Language of document : ECLI:EU:C:2010:111

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

4 marzo 2010 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 95/59/CE – Imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati – Art. 9, n. 1 – Libera determinazione, da parte dei produttori e degli importatori, dei prezzi massimi di vendita al minuto dei loro prodotti – Normativa nazionale che impone un prezzo minimo di vendita al minuto delle sigarette – Normativa nazionale che vieta la vendita dei prodotti del tabacco a “un prezzo di natura promozionale contrario agli obiettivi di sanità pubblica” – Nozione di “legislazioni nazionali sul controllo del livello dei prezzi [o sul rispetto dei prezzi] imposti” – Giustificazione – Tutela della sanità pubblica – Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per la lotta contro il tabagismo»

Nella causa C‑197/08,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 14 maggio 2008,

Commissione europea, rappresentata dai sigg. R. Lyal e W. Mölls, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica francese, rappresentata dai sigg. G. de Bergues, J.‑S. Pilczer e J.-C. Gracia, nonché dalla sig.ra B. Beaupère‑Manokha, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. A. Rosas, U. Lõhmus e A. Arabadjiev (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 giugno 2009,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 ottobre 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di constatare che, adottando e mantenendo in vigore un sistema di prezzi minimi per la vendita al minuto delle sigarette immesse in consumo in Francia, nonché un divieto di vendere prodotti del tabacco «a un prezzo di natura promozionale contrario agli obiettivi di sanità pubblica», la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 1995, 95/59/CE, relativa alle imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati (GU L 291, pag. 40), come modificata dalla direttiva del Consiglio 12 febbraio 2002,2002/10/CE (GU L 46, pag. 26; in prosieguo: la «direttiva 95/59»).

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

2        Il secondo, terzo e settimo ‘considerando’ della direttiva 95/59 sono così formulati:

«(2)      considerando che obiettivo del trattato [CE] è di instaurare una unione economica che implichi una sana concorrenza e presenti caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno; che la realizzazione di tale obiettivo nel settore dei tabacchi lavorati presuppone l’applicazione, negli Stati membri, di accise sui prodotti di tale settore che non falsino le condizioni di concorrenza e non ne ostacolino la libera circolazione nella Comunità;

(3)      considerando che l’armonizzazione delle strutture per quanto riguarda le accise dei tabacchi deve, in particolare, far sì che la competitività delle varie categorie di tabacchi lavorati appartenenti ad uno stesso gruppo non sia falsata dagli effetti dell’imposizione e che, per tal via, sia realizzata l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri;

(...)

(7)      considerando che le esigenze della concorrenza implicano un sistema di prezzi che si formino liberamente per tutti i gruppi di tabacchi lavorati».

3        Ai sensi dell’art. 2, n. 1, di tale direttiva:

«Sono considerati tabacchi lavorati:

a)       le sigarette,

b)       i sigari e i sigaretti,

c)       il tabacco da fumo,

–        il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotondare le sigarette,

–        gli altri tabacchi da fumo,

quali definiti agli articoli da 3 a 7».

4        L’art. 8 della direttiva 95/59 così dispone:

«1.      Le sigarette prodotte nella Comunità e quelle importate da paesi terzi sono soggette, in ciascuno degli Stati membri, ad un’accisa proporzionale calcolata sul prezzo massimo di vendita al minuto, compresi i dazi doganali, nonché ad un’accisa specifica calcolata per unità di prodotto.

2.      L’aliquota dell’accisa proporzionale e l’importo dell’accisa specifica devono essere uguali per tutte le sigarette.

(...)».

5        Ai sensi dell’art. 9, n. 1, di tale direttiva:

«Si considera produttore la persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità che trasforma il tabacco in prodotti lavorati, confezionati per la vendita al minuto.

I produttori o, se del caso, i loro rappresentanti o mandatari nella Comunità, nonché gli importatori di paesi terzi stabiliscono liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti per ciascuno Stato membro in cui sono destinati ad essere immessi in consumo.

La disposizione del secondo comma non osta, tuttavia, all’applicazione delle legislazioni nazionali sul controllo del livello dei prezzi [o sul rispetto dei prezzi] imposti, sempreché siano compatibili con la normativa comunitaria».

6        L’art. 16 della citata direttiva così recita:

«1.      L’importo dell’accisa specifica è stabilito con riferimento alle sigarette della classe di prezzo più richiesta secondo i dati al 1° gennaio di ogni anno a partire dal 1° gennaio 1978.

