Language of document : ECLI:EU:C:2012:451

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 12 luglio 2012 (1)

Causa C‑152/11

Johann Odar

contro

Baxter Deutschland GmbH

[domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dall’Arbeitsgericht München (Germania)]

«Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Divieto di discriminazione fondata sull’età e sull’handicap – Compatibilità di disposizioni nazionali le quali consentono che lavoratori prossimi all’età pensionabile vengano esclusi dalle prestazioni previste dal piano sociale approvato dal consiglio aziendale o che ricevano prestazioni ridotte»





1.        Con il presente rinvio pregiudiziale dell’Arbeitsgericht München (giudice delle controversie di lavoro, Monaco di Baviera), si invita la Corte a chiarire se talune disposizioni nazionali (2) riguardanti le indennità corrisposte ai lavoratori in caso di licenziamento per esubero siano vietate dalla direttiva 2000/78/CE del Consiglio (3). In base a tali disposizioni i lavoratori prossimi all’età pensionabile (che è più bassa per i portatori di handicap) possono venire esclusi da un’indennità (o riceverla in misura ridotta) che viene corrisposta in base ad un regime di prestazioni volto ad alleviare le conseguenze del licenziamento per esubero.

 Normativa dell’Unione

 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

2.        L’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (4) vieta le discriminazioni, inter alia, fondate sull’età e sull’handicap.

 La direttiva 2000/78

3.        Sono rilevanti i seguenti considerando:

«(8)      Gli orientamenti in materia di occupazione per il 2000, approvati dal Consiglio europeo a Helsinki il 10 e 11 dicembre 1999, ribadiscono la necessità di promuovere un mercato del lavoro che agevoli l’inserimento sociale formulando un insieme coerente di politiche volte a combattere la discriminazione nei confronti di gruppi quali i disabili. [Essi evidenziano anche] la necessità di aiutare in particolar modo i lavoratori anziani, onde accrescere la loro partecipazione alla vita professionale.

(…)

(11)      La discriminazione basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali può pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del Trattato CE, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale, la solidarietà e la libera circolazione delle persone.

(12)      Qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali nei settori di cui alla presente direttiva dovrebbe essere pertanto proibita in tutta la Comunità.

(…)

(14)      La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni nazionali che stabiliscono l’età pensionabile.

(…)

(25)      Il divieto di discriminazione basata sull’età costituisce un elemento essenziale per il perseguimento degli obiettivi definiti negli orientamenti in materia di occupazione e la promozione della diversità nell’occupazione. Tuttavia in talune circostanze, delle disparità di trattamento in funzione dell’età possono essere giustificate e richiedono pertanto disposizioni specifiche che possono variare secondo la situazione degli Stati membri. È quindi essenziale distinguere tra le disparità di trattamento che sono giustificate, in particolare, da obiettivi legittimi di politica dell’occupazione, mercato del lavoro e formazione professionale, e le discriminazioni che devono essere vietate».

4.        A tenore dell’articolo 1, la direttiva mira a «stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».

5.        L’articolo 2 della direttiva così recita:

«1.      Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

2.      Ai fini del paragrafo 1:

a)      sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

b)      sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone, a meno che:

i)      tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (…)» (5).

6.        L’articolo 3, rubricato «Ambito di applicazione», così recita:

«1.      Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:

(…)

c)      all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;

(…)».

7.        Le disparità di trattamento fondate su uno dei motivi vietati dalla direttiva possono essere giustificate se rientrano nelle specifiche eccezioni stabilite dagli articoli 2, paragrafo 5, 3, paragrafo 4 e 6, paragrafo 1 (6).

8.        L’articolo 6 è intitolato «Giustificazione delle disparità di trattamento collegate all’età». Il paragrafo 1 così dispone:

«1.      Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare:

a)      la definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani (…)».

9.        A termini dell’articolo 16: «A tal fine gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare che:

a)      tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative contrarie al principio della parità di trattamento siano abrogate;

b)      tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti di lavoro o nei contratti collettivi, nei regolamenti interni delle aziende (…) siano o possano essere dichiarate nulle e prive di effetto oppure siano modificate».

10.      L’articolo 18 contiene disposizioni relative all’attuazione della direttiva: «[g]li Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 2 dicembre 2003 o possono affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto la presente direttiva per quanto riguarda le disposizioni che rientrano nella sfera dei contratti collettivi. In tal caso gli Stati membri si assicurano che, entro il 2 dicembre 2003, le parti sociali stabiliscano mediante accordo le necessarie disposizioni, fermo restando che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie che permettano loro di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla direttiva (…)».

 Normativa nazionale

 Il Betriebsverfassungsgesetz

11.      Gli articoli 111‑113 del Betriebsverfassungsgesetz (legge relativa all’organizzazione delle imprese; in prosieguo: il «BetrVG») prevedono l’instaurazione di un regime speciale finalizzato ad attutire le conseguenze pregiudizievoli per i lavoratori, che derivano da un’operazione di ristrutturazione di un’impresa (7). Perciò i datori di lavoro ed i consigli aziendali sono obbligati ad approvare piani sociali a tal fine (8).

 L’Allgemeines Gleichbehandlungsgesetz

12.      L’Allgemeines Gleichbehandlungsgesetz del 14 agosto 2006 (legge generale sulla parità di trattamento; in prosieguo: l’«AGG» o la «normativa nazionale controversa») ha trasposto la direttiva nell’ordinamento interno.

13.      L’articolo 10, intitolato «Ammissibilità di talune disparità di trattamento collegate all’età», così recita:

«Fatto salvo l’articolo 8 (9), è ammissibile una disparità di trattamento collegata all’età laddove essa sia giustificata oggettivamente e ragionevolmente da una finalità legittima. I mezzi per il conseguimento di tale finalità devono essere appropriati e necessari. Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare:

(…)

6)      disparità nelle prestazioni previste nel “piano sociale” [ai sensi del BetrVG], qualora le parti abbiano stabilito un regime di indennità graduato in base all’età o all’anzianità di servizio e in cui le opportunità offerte dal mercato del lavoro, dipendenti in maniera essenziale dall’età, sono state prese chiaramente in considerazione mediante un’accentuazione relativamente forte dell’età, o qualora le parti abbiano escluso dalle prestazioni del piano sociale i lavoratori che siano garantiti sotto il profilo economico, in quanto, dopo aver eventualmente percepito il sussidio di disoccupazione, hanno diritto ad una pensione di vecchiaia».

 Normativa applicabile in materia previdenziale

14.      Con riferimento alle pensioni statali, l’articolo 235 del VI libro del Sozialgesetzbuch (codice tedesco della legislazione sociale; in prosieguo: «SGB VI») prevede che un lavoratore (qualora abbia adempiuto gli obblighi di contribuzione) ha il diritto di ricevere una pensione di vecchiaia a tasso pieno al compimento dei 65 anni di età (l’età pensionabile normale (10)). Ai sensi dell’articolo 236 bis dell’SGB VI (nella versione applicabile all’epoca dei fatti), i lavoratori affetti da handicap grave avevano diritto a percepire una pensione anticipata al compimento del sessantesimo anno di età (11). In altre determinate circostanze un lavoratore può percepire una pensione ridotta prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età. Il pensionamento anticipato può essere pertanto chiesto anche a 63 anni, purché in presenza del versamento di sufficienti contributi.

15.      Per poter beneficiare del sussidio di disoccupazione, un lavoratore disoccupato deve soddisfare determinate condizioni (incluso l’adempimento degli obblighi di contribuzione) e deve essere iscritto presso il collocamento come persona disoccupata che è attivamente alla ricerca di un lavoro. Lo Stato paga un sussidio di disoccupazione ordinario (Arbeitslosengeld I) (12) che raggiunge il 60% dell’ultimo salario netto del lavoratore (l’importo sale fino al 67% se il lavoratore ha a carico figli minorenni). La detta prestazione è corrisposta per un periodo limitato che dipende dall’età del lavoratore e dalla durata dei periodi di contribuzione (13).

