritti fondamentali costituisce, in sostanza, una violazione di tali diritti fondamentali da parte dello stesso Stato membro trasferente (17). Esercitando il diritto di avocazione previsto all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003, gli Stati membri evitano completamente di incorrere in una tale violazione della Carta dei diritti fondamentali.

66.      Un rischio serio di violazione, nello Stato membro di accoglienza, di singole disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 o del regolamento n. 343/2003, che non costituisca al contempo una violazione dei diritti garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali ai richiedenti asilo che devono essere trasferiti, non è invece sufficiente a fondare l’obbligo, a carico dello Stato membro trasferente, di esercitare il diritto di avocazione.

67.      A tal proposito va in primo luogo sottolineato che un’interpretazione del regolamento n. 343/2003 conforme ai diritti fondamentali non può imporre l’esercizio del diritto di avocazione di cui all’art. 3, n. 2, qualora lo Stato membro competente in via principale violi singole disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 o del regolamento n. 343/2003, senza tuttavia infrangere diritti fondamentali dei richiedenti asilo sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali. Inoltre, il trasferimento di un richiedente asilo verso uno Stato membro in cui non sussiste alcun rischio di violazione dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo sanciti dalla Carta dev’essere di norma considerato conforme ai diritti fondamentali.

68.      Sarebbe peraltro difficilmente compatibile con gli obiettivi del regolamento n. 343/2003 il fatto che una qualunque violazione delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 o del regolamento n. 343/2003 fosse sufficiente a impedire il trasferimento di un richiedente asilo verso lo Stato membro normalmente competente ai sensi dell’art. 3, n. 1, in combinato disposto con le prescrizioni del capo III del regolamento n. 343/2003 (18). Con il regolamento n. 343/2003 si mira infatti a predisporre un meccanismo chiaro e pratico per determinare con rapidità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo (19). Per raggiungere tale finalità, il regolamento n. 343/2003 prevede che per ogni domanda d’asilo presentata nell’Unione sia competente soltanto uno Stato membro, individuato sulla base di criteri oggettivi. Tra questi criteri oggettivi figura, per esempio, la sussistenza di una relazione, rilevante per il diritto in materia di asilo o in materia di stranieri, tra il richiedente asilo o un suo familiare e uno Stato membro (20). In caso di ingresso illegale nel territorio dell’Unione, per l’esame della domanda d’asilo è competente, ai sensi dell’art. 10 del regolamento n. 343/2003, lo Stato membro del primo ingresso (21).

69.      Orbene, se una qualsiasi violazione delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 o del regolamento n. 343/2003 da parte dello Stato membro competente in via principale dovesse avere come conseguenza l’obbligo, per lo Stato membro in cui il richiedente asilo ha presentato la sua domanda, di esercitare il diritto di avocazione di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003, oltre ai criteri oggettivi previsti dal capo III del regolamento per la determinazione dello Stato membro competente si creerebbe un criterio di esclusione nuovo, di ampia portata, secondo il quale anche violazioni lievi delle disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 o del regolamento n. 343/2003 in singoli Stati membri avrebbero l’effetto di liberare tali Stati dalle competenze previste dal regolamento n. 343/2003 e dai compiti ad esse connessi. Ciò potrebbe non solo svuotare completamente di significato le norme sulla competenza elaborate nel regolamento n. 343/2003, ma anche mettere in pericolo la finalità da esso perseguita di individuare rapidamente lo Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata nell’Unione.

70.      Tali riflessioni mi portano a concludere che una violazione delle disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 o del regolamento n. 343/2003 nello Stato membro competente in via principale può generare l’obbligo di esercitare il diritto di avocazione ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 soltanto qualora tale violazione del diritto derivato rappresenti nel contempo una violazione dei diritti del richiedente asilo sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali.

71.      Dalle considerazioni che precedono risulta che occorre rispondere alla seconda questione pregiudiziale nel senso che uno Stato membro è tenuto a esercitare il diritto di avocazione previsto all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 qualora dovesse risultare che, in caso di trasferimento nello Stato membro competente in via principale in base all’art. 3, n. 1, in combinato disposto con le disposizioni del capo III del regolamento n. 343/2003, il richiedente asilo sarebbe esposto a un rischio serio di una violazione dei diritti conferitigli dalla Carta dei diritti fondamentali. Al contrario, il rischio serio di violazione di singole disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85, o del regolamento n. 343/2003, nello Stato membro competente in via principale, che non costituisca nel contempo una violazione dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali ai richiedenti asilo che devono essere trasferiti non è sufficiente a fondare l’obbligo di esercitare il diritto di avocazione di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003.

