Language of document : ECLI:EU:T:2015:270

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

12 maggio 2015 (*)

«Membro della Commissione – Indagine dell’OLAF – Pretesa decisione orale del presidente della Commissione di porre fine alle funzioni dell’interessato – Ricorso di annullamento – Inesistenza di un atto impugnabile – Irricevibilità – Ricorso per risarcimento del danno»

Nella causa T‑562/12,

John Dalli, residente in St Julians (Malta), rappresentato da L. Levi, A.‑M. Alamanou e S. Rodrigues, avocats,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da B. Smulders, J. Baquero Cruz e J.‑P. Keppenne, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, da una parte, la domanda di annullamento della pretesa decisione orale adottata dal presidente della Commissione il 16 ottobre 2012 di porre fine alle funzioni del ricorrente in quanto membro della Commissione e, dall’altra, la domanda di risarcimento del danno che il ricorrente asserisce di aver subito a seguito di tale decisione,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto da M. Jaeger, presidente, S. Papasavvas, N.J. Forwood (relatore), I. Labucka e E. Bieliūnas, giudici,

cancelliere: E. Coulon,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 luglio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Con decisione 2010/80/UE del Consiglio europeo, del 9 febbraio 2010, recante nomina della Commissione europea (GU L 38, pag. 7), il ricorrente, sig. John Dalli, veniva nominato membro della Commissione europea per il periodo dal 10 febbraio 2010 al 31 ottobre 2014. Al sig. Dalli veniva assegnato dal Presidente della Commissione, sig. José Manuel Durão Barroso (in prosieguo: il «presidente Barroso»), il portafoglio della salute e della tutela dei consumatori.

2        Il 21 maggio 2012 la Commissione riceveva una denuncia (in prosieguo: la «denuncia») dalla società Swedish Match, contenente gravi accuse sul comportamento del ricorrente. Secondo l’autore della denuncia, un imprenditore maltese, sig. Silvio Zammit, avrebbe utilizzato i propri contatti con il ricorrente per tentare di ottenere un vantaggio economico dalla stessa e dallo European Smokeless Tobacco Council (ESTOC), in cambio del suo intervento diretto ad influenzare un’eventuale futura proposta legislativa sui prodotti del tabacco e, segnatamente, il divieto dell’Unione europea relativo alla vendita del prodotto conosciuto con il nome «snus».

3        Il 25 maggio 2012 l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) avviava un’indagine in merito alla denuncia, ai sensi degli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’OLAF (GU L 136, pag. 1).

4        Con lettera dell’11 luglio 2012 l’OLAF comunicava al ricorrente di doversi considerare quale persona sottoposta ad un’indagine avviata a seguito della denuncia di alcuni tentativi diretti a coinvolgere due operatori economici nel pagamento di tangenti allo scopo di ottenere l’adozione, da parte della Commissione, di una misura ad essi favorevole. La richiesta di accesso alla denuncia presentata dal ricorrente veniva respinta.

5        Il 16 luglio 2012 il ricorrente veniva sentito per la prima volta dall’OLAF.

6        Il presidente Barroso incontrava il ricorrente il 25 luglio 2012. Durante tale colloquio il ricorrente contestava le accuse formulate a suo carico nella denuncia.

7        Con lettera del 27 luglio 2012 il ricorrente confermava al presidente Barroso di non essere a conoscenza di alcuna negoziazione intercorsa tra l’autore della denuncia e una «persona a Malta» e di non essere minimamente coinvolto in tale questione.

8        Il 17 settembre 2012 il ricorrente veniva sentito una seconda volta dall’OLAF.

9        Il 5 ottobre 2012 circa, il direttore generale dell’OLAF comunicava alla sig.ra Catherine Day, segretario generale della Commissione, che la relazione finale sull’indagine relativa alla denuncia (in prosieguo: la «relazione dell’OLAF») le sarebbe stata inviata a breve.

10      Sulla base di tale informazione, l’11 ottobre 2012 il presidente Barroso avviava contatti con il gabinetto del ricorrente al fine di fissare un incontro con quest’ultimo, che veniva fissato al 16 ottobre 2012.

11      La relazione dell’OLAF veniva trasmessa alla sig.ra Day il 15 ottobre 2012, all’attenzione del presidente Barroso. La relazione era accompagnata da una lettera firmata dal direttore generale dell’OLAF (in prosieguo: la «lettera di accompagnamento»), che riassumeva le principali conclusioni dell’indagine e informava il presidente Barroso che queste ultime venivano portate a sua conoscenza in vista dell’adozione di eventuali misure ai sensi del codice di condotta per i commissari [C(2011) 2904].

12      La lettera di accompagnamento riferisce, segnatamente, quanto segue:

«Il 25 maggio 2012, sulla base delle informazioni fornite dalla Commissione europea, l’OLAF ha avviato un’indagine su talune accuse relative a richieste di tangenti dirette ad operatori economici al fine di ottenere l’eliminazione del divieto europeo sullo snus.

(...)

Vari scambi sono intercorsi tra il commissario Dalli e taluni rappresentanti dell’industria del tabacco nell’ambito di riunioni non ufficiali e riservate, organizzate all’insaputa e senza la partecipazione dei servizi competenti. Detti incontri erano tutti organizzati dal sig. Silvio Zammit, un imprenditore maltese esterno alle istituzioni nonché legato al commissario Dalli da rapporti di stretta amicizia.

(...)

Sebbene non sussistano prove che dimostrino la partecipazione diretta del commissario John Dalli in veste di istigatore o ideatore della richiesta di denaro, una serie di indizi precisi e concordanti raccolti durante l’indagine fanno ritenere che egli fosse effettivamente a conoscenza delle azioni compiute dal sig. Silvio Zammit e del fatto che quest’ultimo spendesse il suo nome e la sua posizione per ottenere vantaggi economici.

Inoltre, il commissario Dalli, ogni volta che è stato sentito dall’OLAF per chiarire la propria posizione sui fatti oggetto dell’indagine, ovvero laddove si è rivolto all’OLAF per iscritto, ha cercato di minimizzare la frequenza e la portata dei propri contatti con il sig. Zammit tacendo sul loro contenuto in relazione alla questione in esame.

Il commissario Dalli non si è neppure mai adoperato al fine di impedire i fatti, dissociarsene o rendere nota la situazione di cui era al corrente.

Sulla base dei fatti emersi dall’indagine dell’OLAF, si può concludere che l’immagine e la reputazione della Commissione europea sono state compromesse agli occhi dei produttori di tabacco e, potenzialmente, dinanzi all’opinione pubblica.

Il comportamento del commissario Dalli potrebbe quindi essere considerato quale grave inadempimento al proprio dovere di comportarsi nel rispetto della dignità e degli obblighi connessi alla sua funzione.

(...)»

13      Nel pomeriggio del 16 ottobre 2012 il ricorrente si incontrava con il presidente Barroso, presso l’ufficio di quest’ultimo. Essi venivano quindi raggiunti dal sig. Johannes Laitenberger, capo di gabinetto del presidente Barroso, e dal sig. Luis Romero Requena, direttore generale del servizio giuridico della Commissione. A fronte del disaccordo tra le parti quanto alle circostanze, allo svolgimento e all’esito di tale riunione (in prosieguo: la «riunione del 16 ottobre 2012»), e poiché tali elementi rappresentano il nucleo della presente controversia, essi saranno definiti dal Tribunale nel prosieguo della presente sentenza.

14      Più tardi, nel corso della stessa giornata, il presidente Barroso chiamava il sig. Lawrence Gonzi, primo ministro maltese, per comunicargli le dimissioni del ricorrente dalle sue funzioni di membro della Commissione e chiedergli di provvedere alla sua sostituzione. Il presidente Barroso scriveva altresì ai presidenti del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea per riferire loro che il ricorrente aveva «rassegnato le dimissioni con effetto immediato».

15      Ancora più tardi, nel corso della stessa giornata, verso le ore 17, la Commissione pubblicava un comunicato stampa annunciando le dimissioni del ricorrente «con effetti immediati».

16      Nel corso della medesima giornata, il ricorrente pubblicava, dal canto suo, un comunicato stampa tramite un’organizzazione privata.

17      Nella sessione plenaria del Parlamento maltese del 16 ottobre 2012 il sig. Gonzi rilasciava la seguente dichiarazione:

«Questo pomeriggio ho ricevuto una telefonata dal presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, nella quale mi ha informato di avere appena accettato le dimissioni rassegnate da John Dalli dal proprio incarico di commissario.

Il presidente Barroso mi ha spiegato che tale decisione era stata presa da John Dalli alla luce della relazione dell’OLAF riguardante un’indagine svolta su raggiri commessi da terzi.

(...)

Nel corso di un’altra telefonata ricevuta poco dopo, John Dalli mi ha informato che avrebbe contestato tutte le accuse a suo carico. Tuttavia, egli ha deciso di dimettersi dal proprio incarico di commissario per poter meglio difendere se stesso e l’istituzione di cui è stato parte fino a quel momento.

Oggi, poco più tardi, verso le ore 17, l’ufficio del presidente della Commissione ha pubblicato un comunicato stampa, che presento alla Camera, all’attenzione di tutti.

(...)»

18      La trascrizione e la traduzione in inglese, asseverata da un traduttore giurato incaricato dal ricorrente, di un’intervista radiofonica in maltese da lui concessa, la sera del 16 ottobre 2012, contengono, segnatamente, le seguenti dichiarazioni:

«Intervistatore: Lei ha rassegnato le sue dimissioni. Innanzitutto, perché si è dimesso?

Ricorrente: Sulla base di quanto mi è stato comunicato oralmente. In realtà, fino ad oggi non ho ricevuto nulla per iscritto. (...) Ho infatti iniziato a parlare con alcune persone, con i miei avvocati questa sera stessa, al fine di avviare le procedure necessarie per dimostrare che tali conclusioni [della relazione dell’OLAF] sono del tutto false. Oggi pubblico un comunicato stampa, nel quale affermo altresì che continuerò a lavorare affinché gli sforzi compiuti da me e dai miei collaboratori per la revisione della direttiva tabacco, che proponeva regole più severe sul fumo, proseguano come previsto. Lunedì prossimo daremo avvio al processo. Spero che tale processo continui.

(...)

Intervistatore: Quindi, perché si è dimesso, John? Perché ha sentito il bisogno di rassegnare le dimissioni se…?

Ricorrente: Mi lasci dire quello che ho già detto tempo fa, in un altro programma televisivo. Non resto dove non sono gradito, d’accordo, ed è una cosa che prendo molto sul serio. Ho iniziato a lavorare oggi e voglio avere le mani del tutto libere per poter contestare tali accuse.

Intervistatore: Ha appena detto che non resta dove non è gradito. Il presidente Barroso l’ha costretta a rassegnare le dimissioni, ho capito bene?

Ricorrente: Dal mio punto di vista, tali parole vogliono dire che io non voglio restare dove non sono gradito, mi atterrò a questo.

Intervistatore: Ma Barroso l’ha quindi costretta a rassegnare le dimissioni?

(incomprensibile, i due soggetti parlano contemporaneamente)

Ricorrente: Vi saranno degli sviluppi nei prossimi giorni.

Intervistatore: Barroso l’ha costretta a rassegnare le dimissioni o è stata una sua decisione?

