Language of document : ECLI:EU:C:2010:613

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 14 ottobre 2010 (1)

Causa C‑524/09

Ville de Lyon

contro

Caisse des dépôts et consignations

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal administratif de Paris (Francia)]

«Politica ambientale – Direttiva 2003/87/CE – Scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra – Regolamento (CE) n. 2216/2004 – Sistema di registri a livello comunitario – Direttiva 2003/4/CE – Accesso all’informazione ambientale – Accesso all’informazione sullo scambio di diritti di emissioni dei gas a effetto serra – Rifiuto di tali informazioni – Competenze dell’amministratore centrale e dell’amministratore del registro nazionale – Riservatezza delle informazioni contenute nel registro e possibilità di un’eccezione»





I –     Introduzione

1.        Oggetto della presente domanda di pronuncia pregiudiziale è l’accesso alle informazioni sulla vendita di diritti di emissioni. I dati controversi sono conservati in registri che fanno parte del sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra di cui alla direttiva 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità ai sensi dei meccanismi di progetto del protocollo di Kyoto (2).

2.        Occorre preliminarmente chiarire se le informazioni in parola siano informazioni ambientali ai sensi della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2003, 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (3) (in prosieguo: la «direttiva sull’informazione ambientale»).

3.        Si deve inoltre analizzare il rapporto tra la direttiva sull’informazione ambientale e il regolamento (CE) 21 dicembre 2004, n. 2216, relativo ad un sistema standardizzato e sicuro di registri (4). È dubbio se le disposizioni restrittive del regolamento relative alla pubblicazione delle informazioni controverse prevalgano, quale lex specialis e lex posterior, sulla direttiva, o se esse perlomeno influiscano sull’applicazione della direttiva.

II – Contesto normativo

 A – L’accesso all’informazione ambientale

4.        L’Unione si è impegnata a livello internazionale, attraverso la Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (5) (in prosieguo: la «convenzione di Århus»), sottoscritta dalla Comunità il 25 giugno 1998 ad Århus (Danimarca) (6), a garantire l’accesso all’informazione ambientale.

5.        Possibili limitazioni al diritto d’accesso risultano in particolare dall’art. 4, n. 4, della Convenzione:

«Una richiesta di informazioni ambientali può essere respinta, qualora la divulgazione di tali informazioni possa pregiudicare:

(…)

d)      la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, qualora essa sia tutelata dalla legge a salvaguardia di legittimi interessi economici; tuttavia devono essere divulgate le informazioni sulle emissioni rilevanti ai fini della tutela dell’ambiente;

e)      i diritti di proprietà intellettuale;

f)      la riservatezza dei dati personali e/o dei dossier riguardanti una persona fisica che non abbia acconsentito alla divulgazione delle informazioni al pubblico, qualora tale riservatezza sia tutelata dal diritto nazionale;

(…)

I motivi di diniego di cui sopra devono essere interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni nonché dell’eventuale attinenza delle informazioni con le emissioni nell’ambiente».

6.        La direttiva sull’informazione ambientale attua la convenzione di Århus nell’Unione. L’art. 2 definisce tra l’altro la nozione di informazione ambientale:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1)      “informazione ambientale” qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale concernente:

a)      lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica e i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché le interazioni tra questi elementi;

b)      fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni o i rifiuti, compresi quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente di cui alla lettera a);

c)      le misure (comprese quelle amministrative) quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori di cui alle lettere a) e b), nonché le misure o attività intese a proteggere i suddetti elementi;

d)      le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale;

e)      le analisi costi-benefici ed altre analisi e ipotesi economiche usate nell’ambito delle misure e attività di cui alla lettera c); e

f)      lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, ove pertinente, le condizioni della vita umana, i siti e gli edifici di interesse culturale nella misura in cui sono o possono essere influenzati dallo stato degli elementi dell’ambiente di cui alla lettera a) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui alle lettere b) e c);

(…)».

7.        Il diritto all’accesso all’informazione ambientale è previsto all’art. 3, n. 1:

«Gli Stati membri provvedono affinché le autorità pubbliche siano tenute, ai sensi delle disposizioni della presente direttiva, a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse».

8.        Le eccezioni sono previste in particolare all’art. 4, n. 2:

«Gli Stati membri possono disporre che la richiesta di informazione ambientale sia respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio:

a)      alla riservatezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche qualora essa sia prevista dal diritto;

b)      alle relazioni internazionali, alla sicurezza pubblica o alla difesa nazionale;

c)      allo svolgimento di procedimenti giudiziari, alla possibilità per ogni persona di avere un processo equo o alla possibilità per l’autorità pubblica di svolgere indagini di carattere penale o disciplinare;

d)      alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali qualora la riservatezza sia prevista dal diritto nazionale o comunitario per tutelare un legittimo interesse economico, compreso l’interesse pubblico di mantenere la riservatezza statistica ed il segreto fiscale;

e)      ai diritti di proprietà intellettuale;

f)      alla riservatezza dei dati personali e/o dei dossier riguardanti una persona fisica qualora tale persona non abbia acconsentito alla divulgazione dell’informazione al pubblico, laddove detta riservatezza sia prevista dal diritto nazionale o comunitario;

g)      agli interessi o alla protezione di chiunque abbia fornito le informazioni richieste di sua propria volontà, senza che sussistesse alcun obbligo legale reale o potenziale in tal senso, a meno che la persona interessata abbia acconsentito alla divulgazione delle informazioni in questione;

h)      alla tutela dell’ambiente cui si riferisce l’informazione, come nel caso dell’ubicazione di specie rare.

I motivi di rifiuto di cui ai paragrafi 1 e 2 sono interpretati in modo restrittivo tenendo conto nel caso specifico dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. In ogni caso specifico l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione è ponderato con l’interesse tutelato dal rifiuto. Gli Stati membri non possono, in virtù del paragrafo 2, lettere a), d), f), g) e h), disporre che una richiesta sia respinta se quest’ultima concerne informazioni sulle emissioni nell’ambiente.

(...)».

 B – La normativa sullo scambio di diritti di emissioni

9.        L’Unione europea è parte della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, sottoscritta a Rio de Janeiro nel giugno 1992 (7), nonché del relativo protocollo di Kyoto (8). L’obiettivo di questo protocollo è ridurre, nel periodo compreso tra il 2008 e il 2012, il totale delle emissioni dei gas a effetto serra di almeno il 5% rispetto al livello di tali emissioni nell’anno 1990. L’impegno complessivo assunto dall’Unione europea e dai suoi Stati membri in base al protocollo di Kyoto ha ad oggetto una riduzione complessiva, nel periodo di adempimento sopra indicato, delle emissioni di gas a effetto serra dell’8% rispetto al livello di tali emissioni nell’anno 1990.

10.      Un elemento della strategia per adempiere a tali impegni è costituito dalla direttiva 2003/87. Il sistema da questa introdotto si basa sull’assegnazione agli operatori economici di alcuni settori di determinati diritti di emissione dei gas a effetto serra. Gli operatori economici possono esercitare tali diritti oppure cederli ad altri operatori se questi intendono produrre quantità superiori di gas a effetto serra di quelle loro assegnate.

11.      L’art. 19 della direttiva 2003/87 pone le basi per i registri dei diritti di emissioni:

«1.      Gli Stati membri provvedono ad istituire e conservare un registro per assicurare l’accurata contabilizzazione precisa delle quote di emissioni rilasciate, possedute, cedute e cancellate. Gli Stati membri possono conservare i loro registri per mezzo di un sistema consolidato, unitamente ad uno o più Stati membri.

