Language of document : ECLI:EU:C:2017:213

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

15 marzo 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale – Regolamento (UE) n. 604/2013 (Dublino III) – Articolo 28, paragrafo 2 – Trattenimento ai fini del trasferimento – Articolo 2, lettera n) – Notevole rischio di fuga – Criteri obiettivi – Assenza di definizione legale»

Nella causa C‑528/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa, Repubblica ceca), con decisione del 24 settembre 2015, pervenuta in cancelleria il 7 ottobre 2015, nel procedimento

Policie ČR, Krajské ředitelství policie Ústeckého kraje, odbor cizinecké policie

contro

Salah Al Chodor,

Ajlin Al Chodor,

Ajvar Al Chodor,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, A. Prechal (relatore), A. Rosas, C. Toader e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 luglio 2016,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Policie ČR, Krajské ředitelství policie Ústeckého kraje, odbor cizinecké policie, da D. Franc;

–        per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e S. Šindelková, in qualità di agenti;

–        per il governo ellenico, da M. Michelogiannaki, in qualità di agente;

–        per il governo del Regno Unito, da S. Brandon, in qualità di agente, assistito da M. Gray, barrister;

–        per la Commissione europea, da M. Condou-Durande, M. Šimerdová e G. Wils, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 novembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 28, in combinato disposto con l’articolo 2, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31; in prosieguo: il «regolamento Dublino III»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un ricorso per cassazione proposto dalla Policie ČR, Krajské ředitelství Ústeckého kraje, odbor cizinecké policie (Polizia della Repubblica ceca, direzione regionale di Ústí nad Labem, dipartimento di polizia per gli stranieri; in prosieguo: la «Polizia per gli stranieri»), in merito all’annullamento da parte di un giudice di grado inferiore della decisione della Polizia per gli stranieri di disporre il trattenimento dei sigg. Salah, Ajlin e Ajvar Al Chodor (in prosieguo denominati congiuntamente “i sigg. Al Chodor”) per una durata di 30 giorni ai fini del loro trasferimento in Ungheria.

 Contesto normativo

 La CEDU

3        La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), all’articolo 5, intitolato «Diritto alla libertà e alla sicurezza», dispone quanto segue:

«1.      Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, se non nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge:

(…)

f)      se si tratta dell’arresto o della detenzione regolari di una persona per impedirle di entrare illegalmente nel territorio, oppure di una persona contro la quale è in corso un procedimento d’espulsione o d’estradizione. (…)».

 Diritto dell’Unione

 La Carta

4        A termini dell’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»): «[o]gni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza».

5        Ai sensi dell’articolo 52 della Carta, intitolato «Portata dei diritti garantiti»:

«1.      Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

(…)

3.      Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa.

(…)».

 Il regolamento Dublino III

6        Il considerando 9 di tale regolamento così recita:

«Alla luce dei risultati delle valutazioni effettuate dell’attuazione degli strumenti della prima fase, è opportuno in questa fase ribadire i principi che ispirano il regolamento (CE) n. 343/2003 [del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 50, p. 1)] apportando i miglioramenti necessari, in vista dell’esperienza acquisita, a migliorare l’efficienza del sistema di Dublino e la protezione offerta ai richiedenti nel contesto di tale sistema. Dato che il buon funzionamento del sistema di Dublino è fondamentale per il [Sistema europeo comune di asilo (CEAS)], i suoi principi e il suo funzionamento dovrebbero essere periodicamente riesaminati parallelamente all’introduzione di altre componenti del CEAS e di altri strumenti di solidarietà dell’Unione. Dovrebbe essere previsto un “controllo di qualità” completo sotto forma di esame fattuale, che contempli gli effetti giuridici, economici e sociali del sistema di Dublino, comprese le sue ripercussioni sui diritti fondamentali».

