Language of document : ECLI:EU:C:2016:109

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 23 febbraio 2016 (1)

Causa C‑117/15

Reha Training Gesellschaft für Sport- und Unfallrehabilitation mbH

contro

Gesellschaft für musikalische Aufführungs- und mechanische Vervielfältigungsrechte (GEMA)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht Köln (tribunale regionale di Colonia, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Diritto d’autore e diritti connessi nella società dell’informazione – Ambito di applicazione delle direttive 2001/29/CE e 2006/115/CE – Interpretazione della nozione di “comunicazione al pubblico” – Diffusione di programmi televisivi nei locali di un centro di riabilitazione»





1.        Con le sue questioni pregiudiziali, il Landgericht Köln (tribunale regionale di Colonia) intende sapere se una situazione come quella oggetto del procedimento principale, in cui il gestore di un centro di riabilitazione installa nei suoi locali apparecchi televisivi ai quali invia un segnale di trasmissione rendendo così visibili i programmi televisivi per i suoi pazienti, costituisca una «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (2), e dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (3), e se la nozione di «comunicazione al pubblico», quale prevista da queste due disposizioni, debba essere interpretata in modo uniforme.

2.        Tali questioni vengono sottoposte alla Corte nell’ambito di una controversia tra la Reha Training Gesellschaft für Sport- und Unfallrehabilitation mbH (in prosieguo: la «Reha Training»), che gestisce un centro di riabilitazione, e la Gesellschaft für musikalische Aufführungs- und mechanische Vervielfältigungsrechte (in prosieguo: la «GEMA»), che è incaricata della gestione collettiva dei diritti di autore nel settore musicale in Germania, vertente sul rifiuto di versare remunerazioni sui diritti di autore e i diritti connessi relativamente alla messa a disposizione di opere protette nei locali della Reha Training.

3.        La Corte è già stata chiamata a più riprese a interpretare la nozione di «comunicazione al pubblico», nozione per la quale adotta un’interpretazione estensiva. A tal fine, essa ha elaborato quattro criteri di valutazione, vale a dire l’esistenza di un «atto di comunicazione» per il quale è imprescindibile il ruolo dell’utente, la comunicazione di un’opera protetta a un «pubblico», il carattere «nuovo» di tale pubblico e il carattere «lucrativo» della comunicazione.

4.        La presente causa offre alla Corte la possibilità di rammentare e precisare la sua giurisprudenza in materia.

5.        Nelle presenti conclusioni illustrerò anzitutto i motivi per i quali ritengo che la nozione di «comunicazione al pubblico» debba essere definita in base ai medesimi criteri, sia essa prevista dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, oppure dall’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115.

6.        Spiegherò poi perché, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, gli articoli 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 siano entrambi applicabili.

7.        Esporrò infine i motivi per i quali, a mio parere, gli articoli 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 devono essere interpretati nel senso che una situazione come quella oggetto del procedimento principale, in cui il gestore di un centro di riabilitazione installa nei suoi locali apparecchi televisivi ai quali invia un segnale di trasmissione rendendo così visibili i programmi televisivi per i suoi pazienti, costituisca una «comunicazione al pubblico».

I –    Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      La direttiva 2001/29

8.        I considerando 9, 20 e 23 della direttiva 2001/29 sono così formulati:

«(9)      Ogni armonizzazione del diritto d’autore e dei diritti connessi dovrebbe prendere le mosse da un alto livello di protezione, dal momento che tali diritti sono essenziali per la creazione intellettuale. La loro protezione contribuisce alla salvaguardia e allo sviluppo della creatività nell’interesse di autori, interpreti o esecutori, produttori e consumatori, nonché della cultura, dell’industria e del pubblico in generale. Si è pertanto riconosciuto che la proprietà intellettuale costituisce parte integrante del diritto di proprietà.

(...)

(20)      La presente direttiva si basa su principi e regole già definiti dalle direttive in vigore in tal campo, tra cui [la direttiva 92/100/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1992, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (4), come modificata dalla direttiva 93/98/CEE del Consiglio, del 29 ottobre 1993] (5) e sviluppa detti principi e regole e li integra nella prospettiva della società dell’informazione. Le disposizioni della presente direttiva devono lasciare impregiudicate le disposizioni di dette direttive, salvo quanto diversamente previsto nella presente direttiva.

