CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
ELEANOR SHARPSTON
presentate il 12 ottobre 2017 (1)
Causa C‑664/15
Protect Natur‑, Arten‑ und Landschaftsschutz Umweltorganisation
contro
Bezirkshauptmannschaft Gmünd
[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria)]
«Ambiente – Convenzione di Aarhus – Accesso alla giustizia – Legittimazione ad agire di organizzazioni non governative per la tutela dell’ambiente – Diritto di tali organizzazioni di proporre ricorso giurisdizionale avverso la decisione delle autorità competenti – Qualità di parte di tali organizzazioni nei procedimenti amministrativi – Perdita della qualità di parte in un procedimento amministrativo qualora tale organizzazione ometta di sollevare eccezioni tempestivamente durante tale procedimento»
1. Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) chiede indicazioni sulla legittimazione ad agire di un’organizzazione per la tutela dell’ambiente che chieda di avere accesso alla giustizia in base alla Convenzione di Aarhus (in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus») (2). Le questioni sorgono nel contesto di una domanda di autorizzazione a estrarre acqua da un fiume ai fini della produzione di neve per una stazione sciistica (in prosieguo: la «procedura di autorizzazione») (3). Le problematiche ambientali relative a tale particolare procedura rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/60/CE (4) (in prosieguo: la «direttiva quadro in materia di acque»).
2. La delicata questione della legittimazione ad agire delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente nelle procedure di autorizzazione ambientale ha dato origine a una copiosa giurisprudenza culminata nella causa C‑243/15, Lesoochranárske zoskupenie VLK (5).
3. Nella causa in esame la Corte dovrà esaminare i seguenti punti. La direttiva quadro in materia di acque in combinato disposto con la Convezione di Aarhus conferisce alle organizzazioni per la tutela dell’ambiente la legittimazione a impugnare decisioni amministrative in procedimenti amministrativi o giudiziari, in particolare quando viene richiesta un’autorizzazione a estrarre acqua per la produzione di neve? All’organizzazione interessata dovrebbe essere riconosciuta la qualità di parte nel procedimento nella fase amministrativa o è sufficiente che essa sia legittimata a proporre ricorso avverso l’autorizzazione concessa dalle autorità competenti? Le norme procedurali nazionali possono vietare a un’organizzazione per la tutela dell’ambiente di impugnare siffatta decisione amministrativa in sede di ricorso qualora la stessa non abbia sollevato eccezioni contro l’autorizzazione «tempestivamente» nel corso del procedimento amministrativo, come richiesto dal diritto nazionale?
Convenzione di Aarhus
4. Gli obiettivi della Convenzione di Aarhus includono l’affermazione della necessità di salvaguardare, tutelare e migliorare lo stato dell’ambiente (6); il riconoscimento che ogni persona ha il dovere di tutelare e migliorare l’ambiente, individualmente o collettivamente, nell’interesse delle generazioni presenti e future (7); il fatto di tener conto dell’importanza, in particolare, del ruolo che le organizzazioni non governative possono svolgere ai fini della tutela dell’ambiente (8) e la garanzia che il pubblico (comprese le organizzazioni) abbia accesso a meccanismi giudiziari efficaci, in grado di tutelarne i legittimi interessi e di assicurare il rispetto della legge (9).
5. L’articolo 1 prevede che «[p]er contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere, ciascuna Parte garantisce il diritto di accesso alle informazioni, di partecipazione del pubblico ai processi decisionali e di accesso alla giustizia in materia ambientale in conformità delle disposizioni della presente convenzione». Ne consegue che la Convenzione di Aarhus è potenzialmente applicabile ogni qual volta sia in gioco una normativa in materia ambientale.
6. Conformemente all’articolo 2, paragrafo 4, con il termine «pubblico» si intendono «una o più persone fisiche o giuridiche e, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone». Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 5, «le organizzazioni non governative che promuovono la tutela dell’ambiente e che soddisfano i requisiti prescritti dal diritto nazionale» si considerano titolari di un interesse da far valere nei processi decisionali in materia ambientale e quindi rientrano nell’ambito di applicazione del termine «pubblico interessato» contenuto in tale disposizione.
7. L’articolo 6 è intitolato «Partecipazione del pubblico alle decisioni relative ad attività specifiche». L’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), stabilisce che le disposizioni che disciplinano la partecipazione del pubblico devono essere applicate a decisioni relative all’autorizzazione delle attività elencate nell’allegato I (10). L’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), stabilisce che tali disposizioni devono essere altresì applicate, in conformità al diritto nazionale, alle decisioni relative ad attività non elencate nell’allegato I che possano avere effetti significativi sull’ambiente. Spetta allo Stato interessato stabilire se un’attività proposta rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 6. L’articolo 6, paragrafi da 2 a 10, prevede, in particolare, il diritto del pubblico di partecipare in una fase iniziale al processo decisionale in materia ambientale e di presentare eventuali osservazioni, informazioni, analisi o pareri da esso ritenuti rilevanti ai fini dell’attività proposta.
8. L’articolo 9, paragrafo 2, prevede quanto segue:
«Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato
a) che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa,
b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto,
abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione.
Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine si ritiene sufficiente, ai sensi della lettera a), l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, paragrafo 5. Tali organizzazioni sono altresì considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi della lettera b).
(…)».
9. L’articolo 9, paragrafo 3, così stabilisce:
«In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale».
10. L’articolo 9, paragrafo 4, aggiunge quanto segue:
«Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. Le decisioni prese in virtù del presente articolo sono emanate o registrate per iscritto. Le decisioni degli organi giurisdizionali e, ove possibile, degli altri organi devono essere accessibili al pubblico».
Diritto dell’Unione
Direttiva «habitat»
11. Lo scopo della direttiva «habitat» (11) è di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio dell’Unione (12). Ai sensi della direttiva, è costituita una rete europea coerente di zone speciali di conservazione per consentire il mantenimento dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie considerati, ovvero, all’occorrenza, il loro ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente nella loro area di ripartizione naturale (13). Nelle zone speciali di conservazione gli Stati membri devono evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito deve formare oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Le autorità nazionali competenti devono dare il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica (14).
Direttiva quadro in materia di acque
12. I considerando della direttiva quadro in materia di acque contengono le seguenti affermazioni. L’acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale (15). Come stabilito dai Trattati, la politica ambientale dell’Unione contribuisce al conseguimento degli obiettivi della salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente ed è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva (16). Il successo della direttiva quadro in materia di acque dipende da una stretta collaborazione e da un’azione coerente a livello locale, dell’Unione e degli Stati membri, oltre che dall’informazione, dalla consultazione e dalla partecipazione dell’opinione pubblica, compresi gli utenti (17). La direttiva intende mantenere e migliorare l’ambiente acquatico all’interno dell’Unione (18). Per garantire la partecipazione del pubblico, compresi gli utenti dell’acqua, nel processo di elaborazione ed aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici, è necessario fornire informazioni adeguate sulle misure previste e riferire in merito ai progressi della loro attuazione in modo da coinvolgere il pubblico prima di adottare le decisioni definitive e le misure necessarie (19).