7        A termini del successivo considerando 20:

«Il trattenimento dei richiedenti dovrebbe essere regolato in conformità del principio fondamentale per cui nessuno può essere trattenuto per il solo fatto di chiedere protezione internazionale. Il trattenimento dovrebbe essere quanto più breve possibile e dovrebbe essere soggetto ai principi di necessità e proporzionalità. In particolare, il trattenimento dei richiedenti deve essere conforme all’articolo 31 della convenzione di Ginevra. Le procedure previste dal presente regolamento con riguardo alla persona trattenuta dovrebbero essere applicate in modo prioritario, entro i termini più brevi possibili. Per quanto concerne le garanzie generali che disciplinano il trattenimento, così come le condizioni di trattenimento, gli Stati membri dovrebbero, se del caso, applicare le disposizioni del[la direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 96),] anche alle persone trattenute sulla base del presente regolamento».

8        L’articolo 2 del regolamento medesimo, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

(…)

n)      “rischio di fuga”: la sussistenza in un caso individuale di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che un richiedente o un cittadino di un paese terzo o un apolide oggetto di una procedura di trasferimento possa fuggire».

9        L’articolo 28 di tale regolamento, rubricato «Trattenimento», così dispone:

«1.      Gli Stati membri non possono trattenere una persona per il solo motivo che sia oggetto della procedura stabilita dal presente regolamento.

2.      Ove sussista un rischio notevole di fuga, gli Stati membri possono trattenere l’interessato al fine di assicurare le procedure di trasferimento a norma del presente regolamento, sulla base di una valutazione caso per caso e solo se il trattenimento è proporzionale e se non possano essere applicate efficacemente altre misure alternative meno coercitive.

3.      Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile e non supera il tempo ragionevolmente necessario agli adempimenti amministrativi previsti da espletare con la dovuta diligenza per eseguire il trasferimento a norma del presente regolamento.

(…)».

 La direttiva 2013/33

10      Ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 2013/33 (in prosieguo: la «direttiva sull’accoglienza»):

«1.      Gli Stati membri non trattengono una persona per il solo fatto di essere un richiedente ai sensi della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale [GU 2013, L 180, pag. 60].

2.      Ove necessario e sulla base di una valutazione caso per caso, gli Stati membri possono trattenere il richiedente, salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive.

3.      Un richiedente può essere trattenuto soltanto:

(…)

f)      conformemente all’articolo 28 del regolamento [Dublino III].

I motivi di trattenimento sono specificati nel diritto nazionale.

(…)».

 Diritto ceco

11      L’articolo 129, paragrafo 1, della legge n. 326/1999, relativa al soggiorno di cittadini stranieri sul territorio della Repubblica ceca e recante modifica di altre leggi (in prosieguo: la «legge sul soggiorno di cittadini stranieri») disponeva quanto segue:

«[l]a polizia può trattenere un cittadino straniero che abbia fatto ingresso o soggiorni illegalmente nella Repubblica ceca per il periodo di tempo necessario per assicurare le procedure di trasferimento conformemente ad un accordo internazionale concluso con un altro Stato membro dell’Unione europea anteriormente al 13 gennaio 2009 ovvero in base a norme legislative delle Comunità europee direttamente applicabili».

12      All’epoca dell’adozione della decisione di rinvio, era in atto un procedimento legislativo volto ad emendare tale articolo, integrandolo con un quarto paragrafo del seguente tenore:

«La Polizia decide in merito al trattenimento di un cittadino straniero ai fini del suo trasferimento in uno Stato soggetto alla normativa direttamente applicabile dell’Unione europea solo in presenza di notevole rischio di fuga. Si considera sussistere un rischio notevole di fuga in particolare nel caso in cui il cittadino straniero abbia soggiornato illegalmente nella Repubblica ceca, o si sia già in precedenza sottratto al trasferimento in uno Stato soggetto alla normativa direttamente applicabile dell’Unione europea, ovvero abbia tentato la fuga o espresso l’intendimento di non ottemperare ad una decisione definitiva di trasferimento in uno Stato soggetto alla normativa dell’Unione europea direttamente applicabile, o se un tale intendimento risulti dal suo comportamento. Si ritiene sussistere un notevole rischio di fuga anche nel caso in cui un cittadino straniero che debba essere trasferito in uno Stato soggetto alla normativa direttamente applicabile dell’Unione europea, non direttamente confinante con la Repubblica ceca, non possa viaggiare legalmente in quello Stato in modo autonomo e non possa fornire l’indirizzo di un luogo di residenza nella Repubblica ceca».