2.      L’elemento specifico dell’accisa non può essere inferiore al 5% né superiore al 55% dell’onere fiscale totale risultante dall’importo cumulativo dell’accisa proporzionale, dell’accisa specifica e dell’imposta sul volume d’affari, riscosse su dette sigarette.

(...)

5.      Gli Stati membri possono applicare un’accisa minima alle sigarette vendute ad un prezzo inferiore al prezzo di vendita al minuto delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta, a condizione che tale accisa non superi l’importo dell’accisa gravante sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta».

7        Le direttive del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/79/CEE, relativa al ravvicinamento delle imposte sulle sigarette (GU L 316, pag. 8), e 92/80/CEE, relativa al ravvicinamento delle imposte sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette (GU L 316, pag. 10), come modificate dalla direttiva del Consiglio 5 dicembre 2003, 2003/117/CE (GU L 333, pag. 49), stabiliscono i tassi e/o gli importi minimi dell’accisa globale gravante, rispettivamente, sulle sigarette e sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette. La direttiva 92/80 contiene inoltre talune norme relative alla struttura dell’accisa su questi ultimi.

8        Con decisione del Consiglio 2 giugno 2004, 2004/513/CE (GU L 213, pag. 8), la convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per la lotta contro il tabagismo, sottoscritta a Ginevra il 21 maggio 2003 (in prosieguo: la «convenzione OMS»), è stata approvata a nome della Comunità. L’art. 6 di tale convenzione, dal titolo «Misure finanziarie e fiscali finalizzate alla riduzione del tabagismo», è così formulato:

«1. Le Parti riconoscono che le misure finanziarie e fiscali sono un mezzo efficace ed importante per ridurre il consumo di tabacco per diverse categorie della popolazione, in particolare i giovani.

2. Fatto salvo il diritto delle Parti di determinare e di fissare la loro politica fiscale, ogni Parte deve tenere conto dei suoi obiettivi nazionali di salute per quel che riguarda la lotta al tabagismo e adotta o mantiene, a seconda dei casi, delle misure che possono comprendere:

a)      l’applicazione di politiche fiscali e, all’occorrenza, di politiche dei prezzi riguardanti i prodotti del tabacco al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di salute tendenti a ridurre il consumo di tabacco, (...)

(...)».

 La normativa nazionale

9        Il code général des impôts (codice generale delle imposte; in prosieguo: il «CGI») disciplina segnatamente la tassazione dei tabacchi in Francia. L’art. 572, primo comma, del CGI è stato modificato dall’art. 38, n. II, della legge 9 agosto 2004, n. 2004‑806, relativa alla politica della sanità pubblica (JORF dell’11 agosto 2004, pag. 14277). Detto art. 572, primo comma, così modificato, dispone quanto segue:

«Il prezzo al minuto di ciascun prodotto, espresso con riferimento alle 1 000 unità o ai 1 000 grammi, è unico per tutto il territorio e liberamente stabilito dai produttori e dai fornitori autorizzati. Esso è applicabile dopo essere stato omologato secondo criteri definiti mediante decreto emesso previo parere del Conseil d’État. Il prezzo al minuto delle sigarette, espresso con riferimento alle 1 000 unità, non può tuttavia essere omologato qualora sia inferiore a quello ottenuto applicando al prezzo medio di tali prodotti una percentuale stabilita per decreto».

10      Ai sensi dell’art. 1 del decreto 13 settembre 2004, n. 2004‑975, adottato ai fini dell’applicazione del primo comma dell’art. 572 del code général des impôts (JORF del 18 settembre 2004, pag. 16264), «[l]a percentuale di cui al primo comma dell’art. 572 del [CGI] è fissata a 95».

11      L’art. 572 bis del CGI è stato modificato dall’art. 30, n. II, della legge finanziaria per il 2006 del 30 dicembre 2005, n. 2005‑1719 (JORF del 31 dicembre 2005, pag. 20597). Detto art. 572 bis, così modificato, dispone quanto segue:

«Il prezzo di vendita al minuto dei prodotti venduti dai rivenditori indicati al primo comma dell’art. 568 e dei prodotti consegnati ai viaggiatori dagli acquirenti-rivenditori indicati al quarto comma di tale articolo viene liberamente determinato, ma non può essere inferiore al prezzo al minuto espresso con riferimento alle 1 000 unità o ai 1 000 grammi di cui al decreto di omologazione (...)».