(…)

(23)      La presente direttiva dovrebbe armonizzare ulteriormente il diritto d’autore applicabile alla comunicazione di opere al pubblico. Tale diritto deve essere inteso in senso lato in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine. Detto diritto dovrebbe comprendere qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione, e non altri atti».

9.        L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva in parola dispone quanto segue:

«Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente».

10.      L’articolo 12, paragrafo 2, di detta direttiva così recita:

«La tutela dei diritti connessi ai sensi della presente direttiva non pregiudica e non incide in alcun modo sulla tutela del diritto d’autore».

2.      La direttiva 2006/115

11.      Secondo il considerando 3 della direttiva 2006/115:

«L’adeguata tutela delle opere oggetto del diritto d’autore e delle realizzazioni protette dai diritti connessi attraverso il riconoscimento di un diritto di noleggio e di prestito, nonché la protezione delle realizzazioni tutelate dai diritti connessi tramite il riconoscimento del diritto di fissazione, di distribuzione, di radiodiffusione e di comunicazione al pubblico possono (…) essere considerate di importanza fondamentale per lo sviluppo economico e culturale della Comunità».

12.      L’articolo 8, paragrafo 2, di tale direttiva dispone quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono un diritto per garantire che una remunerazione equa e unica sia versata dall’utente allorché un fonogramma pubblicato a scopi commerciali, o una riproduzione del medesimo, è utilizzato per una radiodiffusione via etere o per una qualsiasi comunicazione al pubblico, e che detta remunerazione sia suddivisa tra gli artisti interpreti o esecutori e i produttori del fonogramma in questione. In caso di mancato accordo tra artisti interpreti o esecutori e produttori di fonogrammi, gli Stati membri possono stabilire i criteri per ripartire tra i medesimi questa remunerazione».

13.      La direttiva 2006/115 ha codificato e abrogato la direttiva 92/100, relativa al diritto di noleggio e di prestito. Gli articoli 8 di queste due direttive sono identici.

B –    Diritto tedesco

14.      L’articolo 15, paragrafo 2, della legge sul diritto d’autore e i diritti connessi [Gesetz über Urheberrecht und verwandte Schutzrechte, (Urheberrechtsgesetz)], del 9 settembre 1965 (6), nella versione applicabile alla data dei fatti oggetto del procedimento principale, così recita:

«L’autore ha (…) il diritto esclusivo di comunicare la sua opera al pubblico in forma immateriale (diritto di comunicazione al pubblico). Il diritto di comunicazione al pubblico comprende in particolare:

1.      il diritto di presentazione, esecuzione e rappresentazione (articolo 19);

2.      il diritto di messa a disposizione del pubblico (articolo 19 bis);

3.      il diritto di radiodiffusione (articolo 20);

4.      il diritto di comunicazione mediante supporti visivi o sonori (articolo 21);

5.      il diritto di trasmettere programmi radiofonici e di metterli a disposizione del pubblico (articolo 22)».

15.      L’articolo 15, paragrafo 3, di detta legge così recita:

«La comunicazione è pubblica quando è destinata a un numero elevato di membri del pubblico. Fanno parte del pubblico tutte le persone che non hanno rapporti personali con coloro che utilizzano l’opera né con altre persone che ricevono l’opera o vi hanno accesso in forma immateriale».

II – Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

16.      Il centro di riabilitazione gestito dalla Reha Training consente alle persone vittime di incidenti di beneficiare nei suoi locali di trattamenti postoperatori riabilitativi.

17.      Tali locali comprendono due sale d’aspetto e una palestra in cui la Reha Training, nel periodo compreso tra giugno 2012 e giugno 2013, ha diffuso programmi televisivi attraverso televisori installati in loco. Tali programmi erano quindi accessibili alle persone che si recavano nel centro di riabilitazione per sottoporsi a un trattamento.

18.      La Reha Training non ha mai chiesto alla GEMA un’autorizzazione alla diffusione. Quest’ultima ritiene che tale diffusione costituisca un atto di comunicazione al pubblico di opere del repertorio da essa gestito. Pertanto, la GEMA ha chiesto il pagamento, per il periodo compreso tra giugno 2012 e giugno 2013, di taluni importi calcolati in base alla tariffe vigenti a titolo di risarcimento dei danni.