 Controversia principale e questione pregiudiziale

13      I sigg. Al Chodor, cittadini iracheni, si recavano nella Repubblica ceca, dove venivano sottoposti, il 7 maggio 2015, ad un controllo di polizia. Non essendo stati in grado di presentare alcun documento d’identità, la Polizia per gli stranieri li sottoponeva ad interrogatorio.

14      Nel corso dell’interrogatorio dichiaravano di essere di etnia curda e che il loro villaggio era stato occupato dai combattenti dell’organizzazione terroristica «Stato islamico». I sigg. Al Chodor, passando per la Turchia, avrebbero raggiunto la Grecia e da lì avrebbero proseguito il loro viaggio in camion. In Ungheria erano stati arrestati dalla polizia, che aveva proceduto al rilevamento delle loro impronte digitali. Il sig. Salah Al Chodor dichiarava di aver firmato, in tale occasione, taluni documenti. Il giorno seguente, essi venivano condotti dalle autorità ungheresi ad una stazione ferroviaria ed indirizzati verso un campo per rifugiati. I sigg. Al Chodor avrebbero lasciato tale campo dopo due giorni per raggiungere i loro parenti in Germania.

15      Dopo aver proceduto all’arresto dei sigg. Al Chodor nella Repubblica ceca, la Polizia ceca per gli stranieri consultava la banca dati Eurodac, rilevando che i medesimi avevano presentato domanda di asilo in Ungheria.

16      La Polizia per gli stranieri riteneva che sussistesse un notevole rischio di fuga, considerato che i sigg. Al Chodor, in attesa di essere trasferiti in Ungheria, non disponevano di un permesso di soggiorno né di un alloggio nella Repubblica ceca. Inoltre, contrariamente alle norme che lo vietavano, essi avevano lasciato il campo per rifugiati in Ungheria, senza attendere la decisione sulla propria richiesta d’asilo, allo scopo di recarsi in Germania. La Polizia per gli stranieri disponeva quindi il trattenimento dei sigg. Al Chodor per un periodo di 30 giorni, in attesa del loro trasferimento in Ungheria, ai sensi dell’articolo 129, paragrafo 1, della legge sul soggiorno di cittadini stranieri, in combinato disposto con l’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento Dublino III.

17      Avverso la decisione relativa al loro trattenimento i sigg. Al Chodor proponevano ricorso giurisdizionale. Il Krajský soud v Ústí nad Labem (Corte regionale di Ústí nad Labem, Repubblica ceca) annullava la decisione in base al rilievo che la normativa ceca non definisce criteri obiettivi ai fini della valutazione di un rischio di fuga ai sensi dell’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III. Pertanto, detto giudice dichiarava il trattenimento illegittimo, richiamandosi, inoltre, a due pronunce di analogo tenore emesse da giudici di altri Stati membri, una dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia tedesca, Germania) (Bundesgerichtshof, 26 giugno 2014, V ZB 31/14), e l’altra dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) (Verwaltungsgerichtshof, 19 febbraio 2015, RO 2014/21/0075-5).

18      A seguito dell’annullamento della decisione della Polizia per gli stranieri, i sigg. Al Chodor venivano rimessi in libertà. Essi lasciavano la Repubblica ceca per una destinazione ignota.

19      Avverso la sentenza del Krajský soud v Ústí nad Labem (Corte regionale di Ústí nad Labem) la Polizia per gli stranieri proponeva ricorso per cassazione dinanzi al Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa, Repubblica ceca). A suo parere, la mera assenza, nella legislazione ceca, di criteri obiettivi ai fini della valutazione della sussistenza di un rischio di fuga non giustificherebbe tuttavia l’inapplicabilità dell’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento Dublino III. Quest’ultima disposizione imporrebbe l’esame del rischio di fuga alla luce di tre condizioni, vale a dire, una valutazione individuale sulla base delle circostanze del caso di specie, il carattere proporzionale del trattenimento e l’impossibilità di applicare una misura meno coercitiva. La Polizia per gli stranieri avrebbe rispettato tali condizioni.