12      Il code de la santé publique (codice della sanità pubblica; in prosieguo: il «CSP») contiene segnatamente disposizioni relative alla lotta al tabagismo. L’art. L. 3511‑1 del CSP, come modificato dall’ordinanza 23 maggio 2006, n. 2006‑596 (JORF del 25 maggio 2006, pag. 7791) così recita:

«Sono considerati prodotti del tabacco i prodotti destinati ad essere fumati, fiutati, masticati o succhiati, se costituiti almeno in parte da tabacco, nonché i prodotti destinati ad essere fumati, anche se non contengono tabacco, con la sola eccezione dei prodotti destinati ad un uso medico, ai sensi del terzo comma (2) dell’art. 564 decies del [CGI].

Si considera come ingrediente qualsiasi sostanza o qualsiasi componente diverso dalle foglie e dalle altre parti naturali o non trasformate della pianta del tabacco, utilizzati nella fabbricazione o nella preparazione di un prodotto del tabacco e ancora presenti nel prodotto finito, anche in forma modificata, ivi compresi la carta, il filtro, gli inchiostri e le colle».

13      L’art. L. 3511‑3, primo comma, del CSP, nella sua versione applicabile al 4 settembre 2006, data di scadenza del termine fissato nel parere motivato di cui al punto 17 di questa sentenza, versione risultante dalla legge n. 2004‑806, citata al punto 9 di questa sentenza, è così formulato:

«Sono vietate la promozione o la pubblicità dirette o indirette in favore del tabacco, dei prodotti del tabacco o degli ingredienti definiti al secondo comma dell’art. L. 3511‑1 nonché qualsiasi distribuzione gratuita o vendita di un prodotto del tabacco a un prezzo di natura promozionale contrario agli obiettivi di sanità pubblica».

14      Le disposizioni di lotta al tabagismo del CSP sono dotate di sanzioni penali previste dagli artt. da L. 3512‑1 a L. 3512‑4 di detto codice.

 Fase precontenziosa del procedimento

15      Il 21 marzo 2005 la Commissione ha inviato alla Repubblica francese una lettera di diffida, sostenendo che il sistema di prezzi minimi di vendita al minuto delle sigarette e il divieto di fissare prezzi del tabacco «di natura promozionale contrario agli obiettivi di sanità pubblica» introdotti dalla normativa francese fossero incompatibili con l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59.

16      Nella sua risposta datata 29 luglio 2005 la Repubblica francese ha affermato che riteneva tale normativa giustificata dall’obiettivo di tutela della sanità pubblica previsto dall’art. 30 CE.

17      La Commissione ha emesso in data 28 giugno 2006 e ha inviato in data 4 luglio 2006 un parere motivato in cui ribadiva il suo punto di vista e invitava tale Stato membro a conformarsi agli obblighi derivanti dall’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59 entro un termine di due mesi dal ricevimento di tale parere motivato.

18      Ritenendo, alla luce delle risposte fornite dalla Repubblica francese il 5 ottobre e il 22 dicembre 2006, che la situazione rimanesse insoddisfacente, la Commissione ha proposto il presente ricorso.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

19      Secondo la Commissione, la direttiva 95/59 mira a garantire una sana concorrenza, non falsata dagli effetti della tassazione, allo scopo di realizzare l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri. L’art. 9, n. 1, di tale direttiva garantirebbe che la determinazione della base imponibile dell’accisa sia sottoposta ai medesimi principi in tutti gli Stati membri e osterebbe alla possibilità che norme statali in materia di prezzi contrastino con la realizzazione di tali obiettivi. Il tenore e la finalità di detta disposizione non permetterebbero di nutrire alcun dubbio quanto al fatto che essa vieta l’imposizione di prezzi minimi per la vendita al minuto. Una simile imposizione avrebbe infatti la conseguenza di sopprimere le differenze di prezzo eventualmente esistenti tra i vari prodotti in funzione dei fattori che influenzano la formazione di prezzi da parte dei diversi produttori. Un tale meccanismo comporterebbe, quindi, la distorsione dei flussi commerciali tra Stati membri. Infatti, l’importazione di prodotti il cui prezzo netto (tasse escluse) sia più basso di quello di prodotti analoghi posti in vendita negli Stati membri che impongono un prezzo minimo risulterebbe ostacolata in tali Stati membri.