2.      Qualsiasi persona può possedere quote di emissioni. Il registro è accessibile al pubblico e contiene una contabilità separata per registrare le quote di emissioni possedute da ciascuna persona alla quale siano state rilasciate o dalla quale siano state trasferite quote di emissione.

3.      Ai fini dell’attuazione della presente direttiva la Commissione adotta, secondo la procedura di cui all’articolo 23, paragrafo 2, un regolamento relativo ad un sistema standardizzato e sicuro di registri sotto forma di banche di dati elettroniche standardizzate, contenenti elementi di dati comuni che consentano di controllare il rilascio, il possesso, il trasferimento e la cancellazione delle quote di emissioni, nonché di assicurare l’accesso al pubblico e la riservatezza, ove necessario, e di garantire che ogni cessione sia compatibile con gli obblighi risultanti dal protocollo di Kyoto. Tale regolamento stabilisce anche disposizioni in materia di impiego e identificazione delle CER e delle ERU nel sistema comunitario e riguardo al monitoraggio del livello di impiego raggiunto».

12.      L’art. 20 prevede inoltre un controllo a livello comunitario sulle transazioni:

«1.      La Commissione designa un amministratore centrale incaricato di tenere un catalogo indipendente nel quale sono registrati gli atti di rilascio, trasferimento e cancellazione delle quote di emissioni.

2.      L’amministratore centrale esegue un controllo automatico sui singoli atti inseriti nei registri mediante il catalogo indipendente degli atti, onde verificare che il rilascio, il trasferimento e la cancellazione delle quote di emissioni non siano viziati da irregolarità.

3.      Se il controllo automatico accerta l’esistenza di irregolarità, l’amministratore centrale ne informa lo Stato membro o gli Stati membri interessati, i quali non registrano le transazioni in oggetto né alcuna transazione successiva riguardante le quote di emissioni interessate finché le irregolarità non vengono sanate».

13.      Di accesso alle informazioni si parla nel tredicesimo ‘considerando’ e nell’art. 17:

«(13) Per assicurare la trasparenza, il pubblico dovrebbe avere accesso alle informazioni relative all’assegnazione delle quote e ai risultati del controllo delle emissioni, fatti salvi unicamente i limiti previsti dalla direttiva 2003/4/CE, del 28 gennaio 2003, del Parlamento europeo e del Consiglio, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale».

«Articolo 17

Accesso alle informazioni

Le decisioni concernenti l’assegnazione delle quote di emissioni, le informazioni sulle attività di progetto alle quali gli Stati membri partecipano, o per le quali autorizzano la partecipazione di entità private o pubbliche, nonché le notifiche delle emissioni previste dall’autorizzazione all’emissione di gas ad effetto serra e che sono detenute dall’autorità competente, vengono messe a disposizione del pubblico ai sensi della direttiva 2003/4/CE».

14.      Sul fondamento della direttiva 2003/87, nonché della decisione 2004/280/CE (9), la Commissione ha adottato il regolamento n. 2216/2004. In base all’art. 3 del regolamento tutti gli Stati membri e la Commissione istituiscono un registro ai sensi dell’art. 19 della direttiva 2003/87. Il registro francese è gestito dalla Cassa depositi e prestiti (Caisse des dépôts et consignations).

15.      L’art. 8, n. 3, disciplina la responsabilità per i rispettivi registri:

«Gli Stati membri e la Commissione mantengono la responsabilità e la competenza finali per la gestione e la tenuta dei rispettivi registri».

16.      L’art. 9 disciplina la pubblicazione di determinate informazioni:

«1.      L’amministratore di ciascun registro rende accessibili in modo trasparente e organizzato, tramite il sito web del proprio registro, le informazioni di cui all’allegato XVI ai destinatari e con la frequenza ivi indicati. Gli amministratori dei registri non possono rendere pubbliche le altre informazioni contenute nei rispettivi registri.

2.      L’amministratore centrale rende accessibili in modo trasparente e organizzato, tramite il sito web del CITL, le informazioni di cui all’allegato XVI ai destinatari e con la frequenza ivi indicati. L’amministratore centrale non può rendere pubbliche le altre informazioni contenute nel CITL.

3.      Ciascun sito web consente ai destinatari delle relazioni di cui all’allegato XVI di consultare tali relazioni mediante l’utilizzo di strumenti di ricerca.

4.      Gli amministratori dei registri sono responsabili dell’accuratezza delle informazioni provenienti dai rispettivi registri e rese pubbliche tramite il sito web del CITL.

5.      Il CITL e i registri non possono imporre ai titolari dei conti di fornire informazioni sui prezzi relativi alle quote o alle unità di Kyoto».

17.      L’art. 10 disciplina la riservatezza delle informazioni contenute nel registro:

«1.      Tutte le informazioni contenute nei registri e nel CITL, comprese le informazioni riguardanti la consistenza di tutti i conti e tutte le operazioni effettuate, si considerano riservate per qualsiasi fine diverso dall’applicazione delle disposizioni del presente regolamento, della direttiva 2003/87/CE o della legislazione nazionale.

2.      Le informazioni contenute nei registri non possono essere utilizzate senza il preventivo consenso del titolare del conto a cui si riferiscono, salvo ai fini della gestione e della tenuta dei registri in conformità del disposto del presente regolamento.

3.      Le autorità competenti e gli amministratori dei registri eseguono le procedure relative alle quote, alle emissioni verificate, ai conti o alle unità di Kyoto solo ove necessario per l’adempimento delle rispettive funzioni».

18.      Per le informazioni sulle transazioni relative ai diritti di emissioni l’allegato XVI, nn. 11 e 12, dispone quanto segue:

«11.      L’amministratore centrale pubblica e aggiorna le informazioni di cui al punto 12 relativamente al sistema dei registri sull’area pubblica del sito web del CITL, secondo le date specificate.

12.      Le informazioni indicate di seguito relative a ciascuna operazione completata nell’ambito del sistema dei registri per l’anno X devono essere pubblicate a partire dal 15 gennaio dell’anno (X+5):

a)      codice identificativo del conto a partire dal quale avviene il trasferimento (conto di partenza): il codice assegnato al conto, costituito dagli elementi di cui all’allegato VI;

b)      codice identificativo del conto che effettua l’acquisizione (conto di destinazione): il codice assegnato al conto, costituito dagli elementi di cui all’allegato VI;

c)      nome del titolare del conto di partenza: il titolare del conto (persona fisica/giuridica, gestore, Commissione, Stato membro);

d)      nome del titolare del conto di destinazione: il titolare del conto (persona fisica/giuridica, gestore, Commissione, Stato membro);

e)      quote o unità di Kyoto interessate dall’operazione presentate in base al codice identificativo dell’unità, costituito dagli elementi di cui all’allegato VI;

f)      codice identificativo dell’operazione: il codice assegnato all’operazione, costituito dagli elementi di cui all’allegato VI;

g)      data e ora alle quali l’operazione è stata completata (ora di Greenwich – GMT);

h)      tipo di procedura: la classificazione di una procedura, costituita dagli elementi di cui all’allegato VII».

III – Fatti, procedimento principale e domanda di pronuncia pregiudiziale

19.      Con lettera 7 febbraio 2006 la Città di Lione ha chiesto all’amministratore del registro nazionale delle quote di emissioni di gas a effetto serra, la Cassa depositi e prestiti, di comunicarle il numero delle quote vendute nel corso del 2005 da ciascuno dei gestori delle 209 centrali di teleriscaldamento cui sono state assegnate quote, la data delle transazioni e i relativi destinatari.