Ricorrente: Vi saranno degli sviluppi nei prossimi giorni.

Intervistatore: Che sviluppi possiamo attenderci da tutto ciò?

Ricorrente: Gli sviluppi sui quali sto attualmente chiedendo il parere dei miei avvocati, e seguirò il loro parere passo dopo passo su tutti gli sviluppi che intenderò intraprendere.

(...)».

19      A seguito della riunione del 16 ottobre 2012 il sig. Romero Requena redigeva una «nota al fascicolo», datata 18 ottobre 2012, contenente un verbale di tale riunione. Secondo tale nota, il ricorrente, «(…) negando categoricamente le accuse formulate a suo carico, ha precisato che, al fine di difendere la propria reputazione, rassegnava le sue dimissioni da membro della Commissione europea con effetti immediati».

20      Lo stesso giorno, il ricorrente riceveva dalla Commissione taluni documenti da firmare allo scopo di dare avvio alla fase di «cessazione» dalle sue funzioni e di corrispondergli l’indennità transitoria. Al riguardo, egli sottolinea di aver rifiutato di compiere azioni che potessero implicare le sue dimissioni dalle proprie funzioni di membro della Commissione e, segnatamente, di compilare i documenti che gli avrebbero consentito di ricevere le indennità e il rimborso delle proprie spese di rimpatrio. Poiché i servizi della Commissione avevano eseguito due bonifici sul suo conto bancario a titolo d’indennità transitoria, il ricorrente, il 28 dicembre 2012, scriveva alla Commissione di non avere mai firmato alcuna richiesta in tal senso e restituito le somme ricevute, sul conto bancario della Commissione.

21      Il 21 ottobre 2012 il ricorrente scriveva al presidente Barroso per comunicargli che egli considerava di non avere validamente rassegnato le proprie dimissioni, che riteneva di essere stato privato del diritto di difendersi adeguatamente e che il suo diritto alla presunzione di innocenza era stato leso dal direttore generale dell’OLAF.

22      Il 22 ottobre 2012 il ricorrente scriveva ai membri del Parlamento spiegando loro di negare categoricamente di essere stato al corrente di una qualsivoglia negoziazione o comunicazione che sia potuta intercorrere tra l’imprenditore maltese interessato e i produttori dello snus e che l’OLAF non gli aveva indicato su quali prove avesse fondato le proprie congetture al riguardo.

23      Il 23 ottobre 2012 il presidente Barroso rispondeva al ricorrente sottolineando, segnatamente, che le diverse censure formulate contro di lui riguardo a un comportamento illecito o incorretto erano «incomprensibili» e che il ricorrente era tenuto, in quanto ex membro della Commissione, a comportarsi «con onestà, conformemente all’articolo 245 TFUE».

24      Il 30 ottobre 2012 il presidente Barroso scriveva al presidente del Parlamento al fine di fornirgli chiarimenti sulle dimissioni del ricorrente rassegnate durante la riunione del 16 ottobre 2012. In particolare egli affermava che:

«[Il Sig. Dalli] ha categoricamente respinto le conclusioni dell’OLAF. Tuttavia, nel corso della nostra discussione, ha ammesso di avere avuto contatti, in passato, al di fuori dei canali ufficiali, con l’industria del tabacco, che coinvolgevano l’imprenditore maltese, e siamo giunti alla conclusione che, fatta salva la presunzione legale d’innocenza riguardo alle conclusioni [dell’OLAF], da un punto di vista politico non gli sarebbe stato possibile continuare ad esercitare le funzioni di commissario mentre cercava di difendere la propria reputazione. Come ho in seguito dichiarato pubblicamente il sig. Dalli ha annunciato, senza alcuna ambiguità, le proprie dimissioni immediate dinanzi al direttore generale del servizio giuridico e al mio capo di gabinetto. L’ho informato del fatto che tali dimissioni sarebbero state rese pubbliche in seguito, durante la giornata, mediante un comunicato stampa, dopo che egli avesse avuto la possibilità di informare la propria famiglia e i propri collaboratori riguardo a tali dimissioni (…).

In questa sede vorrei sottolineare che le conseguenze giuridiche delle conclusioni dell’OLAF devono essere chiaramente distinte dalla loro valutazione politica. Come saprà, l’OLAF ha inviato la propria relazione al procuratore generale di Malta, e io sono stato informato del fatto che il procuratore generale aveva affidato la questione alla polizia. Spetta ora solamente alle autorità maltesi trattare sollecitamente la questione, ai sensi del diritto maltese. Per quanto riguarda la Commissione, noi continueremo a rispettare pienamente il principio di presunzione di innocenza, come abbiamo fatto sin da quando è stata avviata l’indagine dell’OLAF. In particolare, tutte le comunicazioni effettuate dai rappresentanti della Commissione, a seguito delle dimissioni del sig. Dalli, si sono concentrate esclusivamente sulla dimensione politica e/o istituzionale degli eventi in questione e si sono attentamente astenute dal procedere, anche indirettamente, a una qualificazione giuridica di tali eventi e dell’eventuale responsabilità dei soggetti coinvolti».

25      Il 28 novembre 2012 il Consiglio adottava, di concerto con il presidente Barroso, la decisione 2012/744/UE, relativa alla nomina di un nuovo membro della Commissione europea (GU L 332, pag. 21), il sig. Tonio Borg, fino alla fine del mandato della Commissione, il 31 ottobre 2014.

26      Il 28 aprile 2013, la rivista maltese MaltaToday pubblicava sul proprio sito Internet una versione, pressoché integrale (salvo 2 pagine) della relazione dell’OLAF, che il ricorrente ha potuto così conoscere.

27      La traduzione di un’intervista radiofonica in maltese concessa dal ricorrente il 30 giugno 2013 contiene, in particolare, la seguente dichiarazione resa da quest’ultimo in risposta a una presentazione di benvenuto che lo definiva «John Dalli, ex commissario alla salute»:

«Innanzitutto, vorrei sottolineare che, ad oggi, non ho ancora rassegnato le dimissioni come commissario europeo alla salute. La mia tesi è che sono ancora commissario. La revoca del mio mandato è illegittima e, infatti, ho avviato una causa per ottenere l’annullamento della decisione di Barroso attualmente pendente dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea».

 Procedimento

28      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 dicembre 2012, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

29      Nel controricorso, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 marzo 2013, la Commissione ha dichiarato di presentare un’offerta di prova, ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, sui fatti e sulle circostanze delle dimissioni del ricorrente, proponendo che queste ultime vengano confermate, «oralmente o per iscritto, da uno qualsiasi o da tutti i testimoni della riunione del 16 ottobre» 2012. L’Istituzione ha reiterato tale offerta di prova nella controreplica, depositata presso la cancelleria del Tribunale il 20 settembre 2013.

30      A seguito della modifica delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla terza sezione alla quale è stata, di conseguenza, attribuita la presente causa.

31       Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento di procedura e su proposta della terza sezione, il Tribunale ha deciso, nella seduta plenaria del 5 febbraio 2014, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante più ampio composto da cinque giudici, ai sensi dell’articolo 51 del regolamento medesimo.

32      Poiché uno dei giudici componenti il collegio giudicante ampliato si trovava in una situazione di impedimento a far parte dello stesso, detto collegio è stato integrato ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, terzo comma, del regolamento di procedura. Dal momento che il presidente del Tribunale è stato designato al fine di ristabilire il numero dei giudici previsto, egli ha assunto le funzioni di presidente di sezione, ai sensi dell’articolo 8, terzo comma, del suddetto regolamento.

33      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (terza sezione ampliata) ha deciso di passare alla fase orale, di disporre una misura di organizzazione del procedimento ai sensi dell’articolo 64 del regolamento di procedura, mediante un quesito scritto al ricorrente e, fatte salve le osservazioni delle parti, di disporre la comparizione personale del ricorrente ai sensi dell’articolo 65, lettera a), del suddetto regolamento e di ordinare l’accertamento di taluni fatti mediante la testimonianza del presidente Barroso ai sensi dell’articolo 65, lettera c), dell’articolo 66, paragrafo 1, e dell’articolo 68, paragrafi 1 e 2 del medesimo regolamento.

34      Con lettere del 27 maggio 2014 il Tribunale ha invitato le parti a presentare, entro sette giorni, le proprie osservazioni riguardo a tali misure istruttorie.

35      Con lettera del 4 giugno 2014 il ricorrente ha precisato di essere a disposizione del Tribunale in vista della sua comparizione personale e di non avere alcuna obiezione quanto all’audizione del presidente Barroso come testimone. Il ricorrente ha peraltro affermato di ritenere altresì utile che il Tribunale sentisse, in qualità di testimoni, il sig. Frédéric Vincent, suo ex portavoce, la sig.ra Joanna Darmanin, suo ex capo di gabinetto, il sig. Giovanni Kessler, direttore generale dell’OLAF, il sig. Johannes Laitenberger, capo di gabinetto del presidente Barroso, e il sig. Johan Denolf, presidente del comitato di vigilanza dell’OLAF.

36      Con lettera in pari data la Commissione ha precisato di non avere obiezioni quanto alla comparizione personale del ricorrente né all’audizione del presidente Barroso come testimone. La Commissione ha peraltro affermato che poteva essere opportuno sentire altresì, in qualità di testimoni, i sigg. Laitenberger e Romero Requena.

37      Con ordinanza del 16 giugno 2014 il Tribunale ha ordinato la comparizione personale del ricorrente all’udienza del 7 luglio 2014.

38      Con ordinanza in pari data il Tribunale ha deciso di sentire quali testimoni, alla stessa udienza del 7 luglio 2014, il presidente Barroso, i sigg. Laitenberger e Romero Requena, la sig.ra Darmanin e il sig. Vincent, da una parte, sulla «questione se il ricorrente avesse o meno rassegnato le dimissioni oralmente, durante la riunione del 16 ottobre 2012 presso l’ufficio del presidente [Barroso], e in caso affermativo, in quale contesto e in quali circostanze e a seguito di quali dichiarazioni rese da quest’ultimo» e, dall’altra, su «cosa fosse stato detto durante i loro contatti personali con il ricorrente intercorsi subito dopo la suddetta riunione».

39      Con lettera del 18 giugno 2014 il ricorrente ha risposto al quesito scritto posto dal Tribunale a titolo di misure di organizzazione del procedimento.

40      Il ricorrente è comparso personalmente e i testimoni sono stati sentiti dal Tribunale, secondo quanto previsto dal regolamento di procedura, all’udienza del 7 luglio 2014.

41      Le parti hanno esposto le loro difese e risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza dell’8 luglio 2014, al termine della quale la fase orale è stata chiusa e la causa è passata in decisione.

42      In occasione di detta udienza il ricorrente ha prodotto il parere 2/2012 del comitato di vigilanza dell’OLAF dell’11 dicembre 2012, che il Tribunale ha deciso di versare agli atti dopo aver sentito la Commissione. Quest’ultima ha prodotto la dichiarazione resa dal primo ministro maltese dinanzi al Parlamento maltese il 16 ottobre 2012 (v. precedente punto 17). Dopo aver sentito il ricorrente, il Tribunale ha deciso di versare tale documento agli atti, riservandosi sulla ricevibilità del medesimo.