20      La Commissione afferma che il regime francese di tassazione delle sigarette impone un prezzo minimo corrispondente al 95% del prezzo medio delle stesse, al di sotto del quale i prezzi di vendita al minuto delle sigarette non possono essere omologati, laddove tale omologazione rappresenta una condizione per l’applicazione dei prezzi in commercio. Di conseguenza, i produttori o gli importatori non potrebbero fissare liberamente il prezzo massimo di vendita al minuto dei loro prodotti in quanto, in ogni caso, tale prezzo massimo non potrebbe essere inferiore al prezzo minimo imposto. Detto regime di tassazione delle sigarette sarebbe pertanto incompatibile con l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59.

21      Inoltre, le disposizioni rilevanti del CSP conferirebbero alle autorità francesi un potere discrezionale di vietare la vendita al minuto di tabacchi lavorati a un prezzo determinato, impedendo in tal modo ai produttori e agli importatori di stabilire liberamente prezzo minimo di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti. La nozione di «prezzo di natura promozionale contrario agli obiettivi di sanità pubblica» di cui all’art. L. 3511‑3 del CSP non sarebbe definita dalla legislazione nazionale e non consentirebbe pertanto agli operatori interessati di conoscere i loro diritti e i loro obblighi in maniera chiara e precisa, né ai giudici nazionali di garantirne l’osservanza. Tale nozione sarebbe pertanto contraria ai principi di certezza del diritto e di tutela dei singoli.

22      Secondo la Commissione, il fatto che la direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/49/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l’assicurazione diretta diversa dell’assicurazione sulla vita e che modifica le direttive 73/239/CEE e 88/357/CEE (terza direttiva assicurazione non vita) (GU L 228, pag. 1), implichi un principio di libera determinazione dei prezzi non significa che un principio analogo, chiaramente presente in un’altra norma comunitaria, vale a dire l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59, debba essere considerato inapplicabile.

23      La Commissione afferma inoltre che, ancorché i divieti imposti rispettivamente da quest’ultima norma e dall’art. 28 CE possano sovrapporsi, l’art. 9 della direttiva 95/59 è una norma autonoma di diritto derivato che svolge una funzione autonoma nel contesto di tale direttiva e la cui applicazione non può essere limitata ai casi in cui risulti altresì pregiudicato l’art. 28 CE.

24      Detta istituzione ritiene che l’analisi secondo cui la disciplina francese in questione impedisce la libera formazione di prezzi massimi di vendita dei prodotti del tabacco non è smentita dall’art. 9, n. 1, terzo comma, della direttiva 95/59, che fa salva l’applicazione delle «legislazioni nazionali sul controllo del livello dei prezzi» nonché delle «legislazioni nazionali [sul rispetto] dei prezzi imposti».

25      La Commissione afferma che considerazioni riguardanti la sanità pubblica, previste dall’art. 30 CE, non possono giustificare la violazione del diritto comunitario fatta valere nella specie. Infatti, la legittimità delle misure nazionali rientranti in una materia disciplinata da una normativa armonizzata a livello comunitario dovrebbe essere valutata esclusivamente alla luce di tale normativa e non alla luce delle disposizioni di diritto primario che consentono di derogare alle libertà fondamentali. In ogni caso, se la tutela della sanità pubblica può essere garantita mediante l’imposizione di prezzi di vendita elevati per i tabacchi lavorati, tale obiettivo potrebbe essere pienamente raggiunto mediante un’adeguata politica fiscale. Peraltro, considerazioni relative alla sanità pubblica sarebbero state svolte in sede di elaborazione e di revisione delle direttive comunitarie relative all’armonizzazione nel settore dell’accisa sui prodotti del tabacco, senza tuttavia che il principio di libera fissazione dei prezzi sia stato abrogato. Al contrario, un sistema di prezzi minimi potrebbe avere effetti nefasti per la tutela della salute, in quanto, tutelando il margine dei produttori, esso procurerebbe loro introiti supplementari che potrebbero essere investiti per promuovere un aumento delle vendite dei tabacchi lavorati.

26      L’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59 sarebbe inoltre compatibile con la convenzione OMS. Per un verso, tale convenzione non obbligherebbe le parti contraenti ad applicare prezzi minimi. Per altro verso, essa non conferirebbe agli Stati membri un diritto, opponibile alla Comunità, di scegliere tra l’applicazione di politiche fiscali e l’applicazione di politiche di prezzi, dal momento che tale questione sarebbe riconducibile, ai sensi dell’art. 35, n. 2, della citata convenzione, al funzionamento interno della Comunità.