C –    Prima di trasferire un richiedente asilo conformemente al regolamento n. 343/2003, lo Stato membro trasferente deve accertarsi che nello Stato membro di accoglienza i diritti di tale richiedente asilo sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali siano garantiti

72.      Con la prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se lo Stato membro nel quale un richiedente asilo ha presentato una domanda d’asilo per il cui esame è competente in via principale un altro Stato membro, ai sensi dell’art. 3, n. 1, in combinato disposto con le disposizioni del capo III del regolamento n. 343/2003, debba accertare, prima del trasferimento di tale richiedente asilo verso lo Stato membro competente in via principale, se i diritti del richiedente asilo sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali siano garantiti in tale Stato membro e se quest’ultimo rispetti le disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 nonché del regolamento n. 343/2003.

73.      Dalle riflessioni suesposte emerge, da un lato, che il trasferimento di richiedenti asilo verso uno Stato membro in cui sussiste un rischio serio di violazione dei loro diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali è incompatibile con la Carta stessa, con la conseguenza che lo Stato membro in cui il richiedente asilo ha presentato la sua domanda è tenuto, in un caso del genere, a esercitare il diritto di avocazione ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003. Dall’altro, sono giunta alla conclusione che un rischio serio di violazione di singole disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85, o del regolamento n. 343/2003, nello Stato membro di accoglienza può fondare l’obbligo, per lo Stato membro trasferente, di esercitare il diritto di avocazione di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 soltanto qualora tale violazione del diritto derivato rappresenti nel contempo una violazione dei diritti del richiedente asilo sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali.

74.      Da tali constatazioni discende direttamente che lo Stato membro trasferente deve accertare, prima del trasferimento del richiedente asilo, se quest’ultimo sia esposto, nello Stato membro competente in via principale, a un rischio serio di violazione dei suoi diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali. Solo in tal modo, infatti, è possibile garantire un’applicazione del regolamento n. 343/2003, da parte dello Stato membro trasferente, conforme ai diritti fondamentali. Per contro, va negata l’esistenza di un obbligo distinto di accertare se lo Stato membro di accoglienza rispetti le singole disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 nonché del regolamento n. 343/2003.

75.      L’obbligo degli Stati membri di accertare se il trasferimento di richiedenti asilo verso un altro Stato membro sia conforme ai diritti fondamentali non significa, tuttavia, che lo Stato membro trasferente debba assicurarsi attivamente, prima del trasferimento di ogni richiedente asilo, che nello Stato membro di accoglienza siano effettivamente garantiti i suoi diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali. Al fine di accertare se il richiedente asilo sia esposto a un rischio serio di violazione dei diritti fondamentali nello Stato membro competente in via principale, gli Stati membri possono infatti avvalersi della presunzione relativa secondo la quale nello Stato membro competente in via principale i diritti fondamentali del richiedente asilo sono rispettati.

76.      La conformità di una tale presunzione relativa al diritto dell’Unione è confermata anzitutto dal fatto che, secondo le direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85, il trattamento di richiedenti asilo e l’esame delle loro domande deve soddisfare in tutti gli Stati membri norme minime vincolanti. Inoltre, tutti gli Stati membri devono rispettare la Carta dei diritti fondamentali (22) e – in quanto parti contraenti – la CEDU e la convenzione di Ginevra sui rifugiati, cosicché sono tenuti a rispettare anche i diritti fondamentali e umani dei richiedenti asilo ivi sanciti. In considerazione dell’elevato livello di protezione in tal modo garantito de iure, è quindi ragionevole partire dalla presunzione relativa che i richiedenti asilo trasferiti ai sensi del regolamento n. 343/2003 siano trattati, nello Stato membro competente per le loro domande, in modo conforme ai diritti umani e fondamentali (23). In tal senso, nel secondo ‘considerando’ del regolamento n. 343/2003, si sottolinea espressamente che gli Stati membri, tutti rispettosi del principio di non respingimento, sono considerati Stati sicuri per i cittadini di paesi terzi (24).

77.      Gli Stati membri che optino per l’applicazione di una tale presunzione relativa devono comunque rispettare il principio di effettività, in virtù del quale la realizzazione dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione non può essere resa praticamente impossibile o eccessivamente difficile (25). Qualora gli Stati membri decidano di introdurre una presunzione relativa, ai richiedenti asilo dev’essere concessa la possibilità, tramite una procedura apposita, di superare effettivamente tale presunzione. Secondo il principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri (26), la predisposizione concreta dei mezzi di prova da impiegare a tal fine, nonché la fissazione delle regole e dei principi per la valutazione delle prove, spettano agli ordinamenti giuridici nazionali dei singoli Stati membri, fermo restando che l’esercizio dei diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali non può essere reso praticamente impossibile o eccessivamente difficile.