43      Con lettera del 23 ottobre 2014 il ricorrente ha trasmesso alla cancelleria del Tribunale talune osservazioni scritte sul verbale d’udienza che gli era stato consegnato. Il Tribunale ha rifiutato di versare tali osservazion iagli atti, circostanza della quale le parti sono state informate con lettera della cancelleria del Tribunale del 13 novembre 2014.

 Conclusioni delle parti

44      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la «decisione orale del presidente [Barroso] del 16 ottobre 2012 che dispone la sua cessazione dall’ufficio con effetto immediato» (in prosieguo: la «decisione impugnata»);

–        ordinare il risarcimento del danno in misura pari ad EUR 1 simbolico a titolo di danno morale e, in via provvisoria, in misura pari ad EUR 1 913 396, a titolo di danno materiale;

–        condannare la Commissione alle spese.

45      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile in toto o in parte e, comunque, infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 Sulla domanda diretta al ritiro dagli atti di causa degli allegati 4 e 13 della replica

46      Giacché il ricorrente ha prodotto, come allegato 4 della replica, una versione del parere del comitato di vigilanza dell’OLAF relativo alla presente causa, pubblicata nell’edizione online, del 7 maggio 2013, della rivista maltese Malta Today nonché, come allegato 13 della replica, una versione della relazione dell’OLAF pubblicata nell’edizione online, del 28 aprile 2013, della medesima rivista, la Commissione sostiene, nella controreplica, che detti due documenti sono stati oggetto di una «fuga di notizie» nella stampa maltese e chiede che essi siano ritirati dagli atti, dal momento che essi sono stati ottenuti illegittimamente e che il ricorrente non ha addotto circostanze particolari che giustifichino il loro versamento agli atti, né ha invocato il loro carattere decisivo ai fini della definizione della controversia nella specie.

47      Al riguardo, si deve rilevare che né l’eventuale riservatezza dei documenti in questione né il fatto che essi siano stati eventualmente ottenuti in modo irregolare ostano a che tali documenti vengano mantenuti negli atti. Infatti, da una parte, non esiste alcuna disposizione che preveda espressamente il divieto di tenere conto di prove illegittimamente ottenute (sentenze dell’8 luglio 2008, Franchet e Byk/Commissione, T‑48/05, Racc., EU:T:2008:257, punti 74 e 75, e del 24 marzo 2011, Dover/Parlamento, T‑149/09, EU:T:2011:119, punto 61). Dall’altra, la Corte non ha escluso che, in taluni casi, anche documenti interni possano essere legittimamente inclusi negli atti di una pratica (ordinanze del 19 marzo 1985, Tordeur e a., 232/84, punto 8, e del 15 ottobre 1986, LAISA/Consiglio, 31/86, punto 5).

48      Pertanto, in determinate situazioni, non è necessario che il ricorrente dimostri di avere ottenuto legittimamente il documento riservato invocato a sostegno del suo ricorso. Il Tribunale ha ritenuto, effettuando una ponderazione degli interessi da tutelare, che occorresse valutare se circostanze particolari, quali il carattere decisivo della produzione del documento allo scopo di garantire il controllo della regolarità della procedura di adozione dell’atto impugnato (v., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2001, Dunnett e a./BEI, T‑192/99, Racc., EU:T:2001:72, punti 33 e 34), o di dimostrare l’esistenza di uno sviamento di potere (v., in tal senso, sentenza del 29 febbraio 1996, Lopes/Corte di giustizia, T‑280/94, Racc., EU:T:1996:28, punto 59), giustificassero il fatto di non procedere al ritiro di un documento.

49      Nel caso di specie, in primo luogo, va rilevato che non è dimostrato che lo stesso ricorrente abbia ottenuto illegittimamente i documenti di cui si chiede il ritiro dagli atti, dal momento che la versione di tali documenti, che egli produce, è quella pubblicata nella stampa maltese.

50      In secondo luogo, la riservatezza dei documenti in questione è stata, in ogni caso, compromessa dal fatto stesso di tale pubblicazione a mezzo stampa, cosicché il loro inserimento nel fascicolo della presente causa non reca ulteriore pregiudizio alla suddetta riservatezza.

51      In terzo luogo, nell’ambito della presente causa, i documenti in questione sono stati invocati a sostegno del terzo e del quarto motivo del ricorso e, secondo il ricorrente, sono necessari per valutare se il presidente Barroso poteva legittimamente fare affidamento sulla relazione dell’OLAF, supponendo che la regolarità di quest’ultima sia inficiata dai vizi dedotti nell’ambito dei suddetti motivi. Il Tribunale rileva al riguardo che, nella replica, il ricorrente ha dedotto un nuovo argomento, sia in diritto sia in fatto, diretto contro le accuse formulate a suo carico dalla Swedish Match, autrice della denuncia presentata nei suoi confronti che è stata oggetto della relazione dell’OLAF, nonché contro la regolarità della procedura seguita dall’OLAF ai fini della redazione di tale relazione. Tale argomento si basa, in larga misura, sulla relazione dell’OLAF e sul parere del comitato di vigilanza dell’OLAF, considerati dal ricorrente come elementi nuovi emersi nel corso del procedimento, dal momento che sono stati pubblicati in una rivista maltese dopo la presentazione del ricorso. Fatta salva la rilevanza intrinseca di tale argomento al fine di valutare la legittimità della decisione impugnata, esso è sufficiente per respingere l’obiezione della Commissione secondo cui il ricorrente non avrebbe addotto circostanze particolari che giustifichino il versamento dei documenti in questione negli atti di causa, né avrebbe invocato il loro carattere decisivo ai fini della definizione del caso di specie.

52      In quarto luogo va rilevato che la data della riunione del 16 ottobre 2012, al termine della quale sarebbe stata adottata la decisione impugnata, è stata fissata dal gabinetto del presidente Barroso in funzione della data prevista per la trasmissione a detto presidente della relazione dell’OLAF e che la decisione impugnata, supponendo che essa esista, sarebbe stata adottata il giorno dopo la trasmissione di tale relazione al presidente Barroso. Pertanto, la Commissione stessa, pur affermando che tale relazione non è un atto preparatorio della decisione impugnata, ammette nelle proprie memorie che sarebbe eccessivo affermare che «la decisione impugnata non ha nulla a che fare con la suddetta relazione».

53      Di conseguenza, tenuto conto della natura dei documenti in questione, della loro divulgazione già avvenuta a mezzo stampa e delle circostanze della controversia, la domanda della Commissione, volta al ritiro dei suddetti documenti dagli atti di causa, va respinta.

 Sulla ricevibilità del documento prodotto dalla Commissione all’udienza

54      La dichiarazione del primo ministro maltese, sig. Gonzi, rilasciata al Parlamento maltese durante la seduta plenaria del 16 ottobre 2012 (v. precedente punto 17), estratta da un registro pubblico ufficiale, è stata invocata dalla Commissione all’udienza di comparizione personale del ricorrente del 7 luglio 2014 e, in seguito, prodotta dalla stessa istituzione all’udienza dibattimentale dell’8 luglio 2014, al termine della quale la stessa è stata provvisoriamente versata agli atti. Essa sembra rilevante ai fini della presente controversia, dal momento che contiene le opinioni scambiate tra il sig. Gonzi e il ricorrente in relazione alla cessazione di quest’ultimo dalle funzioni di membro della Commissione, durante il loro colloquio telefonico che ha avuto luogo il pomeriggio del 16 ottobre 2012, poco dopo la riunione del 16 ottobre 2012.

55      All’udienza del 7 luglio 2014 gli avvocati del ricorrente si sono tuttavia opposti al fatto che la Commissione invocasse tale documento, non facendo esso parte degli atti, ragion per cui sarebbe risultato violato il principio del contraddittorio.

56      A tal riguardo, si deve ricordare che il principio del rispetto del diritto di difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione. Si realizzerebbe una violazione di tale principio se si ponessero a base di una decisione giurisdizionale fatti e documenti di cui le parti stesse, o una di esse, non abbiano potuto prendere conoscenza e sui quali non abbiano dunque potuto esprimersi (sentenza del 22 marzo 1961, Snupat/Alta autorità, 42/59 e 49/59, Racc., EU:C:1961:5).

57      Il principio di parità delle armi, che costituisce un corollario della nozione stessa di equo processo ed è volto a garantire l’equilibrio tra le parti del giudizio, garantendo così che qualsiasi documento prodotto dinanzi al giudice possa essere esaminato e contestato da ciascuna di esse, implica l’obbligo di fornire a ciascuna delle parti la ragionevole possibilità di poter agire in giudizio e produrre prove, in condizioni che non le penalizzino nettamente rispetto ai propri avversari (sentenza del 6 novembre 2012, Otis e a., C‑199/11, Racc., EU:C:2012:684, punti 71 e 72).

58      Nella specie, la tardiva produzione del documento controverso è giustificata dalle circostanze particolari che hanno condotto la Commissione ad invocarlo. In effetti, sebbene nessuna delle parti abbia fatto riferimento, nelle proprie memorie processuali, a una conversazione telefonica tra il ricorrente e il primo ministro maltese, intercorsa nel pomeriggio del 16 ottobre 2012, il ricorrente ne ha fatto menzione, per la prima volta, nella sua comparizione personale all’udienza del 7 luglio 2014, affermando che, in tale occasione, egli aveva comunicato al sig. Gonzi che il presidente Barroso aveva appena «posto fine» (terminate) alle sue funzioni presso la Commissione. Pertanto, al fine di contestare le affermazioni del ricorrente riguardo all’esatto tenore delle opinioni scambiate durante detta conversazione, gli agenti della Commissione hanno fatto riferimento al documento controverso, nel quale il sig. Gonzi dichiara piuttosto che il ricorrente lo ha reso partecipe della propria decisione di rassegnare le dimissioni. Pertanto, lungi dal violare il principio del contraddittorio, il fatto di prendere in considerazione detto documento consente, invece, di garantirne il rispetto, offrendo alla Commissione la possibilità di rispondere ad un’affermazione nuova del ricorrente, resa per la prima volta in detta udienza.

59      Del resto, il ricorrente e i suoi avvocati sono stati posti in condizione di prendere posizione sulla ricevibilità, sulla rilevanza e sul valore probatorio di tale documento all’udienza dibattimentale dell’8 luglio 2014, entro un termine che non può essere ritenuto eccessivamente breve tenuto conto di tutte le circostanze del caso di specie e, segnatamente, del carattere ufficiale di tale documento estratto da un registro pubblico. In tale contesto, il ricorrente non ha d’altronde ribadito la propria obiezione all’inserimento del documento in questione negli atti di causa. Egli non ha neppure chiesto al Tribunale di poter commentare tale documento per iscritto, né richiesto una relazione d’udienza.

60      Alla luce di tali accertamenti, il documento in questione va ritenuto ricevibile nell’ambito del presente procedimento (v. per analogia, sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, Racc., EU:C:2014:2363, punti da 33 a 35 e la giurisprudenza ivi citata).