13. Conformemente all’articolo 1, lo scopo della direttiva quadro in materia di acque è istituire un quadro per la protezione, tra l’altro, delle acque superficiali interne, che include a) l’impedimento di un ulteriore deterioramento, la protezione e il miglioramento dello stato degli ecosistemi acquatici e degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico, b) l’agevolazione di un utilizzo idrico sostenibile fondato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili e c) l’obiettivo della protezione rafforzata e del miglioramento dell’ambiente acquatico.
14. Secondo le definizioni elencate all’articolo 2, per «acque superficiali» si intendono le acque interne, ad eccezione delle acque sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali; e per «acque interne» si intendono tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all’interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali (20). Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, gli Stati membri devono individuare i singoli bacini idrografici presenti nel loro territorio e assegnarli a singoli distretti idrografici.
15. L’articolo 4 (intitolato «Obiettivi ambientali») stabilisce, al paragrafo 1, taluni obiettivi ambientali «[n]el rendere operativi i programmi di misure specificate nei piani di gestione dei bacini idrografici». In particolare, «gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali». Essi «proteggono, migliorano e ripristinano» siffatti corpi idrici.
16. Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, per ciascun distretto idrografico (o parte di distretto idrografico internazionale compreso nel suo territorio), ciascuno Stato membro prepara un programma di misure come definito ai paragrafi da 2 a 4 di tale articolo. In particolare, tali misure dovrebbero includere «misure di controllo dell’estrazione delle acque dolci superficiali (…) compres[o] (…) l’obbligo di un’autorizzazione preventiva per l’estrazione» (21). Conformemente all’articolo 13, paragrafo 1, per ciascun distretto idrografico interamente compreso nel suo territorio, ogni Stato membro deve provvedere a far predisporre un piano di gestione del bacino idrografico. Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, gli Stati membri devono promuovere la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’attuazione della direttiva quadro in materia di acque, in particolare all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici. Gli Stati membri devono provvedere affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili documenti pertinenti per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti.
17. Il punto 1.1 dell’allegato V della direttiva elenca vari elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico delle acque superficiali. Il punto 1.2 contiene definizioni normative dettagliate per la classificazione dello stato ecologico: «elevato» o «massimo», «buono» e «sufficiente».
Direttiva VIA
18. La direttiva VIA (22) prescrive che, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista una valutazione del loro impatto diretto e indiretto (23) sull’ambiente («valutazione dell’impatto») – in particolare, del loro impatto sulla fauna, sulla flora e sull’acqua (24). Il pubblico ha il diritto di partecipare alle procedure che comportano tale valutazione dell’impatto e può contestare la legittimità dei loro risultati, indipendentemente dal fatto che la valutazione sia separata o integrata nelle procedure per il rilascio dell’autorizzazione all’esecuzione dei progetti (25). I progetti ritenuti a priori come aventi un impatto ambientale significativo sono elencati nell’allegato I della direttiva VIA. Tali progetti sono sottoposti a una valutazione dell’impatto obbligatoria. L’allegato II elenca i progetti che devono essere oggetto di una «determinazione» da parte dello Stato membro, basata su un esame caso per caso, su soglie o criteri fissati dallo Stato membro, riguardo all’eventualità che tali progetti debbano essere sottoposti a una valutazione dell’impatto (26). La direttiva VIA non richiede una valutazione dell’impatto per progetti non elencati in nessuno degli allegati.
Diritto austriaco
Allgemeines Verwaltungsverfahrensgesetz
19. Gli articoli 41 e 42 dell’Allgemeines Verwaltungsverfahrensgesetz (legge generale sul procedimento amministrativo; in prosieguo: l’«AVG») stabiliscono quanto segue:
«41(1) La fissazione della trattazione orale avviene mediante comunicazione personale alle parti conosciute. Qualora vengano in considerazione quali parti anche altri soggetti, la trattazione orale deve inoltre essere comunicata mediante affissione all’albo comunale, pubblicazione nel bollettino previsto per le pubblicazioni ufficiali dell’autorità o mediante pubblicazione nel bollettino elettronico ufficiale dell’autorità.
(2) (…) La comunicazione (pubblicazione) della fissazione della trattazione orale deve contenere le indicazioni previste per le citazioni compreso l’avvertimento circa le conseguenze derivanti a norma dell’articolo 42. (…)
42(1) Laddove la trattazione orale sia stata pubblicata ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, seconda frase, e, se del caso, nel rispetto delle particolari forme previste dalle disposizioni amministrative, ne consegue che il soggetto interessato perde la qualità di parte qualora non sollevi eccezioni – entro e non oltre – il giorno precedente l’inizio della trattazione dinanzi all’autorità, in orario d’ufficio, ovvero durante la trattazione stessa. Ove le disposizioni amministrative applicabili non disciplinino le modalità di pubblicazione, le conseguenze giuridiche indicate nella prima frase si verificano qualora la trattazione sia stata pubblicata a norma dell’articolo 41, paragrafo 1, seconda frase, nelle forme all’uopo previste.
(…)».
Wasserrechtsgesetz
20. Al fine di dare attuazione alla direttiva quadro in materia di acque e al divieto di deterioramento stabilito all’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, il Wasserrechtsgesetz‑Novelle 2003 [legge del 2003 recante modifica del Wasserrechtsgesetz (legge in materia di acque; in prosieguo: il «WRG 1959»)] ha modificato varie disposizioni del WRG 1959 e ha inserito talune nuove disposizioni. Le disposizioni di diritto sostanziale che disciplinano il procedimento di rilascio delle autorizzazioni in materia di diritto delle acque sono contenute in particolare negli articoli 12, paragrafo 2, 15, paragrafo 1, 21, paragrafo 3, 32 e 38 del WRG 1959. Nel procedimento amministrativo diretto a ottenere l’autorizzazione a estrarre acqua ai sensi della normativa nazionale in materia di acque, la legittimazione ad agire in tale procedimento è stabilita conformemente all’articolo 102, paragrafo 1, lettere a) e b), del WRG 1959. (27) Le organizzazioni per la tutela dell’ambiente che non sono titolari di diritti pubblici soggettivi non beneficiano dello status di parte nel procedimento. In conformità all’articolo 102, paragrafo 3, del WRG 1959, solo alle parti del procedimento è consentito sollevare eccezioni nel corso del procedimento. L’articolo 145b, paragrafo 3, precisa che il WRG 1959 è finalizzato a trasporre le disposizioni della direttiva quadro in materia di acque.