 Il Kündigungsschutzgesetz

16.      Il Kündigungsschutzgesetz (legge relativa alla protezione contro il licenziamento; in prosieguo: il «KSchG») contiene norme che disciplinano la selezione dei dipendenti in esubero. Per risultare legittimo un licenziamento deve essere «socialmente giustificato» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, del KSchG. A tenore dell’articolo 1, paragrafo 3, un licenziamento non è socialmente giustificato se, durante il processo di selezione ai fini del licenziamento, il datore di lavoro non tiene conto dell’anzianità di servizio, dell’età, delle obbligazioni alimentari e/o di eventuali handicap gravi di un lavoratore.

 Il piano sociale

17.      Il 30 aprile 2004 la Baxter Deutschland GmbH (in prosieguo: la «Baxter») e il rispettivo consiglio aziendale (14) concludevano il Vorsorglichen Sozialplan (piano sociale di emergenza – in realtà, un piano di licenziamenti per esubero), il cui articolo 6, punto 1, è intitolato «Indennità di liquidazione in caso di cessazione del rapporto di lavoro (salvo in caso di «pensionamento anticipato»). Tale disposizione così recita:

«1.1      I lavoratori (…) i quali lascino [la Baxter] (a seguito di licenziamento per esigenze aziendali o per risoluzione consensuale), percepiscono un’indennità lorda calcolata in euro in base alla seguente formula:

indennità = (fattore età × anzianità di servizio (15) × retribuzione mensile lorda)».

Nel prosieguo indicherò il risultato di tale calcolo come «l’indennità calcolata secondo il metodo regolare».

Ai sensi dell’articolo 6, punto 1.2, i valori indicati nella colonna relativa ai fattori età aumentano gradualmente da 0,35 corrispondente a 18 anni fino a 1,75 all’età di 57 anni, per poi scendere a 1,70 all’età di 58 anni e diminuire drasticamente dai 58 anni in avanti fino alla frazione di 0,30 corrispondente ai 64 anni di età.

A termini dell’articolo 6, punto 1.5: «[n]el caso di lavoratori di età superiore ai 54 anni, che vengano licenziati per esigenze aziendali o che pongano consensualmente termine al rapporto di lavoro, l’[indennità calcolata secondo il metodo regolare] verrà comparata a quella risultante dal seguente calcolo:

(Mesi fino alla prima data utile per il pensionamento × 0,85 × retribuzione mensile lorda)

In prosieguo mi riferirò al risultato di tale calcolo alternativo come all’«indennità calcolata secondo il metodo speciale» ed ai suoi effetti come al «tetto».

L’articolo 6, punto 1.5, aggiunge:

«Qualora [l’indennità calcolata secondo il metodo regolare] dovesse risultare superiore all’[indennità calcolata secondo il metodo speciale], viene versata la somma inferiore. Tuttavia, quest’ultima non deve essere inferiore alla metà [dell’indennità calcolata secondo la formula regolare].

Qualora l’importo [dell’indennità calcolata secondo il metodo speciale] sia pari a zero, deve essere versata la metà [dell’indennità calcolata secondo il metodo regolare]».

Farò riferimento a tale clausola indicandola quale «fattore di correzione».

18.      Il 13 marzo 2008 (16) veniva approvato un piano sociale integrativo, il cui articolo 7 è intitolato «Indennità» e stabilisce che «i lavoratori che rientrano nell’ambito di applicazione del presente piano sociale, e il cui rapporto di lavoro cessa per mutamenti legati ad esigenze aziendali, percepiscono le seguenti prestazioni:

7.1      Indennità: i lavoratori percepiscono [l’indennità calcolata secondo il metodo regolare]

7.2      In particolare: in relazione all’articolo 6, punto 1.5, del piano sociale di emergenza, le parti si accordano sulla seguente precisazione: per “prima data utile per il pensionamento” si intende il momento in cui il lavoratore può far valere per la prima volta il diritto ad una delle pensioni legali di vecchiaia, inclusa una pensione ridotta per ammissione alla pensione anticipata».

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

19.      Il dott. Odar è nato il 25 luglio 1950. È sposato e ha due figli a carico. È stato riconosciuto portatore di un handicap grave (17). Egli ha lavorato per la Baxter (e/o per le sue danti causa) dal 17 aprile 1979. Il dott. Odar era direttore del marketing prima che venisse posto termine al suo rapporto di lavoro.

20.      In seguito alla decisione di trasferire le attività da Heidelberg a München-Unterschleissheim, con lettera del 25 aprile 2008 la Baxter informava il dott. Odar che sarebbe stato congedato. La Baxter offriva al dott. Odar la possibilità di proseguire il rapporto di lavoro presso la nuova sede. Gli accordi includevano un ampio periodo di prova durante il quale l’interessato avrebbe potuto decidere se accettare o meno i nuovi accordi. Inizialmente il dott. Odar aveva accettato tale offerta, ma in un secondo momento, comunicava, a sua volta, l’intenzione di mettere fine al rapporto di lavoro con effetto a partire dal 31 dicembre 2009.

21.      Il giudice nazionale fa presente che, ai sensi dell’articolo 236 bis dell’SGB VI, il dott. Odar può far valere il diritto ad una pensione di vecchiaia (a tasso ridotto) per portatori di handicap gravi non prima del compimento del sessantesimo anno di età (nel suo caso, a partire dal 1º agosto 2010) (18).

22.      A seguito della cessazione del rapporto di lavoro del dott. Odar (19), la Baxter versava al ricorrente un’indennità pari ad EUR 308 253,31 (lordi). Secondo il giudice del rinvio, l’indennità è stata calcolata in base all’articolo 6, punti 1.1‑1.5, del piano sociale, nel seguente modo (20). In primo luogo, in base alla formula regolare, l’indennità è stata calcolata come segue: [indennità = 1,7 (fattore età) × 29,71 anni (anzianità di servizio) × 12 210,47 (retribuzione mensile lorda)]. Sulla scorta di tale calcolo si è pervenuti ad un importo di circa EUR 616 506,63. Tuttavia, poiché alla data dei fatti aveva 58 anni, il dott. Odar rientrava nell’articolo 6, punto 1.5, del piano sociale. L’indennità è stata allora ricalcolata secondo la formula speciale nel seguente modo: 19 (mesi fino alla prima data utile per il pensionamento) × 0,85 × 12 210,47 (retribuzione mensile lorda). Applicando tale formula si è ottenuto un risultato pari ad EUR 197 199,09. La Baxter ha allora applicato i rimanenti criteri indicati dall’articolo 6, punto 1.5, al fine di garantire che il dott. Odar ricevesse almeno il 50% dell’indennità spettantegli in base alla formula regolare, versandogli, quindi, l’importo lordo di EUR 308 253,31.

23.      Il 30 giugno 2010 il dott. Odar conveniva in giudizio la Baxter. Egli sostiene che il calcolo dell’indennità che gli è dovuta in base al piano sociale lo discrimina a causa della sua età e del suo handicap. Il dott. Odar sostiene pertanto di avere diritto ad un’ulteriore indennità di importo pari ad EUR 271 988,88 (lordi), corrispondente alla differenza fra l’indennità effettivamente versata e l’indennità che avrebbe percepito se avesse avuto 54 anni (a parità di anzianità di servizio) al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

24.      L’Arbeitsgericht München ritiene che tale richiesta sollevi questioni riguardanti il diritto dell’Unione ed ha conseguentemente sospeso il procedimento per sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se una disposizione nazionale che prevede l’ammissibilità di una disparità di trattamento in ragione dell’età nel caso in cui le parti sociali, nell’ambito di un regime aziendale di previdenza sociale, abbiano escluso dal beneficio delle prestazioni dovute in base al piano sociale i lavoratori garantiti sotto il profilo economico, in quanto questi, eventualmente dopo aver percepito un sussidio di disoccupazione, hanno diritto alla pensione, sia contraria al divieto di discriminazione in base all’età sancito dagli articoli 1 e 16 della direttiva [2000/78], o se una siffatta disparità di trattamento sia giustificata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, [secondo comma], lettera a), di [tale direttiva].