 Sulla domanda di annullamento

 Considerazioni preliminari sull’oggetto della domanda di annullamento

61      Il Tribunale ha dovuto rilevare che la formulazione del primo capo della domanda del ricorrente, quale integralmente riprodotto nel punto 44 supra, letto alla luce degli argomenti dedotti nelle memorie processuali del ricorrente stesso, non individua in termini chiari e inequivoci l’atto di cui si chiede l’annullamento nel caso di specie. Invero, da alcuni passaggi delle proprie memorie (segnatamente i punti da 58 a 67 e 129 del ricorso e i punti 3, 17 e 48 della replica) risulta che il ricorrente chiede l’annullamento di un’asserita decisione del 16 ottobre 2012, con cui il presidente Barroso, di propria iniziativa ed esercitando i poteri che gli articoli 245 TFUE e 247 TFUE attribuiscono alla Corte di giustizia, lo avrebbe dimesso d’ufficio dalle sue funzioni con effetto immediato. Invece, da altri passaggi delle stesse memorie (segnatamente i punti 53, 70, 85, 88, 118 e 119 del ricorso e il punto 54 della replica) emerge che il ricorrente chiede l’annullamento di un’asserita decisione orale adottata dal presidente Barroso, il 16 ottobre 2012, di esercitare il proprio potere di chiedere al medesimo di rassegnare le dimissioni ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE.

62      Al riguardo, è opportuno ricordare che gli articoli 245 TFUE e 247 TFUE prevedono il caso di dimissioni d’ufficio di un membro della Commissione da parte della Corte di giustizia, su istanza del Consiglio o della Commissione, mentre, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE, «[u]n membro della Commissione rassegna le dimissioni se il presidente [della Commissione] glielo chiede».

63      Mediante una misura di organizzazione del procedimento del 22 maggio 2014 (v. precedente punto 33), il Tribunale ha quindi invitato il ricorrente ad indicare «in modo chiaro ed inequivoco» a quali dei due atti ipoteticamente previsti al precedente punto 61 facesse riferimento il suo primo capo di conclusioni.

64      Nella sua risposta scritta del 18 giugno 2014 (v. precedente punto 39), il ricorrente ha precisato di voler chiedere l’annullamento della «decisone orale del presidente [Barroso] del 16 ottobre 2012 di porre fine [alle sue] funzioni come membro della Commissione». Egli ha aggiunto di essere dell’avviso che tale decisione poteva fondarsi su due fondamenti normativi, ossia sugli articoli 245 TFUE e 247 TFUE oppure sull’articolo 17, paragrafo 6, TUE.

65      Va rilevato che, malgrado l’invito del Tribunale, la risposta del ricorrente non contribuisce a chiarire l’oggetto della sua domanda di annullamento, quale riprodotta supra al punto 44.

66      Va tuttavia rilevato che l’affermazione del ricorrente, sul quale grava l’onere della prova, secondo cui il presidente Barroso lo avrebbe dimesso d’ufficio dalle sue funzioni, esercitando abusivamente i poteri che gli articoli 245 TFUE e 247 TFUE attribuiscono alla Corte di giustizia, non trova alcun sostegno negli atti di causa né, del resto, nelle diverse testimonianze raccolte e neppure nella deposizione resa dal ricorrente stesso in occasione della sua comparizione personale, cosicché essa può essere immediatamente respinta giacché carente in punto di fatto, dal momento che il ricorrente non ha fornito alcuna prova né alcun indizio sull’esistenza dell’asserita decisione di dimissioni d’ufficio dedotta.

67      Pertanto, nella misura in cui, con il suo primo capo della domanda, il ricorrente avrebbe intenzione di domandare l’annullamento di un’asserita decisione del 16 ottobre 2012, con cui il presidente Barroso, di propria iniziativa e esercitando i poteri che gli articoli 245 TFUE e 247 TFUE attribuiscono alla Corte di giustizia, lo avrebbe dimesso d’ufficio dalle sue funzioni con effetto immediato, la sua domanda di annullamento deve essere respinta in quanto irricevibile in mancanza di un atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE, giacché il ricorrente non ha dimostrato l’esistenza materiale di una decisione siffatta (v., in tal senso, ordinanza del 14 gennaio 1992, ISAE/VP e Interdata/Commissione, C‑130/91, Racc., EU:C:1992:7, punto 11, e sentenza del 10 luglio 1990, Automec/Commissione, T‑64/89, Racc., EU:T:1990:42, punto 42 e la giurisprudenza ivi citata).

68      Si deve inoltre considerare che il presente ricorso ha ad oggetto una domanda di annullamento di un’asserita decisione orale adottata dal presidente Barroso, il 16 ottobre 2012, di esercitare il proprio potere di chiedere le dimissioni del ricorrente da membro della Commissione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE (in prosieguo: l’«atto impugnato»).

 In fatto

69      Quando le parti di una controversia si trovano in disaccordo sui fatti, spetta al Tribunale, anzitutto, stabilire i fatti pertinenti ed esaminare, a tal fine, le prove disponibili.

70      Nella specie, anche dopo il chiarimento di cui sopra, dell’oggetto della domanda di annullamento, la posizione del ricorrente resta ambigua e incerta per quanto concerne la sua reazione all’asserita richiesta orale di dimissioni che gli avrebbe rivolto il presidente Barroso ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE. Così, sia prima della proposizione del presente ricorso sia nelle proprie memorie processuali, il ricorrente ha lasciato intendere, a volte, di avere effettivamente rassegnato le proprie dimissioni, il 16 ottobre 2012, su richiesta del presidente Barroso (v., segnatamente, i punti 54, 56, 85, 88, 89, 118 e 136 del ricorso e i punti 3, 4, 11, 12, 14, 15, 17, 51, 63, 69, 80, 85, 91 e 121 della replica) e, a volte, di non aver mai rassegnato formalmente le proprie dimissioni malgrado la formulazione di una richiesta di tal genere e che tali dimissioni non sarebbero mai divenute validamente efficaci, cosicché egli riteneva di continuare ad essere membro effettivo, se non in carica, della Commissione [v., segnatamente, oltre ai punti 28, 30, 31, 33, 40, 63, da 70 a 80, 86, 87, 93 e 129 del ricorso e i punti 10 e 86 della replica, la sua lettera, inviata al presidente Barroso, del 21 ottobre 2012, di cui al precedente punto 21, la sua lettera, inviata alla Commissione, del 28 dicembre 2012, di cui al precedente punto 20, la sua dichiarazione scritta solenne (affidavit) dell’8 maggio 2013, che figura come allegato 7 della replica, e la sua dichiarazione del 30 giugno 2013 resa ad una radio maltese, di cui al precedente punto 27].

71      Dal canto suo, la Commissione sostiene che il ricorrente ha scelto volontariamente di rassegnare le dimissioni durante la riunione del 16 ottobre 2012, senza che tali dimissioni siano state oggetto di una richiesta da parte del presidente Barroso, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE.

72      Gli unici elementi di prova inizialmente versati agli atti non hanno consentito al Tribunale di decidere tra, da un lato, una delle due versioni sostenute dal ricorrente (v. precedente punto 70) e, dall’altro, la versione sostenuta dalla Commissione (v. precedente punto 71).

73      Ciò premesso, il Tribunale ha deciso di adottare le misure istruttorie menzionate ai precedenti punti 37 e 38.

74      Nel prosieguo della presente sentenza il Tribunale si baserà, in particolare, da una parte, sulla dichiarazione e sulle risposte del ricorrente rese al Tribunale durante la sua comparizione personale all’udienza del 7 luglio 2014, come contenute nel verbale di detta udienza e, dall’altra, sui verbali sottoscritti che riproducono la deposizione e le risposte dei testimoni, sigg. Barroso, Laitenberger e Romero Requena, sig.ra Darmanin e sig. Vincent, ai quesiti del Tribunale e delle parti.

75      Nella valutazione della forza probatoria di tali distinte testimonianze, si è tenuto conto del fatto che, da una parte, il presidente Barroso è asseritamente l’autore dell’atto impugnato e, dall’altra, gli altri testimoni sono tutti funzionari o agenti della Commissione e lavorano dunque sotto l’autorità, più o meno diretta, del suo presidente, oltre al fatto che due di loro, i sigg. Laitenberger e Romero Requena, sono stati personalmente coinvolti nella preparazione e nel prosieguo della riunione del 16 ottobre 2012.

76      Ciò non toglie che i testimoni hanno prestato il giuramento di cui all’articolo 68, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di procedura e che essi hanno giurato le loro deposizioni secondo le modalità previste all’articolo 71 del suddetto regolamento, dal momento che, in tale occasione, è stata richiamata la loro attenzione specificamente sulle conseguenze penali previste dal loro diritto nazionale in caso di falsa testimonianza.

77      Peraltro, la posizione gerarchicamente inferiore di quattro testimoni rispetto al presidente Barroso non costituisce, di per sé, un motivo sufficiente per rimettere in discussione la veridicità delle loro deposizioni, tenuto conto sia dei diritti ai medesimi conferiti, degli obblighi su di essi incombenti ai sensi dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (v., segnatamente, i suoi articoli 11, 12, 19, 21 bis e 22) e del regime applicabile agli altri agenti, sia della mancanza di interesse personale nella causa.

78      L’affidabilità e la credibilità delle testimonianze sono, in ogni caso, confermate dalla loro coerenza complessiva. In particolar modo, esse sono, nella maggior parte dei punti essenziali, confermate dagli altri elementi oggettivi del fascicolo, ai quali si rinvia nel prosieguo della presente sentenza.

79      Il valore probatorio delle dichiarazioni rese dal ricorrente in diverse circostanze e, segnatamente, in occasione della sua comparizione personale all’udienza del 7 luglio 2014 è invece compromesso dalla natura ambigua, o persino contraddittoria, delle sue successive versioni degli eventi, che creano confusione piuttosto che apportare chiarimenti. Inoltre, alcune dichiarazioni del ricorrente, su alcuni punti essenziali, possono essere confutate o contraddette non solo dalle deposizioni concordanti dei testimoni sentiti dal Tribunale, ma anche dagli altri elementi oggettivi del fascicolo, ai quali si rinvia altresì nel prosieguo della presente sentenza.

80      Il Tribunale inizierà, dunque, con l’accertamento dei fatti di specie sulla base delle cinque testimonianze di cui dispone nonché, laddove le parti concordano in fatto, delle dichiarazioni del ricorrente rese durante la sua comparizione personale. Il Tribunale valuterà, al contempo, il grado di credibilità di alcune affermazioni contrarie del ricorrente. Il Tribunale deciderà, poi, in qual misura i fatti così acclarati possano essere confermati dagli altri elementi di prova versati agli atti.

81      Al riguardo, quanto segue può ritenersi provato quanto alle circostanze, allo sviluppo e all’esito della riunione del 16 ottobre 2012 nonché ai fatti immediatamente successivi.

