Language of document : ECLI:EU:C:2012:304

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 24 maggio 2012 (1)

Causa C‑589/10

Janina Wencel

contro

Zakład Ubezpieczeń Społecznych w Białymstoku

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Apelacyjny – Sąd Pracy i Ubezpieczeń Społecznych w Białymstoku (Polonia)]

«Previdenza sociale – Articolo 7 e allegato III del regolamento (CEE) n. 1408/71 – Pensione di vecchiaia erogata in Polonia prima dell’adesione – Applicabilità del diritto dell’Unione – Applicabilità di una convenzione in materia di previdenza sociale sottoscritta prima della data di applicazione del regolamento n. 1408/71 – Persona con due luoghi di residenza abituale in due Stati membri, cui è stata concessa una pensione di vecchiaia in uno Stato e una pensione di reversibilità nell’altro – Soppressione di una delle due pensioni e ordine di restituzione delle somme indebitamente percepite – Possibilità di avere una doppia residenza ai fini del regolamento n. 1408/71»





I –    Introduzione

1.        Nella presente causa il giudice del rinvio solleva tre questioni nell’ambito di un procedimento vertente sulla legittimità di una decisione del 2009, con cui le autorità polacche hanno revocato alla sig.ra Janina Wencel una pensione di vecchiaia riconosciutale nel 1990, chiedendole la restituzione delle prestazioni ricevute negli ultimi tre anni. Alla luce di varie circostanze, e in applicazione di una convenzione internazionale conclusa nel 1975 fra la Polonia e la Repubblica federale di Germania, si è ritenuto che l’ente previdenziale tedesco fosse l’unico istituto competente in relazione a questa pensione.

2.        Il Sąd Apelacyjny (Corte d’appello) ci interroga sulla legittimità di questa decisione amministrativa (e della stessa normativa polacca su cui si è basata) alla luce del diritto dell’Unione, in particolare del regolamento (CEE) n. 1408/71 (2), la cui applicabilità al procedimento principale risulta controversa.

3.        La presente causa consentirà alla Corte di giustizia di fornire alcune importanti precisazioni alla sua giurisprudenza in materia di previdenza sociale, nonché a quella concernente la soluzione dei problemi giuridici frequentemente derivati dall’adesione di nuovi Stati membri all’Unione europea e dall’applicazione nei loro confronti di disposizioni del diritto transitorio.

II – Contesto normativo

A –    Il regolamento n. 1408/71

4.        Conformemente all’articolo 1, lettera h), del regolamento n. 1408/71, ai fini dell’applicazione dello stesso, il termine «residenza» indica la «dimora abituale».

5.        Sebbene, come regola generale, ai sensi dell’articolo 6, detto regolamento n. 1408/71 sostituisca le convenzioni internazionali in materia di previdenza sociale, l’articolo 7 esclude l’applicazione di tale norma in determinati casi dichiarando che, tra altre norme, restano applicabili «talune disposizioni delle convenzioni di sicurezza sociale concluse dagli Stati membri prima della data di applicazione del presente regolamento, a condizione che siano più favorevoli per i beneficiari o se connesse a circostanze storiche specifiche e con un effetto limitato nel tempo, e purché siano menzionate nell’allegato III» [articolo 7, paragrafo 2, lettera c)].

6.        Nella parte A, punto 19, lettera a), dell’allegato III di detto regolamento n. 1408/71 viene fatto riferimento alla «Convenzione del 9 ottobre 1975 sulle disposizioni per la vecchiaia e gli infortuni sul lavoro, alle condizioni e nell’ambito definiti dall’articolo 27, paragrafi 2, 3 e 4 della Convenzione sulla sicurezza sociale dell’8 dicembre 1990» (3).

7.        L’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71 dispone che «salvo quanto diversamente disposto dal presente regolamento, le prestazioni in danaro per invalidità, vecchiaia o ai superstiti, le rendite per infortunio sul lavoro o per malattia professionale e gli assegni in caso di morte, acquisiti in base alla legislazione di uno o più Stati membri, non possono subire alcuna riduzione, né modifica, né sospensione, né soppressione, né confisca per il fatto che il beneficiario risiede nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale si trova l’istituzione debitrice. (…)».

B –    La normativa polacca

8.        In Polonia le pensioni di anzianità e di altri tipi del regime di previdenza sociale sono disciplinate dalla Ustawa z dnia 17.12.1998 r. o emeryturach i rentach z Funduszu Ubezpieczeń Społecznych (legge del 17 dicembre 1998 sulle pensioni erogate dal Fondo di previdenza sociale) (4).

9.        L’articolo 114, paragrafo 1, di detta legge in materia di pensioni dispone che il diritto alle prestazioni o il loro ammontare è soggetto a ricalcolo, su richiesta dell’interessato o d’ufficio, se, divenuta definitiva la decisione in materia di prestazioni, vengono presentate nuove prove o, già prima della pronuncia di tale decisione, si fanno valere circostanze che incidono sul diritto alle prestazioni o sul loro ammontare.

10.      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafi 1 e 2, della legge sulle pensioni, la persona che abbia percepito indebitamente le prestazioni è obbligata a restituirle. Per prestazioni percepite indebitamente si intendono le prestazioni erogate anche in presenza di circostanze tali da escludere il diritto alle prestazioni, da determinarne la sospensione o la cessazione del loro pagamento, totale o parziale, qualora la persona ammessa a percepire le prestazioni fosse stata informata di non averne diritto.

C –    La Convenzione del 9 ottobre 1975

11.      Nella fattispecie in esame è altresì rilevante l’articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione tedesco-polacca del 9 ottobre 1975, già menzionata, che dispone quanto segue: «Le pensioni di vecchiaia derivanti da assicurazione pensionistica sono assegnate dall’ente previdenziale del paese nel cui territorio risiede il beneficiario, ai sensi della vigente normativa applicabile a detto ente». L’articolo 4, paragrafo 3, così recita: «Le pensioni (…) sono riconosciute solamente per il periodo di residenza dell’interessato nel territorio del paese in cui l’ente previdenziale ha stabilito il diritto alla pensione. (…)».

III – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

12.      Il procedimento principale verte sui diritti alla pensione di vecchiaia della sig.ra Janina Wencel, cittadina polacca nata nel 1930 che, dal 1975, risultava risiedere contemporaneamente in Germania e in Polonia. È opportuno iniziare con la descrizione di quest’ultima circostanza relativa alla residenza dell’interessata.

13.      Da un lato, la sig.ra Wencel era registrata come residente in Polonia, paese in cui era stata assunta dalla nuora in qualità di baby-sitter dei nipoti dal 1° aprile 1984 al 31 ottobre 1990. A seguito di questa attività professionale in Polonia, con decisione del 24 ottobre 1990, lo Zakład Ubezpieczeń Społecznych polacco (Istituto di previdenza sociale polacco; in prosieguo: lo «ZUS») ha concesso alla sig.ra Wencel il diritto alla pensione di vecchiaia oggetto della controversia, con decorrenza dal 1° luglio 1990, per i periodi assicurativi maturati in Polonia.

14.      Dall’altro lato, nel 1975 la sig.ra Wencel aveva chiesto un permesso di soggiorno alle autorità tedesche e dagli atti risulta residente nella città di Francoforte sul Meno dal 1975 al 2010. Il marito della sig.ra Wencel si era trasferito in questa città nel 1975, dove ha svolto un’attività lavorativa subordinata e ha risieduto fino al suo decesso, avvenuto nel 2008. Nel 1984 le autorità tedesche gli avevano concesso una pensione di invalidità. Dal 1° agosto 2008 la sig.ra Wencel percepisce dall’ente previdenziale tedesco una pensione di reversibilità. Nella domanda relativa a tale pensione ella ha indicato un indirizzo della città di Francoforte.

15.      Attualmente, stando alle dichiarazioni degli intervenienti, la sig.ra Wencel risiede in Polonia.

16.      Nel 2009 lo ZUS ha avuto notizia del fatto che la sig.ra Wencel era iscritta come residente anche in Germania e le ha richiesto di presentare una dichiarazione relativa al luogo di residenza effettivo. Con una dichiarazione scritta del 24 novembre 2009 la sig.ra Wencel ha indicato che il proprio luogo di residenza abituale, dal 25 agosto 1975, era la Germania, benché trascorresse i periodi di vacanza e le festività in Polonia.

17.      Sulla base di tale dichiarazione lo ZUS ha emesso due decisioni. Con la prima decisione, del 26 novembre 2009, annullava quella del 24 ottobre 1990, che riconosceva alla sig.ra Wencel la suddetta pensione di vecchiaia, sospendendone il pagamento con decorrenza dal 1° dicembre 2009. Tale decisione si basava sul fatto che, secondo lo ZUS, dal 1975 l’interessata aveva il proprio centro degli interessi vitali e il luogo di residenza abituale in Germania, sebbene nella domanda di pensione del 1990 avesse indicato un indirizzo di residenza in Polonia. Per questo motivo lo ZUS ha affermato che l’ente previdenziale polacco non era mai stato competente a esaminare la richiesta di pensione della sig.ra Wencel, ma che, conformemente all’articolo 4 della Convenzione del 9 ottobre 1975, la decisione sulla domanda spettava invece all’ente previdenziale tedesco. In conclusione, lo ZUS ha ritenuto che la richiedente non avesse diritto alla pensione di vecchiaia erogata dal sistema previdenziale polacco.

18.      Con la seconda decisione, del 23 dicembre 2009, conseguenza della precedente, lo ZUS chiedeva alla sig.ra Wencel il rimborso della pensione di vecchiaia indebitamente percepita negli ultimi tre anni, vale a dire nel periodo compreso tra il 1° dicembre 2006 e il 30 novembre 2009, più gli interessi corrispondenti.

19.      La sig.ra Wencel presentava ricorso contro entrambe le decisioni dinanzi al Sąd Okręgowy – Sąd Pracy i Ubezpieczeń Społecznych w Białymstoku (Tribunale distrettuale – Tribunale competente in materia di lavoro e previdenza sociale di Białystok), sostenendo che lo ZUS avesse violato le disposizioni del diritto dell’Unione relative alla libertà di circolazione e di soggiorno e interpretato erroneamente le norme relative al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Specificava che dal 1975 aveva risieduto sia in Polonia sia in Germania e che oggi, per tale motivo, non avrebbe potuto essere privata del diritto alla pensione di vecchiaia. Con decisione del 15 settembre 2010 sono stati respinti entrambi i ricorsi. Il Sąd Okręgowy ha considerato che la ricorrente risultava avere residenza abituale sia in Polonia sia in Germania, ma che, di fatto, aveva trascorso la maggior parte del tempo in Germania, motivo per cui il suo centro degli interessi vitali doveva essere collocato in quest’ultimo paese.

20.      La sig.ra Wencel è ricorsa in appello avverso tale sentenza dinanzi al Sąd Apelacyjny – Sąd Pracy i Ubezpieczeń Społecznych w Białymstoku (Corte d’appello – Tribunale competente in materia di lavoro e previdenza sociale di Białystok). Considerando l’esistenza di dubbi circa l’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione che ritiene applicabili al caso di specie, la Corte d’appello ha sospeso il procedimento di cui trattasi, sottoponendo le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il principio di libera circolazione e di libero soggiorno negli Stati membri dell’Unione europea, sancito dagli articoli 21 TFUE e 20, paragrafo 2, TFUE, induca a interpretare l’articolo 10 del regolamento (...) n. 1408/71 (…), nel senso che le prestazioni in denaro per vecchiaia acquisite in base alla legislazione di uno Stato membro non possono subire alcuna riduzione, modifica, sospensione, soppressione o confisca dovuta alla circostanza che il beneficiario abbia risieduto contemporaneamente (abbia avuto due residenze abituali di pari importanza) nel territorio di due Stati membri, di cui uno diverso da quello nel quale si trova l’ente debitore della pensione in parola.