20.      La Cassa depositi e prestiti ha rifiutato tale comunicazione con decisione 6 marzo 2006, ritenendo che ostassero ad una comunicazione di tal tipo l’allegato XVI, nn. 11 e 12, nonché l’art. 10 del regolamento n. 2216/2004.

21.      Con lettera 29 marzo 2006 la Città di Lione ha adito la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi (Commission d’accès aux documents administratifs). Il 9 ottobre 2006 detta Commissione ha espresso parere favorevole alla comunicazione delle informazioni richieste. La normativa francese in materia di tutela della riservatezza delle informazioni industriali e commerciali non sarebbe applicabile.

22.      Con decisione 10 novembre 2006 la Cassa depositi e prestiti ha confermato il rifiuto della comunicazione.

23.      La Città di Lione ha pertanto presentato ricorso chiedendo di annullare il rifiuto della comunicazione e di condannare la Cassa depositi e prestiti a trasmetterle i documenti richiesti.

24.      Nel presente procedimento il Tribunale amministrativo sottopone alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la comunicazione o il rifiuto di comunicazione delle informazioni di cui all’allegato XVI, n. 12, del regolamento (CE) n. 2216/2004 (...), spetti esclusivamente all’amministratore centrale, oppure anche all’amministratore del registro nazionale.

2)      Nel caso in cui sia competente l’amministratore del registro nazionale, se tali informazioni debbano essere considerate “informazioni sulle emissioni nell’ambiente” ai sensi dell’art. 4 della direttiva 2003/4/CE (...), alle quali non possa opporsi la “riservatezza delle informazioni commerciali o industriali”, o se la comunicazione di tali informazioni sia disciplinata da specifiche norme di riservatezza.

3)      Nel caso in cui si applichino specifiche norme di riservatezza, se dette informazioni non possano essere comunicate prima della scadenza di un termine di cinque anni, o se tale termine riguardi solo il periodo quinquennale di assegnazione delle quote ai sensi della direttiva 2003/87/CE (...).

4)       Nel caso in cui si applichi il detto termine quinquennale, se l’art. 10 del regolamento n. 2216/2004 (...) consenta di derogarvi e se il rifiuto di derogarvi possa essere opposto, sul fondamento di tale articolo, a un ente locale territoriale che voglia ricevere le informazioni in questione per negoziare una concessione relativa al servizio pubblico di teleriscaldamento».

25.      Alla fase scritta del procedimento hanno partecipato la Città di Lione quale ricorrente nel procedimento principale, la Cassa depositi e prestiti quale convenuta in tale procedimento, la Repubblica francese, la Repubblica austriaca e la Commissione europea. Ad eccezione dell'Austria esse hanno presentato osservazioni anche all'udienza del 7 ottobre 2010.

IV – Valutazione giuridica

26.      Se l’accesso alle informazioni sulla vendita dei diritti di emissioni dovesse essere valutato solo alla luce delle disposizioni contenute negli atti giuridici concernenti i diritti di emissioni, emergerebbe una conclusione abbastanza chiara: queste informazioni sono rese pubbliche dopo la scadenza di un termine di cinque anni. Prima di tale scadenza esse sono in via di principio riservate. Se invece dovessero applicarsi le norme in materia di accesso all’informazione ambientale, allora occorrerebbe verificare la presenza di eventuali eccezioni al diritto d’accesso. Pertanto accerterò prima di tutto se si tratta di informazioni ambientali (v. sub A), quindi passerò a verificare la competenza dell’amministratore del registro francese a decidere in merito ad una richiesta d’accesso alle informazioni controverse (v. sub B) e il rapporto esistente tra la direttiva sull’informazione ambientale e il regolamento n. 2216/2004 (v. sub C), e infine, in via prudenziale, fornirò una soluzione alle questioni concernenti il regolamento n. 2216/2004 (v. sub D e E).

A –    Sulla nozione di informazione ambientale

27.      Benché il giudice a quo parta implicitamente dal presupposto che si tratti dell’accesso a informazioni ambientali ai sensi della direttiva sull’informazione ambientale, ciò dovrebbe invece essere preliminarmente verificato, al fine di sincerarsi che un confronto con la direttiva sull’informazione ambientale sia davvero necessario.

28.      Già in relazione alla vecchia direttiva sull’informazione ambientale, la direttiva 90/313/CEE (10), la Corte ha statuito che il legislatore ha inteso attribuire alla nozione di «informazioni relative all’ambiente» un’accezione ampia (11). Addirittura, la Corte considera la definizione di cui all’art. 2, punto 1, della nuova direttiva sull’informazione ambientale ancor più ampia e dettagliata (12). Inoltre, nel frattempo, il Trattato di Amsterdam, all'art. 1, secondo comma, UE, ha concretizzato la volontà di creare un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini. A tale scopo, l'art. 15 TFUE (ex art. 255 CE) impone alle istituzioni il principio di apertura e fonda – assieme all'art. 42 della Carta sui diritti fondamentali – un diritto di accesso ai documenti.

29.      Né la vecchia né la nuova direttiva sull’informazione ambientale si propongono di attribuire un diritto di accesso generalizzato e illimitato all’insieme delle informazioni detenute dall’autorità pubblica e che presentino un rapporto, ancorché minimo, con un bene ambientale. Occorre infatti, affinché sorga il diritto di accesso, che tali informazioni rientrino in una o più delle categorie elencate dalla direttiva (13).

30.      La Città di Lione ha richiesto informazioni sulla vendita di diritti di emissioni da parte dei gestori delle 209 centrali francesi di teleriscaldamento. Le informazioni in questione sembrano essere informazioni sulle transazioni che, in base all’allegato XVI, n. 12, del regolamento n. 2216/2004, sono pubblicate cinque anni dopo il loro compimento.

31.      Secondo la Città di Lione si tratta in tal caso di informazioni sulle misure o attività intese a proteggere l'ambiente ai sensi dell'art. 2, punto 1, lett. c), della direttiva sull'informazione ambientale. Dati relativi alle transazioni mostrerebbero se il commercio delle emissioni costituisce un mezzo adeguato per la tutela del clima.

32.      La Francia e la Cassa depositi e prestiti contestano tuttavia tale tesi in modo pertinente adducendo che i dati relativi alle transazioni possono mostrare solo se il mercato dei diritti di emissioni funziona. È vero che tale mercato costituisce parte di un sistema inteso a tutelare, nel complesso, il clima, tuttavia non emerge dai dati sulle transazioni fino a che punto il mercato contribuisce a questo scopo. Pertanto, l'art. 2, punto 1, lett. c), della direttiva sull'informazione ambientale non è applicabile.

33.      Le informazioni sul commercio dei diritti di emissioni potrebbero tuttavia essere informazioni ai sensi dell’art. 2, punto 1, lett. b), della direttiva sull’informazione ambientale, vale a dire informazioni su fattori che possono incidere sull’atmosfera, la quale costituisce un elemento dell’ambiente ai sensi della lett. a) della citata disposizione.

34.      Vero è che tale disposizione menziona a titolo esemplificativo solo specifici fattori che possono entrare direttamente in interazione con gli elementi dell’ambiente. Nondimeno, le informazioni sul diritto di rilasciare un fattore di tal tipo, nella specie l’emissione di gas a effetto serra, sono indirettamente anche informazioni su questo fattore.