78.      Alla luce di quanto precede, si deve rispondere alla prima questione pregiudiziale nel senso che uno Stato membro il quale, a norma del regolamento n. 343/2003, intenda trasferire un richiedente asilo verso lo Stato membro competente in via principale per l’esame della domanda di asilo, è tenuto ad accertare se il richiedente asilo, in tale Stato membro competente in via principale, sia esposto al rischio serio di una violazione dei suoi diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali. Allo Stato membro trasferente non incombe alcun obbligo distinto di accertare se lo Stato membro di accoglienza rispetti le singole disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 o del regolamento n. 343/2003. Per accertare se il richiedente asilo sia esposto, nello Stato membro competente in via principale, al rischio di una violazione dei diritti fondamentali, gli Stati membri possono fondarsi sulla presunzione relativa secondo la quale nello Stato membro competente in via principale i diritti fondamentali del richiedente asilo sono rispettati.

VII – Conclusione

79.      Alla luce delle suesposte considerazioni propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali nei termini seguenti:

1)         Uno Stato membro è tenuto a esercitare il diritto di avocazione previsto all’art. 3, n. 2, del regolamento (CE) del Consiglio 18 febbraio 2003, n. 343, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo, qualora dovesse risultare che, in caso di trasferimento nello Stato membro competente in via principale in base all’art. 3, n. 1, in combinato disposto con le disposizioni del capo III del regolamento n. 343/2003, il richiedente asilo sarebbe esposto al rischio serio di una violazione dei suoi diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Per contro, il rischio serio della violazione di singole disposizioni della direttiva del Consiglio 27 gennaio 2003, 2003/9/CE, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri, della direttiva del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/83/CE, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, o della direttiva del Consiglio 1° dicembre 2005, 2005/85/CE, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, o del regolamento n. 343/2003, nello Stato membro competente in via principale, violazione che non costituisca nel contempo una violazione dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali ai richiedenti asilo che devono essere trasferiti, non è sufficiente a fondare l’obbligo di esercitare il diritto di avocazione di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003.

2)         Uno Stato membro che, a norma del regolamento n. 343/2003, intenda trasferire un richiedente asilo verso lo Stato membro competente in via principale per l’esame della domanda di asilo è tenuto ad accertare se il richiedente asilo, in tale Stato membro competente in via principale, sia esposto al rischio serio di una violazione dei suoi diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali. Allo Stato membro trasferente non incombe alcun obbligo distinto di accertare se lo Stato membro di accoglienza rispetti le singole disposizioni delle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85 o del regolamento n. 343/2003. Per accertare se il richiedente asilo sia esposto, nello Stato membro competente in via principale, al rischio di una violazione dei diritti fondamentali, gli Stati membri possono fondarsi sulla presunzione relativa secondo la quale nello Stato membro competente in via principale i diritti fondamentali del richiedente asilo sono rispettati.


1 – Lingua originale: il tedesco. Lingua processuale: l’inglese.


2 – GU L 50, pag. 1.


3 – Oltre al regolamento e alle direttive qui citati, numerosi altri atti di diritto derivato riguardano l’istituzione di un regime comune in materia di asilo, la politica dell’immigrazione legale ed il contrasto all’immigrazione illegale; ad esempio, il regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio 19 maggio 2010, n. 439, che istituisce l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (GU L 132, pag. 11), o la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348, pag. 98).


4 – GU L 212, pag. 12.


5 – GU L 31, pag. 18.


6 – GU L 304, pag. 12.


7 – GU L 326, pag. 13.


8 – La Confederazione svizzera partecipa al sistema, istituito dal diritto dell’Unione, di determinazione degli Stati competenti per le domande d’asilo in forza dell’accordo tra la Comunità europea e la Confederazione Svizzera relativo ai criteri e ai meccanismi che permettono di determinare lo Stato competente per l’esame di una domanda di asilo introdotta in uno degli Stati membri o in Svizzera (GU 2008, L 53, pag. 5). Ai sensi dell’art. 5, n. 2, di detto accordo, la Confederazione svizzera ha diritto di presentare alla Corte osservazioni scritte quando essa è stata adita da un organo giurisdizionale di uno Stato membro affinché si pronunci in via pregiudiziale sull’interpretazione del regolamento n. 343/2003.


9 – Sentenza 2 dicembre 2008, K.R.S./Regno Unito (ricorso n. 32733/08).


10 – Sentenza 21 gennaio 2011, M.S.S./Belgio e Grecia (ricorso n. 30696/09).


11 – V. le mie conclusioni presentate il 22 settembre 2011 nella causa C-411/10, N. S. (cit. supra al paragrafo 4), paragrafi 142 e segg.