20      Il giudice del rinvio nutre dubbi sulla questione se l’articolo 28, paragrafo 2, in combinato disposto con l’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III, e/o l’articolo 129, paragrafo 1, della legge sul soggiorno di cittadini stranieri costituiscano un fondamento normativo sufficiente, in assenza di criteri obiettivi nella legislazione nazionale che consentano di valutare la sussistenza di un notevole rischio di fuga.

21      In tale contesto, il giudice a quo sottolinea che le versioni linguistiche dell’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III sono divergenti. Se le versioni tedesca o francese di tale disposizione richiedono che i criteri obiettivi per la valutazione del rischio di fuga siano definiti dalla legge, altre versioni linguistiche richiedono che tali criteri siano definiti «dal diritto», di modo che la portata dell’espressione «definiti dalla legge» non discenderebbe chiaramente dal testo di detta disposizione. Inoltre, il giudice del rinvio osserva che la Corte europea dei diritti dell’uomo interpreta il termine «legge» in modo ampio, nel senso che, a suo avviso, il suddetto termine non si limiterebbe alla sola legislazione, bensì comprenderebbe anche altre fonti del diritto (Corte EDU, 24 aprile 1990, Kruslin c. Francia, CE:ECHR:1990:0424JUD001180185, § 29). Nell’ambito del trattenimento di persone che soggiornino illegalmente, dalla sentenza della Corte EDU, 9 luglio 2009, Mooren c. Germania (CE:ECHR:2009:0709JUD001136403, §§ 76 e da 90 a 97) risulterebbe che occorre valutare la bontà del fondamento normativo, in particolare, in termini di chiarezza, accessibilità e prevedibilità.

22      Il giudice del rinvio si chiede, pertanto, se l’individuazione, nella propria costante giurisprudenza, di criteri obiettivi che consentano di procedere al trattenimento di persone ai sensi dell’articolo 129 della legge sul soggiorno di cittadini stranieri possa soddisfare l’esigenza che tali criteri siano definiti «dalla legge», a norma dell’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III, considerato che tale giurisprudenza sancisce una prassi amministrativa costante della Polizia per gli stranieri, caratterizzata dall’assenza di elementi di arbitrarietà, dalla prevedibilità e dalla valutazione individuale caso per caso.

23      Alla luce delle suesposte considerazioni, il Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la mera circostanza che la legge non abbia definito criteri obiettivi ai fini della valutazione della sussistenza di un notevole rischio di fuga di un cittadino straniero [ai sensi dell’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III] determini l’inapplicabilità del trattenimento previsto dall’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento medesimo».

 Sulla questione pregiudiziale

24      Il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 2, lettera n), e l’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, debbano essere interpretati, nel combinato disposto, nel senso che impongano agli Stati membri di fissare nella legislazione nazionale i criteri obiettivi su cui si basano i motivi per temere la fuga del richiedente una protezione internazionale (in prosieguo: il «richiedente») oggetto di procedura di trasferimento e se l’assenza di tali criteri nella legislazione nazionale determini l’inapplicabilità dell’articolo 28, paragrafo 2, di tale regolamento.

25      Occorre ricordare, anzitutto, che il regolamento Dublino III consente, in forza del suo articolo 28, paragrafo 2, di trattenere i richiedenti al fine di assicurare le procedure di trasferimento a norma di tale regolamento, ove sussista un rischio notevole di fuga, sulla base di una valutazione caso per caso e solo qualora il trattenimento sia proporzionale e non possano essere efficacemente applicate altre misure alternative meno coercitive. L’articolo 2, lettera n), del medesimo regolamento definisce, a sua volta, il termine «rischio di fuga» quale sussistenza, in casi individuali, di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che la persona interessata possa fuggire.