19.      L’Amtsgericht Köln (tribunale regionale di Colonia) ha accolto tale ricorso. La Reha Training ha interposto appello contro la sentenza di primo grado dinanzi al Landgericht Köln (tribunale regionale di Colonia).

20.      Il giudice del rinvio, sulla base dei criteri elaborati dalla Corte nel contesto della direttiva 2001/29, ritiene che si tratti, nel procedimento principale, di una comunicazione al pubblico. Detto giudice muove inoltre dal presupposto che si applichino i medesimi criteri per stabilire se sussista una «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115. Il giudice remittente ritiene tuttavia di non potersi pronunciare in tal senso a motivo della sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140).

21.      Infatti in detta sentenza la Corte ha considerato che i pazienti di uno studio odontoiatrico non sono «gente in generale». Nella presente fattispecie, dal momento che coloro che non sono pazienti della Reha Training non possono accedere, in linea di principio, ai trattamenti forniti dalla medesima, detti pazienti non possono costituire «gente in generale», bensì un «gruppo privato».

22.      Nella sentenza citata la Corte ha inoltre considerato che i pazienti di uno studio odontoiatrico costituiscono un numero di persone scarsamente consistente, se non persino insignificante, dato che la categoria costituita dalle persone simultaneamente presenti in detto studio è, in generale, alquanto ristretta. Orbene, la categoria di persone costituita dai pazienti della Reha Training sembrerebbe anch’essa ristretta.

23.      Peraltro, nella sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140) la Corte ha dichiarato che, di norma, i pazienti di uno studio odontoiatrico non sono preparati ad ascoltare musica all’interno di tale studio, posto che ne godono in modo fortuito e indipendentemente dalla propria volontà. Orbene, nella fattispecie, anche i pazienti della Reha Training che si trovano nelle sale di attesa e nella palestra assisterebbero ai programmi televisivi indipendentemente dalla loro volontà e dalla loro scelta.

24.      In tale contesto, il Landgericht Köln (tribunale regionale di Colonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la questione della sussistenza di una “comunicazione al pubblico” ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e/o ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 sia definita sempre in base ai medesimi criteri, ossia:

–        un utente agisce nella piena consapevolezza delle conseguenze della propria condotta al fine di procurare a terzi un accesso all’opera protetta che, senza il suo intervento, questi ultimi non avrebbero;

–        per “pubblico” si intende un numero indeterminato di potenziali destinatari che deve altresì essere composto da un numero piuttosto considerevole di persone, fermo restando che il carattere dell’indeterminatezza è soddisfatto quando si tratta di “gente in generale” e quindi non di persone che appartengono a un gruppo privato, e per “numero piuttosto considerevole di persone” si intende che deve essere superata una determinata soglia minima, criterio non soddisfatto se la pluralità di interessati è troppo esigua se non addirittura insignificante, tenendo conto che in tale contesto non rileva solo quante persone hanno contemporaneamente accesso alla stessa opera, ma anche quante fra di esse hanno accesso alla stessa in successione;

–        si tratta di un pubblico nuovo cui viene comunicata l’opera, ossia di un pubblico che non era stato preso in considerazione dall’autore dell’opera nel momento in cui ne aveva autorizzato l’utilizzo per la comunicazione al pubblico, salvo che la comunicazione successiva avvenga in base a una specifica procedura tecnica che si distingue dalla riproduzione originaria e

–        rileva l’eventuale carattere lucrativo dell’utilizzo in questione e il pubblico è altresì ricettivo alla comunicazione di cui trattasi e non è soltanto “intercettato” casualmente, fermo restando che questa non è una condizione indispensabile per una comunicazione al pubblico.

2)      Se, in casi come quello oggetto del procedimento principale, in cui il gestore di un centro di riabilitazione installa nei suoi locali apparecchi televisivi cui invia un segnale di trasmissione rendendo così visibili i programmi televisivi, la questione della sussistenza di una comunicazione al pubblico debba essere valutata in base alla nozione di “comunicazione al pubblico” ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 o dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115, quando rendendo visibili i programmi televisivi si vada a incidere sui diritti d’autore e i diritti di tutela connessi di una molteplicità di soggetti coinvolti, in particolare compositori, parolieri ed editori musicali ma anche artisti interpreti o esecutori, produttori di fonogrammi e autori di opere letterarie e le rispettive case editrici.