27      La Commissione ritiene inoltre che le enunciazioni di cui alla raccomandazione del Consiglio 2 dicembre 2002, 2003/54/CE, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo (GU 2003, L 22, pag. 31), cui fa riferimento la Repubblica francese, non siano vincolanti e che comunque non possano essere interpretate come un’incitazione a violare l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59. La relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 16 luglio 2008 sulla struttura e le aliquote delle accise che gravano sulle sigarette e sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette (COM/2008/460/DEF), anch’essa invocata da tale Stato membro, avrebbe ad oggetto, peraltro, la fiscalità quale elemento di una strategia generale di prevenzione e di dissuasione dal consumo del tabacco.

28      Infine, la Commissione sostiene che gli Stati membri possono mantenere prezzi elevati per i prodotti del tabacco aumentando il livello di imposizione fiscale dei prodotti stessi, conformemente alle modalità previste dalle direttive rilevanti. Tali direttive non prevedrebbero alcun livello massimo dell’onere fiscale. Gli Stati membri potrebbero quindi comunque fare in modo che si raggiunga il livello di prezzi auspicato mediante l’influenza esercitata dalle imposte sul prezzo finale. La capacità dei produttori di subire perdite collegate ad una volontà di evitare ripercussioni dell’onere fiscale sui prezzi di vendita sarebbe, del resto, necessariamente sottoposta a limiti economici.

29      La Repubblica francese afferma che la disciplina nazionale in questione non è contraria all’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva 95/59. Tale Stato membro ritiene che detta disposizione non introduca alcun principio generale secondo cui i prezzi sono stabiliti liberamente dai produttori e dagli importatori e invita la Corte a riconsiderare in tal senso l’interpretazione da essa fornita in ordine a tale disposizione. Infatti, contrariamente, ad esempio, alla direttiva 92/49, che avrebbe ad oggetto l’armonizzazione delle condizioni di accesso ad attività non subordinate e all’esercizio delle stesse, la direttiva 95/59 mirerebbe esclusivamente ad armonizzare una parte delle legislazioni degli Stati membri relative ai diritti di accisa. Orbene, secondo tale Stato membro, se è possibile affermare un principio di libera determinazione dei prezzi o di libertà tariffaria nell’ambito dell’armonizzazione delle condizioni di esercizio di un’attività non subordinata, un siffatto principio non potrebbe essere affermato nell’ambito dell’armonizzazione fiscale. Inoltre, un principio siffatto dovrebbe essere interpretato alla luce della libera circolazione delle merci di cui all’art. 28 CE, che si limiterebbe a vietare le normative nazionali in materia di prezzi che sfavoriscono i prodotti importati.

30      La Repubblica francese ritiene inoltre che, comunque, la normativa nazionale di cui trattasi rientri nelle deroghe previste dall’art. 9, n. 1, terzo comma, della direttiva 95/59. Infatti, per un verso, l’espressione «legislazioni nazionali sul controllo del livello dei prezzi», ivi contenuta, si riferirebbe ad una legislazione nazionale in materia di prezzi sia di carattere generale che di carattere specifico, quale quella di cui trattasi. Tale Stato membro contesta quindi la giurisprudenza della Corte risultante dalla sentenza 19 ottobre 2000, causa C‑216/98, Commissione/ Grecia (Racc. pag. I‑8921), secondo cui tale espressione deve interpretarsi nel senso che essa riserva agli Stati un potere discrezionale consistente unicamente nell’adottare normative nazionali di carattere generale, destinate a frenare l’aumento dei prezzi. Per altro verso, secondo la medesima giurisprudenza, l’espressione «legislazioni nazionali [sul rispetto] dei prezzi imposti» designerebbe un prezzo che, una volta stabilito dal produttore o dall’importatore e approvato dall’autorità pubblica, si impone quale prezzo massimo. Orbene, ad avviso della Repubblica francese, se tale prezzo deve essere approvato dall’autorità pubblica, quest’ultima deve aver altresì la possibilità di rifiutarlo.