82      Anzitutto, con riguardo alla preparazione a monte di tale riunione, il presidente Barroso aveva discusso, in diverse occasioni, con i suoi collaboratori più vicini, dall’avvio dell’indagine dell’OLAF, sulle diverse opzioni politiche che avrebbe avuto a sua disposizione nel caso in cui il ricorrente «non ne fosse uscito totalmente pulito». Alla luce del precedente rappresentato dalle dimissioni collettive della Commissione presieduta dal sig. Jacques Santer a seguito della «causa Cresson», nel 1999, che era considerato l’evento politico di riferimento, gli interessati avevano delineato per la fattispecie tre possibilità, ossia, nell’ordine da loro favorito: a) quella in cui il ricorrente sarebbe stato in grado di fornire immediatamente chiarimenti completi e soddisfacenti in risposta alle conclusioni dell’OLAF, consentendo, in tal modo, al presidente Barroso di rinnovare pubblicamente la sua fiducia nei suoi confronti; b) in caso ciò non fosse possibile, quella delle dimissioni rassegnate di propria iniziativa dal ricorrente, allo scopo di difendere il proprio nome e tutelare la Commissione; c) in caso di rifiuto del ricorrente, quella delle dimissioni di quest’ultimo, rassegnate a seguito di una richiesta del presidente Barroso, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE. Gli interessati ritenevano che quest’ultima opzione fosse quella maggiormente pregiudizievole per il ricorrente poiché avrebbe rivelato pubblicamente la perdita di fiducia del presidente Barroso nei suoi confronti; inoltre, essa avrebbe dovuto essere utilizzata solamente in ultima istanza.

83      Gli interessati avevano altresì riconosciuto che la questione doveva essere trattata rapidamente e in modo decisivo non appena conosciuta la relazione dell’OLAF, per non causare alla Commissione danni politici considerevoli. Il testimone, sig. Laitenberger, ha così affermato, facendo riferimento a diversi sfortunati precedenti accaduti nel corso degli ultimi due decenni, che «non appena la notizia di una situazione siffatta è conosciuta, si richiede un’azione immediata; il tempo perso non può essere recuperato, non esistono periodi di grazia in situazioni del genere». Allo stesso modo il testimone, sig. Romero Requena, ha fatto presente che la Commissione aveva vissuto alcune esperienze negative e dolorose connesse alle indagini dell’OLAF, quando essa si era mostrata troppo lenta a reagire e che essa era stata vittima di fughe di notizie nella stampa.

84      Alcuni giorni prima della trasmissione della relazione dell’OLAF, il presidente Barroso e i suoi collaboratori più vicini sono stati avvisati, in modo informale, che le cose «non si presentavano bene» per il ricorrente, senza che fossero forniti loro altri dettagli.

85      L’11 ottobre 2012 il gabinetto del presidente Barroso, avvisato della trasmissione imminente della relazione dell’OLAF, ha contattato il gabinetto del ricorrente al fine di convenire una data per la riunione, che è stata fissata al 16 ottobre 2012, alle ore 13.30. La sig.ra Darmanin ne ha informato il ricorrente e quest’ultimo le ha chiesto se fosse a conoscenza dell’oggetto di tale riunione. Lei ha risposto di non esserne a conoscenza e ha chiesto se dovesse verificarlo. Il ricorrente ha risposto che non era necessario. La stessa ha quindi predisposto un fascicolo alla sua attenzione su diversi progetti in corso che potevano essere oggetto di revisione durante tale riunione.

86      Con riguardo all’ordine del giorno della riunione del 16 ottobre 2012 il ricorrente afferma di essere stato «colto totalmente di sorpresa». Tuttavia, il Tribunale ritiene che egli dovesse quantomeno nutrire dei dubbi sul fatto che essa avrebbe avuto ad oggetto l’indagine dell’OLAF che lo riguardava, sebbene non fosse stato informato della sua chiusura né della trasmissione della relazione dell’OLAF al presidente Barroso.

87      In primo luogo, infatti, il ricorrente era stato sentito due volte dall’OLAF, il 16 luglio e il 17 settembre 2012 (v. precedenti punti 5 e 8), e dalla relazione dell’OLAF risulta che, in tali occasioni, gli erano stati posti alcuni quesiti molto dettagliati sui fatti riportati nella lettera di accompagnamento per quanto riguarda, segnatamente, da una parte, gli scambi di informazioni non ufficiali e non segnalati alla Commissione che sarebbero intercorsi a Malta tra il ricorrente e i rappresentanti dell’industria del tabacco, l’esistenza di alcuni dei quali era stata del resto riconosciuta dallo stesso e, dall’altra, i suoi rapporti con il sig. Zammit, che aveva agito come intermediario in occasione di tali scambi, sia durante il periodo oggetto dell’indagine e per quanto concerne l’oggetto della stessa, sia durante il suo svolgimento.

88      In secondo luogo, il ricorrente si era già riunito una prima volta con il presidente Barroso, il 25 luglio 2012, con riguardo all’indagine dell’OLAF e i due uomini avevano discusso, in termini generali, del problema sollevato dalla denuncia. Il presidente Barroso, in tale occasione, lo aveva reso partecipe dell’importanza della questione e il ricorrente, dal canto suo, aveva negato categoricamente qualsiasi coinvolgimento nella stessa, rendendolo partecipe della sua intenzione di agire legalmente nei confronti delle persone coinvolte, intenzione che tuttavia non si è concretizzata o, ad ogni modo, della cui attuazione non è stata informata la Commissione.

89      In terzo luogo, il presidente Barroso, sentito come testimone, ha spiegato che, nei suoi contatti bilaterali con i membri della Commissione di norma indica loro quale sia l’ordine del giorno della riunione ove questa verta su attività ordinarie della Commissione, ma che, nel caso di specie, egli desiderava intrattenere una discussione personale di ordine politico con il ricorrente, cosicché non era stato menzionato alcun ordine del giorno. Secondo il presidente, il ricorrente, dalla mancanza stessa di un ordine del giorno, doveva necessariamente avere desunto che la riunione avrebbe avuto un oggetto strettamente riservato e importante, che non poteva essere altro che l’indagine dell’OLAF che lo riguardava. Tale supposizione può del resto spiegare perché il ricorrente non ha fatto verificare l’ordine del giorno della riunione in questione, sebbene il suo capo di gabinetto glielo avesse proposto (v. precedente punto 85).

90      In quarto luogo, l’assenza di comunicazione di un ordine del giorno esplicito al gabinetto del ricorrente si può ragionevolmente spiegare con la legittima preoccupazione del presidente Barroso di mantenere, quanto più a lungo possibile, segrete l’indagine e la relazione dell’OLAF. Al riguardo, va rilevato che i testimoni, sig.ra Darmanin e sig. Vincent, hanno affermato, in risposta a un quesito del Tribunale, di non essere affatto a conoscenza della predetta indagine né dei fatti che la riguardavano, prima di esserne stati informati dal ricorrente stesso, dopo la riunione del 16 ottobre 2012.

91      Il 15 ottobre 2012 la relazione dell’OLAF è giunta al gabinetto del presidente Barroso ed è stata letta da quattro persone, ossia, oltre quest’ultimo, dal sig. Laitenberger, dalla sig.ra Day e dal sig. Romero Requena.

92      Due progetti di comunicato stampa sono stati quindi redatti in forma riservata dalla sig. Day, poi riletti dai sigg. Laitenberger e Romero Requena. Uno prevedeva il caso in cui il ricorrente avrebbe rassegnato le proprie dimissioni di sua iniziativa, l’altro il caso in cui il ricorrente avrebbe rassegnato le proprie dimissioni a seguito di una richiesta del presidente Barroso ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE. Detti due progetti sono stati trasmessi all’ufficio del portavoce della Commissione poco prima dell’inizio della riunione del 16 ottobre 2012.

93      Nessun progetto di comunicato stampa era stato, invece, redatto per il caso in cui il ricorrente fosse stato in grado di fornire chiarimenti completi e soddisfacenti in risposta alla relazione dell’OLAF. Il presidente Barroso e i sigg. Laitenberger e Romero Requena, sentiti come testimoni, hanno spiegato che ciò non sarebbe stato possibile prima di conoscere il contenuto di detti eventuali chiarimenti. Inoltre, nel caso di specie, non sarebbe stato probabilmente necessario pubblicare un comunicato stampa, almeno nell’immediato.

94      Non era stato redatto alcun progetto di decisione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE né di lettera di dimissioni del ricorrente. Era stato invece previsto che il presidente Barroso avrebbe parlato per telefono con il primo ministro Maltese, dopo il suo colloquio con il ricorrente.

95      Prima dell’inizio della riunione del 16 ottobre 2012 il presidente Barroso ha chiesto ai sigg. Laitenberger e Romero Requena di restare disponibili per prendere atto delle conclusioni di tale riunione e per garantirne il prosieguo.

96      La riunione è iniziata intorno alle ore 13.45 ed è durata circa un’ora e mezza.

97      Il presidente Barroso ha iniziato mostrando al ricorrente la relazione dell’OLAF. Il ricorrente ha chiesto di poterne conoscere il contenuto, ma il presidente Barroso ha rifiutato poiché tale relazione era riservata. Egli ha tuttavia letto al ricorrente, più volte, la lettera di accompagnamento e gli ha chiesto cosa ne pensasse.

98      Sostenendo fermamente la propria innocenza quanto alle accuse relative alle tangenti richieste e alle asserite istruzioni che egli avrebbe fornito al sig. Zammit, il ricorrente non ha negato le sue riunioni non ufficiali a Malta con alcuni rappresentanti dell’industria del tabacco, organizzate con l’intermediazione del sig. Zammit e senza che la Commissione o il suo stesso gabinetto ne fossero stati informati, né le sue relazioni personali di amicizia con il sig. Zammit. Egli ha ammesso di essere stato imprudente su tale aspetto e che non avrebbe dovuto intrattenere questo tipo di contatti.

99      Il presidente Barroso, alla luce di tali chiarimenti, da lui qualificati come «poco convincenti» nonché «strani», ha ritenuto che le condizioni politiche fossero tali per cui era «impensabile» che il ricorrente restasse in carica. In tale contesto, il presidente Barroso, sentito come testimone, ha precisato che egli aveva, a questo punto, perso totalmente la fiducia sia politica che personale nei confronti del ricorrente. Il presidente Barroso ha anche sostenuto che egli doveva tutelare l’integrità della Commissione in quanto istituzione. Egli ha indicato al ricorrente che sarebbe stato auspicabile e più decoroso, in tali condizioni, che egli rassegnasse le dimissioni di sua iniziativa, al fine di poter difendere il suo onore. Egli ha tuttavia aggiunto che, se il ricorrente non lo avesse fatto, il Trattato di Lisbona gli conferiva il potere di obbligarlo chiedendogli formalmente di rassegnare le dimissioni.

100    I due uomini hanno continuato la loro discussione per un’ora circa, durante la quale il ricorrente ha continuato a sostenere la propria innocenza e a chiedere accesso alla relazione dell’OLAF, e il presidente Barroso a rispondere che egli non aveva il diritto di concedergli detto accesso. Il ricorrente ha altresì ripetuto a lungo al presidente Barroso quanto questa situazione fosse incresciosa per il medesimo e per la sua famiglia e di aver bisogno di più tempo, almeno di 24 ore, per poter consultare un avvocato su tali questioni, ma tale termine gli è stato negato dal presidente Barroso, che non era disposto a concedergli più di mezz’ora.

101    Al termine di tale discussione il ricorrente ha comunicato al presidente Barroso la sua scelta di rassegnare le dimissioni. Il presidente Barroso ha sottolineato, durante la sua deposizione come testimone, che tale affermazione era stata formulata al presente («rassegno le dimissioni») e non al futuro («rassegnerò le mie dimissioni»).

102    In tale contesto il Tribunale non ritiene credibile la deposizione del ricorrente secondo cui, di fronte alle «vessazioni» di cui era vittima, egli avrebbe semplicemente detto al presidente Barroso: «sembra che io debba andarmene» o avrebbe detto «che se ne sarebbe andato», sottintendendo con questo che egli non avrebbe, in tale sede, sin da subito, rassegnato effettivamente le dimissioni.