3)      Se, in casi come quello oggetto del procedimento principale, in cui il gestore di un centro di riabilitazione installa nei suoi locali apparecchi televisivi cui invia un segnale di trasmissione rendendo così visibili i programmi televisivi per i suoi pazienti sussista una “comunicazione al pubblico” ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 o ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115.

4)      Ove, in casi come quelli oggetto del procedimento principale, sia confermata la sussistenza di una comunicazione al pubblico in tal senso, se la Corte intenda confermare la sua giurisprudenza secondo cui nel caso della radiodiffusione di fonogrammi oggetto di protezione a beneficio di pazienti all’interno di uno studio odontoiatrico (v. sentenza SCF, C‑135/10, EU:C:2012:140) o in strutture simili non si verifica comunicazione al pubblico».

III – La mia analisi

A –    Se i criteri di valutazione della nozione di «comunicazione al pubblico» di cui agli articoli 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 siano identici

25.      Con la prima parte della sua prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, sostanzialmente, se la nozione di «comunicazione al pubblico» di cui agli articoli 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115, debba essere interpretata secondo i medesimi criteri di valutazione.

26.      Per quanto riguarda l’interpretazione uniforme della nozione di «comunicazione al pubblico», la Corte ha già dichiarato, in relazione agli articoli 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115, che tale nozione è utilizzata in contesti che non sono identici e persegue finalità senz’altro simili ma, ciò nondimeno, in parte divergenti (7). Infatti, queste due disposizioni conferiscono diritti di natura diversa ai rispettivi destinatari.

27.      Così, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 conferisce agli autori un diritto di natura precauzionale che consente loro di frapporsi tra eventuali utenti della loro opera e la comunicazione al pubblico che detti utenti potrebbero ritenere di effettuare e, a tal fine, vietare la stessa. L’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 accorda invece agli artisti interpreti o esecutori e ai produttori di fonogrammi un diritto di natura compensativa, il quale non è idoneo ad essere fatto valere prima che un fonogramma pubblicato a fini commerciali, o una riproduzione del medesimo, sia o sia già stato utilizzato per una comunicazione al pubblico da parte di un utente (8).

28.      Secondo la Corte, l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 comporta una valutazione individualizzata della nozione di «comunicazione al pubblico» (9). Inoltre, il diritto oggetto della disposizione in parola è un diritto di natura essenzialmente economica (10).

29.      Per stabilire se un utente effettui un atto di comunicazione al pubblico, il giudice nazionale deve procedere a una valutazione globale della situazione tenendo conto di svariati criteri complementari, di natura non autonoma e interdipendenti fra loro. Tali criteri, la cui intensità può essere variabile in funzione delle diverse situazioni concrete, devono essere applicati sia individualmente, sia nella loro reciproca interazione (11).

30.      Tuttavia, il fatto che la nozione di «comunicazione al pubblico» venga utilizzata in contesti diversi e persegua scopi diversi a seconda che sia prevista dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 o dall’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 non costituisce, a mio parere, un motivo sufficiente a giustificare il ricorso a criteri di valutazione differenti.

31.      Infatti, come la Corte ha già evidenziato, la direttiva 2001/29 si fonda su principi e regole già definiti dalle direttive in vigore nel campo della proprietà intellettuale, quali la direttiva 92/100, codificata dalla direttiva 2006/115 (12).

32.      Orbene, affinché siano rispettate le esigenze di unicità e di coerenza dell’ordinamento giuridico dell’Unione, le nozioni utilizzate da tutte le dette direttive devono avere lo stesso significato, salva diversa volontà del legislatore dell’Unione espressa in un contesto legislativo preciso (13).

33.      La Corte ha peraltro fatto ricorso ai criteri che aveva elaborato nella sua giurisprudenza relativa all’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 per interpretare l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 (14).

34.      Infine, come giustamente osservato dalla GEMA, la diversa natura dei diritti tutelati nel quadro delle direttive 2001/29 e 2006/115 non può nascondere il fatto che tali diritti traggono origine dal medesimo fattore causale, vale a dire la comunicazione al pubblico di opere protette (15).

35.      Sono quindi dell’avviso che l’interpretazione della nozione di «comunicazione al pubblico» di cui agli articoli 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 debba essere effettuata sulla base dei medesimi criteri di valutazione.

B –    Sull’applicazione del combinato disposto degli articoli 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115

36.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se, nella fattispecie, la nozione di «comunicazione al pubblico» debba essere valutata alla luce dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 oppure dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115.