2)      Se gli articoli 21 TFUE e 20, paragrafo 2, TFUE (…) e l’articolo 10 del regolamento n. 1408/71 (…) debbano essere interpretati nel senso che ostano a che le disposizioni nazionali previste dall’articolo 114, paragrafo 1, della [legge sulle pensioni di vecchiaia], in combinato disposto con l’articolo 4 della convenzione del 9 ottobre 1975 (...), siano applicate in modo da consentire che l’ente previdenziale polacco riesamini la pratica ed escluda il diritto alla pensione per una persona che per diversi anni abbia avuto contemporaneamente due luoghi di residenza abituale (due centri degli interessi vitali) in due paesi, attualmente appartenenti all’Unione europea, e che prima del 2009 non abbia presentato domanda né certificato di trasferimento del proprio luogo di residenza in uno di tali paesi.

In caso di risposta negativa:

3)      Se gli articoli 20, paragrafo 2, TFUE e 21 TFUE (…) nonché l’articolo 10 del regolamento n. 1408/71 (…) debbano essere interpretati nel senso che ostano a che la disposizione nazionale prevista all’articolo 138, paragrafi 1 e 2, della [legge sulle pensioni di vecchiaia], sia applicata in modo da consentire all’ente di richiedere il rimborso delle indennità pensionistiche versate negli ultimi tre anni ad una persona che dal 1975 al 2009 abbia avuto contemporaneamente due luoghi di residenza abituale (due centri degli interessi vitali) in due paesi, attualmente appartenenti all’Unione europea, qualora la suddetta persona nel corso dell’istruttoria relativa alla domanda di pensione e successivamente al suo percepimento non sia stata informata dall’ente previdenziale polacco anche della necessità di rendere nota la residenza abituale in due paesi e di presentare una domanda o una dichiarazione di elezione dell’ente previdenziale di uno dei due paesi in quanto competente per il trattamento delle domande di pensione».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

21.      L’ordinanza di rinvio è stata registrata presso la cancelleria della Corte il 14 dicembre 2010.

22.      Hanno presentato osservazioni scritte lo ZUS, i governi polacco e tedesco, nonché la Commissione.

23.      Nel corso dell’udienza del 1° marzo 2012 hanno presentato oralmente le loro osservazioni i rappresentanti dello ZUS, della Repubblica di Polonia, della Repubblica federale di Germania e della Commissione.

V –    Analisi

24.      Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha formulato tre questioni che, in sintesi, sollevano il seguente problema: se una persona, che abbia risieduto contemporaneamente in due paesi dal 1975, e alla quale nel 1990 sia stata riconosciuta una pensione di vecchiaia in uno di essi, possa invocare il diritto dell’Unione per contestare la legittimità di una decisione con cui, 19 anni dopo, la si priva di tale pensione e le si chiede il rimborso degli importi percepiti negli ultimi tre anni.

25.      Data la loro formulazione le tre questioni sembrano partire da una serie di presupposti di cui, in alcuni casi, occorrerà verificare l’esattezza, dando luogo a una riformulazione del loro tenore e all’aggiunta di alcune considerazioni supplementari che, pur non essendo esplicitamente richieste nell’ordinanza di rinvio, a mio avviso contribuiranno ad offrire una risposta il più utile e completa possibile per la soluzione della controversia nella causa principale.

A –    Prima questione pregiudiziale

1.      Sulla possibilità di avere una doppia residenza ai fini della previdenza sociale

26.      La prima questione prende già come punto di partenza l’esistenza di una situazione di fatto relativa alla doppia residenza della sig.ra Wencel in Polonia e in Germania contemporaneamente, circostanza a cui il giudice del rinvio sembra voler attribuire una certa rilevanza giuridica. In particolare, si chiede se al beneficiario di una pensione di vecchiaia che abbia avuto la doppia residenza in due Stati membri, «di cui uno diverso da quello nel quale si trova l’istituzione debitrice della pensione», possa applicarsi la protezione garantita dall’articolo 10 del regolamento n. 1408/71, in combinato disposto con l’articolo 21 TFUE e con l’articolo 20, paragrafo 2, TFUE.

27.      In primo luogo, però, ritengo necessario precisare che la dichiarazione di una doppia residenza, in due Stati membri distinti, ai fini della previdenza sociale, non sembra essere possibile in base all’economia del regolamento n. 1408/71, né tanto meno si può reclamare alla luce del Trattato.

28.      Gran parte delle norme di coordinamento dei regimi di sicurezza sociale contenute nel citato regolamento n. 1408/71 utilizzano la residenza dell’interessato come «nesso di collegamento» per stabilire quale sia la normativa applicabile o l’ente competente. Così, ad esempio, la residenza determina quale sia la normativa applicabile in materia di previdenza sociale nel caso della persona che esercita un’attività nel territorio di più Stati membri [articolo 14, paragrafo 2, lettera b), e articolo 14 bis, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71] o nei casi in cui alla persona «cessi d’essere applicabile la legislazione di uno Stato membro senza che ad essa divenga applicabile la legislazione di un altro Stato membro» [articolo 13, paragrafo 2, lettera f)]. Parimenti, il criterio della residenza consente di stabilire quale sia l’ente competente a concedere, ad esempio, le prestazioni speciali a carattere non contributivo (articolo 10 bis, paragrafo 1).

29.      Il riconoscimento di effetti giuridici ad una situazione di doppia residenza renderebbe inapplicabili queste e molte altre disposizioni del regolamento n. 1408/71 e violerebbe il principio di unicità della legislazione applicabile che, insieme a quello dell’uguaglianza e del mantenimento dei diritti acquisiti e in via di acquisizione, costituisce uno dei principi fondamentali che disciplinano questa normativa dell’Unione (5).

30.      Secondo una costante giurisprudenza della Corte le disposizioni del titolo II del regolamento n. 1408/71 costituiscono un sistema completo ed uniforme di norme di conflitto volto a far sì che i lavoratori che si spostano all’interno dell’Unione siano soggetti al regime previdenziale di un solo Stato membro, in modo da evitare l’applicazione cumulativa di normative nazionali e le complicazioni che possono derivarne (6). Orbene, la determinazione di un luogo unico di residenza a fini previdenziali consente, tra l’altro, di evitare il cumulo delle prestazioni vietato dal regolamento n. 1408/71 (articolo 12).