2)      Se una disposizione nazionale che prevede l’ammissibilità di una disparità di trattamento in ragione dell’età nel caso in cui le parti sociali, nell’ambito di un regime aziendale di previdenza sociale, abbiano escluso dal beneficio delle prestazioni dovute in base al piano sociale i lavoratori garantiti sotto il profilo economico, in quanto questi, eventualmente dopo aver percepito un sussidio di disoccupazione, hanno diritto alla pensione, sia contraria al divieto di discriminazione in ragione di un handicap ai sensi degli articoli 1 e 16 della direttiva [2000/78].

3)      Se una disposizione contenuta in un regime aziendale di previdenza sociale (21), la quale preveda che, nel caso di lavoratori di età superiore ai 54 anni licenziati per esigenze aziendali, si proceda ad un calcolo alternativo dell’indennità di liquidazione sulla base della prima data utile per il pensionamento, e preveda inoltre che, rispetto al metodo di calcolo regolare – il quale fa riferimento, segnatamente, alla durata dell’anzianità di servizio – debba essere versata l’indennità di importo inferiore, tuttavia in ogni caso non inferiore alla metà dell’indennità regolare, sia contraria al divieto di discriminazione in ragione dell’età ai sensi degli articoli 1 e 16 della direttiva [2000/78], o se una siffatta disparità di trattamento sia giustificata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, [secondo comma], lettera a), di [tale direttiva].

4)      Se una disposizione contenuta in un regime aziendale di previdenza sociale, la quale preveda che, nel caso di lavoratori di età superiore ai 54 anni licenziati per esigenze aziendali, si proceda ad un calcolo alternativo dell’indennità di liquidazione sulla base della prima data utile per il pensionamento, e preveda inoltre che, rispetto al metodo di calcolo regolare – il quale fa riferimento, segnatamente, alla durata dell’anzianità di servizio – debba essere versata l’indennità di importo inferiore, in ogni caso non inferiore alla metà dell’indennità regolare, e che, nel caso del metodo alternativo di calcolo, venga fatto riferimento ad una pensione di vecchiaia versata in forza di un handicap, sia contraria al divieto di discriminazione in ragione di un handicap ai sensi degli articoli 1 e 16 della direttiva [2000/78]».

25.      Hanno presentato osservazioni scritte i rappresentanti del dott. Odar, la Baxter, il governo tedesco e la Commissione. Le parti sono state sentite nelle loro difese orali all’udienza del 18 aprile 2012.

 Valutazione

 Osservazioni preliminari

26.      Le questioni poste dal giudice del rinvio riguardano sia una disposizione del diritto nazionale (l’articolo 10, paragrafo 6, dell’AGG) che può essere coperta o meno dagli articoli 2, paragrafo 2, lettera b), sub i), e 6, paragrafo 1, della direttiva, sia il piano sociale specifico applicato dalla Baxter. Può risultare utile, fin dall’inizio, chiarire precisamente cosa possa rientrare e cosa debba essere escluso dalla risposta che la Corte vorrà dare alle presenti questioni pregiudiziali.

27.      Il ruolo della Corte si limita ovviamente ad emettere una decisione autorevole sull’interpretazione della normativa dell’Unione di cui trattasi. Tuttavia, una normativa nazionale che deroghi al principio della parità di trattamento conferisce un certo margine d’azione alle parti sociali. La questione relativa a se una corretta interpretazione del diritto dell’Unione osti a siffatta normativa nazionale non può essere risolta in astratto. Si deve tenere conto di cosa succede quando le parti sociali approvano un piano sociale specifico che ha un impatto su una persona in particolare (in questo caso, il dott. Odar). Ritengo che l’analisi debba pertanto affrontare le seguenti tematiche (non tutte rientranti nelle competenze della Corte).

28.      Primo punto: se il piano sociale produca conseguenze che sono vietate dagli articoli 1 e 2, paragrafo 1, della direttiva e non siano coperte dalle deroghe di cui agli articoli 2, paragrafo 2, lettera b), sub i), e 6, paragrafo 1, della direttiva medesima. Per rispondere a tale interrogativo bisogna prendere in considerazione i dettagli specifici del detto piano e i risultati che esso produce. Pertanto, nei successivi paragrafi, esaminerò le modalità operative del piano in questione nonché gli effetti prodotti dalla sua applicazione al dott. Odar, e chiederò se tali effetti siano proibiti dalla direttiva. La Corte ha piena competenza per giungere ad una conclusione e rispondere a siffatta questione, sebbene possano presentarsi ulteriori questioni di fatto che devono essere esaminate o confermate dal giudice nazionale.

29.      Secondo punto: se il piano sociale della Baxter sia lecito ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 6, dell’AGG. In questo caso si tratta di una questione che interessa squisitamente il diritto nazionale e che deve essere risolta dal giudice nazionale (22).

30.      Terzo punto: qualora il diritto nazionale consenta un piano sociale come quello approvato dalla Baxter, se le pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione ostino a tale normativa nazionale. Su questo punto, la risposta finale necessariamente somma le componenti delle risposte relative alle prime due fasi dell’analisi. Se il diritto dell’Unione, correttamente interpretato, osta ad un piano sociale che produce determinati effetti e se il diritto nazionale considera lecito tale piano, ne deriva che una corretta interpretazione della direttiva osta ad una siffatta normativa nazionale di attuazione, poiché concede un improprio margine discrezionale alle parti sociali nella redazione di piani sociali individuali e quindi permette di approvare piani sociali che, sebbene siano consentiti dalla normativa nazionale, nondimeno producono risultati che sono vietati dal diritto dell’Unione.

 Terza e quarta questione

31.       Con la terza e la quarta questione si chiede se il divieto di discriminazioni fondate sull’età e/o sull’handicap ai sensi della direttiva osti ad una disposizione contenuta in un piano sociale la quale prevede che le prestazioni dovute ai lavoratori che abbiano superato i 54 anni debbano essere calcolate in base alla prima data utile per il pensionamento (metodo di calcolo speciale).

32.      La direttiva mira a stabilire un quadro generale per contrastare la discriminazione «in materia di occupazione e di condizioni di lavoro» fondata, inter alia, sull’età e sull’handicap. Dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), emerge che la direttiva «si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato (…) per quanto attiene (…) all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione». Concordo con il giudice nazionale che il piano sociale ricada nell’ambito di applicazione della direttiva, poiché incide sulle condizioni di lavoro dei lavoratori, per quanto riguarda, in particolare, il licenziamento e la retribuzione.

33.      A tenore dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva, per «principio della parità di trattamento» si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1. L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), dichiara che, ai fini del paragrafo 1, sussiste discriminazione diretta quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga. A termini dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), una discriminazione indiretta sussiste «(…) quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone (…) portatrici di un particolare handicap (23), le persone di una particolare età (…) rispetto ad altre persone (…)».

34.      La direttiva opera una distinzione tra discriminazione diretta e discriminazione indiretta. Si ritiene che la discriminazione indiretta non sussista se la misura di cui trattasi rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), sub i). La discriminazione diretta fondata sull’età è legittima se ricade nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva. Non esiste una disposizione analoga che possa giustificare una discriminazione diretta fondata sull’handicap (24).

35.      Il dott. Odar sostiene che il piano sociale è direttamente discriminatorio per quanto riguarda l’età e produce una discriminazione indiretta collegata all’handicap.