35.      In effetti, già il legislatore dell’Unione ha ritenuto che almeno determinate informazioni sui diritti di emissioni siano informazioni ambientali, dal momento che il tredicesimo ‘considerando’ e l’art. 17 della direttiva 2003/87 prevedono un accesso ai sensi della direttiva sull’informazione ambientale. In particolare, in base a tali disposizioni l’assegnazione dei diritti di emissioni è un’informazione ambientale.

36.      Secondo la Francia e la Cassa depositi e prestiti, tuttavia, le informazioni sulle transazioni non sarebbero informazioni ambientali. La titolarità di diritti di emissioni di per sé non implicherebbe un effettivo rilascio di gas a effetto serra da parte del titolare.

37.      L’effettivo esercizio dei diritti di emissioni non è tuttavia decisivo, in quanto, in base all’art. 2, punto 1, lett. b), della direttiva sull’informazione ambientale, rilevano già i possibili effetti. Di solito una transazione, vale a dire la cessione di diritti di emissioni, comporta che il venditore produce meno emissioni di quelle previste al momento dell’assegnazione, mentre il compratore può aumentare le sue emissioni.

38.      La Francia, tuttavia, giustamente osserva che le transazioni potrebbero non avere alcun rapporto diretto con il rilascio di gas a effetto serra. Può trattarsi di operazioni meramente speculative, compiute per guadagnare sulla successiva rivendita dei diritti.

39.      Questa considerazione può essere vera per una parte delle informazioni sulle transazioni richieste, segnatamente per le informazioni che riguardano gli acquirenti dei diritti di emissioni. Per quanto riguarda le centrali di teleriscaldamento che nel caso di specie cedono diritti di emissioni, gli effetti della transazione sono reali, in quanto esse di regola devono ridurre le loro emissioni in misura corrispondente.

40.      Anche le informazioni sugli acquirenti dei diritti non dovrebbero, tuttavia, essere escluse. L’acquirente finale, infatti, produrrà regolarmente più emissioni di quanto previsto al momento dell’assegnazione dei diritti, e un acquisto intermedio, effettuato con finalità speculative, contribuisce a tale esito. Già per tal motivo sussiste un interesse ambientale alla trasparenza della cessione dei diritti di emissioni. Del resto, prima dell’utilizzazione finale di un diritto, sul piano pratico potrebbe essere non sempre agevole accertare se una transazione costituiva un mero acquisto intermedio, o era rivolta al consumo diretto. Ne consegue che le informazioni sulle transazioni devono in via di principio essere considerate informazioni ambientali.

41.      Contrariamente a quanto sostenuto dall’Austria, il concreto interesse della Città di Lione per tali informazioni non può mettere in dubbio la loro classificazione come informazioni ambientali. Piuttosto dall’art. 3, n. 1, della direttiva sull’informazione ambientale, il quale esclude la necessità per il richiedente di dichiarare il proprio interesse, risulta che è irrilevante la natura dell’interesse personale del richiedente per le informazioni richieste (14).

42.      Pertanto, le informazioni sulle transazioni di diritti di emissioni sono informazioni ambientali ai sensi dell’art. 2, punto 1, lett. b), della direttiva sull’informazione ambientale.

B –    Sulla prima questione – la competenza a decidere in merito alla divulgazione delle informazioni

43.      Con la prima questione il giudice a quo desidera sapere se spetti effettivamente alla Cassa depositi e prestiti decidere in merito alla divulgazione delle informazioni sulle transazioni.

44.      Il regolamento n. 2216/2004 prevede sostanzialmente una forma di divulgazione di tali informazioni: la pubblicazione, da parte dell’amministratore centrale, delle informazioni sulle transazioni concluse, ai sensi dell’allegato XVI, nn. 11 e 12, al 15 gennaio del quinto anno dopo la transazione. Fuori da questa ipotesi tali informazioni, in base all’art. 10, n. 1, si considerano in via di principio riservate. L’art. 10, n. 2, vieta di utilizzare dette informazioni senza il preventivo consenso del titolare del conto a cui si riferiscono, salvo il loro utilizzo ai fini della gestione e della tenuta dei registri in conformità del disposto del regolamento stesso. L’art. 10, n. 3, stabilisce inoltre che le autorità competenti e gli amministratori dei registri eseguono le procedure relative alle quote, alle emissioni verificate, ai conti o alle unità di Kyoto solo ove necessario per l’adempimento delle rispettive funzioni.

45.      La Cassa depositi e prestiti, l’Austria e la Commissione desumono da quanto sopra che soltanto l’amministratore centrale possa decidere in merito alla divulgazione delle informazioni controverse. Alla Cassa depositi e prestiti quale amministratore del registro nazionale non spetterebbe siffatta competenza.

46.      La Città di Lione e la Francia, invece, giustamente distinguono tra la pubblicazione delle informazioni controverse, che ai sensi del regolamento n. 2216/2004 spetta all’amministratore centrale, e la decisione in merito ad una richiesta di accesso alle informazioni ambientali. Sulla richiesta deve decidere l’autorità pubblica cui essa è rivolta.

47.      Ciò risulta dall’art. 3, n. 1, della direttiva sull’informazione ambientale. In base a tale disposizione le autorità pubbliche sono tenute a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da esse o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta. Non è controverso che le informazioni in questione sono conservate nel registro nazionale.

48.      Il regolamento n. 2216/2004 nulla dispone a tal proposito. Esso, pur disciplinando la riservatezza e la pubblicazione delle informazioni controverse, non regolamenta la competenza a decidere in merito alle richieste d’accesso all’informazione ambientale. Contrariamente a quanto sostenuto dall’Austria e dalla Commissione, in questa materia il regolamento non può quindi essere considerato norma speciale rispetto alla direttiva sull’informazione ambientale (15).

49.      Nemmeno può ritenersi che gli amministratori dei registri nazionali formino insieme all’amministratore centrale un’autorità pubblica unitaria, per la quale possa agire soltanto l’amministratore centrale. Infatti il governo francese giustamente osserva che, in base all’art. 8, n. 3, del regolamento n. 2216/2004, gli Stati membri e la Commissione hanno la responsabilità per la gestione e la tenuta dei rispettivi registri. Inoltre, l’allegato XVI, nn. 5-10, contiene diversi obblighi di informazione dell’amministratore del registro nazionale.

50.      I rilievi della Commissione confermano indirettamente questa conclusione. Essa, pur partendo dalla tesi dell’esclusiva competenza dell’amministratore centrale, ritiene tuttavia che non appena questi abbia pubblicato le informazioni ai sensi dell’allegato XVI, n. 12, del regolamento n. 2216/2004 anche gli amministratori dei registri nazionali potrebbero divulgarle. Perché mai la pubblicazione dovrebbe modificare la competenza, la Commissione non lo spiega.

51.      La prima questione deve pertanto essere risolta nel senso che l’amministratore del registro nazionale è competente a decidere su una richiesta, presentata ai sensi della direttiva sull’informazione ambientale, di accesso alle informazioni di cui all’allegato XVI, n. 12, del regolamento n. 2216/2004, allorché tali informazioni siano detenute da esso o per suo conto.

C –    Sulla seconda questione – informazioni sulle emissioni nell’ambiente

52.      Con la seconda questione si giunge al cuore della controversia. Il giudice desidera sapere se le informazioni richieste debbano essere considerate «informazioni sulle emissioni nell’ambiente» ai sensi dell’art. 4 della direttiva sull’informazione ambientale, alla cui comunicazione non può opporsi la «riservatezza delle informazioni commerciali o industriali», o se la comunicazione di tali informazioni sia disciplinata da specifiche norme di riservatezza.