31.      Una situazione come quella della sig.ra Wencel, in cui la persona ha vari centri degli interessi vitali di pari importanza in più di uno Stato membro, non è per nulla eccezionale. Consapevole di ciò, il legislatore dell’Unione ha elencato gli elementi di cui tener conto per determinare la residenza di una persona, specificando che, in caso di divergenza di punti di vista tra le istituzioni interessate anche dopo la valutazione globale di detti elementi, si presterà attenzione alla volontà della persona (7). Di conseguenza, sia per scelta o, in assenza di ciò, per elezione, la determinazione di un’unica residenza ai fini della previdenza sociale è inevitabile.

32.      Del resto, a mio avviso, una disposizione che, ai fini previdenziali, obblighi ad indicare un unico luogo di residenza e impedisca il riconoscimento di effetti giuridici ad una doppia residenza, di fatto, non viola, di per sé e per questa sola circostanza, gli articoli 20 TFUE e 21 TFUE, invocati dal giudice del rinvio. Nel caso di specie, come si vedrà in prosieguo, la revoca della pensione polacca non doveva impedire alla sig.ra Wencel la possibilità di rivolgersi alle autorità tedesche per ottenere la prestazione corrispondente. Pertanto, l’obbligo di indicare un solo Stato membro di residenza non determina in linea di principio uno svantaggio per l’interessata, la quale poteva inoltre chiedere in Germania la totalizzazione dei periodi contributivi maturati in Polonia.

33.      In conclusione ritengo che occorra senz’altro rispondere alla prima questione pregiudiziale nel senso che il regolamento n. 1408/71 osta alla possibilità di dichiarare una doppia residenza ai fini della previdenza sociale e che ciò non viola né l’articolo 20, paragrafo 2, TFUE né l’articolo 21 TFUE.

2.      Sull’applicabilità al caso di specie del diritto dell’Unione e, in particolare, dell’articolo 10 del regolamento n. 1408/71

34.      Orbene, per fornire al giudice del rinvio una risposta il più utile possibile ai fini della risoluzione della controversia nel procedimento principale, la conclusione di cui sopra deve essere completata precisando che l’articolo 10 del regolamento n. 1408/71, invocato da detto giudice nella sua domanda, non risulta applicabile al caso di specie. Come si vedrà, il diritto dell’Unione assume scarso rilievo nella fattispecie, essenzialmente disciplinata da una convenzione internazionale (a); inoltre, le circostanze del caso in questione non possono essere ricomprese nella fattispecie di cui al citato articolo 10 (b).

a)      L’applicabilità della Convenzione tedesco-polacca del 1975

35.      Ovviamente nel 1990, anno in cui lo ZUS ha riconosciuto alla sig.ra Wencel una pensione di vecchiaia, il diritto dell’Unione e, in particolare, il regolamento n. 1408/71, non trovava applicazione in Polonia. Per contro, vigeva la Convenzione tedesco-polacca del 9 ottobre 1975 sulle disposizioni per la vecchiaia e gli infortuni sul lavoro.

36.      La Convenzione del 1975 aveva il carattere di un accordo sulle pensioni rientrante nella categoria dei cosiddetti accordi «di integrazione», concluso con l’intento di risolvere i problemi in materia di previdenza sociale sorti tra la Repubblica federale di Germania e la Polonia a seguito delle modifiche territoriali e degli spostamenti di popolazione derivanti dalla prima e dalla seconda guerra mondiale (8). Ai sensi dell’articolo 4 della Convenzione, la competenza per la concessione di pensioni spettava all’«ente previdenziale del paese nel cui territorio risiede il beneficiario, in conformità della vigente normativa applicabile a detto ente», con perdita del diritto a detta pensione qualora l’interessato cessasse di risiedere nel territorio del paese il cui ente previdenziale ha calcolato la pensione.

37.      Come ha affermato il governo tedesco, una convenzione basata sul principio di esportazione delle pensioni e sulla protezione dei diritti acquisiti nel paese di origine non poteva essere attuata nel contesto politico dell’epoca (1975), così come non lo poteva un fenomeno di migrazione professionale normale. In quel contesto specifico, in sintesi, ogni Stato firmatario si era assunto l’obbligo di pagamento delle pensioni dei residenti nel proprio territorio, impegnandosi però a tener conto, ai fini del calcolo della pensione, dei periodi contributivi maturati nell’altro Stato (9).

38.      Al momento della presentazione della richiesta di pensione di vecchiaia da parte della sig.ra Wencel il caso sembrava puramente interno: lo ZUS aveva concesso – e aveva successivamente sempre erogato – una pensione, conformemente alla normativa polacca, a una persona che aveva lavorato e versato i contributi in Polonia e che non aveva mai comunicato di risiedere in un altro paese. Orbene, occorre considerare che se, nel 1990, le autorità polacche avessero appurato che la residenza della sig.ra Wencel, determinata secondo i criteri previsti dal diritto polacco, era in Germania e non in Polonia, le avrebbero negato la pensione di cui trattasi, dato che, conformemente alla Convenzione tedesco-polacca del 1975, la sua eventuale concessione spettava agli enti previdenziali tedeschi. L’istituzione debitrice avrebbe dovuto essere quella tedesca e il calcolo della pensione avrebbe dovuto essere effettuato conformemente alla normativa tedesca allora in vigore, benché tenendo conto anche dei periodi contributivi totalizzati in Polonia.

39.      Pertanto è del tutto legittimo considerare che, se nel 1990 risiedeva in Germania, la sig.ra Wencel avrebbe potuto chiedere alle autorità tedesche la pensione di vecchiaia, il cui calcolo sarebbe avvenuto prendendo in considerazione gli anni contributivi maturati in Polonia (10). La Convenzione del 1975, invece, non poteva contemplare la richiesta rivolta alle autorità polacche.

40.      Questo è stato il criterio che, a quanto pare, ha ispirato le decisioni controverse nel procedimento principale, le quali prevedevano la revoca della pensione della sig.ra Wencel, disponendo a suo carico il rimborso degli importi corrispondenti agli ultimi tre anni. Tali decisioni sono disciplinate anche dalla Convenzione del 1975, malgrado siano state adottate successivamente all’adesione della Polonia all’Unione europea.

41.      Infatti, sebbene il regolamento n. 1408/71 fosse già applicato in Polonia fin dall’adesione di questo paese all’Unione, avvenuta nel 2004, sostituendo le convenzioni in materia di sicurezza sociale tra Stati membri (articolo 6 del regolamento), l’articolo 7 del medesimo prevede alcune eccezioni a questa norma, una delle quali trova applicazione al caso di specie.