Bundes‑Verfassungsgesetz
21. L’articolo 132, paragrafo 1, del Bundes‑Verfassungsgesetz (legge costituzionale federale) prevede che possa proporre ricorso contro un provvedimento dell’autorità amministrativa chi afferma di aver subito una violazione dei suoi diritti. Il giudice del rinvio chiarisce che solo le persone fisiche o giuridiche cui spetti, ovvero sia stata riconosciuta, la qualità di parte in un precedente procedimento amministrativo possono far valere siffatta violazione di diritti mediante ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale.
Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali
22. L’Aichelberglift Karlstein GmbH (in prosieguo: l’«Aichelberglift») ha ottenuto un’autorizzazione a estrarre acqua da un fiume situato nelle vicinanze (l’Einsiedelbach) per un impianto di innevamento in una stazione sciistica in Austria. La domanda dell’Aichelberglift è stata esaminata inizialmente secondo la procedura basata sull’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat. L’autorità nazionale competente ha deciso che, dato l’impatto ambientale ridotto del progetto, non vi era motivo di respingere la domanda («nihil obstat») (28).
23. In seguito, la domanda di autorizzazione dell’Aichelberglift è stata esaminata in un procedimento amministrativo separato ai sensi del WRG 1959 (29). La Protect Natur‑, Arten‑ und Landschaftsschutz Umweltorganisation (in prosieguo: la «Protect»), un’organizzazione per la tutela dell’ambiente, ha chiesto di essere ammessa in qualità di parte in tale procedimento in base all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat e all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus.
24. Nel corso di tale procedimento il Bezirkshauptmannschaft Gmünd (amministrazione distrettuale di Gmünd) ha disposto una trattazione orale in conformità agli articoli 41 e 42 dell’AVG. La Protect ha sollevato eccezioni contro il progetto, che sono state respinte in quanto l’associazione non aveva fatto valere alcuna violazione di diritti ai sensi del WRG 1959 e quindi non poteva essere parte del procedimento secondo la normativa nazionale. Il 4 novembre 2013 il Bezirkshauptmannschaft Gmünd ha accolto la domanda di autorizzazione dell’Aichelberglift.
25. La Protect ha impugnato tale decisione senza successo dinanzi al Landesverwaltungsgericht Niederösterreich (Tribunale amministrativo regionale della Bassa Austria), il quale ha dichiarato che la Protect non beneficiava della qualità di parte del procedimento amministrativo in quanto non aveva sollevato eccezioni contro la domanda tempestivamente, vale a dire, al più tardi, il giorno precedente la trattazione orale o nel corso della trattazione stessa (30). La Protect aveva quindi perso la qualità di parte ai sensi dell’articolo 42 dell’AVG.
26. La Protect ha proposto ricorso avverso tale pronuncia dinanzi al giudice del rinvio. La Protect ha affermato in sostanza che, ai sensi degli articoli 2, paragrafi 4 e 5, e 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, essa aveva la qualità di parte nei procedimenti amministrativi di cui al WRG 1959 e che aveva un interesse giuridico a garantire che le disposizioni del diritto dell’Unione in materia ambientale fossero rispettate.
27. In tale contesto il giudice del rinvio pone le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 4 della [direttiva quadro in materia di acque] o [la direttiva medesima] nel suo complesso riconosca ad un’organizzazione per la tutela dell’ambiente, nell’ambito di un procedimento non soggetto a valutazione dell’impatto ambientale ai sensi della [direttiva VIA], diritti a tutela dei quali essa, a norma dell’articolo 9, paragrafo 3, della [Convenzione di Aarhus], possa promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale.
In caso di risposta affermativa alla prima questione:
2) Se, in base alle disposizioni della Convenzione di Aarhus, debba essere garantita la possibilità di far valere tali diritti già nel procedimento dinanzi all’autorità amministrativa o se sia sufficiente la possibilità di ottenere una tutela giurisdizionale contro la decisione dell’autorità amministrativa.
3) Se sia ammissibile una disposizione di diritto processuale nazionale (articolo 42 dell’AVG) che imponga all’organizzazione per la tutela dell’ambiente – al pari delle altre parti del procedimento – di sollevare le proprie eccezioni per la prima volta, non nel ricorso giurisdizionale dinanzi al tribunale amministrativo, bensì già tempestivamente nel procedimento dinanzi all’autorità amministrativa, a pena di perdita del proprio status di parte, restando quindi preclusa la possibilità di un successivo ricorso dinanzi al tribunale amministrativo».
28. Le stesse questioni sono state sollevate nella causa C‑663/15 Umweltverband WWF Österreich, che è stata oggetto di una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte da parte dello stesso giudice del rinvio. Con decisione del presidente della Corte del 20 gennaio 2016, tale causa e quella in esame sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza. La Umweltverband WWF Österreich, la Protect, la Ötztaler Wasserkraft GmbH (interveniente nella causa C‑663/15), la Repubblica d’Austria, il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte relativamente a entrambe le cause. All’udienza congiunta del 15 marzo 2017, tutte le suddette parti hanno presentato osservazioni orali.
29. Con sentenza del 27 aprile 2017, il giudice del rinvio ha annullato la decisione del Landesverwaltungsgericht Tirol (Tribunale amministrativo regionale del Tirolo) dell’8 gennaio 2015 nella causa C‑663/15 Umweltverband WWF Österreich. Con ordinanza del 30 maggio 2017, il giudice del rinvio ha dichiarato che il procedimento avviato dal WWF in tale causa era divenuto privo di oggetto e che non vi era più luogo a statuire. Con ordinanza del 28 giugno 2017, il giudice del rinvio ha deciso di revocare la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑663/15. Tale ordinanza è stata notificata alla Corte il 10 luglio 2017. Le cause C‑663/15 e C‑664/15 sono state separate con ordinanza del presidente della Seconda Sezione dell’11 luglio 2017 e la causa C‑663/15 è stata debitamente cancellata dal ruolo della Corte con ordinanza del 14 luglio 2017.
30. È francamente deprecabile che la Corte non sia stata informata prima del fatto che la causa C‑663/15 doveva essere cancellata dal ruolo. Tra il 27 aprile 2017 e il 10 luglio 2017, per svolgere un lavoro dettagliato su tale causa, sono stati profusi tempo e sforzi che avrebbero potuto essere impiegati in modo più proficuo per trattare altre cause «vive». Proprio perché lo spirito di cooperazione alla base del procedimento pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE impone alla Corte di trattare con efficienza e sollecitudine le cause ad essa rinviate, questo stesso spirito di cooperazione va inteso nel senso che incombe al giudice del rinvio l’obbligo di tenere la Corte informata di qualsiasi mutamento sostanziale delle circostanze che possa incidere sul mantenimento o meno di un rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte.