103    L’effetto di siffatte dichiarazioni dilatorie sarebbe stato, di fatto, incompatibile con gli unici tre esiti possibili della riunione del 16 ottobre 2012, previsti dal presidente Barroso (v. precedente punto 82), i quali richiedevano tutti un trattamento rapido e decisivo (v. precedente punto 83), cosicché si può ragionevolmente escludere che il presidente Barroso ne fosse soddisfatto.

104    Va soprattutto evidenziato, e senza che sia necessario interrogarsi sui motivi per cui il ricorrente ha ritenuto opportuno sottoporre la presente causa al Tribunale, che l’interessato ha proseguito la propria dichiarazione nei seguenti termini:

«Provengo da un sistema, sono stato ministro nel gabinetto maltese durante molti anni – per oltre 15 anni; [io] provengo da un sistema in cui, se il primo ministro le dice di andar via, anche tramite un semplice sms, lei va via. Voglio dire, è il sistema, lei non dice “no, sottopongo il caso alla giustizia”; voglio dire, questo è il sistema al quale sono abituato. E quindi, tale era la situazione che ho dovuto affrontare in quel momento».

105    Inoltre, in risposta ad un quesito del Tribunale, il ricorrente ha esclamato: «Come può un politico restare dove non è gradito?»

106    Tali riflessioni spontanee sembrano poco compatibili con la versione, peraltro sostenuta dal ricorrente, del semplice annuncio di dimissioni future o della sola previsione di dimissioni.

107    Intorno alle ore 15.00 il presidente Barroso ha fatto entrare nel proprio ufficio i sigg. Laitenberger e Romero Requena affinché prendessero atto delle conclusioni della riunione e si occupassero del prosieguo, segnatamente mediante la pubblicazione del comunicato stampa che dava atto delle dimissioni del ricorrente e della gestione del personale del suo gabinetto.

108    Ai fini della presente sentenza, alla luce di tale seconda parte della riunione del 16 ottobre 2012, come descritta dai testimoni, è opportuno tenere sostanzialmente conto del fatto che:

–        il presidente Barroso ha comunicato ai sigg. Laitenberger e Romero Requena, in presenza del ricorrente, che quest’ultimo aveva deciso di rassegnare le dimissioni, pur contestando le accuse dell’OLAF;

–        il ricorrente ha continuato ad affermare fermamente la propria innocenza e ad opporsi fermamente al trattamento cui era stato sottoposto, fino a parlare di «linciaggio» e soprattutto a chiedere di poter disporre di più tempo prima dell’annuncio pubblico delle sue dimissioni; al riguardo, in risposta a un quesito posto dagli avvocati del ricorrente, il testimone, sig. Romero Requena, ha precisato che, pur affermando fermamente la sua innocenza, egli accettava la realtà politica delle sue dimissioni;

–        il presidente Barroso ha ritenuto di non poter rimandare la gestione di tale questione, posto che le dimissioni del ricorrente erano una decisione politica e istituzionale, le autorità maltesi e i presidenti delle altre istituzioni dovevano esserne informati e un comunicato stampa doveva essere pubblicato più tardi nel pomeriggio;

–        vista l’insistenza del ricorrente nel richiedere di poter disporre di più tempo prima dell’annuncio pubblico delle sue dimissioni, il presidente Barroso ha voluto che egli chiarisse se confermava dette dimissioni o se pensava di poter restare in carica come membro della Commissione; il ricorrente ha risposto di no e ha confermato le proprie dimissioni, pur continuando a chiedere più tempo;

–        il presidente Barroso ha concluso che la questione non poteva essere riaperta; che egli sarebbe stato felice di poter concedere più tempo al ricorrente, ma che non poteva farlo e che considerava che gli fossero state rassegnate le dimissioni;

–        il presidente Barroso ha letto il progetto del comunicato stampa che dava atto della rassegnazione delle dimissioni del ricorrente allo stesso, in presenza dei due testimoni; il ricorrente non si è opposto; il presidente Barroso ha tuttavia aggiunto di proprio pugno la frase «il sig. Dalli respinge categoricamente tali conclusioni»;

–        verso la fine della riunione, la conversazione si è spostata sulla fase successiva e sugli aspetti pratici delle dimissioni del ricorrente; quest’ultimo ha così chiesto e ottenuto informazioni sulla procedura volta a provvedere alla sua sostituzione come membro del collegio e sulla situazione amministrativa del personale del suo gabinetto.

109    Nel corso di tale seconda parte della riunione del 16 ottobre 2012 il ricorrente ha chiesto se dovesse redigere una lettera di dimissioni. Il presidente Barroso gli ha risposto che non era tenuto a farlo, ma che poteva farlo se lo desiderava, e i due uomini hanno convenuto di chiedere al sig. Romero Requena di predisporre un progetto di lettera che esponesse i motivi delle sue dimissioni. Il presidente Barroso ha precisato che egli voleva inoltre offrire al ricorrente la possibilità di anticipare alcuni argomenti di difesa che non potevano essere inseriti nel comunicato stampa della Commissione.

110    Al riguardo e per motivi analoghi a quelli esposti supra ai punti da 103 a 106, in risposta alla tesi di cui al precedente punto 102, il Tribunale ritiene che il ricorrente non sia credibile laddove sostiene, nella propria deposizione, di aver dichiarato in presenza dei sigg. Laitenberger e Romero Requena che egli «se ne sarebbe andato» o che egli «se ne andrà», ma unicamente a condizione che le sue dimissioni fossero state redatte per iscritto. In risposta a un quesito posto dagli avvocati del ricorrente, il testimone, sig. Romero Requena, ha inoltre dichiarato di non aver mai ritenuto che la lettera di dimissioni fosse una formalità indispensabile per le dimissioni del ricorrente. Tale lettera doveva unicamente consentirgli di esporre pubblicamente per iscritto le ragioni delle sue dimissioni. Inoltre il testimone, sig. Laitenberger, durante la sua audizione, ha concluso la propria esposizione dei fatti indicando che, secondo lui, alla luce della conversazione tra il presidente Barroso e il ricorrente intercorsa in sua presenza, era chiaro che quest’ultimo aveva scelto di rassegnare le dimissioni di sua iniziativa, piuttosto che essere obbligato a farlo e che la lettera di dimissioni del ricorrente era semplicemente una conferma di una decisione già presa ed efficace.

111    La riunione è terminata e il ricorrente ha lasciato l’ufficio del presidente Barroso intorno alle ore 15.30.

112    Il presidente Barroso si è subito intrattenuto al telefono con il primo ministro maltese, sig. Gonzi, con il quale si è messo d’accordo al fine di avviare il processo di sostituzione del ricorrente.

113    Verso le ore 15.45 il ricorrente è tornato presso il suo ufficio e ha chiesto alla sua segretaria di convocare il personale del gabinetto per una riunione. La sig.ra Darmanin gli aveva chiesto il motivo di tale riunione ed egli, secondo quanto ricorda, ha risposto nei seguenti termini:

«Abbiamo un problema, abbiamo un grosso problema – Devo chiamare mia moglie per dirglielo. Devo andarmene [in maltese: irrid nitlaq], devo vedere, devo verificare [in maltese: irrid nara] le mie indennità. Che diritti ho? Ho diritto ad una pensione?».

114    Il ricorrente ha successivamente telefonato alla moglie e la sig.ra Darmanin è uscita dalla stanza.

115    Il ricorrente ha altresì telefonato al primo ministro maltese che lo aveva già chiamato in sua assenza. Secondo il ricorrente, tale conversazione telefonica è durata un minuto e il sig. Gonzi gli avrebbe semplicemente detto: «Senta, ho ricevuto questa telefonata da Barroso il quale mi ha detto che lei non sarebbe più commissario e che dobbiamo trovare qualcun altro». Il ricorrente ha peraltro sottolineato, in risposta ad un quesito posto durante la sua comparizione personale, che egli aveva spiegato al sig. Gonzi che il presidente Barroso «[aveva] posto fine» al suo mandato di membro della Commissione. Tali affermazioni, riferite in tali termini, sono tuttavia contraddette dalla dichiarazione resa dal sig. Gonzi dinanzi al Parlamento maltese, la sera dello stesso giorno (v. precedente punto 17).

116    Tra le ore 16.00 e 16.15 i membri del personale del gabinetto del ricorrente sono stati convocati nella sala conferenze. Il ricorrente ha comunicato loro di avere avuto una riunione con il presidente Barroso che lo aveva reso partecipe delle conclusioni della relazione dell’OLAF riguardo ad alcuni contatti che egli avrebbe intrattenuto con l’industria del tabacco. Egli ha segnatamente dichiarato che alle ore 17.00 il presidente Barroso avrebbe annunciato che egli avrebbe lasciato la Commissione e che egli ora sarebbe andato via dalla Commissione, sarebbe rientrato a Malta e avrebbe difeso la sua posizione.

117    Durante la sua audizione, il testimone, sig.ra Darmanin, ha affermato e ripetuto, senza ricordare più i termini esatti utilizzati dal ricorrente durante la riunione con il personale del suo gabinetto, che per lei era chiaro che egli, a partire dalle ore 17.00, non sarebbe stato più membro della Commissione. In risposta ad un quesito del Tribunale la stessa ha aggiunto di non essere in grado di poter affermare sotto giuramento che il ricorrente avesse detto «ho rassegnato le dimissioni», ma che non ricordava neppure che egli avesse detto qualcosa di diverso.

118    Tra le ore 16.20 e 16.45 il sig. Romero Requena si è recato presso il gabinetto del ricorrente per consegnargli il progetto di lettera di dimissioni che aveva appena redatto con l’aiuto della sua assistente. L’ha trovato nel suo ufficio insieme ad un’altra persona a lui sconosciuta. Il ricorrente non ha firmato il progetto di lettera in questione ma ha risposto che «se ne sarebbe occupato». Il sig. Romero Requena ha subito lasciato l’ufficio.

119    Il progetto di lettera in questione (allegato A.12 del ricorso) è redatto nei seguenti termini e contiene le seguenti cancellature, che è pacifico che siano state apportate a mano dal ricorrente, dopo che il progetto gli è stato consegnato:

«Eccellenza,

Con la presente lettera le comunico la mia decisione di rassegnare le dimissioni dalle mie funzioni di membro della Commissione europea con effetto immediato.

Ho preso tale decisione allo scopo di difendere la mia propria buona reputazione ed evitare danni all’Unione europea e alla Commissione nelle prossime settimane.

Contesto fermamente tutte le accuse. Sono convinto del fatto che non sarà riscontrato nulla che dimostri una violazione della legge da parte mia. Intendo ricorrere a tutte le vie legali a mia disposizione per tutelare la mia reputazione e i miei interessi contro tali accuse. Tuttavia, non solo per far ciò occorrerà del tempo, ma soprattutto, questa situazione richiede che io sia liberato dalle mie attuali responsabilità politiche come membro della Commissione europea. Sarei incapace, restando in carica, di difendere la mia causa con la determinazione che io considero opportuna. Allo stesso tempo, riconosco che sarebbe inevitabilmente dannoso per l’immagine dell’istituzione se uno dei suoi membri in carica fosse coinvolto in una lotta legale contro accuse che riguardano la sua condotta personale. Ancora più importante, sarei incapace di concentrare tutte le mie energie nell’esercizio delle mie funzioni di commissario (…) dovendo allo stesso tempo difendermi da siffatte accuse.