31      In subordine, detto Stato membro afferma che la disciplina nazionale di cui trattasi è giustificata dall’obiettivo di tutela della sanità pubblica di cui all’art. 30 CE. Infatti, la giurisprudenza della Corte consentirebbe agli Stati membri di applicare disposizioni nazionali restrittive con riferimento al commercio intracomunitario allo scopo di proteggere la salute delle persone e, in tal senso, detto Stato membro si riferisce alla citata sentenza Commissione/Grecia. La normativa nazionale di cui trattasi sarebbe necessaria e proporzionata rispetto all’obiettivo stesso. Esso, infatti, non potrebbe essere perseguito mediante un aumento dell’imposizione fiscale, in quanto i produttori e gli importatori potrebbero fare in modo che esso non si ripercuota necessariamente sui prezzi di vendita. Un simile aumento non condurrebbe quindi necessariamente ad una riduzione del consumo.

32      Secondo la Repubblica francese, la fissazione di un prezzo minimo è uno strumento adeguato per mantenere un livello elevato dei prezzi e prevenire in tal modo il tabagismo dei più giovani. Ciò risulterebbe dall’art. 6, n. 2, lett. a), della convenzione OMS. La tesi di tale Stato membro sarebbe altresì avvalorata dal punto 7 della raccomandazione 2003/54 nonché dal n. 1 del punto 3.3 della relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 16 luglio 2008 sulla struttura e le aliquote delle accise che gravano sulle sigarette e sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette.

 Giudizio della Corte

33      Si deve preliminarmente rilevare che dal terzo ‘considerando’ della direttiva 95/59 emerge che essa si inserisce nel contesto di una politica di armonizzazione delle strutture dell’accisa dei tabacchi lavorati che mira ad evitare che la competitività delle varie categorie di tabacchi lavorati appartenenti ad uno stesso gruppo sia falsata e che, per tal via, sia realizzata l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri.

34      A tal proposito, l’art. 8, n. 1, della citata direttiva dispone che le sigarette prodotte nella Comunità e quelle importate da paesi terzi siano soggette, in ciascuno degli Stati membri, ad un’accisa proporzionale calcolata sul prezzo massimo di vendita al minuto, compresi i dazi doganali, nonché ad un’accisa specifica calcolata per unità di prodotto (sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 19).

35      Emerge inoltre dal settimo ‘considerando’ della direttiva 95/59 che le esigenze della concorrenza implicano un sistema di prezzi che si formino liberamente per tutti i gruppi di tabacchi lavorati.

36      A tal proposito, l’art. 9, n. 1, della citata direttiva prevede che i produttori o, se del caso, i loro rappresentanti o mandatari nella Comunità, nonché gli importatori di paesi terzi stabiliscono liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti, e ciò al fine di garantire il libero gioco della concorrenza nei loro rapporti (sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 20). Tale disposizione mira a garantire che la determinazione della base imponibile dell’accisa proporzionale sui prodotti del tabacco, vale a dire il prezzo massimo di vendita al minuto di tali prodotti, sia sottoposta alle stesse regole in tutti gli Stati membri. Essa mira altresì, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 40 delle sue conclusioni, a tutelare la libertà degli operatori sopra citati, che consente loro di beneficiare effettivamente del vantaggio concorrenziale risultante da eventuali prezzi di costo inferiori.

37      Orbene, l’imposizione di un prezzo minimo di vendita al minuto ad opera delle autorità pubbliche fa sì che il prezzo massimo di vendita al minuto stabilito dai produttori e dagli importatori non possa essere in alcun caso inferiore a tale prezzo minimo obbligatorio. Una normativa che impone un siffatto prezzo minimo è quindi idonea ad arrecare pregiudizio alle relazioni concorrenziali, impedendo a taluni di questi produttori o importatori di trarre vantaggio da prezzi di costo inferiori per proporre più allettanti prezzi di vendita al minuto.

38      Di conseguenza, un sistema di prezzi minimi di vendita al minuto dei prodotti del tabacco lavorato non può essere considerato compatibile con l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59, ove non sia strutturato in modo tale da escludere, in ogni caso, che risulti pregiudicato il vantaggio concorrenziale che potrebbe risultare, per taluni produttori o importatori di prodotti siffatti, da prezzi di costo inferiori e che, pertanto, si produca una distorsione della concorrenza (v. sentenze 4 marzo 2010, causa C‑198/08, Commissione/Austria, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30, e causa C‑221/08, Commissione/Irlanda, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41).

39      È alla luce di questi principi che occorre esaminare la normativa nazionale oggetto del presente ricorso.