Osservazioni preliminari
31. Il giudice del rinvio dichiara che il progetto di cui trattasi nel procedimento principale comporta l’estrazione di acqua da un fiume locale. La mia impressione è quindi che esso comporti l’estrazione di acque dolci superficiali ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), della direttiva quadro in materia di acque. Ne deriva che il progetto è subordinato all’ottenimento di un’autorizzazione preventiva secondo le misure nazionali di trasposizione di tale disposizione e al divieto di deterioramento dello stato delle acque superficiali stabilito all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), i) di tale direttiva.
32. Inoltre, è pacifico che la Protect soddisfa i requisiti di appartenenza al «pubblico interessato» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 5, della Convenzione di Aarhus e che rientra altresì nella più ampia nozione di «pubblico» ai fini dell’articolo 6 della medesima direttiva.
La Corte è competente a rispondere alle questioni pregiudiziali?
33. Nelle sue osservazioni scritte la Commissione ha sostenuto che la Corte è competente a rispondere alle questioni pregiudiziali. Concordo con tale affermazione ed esaminerò tale punto solo per sommi capi.
34. La convenzione di Aarhus è un accordo misto, concluso dall’Unione in base a una competenza concorrente con quella degli Stati membri. Le disposizioni di tale convenzione costituiscono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione (31). La Corte ha già confermato di essere competente a interpretare varie disposizioni della Convenzione di Aarhus (32) e ha pronunciato, a tal proposito, un numero significativo di sentenze nell’ambito di procedimenti di rinvio pregiudiziali e di ricorsi per inadempimento (33).
35. Più in particolare, nella sentenza Brown Bears I la Corte ha dichiarato, nel contesto dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva habitat, che il settore del diritto considerato era «ampiamente coperto da[l diritto dell’Unione]» e che pertanto essa era competente a interpretare l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus (34).
36. Nella causa in esame la Protect sostiene di trarre i propri diritti di partecipare al procedimento relativo alla domanda di autorizzazione a estrarre acqua e di richiedere un controllo giurisdizionale dall’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque in combinato disposto con l’articolo 9 della Convenzione di Aarhus. L’estrazione di acqua superficiale e sotterranea è soggetta a procedure di autorizzazione negli Stati membri [Articolo 11, paragrafo 3, lettera e) della direttiva]; il rilascio di siffatta autorizzazione è subordinato, in particolare, al rispetto del divieto di deterioramento dello stato dei corpi idrici (articolo 4, paragrafo 1); deroghe a tale divieto possono essere concesse soltanto alle rigorose condizioni specificate nell’articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva.
37. Dalla semplice applicazione delle regole stabilite nella sentenza Brown Bears Ideriva che la Corte è competente a fornire un’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus in combinato disposto con l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque.
Quali sono le disposizioni pertinenti della Convenzione di Aarhus?
38. La logica sottesa al sistema della Convenzione di Aarhus è che il grado di partecipazione del pubblico e la portata dei diritti del pubblico nei procedimenti amministrativi sono proporzionati ai probabili effetti sull’ambiente dei progetti in questione.
39. Pertanto, i progetti che possono avere effetti significativi sull’ambiente sono soggetti all’articolo 6, paragrafo 1 (35), e di conseguenza all’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus. In forza di queste due disposizioni, le organizzazioni per la tutela dell’ambiente dispongono del diritto di partecipazione ai procedimenti amministrativi riguardanti tali progetti e del conseguente diritto al ricorso giurisdizionale contro qualsiasi decisione adottata.
40. Quando è poco probabile che un progetto abbia effetti significativi sull’ambiente, l’articolo 6 e di conseguenza l’articolo 9, paragrafo 2, non trovano applicazione. Siffatti procedimenti sono soggetti soltanto all’articolo 9, paragrafo 3, che si applica «[i]n aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2 [dell’articolo 9]». Per i membri del pubblico, l’articolo 9, paragrafo 3, è quindi una norma residuale che può essere fatta valere per ottenere accesso alla giustizia quando l’articolo 9, paragrafi 1 e 2, non possono essere invocati (36).
41. L’articolo 9, paragrafo 3, prevede che il pubblico possa «promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale». Ciò include quindi la possibilità di promuovere un procedimento per contestare la legittimità di una decisione (un atto della pubblica autorità) adottata in seguito a un procedimento amministrativo che il ricorrente ritiene possa violare l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque. La questione se procedimento tramite il quale tale atto della pubblica autorità viene impugnato sia, a sua volta, amministrativo o giurisdizionale dipenderà dal diritto nazionale; nel caso di specie risulta che in Austria, per quanto riguarda le decisioni adottate ai sensi del WRG 1959, tale procedimento è del secondo tipo.
42. Diversamente dall’articolo 6, l’articolo 9, paragrafo 3, non prevede il diritto di partecipazione al procedimento amministrativo che porta alla decisione. Diversamente dall’articolo 9, paragrafo 2, tale disposizione non prevede espressamente la legittimazione ad agire per le organizzazioni per la tutela dell’ambiente. A mio avviso, una spiegazione plausibile riguardo a quest’ultima disposizione è che l’estensore della Convenzione di Aarhus, dopo avere spiegato accuratamente (all’articolo 9, paragrafo 2) che, ai fini del ricorso giurisdizionale, le organizzazioni per la tutela dell’ambiente rispondenti ai requisiti di cui all’articolo 2, paragrafo 5, dovevano essere reputate conformi al requisito procedurale di «vant[are] un interesse sufficiente» o di «[far] valere la violazione di un diritto» (indipendentemente dal criterio relativo alla legittimazione ad agire per la Parte contraente interessata), ha ritenuto di aver già fornito indicazioni sufficienti su tale specifico punto.
43. Il giudice del rinvio indica l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus come la disposizione rilevante per la causa in esame. A tal fine, esso indica espressamente che la direttiva VIA non richiede una valutazione dell’impatto per progetti di estrazione dell’acqua finalizzati alla produzione di neve e che la domanda di autorizzazione dell’Aichelberglift andava quindi esaminata unicamente in base alle disposizioni nazionali in materia di acque (ossia, il WRG 1959). Nel corso dell’udienza, sia il governo dei Paesi Bassi che la Protect hanno suggerito che, almeno entro certi limiti, l’articolo 9, paragrafo 2, avrebbe dovuto essere considerato applicabile nel procedimento principale.