42.      Così, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1408/71, nonostante quanto disposto nell’articolo 6, rimangono applicabili «talune disposizioni delle convenzioni di sicurezza sociale concluse dagli Stati membri prima della data di applicazione del presente regolamento, a condizione che siano più favorevoli per i beneficiari o se connesse a circostanze storiche specifiche e con un effetto limitato nel tempo, e purché siano menzionate nell’allegato III».

43.      La lettera c) prevede, quindi, l’applicazione eccezionale delle disposizioni delle convenzioni di sicurezza sociale elencate nell’allegato III del regolamento quando siano più favorevoli per il beneficiario o, in ogni caso, siano connesse a circostanze storiche specifiche e abbiano un effetto limitato nel tempo.

44.      A mio avviso, in quanto la Convenzione tedesco-polacca del 1975 viene espressamente menzionata, con carattere generale, nella parte A, punto 19, lettera a), del suddetto allegato III (11), la sua approvazione è dipesa dalle circostanze storiche specifiche suesposte e in quanto il suo effetto nel tempo, secondo quanto previsto nella citata Convenzione del 1990, è limitato, la sua applicazione alla pensione di vecchiaia in questione, con prevalenza sul regolamento n. 1408/71, deve essere considerata incondizionata, senza la necessità di esaminare se la disposizione che si intende applicare sia o meno più favorevole per il beneficiario rispetto a quella derivata dal diritto dell’Unione.

45.      Senza dubbio, in linea di principio, la giurisprudenza non osta a un’applicazione simultanea di questo tipo di convenzioni e della normativa comunitaria, nella misura in cui ciò sia possibile. La sentenza Torrekens (12) ha difatti precisato che il cosiddetto regolamento n. 3 (precedente al regolamento n. 1408/71) resta applicabile «nei limiti in cui tali convenzioni non ostano alla sua applicazione» (punto 21).

46.      D’altro canto, nella sentenza TNT Express Nederland (13), in relazione all’articolo 71 del regolamento (CE) n. 44/2001 (14), la Corte ha affermato che una disposizione dell’Unione che dà precedenza all’applicazione di una convenzione «non può avere una portata in conflitto con i principi sottesi al contesto normativo cui pertiene» né «portare a risultati meno favorevoli alla realizzazione del buon funzionamento del mercato interno di quelli cui condurrebbero le disposizioni del detto regolamento» (punto 51).

47.      Questa stessa idea emerge ugualmente da una giurisprudenza secondo cui, nonostante il carattere imperativo della norma generale di sostituzione delle convenzioni di sicurezza sociale da parte del regolamento n. 1408/71 e il carattere strettamente eccezionale delle deroghe previste nell’articolo 7 e, in particolare, nell’allegato III, le libertà del Trattato «ostano a che un lavoratore perda vantaggi previdenziali a causa dell’inapplicabilità, per effetto dell’entrata in vigore del regolamento n. 1408/71, delle convenzioni vigenti tra due o più Stati membri» (15).

48.      Tuttavia, ritengo che, in ogni caso, le libertà di circolazione restino tutelate nella presente causa. Dichiarando nel 2009 che l’istituzione debitrice della pensione appartiene ad un altro Stato membro, lo ZUS non causa alla sig.ra Wencel una «perdita» di vantaggi sociali o di diritti acquisiti, per il semplice motivo che il diritto a una pensione polacca non è mai esistito. Né, in linea di principio, determina a sfavore della medesima una situazione meno favorevole che avrebbe potuto ostacolare la sua circolazione all’interno dell’Unione, poiché la revoca della pensione polacca non privava l’interessata del suo diritto a richiederla in Germania.

49.      Di conseguenza, l’esame effettuato nel 2009 sulla regolarità della decisione del 1990 era svolto sulla base della Convenzione del 1975. Il diritto dell’Unione è privo di rilevanza quando si tratta di stabilire se la decisione dello ZUS del 1990 relativa alla concessione di una pensione polacca fosse legittima o meno e, di conseguenza, se nel 2009 fosse opportuno o meno annullarla. Solo nel caso in cui si dimostrasse che nel 1990 la sig.ra Wencel risiedeva abitualmente in Polonia ai fini della previdenza sociale si potrebbe contestare la validità della decisione dello ZUS, ciò, tuttavia, nel quadro della Convenzione del 1975 e delle regole sulla determinazione della residenza contenute in esso e nella stessa normativa polacca.

b)      La fattispecie in discussione non viene contemplata nell’articolo 10 del regolamento n. 1408/71

50.      D’altra parte, come ho anticipato, la fattispecie qui in discussione non viene contemplata nell’articolo 10 del regolamento n. 1408/71, applicabile a circostanze chiaramente diverse da quelle oggetto della controversia nel procedimento principale.

51.      Conformemente al suo tenore letterale l’articolo 10 offre tutela contro qualsiasi pregiudizio che, in relazione alle pensioni, possa derivare dal fatto che «il beneficiario risiede nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale si trova l’istituzione debitrice». Secondo quanto esposto in precedenza, tuttavia, questa separazione tra la sede dell’istituzione debitrice e il luogo di residenza dell’interessato non poteva sussistere nel caso della sig.ra Wencel. Nella Convenzione del 1975 tale residenza determinava il paese che si faceva carico dell’erogazione della pensione; di conseguenza, o la sig.ra Wencel risiedeva in Germania, e in questo caso l’istituzione debitrice era quella tedesca, o ella risiedeva in Polonia, ipotesi in cui l’erogazione della pensione spettava quindi alle autorità polacche. D’altra parte, nella misura in cui, come si è visto, una situazione di «doppia residenza» non viene contemplata nell’ambito del regolamento n. 1408/71 (16), in nessun modo la situazione controversa potrebbe rientrare nella fattispecie di cui all’articolo 10.

52.      In definitiva, siamo di fonte a presupposti di fatto diversi e per questo non è possibile invocare, nel caso di specie, la tutela che potrebbe offrire l’articolo 10 del regolamento n. 1408/71.