36.      Secondo la mia interpretazione, il piano sociale si applica al dott. Odar nel modo seguente.

37.      L’indennità effettiva del dott. Odar è stata calcolata, ai sensi del piano sociale, in base a tre fattori: il metodo di calcolo regolare, il metodo di calcolo speciale ed il fattore di correzione (25).

 Discriminazione fondata sull’età

38.      Il metodo di calcolo regolare genera una discriminazione diretta in ragione dell’età. Un fattore età via via più elevato, ma che aumenta in maniera disuguale, è attribuito ai lavoratori anziani fino all’età di 57 anni (compresi), i quali, sotto tale profilo, ricevono un trattamento più vantaggioso rispetto ai lavoratori più giovani. Tuttavia, tale aspetto non è in discussione nel procedimento principale. È la successiva diminuzione del fattore età che dà luogo ad una disparità di trattamento per effetto dell’applicazione del piano sociale al dott. Odar (26). A parità di anzianità e di retribuzione, l’indennità erogabile varia direttamente ed unicamente in base all’età del lavoratore, poiché entrambe le suddette componenti vengono moltiplicate per il fattore età (27).

39.      Nel caso del dott. Odar l’indennità di licenziamento è stata calcolata con riferimento all’età di 58 anni, cui corrisponde un fattore età pari ad 1,7. Essendogli stato applicato un fattore età più ridotto rispetto a quello che gli verrebbe corrisposto all’età di 57 anni, il dott. Odar ha ricevuto un trattamento meno favorevole di quello che avrebbe ricevuto (a parità di tutte le altre circostanze) un altro lavoratore più giovane di lui di un anno (con la stessa anzianità di servizio e la stessa retribuzione).

40.      La differenza tra i fattori età 1,75 e 1,7 è esigua. Lo svantaggio economico derivante da tale differenza è minore rispetto a quello che il dott. Odar avrebbe subito se, alla data del licenziamento, avesse avuto (per esempio) 59 anni. Ciononostante, sussiste una disparità di trattamento in ragione dell’età in virtù dell’articolo 6, punti 1.1 e 1.2, del piano sociale.

41.      Il metodo di calcolo speciale (l’oggetto della terza e della quarta questione) è stato quindi applicato all’indennità del dott. Odar. L’effetto di tale operazione è stato quello di limitare l’indennità all’85% della retribuzione mensile lorda che l’interessato avrebbe percepito nel periodo compreso tra la data del licenziamento e la prima data utile per il pensionamento (assumendo che la retribuzione non subisse variazioni durante tale periodo).

42.      Il giudice nazionale osserva che la regola del tetto si applica solo a partire dai 54 anni e chiede se costituisca una discriminazione fondata sull’età. La Baxter ha fornito due spiegazioni al riguardo. Nelle osservazioni scritte ha indicato che la ragione per cui tale calcolo si applica a partire dall’età di 54 anni è semplicemente perché è matematicamente impossibile che esso incida sull’importo calcolato in base al metodo regolare in relazione ad età più basse. All’udienza, la Baxter ha spiegato che l’età minima per il pensionamento era più bassa alla data di adozione del piano sociale di emergenza (rispetto a quando il dott. Odar è stato licenziato per esubero). Ognuna delle due spiegazioni può essere corretta. Spetta al giudice nazionale chiarire questo punto. Stando alla matematica, a meno che non sia possibile iniziare a lavorare per la Baxter prima di aver compiuto 18 anni o andare in pensione prima dei 60 anni, la prima spiegazione della Baxter sembra corretta. Qualora l’uno o l’altro dei suddetti parametri fosse errato (tali punti devono essere verificati dal giudice nazionale), il metodo di calcolo speciale potrebbe incidere sull’importo calcolato con il metodo regolare in un momento precedente. In tal caso, ci troveremmo nuovamente di fronte ad una discriminazione diretta fondata sull’età.

43.      Assumendo l’ipotesi (più plausibile) che la spiegazione della Baxter sia corretta, l’indicazione specifica dell’età di 54 anni nel piano sociale è irrilevante. Il metodo di calcolo speciale potrebbe essere applicato a qualsiasi età, ma produrrebbe un effetto solo a partire dai 54 anni. In tale ipotesi, la menzione dell’«età di 54 anni» nel piano sociale non introduce nessuna disparità effettiva in ragione dell’età – come tale, costituisce semplicemente una cattiva scelta redazionale, che dà l’impressione di creare una disparità. Pertanto, il metodo di calcolo speciale, di per sé, non dà luogo ad una discriminazione diretta fondata sull’età.

 Discriminazione collegata all’handicap

44.      Esaminiamo adesso gli effetti derivanti dall’applicazione del metodo di calcolo speciale all’indennità di licenziamento del dott. Odar, stabilendo l’età pensionabile, rispettivamente, i) a 65 anni e ii) e a 60 anni. Nel primo caso, il metodo di calcolo speciale non incide sull’importo dell’indennità di licenziamento. Nel secondo caso, l’effetto dell’applicazione del metodo di calcolo speciale è drastico, riducendo inizialmente l’indennità erogabile di una frazione leggermente superiore ai due terzi, anche se la riduzione finale è limitata ad un mezzo, in virtù dell’applicazione del fattore di correzione. Tale risultato deriva direttamente dall’applicazione dell’età minima pensionabile a 60 anni, piuttosto che a 65 anni. La circostanza che quest’ultimo calcolo sia stato basato sulla prima data utile per il pensionamento (compimento del sessantesimo anno di età) deriva direttamente dall’handicap del dott. Odar.

45.      Il governo tedesco esclude che il piano sociale operi una discriminazione nei confronti dei lavoratori disabili, che possono andare in pensione a 60 anni e quindi non sono comparabili ai lavoratori non disabili, i quali hanno il diritto di andare in pensione a 65 anni. La differenza nell’età minima pensionabile tra questi due gruppi di lavoratori costituisce una differenza oggettiva. Il governo tedesco cita quindi le sentenze Birds Eye Walls (28) e Hlozek (29), per concludere nel senso che situazioni oggettivamente diverse non devono essere trattate in maniera uguale.

46.      Non condivido il ragionamento del governo tedesco.

47.      Ritengo che entrambi i suddetti gruppi comprendano lavoratori che possono desiderare di proseguire un’attività lavorativa fino al raggiungimento dell’età pensionabile (65 anni), ma che si trovano in esubero. Pertanto, secondo me le due categorie sono comparabili.

48.      Inoltre, la fattispecie si distingue da quelle all’origine delle cause Birds Eye Walls e Hlozek, in quanto il «sussidio di transizione» in discussione in tali cause era dovuto unicamente ai lavoratori che si approssimavano all’età pensionabile legale. Nella causa Hlozek il sussidio di transizione era erogato ai lavoratori che erano stati licenziati in seguito alla ristrutturazione dell’impresa che li aveva occupati. Il sussidio veniva corrisposto alle donne al compimento dei 50 anni di età e agli uomini al compimento dei 55 anni. L’erogazione del sussidio di transizione era collegata all’età pensionabile, in quanto le donne avevano il diritto di andare in pensione a 55 anni, mentre gli uomini dovevano aspettare fino al compimento dei 60 anni. La Corte ha statuito che stabilendo età diverse per la fruizione di un sussidio di transizione si prevedeva un meccanismo neutrale, il che confermava l’assenza di elementi discriminatori. Di conseguenza, gli uomini e le donne non si trovavano in condizioni identiche e le loro rispettive situazioni non potevano pertanto essere considerate comparabili (30).

49.      Nella specie, l’indennità è erogata, in linea di principio, a tutti i lavoratori. La prossimità al pensionamento rileva unicamente ai fini dell’applicazione del metodo di calcolo speciale. Ne consegue che la comparazione corretta in questo caso è tra due lavoratori in fase di licenziamento. Contrariamente alla situazione oggetto delle sentenze Birds Eye Walls e Hlozek (31), non si tratta qui di una comparazione basata sull’età che determina la legittimazione a ricevere un’indennità in caso di licenziamento.