26      La Polizia per gli stranieri e il governo ceco fanno valere, in limine, che un regolamento è applicabile direttamente negli Stati membri e non implica, quindi, la previa trasposizione nell’ordinamento nazionale. Di conseguenza, l’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III non imporrebbe al legislatore nazionale di procedere all’attuazione in una legge nazionale di detti criteri obiettivi che definiscono un rischio di fuga.

27      In proposito, si deve ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza della Corte, in forza dell’articolo 288 TFUE e a causa della natura stessa dei regolamenti e della loro funzione nel sistema delle fonti del diritto dell’Unione, le disposizioni di tali regolamenti producono, in genere, effetti immediati negli ordinamenti giuridici nazionali, senza che le autorità nazionali debbano adottare misure di attuazione. Tuttavia, alcune di tali disposizioni possono richiedere, per la loro attuazione, l’adozione di misure di applicazione da parte degli Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2011, Vlaamse Dierenartsenvereniging e Janssens, C‑42/10, C‑45/10 e C‑57/10, EU:C:2011:253, punti 47 e 48, e giurisprudenza ivi citata).

28      È quanto avviene nel caso dell’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III, che richiede espressamente che i criteri obiettivi che definiscono la sussistenza di un rischio di fuga siano «definiti dalla legge». Poiché tali criteri non sono stati fissati nel regolamento stesso né in alcun altro atto giuridico dell’Unione, la loro formulazione ricade, nel contesto del regolamento medesimo, nell’ambito dell’ordinamento nazionale. Tale conclusione risulta avvalorata dalla lettura combinata, da un lato, dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera f), della direttiva sull’accoglienza, a termini del quale un richiedente può essere trattenuto conformemente all’articolo 28 del regolamento Dublino III, e, dall’altro, con l’ultimo comma del medesimo paragrafo 3 dell’articolo 8, che precisa che i motivi del trattenimento sono specificati nel diritto nazionale. Inoltre, il considerando 20 del regolamento Dublino III afferma, a sua volta, che, per quanto concerne le garanzie generali che disciplinano il trattenimento nonché le condizioni del trattenimento, gli Stati membri dovrebbero, se del caso, applicare anche alle persone trattenute, sulla base dello stesso regolamento, le disposizioni della direttiva sull’accoglimento, che contiene, al menzionato articolo 8, un riferimento diretto al diritto nazionale. Ne consegue che criteri del genere quali quelli previsti all’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III necessitano un’attuazione nel diritto nazionale di ciascuno Stato membro.

29      Occorre poi determinare se il termine «legge» di cui all’articolo 2, lettera n), di detto regolamento debba essere inteso nel senso di ricomprendere una giurisprudenza consolidata eventualmente confermativa di una prassi amministrativa costante.

30      Conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza del 26 maggio 2016, Envirotec Denmark, C‑550/14, EU:C:2016:354, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

31      Per quanto concerne il tenore letterale dell’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III, un’analisi puramente testuale della nozione «definiti dalla legge» non consente di determinare se una giurisprudenza o una prassi amministrativa costanti possano rientrare nell’ambito di detta nozione. Infatti, nelle diverse versioni linguistiche del regolamento, il termine equivalente al termine «legge» ha portata differente. In effetti, i termini utilizzati, ad esempio, nelle versioni in lingua inglese, polacca e slovacca sono simili alla nozione di «diritto», la quale può avere una portata più ampia della nozione di «legge». Talune altre versioni, per esempio, in lingua bulgara, spagnola, ceca, tedesca e francese hanno una portata più restrittiva.

32      Orbene, in caso di divergenza tra le versioni linguistiche, la portata della disposizione in questione dev’essere valutata non sulla base di una mera interpretazione testuale, bensì in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui è parte (sentenza del 26 maggio 2016, Envirotec Denmark, C‑550/14, EU:C:2016:354, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

33      Per quanto riguarda la struttura in cui si colloca l’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che dal considerando 9 dello stesso regolamento risulta che quest’ultimo, pur ribadendo i principi su cui esso si basa, è diretto ad apportare i miglioramenti necessari, in vista dell’esperienza acquisita, non solo al sistema di Dublino, ma anche alla protezione offerta ai richiedenti, garantita in particolare dalla tutela giurisdizionale di cui questi ultimi godono (sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 52).