53.      Al di là di tutte le considerazioni svolte in precedenza e al fine di fornire al Sąd Apelacyjny una risposta utile, occorre aggiungere che l’articolo 10 in effetti potrebbe essere pertinente nella nuova situazione in cui sembra trovarsi la sig.ra Wencel da quando, in seguito al decesso del marito, è tornata a risedere stabilmente in Polonia.

54.      Sicuramente questo eventuale cambio di residenza (la cui effettività dovrà essere accertata, in ogni caso, dal giudice nazionale) non altererebbe la legittimità della decisione dello ZUS del 1990 che, come già indicato, deve essere comunque sempre esaminata alla luce della Convenzione del 1975. A tal proposito occorre rammentare che, ai sensi dell’articolo 94 del regolamento n. 1408/71, detto regolamento non origina alcun diritto per un periodo precedente alla data della sua applicazione nel territorio dello Stato membro interessato. Questa previsione è coerente con il principio della certezza del diritto che, come afferma la giurisprudenza, osta a che un regolamento venga applicato retroattivamente, a prescindere dalle conseguenze favorevoli o sfavorevoli che detta applicazione potrebbe comportare per l’interessato (17). Di conseguenza, anche se fosse intervenuto un cambio di residenza in Polonia nel 2009, l’istituzione debitrice della pensione della sig.ra Wencel continuerebbe ad essere, conformemente alla Convenzione del 1975, l’ente previdenziale tedesco. Tale circostanza non consente di modificare la legittimità di una decisione adottata e di un diritto sorto durante la vigenza esclusiva della Convenzione citata.

55.      Tuttavia, è generalmente riconosciuto anche il principio secondo cui, benché abbia validità solo per l’avvenire, salvo deroghe, la nuova norma deve applicarsi anche agli effetti futuri di situazioni sorte sotto l’impero della legge precedente (18). Si può per tale motivo affermare che il diritto dell’Unione potrebbe invero generare alcuni effetti relativamente all’attuale concreta erogazione della pensione tedesca in questione.

56.      Come già indicato, l’articolo 4, paragrafo 3, della Convenzione del 1975 dispone che le pensioni «sono riconosciute solamente per il periodo di residenza dell’interessato nel territorio del paese in cui l’ente previdenziale ha stabilito il diritto alla pensione». Dopo l’adesione all’Unione, tuttavia, gli Stati membri devono garantire che l’applicazione di questa norma avvenga nel rispetto del diritto dell’Unione. Di conseguenza, occorre dichiarare che, essendosi l’interessata trasferita in Polonia in date successive all’adesione di detto Stato all’Unione, i suoi diritti pensionistici «saranno esportati» conformemente al regolamento n. 1408/71. Ai sensi della Convenzione, applicabile nel momento in cui è sorto il diritto, l’istituzione debitrice della pensione continuerebbe ad essere quella tedesca, ma la sig.ra Wencel potrebbe richiedere la sua pensione di vecchiaia in Polonia e, eventualmente, esigere anche l’«esportazione» della propria pensione di reversibilità tedesca.

57.      Anzi, il ritorno in Polonia non potrebbe incidere negativamente sull’interessata. Questa situazione, difatti, già rientra pienamente nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71 e, in particolare, del suo articolo 10, poiché la sig.ra Wencel risiederebbe nel territorio di uno Stato membro (Polonia) diverso da quello in cui si trova l’istituzione debitrice (Germania). Ai sensi del suddetto articolo tale situazione non potrebbe causare alcuna riduzione, modifica, soppressione o sospensione delle prestazioni. Ovviamente, l’efficacia di questa norma è limitata alle pensioni dovute dal momento del ritorno della sig.ra Wencel in Polonia, senza però riguardare decisioni concernenti pensioni dovute prima di quel momento. Se del caso, quindi, sarà importante accertare il momento del ritorno per stabilire la regolarità della decisione dello ZUS del 2009 con la quale ha ingiunto all’interessata la restituzione delle prestazioni dei tre anni precedenti.

3.      Conclusione alla prima questione pregiudiziale

58.      In conclusione, la risposta alla prima questione pregiudiziale impone di precisare, in primo luogo e in via preliminare, che la dichiarazione di una doppia residenza ai fini della previdenza sociale non rientra nell’ambito del regolamento n. 1408/71 e che l’esclusione di tale possibilità non viola l’articolo 20, paragrafo 2, TFUE né l’articolo 21 TFUE. In secondo luogo, occorre precisare che il diritto dell’Unione (in particolare il regolamento n. 1408/71) non rileva ai fini della valutazione della legittimità concernente una decisione di concessione di una pensione polacca nel 1990, e che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1408/71, i diritti alla pensione riconosciuti a una cittadino polacco che abbia lavorato e versato i contributi in Polonia, ma che abbia trasferito la propria residenza in Germania prima del 1990, continuano ad essere disciplinati dalla Convenzione tedesco-polacca del 9 ottobre 1975 sulle disposizioni per la vecchiaia e gli infortuni sul lavoro. Ciò posto, detta situazione non rientra nell’articolo 10 del regolamento n. 1408/71.

59.      Orbene, qualora il titolare della pensione fosse tornato a risiedere in Polonia dopo l’adesione di detto paese all’Unione europea questo ritorno non potrebbe comportare, in applicazione dell’articolo 10 del regolamento n. 1408/71, alcuna riduzione, modifica, sospensione, soppressione o confisca dei suddetti diritti alla pensione.

B –    Seconda e terza questione pregiudiziale

60.      Con la seconda e la terza questione pregiudiziale, che occorre analizzare congiuntamente, il giudice polacco chiede alla Corte se l’articolo 21 TFUE e l’articolo 20, paragrafo 2, TFUE, nonché l’articolo 10 del regolamento n. 1408/71 si oppongano a decisioni quali quelle adottate dallo ZUS nel 2009, con cui si sottrae il diritto a una pensione di vecchiaia e si chiede il rimborso degli importi corrispondenti agli ultimi tre anni a una persona che «abbia avuto contemporaneamente due luoghi di residenza abituale (due centri degli interessi vitali) in due paesi, attualmente appartenenti all’Unione europea» e che «prima del 2009 non abbia presentato domanda né certificato di trasferimento del proprio luogo di residenza in uno di tali paesi», tenendo conto del fatto che, nel corso dell’adozione della decisione sulla richiesta di concessione della pensione e dopo averla percepita, detta persona non è stata «informata dall’ente previdenziale polacco della necessità di rendere nota la residenza abituale in due paesi e della necessità di presentare una domanda o una dichiarazione di elezione dell’ente previdenziale di uno dei due paesi, competente per il trattamento delle domande di pensione».