Mi consenta, tuttavia, di garantirle che il fatto che io intenda difendere la mia buona reputazione contro tali accuse non mi impedirà mai di rispettare i miei obblighi ai sensi di legge, in quanto ex commissario, di comportarmi con integrità e discrezione».

120    Alle ore 16.50 la sig.ra Day ha chiamato la sig.ra Darmanin per invitarla ad organizzare una riunione del personale del gabinetto del ricorrente, in cui avrebbe partecipato essa stessa e il sig. Laitenberger. Tale riunione si è tenuta tra le ore 17.30 e 17.45, al terzo piano dell’edificio Berlaymont. Il personale del gabinetto del ricorrente è stato informato, in particolare, del fatto che il vicepresidente della Commissione, sig. Maroš Ševčovič, sarebbe stato responsabile della direzione generale «Salute e tutela dei consumatori» fino alla nomina di un nuovo membro della Commissione in sostituzione del ricorrente.

121    Alle ore 17.11 il comunicato stampa della Commissione che dava atto delle dimissioni del ricorrente è stato reso pubblico. Il ricorrente ammette di averne avuto conoscenza.

122    Verso le ore 18.00 il portavoce del ricorrente, sig. Vincent, è stato pregato di raggiungerlo presso il suo ufficio. Il ricorrente gli ha chiesto se potesse essere diffuso un comunicato stampa nel quale egli avrebbe esposto il suo punto di vista in risposta al comunicato stampa della Commissione. Il sig. Vincent gli ha risposto che ciò non era più possibile, dato che le sue dimissioni erano divenute ufficiali in quel momento ed egli non poteva quindi più ricorrere ai servizi di comunicazione della Commissione. Il ricorrente si è mostrato molto contrariato. In quel momento la sig.ra Darmanin, che aveva sentito dal suo ufficio voci agitate nell’ufficio accanto al suo, vi ha trovato il ricorrente che discuteva con il sig. Vincent. La stessa ha confermato al ricorrente che non era più possibile effettuare una pubblicazione di un comunicato stampa a suo nome dal momento che dalle ore 17.00 egli non era più membro della Commissione e che la persona che rappresentava l’istituzione era il suo presidente che aveva già pubblicato il proprio comunicato.

123    Più tardi, in serata, il ricorrente ha pubblicato il proprio comunicato stampa. Tale comunicato stampa non fa alcun riferimento alle sue dimissioni, ma neppure contesta il comunicato stampa della Commissione. Si limita, in sostanza, a respingere tutte le accuse dell’OLAF.

124    Alla luce di tutte le suesposte constatazioni, valutazioni e considerazioni, il Tribunale ritiene che sia stato adeguatamente dimostrato che il ricorrente ha rassegnato oralmente le dimissioni dalle proprie funzioni di membro della Commissione durante la riunione con il presidente Barroso nel pomeriggio del 16 ottobre 2012, che si è tenuta presso l’ufficio di quest’ultimo, e che lo stesso ha confermato oralmente tali dimissioni in presenza dei sigg. Laitenberger e Romero Requena.

125    Tale conclusione, dimostrata principalmente sulla base delle deposizioni dei testimoni, eventualmente confermate dalla comparizione personale del ricorrente, risulta avvalorata, segnatamente, dai seguenti elementi:

–        la dichiarazione resa al Parlamento maltese, nella sera del 16 ottobre 2012, dal primo ministro maltese, dopo la sua conversazione telefonica con il ricorrente (v. precedente punto 17);

–        l’intervista concessa dal ricorrente a una radio maltese, la sera del 16 ottobre 2012 (v. precedente punto 18), nella quale l’interessato ha scelto di presentare il fatto di aver lasciato la Commissione come una scelta politica volontaria;

–        la mancata contestazione da parte del ricorrente del comunicato stampa pubblicato dalla Commissione alle ore 17.00 circa, la sera del 16 ottobre 2012, di cui ha tuttavia avuto conoscenza e che dava atto delle sue dimissioni;

–        la mancanza di una dichiarazione ufficiale del ricorrente, in particolare nel proprio comunicato stampa pubblicato la sera del 16 ottobre 2012, al fine di contestare le dimissioni annunciate dalla Commissione;

–        le limitate annotazioni apportate manualmente dal ricorrente al progetto di lettera di dimissioni che gli era stato consegnato dal sig. Romero Requena (v. precedente punto 119);

–        la nota al fascicolo del sig. Romero Requena del 18 ottobre 2012, (v. precedente punto 19), redatta prima che il ricorrente contestasse per la prima volta i fatti o la legittimità delle sue dimissioni (v. precedente punto 21), quindi in tempore non suspecto.

 In diritto

126    Da tutti i suesposti rilievi in punto di fatto risulta che il ricorrente ha rassegnato oralmente le dimissioni dalle sue funzioni di membro della Commissione durante la riunione del 16 ottobre 2012 e che lo stesso ha confermato oralmente tali dimissioni in presenza dei sigg. Laitenberger e Romero Requena, al termine di tale riunione.

127    Con riguardo ai motivi del ricorso, spetta al Tribunale valutare in diritto se tali dimissioni debbano essere qualificate come volontarie o se esse siano state rassegnate in virtù di un obbligo connesso alla richiesta che gli sarebbe stata rivolta dal presidente Barroso ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE, richiesta che rappresenterebbe quindi l’atto impugnabile nel caso di specie.

128    In via preliminare si deve rilevare che l’articolo 17, paragrafo 6, TUE non subordina né la richiesta del presidente della Commissione né la presentazione delle conseguenti dimissioni a un requisito di forma particolare, segnatamente quella scritta. Una formalità siffatta non sembra nemmeno essere richiesta dal principio generale di certezza del diritto, dal momento che l’onere della prova delle dimissioni grava, in ogni caso, sulla parte che intende avvalersene (v. in tal senso e per analogia, sentenza del 23 febbraio 2001, De Nicola/BEI, T‑7/98, T‑208/98 e T‑109/99, Racc., FP, EU:T:2001:69, punti 287 e 290). Lo stesso vale, del resto, in caso di dimissioni volontarie di un membro della Commissione.

129    Va quindi senz’altro respinto il motivo di annullamento basato su una violazione della predetta disposizione e del suddetto principio generale di diritto, giacché il ricorrente non avrebbe rassegnato le sue dimissioni per iscritto.

130    Ciò premesso, il ricorrente afferma, in sostanza, che il presidente Barroso, minacciandolo espressamente di avere intenzione di utilizzare il potere di esigere le sue dimissioni, attribuitogli ex articolo 17, paragrafo 6, TUE, ha adottato una decisione orale che costituisce un atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, nella misura in cui essa produce effetti giuridici vincolanti tali da incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in maniera sensibile la sua situazione giuridica.

131    In particolare, il fatto che il presidente Barroso abbia invitato il ricorrente a rassegnare le dimissioni, facendogli notare che sarebbe stato per lui più dignitoso farlo di sua spontanea volontà piuttosto che essere invitato a farlo, rappresenterebbe de facto e de jure l’espressione stessa del potere che detiene il presidente della Commissione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE, di chiedere le dimissioni di un membro della Commissione. L’«invito» rivolto al ricorrente a «rassegnare le dimissioni volontariamente» e la «minaccia», ove si rifiutasse di farlo, del presidente Barroso, il quale gli «avrebbe chiesto di farlo», costituirebbero in realtà un unico e solo atto, annunciato in due modi distinti e formulato con parole distinte.

132    Al fine di valutare se le affermazioni effettivamente pronunciate dal presidente Barroso nella riunione del 16 ottobre 2012 costituiscano, come sostiene il ricorrente, una «richiesta» orale di dimissioni dalle sue funzioni ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE, va tenuto conto, da una parte, della natura e del contenuto delle funzioni in questione e, dall’altra, della genesi e della ratio legis della disposizione in questione.

133    Per quanto riguarda, in primo luogo, la natura delle funzioni in questione, queste attengono a un mandato di carattere essenzialmente politico (v., segnatamente, articolo 17, paragrafi 1, 3 e 8, TUE), conferito dal Consiglio europeo all’interessato, di comune accordo con il presidente della Commissione e previa approvazione del Parlamento (v. articolo 17, paragrafo 7, TUE). Quanto al contenuto di tali funzioni, come definito all’articolo 17, paragrafo 1, TUE, esso comprende, in sostanza, funzioni di coordinamento, di esecuzione, di gestione e di controllo dell’attuazione delle politiche dell’Unione negli ambiti delle competenze ad essa attribuite dai trattati.

134    Nella misura in cui la Commissione può essere considerata, come essa stessa si definisce, il principale «organo esecutivo» di un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale che costituisce l’Unione (ai sensi della sentenza del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos, 26/62, Racc., EU:C:1963:1), i suoi membri esercitano, pertanto, collegialmente, funzioni che, secondo la teoria classica della separazione dei poteri, rientrano nel potere esecutivo.

135    In tale contesto, va rilevato che, secondo le tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, le persone alle quali vengono attribuite siffatte funzioni all’interno degli esecutivi nazionali possono generalmente essere revocate a discrezione del capo dell’esecutivo o dell’autorità che le ha nominate. Va ribadito, al riguardo, che le stesse dichiarazioni del ricorrente rese in occasione della sua comparizione personale, come riprodotte nel precedente punto 104, riguardano le usanze politiche in essere a Malta.

136    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la genesi e la ratio legis dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE, è opportuno ricordare che, a parte i rinnovi regolari e i decessi, i trattati non prevedevano originariamente nessun’altra possibilità di dimissioni di un membro della Commissione eccetto quelle volontarie (articolo 215 CE) o le dimissioni d’ufficio da parte della Corte di giustizia, in particolare in caso di colpa grave (articolo 216 CE).

137    Eccetto tali circostanze particolari in grado di dare luogo a una procedura di dimissioni d’ufficio da parte della Corte, non era dunque possibile per la Commissione, in quanto collegio, o per il suo presidente, in quanto capo di quest’ultima, obbligare uno dei suoi membri a rassegnare le dimissioni qualora il contesto o le circostanze politiche del momento sembrassero richiederlo nell’interesse medesimo dell’Istituzione.

138    Come rilevato supra al punto 135, tale stato dei fatti non era conforme agli usi politici tradizionalmente in essere in seno agli organi esecutivi nazionali.

139    Come sottolineato dalla Commissione nel corso del presente procedimento, detta situazione aveva peraltro condotto alle dimissioni in blocco della Commissione presieduta dal sig. Jacques Santer, il 15 marzo 1999, a seguito del rifiuto di due dei suoi membri di rassegnare le dimissioni dinanzi alla minaccia di voto di una mozione di censura della Commissione, in quanto collegio, da parte del Parlamento.