50.      Nel caso in esame i lavoratori disabili ricevono un trattamento meno vantaggioso di quello riservato ai lavoratori non disabili perché acquistano il diritto a pensione a 60 anni invece che a 65 anni. Per una qualsiasi età, la prima componente del metodo di calcolo speciale (mesi fino al raggiungimento dell’età pensionabile minima) risulterà sempre inferiore per un lavoratore disabile rispetto ad un lavoratore non disabile della stessa età.

51.      Pertanto, il metodo di calcolo speciale, apparentemente neutrale, dà luogo ad una discriminazione indiretta nei confronti dei lavoratori disabili. In conseguenza della discriminazione indiretta fondata sull’handicap: i) un lavoratore disabile licenziato a 58 anni riceve un’indennità considerevolmente minore rispetto ad un dipendente coetaneo, con la stessa retribuzione e la stessa anzianità di servizio, che non sia portatore di handicap; ii) un lavoratore disabile avrà più difficoltà a trovare una nuova occupazione rispetto al suo collega fisicamente abile e si troverà in difficoltà economiche maggiori per il resto della vita qualora sia obbligato ad accettare una pensione a tasso ridotto (32), e iii) risulterà molto più vantaggioso, dal punto di vista economico, licenziare un lavoratore disabile piuttosto che un lavoratore non disabile, ragion per cui i lavoratori portatori di handicap risultano maggiormente esposti al licenziamento (33).

52.      Ritengo, pertanto, che il piano sociale dia luogo ad una discriminazione indiretta fondata sull’handicap nei limiti in cui una disposizione apparentemente neutra (mesi mancanti fino alla prima data utile per il pensionamento), di cui all’articolo 6, punto 1.5, del piano sociale, sfocia in uno svantaggio (importi dell’indennità più bassi) per i lavoratori disabili che maturano il diritto a pensione a 60 anni, rispetto ai lavoratori non disabili che non hanno diritto di collocamento a riposo fino al compimento dell’età pensionabile legale (65 anni).

53.      Il giudice del rinvio fa presente che esiste la possibilità di chiedere il pensionamento anticipato per altri motivi, per esempio a 63 anni (34). Tale punto non è in discussione nella causa principale e richiede un approfondimento di questioni di diritto nazionale. Pertanto, non è necessario che la Corte lo esamini.

 Giustificazione della discriminazione ai sensi della direttiva

54.      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), sub i), della direttiva, si può ritenere che una discriminazione indiretta non sussista qualora sia oggettivamente giustificata da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

55.      Inoltre, una discriminazione diretta collegata all’età (ma non basata su altre ragioni, come per esempio l’handicap) è ammissibile, qualora sia coperta dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva. Tale disposizione conferisce agli Stati membri un ampio potere discrezionale nella definizione delle politiche del lavoro nazionali, e consente agli Stati membri di definire particolari condizioni di licenziamento, qualora tali misure siano dirette al conseguimento di finalità legittime, atte a giustificare una disparità di trattamento collegata all’età che sarebbe altrimenti vietata (35). Il venticinquesimo considerando della direttiva sottolinea, tuttavia, che è «essenziale distinguere tra le disparità di trattamento che sono giustificate, in particolare, da obiettivi legittimi di politica del lavoro, mercato del lavoro e formazione professionale, e le discriminazioni che devono essere vietate».

56.      Le rispettive sfere di applicazione degli articoli 2, paragrafo 2, lettera b), sub i), e 6, paragrafo 1, della direttiva non sono perfettamente coincidenti (36). Ciononostante, la Corte ha statuito che, sebbene sussista una distinzione nella formulazione di tali disposizioni – l’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), sub i), richiede che «(…) tale disposizione (…) [sia] oggettivamente giustificata da una finalità legittima», mentre l’articolo 6, paragrafo 1, dichiara che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscono una discriminazione laddove «(…) esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate (…) da una finalità legittima (…)» –, non è concepibile che una disparità di trattamento possa essere giustificata da una finalità legittima, perseguita con mezzi appropriati e necessari, ma che simile giustificazione non sia ragionevole (37).

–       Finalità legittima

57.      Il diritto al lavoro e il divieto di discriminazione in ragione dell’età e/o di un handicap sono sanciti dalla Carta come principi fondamentali (38). Poiché la giustificazione, ai sensi degli articoli 2, paragrafo 2, lettera b), sub i), e 6, paragrafo 1, della direttiva, costituisce una deroga al principio generale di non discriminazione, entrambe le disposizioni debbono essere interpretate restrittivamente (39). Inoltre, nonostante l’ampio margine di valutazione discrezionale di cui dispongono in materia di politica sociale, gli Stati membri hanno l’onere di dimostrare la legittimità dell’obiettivo (o degli obiettivi) perseguito nel rispetto di un’elevata soglia probatoria (40).

58.      Qualora la misura nazionale di cui trattasi non specifichi la finalità perseguita, altri elementi attinenti al contesto generale possono essere usati per individuare la finalità sottesa a quest’ultima, al fine di esercitare un sindacato giurisdizionale quanto alla sua legittimità e proporzionalità (41).

59.      Il giudice nazionale indica che il piano sociale ha inteso consentire alle parti sociali di ripartire risorse limitate tra i lavoratori che sono stati licenziati. Il piano mira a garantire che qualsiasi indennità versata attutisca le conseguenze immediate del licenziamento con il pagamento di una somma finalizzata ad agevolare la transizione dei lavoratori verso la loro prossima e sicura fonte di reddito, e prevede misure più generose a favore dei lavoratori più giovani. Questi ultimi si considerano maggiormente bisognosi di aiuto, dal momento che, a differenza dei lavoratori anziani prossimi alla pensione, non hanno garantita una fonte di reddito futura chiaramente identificabile.

60.      Dato che le risorse disponibili da ripartire tra i lavoratori in esubero sono limitate, l’obiettivo di prevedere prestazioni più generose a favore di coloro che sono considerati maggiormente bisognosi è evidentemente più attinente all’interesse generale piuttosto che non ad una «misura di natura puramente individuale correlata alla situazione del datore di lavoro, quale la riduzione dei costi o il miglioramento della competitività» (42). Riconosco pertanto tale obiettivo come finalità legittima.

61.      Appurata la legittimità dell’obiettivo, si pone la domanda se il piano sociale sia appropriato e necessario. Detto in altri termini, si deve stabilire se il piano sociale costituisca un mezzo adeguato per conseguire il detto obiettivo (aiutare i lavoratori a superare il periodo intercorrente tra il licenziamento e la percezione di un nuovo reddito, prevedendo disposizioni più generose a favore dei lavoratori più giovani che – a differenza degli anziani, prossimi al pensionamento – non hanno garantita una fonte di reddito futura chiaramente identificabile), e se tali obiettivi possano essere conseguiti con misure meno discriminatorie.

–       Se il piano sociale costituisca un mezzo appropriato per conseguire le dette finalità

62.      I tre fattori applicati per calcolare l’indennità secondo il metodo regolare ai sensi del piano sociale (fattore età, anzianità di servizio, retribuzione mensile lorda) favoriscono i lavoratori anziani fino all’età di 57 anni (43). Tra i 36 anni (fattore età = 1,00) e i 57 anni (fattore età = 1,75) (44), l’applicazione del fattore età aumenta l’importo dell’indennità percepita dai lavoratori. In generale, è probabile che tanto l’anzianità di servizio quanto la retribuzione aumentino con l’età del lavoratore (45), contribuendo anch’essi ad aumentare l’importo dell’indennità.