53.      A tal fine verificherò prima di tutto se la direttiva sull’informazione ambientale sia effettivamente applicabile (sub 1), poi se si tratti di «informazioni concernenti le emissioni nell’ambiente» ai sensi dell’art. 4 della direttiva sull’informazione ambientale (sub 2) e, infine, se e in che modo le disposizioni del regolamento n. 2216/2004 sulla riservatezza dei registri influiscano sulle eccezioni al diritto all’informazione di cui all’art. 4, n. 2, prima frase, lett. d), della direttiva sull’informazione ambientale (sub 3).

1.      Sull’applicabilità della direttiva sull’informazione ambientale

54.      Secondo l’unanime opinione della Cassa depositi e prestiti, della Francia, dell’Austria e della Commissione, dal regolamento n. 2216/2004 emerge una disciplina speciale della riservatezza delle informazioni contenute nei registri istituiti in base al regolamento stesso, cronologicamente successiva rispetto alla direttiva sull’informazione ambientale, ed esaustiva. Tale disciplina, pertanto, prevarrebbe sulle regole generali contenute nella direttiva sull’informazione ambientale.

55.      Se si esamina, in modo isolato, la formulazione rispettiva dei due atti normativi, si è indotti ad affermare la specialità del regolamento n. 2216/2004. Esso contiene norme specifiche sulla pubblicazione e sul trattamento riservato delle informazioni conservate nei registri, mentre la direttiva sull’informazione ambientale si applica a qualsiasi informazione ambientale. In tale ambito, il regolamento differisce dall’art. 4, n. 2, della direttiva sull’informazione ambientale, sia in quanto non prevede espressamente che in ogni caso specifico l’interesse tutelato dalla riservatezza debba essere ponderato con l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione, sia in quanto non fa menzione dell’accesso, particolarmente ampio, alle informazioni sulle emissioni nell’ambiente.

56.      Inoltre, la successione cronologica dei due atti normativi induce a considerare il regolamento n. 2216/2004 quale lex posterior rispetto alla direttiva sull’informazione ambientale.

57.      Tuttavia, il regolamento n. 2216/2004 può essere riconosciuto quale lex specialis e/o lex posterior rispetto alla direttiva sull’informazione ambientale solo se la Commissione poteva davvero emanare norme derogatorie rispetto alla direttiva sull’informazione ambientale.

58.      A tale riguardo, si potrebbe ictu oculi rilevare il rapporto gerarchico esistente tra la direttiva sull’informazione ambientale e il regolamento n. 2216/2004. In effetti Consiglio e Parlamento hanno emanato la direttiva come un tipico atto di diritto derivato, direttamente sul fondamento normativo del Trattato CE, mentre il regolamento è soltanto una misura di attuazione della Commissione di un’altra direttiva, e costituisce quindi, in un certo senso, un atto di diritto sub‑derivato.

59.      La Corte, tuttavia, finora non ha preso in considerazione una siffatta articolata gerarchizzazione del diritto dell’Unione, e anche nel presente caso, a ben vedere, non è necessario compiere un tale passo. Piuttosto, già da un’attenta analisi del fondamento normativo del regolamento risulta che esso non può comportare alcuna deroga alla direttiva sull’informazione ambientale.

60.      Il regolamento n. 2216/2004 si fonda sull’art. 19, n. 3, della direttiva 2003/87. In base a tale disposizione, la Commissione adotta un regolamento relativo ad un sistema di registri che assicuri, in particolare, l’accesso del registro al pubblico e, ove necessario, la riservatezza. Inoltre, l’art. 17 e il tredicesimo ‘considerando’ della direttiva 2003/87 prevedono la divulgazione di determinate informazioni ai sensi della direttiva sull’informazione ambientale. Lo scambio di diritti di emissioni non rientra nella previsione di dette disposizioni. Sembra pertanto che le disposizioni del regolamento n. 2216/2004 concernenti la riservatezza delle informazioni sulla vendita di diritti di emissioni siano in via di principio conformi al loro fondamento normativo.

61.      Tuttavia, non si può ritenere che la Commissione attraverso misure di attuazione possa derogare ad altre disposizioni del diritto derivato, in particolare allorché essa non abbia la competenza di adottare norme di attuazione di queste altre disposizioni (16). La direttiva sull’informazione ambientale non prevede misure di attuazione da parte della Commissione.

62.      Una normativa speciale, derogatoria rispetto alla direttiva sull’informazione ambientale, presupporrebbe, pertanto, che il legislatore, all’atto dell’adozione della direttiva 2003/87, abbia voluto autorizzare la Commissione a derogare alla direttiva sull’informazione ambientale. Ciò potrebbe essere tutt’al più dedotto in via indiretta dalla circostanza che l’applicazione della direttiva sull’informazione ambientale viene prevista solo per alcune informazioni.

63.      La relazione sulle disposizioni in parola, contenuta nella proposta della Commissione della direttiva 2003/87, depone, tuttavia, in senso contrario ad un implicito intento di apporre limiti alla direttiva sull’informazione ambientale. Secondo tale relazione, i cittadini – in conformità alla direttiva 90/313/CEE, relativa alla libertà di accesso all’informazione in materia ambientale, cioè la vecchia direttiva sull’informazione ambientale – dovrebbero avere accesso alle informazioni sui risultati dell’applicazione degli obblighi in tema di controlli, notificazioni e verifiche, sulle informazioni riguardanti le quote detenute nei registri nazionali e su qualsiasi iniziativa riguardante le violazioni della direttiva stessa (17). Nel presente caso si tratta di informazioni riguardanti le quote detenute nei registri nazionali.

64.      Oltre a ciò, la relazione della proposta della Commissione dichiara espressamente che la direttiva 2003/87 deve risultare conforme alla convenzione di Århus. Ciò è comunque inevitabile, dal momento che gli accordi internazionali conclusi dall’Unione prevalgono sulle norme del diritto comunitario derivato (18). Le norme del diritto dell’Unione derivato devono pertanto essere interpretate, per quanto è possibile, in conformità con gli obblighi di diritto internazionale dell’Unione (19).

65.      Per quanto rilevante nel presente procedimento, l’art. 4, n. 4, della Convenzione di Århus corrisponde all’art. 4, n. 2, della direttiva sull’informazione ambientale. Considerare il regolamento n. 2216/2004 come una normativa speciale rispetto alla direttiva sull’informazione ambientale comporterebbe pertanto una deroga alla Convenzione di Århus.

66.      La circostanza che la direttiva 2003/87 e il regolamento n. 2216/2004 sono parimenti intesi all'attuazione di obblighi internazionali non può giustificare tali deroghe. Né la convenzione quadro sui cambiamenti climatici né il Protocollo di Kyoto contengono infatti disposizioni che richiedono una tale deroga.

67.      Non può quindi ritenersi che l’art. 19 della direttiva 2003/87 autorizzi la Commissione ad emanare una normativa speciale, derogatoria rispetto alla direttiva sull’informazione ambientale e alla Convenzione di Århus. Non è pertanto consentito interpretare in tal senso il regolamento n. 2216/2004. Tuttavia, nella parte in cui la direttiva sull’informazione ambientale lascia margini di manovra adeguati, il regolamento può esplicare in concreto i suoi effetti.

68.      A titolo di conclusione provvisoria occorre constatare che su una richiesta d’accesso alle informazioni previste nell’allegato XVI, n. 12, del regolamento n. 2216/2004 si deve decidere applicando la direttiva sull’informazione ambientale.