44. Dal fascicolo a disposizione della Corte risulta che il progetto dell’Aichelberglift non rientra nell’ambito di applicazione dell’allegato I della Convenzione di Aarhus (37) né in quello dell’allegato I della direttiva VIA (38) e quindi non è stato oggetto di una valutazione obbligatoria dell’impatto ambientale ai sensi di tale direttiva. Il giudice del rinvio conferma tale analisi nella sua ordinanza di rinvio. L’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Aarhus non è quindi applicabile.
45. Per quanto riguarda l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), le Parti contraenti sono tenute a stabilire se un determinato progetto «[possa] avere effetti significativi sull’ambiente» (il corsivo è mio) (39). A tal proposito, «la semplice probabilità di effetti significativi determina l’applicazione di [tale] obbligo» (40). Le dimensioni, la localizzazione e le caratteristiche del potenziale impatto del progetto sull’ambiente costituiscono fattori rilevanti di cui tener conto (41).
46. La documentazione presentata alla Corte non è sufficiente per stabilire se il progetto dell’Aichelberglift rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione di Aarhus. In particolare, dall’ordinanza di rinvio non emerge chiaramente se il progetto di cui trattasi nel procedimento principale sia stato esaminato, o avrebbe dovuto esserlo, per stabilire – conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva VIA o all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione di Aarhus – se fosse necessario sottoporlo a una valutazione dell’impatto ambientale (42) e se la Protect fosse in grado (o meno) di contestare i risultati di tale determinazione (43). Non è chiaro inoltre se e in quale misura il progetto sia ubicato in una zona speciale di conservazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva habitat e se l’entità degli effetti del progetto sull’acqua sia stata (o meno) esaminata nella valutazione dell’impatto effettuata in base all’articolo 6, paragrafo 3, di tale direttiva. Infine, il rapporto preciso tra tale valutazione e la procedura di autorizzazione di cui trattasi nel procedimento principale non è del tutto chiaro, mentre il fatto che esse siano (eventualmente) interconnesse può essere rilevante ai fini dell’applicabilità dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus (44).
47. Spetta al giudice del rinvio procedere al necessario accertamento dei fatti per stabilire se il progetto dell’Aichelberglift rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione di Aarhus. Se vi rientra, sarebbe quindi l’articolo 9, paragrafo 2, a trovare in realtà applicazione. In tal caso, le risposte alle questioni del giudice del rinvio vanno già individuate nella copiosa giurisprudenza relativa all’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus (45), come elaborata, in particolare, nel contesto dell’articolo 11 della direttiva VIA, che riproduce gran parte del disposto dell’articolo 9, paragrafo 2.
48. Nei paragrafi seguenti procederò partendo dal presupposto che l’articolo 6 e, quindi, anche l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus non trovino applicazione, e che il procedimento che ha dato luogo alla domanda di pronuncia pregiudiziale, in cui la Protect afferma che il rilascio dell’autorizzazione all’Aichelberglift a estrarre acqua per produrre neve viola l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, debba essere esaminato esclusivamente dal punto di vista dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus.
Sulla prima questione
49. Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede di accertare, in sostanza, se un’organizzazione per la tutela dell’ambiente possa far valere l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque o tale direttiva nel suo complesso in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus per contestare, dinanzi a un’autorità amministrativa o a un giudice, la legittimità degli atti o delle omissioni dell’autorità competente in un procedimento amministrativo non soggetto alla direttiva VIA, come quello di cui trattasi nel procedimento principale.
50. Tale questione è formulata in termini ampi. Il procedimento amministrativo nella fattispecie è stato svolto dall’autorità competente conformemente al WRG 1959, destinato a dare attuazione alla direttiva quadro in materia di acque. L’atto contestato nel procedimento principale è costituito da un’autorizzazione rilasciata in base al WRG 1959. Il giudice del rinvio spiega che tale autorizzazione può essere impugnata dinanzi a un Landesverwaltungsgericht (Tribunale amministrativo regionale).
51. Il tema centrale da affrontare quando si esamina tale questione è quindi quello della legittimazione ad agire delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente per impugnare siffatta autorizzazione dinanzi a un organo giurisdizionale in relazione all’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque. Esaminerò anzitutto il significato dell’articolo 4 di tale direttiva prima di analizzare la questione della legittimazione ad agire delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente per contestare la legittimità di tali autorizzazioni.
Il significato dell’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque
52. Il governo austriaco sostiene che l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque non ha effetto diretto in quanto non designa alcun destinatario, mentre il governo dei Paesi Bassi e la Protect affermano che alle organizzazioni ambientalistiche riconosciute dovrebbe essere consentito far valere tale disposizione.
53. La direttiva quadro in materia di acque definisce l’acqua come un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale (considerando 1). La direttiva istituisce un quadro per impedire il deterioramento, rafforzare la protezione e migliorare l’ambiente acquatico nell’Unione europea (considerando 19 e articolo 1). Essa contribuisce a perseguire gli obiettivi del Trattato in materia di ambiente (considerando 11).
54. L’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, che fissa l’obiettivo generale in materia di ambiente perseguito dalla direttiva, occupa una posizione centrale nel sistema complessivo della protezione delle acque stabilito da tale direttiva.
55. Nonostante il fatto che la direttiva quadro in materia di acque sia una direttiva quadro, la Corte ha dichiarato nella fondamentale sentenza Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschlandche «l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), [di tale direttiva] non si limita ad enunciare, in termini di formulazione programmatica, meri obiettivi di pianificazione di gestione, ma produce effetti vincolanti» (46). La formulazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), i), il quale dispone che «gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali», comporta l’obbligo per gli Stati membri di agire in tal senso (47). Tale obbligo deve essere rispettato, in particolare, quando si approvano singoli progetti secondo il regime giuridico che disciplina la protezione delle acque, segnatamente negando l’autorizzazione di progetti che potrebbero comportare il deterioramento dello stato del corpo idrico in questione, salvo ritenere che tali progetti ricadano nella deroga di cui all’articolo 4, paragrafo 7 (48).
56. La Corte ha interpretato in senso estensivo la nozione di «deterioramento dello stato» di un corpo idrico superficiale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), i), della direttiva quadro in materia di acque. Pertanto, si è in presenza di un deterioramento quando lo stato di almeno uno degli elementi di qualità ai sensi dell’allegato V di detta direttiva sia degradato di una classe, anche se tale deterioramento non si traduce in un deterioramento nella classificazione, nel complesso, del corpo idrico superficiale (49)
57. Secondo una giurisprudenza costante, in tutti i casi in cui disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, tali disposizioni possono essere richiamate, in mancanza di provvedimenti d’attuazione adottati entro i termini, per opporsi a qualsiasi disposizione di diritto interno non conforme alla direttiva, ovvero in quanto sono atte a definire diritti che i singoli possono far valere nei confronti dello Stato (50).