34      Questo livello elevato di protezione concesso ai richiedenti, contemplato dal regolamento Dublino III, è previsto anche riguardo al loro trattenimento, come risulta dal combinato disposto dell’articolo 28 e dell’articolo 2, lettera n), del regolamento. Infatti, l’articolo 28, come emerge dal considerando 20 del regolamento medesimo, limita notevolmente il potere degli Stati membri di procedere ad un trattenimento. Dal paragrafo 1 dell’articolo 28 risulta, infatti, che gli Stati membri non possono trattenere una persona per il sol fatto che questa abbia presentato domanda di protezione internazionale. Inoltre, il paragrafo 2 del medesimo articolo consente il trattenimento al fine di garantire le procedure di trasferimento ai sensi dello stesso regolamento solo laddove sussista un rischio notevole di fuga, la cui valutazione deve basarsi su una valutazione caso per caso. Inoltre, il trattenimento dev’essere proporzionato ed è giustificato soltanto se non possono essere effettivamente applicate altre misure meno coercitive. Peraltro, conformemente al paragrafo 3 di detto articolo, il trattenimento ha durata quanto più breve possibile. Infine, l’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III esige che l’accertamento della sussistenza di un rischio di fuga si basi su criteri obiettivi che devono essere definiti per legge e applicati caso per caso.

35      Si deve altresì rilevare che il regolamento Dublino III fornisce maggiori garanzie riguardo al trattenimento rispetto al regolamento n. 343/2003 di cui il regolamento Dublino III costituisce una rifusione. Infatti, il regolamento n. 343/2003 non conteneva alcuna disposizione relativa al trattenimento. Tale sviluppo sottolinea una maggiore attenzione da parte del legislatore dell’Unione alla protezione dei richiedenti, come risulta altresì dalla sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409).

36      Per quanto concerne l’obiettivo perseguito dall’articolo 2, lettera n), nel combinato disposto con il successivo articolo 28, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, occorre rammentare che, autorizzando il trattenimento di un richiedente al fine di garantire le procedure di trasferimento conformemente al regolamento medesimo nel caso in cui sussista un notevole rischio di fuga del richiedente, tali disposizioni prevedono una limitazione all’esercizio del diritto fondamentale alla libertà, sancito all’articolo 6 della Carta (v., per analogia, sentenza del 15 febbraio 2016, N., C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 49).

37      In proposito, dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta risulta che eventuali limitazioni all’esercizio di tale diritto devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di quest’ultimo nonché il principio di proporzionalità. Laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta prevede che il significato e la portata degli stessi siano uguali a quelli conferiti da tale Convenzione, precisando al contempo che il diritto dell’Unione può concedere una protezione più estesa. Ai fini dell’interpretazione dell’articolo 6 della Carta, si deve quindi tener conto dell’articolo 5 della CEDU in quanto livello minimo di protezione.

38      Orbene, secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, qualsiasi privazione della libertà dev’essere regolare non solo nel senso che essa deve avere un fondamento normativo nel diritto interno, ma anche nel senso che tale regolarità riguardi la qualità della legge e comporti che una legge nazionale che autorizzi una privazione della libertà debba essere sufficientemente accessibile, precisa e prevedibile nella sua applicazione, al fine di evitare qualunque rischio di arbitrarietà (v., in tal senso, Corte EDU, 21 ottobre 2013, Del Río Prada c. Spagna, CE:ECHR:2013:1021JUD004275009, §125).

39      Inoltre, conformemente alla giurisprudenza della Corte in materia, si deve sottolineare che l’obiettivo delle garanzie predisposte a tutela della libertà, sancite sia all’articolo 6 della Carta sia all’articolo 5 della CEDU, è costituito, in particolare, dalla protezione dell’individuo contro l’arbitrarietà. Pertanto, l’attuazione di una misura privativa della libertà, per essere conforme a tale obiettivo, implica, segnatamente, che sia priva di ogni elemento di malafede o inganno da parte delle autorità (v., in tal senso, sentenza del 15 febbraio 2016, N., C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 81).