40      Le disposizioni del CGI qui rilevanti, lette in combinato disposto con il decreto n. 2004‑975, impongono ai produttori e agli importatori un prezzo minimo di vendita al minuto delle sigarette in Francia, corrispondente al 95% del prezzo medio di tali prodotti, e l’art. L. 3511‑3, primo comma, del CSP vieta di vendere qualsiasi prodotto del tabacco a un «prezzo di natura promozionale contrario agli obiettivi di sanità pubblica». In udienza, la Repubblica francese ha precisato che la nozione di «prezzo di natura promozionale contrario agli obiettivi di sanità pubblica» deve essere intesa come riferita a qualsiasi prezzo inferiore a quello stabilito in virtù dell’art. 572, primo comma, del CGI.

41      Tale regime non consente di escludere, in ogni caso, che il prezzo minimo imposto pregiudichi il vantaggio concorrenziale che potrebbe risultare, per taluni produttori o importatori di prodotti del tabacco, da prezzi di costo inferiori. Al contrario, come rilevato dalla Commissione in udienza, senza essere smentita sul punto dalla Repubblica francese, siffatto regime, che, inoltre, determina il prezzo minimo facendo riferimento al prezzo medio praticato sul mercato, può far sì che siano eliminate le differenze tra i prezzi dei prodotti concorrenti e che tali prezzi convergano verso il prezzo del prodotto più caro. Tale regime pregiudica quindi la libertà dei produttori e degli importatori di stabilire i loro prezzi massimi di vendita al minuto, libertà garantita dall’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva 95/59.

42      Peraltro, contrariamente a quanto affermato dalla Repubblica francese, il regime di prezzo minimo di cui trattasi non rientra nell’eccezione prevista dall’art. 9, n. 1, terzo comma, di tale direttiva.

43      Infatti, quanto a tale disposizione, si deve rammentare, per un verso, che l’espressione «controllo del livello dei prezzi» deve interpretarsi nel senso che essa riserva agli Stati un potere discrezionale consistente unicamente nell’adottare le normative nazionali di carattere generale, per esempio quelle destinate a frenare l’aumento dei prezzi (v., in tal senso, sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 25 e giurisprudenza ivi citata). Per altro verso, l’espressione «[rispetto] dei prezzi imposti» deve essere interpretata, nell’ambito del meccanismo impositivo del tabacco, nel senso che essa fa riferimento ad un prezzo che, una volta stabilito dal produttore o dall’importatore ed approvato dall’autorità pubblica, si impone quale prezzo massimo e come tale deve essere rispettato a tutti i livelli del circuito di distribuzione fino alla vendita al consumatore. Tale meccanismo di fissazione del prezzo ha per scopo di evitare che, con il superamento del prezzo imposto, possa essere pregiudicata l’integrità delle entrate tributarie (v., in tal senso, sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

44      Orbene, è pacifico che la legislazione nazionale in esame non è destinata né a frenare l’aumento dei prezzi, né a evitare la perdita di entrate tributarie in ragione del superamento del prezzo massimo di vendita al minuto liberamente stabilito dai produttori o dagli importatori.

45      Per quanto riguarda la convenzione OMS, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 50 e 51 delle sue conclusioni, essa non impone alle parti contraenti alcun obbligo concreto in relazione alla politica dei prezzi dei tabacchi lavorati, ma descrive unicamente possibili opzioni per tener conto degli obiettivi nazionali di salute con riferimento alla lotta al tabagismo. Infatti, l’art. 6, n. 2, di tale convenzione si limita a prevedere che ogni parte contraente adotti o mantenga misure che «possono comprendere» l’applicazione di politiche fiscali e, «all’occorrenza», di politiche dei prezzi riguardanti i prodotti del tabacco.

46      Del pari, nessuna indicazione concreta con riferimento al ricorso a sistemi di prezzi minimi può essere dedotta né dalla raccomandazione 2003/54 né dalla relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 16 luglio 2008 sulla struttura e le aliquote delle accise che gravano sulle sigarette e sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette, che sono peraltro prive di forza vincolante. Infatti, i passaggi di tali testi cui fa riferimento la Repubblica francese esprimono semplicemente l’idea che i prezzi elevati dei tabacchi lavorati hanno l’effetto di scoraggiarne il consumo.