12 – Ibidem, paragrafi 95 e segg.


13 – L’ambito di applicazione della protezione garantita dall’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali si ispira alla nozione di rifugiato ai sensi della convenzione di Ginevra in quanto, a norma dell’art. 33 di quest’ultima, il divieto di espulsione o di respingimento che esso sancisce si applica ai rifugiati (v., in tal senso, Jarass, D., Charta der Grundrechte der Europäischen Union, Monaco 2010, art. 18, punto 5). Nel contesto del divieto di respingimento ai sensi dell’art. 33 della convenzione di Ginevra, la nozione di rifugiato non comprende soltanto le persone il cui status di rifugiato è già stato riconosciuto, bensì anche coloro che soddisfano le condizioni per il riconoscimento di tale status. V., in tal senso, Lauterpacht, E./Bethlehem, D., «The scope and content of the principle of non-refoulement: Opinion», in Refugee Protection in International Law (Ed.: Feller, E./Türk, V./Nicholson, F.), Cambridge, 2003, pagg. 87, 116 e segg.


14 – V., in tal senso, Lauterpacht, E./Bethlehem, D., op. cit. (nota 13), pag. 122; Hailbronner, K., Asyl- und Ausländerrecht, seconda ed., Stoccarda, 2008, punto 655.


15 – V. paragrafi 111 e segg. delle mie conclusioni nella causa N. S. (cit. supra al paragrafo 4).


16 – Ibidem, paragrafi 117 e segg.


17 – Per i diritti fondamentali dei richiedenti asilo sanciti dagli artt. 1 e 4 della Carta dei diritti fondamentali, una tale violazione discende dalla funzione di tutela positiva insita in tali diritti. Per l’art. 18 della Carta, la violazione deriva dalla circostanza che il diritto fondamentale da esso sancito non offre tutela soltanto contro il respingimento diretto verso uno Stato in cui sussiste un rischio di persecuzioni, ma anche contro il respingimento indiretto. V. paragrafi 113 e segg. delle mie conclusioni nella causa N. S. (cit. supra al paragrafo 4). Inoltre, l’art. 19, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali prevede espressamente che nessuno possa essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui sussiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.


18 – Secondo costante giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte; v., per tutte, sentenza 29 gennaio 2009, causa C‑19/08, Petrosian e a. (Racc. pag. I‑495, punto 34).


19 – V. ‘considerando’ 3 e segg. del regolamento n. 343/2003.


20 – V. artt. 6, n. 1, 7, 8 e 9, nn. 1 e 2, del regolamento n. 343/2003.


21 – Art. 10 del regolamento n. 343/2003. Tale competenza cessa, tuttavia, dopo dodici mesi dall’attraversamento illegale della frontiera.


22 – Per quanto concerne il contenuto e la portata del Protocollo n. 30 sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea alla Polonia e al Regno Unito, v. paragrafi 167 e segg. delle mie conclusioni nella causa N. S. (cit. supra al paragrafo 4).


23 – In tal senso, ad esempio, anche la Corte eur. D.U., nella sentenza 2 dicembre 2008, K.R.S./Regno Unito (cit. supra al paragrafo 9), è partita dal presupposto che si dovesse presumere il rispetto, da parte della Grecia, degli obblighi derivanti dalle direttive 2005/85 e 2003/9.


24 – V., al riguardo, anche il Protocollo (n. 24) sull’asilo per i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, allegato al Trattato sull’Unione europea e al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Tale protocollo indica anzitutto che, dato il livello di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali garantito dagli Stati membri dell’Unione europea, essi si considerano reciprocamente paesi d’origine sicuri a tutti i fini giuridici e pratici connessi a questioni inerenti l’asilo. In tale contesto, il protocollo stabilisce che la domanda d’asilo presentata da un cittadino di uno Stato membro può essere presa in esame o dichiarata ammissibile all’esame in un altro Stato membro unicamente alle condizioni, molto restrittive, elencate nello stesso protocollo.


25 – Sentenze 8 luglio 2010, causa C-246/09, Bulicke (Racc. pag. I-6999, punto 25); 12 febbraio 2008, causa C-2/06, Kempter (Racc. pag. I-411, punto 57); 7 giugno 2007, cause riunite da C-222/05 a C-225/05, van der Weerd e a. (Racc. pag. I-4233, punto 28), e 13 marzo 2007, causa C‑432/05, Unibet (Racc. pag. I-2271, punto 43).


26 – Sul significato di tale principio nell’ambito dell’applicazione delle disposizioni del regolamento n. 343/2003, v. sentenza Petrosian e a. (cit. supra al paragrafo 18), punti 47 e 52.