2.      Sulla nozione di informazioni concernenti emissioni nell’ambiente

69.      L’art. 4, n. 2, prima frase, della direttiva sull’informazione ambientale consente di respingere una richiesta di accesso all’informazione ambientale, qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio a determinati beni protetti, ivi elencati. L’art. 4, n. 2, quarta frase, tuttavia, limita il numero dei beni che possono venire in rilievo nel caso in cui la richiesta riguardi informazioni sulle emissioni nell’ambiente. Ad una siffatta richiesta possono essere opposti solo i motivi di riservatezza previsti all’art. 4, n. 2, prima frase, lett. b), c) ed e). Non risulta, tuttavia, che nel presente caso ricorra uno di tali motivi. Occorre pertanto verificare se la richiesta della Città di Lione riguardi informazioni sulle emissioni nell’ambiente.

70.      Lo scambio di diritti di emissioni presenta una relazione con le emissioni nell’ambiente, in quanto tali diritti consentono ai loro titolari di rilasciare sostanze. Le informazioni sulle transazioni consentono di accertare chi ha il diritto di produrre emissioni. Si tratta pertanto senz’altro di informazioni ambientali.

71.      Occorre tuttavia chiedersi se la limitazione delle eccezioni al diritto d’accesso operata dall’art. 4, n. 2, quarta frase, della direttiva sull’informazione ambientale debba ricomprendere le informazioni indirette sulle emissioni allo stesso modo di quanto fa la definizione di informazione ambientale. Le due disposizioni hanno funzioni differenti che ostano ad una loro interpretazione unitaria (20).

72.      La definizione segna l’ambito di applicazione della direttiva sull’informazione ambientale e pertanto consente una congrua ponderazione degli interessi in conflitto per stabilire se una determinata informazione debba o meno essere divulgata.

73.      La limitazione delle eccezioni al diritto d’accesso si basa invece su una presunzione assoluta: determinati motivi, tra cui in particolare la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali e industriali, non giustificano mai un trattamento riservato delle informazioni sulle emissioni nell’ambiente. Se l’art. 4, n. 2, quarta frase, della direttiva sull’informazione ambientale ricomprendesse le informazioni indirette sulle emissioni nell’ambiente, l’ambito di applicazione delle eccezioni da tale norma escluse, e quindi, in particolare, la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali e industriali, sarebbe notevolmente ridotto. Gran parte delle informazioni ambientali possono essere poste indirettamente in relazione con le emissioni.

74.      Convincono di più, pertanto, le considerazioni della guida all’applicazione della Convenzione di Århus. In base ad esse la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali dovrebbe cessare nel momento in cui vengono rilasciate le sostanze alle quali si riferiscono le informazioni riservate (21). Lo scambio dei diritti di emissioni avviene invece prima che le sostanze vengano rilasciate. Le informazioni riguardanti tale scambio non sono pertanto informazioni sulle emissioni.

3.      Sulla riservatezza delle informazioni sulle transazioni

75.      Nel presente caso viene pertanto in rilievo il rifiuto della divulgazione a causa del pregiudizio alla riservatezza delle informazioni commerciali e industriali. Tale bene rientra nella previsione dell’art. 4, n. 2, prima frase, lett. d), della direttiva sull’informazione ambientale, qualora la riservatezza delle informazioni commerciali e industriali sia tutelata dal diritto nazionale o comunitario per tutelare a sua volta un legittimo interesse economico, compreso l’interesse pubblico di mantenere la riservatezza statistica ed il segreto fiscale.

76.      Le disposizioni del regolamento n. 2216/2004 riguardanti la divulgazione delle informazioni contenute nei registri fondano una siffatta tutela giuridica. L’art. 10, n. 2, del regolamento, subordinando l’utilizzo di tali informazioni al consenso del titolare del conto a cui si riferiscono, dimostra che tale disciplina è rivolta a tutelare il legittimo interesse economico di costui.

77.      Se il titolare del conto è una persona fisica, viene altresì in rilievo la riservatezza dei dati personali di cui all’art. 4, n. 2, prima frase, lett. f), della direttiva sull’informazione ambientale (22).

78.      Con ciò, tuttavia, non si è ancora chiarito se le informazioni contenute nel registro debbano essere considerate riservate fino alla scadenza del periodo di cinque anni di cui all’allegato XVI, n. 12, del regolamento n. 2216/2004. L’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale richiede infatti di ponderare in ogni caso specifico l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse tutelato dal rifiuto della divulgazione.

79.      Pertanto, le autorità competenti devono preliminarmente verificare, se del caso dopo aver sentito le imprese coinvolte, se l’interesse alla riservatezza, presunto in forza del regolamento n. 2216/2004, sussista effettivamente. Le informazioni controverse, qualora siano già state altrimenti pubblicate o le imprese non abbiano interesse a conservare la riservatezza, non possono essere tenute riservate come informazioni commerciali o industriali, o come dati personali.

80.      Se l’interesse alla riservatezza sussiste ancora, allora deve essere ponderato con l’eventuale interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni.

81.      A prima vista parrebbe ovvio considerare l’interesse della Città di Lione ad utilizzare le informazioni per condurre trattative contrattuali come un interesse pubblico, se la Città di Lione svolge in tal modo un servizio pubblico. Tale impressione è tuttavia fuorviante, in quanto la ponderazione prevista all’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale deve essere effettuata a prescindere dallo specifico interesse del singolo richiedente. La direttiva, infatti, si propone di riconoscere a chiunque un diritto d’accesso all’informazione ambientale, e non di stabilire norme dirette a tutelare l’interesse specifico all’accesso a tale informazione che una persona determinata possa avere (23).

82.      Anche le prescrizioni del diritto dell’Unione in materia di assegnazione degli appalti pubblici non fondano un particolare interesse pubblico alla divulgazione delle informazioni contenute nei registri sullo scambio di diritti di emissioni. Piuttosto, anche nell’ambito della normativa in materia di appalti pubblici deve essere assicurata la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali e industriali (24).

83.      Mi pare infine esclusa la configurabilità di un interesse pubblico alla trasparenza del mercato dei diritti di emissioni. Vero è che a favore della trasparenza depone il fatto che questo mercato ha per oggetto diritti di emissioni, e che l’art. 4, n. 2, quarta frase, della direttiva sull’informazione ambientale dimostra un notevole interesse pubblico alla pubblicazione di informazioni riguardanti le emissioni. La trasparenza del mercato dei diritti di emissioni è, tuttavia, univocamente disciplinata dal regolamento n. 2216/2004. Un superamento della competenza normativa non sembra in quest’ambito ravvisabile, in quanto il fondamento normativo del regolamento, l’art. 19, n. 3, della direttiva 2003/87, prevede espressamente la disciplina dell’accesso del pubblico al registro nonché, ove necessaria, della riservatezza. Pertanto, le valutazioni espresse dalla Commissione in veste di legislatore devono essere in via di principio rispettate.

84.      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non emerge, pertanto, alcun interesse pubblico vincolante tutelato dalla divulgazione delle informazioni di cui all’allegato XVI, n. 12, del regolamento n. 2216/2004 che prevalga sugli interessi alla riservatezza, qualora questi, presunti in virtù del regolamento, sussistano effettivamente nel caso concreto.