58. Il divieto di deterioramento è, a mio avviso, rigoroso, incondizionato e sufficientemente preciso per attribuirgli un effetto diretto (51).
59. Nel contesto delle direttive sull’ambiente, la Corte ha dichiarato in varie cause che disposizioni sufficientemente precise, riguardanti la protezione del patrimonio naturale comune, sono direttamente efficaci nonostante il fatto che non conferiscano espressamente diritti agli individui (52). Più di recente, la Corte ha riconosciuto l’effetto diretto dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat (53), che impone l’obbligo di effettuare una valutazione dell’impatto prima di rilasciare un’autorizzazione per un progetto che può avere incidenze significative su un sito protetto. La Corte ha altresì dichiarato che ogniqualvolta l’inosservanza delle misure prescritte da una direttiva possa mettere in pericolo la salute delle persone, queste ultime possono giovarsi di tali norme imperative per tutelare i propri diritti (54).
60. In tali cause, compresa quella che ha dato luogo alla sentenza Brown Bears II, la Corte ha dichiarato che sarebbe incompatibile con il carattere vincolante che l’articolo 288 TFUE attribuisce alle direttive escludere, in linea di principio, che gli obblighi da esse imposti possano essere fatti valere da organizzazioni ambientalistiche riconosciute. Quando il legislatore dell’Unione impone, mediante direttiva, agli Stati membri l’obbligo di tenere una particolare condotta, l’efficacia di tale obbligo sarebbe attenuata qualora ai singoli fosse impedito di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali. La sua efficacia sarebbe parimenti compromessa qualora ai giudici nazionali fosse impedito di prenderlo in considerazione quale elemento del diritto dell’Unione al fine di stabilire se il legislatore nazionale, nell’esercitare la scelta della forma e delle modalità di attuazione riconosciutagli, sia rimasto entro i limiti di discrezionalità fissati dalla direttiva (55).
61. La possibilità di invocare l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque dipende dall’azione (contraria al diritto dell’Unione) che deve essere vietata. Le organizzazioni per la tutela dell’ambiente possono quindi invocare, a mio avviso, l’articolo 4 quando sono loro accessibili mezzi di ricorso nel diritto nazionale (56).
Le organizzazioni per la tutela dell’ambiente sono legittimate a far valere l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque?
62. Il governo austriaco sostiene che, fatta eccezione per il limitato disposto dell’articolo 14, la direttiva quadro in materia di acque non prevede la partecipazione o il diritto al ricorso giurisdizionale. Ciò è in contrasto con altre direttive sull’ambiente (57), alcune delle quali sono state modificate espressamente per dare attuazione ai diritti previsti all’articolo 9 della Convenzione di Aarhus (58). Esso aggiunge che l’articolo 9, paragrafo 3, di tale convenzione, che costituisce la disposizione fatta valere dalla Protect per giustificare la sua legittimazione ad agire, non ha alcun effetto diretto.
Osservazioni generali sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus
63. L’articolo 9, paragrafo 3, prevede che ciascuna Parte debba provvedere affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale (fra i quali rientrano le organizzazioni per la tutela dell’ambiente in forza dell’articolo 2, paragrafo 4), possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale. Tale disposizione stabilisce quindi, in particolare, il diritto di impugnare atti delle autorità amministrative adottati nell’ambito di procedimenti amministrativi.
64. È pacifico che, nel presente contesto, non è applicabile nessuna disposizione del diritto dell’Unione espressamente adottata per dare attuazione all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus. In particolare, la direttiva quadro in materia di acque istituisce un quadro normativo senza specificare le norme procedurali dettagliate necessarie per la sua attuazione. L’articolo 4, in quanto tale, non conferisce alle organizzazioni per la tutela dell’ambiente il diritto di proporre un ricorso amministrativo o giurisdizionale. L’unica disposizione pertinente sembra essere l’articolo 14, paragrafo 1 («Informazione e consultazione pubblica»), in cui è previsto che gli Stati membri «promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’attuazione [di tale] direttiva» (59). Ritengo che tale disposizione sia troppo astratta per essere fatta valere direttamente quale fonte di diritti processuali.
65. La Corte ha dichiarato che l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus non è direttamente efficace (60). Le organizzazioni per la tutela dell’ambiente non possono quindi far valere direttamente tale disposizione per rivendicare la legittimazione ad agire per impugnare atti di autorità nazionali, quale l’autorizzazione rilasciata all’Aichelberglift.
66. In mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti sanciti dal diritto dell’Unione, nella fattispecie la direttiva quadro in materia di acque in combinato disposto con la Convenzione di Aarhus, fermo restando che gli Stati membri sono tenuti a garantire in ogni caso la tutela effettiva di tali diritti (61).
67. L’autonomia procedurale degli Stati membri non è assoluta. Essa va esercitata conformemente agli scopi e agli obiettivi della Convenzione di Aarhus e della direttiva quadro in materia di acque.
68. Ricordo per inciso che, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009, il principio dell’«elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente» stabilito all’articolo 3, paragrafo 3, TUE è divenuto un obiettivo guida del diritto dell’Unione. Lo stesso principio è altresì sancito all’articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (62) la quale – sempre a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona – costituisce parte integrante del diritto primario dell’Unione e deve essere considerata uno strumento interpretativo del diritto secondario (63).
69. Dalla direttiva quadro in materia di acque deriva che gli Stati membri sono responsabili dell’attuazione degli obiettivi in campo ambientale di tale direttiva, come stabiliti in particolare agli articoli 1 e 4, e che il successo di tale direttiva dipende, in particolare, dall’informazione, dalla consultazione e dalla partecipazione dell’opinione pubblica (considerando 14). (64) Inoltre, conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, gli Stati membri promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’attuazione della direttiva quadro in materia di acque.
70. Tali disposizioni forniscono indicazioni sulle modalità di interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus. La partecipazione del pubblico nelle prime fasi del procedimento amministrativo conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque sarebbe in gran parte priva di significato, se non fosse consentito almeno ad alcuni membri del pubblico di ottenere il riconoscimento della legittimazione ad agire nelle fasi successive del processo, in particolare per contestare la conformità a tale direttiva di decisioni adottate in tale procedimento.
Criteri che gli Stati membri possono stabilire conformemente all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus
71. È vero che, nel contesto della Convenzione di Aarhus, gli Stati membri dispongono di un’ampia flessibilità. In particolare, il diritto di proporre un ricorso giurisdizionale o amministrativo di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus può essere riconosciuto soltanto ai membri del pubblico che «soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale».