37.      Come ho già indicato in precedenza, i regimi di tutela istituiti rispettivamente dalle direttive 2001/29 e 2006/115 sono certamente diversi quanto alle finalità e ai destinatari.

38.      Ciò posto, dalla decisione di rinvio risulta che, nel caso di specie, non sono in gioco solo i diritti d’autore garantiti dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, ma anche quelli degli artisti interpreti o esecutori e dei produttori di fonogrammi, garantiti dall’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115.

39.      Peraltro, la Corte ha dichiarato che l’applicazione delle disposizioni della direttiva 2001/29 deve lasciare impregiudicata quella delle disposizioni della direttiva 92/100 (codificata dalla direttiva 2006/115), salvo se diversamente previsto dalla direttiva 2001/29 (16).

40.      Alla luce di quanto precede, sono dell’avviso che sia l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 sia l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 siano applicabili in una situazione come quella oggetto del procedimento principale.

C –    Sull’individuazione dei criteri di valutazione della nozione di «comunicazione al pubblico» e la loro verifica nel caso di specie

41.      Con la seconda parte della prima questione e con le questioni terza e quarta, che ritengo opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se gli articoli 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 debbano essere interpretati nel senso che una situazione come quella oggetto del procedimento principale, in cui il gestore di un centro di riabilitazione installa nei suoi locali apparecchi televisivi ai quali invia un segnale di trasmissione rendendo così visibili i programmi televisivi per i suoi pazienti, costituisca una «comunicazione al pubblico».

42.      La questione dell’interpretazione della nozione di «comunicazione al pubblico» ha dato origine a un contenzioso di notevoli proporzioni.

43.      Il rispetto dell’esigenza di interpretazione uniforme del diritto dell’Unione e del principio di uguaglianza presuppone che una disposizione di diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo, nell’intera Unione europea, a un’interpretazione autonoma e uniforme (17).

44.      Così, in una giurisprudenza corposa e costante, la Corte propende per un’interpretazione ampia della nozione di «comunicazione al pubblico». Per accertare la sussistenza di una comunicazione al pubblico, la Corte ha elaborato quattro criteri di valutazione, vale a dire l’esistenza di un «atto di comunicazione» per il quale è imprescindibile il ruolo dell’utente, la comunicazione di un’opera protetta a un «pubblico», il carattere «nuovo» di tale pubblico e il carattere «lucrativo» della comunicazione.

45.      Anzitutto, la nozione di comunicazione al pubblico consta di due elementi cumulativi, vale a dire «un atto di comunicazione» di un’opera e la comunicazione di quest’ultima a un «pubblico» (18). Pertanto, dato il carattere cumulativo dei due criteri suddetti, non può sussistere una comunicazione al pubblico quando uno di essi non sia soddisfatto.

46.      Per quanto riguarda l’«atto di comunicazione», occorre evidenziare il ruolo imprescindibile dell’utente, il quale deve agire in maniera deliberata. Infatti, sussiste un atto di comunicazione se l’utente interviene con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti l’accesso all’opera protetta (19). A tal riguardo, la Corte ha precisato che è necessario che l’intervento dell’utente non costituisca un semplice mezzo tecnico per garantire o migliorare la ricezione della trasmissione originaria nella sua zona di copertura, bensì un atto in assenza del quale i clienti non potrebbero usufruire delle opere diffuse, pur trovandosi all’interno della zona stessa (20).

47.      Peraltro, la nozione di «comunicazione» deve essere intesa nell’accezione ampia secondo cui essa ricomprende qualsiasi trasmissione delle opere protette, a prescindere dal mezzo o dal procedimento tecnico utilizzati (21).

48.      Inoltre, la Corte ha già dichiarato che i proprietari di un bar‑ristorante, di un albergo o di un istituto termale procedono ad una comunicazione qualora trasmettano deliberatamente opere protette alla loro clientela, distribuendo volutamente un segnale a mezzo di ricevitori televisivi o radiofonici installati nei loro locali (22).

49.      Come ha indicato il Landgericht Köln (tribunale regionale di Colonia) nella sua decisione di rinvio, la Reha Training ha installato, in due sale d’attesa e nella palestra del centro di riabilitazione da essa gestito, apparecchi televisivi ai quali ha deliberatamente inviato un segnale, consentendo così ai suoi pazienti di accedere a programmi televisivi.