4.      Conclusione provvisoria

85.      Su una richiesta d’accesso alle informazioni previste all’allegato XVI, n. 12, del regolamento n. 2216/2004, si deve decidere applicando la direttiva sull’informazione ambientale. Non si tratta, tuttavia, di informazioni sulle emissioni nell’ambiente ai sensi dell’art. 4, n. 2, quarta frase, della direttiva, alle quali possono applicarsi solo alcuni dei previsti motivi di riservatezza. Prima della scadenza del termine quinquennale di cui all’allegato XVI, n. 12, del regolamento, la loro divulgazione recherebbe pregiudizio alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali ai sensi dell’art. 4, n. 2, prima frase, lett. d), e/o alla riservatezza dei dati personali ai sensi dell’art. 4, n. 2, prima frase, lett. f), della direttiva. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non è emerso alcun interesse pubblico vincolante tutelato dalla divulgazione di tali informazioni, che prevalga sulla tutela della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali e/o sulla riservatezza dei dati personali, qualora gli interessi alla riservatezza, presunti in virtù del regolamento, sussistano effettivamente nel caso concreto.

D –    Sulla terza questione – computo del periodo di cinque anni di cui all’allegato XVI, n. 12, del regolamento n. 2216/2004

86.      Con la terza questione il giudice a quo desidera sapere se le informazioni controverse debbano essere considerate riservate per cinque anni dal loro inserimento nel registro, oppure se esse possano essere divulgate già dopo la scadenza del primo periodo di cinque anni di assegnazione delle quote di emissioni ai sensi della direttiva 2003/87. Tale questione è rilevante anche in caso di applicazione della direttiva sull’informazione ambientale, in quanto la durata del trattamento riservato ai sensi del regolamento n. 2216/2004 può avere effetto sulle eccezioni al diritto d’accesso alle informazioni sulle transazioni, previste all’art. 4, n. 2, prima frase, lett. d) e f), della direttiva.

87.      L’art. 11 della direttiva 2003/87 prevede due periodi per l’assegnazione dei diritti di emissioni: un periodo di tre anni dal 1° gennaio 2005 al 1° gennaio 2008 ed un successivo periodo di cinque anni. Non è chiaro se il giudice a quo ritenga che le informazioni controverse debbano essere considerate riservate solo durante il rispettivo periodo di assegnazione. Ciò, tuttavia, alla fine non è importante, in quanto il regolamento n. 2216/2004 sul punto è chiaro.

88.      In base all’art. 9 del regolamento n. 2216/2004, l’amministratore del registro nazionale e l’amministratore centrale devono rendere accessibili le informazioni di cui all’allegato XVI ai destinatari e con la frequenza indicati in detto allegato. Essi non divulgano ulteriori informazioni. L’allegato XVI, n. 11, dispone che l’amministratore centrale pubblica e aggiorna le informazioni di cui al n. 12 relativamente al sistema dei registri sull’area pubblica del sito web del CITL, secondo le date specificate. Le informazioni relative a ciascuna operazione completata nell’ambito del sistema dei registri per l’anno X devono essere pubblicate, in base all’allegato XVI, n. 12, a partire dal 15 gennaio dell’anno (X+5).

89.      Come giustamente sottolineano la Cassa depositi e prestiti, la Francia, l’Austria e la Commissione, da queste disposizioni risulta in modo univoco che non ha alcun rilievo la scadenza del periodo di assegnazione. Piuttosto, le informazioni in questione devono essere divulgate solo a partire dal 15 gennaio del quinto anno successivo all’anno in cui la transazione è stata effettuata.

90.      Come rileva la Commissione, sarebbe anche illogico tutelare una transazione effettuata all’inizio del periodo di assegnazione più a lungo di una transazione effettuata alla fine. Si deve infatti ritenere che l’interesse alla riservatezza sussista in modo analogo anche durante i successivi periodi di assegnazione.

91.      Pertanto le informazioni di cui all’allegato XVI, n. 12, del regolamento n. 2216/2004 possono essere comunicate solo dopo la scadenza di un termine di cinque anni.

E –    Sulla quarta questione – possibilità di deroghe

92.      Con la quarta questione il giudice a quo desidera sapere se in base all’art. 10 del regolamento n. 2216/2004 si possa derogare al termine di cinque anni, in particolare nel caso in cui una comunità territoriale richieda la comunicazione di tali informazioni per condurre le trattative relative ad un contratto di cessione del servizio pubblico di teleriscaldamento. Tali deroghe potrebbero venire in rilievo anche in caso di applicazione della direttiva sull’informazione ambientale.

93.      Benché l’art. 10, n. 1, del regolamento n. 2216/2004 stabilisca in via di principio che tutte le informazioni contenute nei registri si considerano riservate, esso prevede tuttavia un’eccezione per il loro utilizzo al fine di applicare le disposizioni del regolamento stesso, della direttiva 2003/87 o della legislazione nazionale.

94.      Secondo la Città di Lione la ricezione, da parte sua, delle informazioni controverse serve ad applicare la direttiva 2003/87. Essa intende infatti utilizzare tali informazioni per valutare, ed eventualmente migliorare, la riduzione di emissioni di gas a effetto serra da parte del gestore della sua centrale di riscaldamento.

95.      L’art. 10, n. 1, del regolamento n. 2216/2004, tuttavia, non consente la divulgazione di informazioni già quando esse servono alle finalità della direttiva 2003/87, bensì quando servono all’applicazione delle disposizioni di detta direttiva. La direttiva 2003/87 contiene alcune disposizioni riguardanti la divulgazione di determinate informazioni conservate nel registro, ma nessuna di esse prevede la divulgazione proprio delle informazioni controverse.

96.      Lo stesso vale per il regolamento n. 2216/2004: anche il regolamento è rivolto a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, tuttavia è prevista soltanto la divulgazione ai sensi dell’allegato XVI, n. 12, dopo la scadenza dei cinque anni.

97.      Non può escludersi che il diritto nazionale imponga la comunicazione delle informazioni controverse alla Città di Lione. Tuttavia nessun rilievo è stato fatto in tal senso, sicché la Corte non è tenuta ad occuparsi di questa possibilità.

98.      Per motivi di completezza si deve, tuttavia, rilevare che la tesi della Commissione e della Francia, secondo cui l’eccezione in parola si riferirebbe esclusivamente alle disposizioni nazionali rivolte a dare attuazione alla direttiva 2003/87 e al regolamento n. 2216/2004, non convince. Possono ben esserci norme del diritto nazionale che impongono la comunicazione di tali informazioni pur senza avere alcuna connessione con la tutela del clima. Si pensi solo alle indagini sui reati. Se, tuttavia, l’applicazione di tali disposizioni ricade nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, nella specie del regolamento, gli Stati membri devono assicurare il rispetto dei principi del diritto dell’Unione (25). Pertanto, la tutela delle informazioni commerciali riservate (26) e dei dati personali (27) può arretrare solo di fronte a prevalenti interessi meritevoli di tutela. L’applicazione, sopra esposta, delle disposizioni della direttiva sull’informazione ambientale illustra la verifica che occorre compiere caso per caso.

99.      Nemmeno l’art. 10, n. 2, del regolamento n. 2216/2004 conduce ad una divulgazione anticipata delle informazioni. In base a tale disposizione è in via di principio vietato utilizzare le informazioni contenute nei registri senza il preventivo consenso del titolare del conto a cui si riferiscono. Vero è che è ammesso un loro utilizzo ai fini della gestione e della tenuta dei registri in conformità alle disposizioni del regolamento. Per tali fini, tuttavia, non è necessaria la comunicazione delle informazioni controverse alla Città di Lione.

100. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non è emerso, quindi, alcun elemento che giustifichi, ai sensi dell’art. 10 del regolamento n. 2216/2004, una deroga al termine di cinque anni di cui all’allegato XVI, n. 12.

V –    Conclusione

101. Alla luce di quanto sopra esposto, propongo alla Corte di statuire come segue in merito alla domanda di pronuncia pregiudiziale:

1)      L’amministratore del registro nazionale è competente a decidere su una richiesta, presentata ai sensi della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2003, 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE, di accesso alle informazioni di cui all’allegato XVI, n. 12, del regolamento (CE) 21 dicembre 2004, n. 2216, relativo ad un sistema standardizzato e sicuro di registri, allorché tali informazioni siano detenute da esso o per suo conto.

2)      Su una richiesta d’accesso a tali informazioni si deve decidere applicando la direttiva 2003/4. Non si tratta, tuttavia, di informazioni sulle emissioni nell’ambiente ai sensi dell’art. 4, n. 2, quarta frase, della direttiva, alle quali possono applicarsi solo alcuni dei motivi di riservatezza previsti. Prima della scadenza del termine quinquennale di cui all’allegato XVI, n. 12, del regolamento n. 2216/2004, la loro divulgazione può recare pregiudizio alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali ai sensi dell’art. 4, n. 2, prima frase, lett. d), della direttiva 2003/4 e/o alla riservatezza dei dati personali ai sensi dell’art. 4, n. 2, prima frase, lett. f), della medesima direttiva. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non è emerso alcun interesse pubblico vincolante tutelato dalla divulgazione di tali informazioni, che prevalga sulla tutela della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali e/o sulla riservatezza dei dati personali, qualora gli interessi alla riservatezza, presunti in virtù del regolamento, sussistano effettivamente nel caso concreto.

3)      In base all’allegato XVI, n. 12, del regolamento n. 2216/2004, tali informazioni in via di principio possono essere comunicate solo dopo la scadenza di un termine di cinque anni.

4)      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non è emerso alcun elemento che giustifichi, ai sensi dell’art. 10 del regolamento n. 2216/2004, una deroga al termine di cinque anni di cui all’allegato XVI, n. 12.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – GU L 275, pag. 32, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 ottobre 2004, 2004/101/CE (GU L 338, pag. 18).


3 – GU L 41, pag. 26.


4 – GU L 386, pag. 1.


5 – GU 2005, L 124, pag. 4.


6 – Adottata con decisione del Consiglio 17 febbraio 2005, 2005/370/CE (GU L 124, pag. 1).


7 – GU L 33, pag. 13, adottata con decisione del Consiglio 15 dicembre 1993, 94/69/CE, concernente la conclusione della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (GU L 33, pag. 11).


8 – GU L 130, pag. 4, adottato con decisione del Consiglio 25 aprile 2002, 2002/358/CE, riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130, pag. 1).


9 – Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio 11 febbraio 2004, relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto (GU L 49, pag. 1).


10 – Direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, concernente la libertà di accesso all’informazione in materia di ambiente (GU L 158, pag. 56).


11 – Sentenze 17 giugno 1998, causa C‑321/96, Mecklenburg (Racc. pag. I‑3809, punto 19), e 12 giugno 2003, causa C‑316/01, Glawischnig (Racc. pag. I‑5995, punto 24).


12 – Sentenza Glawischnig, cit. alla nota 11 (punto 5).


13 – V. sentenza Glawischnig, cit. alla nota 11 (punto 25).


14 – V. sentenza 1° febbraio 2007, causa C‑266/05 P, Sison/Consiglio (Racc. pag. I‑1233, punti 43 e segg.), concernente il regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43). Risulta, pertanto, opinabile anche la tesi del Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale tedesca), formulata nella sentenza 24 settembre 2009, causa 7 C 2/09 (Neue Zeitschrift für Verwaltungsrecht 2009, pag. 189, punto 36), secondo cui lo scopo per il quale verranno utilizzate le informazioni potrebbe rendere abusiva una richiesta presentata ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva sull’informazione ambientale.


15 – Sulla specialità del regolamento in relazione alla decisione sulla richiesta di accesso, v. infra, paragrafi 54 e segg.


16 – Sentenza 29 giugno 1989, causa 22/88, Vreugdenhil e van der Kolk (Racc. pag. 2049, punto 17).


17 – Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce una disciplina per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, COM(2001) 581 def., pag. 16, punto 18.


18 – Sentenze 10 settembre 1996, causa C‑61/94, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3989, punto 52); 1° aprile 2004, causa C‑286/02, Bellio F.lli (Racc. pag. I‑3465, punto 33), e 10 gennaio 2006, causa C-344/04, IATA e ELFAA (Racc. pag. I-403, punto 35).


19 – Sentenze Commissione/Germania, cit. alla nota 18 (punto 52); 14 luglio 1998, causa C‑341/95, Bettati (Racc. pag. I‑4355, punto 20); Bellio F.lli, cit. alla nota 18 (punto 33); 7 dicembre 2006, causa C‑306/05, SGAE (Racc. pag. I‑11519, punto 35), nonché sentenza 14 maggio 2009, causa C‑161/08, Internationaal Verhuis- en Transportbedrijf Jan de Lely (Racc. pag. I‑4075, punto 38).


20 – Sull’interpretazione della nozione di smaltimento dei rifiuti a seconda delle finalità della normativa di volta in volta rilevante, v. sentenza 23 novembre 2006, causa C‑486/04, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑11025, punti 39 e segg.).


21 – Stec/Casey-Lefkowitz/Jendroska, The Aarhus Convention: An Implementation Guide, New York 2000, pag. 60 (pag. 76 della versione francese). Sul significato di tale opera per l’interpretazione della direttiva sull’informazione ambientale, v. le mie conclusioni presentate il 23 settembre 2010, nella causa C-266/09, Stichting Natuur en Milieu e a., definita con sentenza 16 dicembre 2010 (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafo 88).


22 – Sull’eccezione strutturata diversamente di cui all’art. 4, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1049/2001, v. sentenza 29 giugno 2010, causa C‑28/08 P, Commissione/Bavarian Lager (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 48 e segg.).


23 – Sul regolamento n. 1049/2001, v. sentenza Sison/Consiglio, cit. alla nota 14 (punti 43 e segg.).


24 – V. sentenza 14 febbraio 2008, causa C‑450/06, Varec (Racc. pag. I‑581, punti 35 e seg.).


25 – Sentenze 18 giugno 1991, causa C‑260/89, ERT (Racc. pag. I‑2925, punto 42); 4 ottobre 1991, causa C‑159/90, Society for the Protection of Unborn Children Ireland (Racc. pag. I‑4685, punto 31), e 18 dicembre 2008, causa C‑349/07, Sopropé (Racc. pag. I‑10369, punto 34).


26 – V. sentenze 24 giugno 1986, causa 53/85, AKZO Chemie/Commissione (Racc. pag. 1965, punto 28); 19 maggio 1994, causa C‑36/92 P, SEP/Commissione (Racc. pag. I‑1911, punto 37), e Varec, cit. alla nota 24 (punto 49 e la giurisprudenza ivi richiamata).


27 – V. sentenze 20 maggio 2003, cause riunite C‑465/00, C‑138/01 e C‑139/01, Österreichischer Rundfunk e a. (Racc. pag. I‑4989, punti 70 e segg.), e 16 dicembre 2008, causa C‑73/07, Satakunnan Markkinapörssi e Satamedia (Racc. pag. I‑9831, punto 52).