63.      Tuttavia, successivamente, le parti sociali hanno considerato il fatto che i lavoratori anziani prossimi al pensionamento hanno diritto ad una pensione. Perciò, il metodo di calcolo speciale introduce un tetto equivalente all’85% dell’importo che un lavoratore avrebbe percepito nel periodo intercorrente tra il licenziamento e la prima data in cui può vantare il diritto alla pensione di vecchiaia. In assenza di tale tetto, sembra effettivamente probabile che una porzione maggiore dei limitati fondi disponibili verrebbe attribuita ai lavoratori anziani che potranno fruire di una fonte di reddito sicura (segnatamente, la pensione di vecchiaia), ad eventuale scapito dei lavoratori più giovani (46).

64.      In tale contesto, riconosco che le parti sociali pongano giustamente un tetto alle prestazioni erogate ai lavoratori anziani prossimi al pensionamento, quando distribuiscono le risorse limitate disponibili ai sensi del piano sociale. Sotto tale profilo, il piano sociale sembra essere un mezzo appropriato per conseguire le sue finalità legittime.

65.      Tuttavia, dal momento che un lavoratore disabile può essere collocato a riposo (anche se con un tasso ridotto) prima di un lavoratore fisicamente abile, il metodo di calcolo speciale colloca i lavoratori disabili in una posizione svantaggiata. È compito del giudice nazionale, quando valuta il piano sociale, analizzare se il fatto di limitare in tal modo le prestazioni destinate ai lavoratori disabili possa avere un impatto sufficientemente positivo sui fondi complessivamente disponibili per le indennità di licenziamento, tale da giustificare una limitazione dei diritti dei suddetti lavoratori. Dato che, in linea generale, il numero dei lavoratori disabili in un’impresa è relativamente esiguo (47), mi sembra improbabile che una misura che colpisce in tal modo (deliberatamente o involontariamente) i lavoratori disabili risulti appropriata.

–       Se gli obiettivi del piano sociale possano essere conseguiti con misure meno discriminatorie

66.      È necessario prendere di mira i portatori di handicap per consentire alle parti sociali di prevedere disposizioni più generose a favore degli altri lavoratori?

67.      Ritengo di no (48).

68.      Per calcolare le prestazioni corrisposte ai lavoratori in esubero, il metodo speciale prende in considerazione soltanto un elemento-chiave: la prossimità all’età pensionabile. Come ho indicato in precedenza, ritengo che tale criterio sia, in linea di principio, appropriato. Tuttavia, ad un’analisi più attenta, l’apparente equità del tetto (in particolare, il collegamento esplicito con il momento in cui sarà disponibile un reddito sicuro alternativo), è fuorviante. Incentrandosi su un unico elemento, la regola del tetto non dà peso ad altri elementi che sono rilevanti per i lavoratori disabili. In particolare, se un lavoratore che fruisce del prepensionamento riceve una pensione a tasso ridotto essendo quindi costretto ad aggiustare conseguentemente i propri modelli di spesa, il metodo di calcolo speciale non considera la possibilità che le esigenze economiche dei lavoratori disabili siano aumentate, negli anni, a causa dell’handicap e/o che, con l’avanzare dell’età, tali spese possano ulteriormente aumentare. I detti lavoratori potrebbero non essere in grado di adeguare la programmazione delle loro spese senza dover compiere rilevanti sacrifici, che non sorgerebbero per i loro colleghi non disabili.

69.      Ritengo pertanto che gli obiettivi legittimi del piano sociale potrebbero essere conseguiti attraverso misure meno discriminatorie che tengano conto delle particolari circostanze dei lavoratori disabili al momento di ripartire i fondi limitati disponibili per pagare un’indennità di licenziamento. Per tale ragione, ritengo che gli accordi posti in essere attraverso il piano sociale della Baxter non soddisfino il criterio di proporzionalità.

 I criteri di selezione per il licenziamento

70.      C’è un’altra problematica connessa ai criteri utilizzati per individuare i lavoratori in esubero e ai costi derivanti dalla decisione di licenziare determinate categorie di lavoratori, che esaminerò brevemente.

71.      All’udienza tanto la Baxter quanto il governo tedesco hanno posto in rilievo che i datori di lavoro, quando devono individuare i lavoratori in esubero, possono prendere in considerazione solo i quattro criteri di selezione in caso di licenziamento contemplati dall’articolo 1, paragrafi 2 e 3, del KSchG (49).

72.      Anche se tali criteri sono applicati in maniera equa e obiettiva, il fatto che risulti più facile licenziare un lavoratore anziano o disabile, secondo me, può incidere sul risultato della selezione delle persone da licenziare.

73.      Per capire i motivi di tale affermazione, è opportuno fare un esempio.

74.      Un’impresa che applichi lo stesso piano sociale della Baxter ha bisogno di licenziare 30 lavoratori in esubero. Applicando l’articolo 1, paragrafi 2 e 3, del KSchG, attribuisce un «punteggio» ai membri del personale esistente in base ad ognuno dei quattro criteri di selezione ivi contenuti (50). I lavoratori cui viene attribuito un punteggio pari o superiore ad 80 sono esclusi dal licenziamento. Sulla base dei punteggi attribuiti, l’impresa sceglie 29 lavoratori senza grandi difficoltà – hanno tutti totalizzato un punteggio assai inferiore alla detta soglia. Deve essere scelto un trentesimo lavoratore, e ci sono tre candidati (A, B e C). A e B sono coniugati con 2 persone a carico. C è celibe e soffre di un handicap abbastanza grave da poter fruire del pensionamento come lavoratore disabile. Tutti e tre i lavoratori totalizzano 79 punti:

 

A

B

C

Età

57

54

57

Anzianità

10

14

12

Obbligazioni alimentari

12

12

0

Invalidità

0

0

10

Totale

79

79

79

75.      In assenza di C, il datore di lavoro dovrebbe scegliere tra A e B. Per il datore di lavoro sarebbe economicamente più vantaggioso scegliere A. Tuttavia, una volta che C sia entrato nell’equazione, la scelta del datore di lavoro si sposta logicamente su C e questi viene scelto ai fini del licenziamento. Per quanto mi è dato comprendere, non sussisterebbe una violazione delle prescrizioni del KSchG. Accade semplicemente che, quando si deve individuare il criterio decisivo per scegliere chi licenziare tra due candidati con un punteggio identico, la scelta logica penalizza il lavoratore anziano e/o il lavoratore disabile.

76.      Ritengo pertanto che la direttiva osti a misure nazionali (51) come quelle contenute nell’articolo 6, punti 1.1‑1.5, del piano sociale. Tali disposizioni conducono ad una discriminazione indiretta fondata sull’handicap, in quanto una disposizione apparentemente neutra del piano sociale sfocia in uno svantaggio. I lavoratori disabili, potendo ottenere il collocamento a riposo a 60 anni, percepiscono indennità inferiori rispetto ai lavoratori non disabili che maturano il diritto alla pensione al compimento della normale età pensionabile di 65 anni.

 Prima e seconda questione

77.       Con la prima e la seconda questione il giudice nazionale chiede, sostanzialmente, se l’articolo 10, paragrafo 6, dell’AGG sia compatibile con la direttiva, laddove consente alle parti sociali di adottare piani sociali (come quello di cui alla causa principale) che prevedono un trattamento differenziato in ragione dell’età e/o di un handicap.

78.      Il giudice del rinvio fa presente che l’articolo 10, paragrafo 6, dell’AGG ammette una discriminazione diretta collegata all’età. Tuttavia, il detto giudice non ha chiarito espressamente se i) il piano sociale della Baxter rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, paragrafo 6, dell’AGG o se ii) (dal punto di vista della normativa nazionale) sia conforme alle prescrizioni di tale disposizione.

79.      Secondo una giurisprudenza costante, spetta solo al giudice nazionale interpretare le disposizioni del diritto nazionale e stabilirne la compatibilità con il diritto dell’Unione. La Corte è tuttavia competente a fornire al giudice nazionale tutti gli elementi d’interpretazione della direttiva che gli consentano di valutare la compatibilità di tali norme con la normativa comunitaria.