50.      Pertanto, conformemente alla summenzionata giurisprudenza della Corte, è a mio avviso indubbio che la Reha Training, con piena cognizione delle conseguenze del suo atto, ha reso accessibili opere protette al pubblico costituito dai suoi pazienti, effettuando così un «atto di comunicazione».

51.      Per quanto riguarda il criterio relativo alla comunicazione al «pubblico», si deve intendere per «pubblico» un numero indeterminato di destinatari potenziali che comprende un numero di persone piuttosto considerevole (23).

52.      La Corte ha precisato che occorre tenere conto dell’effetto cumulativo derivante dal fatto di mettere a disposizione opere presso destinatari potenziali. Pertanto è rilevante sapere non solo quante persone hanno accesso contestualmente alla medesima opera, ma anche quante vi hanno accesso in successione (24).

53.      Inoltre, la comunicazione al pubblico deve essere effettuata a un pubblico non presente nel luogo in cui le comunicazioni hanno origine, il che esclude gli atti diretti di rappresentazione o esecuzione di un’opera protetta (25).

54.      Il giudice del rinvio ha espresso dubbi sulla possibilità di qualificare come «pubblico» i pazienti di un centro di riabilitazione quale quello gestito dalla Reha Training. Tali dubbi traggono origine dalla sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140), nella quale la Corte ha dichiarato che la clientela di un dentista, la cui composizione è in larga misura stabile, costituisce un gruppo di destinatari potenziali determinato, il cui numero che accede simultaneamente alla medesima opera è poco significativo (26).

55.      Mi sembra che l’approccio restrittivo adottato dalla Corte in tale sentenza si discosti dalla sua costante giurisprudenza. Ritengo quindi che la portata della sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140) non debba essere ampliata, ma al contrario limitata al contesto di fatto particolare che ha dato luogo a tale sentenza. Infatti, l’applicazione del ragionamento seguito dalla Corte in detta sentenza a una situazione come quella oggetto del procedimento principale sarebbe, a mio avviso, troppo restrittiva per il diritto d’autore e i diritti connessi, nonché contraria alla tutela elevata voluta dal legislatore dell’Unione e garantita dalla Corte stessa nella sua costante giurisprudenza.

56.      Secondo tale giurisprudenza, occorre interpretare il termine «pubblico» contrapponendolo a soggetti determinati appartenenti a un «gruppo privato» di persone. Orbene, a differenza di quanto dichiarato dalla Corte nella sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140), la clientela del centro di riabilitazione gestito dalla Reha Training, la cui composizione varia costantemente con il succedersi delle visite, costituisce, a mio avviso, un insieme indeterminato di persone, che è, inoltre, potenzialmente considerevole.

57.      A tal riguardo, ricordo che, diversamente da quanto risulta dalla suddetta sentenza, per valutare l’esistenza di un pubblico si deve tenere conto non solo delle persone che hanno accesso contestualmente alla medesima opera, ma anche delle persone che vi hanno accesso in successione (27).

58.      Orbene, i pazienti di un centro di riabilitazione come quello gestito dalla Reha Training, le cui visite durano mediamente tra i 30 e i 60 minuti (28), si succedono ancora più rapidamente dei clienti di un albergo, di un bar‑ristorante o di un istituto termale (29). Il centro di riabilitazione gestito dalla Reha Training può infatti ospitare simultaneamente e in ordine successivo un numero indeterminato e considerevole di pazienti che hanno accesso, nelle sale d’attesa o nella palestra, ad opere protette, cosicché tale clientela deve essere considerata un «pubblico».

59.      A questi due criteri cumulativi si somma poi quello del «pubblico nuovo».

60.      Il criterio del «pubblico nuovo» è stato stabilito dalla Corte nella sentenza SGAE (C‑306/05, EU:C:2006:764) e successivamente confermato in varie decisioni, in particolare nella sentenza Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631), pronunciata dal collegio in grande sezione.

61.      Nella misura in cui occorre esaminare, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, tale criterio del «pubblico nuovo», non vi è alcun dubbio, a mio parere, che detto criterio sia soddisfatto.

62.      Infatti, il criterio del «pubblico nuovo» richiede l’esistenza di un pubblico diverso dal pubblico cui è diretto l’atto di comunicazione originario dell’opera (30). Orbene, quando autorizza la radiodiffusione della sua opera, l’autore prende in considerazione, in linea di principio, solo i detentori di apparecchi televisivi i quali, individualmente o nella loro sfera privata o familiare, ricevono il segnale e seguono le trasmissioni (31).