61.      Entrambe le questioni, al pari della prima, partono dal presupposto dell’eventuale riconoscimento di effetti giuridici ad una situazione di fatto della doppia residenza in due Stati membri. Escluso il presupposto della doppia residenza, data la loro formulazione, anche queste due ultime questioni risultano irrilevanti.

62.      Orbene, al fine di offrire, ancora una volta, una risposta utile al giudice del rinvio, ritengo necessario fare una precisazione sul riferimento di detto giudice all’operato dello ZUS e della stessa interessata nella procedura di richiesta, concessione e percepimento della pensione.

63.      Secondo quanto affermato nell’ordinanza di rinvio della questione pregiudiziale, la sig.ra Wencel avrebbe omesso qualsiasi dichiarazione circa il cambiamento del luogo di residenza e, da parte sua, lo ZUS non l’avrebbe informata della necessità di effettuare questa dichiarazione. Come sembra suggerire il Sąd Apelacyjny, tali circostanze potrebbero eventualmente rilevare ai fini dell’analisi della legittimità relativa alle decisioni dello ZUS del 2009 alla luce del diritto dell’Unione (19).

64.      Fatto salvo, infatti, quanto esposto in precedenza sull’applicabilità al caso di specie della Convenzione del 1975, il regolamento n. 1408/71 dovrebbe applicarsi come parametro di legittimità della decisione dello ZUS del 2009 laddove riguardi gli aspetti formali o procedurali.

65.      Così, l’articolo 84 bis del regolamento, relativo ai rapporti tra le istituzioni e le persone cui lo stesso si applica, risulta rilevante per valutare se, con l’adozione della decisione del 2009, lo ZUS abbia rispettato le norme di attuazione che detto articolo, pienamente in vigore alla data di riferimento, gli imponeva nei suoi rapporti con la sig.ra Wencel.

66.      Nella misura in cui il citato articolo 84 bis regola aspetti puramente formali dei rapporti tra l’ente previdenziale di uno Stato membro e le persone cui si applica il regolamento, e non riguarda il merito della decisione del 2009, non è possibile contestare la sua applicabilità al caso in questione (20). In particolare, non può obiettarsi che il regolamento n. 1408/71 non miri a regolamentare la procedura di restituzione di prestazioni indebitamente percepite. In effetti, la concreta disciplina di detta procedura spetta a ciascuno Stato membro, ma, in ogni caso, dovrà rispettare il diritto dell’Unione.

67.      In sintesi, l’articolo 84 bis, paragrafo 1, impone un obbligo reciproco di informazione e cooperazione alle istituzioni e alle persone cui si applica il regolamento che si concretizza, per le prime, nell’obbligo di «comunica[re] (…) alle persone interessate qualsiasi informazione necessaria per far valere i diritti loro conferiti dal presente regolamento» e, per le seconde, nell’obbligo di «informare quanto prima le istituzioni dello Stato competente e dello Stato di residenza in merito ad ogni cambiamento nella loro situazione personale o familiare che incida sui loro diritti alle prestazioni previste dal presente regolamento».

68.      Spetterà al giudice nazionale stabilire se lo ZUS e la sig.ra Wencel abbiano adempiuto i propri obblighi di cooperazione, informazione e buona amministrazione e la misura in cui un eventuale inadempimento degli stessi potrebbe comportare l’annullamento della decisione del 2009.

69.      Per quanto concerne l’operato della sig.ra Wencel, occorre tener conto anche del fatto che, ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo, la mancata osservanza dell’obbligo di informare le istituzioni nazionali competenti può costituire oggetto di misure conformemente al diritto nazionale. Orbene, la disposizione specifica che tali misure devono essere «proporzionate», per cui il giudice nazionale dovrà valutare se la revoca della pensione e la richiesta di restituzione degli importi indebitamente percepiti costituiscano una misura «proporzionata» di fronte ad un eventuale inadempimento dell’obbligo di informazione della sig.ra Wencel.

70.      In conclusione, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione pregiudiziale enunciando che qualsiasi decisione delle autorità previdenziali polacche, successiva alla data di adesione della Polonia all’Unione europea, dovrà rispettare gli obblighi formali di cui all’articolo 84 bis del regolamento n. 1408/71, e ciò anche nel caso in cui si tratti di decisioni relative a diritti pensionistici che non siano disciplinati dal diritto dell’Unione. Spetterà al giudice nazionale competente stabilire se, nel caso in questione, si sia verificato un inadempimento di tali obblighi ed, eventualmente, quali conseguenze possano esserne legittimamente e proporzionalmente tratte.

VI – Conclusione

71.      Di conseguenza, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dal Sąd Apelacyjny – Sąd Pracy i Ubezpieczeń Społecznych w Białymstoku (Polonia) nel seguente modo:

«1)      La dichiarazione di una doppia residenza ai fini della previdenza sociale non rientra nell’ambito del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità. L’esclusione di una tale possibilità non viola l’articolo 20, paragrafo 2, TFUE né l’articolo 21 TFUE.

      Il diritto dell’Unione (in particolare il regolamento n. 1408/71) non rileva ai fini della valutazione della legittimità di una decisione riguardante la concessione di una pensione polacca nel 1990. Conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1408/71, i diritti alla pensione riconosciuti a un cittadino polacco che abbia lavorato e versato i contributi in Polonia, ma che abbia trasferito la propria residenza in Germania prima del 1990, continuano a essere disciplinati dalla Convenzione tedesco-polacca del 9 ottobre 1975 sulle disposizioni per la vecchiaia e gli infortuni sul lavoro.

      Detta situazione, d’altronde, non rientra, nell’ambito dell’articolo 10 del regolamento n. 1408/71. Orbene, qualora il titolare della pensione fosse tornato a risiedere in Polonia dopo l’adesione di detto paese all’Unione europea, tale ritorno non potrebbe comportare, in applicazione dell’articolo 10 del regolamento n. 1408/71, alcuna riduzione, modifica, sospensione, soppressione o confisca dei suddetti diritti alla pensione.