80.      Di conseguenza, propongo alla Corte di interpretare la direttiva nel senso che osta al piano sociale della Baxter, nei limiti in cui tale piano opera una discriminazione nei confronti dei lavoratori disabili come il dott. Odar (52). Nel caso in cui il giudice nazionale ritenesse che il piano sociale della Baxter sia consentito dall’articolo 10, paragrafo 6, dell’AGG, spetterà allo stesso giudice stabilire se quest’ultima disposizione del diritto nazionale possa essere interpretata in conformità alla direttiva, in modo tale da vietare tali piani. In caso contrario, la disposizione in parola dovrà essere disapplicata (53).

81.      Suggerisco, pertanto, di rispondere alla prima ed alla seconda questione nel senso che spetta al giudice nazionale dare a una norma di legittimazione del diritto interno (in questo caso, l’articolo 10, paragrafo 6, dell’AGG) un’interpretazione ed un’applicazione conformi alle prescrizioni della direttiva 2000/78, avvalendosi pienamente del margine di discrezionalità consentitogli dal proprio ordinamento. Il giudice nazionale, nel caso in cui dovesse ritenere che tale interpretazione conforme non sia possibile, dovrà allora disapplicare la norma medesima.

 Conclusione

82.      Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo che la Corte debba rispondere alle questioni sollevate dall’Arbeitsgericht München come segue:

«1.      Gli articoli 1, 2, paragrafo 2, lettera b), sub i), e 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, devono essere interpretati nel senso che ostano a misure nazionali del genere quelle contenute nell’articolo 6, punti 1.1‑1.5, del piano sociale adottato dalla Baxter e dal consiglio aziendale, che costituiscono una discriminazione indiretta fondata sull’handicap, laddove una disposizione apparentemente neutra si traduce in uno svantaggio (indennità di importo inferiore) per i lavoratori disabili, la cui età pensionabile è fissata a 60 anni, rispetto ai lavoratori non disabili, che non maturano il diritto a pensione fino al compimento della normale età pensionabile di 65 anni.

2.      Spetta al giudice nazionale dare a una norma di legittimazione del diritto interno un’interpretazione ed un’applicazione conformi alle prescrizioni della direttiva 2000/78, avvalendosi pienamente del margine di discrezionalità consentitogli dal proprio ordinamento. Il giudice nazionale, nel caso in cui dovesse ritenere che tale interpretazione conforme non sia possibile, dovrà allora disapplicare la norma medesima».


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –      Le disposizioni nazionali in questione sono l’articolo 10, paragrafo 6, dell’Allgemeines Gleichbehandlungsgesetz (legge generale sulla parità di trattamento: v. paragrafi 12 e 13 infra) ed il piano sociale concordato tra la convenuta nella causa principale e il consiglio aziendale interessato: v. paragrafi 17 e 18 infra. Tale piano particolare è strutturato in modo tale da ridurre le prestazioni che sarebbero altrimenti esigibili da determinati lavoratori, ma non esclude del tutto questi ultimi dal diritto all’indennità.


3 –      Direttiva del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16; in prosieguo: la «direttiva»).


4 –      GU 2010, C 83, pag. 389 (in prosieguo: la «Carta»).


5 –      L’articolo 5 richiede agli Stati membri di assicurare che i datori di lavoro prendano i provvedimenti appropriati per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei lavoratori disabili. Pertanto, i datori di lavoro devono consentire ai lavoratori disabili di accedere ad un lavoro o di svolgerlo, di ottenere una promozione o di ricevere una formazione. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), sub ii), la discriminazione indiretta non sussiste qualora i datori di lavoro si conformino alle disposizioni nazionali che attuano i principi contenuti nell’articolo 5.


6 –      L’articolo 2, paragrafo 5, della direttiva ammette una deroga generale al divieto di discriminazione, per il caso in cui gli Stati membri introducano, tra le altre, misure necessarie alla pubblica sicurezza, alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione dei reati e alla tutela della salute. Un’eccezione specifica al divieto di discriminazioni fondate sull’età e sull’handicap è stabilita dall’articolo 3, paragrafo 4, relativamente agli impieghi nelle forze armate. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva, una disparità di trattamento basata, inter alia, sull’età o sull’handicap non costituisce una discriminazione qualora, in ragione della natura di una particolare attività lavorativa o delle condizioni in cui essa viene esercitata, tale caratteristica costituisca un requisito professionale essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia legittimo e il requisito proporzionato. V., ad esempio, sentenza del 12 gennaio 2010, Wolf (C‑229/08, Racc. pag. I‑1).


7 –      L’obbligo di consultare il consiglio aziendale si applica quando sono soddisfatte talune condizioni, tra le quali alcune riguardano il numero dei lavoratori dell’impresa. Il termine «ristrutturazione» comprende (in particolare) la cessazione totale delle attività, le operazioni di fusione o di scissione o un cambiamento radicale dell’organizzazione, come, ad esempio, la riconversione dell’impresa interessata.


8 –      Al momento di adottare una decisione sul piano sociale devono essere presi in considerazione gli interessi dei lavoratori soggetti a licenziamento con le prospettive degli stessi di ottenere un nuovo impiego, gli interessi dei lavoratori che rimangono nell’impresa ristrutturata nonché la redditività finanziaria dell’impresa.


9 –      L’articolo 8 contiene una deroga al divieto di discriminazione che si basa sui requisiti per lo svolgimento dell’attività lavorativa in questione. Al riguardo, v. l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva, citato al paragrafo 7 supra e nella precedente nota 6.


10 –      A partire dal 2012 l’età pensionabile legale verrà aumentata passando da 65 a 67 anni per le persone nate dopo il 31 dicembre 1946.


11 –      Dal 2012 l’età necessaria ai fini dell’acquisizione del diritto al pensionamento anticipato per i portatori di handicap verrà considerevolmente aumentata, passando da 60 a 62 anni per le persone nate dopo il 31 dicembre 1951.


12 –      Un’indennità ridotta (Arbeitslosengeld II) viene corrisposta, inter alia, dopo che sia terminato il periodo in cui viene versata la prestazione a tasso pieno.


13 –      Pertanto, un lavoratore che ha compiuto 50 anni e che ha versato contributi per almeno 30 mesi riceve le prestazioni in parola fino ad un massimo di 15 mesi. Se ha 55 anni ed ha versato contributi per almeno 36 mesi, riceve le dette prestazioni fino ad un massimo di 18 mesi, mentre un lavoratore di 58 anni che ha versato contributi per 48 mesi riceve le prestazioni per un periodo massimo di 24 mesi.


14 –      Nelle presenti conclusioni mi riferirò alla Baxter ed al consiglio aziendale anche come alle «parti sociali».


15 –      L’anzianità di servizio si riferisce al numero di anni di impiego presso la Baxter.


16 –      Nelle presenti conclusioni farò riferimento al piano sociale di emergenza unitamente al piano sociale integrativo come al «piano sociale».


17 –      La legislazione nazionale richiede un grado di disabilità del 50% affinché una persona possa essere qualificata come portatore di handicap grave e quindi abbia diritto a chiedere il pensionamento anticipato al compimento dei 60 anni di età: v. paragrafo 14 supra.


18 –      Il dott. Odar era stato ammesso al pensionamento anticipato a partire dal compimento dei 60 anni di età per ragioni di disabilità, con una pensione ridotta del 10,8%. Egli ha diritto ad una pensione di vecchiaia a tasso pieno al compimento di 63 anni.


19 –       L’indennità è stata calcolata a partire dal 31 dicembre 2008, data effettiva del licenziamento del dott. Odar da parte della Baxter («la data dei fatti») indicata nella lettera del 25 aprile 2008: v. paragrafo 20 supra.