63.      A tale proposito, la Corte ha dichiarato che una trasmissione deliberata di un’opera radiodiffusa, effettuata in un luogo accessibile al pubblico e rivolta ad un pubblico ulteriore al quale viene consentito, dal detentore dell’apparecchio televisivo, di godere dell’ascolto o della visualizzazione dell’opera, costituisce un atto di comunicazione di un’opera protetta a un pubblico nuovo (32).

64.      Orbene, inviando deliberatamente segnali agli apparecchi televisivi installati nei suoi locali, la Reha Training ha consentito, al di fuori della sua sfera privata, la ricezione di opere protette da parte dei suoi pazienti, i quali costituiscono un pubblico ulteriore e indiretto, che non era stato preso in considerazione dagli autori quando hanno autorizzato la radiodiffusione delle loro opere e che non avrebbe potuto godere di tali opere senza l’intervento della Reha Training.

65.      Infine, per valutare l’esistenza di una comunicazione al pubblico, può risultare pertinente il «carattere lucrativo» della comunicazione (33). Tuttavia, non si tratta di una condizione indispensabile per l’esistenza stessa di una comunicazione al pubblico (34).

66.      La Corte ha precisato che, affinché la comunicazione persegua uno scopo di lucro, occorre che il pubblico oggetto della comunicazione, da un lato, costituisca ciò cui mira l’utente e, dall’altro, sia ricettivo, in un modo o nell’altro, alla comunicazione di quest’ultimo, e non venga «intercettato» casualmente (35).

67.      Al pari del governo tedesco, ritengo tuttavia che la ricettività del pubblico non debba essere considerata un elemento decisivo per constatare l’esistenza o meno del carattere lucrativo della diffusione di un’opera. Infatti, la dimensione soggettiva di tale criterio relativo alla ricettività del pubblico lo rende difficilmente utilizzabile nella pratica (36). Peraltro, come ha dichiarato la Corte, «affinché vi sia comunicazione al pubblico, è sufficiente che l’opera sia messa a disposizione del pubblico in modo che coloro che compongono tale pubblico possano avervi accesso» (37). L’accesso effettivo e volontario del pubblico a un’opera non è quindi necessario per constatare l’esistenza di una comunicazione al pubblico.

68.      Pertanto, a mio parere, non si deve applicare ai fatti del caso di specie la sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140), in cui la Corte ha escluso l’esistenza del carattere lucrativo della diffusione di fonogrammi in uno studio odontoiatrico in ragione del fatto che è «in modo fortuito e indipendentemente dalla loro volontà» che i pazienti di tale studio godono dell’accesso a detti fonogrammi (38).

69.      Per contro, per verificare se sia o meno soddisfatto il criterio del carattere lucrativo della diffusione di un’opera, a mio avviso è determinante esaminare se l’utente possa o meno trarre un vantaggio da detta diffusione.

70.      A tale proposito, non vi è dubbio che, installando apparecchi televisivi in sale d’attesa e in una palestra, zone frequentate per lo più dai suoi pazienti, la Reha Training si è volutamente diretta a questi ultimi per consentire loro di usufruire di trasmissioni televisive sia durante l’attesa di una visita, sia durante la seduta di riabilitazione.

71.      Sono dell’avviso che il criterio del carattere lucrativo sia soddisfatto nel caso di specie. Infatti, la diffusione di trasmissioni televisive mediante apparecchi televisivi, installati in sale d’attesa o in una palestra, mira a offrire una distrazione ai pazienti del centro e, in particolare, a far apparire meno lungo il tempo di attesa o quello della riabilitazione. Si tratta di una prestazione di servizi supplementare che è certamente priva di qualsiasi rilevanza medica, ma che ha un impatto sulla reputazione e sull’attrattività dell’istituto e gli conferisce quindi un vantaggio concorrenziale.

72.      Pertanto, in base a quanto precede, ritengo che una situazione come quella oggetto del procedimento principale, in cui il gestore di un centro di riabilitazione installa nei suoi locali apparecchi televisivi ai quali invia un segnale di trasmissione rendendo così visibili i programmi televisivi per i suoi pazienti, costituisca una «comunicazione al pubblico» ai sensi degli articoli 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115.