47      In ogni caso, come risulta dal punto 38 di questa sentenza, la direttiva 95/59 non osta ad una politica dei prezzi qualora la stessa non contrasti con gli obiettivi della direttiva stessa, e segnatamente con l’obiettivo di escludere una distorsione della concorrenza delle varie categorie di tabacchi lavorati appartenenti ad uno stesso gruppo.

48      La Repubblica francese afferma altresì che il regime di prezzi minimi di cui trattasi è giustificato dall’obiettivo di tutela della salute e della vita delle persone previsto dall’art. 30 CE. Secondo tale Stato membro, l’aumento del livello di imposizione fiscale non sarebbe idoneo a garantire prezzi sufficientemente elevati dei prodotti del tabacco, dal momento che tale aumento potrebbe essere assorbito dai produttori o dagli importatori sacrificando una parte del loro margine di utile, o addirittura vendendo in perdita.

49      A questo proposito, si deve rilevare che l’art. 30 CE non può essere inteso nel senso che autorizza provvedimenti di natura diversa dalle restrizioni quantitative all’importazione e all’esportazione e dalle misure di effetto equivalente contemplate dagli artt. 28 CE e 29 CE (v., in tal senso, sentenza 27 febbraio 2002, causa C‑302/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑2055, punto 33). Orbene, nella fattispecie, la Commissione non ha invocato la violazione di queste ultime disposizioni.

50      Ciononostante, la direttiva 95/59 non impedisce alla Repubblica francese di continuare la lotta al tabagismo, che si inserisce nell’obiettivo di tutela della sanità pubblica.

51      Infatti, come peraltro rammentato dal settimo ‘considerando’ della direttiva 2002/10, ultimo atto modificativo della direttiva 95/59/CE, il cui art. 9 è tuttavia rimasto invariato rispetto alla sua versione iniziale, il Trattato CE, e in particolare l’art. 152, n. 1, primo comma, CE, esige che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità debba essere garantito un livello elevato di protezione della salute umana.

52      Questo stesso ‘considerando’ precisa altresì che il livello di imposizione fiscale è un elemento fondamentale del prezzo dei prodotti del tabacco, che a sua volta influenza le preferenze dei consumatori. Del pari, la Corte ha già stabilito che, per i prodotti del tabacco, la disciplina fiscale costituisce uno strumento importante ed efficace di lotta al consumo di tali prodotti e, pertanto, di tutela della sanità pubblica (sentenza 5 ottobre 2006, causa C‑140/05, Valeško, Racc. pag. I‑10025, punto 58) e che l’obiettivo di garantire che i prezzi di tali prodotti siano fissati a livelli elevati può essere adeguatamente perseguito mediante l’aumento dell’imposizione fiscale su tali prodotti, dal momento che gli aumenti dei diritti di accisa devono prima o poi tradursi in un aumento dei prezzi di vendita al dettaglio, senza con ciò compromettere la libertà di determinazione del prezzo (v., in tal senso, sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 31).

53      Inoltre, qualora gli Stati membri desiderino eliminare definitivamente qualsiasi possibilità per i produttori o gli importatori di assorbire, anche temporaneamente, l’impatto delle imposte sul prezzo di vendita al minuto dei tabacchi lavorati, vendendoli in perdita, essi hanno segnatamente la possibilità, pur consentendo ai detti produttori e importatori di beneficiare effettivamente del vantaggio concorrenziale derivante da eventuali prezzi di costo inferiori, di vietare la vendita dei prodotti del tabacco lavorato a un prezzo inferiore alla somma del prezzo di costo e di tutte le imposte (v. citate sentenze Commissione/Austria, punto 43, e Commissione/Irlanda, punto 55).

54      Da tutte le considerazioni che precedono risulta che il ricorso della Commissione deve essere accolto.

55      Si deve quindi constatare che, adottando e mantenendo in vigore un sistema di prezzi minimi per la vendita al minuto delle sigarette immesse in consumo in Francia, nonché un divieto di vendere prodotti del tabacco «a un prezzo di natura promozionale contrario agli obiettivi di sanità pubblica», la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59.

 Sulle spese

56      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica francese, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Adottando e mantenendo in vigore un sistema di prezzi minimi per la vendita al minuto delle sigarette immesse in consumo in Francia, nonché un divieto di vendere prodotti del tabacco «a un prezzo di natura promozionale contrario agli obiettivi di sanità pubblica», la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 1995, 95/59/CE, relativa alle imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 12 febbraio 2002, 2002/10/CE.

2)      La Repubblica francese è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.