2)      Qualsiasi decisione delle autorità previdenziali polacche successiva alla data di adesione della Polonia all’Unione europea dovrà rispettare gli obblighi formali di cui all’articolo 84 bis del regolamento n. 1408/71, anche nel caso in cui si tratti di decisioni relative a diritti pensionistici che non siano disciplinati dal diritto dell’Unione. Spetterà al giudice nazionale competente stabilire se, nel caso in questione, si sia verificato un inadempimento di tali obblighi ed, eventualmente, quali conseguenze possano esserne legittimamente e proporzionalmente tratte».


1 –      Lingua originale: lo spagnolo.


2 –      Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU L 149, pag. 2), più volte modificato (in prosieguo: il «regolamento n. 1408/71»).


3 –      Dz. U. del 1976, n. 16, pos. 101 (in prosieguo: la «Convenzione del 1975»).


4 –      Versione consolidata: Dz. U del 2009, n. 153, pos. 1227 (in prosieguo: la «legge in materia di pensioni»).


5 –      Il nuovo regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166, pag. 1), parte dai medesimi principi.


6 –      V., in particolare, sentenza del 10 luglio 1986, Luijten (60/85, Racc. pag. 2365).


7 –      Articolo 11 del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 284, pag. 1).


8 –      Nello stesso contesto, e nell’ambito del medesimo principio di «integrazione», in Germania era stato approvato il Fremdrentengesetz (legge del 28 settembre 1958 relativa ai diritti pensionistici acquisiti mediante contribuzione all’estero). V., a tal proposito, sentenza del 18 dicembre 2007, Habelt e a. (C‑396/05, C‑419/05 e C‑450/05, Racc. pag. I‑11895, punti 101‑104).


9 –      Una volta cambiato tale contesto, nel 1990, entrambi i paesi hanno firmato una nuova convenzione che, tuttavia, non risulta applicabile al caso di specie poiché, conformemente all’articolo 27, paragrafo 2, della nuova Convenzione sulla sicurezza sociale dell’8 dicembre 1990, la Convenzione del 1975 continuerà ad applicarsi alle persone che hanno cambiato residenza prima del 1990.


10 –      Si noti tuttavia che, secondo i dati presentati all’udienza, è probabile che, in questo caso, la sig.ra Wencel non avrebbe avuto diritto a una pensione di vecchiaia fino a cinque anni dopo, poiché la normativa tedesca in materia di pensioni, la quale avrebbe dovuto essere applicata al suo caso, fatta salva la totalizzazione dei periodi contributivi, stabiliva un’età pensionabile di cinque anni maggiore rispetto a quella polacca (65 anni invece di 60).


11 –      Occorre tener conto del fatto che il punto 19 dell’allegato III fa riferimento alla Convenzione del 1975 nel complesso, a differenza di altri punti in cui vengono menzionate solo determinate norme specifiche di altre convenzioni.


12 –      Sentenza del 7 maggio 1969 (28/68, Racc. pag. 125).


13 –      Sentenza del 4 maggio 2010 (C‑533/08, Racc. pag. I‑4107).


14 –      Regolamento del Consiglio del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 12, pag. 1).


15 –      Sentenza Habelt e a., cit. (punti 118 e 119). V., altresì, sentenze del 7 febbraio 1991, Rönfeldt (C‑227/89, Racc. pag. I‑323), e del 5 febbraio 2002, Kaske (C‑277/99, Racc. pag. I‑1261). Tuttavia, la giurisprudenza precisa che siffatto principio non può applicarsi ai lavoratori che non hanno esercitato il diritto alla libera circolazione prima dell’entrata in vigore del regolamento (sentenza del 9 novembre 1995, Thévenon, C‑475/93, Racc. pag. I‑3813).


16 –      Molto probabilmente la Convenzione del 1975, applicabile al caso di specie, risponde in questo punto preciso alla stessa logica del regolamento n. 1408/71. Anche a rischio di entrare in un ambito che esula dalla competenza della Corte, credo di potere affermare con una certa sicurezza che, alla luce della descrizione della Convenzione resa dagli intervenienti, questa situazione giuridica di doppia residenza sarebbe, se possibile, più difficile nel contesto e nelle circostanze che hanno dato luogo alla Convenzione, piuttosto che nel contesto della normativa dell’Unione, nella misura in cui sembra che la residenza sia l’unico criterio o nesso di collegamento pertinente in tale contesto giuridico.


17 –      Sentenza del 18 aprile 2002, Duchon (C‑290/00, Racc. pag. I‑3567, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).


18 –      Sentenza Duchon, cit. (punto 21 e giurisprudenza ivi citata).


19 –      Nel corso dell’udienza si è anche fatto riferimento alle conseguenze che una recente sentenza della Corte costituzionale polacca, pronunciata il 28 febbraio 2012 (causa K 5/11), potrebbe comportare sulla legittimità della decisione dello ZUS del 2009, nella misura in cui quest’ultima è stata adottata sulla base dell’articolo 114, paragrafo 1, della legge polacca in materia di pensioni. La citata sentenza ha dichiarato incostituzionale un’altra disposizione della menzionata legge, vale a dire il paragrafo 1a di detto articolo 114, ai sensi del quale è necessario effettuare un riesame se si dimostra che le prove presentate non costituivano una base sufficiente per la determinazione del diritto in questione o dell’importo delle prestazioni. Sebbene detta sentenza non escluda categoricamente che la richiamata dichiarazione di incostituzionalità del paragrafo 1a possa avere ripercussioni sul paragrafo 1 (riferendosi, in particolare, allo stretto vincolo esistente tra i due paragrafi), si tratta di una questione che, in ogni caso, esula dalle competenze della Corte di giustizia.


20 –      Ciò posto, nulla impedisce comunque alla Corte di pronunciarsi al riguardo poiché, secondo una copiosa giurisprudenza, essa può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione cui il giudice nazionale non ha fatto riferimento nelle questioni pregiudiziali. V., per tutte, sentenza dell’8 dicembre 2011, Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑157/10, Racc. pag. I‑13023, punto 19).