72. Tuttavia, nello stabilire norme procedurali per dare attuazione all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, gli Stati membri devono tener presente che tale convenzione mira a garantire che «(…) il pubblico (comprese le organizzazioni) abbia accesso a meccanismi giudiziari efficaci, in grado di tutelarne i legittimi interessi e di assicurare il rispetto della legge» (diciottesimo considerando).
73. La frase «soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale» non può fungere «da pretesto per introdurre o mantenere criteri così rigorosi da vietare, in concreto, a tutte o quasi tutte le organizzazioni per la tutela dell’ambiente di impugnare gli atti o di contestare le omissioni compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale»; tale frase «indica un’autolimitazione per le Parti a non fissare criteri troppo rigorosi. L’accesso a tali procedure dovrebbe essere quindi presunto, non costituire l’eccezione»; e «tali criteri dovrebbero essere conformi agli obiettivi della Convenzione di garantire l’accesso alla giustizia» (65). L’interpretazione più naturale di tale frase è, a mio avviso, che si tratti di un rinvio ai requisiti procedurali alternativi di «vant[are] un interesse sufficiente» o di «[far] valere la violazione di un diritto» di cui all’articolo 9, paragrafo 2.
74. Nelle mie conclusioni nella causa Djurgården‑Lilla Värtans Miljöskyddsförening (66), ho analizzato quali condizioni possono essere stabilite dagli Stati membri in base all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 85/337 (ora sostituita dalla direttiva VIA), che fa riferimento ai «requisiti di diritto interno» (67). Quanto ho scritto può essere applicato al presente contesto. Le organizzazioni ambientalistiche che promuovono la tutela dell’ambiente e soddisfano requisiti obiettivamente giustificati, trasparenti e non discriminatori che favoriscono l’accesso alla giustizia ai sensi del diritto nazionale devono essere, a mio avviso, legittimate a far valere l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus.
75. Ne consegue che il diritto nazionale non può escludere in modo generalizzato i diritti di tutte le organizzazioni per la tutela dell’ambiente derivanti dall’articolo 9, paragrafo 3, con il pretesto di introdurre nel loro diritto nazionale «criteri» per l’esercizio di tali diritti (68). Nella causa Trianel (69), ho suggerito che, come una Ferrari con le portiere bloccate, un sistema di protezione è di scarso valore pratico se è totalmente inaccessibile per determinate categorie di ricorso.
76. Siffatta interpretazione della nozione di «criteri eventualmente previsti» avrebbe infatti conseguenze perverse. Un sistema procedurale che abbia escluso virtualmente il diritto di qualsiasi organizzazione per la tutela dell’ambiente di impugnare atti amministrativi adottati in base a norme nazionali di attuazione della direttiva quadro in materia di acque potrebbe pregiudicare seriamente l’effetto utile del divieto stabilito all’articolo 4 (70) e, più in generale, compromettere gravemente il conseguimento dell’obiettivo di un livello elevato di tutela dell’ambiente sancito all’articolo 37 della Carta.
Il ruolo delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente
77. L’ambiente naturale appartiene a tutti noi e della sua protezione siamo responsabili collettivamente. La Corte ha riconosciuto che il diritto ambientale dell’Unione riguarda, per la maggior parte, l’interesse pubblico e non semplicemente la tutela degli interessi dei singoli in quanto tali (71). Non possono comparire in giudizio né l’acqua né i pesci che vi nuotano. Analogamente, gli alberi non sono legittimati ad agire (72).
78. Sia il giudice del rinvio nella sua ordinanza sia il governo austriaco in udienza hanno spiegato che, nel diritto austriaco, il ricorrente è legittimato ad agire in procedimenti amministrativi o giurisdizionali solo se è titolare di diritti soggettivi sostanziali di cui asserisce la violazione. Le organizzazioni per la tutela dell’ambiente non possono soddisfare, per loro natura, la condizione della titolarità di diritti sostanziali. Ciò rende virtualmente impossibile per organizzazioni di tal genere impugnare un provvedimento amministrativo dinanzi a un’autorità amministrativa o a un giudice, indipendentemente dalla diligenza con cui agiscono o dalla pertinenza delle osservazioni che intendono presentare.
79. Mi sembra di capire che neppure i singoli titolari di diritti potrebbero proporre ricorso affermando la violazione di una disposizione destinata a tutelare l’ambiente in quanto tale o di una disposizione che tutela l’interesse pubblico, quale il divieto di deterioramento sancito dall’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque. Ne deriva che salvo il caso in cui i diritti sostanziali dei singoli coincidano con l’interesse pubblico e detti singoli decidano di proporre ricorso per far rispettare tali diritti dinanzi a un’autorità competente o a un organo giurisdizionale, nessuno può agire a tutela dell’ambiente (73).
80. Come ho spiegato nelle mie conclusioni nella causa Djurgården-Lilla Värtans Miljöskyddsförening (74), le organizzazioni per la tutela dell’ambiente sono espressione dell’interesse pubblico e collettivo, che nessun altro sarebbe altrimenti in grado di difendere. Esse riuniscono le rivendicazioni di una pluralità di individui in un’unica azione, agiscono quale filtro e mettono a disposizione le loro conoscenze specialistiche, ponendo quindi i giudici in una posizione migliore per definire la causa. Pertanto, nel lungo periodo, contribuiscono a un migliore funzionamento dei procedimenti in materia ambientale. Così facendo, le organizzazioni per la tutela dell’ambiente svolgono un ruolo cruciale nella protezione del patrimonio ambientale comune.
81. Gli estensori della Convenzione di Aarhus non hanno scelto di introdurre un’actio popularis in materia ambientale. Essi hanno scelto invece di rafforzare il ruolo delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente. Così facendo, hanno adottato una soluzione intermedia tra l’approccio massimalista (actio popularis) e l’approccio minimalista (il diritto ad un’azione individuale riconosciuto esclusivamente alle parti aventi un interesse diretto in gioco) (75). È stato, a mio avviso, un compromesso ragionevole e pragmatico.
82. La Corte ha riconosciuto che i privati e le associazioni sono chiamati a svolgere un ruolo attivo nella tutela dell’ambiente (76). Il settimo, tredicesimo e diciassettesimo considerando della Convenzione di Aarhus sottolineano l’importanza delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente. Come ha osservato correttamente l’avvocato generale Kokott nelle sue conclusioni, presentate nella causa Brown Bears II (77), l’articolo 2, paragrafo 5, della Convenzione di Aarhus prevede il riconoscimento degli interessi delle organizzazioni che promuovono la tutela dell’ambiente e soddisfano tutti i requisiti prescritti dal diritto nazionale. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha parimenti sottolineato il ruolo svolto dalle organizzazioni non governative, constatando che in materia pubblica queste possono essere qualificate come «custodi» sociali (78).