40      Dalle suesposte considerazioni risulta che il trattenimento dei richiedenti, costituendo un’ingerenza grave nel loro diritto alla libertà, è soggetto al rispetto di garanzie rigorose, vale a dire, la sussistenza di un fondamento normativo, la chiarezza, la prevedibilità, l’accessibilità e la protezione contro l’arbitrarietà.

41      Per quanto concerne la prima di tali garanzie, occorre rilevare che la limitazione all’esercizio del diritto alla libertà si basa, nel caso di specie, sull’articolo 28, paragrafo 2, nel combinato disposto con l’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III, che costituisce un atto legislativo dell’Unione. Quest’ultima definizione fa, a sua volta, riferimento, per quanto attiene alla definizione di criteri obiettivi che evidenzino la sussistenza di un rischio di fuga, al diritto nazionale. In tale contesto, si rende necessario stabilire quale genere di norma soddisfi le altre garanzie, ossia la chiarezza, la prevedibilità, l’accessibilità e la protezione contro l’arbitrarietà.

42      In proposito, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, è importante che il potere discrezionale individuale di cui dispongono le autorità interessate in forza dell’articolo 28, paragrafo 2, nel combinato disposto con l’articolo 2, lettera n), del regolamento Dublino III, per quanto concerne la sussistenza di un rischio di fuga, sia esercitato nel quadro di determinate limitazioni previamente stabilite. Pertanto, è essenziale che i criteri che definiscono la sussistenza di un rischio del genere, che costituisce il motivo per un trattenimento, siano chiaramente definiti da un atto cogente e prevedibile nella sua applicazione.

43      Tenuto conto della finalità delle norme di cui trattasi, nonché alla luce dell’elevato livello di protezione che risulta dal loro contesto, solo una norma di portata generale può soddisfare i requisiti di chiarezza, di prevedibilità, di accessibilità e, in particolare, di protezione contro l’arbitrarietà.

44      Infatti, l’adozione di norme di portata generale offre le garanzie necessarie, poiché tale testo normativo delimita in modo cogente e noto in anticipo la discrezionalità delle autorità nella valutazione delle circostanze di ciascun caso concreto. Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 81 e 82 delle sue conclusioni, i criteri fissati in una norma cogente sono quelli che meglio si prestano al controllo esterno sul potere discrezionale di dette autorità, al fine di tutelare i richiedenti da arbitrarie privazioni di libertà.

45      Ne consegue che l’articolo 2, lettera n), e l’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, letti nel loro combinato disposto, devono essere interpretati nel senso che essi impongono che i criteri obiettivi su cui si basano i motivi per temere la fuga di un richiedente siano fissati in una norma cogente di portata generale. In ogni caso, una giurisprudenza consolidata, che sancisca una prassi costante della Polizia per gli stranieri, come nella specie del procedimento principale, non può essere sufficiente.

46      In assenza di detti criteri sanciti in una norma di tal genere, come nella specie del procedimento principale, il trattenimento dev’essere dichiarato illegittimo, il che implica l’inapplicabilità dell’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento Dublino III.

47      Pertanto, si deve rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 2, lettera n), e l’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, letti nel loro combinato disposto, devono essere interpretati nel senso che essi impongono agli Stati membri di fissare, in una norma vincolante di portata generale, i criteri obiettivi su cui si fondano i motivi per temere la fuga del richiedente oggetto di una procedura di trasferimento. L’assenza di una norma di tal genere determina l’inapplicabilità dell’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento medesimo.

 Sulle spese

48      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’articolo 2, lettera n), e l’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, letti nel loro combinato disposto, devono essere interpretati nel senso che essi impongono agli Stati membri di fissare, in una norma vincolante di portata generale, i criteri obiettivi su cui si fondano i motivi per temere la fuga del richiedente protezione internazionale oggetto di una procedura di trasferimento. L’assenza di una norma di tal genere determina l’inapplicabilità dell’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento medesimo.

Firme


* Lingua processuale: il ceco.