140    Al fine di evitare che si ripetesse un caso del genere di dimissioni collettive, che può pregiudicare il buon funzionamento delle istituzioni dell’Unione o nuocere al loro credito politico, gli autori del trattato di Nizza, firmato il 26 febbraio 2001, hanno quindi attribuito al presidente della Commissione il potere discrezionale di esigere le dimissioni di un membro della Commissione con l’appoggio della maggioranza del collegio. L’articolo 217, paragrafo 4, CE, nella sua versione modificata dal trattato di Nizza, dispone così che «[u]n membro della Commissione rassegna le dimissioni se il presidente, previa approvazione del collegio, glielo chiede».

141    Gli autori del trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, hanno rafforzato tale potere del presidente della Commissione attribuendogli il potere discrezionale di chiedere le dimissioni di un membro della Commissione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE, senza dovere più ottenere, a tal fine, la previa approvazione della maggioranza del collegio.

142    Come emerge dalla genesi e dalla ratio legis di tale disposizione, quest’ultima prevede in particolare l’ipotesi in cui un membro della Commissione rifiuti di rassegnare le dimissioni volontariamente e di sua iniziativa, in circostanze in cui il presidente della Commissione ha perso la fiducia nello stesso e ritiene che la sua permanenza in carica rischierebbe di pregiudicare il credito, o persino la sopravvivenza politica, dell’istituzione.

143    È sulla scorta di tale genesi e nel pieno rispetto della suddetta ratio legis che si inserisce, nel caso di specie, l’approccio del presidente Barroso che è consistito, sin dalla fase a monte della riunione del 16 ottobre 2012, nel lasciare al ricorrente la scelta tra le dimissioni volontarie e le dimissioni «provocate» da una richiesta formulata ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE. Tale approccio si è concretizzato, segnatamente, nella predisposizione di due progetti di comunicati stampa, che prevedevano l’una o l’altra possibilità (v. precedente punto 92).

144    Dall’istruzione dei fatti eseguita dal Tribunale risulta peraltro che, in una fase iniziale della riunione del 16 ottobre 2012, il presidente Barroso, dinanzi all’assenza di chiarimenti completi e soddisfacenti apportati dal ricorrente in risposta alle conclusioni dell’OLAF, si era deciso a vederlo lasciare la Commissione, e che egli era determinato, ove necessario, ad esercitare a tal fine il potere che egli deteneva ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE, di chiedere le sue dimissioni. Allo stesso tempo, il presidente Barroso era disposto, nell’interesse stesso del ricorrente, a concedere a quest’ultimo ciò che egli considerava essere il «favore politico» di poter rassegnare le dimissioni volontariamente, senza una sua richiesta formale ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE.

145    Il presidente Barroso ha quindi suggerito al ricorrente di rassegnare le dimissioni volontariamente, pur lasciando intendere molto chiaramente che, se il ricorrente non lo avesse fatto, egli glielo avrebbe chiesto ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE. Il presidente Barroso, sentito come testimone, ha confermato che, se il ricorrente non avesse rassegnato volontariamente le dimissioni, egli gli avrebbe «certamente» chiesto di farlo ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE. La scelta lasciata all’interessato è stata peraltro soggettivamente percepita da quest’ultimo nel senso che: «io ho il potere di revocarle il mandato; tuttavia lei può rassegnare le dimissioni».

146    In tale contesto, la circostanza che il presidente Barroso abbia fatto notare al ricorrente, in modo sempre più pressante, viste le reticenze ed esitazioni di quest’ultimo, che sarebbe stato per lui più dignitoso rassegnare le dimissioni di sua spontanea volontà piuttosto che essere invitato a farlo, non basta a dimostrare l’esistenza dell’asserita decisione impugnata. In effetti, dal momento che non era stata chiaramente formulata una richiesta di dimissioni ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE, dalle affermazioni del presidente Barroso, per quanto fondate potessero essere, non era emersa alcuna richiesta in tal senso che abbia potuto incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in maniera sensibile la sua situazione giuridica.

147    Quanto all’argomento del ricorrente secondo cui vi sarebbe stata «pressione» da parte del presidente Barroso e che, esercitando tale «pressione», quest’ultimo avrebbe esercitato i propri poteri ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE, il Tribunale lo ritiene infondato, dal momento che la semplice allusione alla possibilità di esercitare un potere non può essere assimilata all’esercizio effettivo di tale potere. Al riguardo, la Commissione fa correttamente osservare che, anche se, con rispetto al risultato finale, non vi era una grande differenza tra le due opzioni presentate al ricorrente, sussisteva una differenza considerevole sul piano politico, e, soprattutto, sul piano giuridico tra, da una parte, le dimissioni provenienti da una scelta deliberata e unilaterale e, dall’altra, le dimissioni a seguito della formulazione di una richiesta ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE, che hanno pertanto l’aspetto di una revoca del mandato. Dinanzi a tale alternativa il ricorrente ha quindi scelto, almeno in un primo momento, di avvalersi della possibilità che gli era stata offerta di rassegnare le dimissioni volontariamente, che per lui presentava il vantaggio che il pubblico non percepisse che egli era stato obbligato a farlo su richiesta del presidente Barroso.

148    In tale contesto, il Tribunale non ritiene credibile l’affermazione del ricorrente secondo cui egli non percepiva alcuna differenza tra i due aspetti dell’alternativa che gli era stata proposta. Doveva al contrario essere chiaro al ricorrente, politico esperto, che sussiste una differenza significativa tra le dimissioni volontarie e le dimissioni imposte ai sensi di una procedura formale e vincolante.

149    Le precedenti valutazioni di fatto e di diritto trovano conferma nelle annotazioni apportate manualmente dal ricorrente al progetto di lettera di dimissioni che gli è stata consegnata a mani proprie dal sig. Romero Requena, ma che non ha firmato, al termine della riunione del 16 ottobre 2012 (v. precedente punto 119). Al riguardo, il Tribunale ritiene che il ricorrente non sia credibile quando afferma, nella sua deposizione, che non ha firmato il suddetto progetto di lettera di dimissioni poiché tale progetto sottintendeva che egli rassegnava le dimissioni volontariamente. Invero, le cancellature apportate manualmente dal ricorrente a tale progetto non riguardano il fatto stesso delle sue dimissioni, né l’insistenza sulla natura volontaria di queste ultime, ma alcuni dettagli di minore importanza in tale contesto. Il Tribunale ritiene ragionevole supporre che, se il malinteso fosse stato più profondo e avesse toccato il fatto stesso o le condizioni essenziali delle dimissioni, il ricorrente non si sarebbe limitato ad apportare di suo pugno siffatte modifiche minori a tale progetto, ma l’avrebbe respinto incondizionatamente, rifiutandosi di modificarlo, o ne avrebbe cancellato le affermazioni principali.

150    Tali valutazioni trovano, inoltre, conferma nella dichiarazione resa dal primo ministro maltese, sig. Gonzi, dinanzi al Parlamento maltese, il 16 ottobre 2012, dopo la sua conversazione telefonica con il ricorrente (v. precedente punto 17).

151    Infine, tali valutazioni trovano ulteriore conferma nelle affermazioni rese dal ricorrente durante l’intervista radiofonica della sera del 16 ottobre 2012 (v. precedente punto 18). Il Tribunale rileva, in particolare, che il ricorrente ha rifiutato di rispondere con chiarezza al giornalista quando questi ha affermato che il presidente Barroso lo aveva obbligato a dimettersi.

152    Da tutte le precedenti considerazioni risulta che il ricorrente ha rassegnato le dimissioni volontariamente e senza che queste siano state oggetto di una richiesta del presidente Barroso, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE.

153    Poiché l’esistenza di tale richiesta, che costituisce l’atto impugnato con la presente domanda di annullamento, non è stata provata, quest’ultima deve essere respinta in quanto irricevibile, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 67.

154    Tuttavia, il ricorrente sostiene ancora, in subordine, che, nel caso in cui venissero accertate le sue dimissioni, si dovrebbe acclarare altresì che esse sono state ottenute ricorrendo alla minaccia di una destituzione e, quindi, sotto una pressione insopportabile, il che autorizzerebbe a concludere che il suo consenso è stato viziato. Invero, durante la riunione del 16 ottobre 2012 il presidente Barroso non avrebbe cessato di insistere sul fatto che egli aveva il diritto di revocare il mandato del ricorrente e che avrebbe utilizzato più volte le parole «destituzione» o «revoca» (in inglese, «dismissal»). In realtà, il ricorrente non avrebbe avuto altra scelta che obbedire all’ordine del presidente Barroso. Un siffatto vizio del consenso renderebbe le sue dimissioni nulle e inesistenti.

155    Un argomento del genere, in linea di principio, non può essere invocato a sostegno della presente domanda di annullamento la quale non è diretta né contro la decisione propria del ricorrente di dimettersi che, del resto, non è imputabile alla Commissione, né contro alcun altro atto della Commissione avente natura di un atto che reca pregiudizio.

156    Ad ogni modo, pur supponendo che il ricorrente possa rimettere in discussione, nell’ambito del presente ricorso, la legittimità delle proprie dimissioni perché affette da un vizio del consenso, il Tribunale ritiene che l’esistenza di un vizio siffatto non sia dimostrata.

157    In tale contesto e trattandosi della cessazione di un mandato di natura sostanzialmente politica, come già rilevato al punto 133 supra, la Commissione ha correttamente sostenuto che l’espressione di una volontà ferma di esercitare, ove necessario, il potere di chiedere le dimissioni di un membro della Commissione, che il Trattato UE attribuisce al del presidente della Commissione a titolo di potere discrezionale, non potrebbe essere considerata come una pressione illegittima che inficia la validità o la natura volontaria delle dimissioni dell’interessato.

158    Del resto, con la sua lunga esperienza politica a livello governativo, durante un colloquio durato circa un’ora e mezza, il ricorrente era in grado di poter liberamente rifiutare la proposta del presidente Barroso e di sfidarlo affinché questi gli rivolgesse formalmente una richiesta ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE. Il ricorrente era, in particolare, libero di lasciare la riunione in qualsiasi momento o di richiedere la partecipazione alla stessa di uno o di più membri del suo gabinetto.

159    Dalle precedenti considerazioni risulta che la presente domanda di annullamento dev’essere respinta.

 Sulla domanda di risarcimento del danno

160    A sostegno della propria domanda di risarcimento del danno, il ricorrente sostiene che le illegittimità asserite nell’ambito della domanda di annullamento costituiscono una violazione grave di una norma che attribuisce diritti ai singoli.

161    Orbene, dal momento che con la presente sentenza il Tribunale ha già accertato che non è stata dimostrata l’esistenza degli atti della Commissione messi in discussione nell’ambito della suddetta domanda di annullamento, non può essere a tal fine constatata alcuna illegittimità sotto tale profilo e a fortiori, alcuna violazione qualificata di una norma nei confronti di tale istituzione.

162    Quanto all’asserito vizio del consenso, in via subordinata, nell’ambito della domanda di annullamento (v. precedente punto 154), il Tribunale ha già accertato che la sua esistenza non è stata dimostrata.

163    Da quanto precede risulta che l’asserito comportamento colposo della Commissione o del suo presidente non è stato dimostrato sufficientemente in diritto.

164    La domanda di risarcimento del danno deve quindi essere respinta in quanto infondata e, di conseguenza, il ricorso deve essere respinto in toto.

 Sulle spese

165    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il sig. John Dalli è condannato alle spese.

Jaeger

Papasavvas        Forwood

Labucka

 

Bieliūnas

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 maggio 2015.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.