IV – Conclusione

73.      Alla luce delle precedenti considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sottoposte dal Landgericht Köln (tribunale regionale di Colonia) nel modo seguente:

1)      La nozione di «comunicazione al pubblico» deve essere definita alla luce dei medesimi criteri, sia essa prevista dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, oppure dall’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale.

2)      In una situazione come quella oggetto del procedimento principale, gli articoli 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 sono entrambi applicabili.

3)      Gli articoli 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 devono essere interpretati nel senso che una situazione come quella oggetto del procedimento principale, in cui il gestore di un centro di riabilitazione installa nei suoi locali apparecchi televisivi ai quali invia un segnale di trasmissione rendendo così visibili i programmi televisivi per i suoi pazienti, costituisce una «comunicazione al pubblico».


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      GU L 167, pag. 10.


3 –      GU L 376, pag. 28.


4 –      GU L 346, pag. 61.


5 –      GU L 290, pag. 9; in prosieguo: la «direttiva 92/100».


6 –      BGBl. 1965 I, pag. 1273.


7 –      Sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 74).


8 –      Sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 75).


9 –      Sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 76).


10 –      Sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 77).


11 –      Sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 79).


12 –      V., in particolare, sentenza Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punto 187 e giurisprudenza ivi citata).


13 –      V., in particolare, sentenza Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punto 188).


14 –      V. sentenze SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140, punti da 81 a 92) e Phonographic Performance (Ireland) (C‑162/10, EU:C:2012:141, punti da 31 a 38).


15 –      V. punto 19 delle osservazioni della GEMA.


16 –      V., in particolare, sentenza Luksan (C‑277/10, EU:C:2012:65, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).


17 –      V., in particolare, sentenza SGAE (C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


18 –      V., in particolare, sentenza SBS Belgium (C‑325/14, EU:C:2015:764, punto 15 e giurisprudenza ivi citata).


19 –      V., in particolare, sentenza OSA (C‑351/12, EU:C:2014:110, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


20 –      V., in particolare, sentenza Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punti 194 e 195 e giurisprudenza ivi citata). V. altresì sentenze SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 82) e Phonographic Performance (Ireland) (C‑162/10, EU:C:2012:141, punto 31).


21 –      V., in particolare, sentenza OSA (C‑351/12, EU:C:2014:110, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).


22 –      V. rispettivamente sentenze Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punto 196); Phonographic Performance (Ireland) (C‑162/10, EU:C:2012:141, punto 40) e OSA (C‑351/12, EU:C:2014:110, punto 26).


23 –      V, in particolare, sentenza OSA (C‑351/12, EU:C:2014:110, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).


24 –      V., in particolare, sentenza OSA (C‑351/12, EU:C:2014:110, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


25 –      V., in particolare, sentenze Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punto 200) nonché Circul Globus Bucureşti (C‑283/10, EU:C:2011:772, punti 36, 37 e 40).


26 –      Sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140, punti 95 e 96).


27 –      V. paragrafo 52 delle presenti conclusioni.


28 –      V. punto 5 delle osservazioni della Reha Training.


29 –      La Corte ha dichiarato nelle sentenze SGAE (C‑306/05, EU:C:2006:764), Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631), e OSA (C‑351/12, EU:C:2014:110), che la clientela di un albergo, di un bar‑ristorante e di un istituto termale costituisce un «pubblico» (v., rispettivamente, punti 42, 199 e 32).


30 –      V., in particolare, sentenza SGAE (C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 40).


31 –      V., in particolare, sentenza Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punto 198 e giurisprudenza ivi citata).


32 –      V., in particolare, sentenza Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punto 198 e giurisprudenza ivi citata).


33 –      V., in particolare, sentenza Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punto 204 e giurisprudenza ivi citata).


34 –      V., in particolare, sentenza ITV Broadcasting e a. (C‑607/11, EU:C:2013:147, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


35 –      V., in particolare, sentenze SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 91) e Phonographic Performance (Ireland) (C‑162/10, EU:C:2012:141, punto 37).


36 –      V., in particolare, punti da 50 a 56 delle osservazioni del governo tedesco.


37 –      V. sentenza SGAE (C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 43). Il corsivo è mio. V. altresì, in tal senso, sentenza Padawan (C‑467/08, EU:C:2010:620, punto 58).


38 –      Sentenza SCF (C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 98).