20 –      Tutti i dati numerici sono tratti dall’ordinanza di rinvio del giudice nazionale. Vi sono alcune differenze tra i dati forniti dal giudice nazionale e quelli riportati nelle osservazioni delle parti. I miei calcoli divergono leggermente: ad esempio, applicando il metodo di calcolo regolare, risulta un importo di EUR 616 714,20. Pertanto, tutti i dati devono essere considerati approssimativi.


21 –      Considero che l’espressione «regime aziendale di previdenza sociale» nelle questioni terza e quarta si riferisca al piano sociale di cui al precedente paragrafo 17.


22 –      V. sentenza del 19 febbraio 2009, Schwarz (C‑321/07, Racc. pag. I‑1113, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).


23 –      In questo contesto ho interpretato tale espressione come riferita ai «portatori di handicap» in generale, poiché sarebbe altrimenti priva di senso. Ciò che rileva non è il tipo particolare di handicap di cui è affetto il dott. Odar, ma il fatto che egli sia stato riconosciuto come un portatore di handicap.


24 –      Determinate forme di azioni positive nei confronti dei disabili, sebbene costituiscano una differenziazione direttamente fondata sull’handicap, sono ammesse dall’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva.


25 –      V. paragrafo 22 supra.


26 –      Il fattore età cresce in maniera disuguale da 0,35 all’età di 18 anni fino a raggiungere il valore massimo (1,75) al compimento dei 57 anni di età. A partire da questo momento, scende drasticamente fino a raggiungere il valore minimo (0,3) all’età di 64 anni.


27 –      I dati numerici rilevanti ed il modo in cui vengono inseriti nelle equazioni determinano cosa accadrà in ciascun caso specifico. Secondo il metodo di calcolo regolare previsto dal piano sociale (indennità = fattore età × anzianità di servizio × retribuzione mensile lorda), il fattore età determina il numero di retribuzioni mensili (o le frazioni di mesi) da prendere in considerazione nel calcolo dell’indennità. Perciò, nel caso di un lavoratore di 36 anni, la retribuzione mensile è presa al valore nominale (fattore età = 1). A 57 anni viene applicato il coefficiente di 1,75 e a 64 anni quello di 0,3. Conseguentemente, all’età di 36 anni l’anzianità di servizio di un lavoratore viene moltiplicata per lo 0,75 (o ¾) in meno della retribuzione mensile rispetto ad un lavoratore di 57 anni. A 64 anni viene applicato un coefficiente di 1,45 (quasi 1½) della retribuzione mensile in meno rispetto ad un lavoratore di 57 anni. Il fattore età si applica per ciascun anno di servizio. Pertanto, i lavoratori con un fattore età più elevato ed una maggiore anzianità di servizio ottengono prestazioni superiori in base al piano sociale.


28 –      Sentenza del 9 novembre 1993 (C‑132/92, Racc. pag. I‑5579).


29 –      Sentenza del 9 dicembre 2004 (C‑19/02, Racc. pag. I‑11491).


30 –      La sentenza Birds Eye Walls, cit. supra alla nota 28, riguardava una situazione analoga. Nella specie, la «pensione di transizione» veniva versata ai lavoratori che, per motivi di salute, fossero costretti a chiedere il pensionamento prima di raggiungere la normale età pensionabile, fissata a 60 anni per le donne e a 65 anni per gli uomini. V. inoltre, la sentenza Hlozek, cit. supra alla nota 29 (punto 49).


31 –      Cit. supra alle note 28 e 29.


32 –      Secondo le disposizioni nazionali relative alle pensioni dei lavoratori portatori di handicap che inizialmente ricevono una pensione ridotta la quale può convertirsi successivamente in una pensione a tasso pieno dopo tre anni, ove siano soddisfatte le condizioni stabilite dal diritto nazionale.


33 –      V. paragrafi 70‑75 infra.


34 –      V. paragrafo 14 supra.


35 –      V. il venticinquesimo considerando, cit. supra al paragrafo 3. V., inoltre, sentenza del 5 marzo 2009, Age Concern England (C‑388/07, Racc. pag. I-1569, punto 51).


36 –      Sentenza Age Concern England, cit. supra alla nota 35 (punto 58).


37 –      Sentenza Age Concern England, cit. supra alla nota 35 (punto 65).


38 –      V. l’articolo 21.


39 –      In merito all’interpretazione delle eccezioni in generale, v. la sentenza del 21 ottobre 2010, Accardo e a. (C‑227/09, Racc. pag. I‑10273, punto 58 e giurisprudenza ivi citata). Riguardo all’interpretazione della deroga contenuta nell’articolo 2, paragrafo 5, della direttiva, v. la sentenza del 12 gennaio 2010, Petersen (C‑341/08, Racc. pag. I‑47, punto 60), e, più recentemente, la sentenza del 13 settembre 2011, Prigge e a. (C‑447/09, Racc. pag. I‑8003, punto 56).


40 –      Sentenza Age Concern England, cit. supra alla nota 35 (punto 65).


41 –      V. la sentenza del 18 novembre 2010, Georgiev (C‑250/09 e C‑268/09, Racc. pag. I‑11869, punto 40).


42 –      Sentenza Age Concern England, cit. supra alla nota 35 (punto 46).


43 –      V. paragrafo 17 supra.


44 –      V. note 26 e 27 supra.


45 –      V. paragrafo 38 supra.


46 –      All’udienza, il governo tedesco ha sottolineato che un lavoratore che fruisce del pensionamento anticipato conserva il diritto di cercare un’ulteriore occupazione. Se trova un nuovo lavoro, la pensione viene sospesa. Egli può quindi continuare a lavorare fino al compimento della normale età pensionabile. A questo punto la sua pensione verrebbe riattivata e ricalcolata per riflettere le circostanze particolari del lavoratore in questione. Poiché tale argomento si basa sull’assunto che i lavoratori anziani troveranno una nuova occupazione, esso non è suffragato da nessuno degli elementi di prova presentati alla Corte e contraddice le note difficoltà cui vanno incontro i lavoratori anziani alla ricerca una nuova occupazione. Sebbene spetti al giudice nazionale verificare la posizione, sono incline a ritenere che tale argomento sia errato. Tuttavia, è evidentemente vero che il diritto ad una pensione (anche ad un tasso ridotto) garantisce una determinata sicurezza di reddito di cui non fruisce un lavoratore giovane in esubero.


47 –      V. «Facts on disability in the world of work», pubblicato dall’Ufficio internazionale del lavoro e disponibile su Internet all’indirizzo http://www.ilo.org/employment/disability.


48 –      V. punti 44‑52 supra.


49 –      V. paragrafo 16 supra.


50 –      Nella causa C‑86/10, Balaban, è stato chiesto alla Corte se una normativa nazionale, che consentiva di basare sull’età la scelta dei lavoratori interessati da un licenziamento collettivo, risultasse giustificata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva. La Corte veniva informata che un sistema di punteggio simile a quello che uso nel suddetto esempio costituiva un metodo comunemente impiegato per applicare i quattro criteri in parola. Tale causa è stata ritirata dal giudice nazionale – l’Arbeitsgericht Siegburg (Germania) – dopo l’udienza ma prima che venisse pronunciata una sentenza (GU 2011, C 252, pag. 27).


51 –      Sul rapporto tra la direttiva, l’AGG ed il piano sociale della Baxter, v. paragrafi 26‑30 supra.


52 –      V. paragrafo 76 supra.


53 –      V. le sentenze del 13 novembre 1990, Marleasing (C‑106/89, Racc. pag. I‑4135, punto 8), e, più recentemente, del 10 marzo 2011, Deutsche Lufthansa (C‑109/09, Racc. pag. I‑1309, punto 51). V., inoltre, articolo 16 della direttiva, cit. supra al precedente paragrafo 9.