83. In linea generale, ritengo che l’autorità chiamata a statuire nell’ambito del procedimento amministrativo o giurisdizionale dovrebbe avere più informazioni (piuttosto che meno) relativamente all’impatto ambientale di un progetto proposto. Ciò depone a favore del riconoscimento della legittimazione ad agire alle organizzazioni per la tutela dell’ambiente che soddisfino i criteri rilevanti, quanto alla loro esistenza e alle loro attività, stabiliti dal diritto nazionale (79). Dato il ruolo da esse svolto nel settore ambientale, siffatte organizzazioni si trovano nella posizione ideale per offrire informazioni pertinenti.
84. A mio avviso, gli articoli 2, paragrafo 5, e 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus forniscono un modello per comprendere come considerare il ruolo delle organizzazioni ambientalistiche quali rappresentanti dell’ambiente. Quando le direttive dell’Unione in materia di ambiente stabiliscono obblighi vincolanti per gli Stati membri, le organizzazioni per la tutela dell’ambiente che soddisfano i criteri fissati dall’articolo 2, paragrafo 5, della Convenzione di Aarhus dovrebbero essere in grado, in via di principio, di comparire dinanzi a un giudice per dedurre la violazione di tali obblighi conformemente all’articolo 9, paragrafo 3, della medesima convenzione.
85. I singoli interessati da un progetto avente un impatto ambientale sono naturalmente legittimati ad agire per difendere i propri beni o altri interessi da danni potenziali che un progetto potrebbe causare. Se alle organizzazioni per la tutela dell’ambiente viene negata la legittimazione ad agire per chiedere a un giudice di verificare se un provvedimento amministrativo è conforme agli obblighi che vincolano gli Stati membri, come quelli derivanti dall’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, l’ambiente – ossia, l’interesse pubblico – sarà rappresentato e difeso in modo inadeguato. Ciò porterebbe all’assurda conseguenza che la proprietà privata e gli interessi dei singoli otterrebbero una migliore protezione contro possibili errori dell’amministrazione rispetto all’interesse pubblico. L’intento del legislatore dell’Unione non può essere stato quello di creare una discrepanza del genere.
Gli effetti dell’articolo 47 della Carta
86. L’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque deve essere inoltre interpretato alla luce dell’articolo 47 della Carta (80).
87. Tale disposizione di diritto primario dell’Unione riafferma il principio della tutela giurisdizionale effettiva. Essa prescrive che ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste in tale articolo (81).
88. L’articolo 51, paragrafo 1, stabilisce che la Carta può essere fatta valere nei confronti degli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione (82). Quando uno Stato membro stabilisce norme processuali che limitano la capacità di un’organizzazione per la tutela dell’ambiente di proporre ricorso nel pubblico interesse deducendo la violazione dell’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, esso adempie obblighi derivanti dal diritto dell’Unione ai fini dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (83). Inoltre, la pertinenza dell’articolo 47 della Carta non è limitata ai casi in cui una norma sostanziale di diritto dell’Unione è associata a una norma processuale che conferisce il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (84).
89. Una norma processuale che, in via di principio e in pratica, renda estremamente difficile per un’organizzazione ambientalistica svolgere il ruolo previsto dall’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus e contestare la legittimità di un provvedimento amministrativo che essa ritiene adottato in violazione dell’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, è necessariamente in contrasto con il diritto fondamentale, sancito dalla normativa dell’Unione, a un ricorso giurisdizionale effettivo (85).
90. Il fatto che uno Stato membro abbia scelto nel proprio ordinamento giuridico nazionale una legittimazione ad agire basata sui diritti piuttosto che una legittimazione ad agire basata sull’interesse non basta a rendere legittima siffatta esclusione generale. La formulazione dell’articolo 9 della Convenzione di Aarhus considerato nel suo insieme dimostra che gli estensori di tale convenzione erano pienamente consapevoli delle differenze nelle normative sulla legittimazione ad agire tra le Parti. Essi hanno redatto attentamente le disposizioni dell’articolo 9 che disciplina la legittimazione ad agire delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente, in modo tale che l’accesso alla giustizia non dipenda dalla scelta effettuata da una particolare Parte contraente.
Osservazioni conclusive
91. Riconoscere in tali circostanze la legittimazione ad agire delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente in conformità all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus non significa attribuire a tale disposizione un effetto diretto per vie traverse. Si tratta, piuttosto, della logica conseguenza della necessità di preservare l’effetto utile dell’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, considerato dal punto di vista del diritto fondamentale a un ricorso giurisdizionale effettivo.
92. La Corte è stata pronta, in varie occasioni, a sostenere un’interpretazione estensiva e teleologica della normativa dell’Unione in materia di ambiente (86). L’approccio da me proposto non fa che corroborare ciò che la Corte ha già statuito nella sentenza Brown Bears II.
93. Infine, le informazioni a disposizione della Corte indicano che non sussiste alcun conflitto fra l’interpretazione da me proposta e l’articolo 132, paragrafo 1, del Bundes‑Verfassungsgesetz (rientrante nel capo VII, intitolato «Garanzie costituzionali e amministrative»). Come è stato spiegato dal giudice del rinvio, alla luce di tale disposizione, solo una persona fisica o giuridica che affermi che i suoi diritti sono stati violati da una decisione dell’autorità amministrativa e che era parte nel precedente procedimento amministrativo può far valere una violazione di tali diritti mediante ricorso dinanzi a un giudice amministrativo avverso tale provvedimento amministrativo. Secondo la mia comprensione dei fatti, tali requisiti non sembrano porre ostacoli al riconoscimento della legittimazione ad agire delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente per contestare la legittimità di provvedimenti amministrativi conformemente all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus.
94. La risposta alla prima questione dovrebbe essere quindi che l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus e con l’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che osta a norme processuali nazionali che impediscono a un’organizzazione per la tutela dell’ambiente debitamente costituita e operante conformemente ai requisiti del diritto nazionale di promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus per impugnare atti dell’autorità competente adottati nell’ambito di un procedimento amministrativo svolto in base a disposizioni di diritto nazionale che danno attuazione a tale direttiva.
95. Poiché ho risposto in senso affermativo alla prima questione del giudice del rinvio, è necessario esaminare anche la seconda e la terza questione.
Sulla seconda questione
96. Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza di accertare se la Convenzione di Aarhus richieda che un’organizzazione per la tutela dell’ambiente possa dedurre la violazione dell’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque durante un procedimento dinanzi all’autorità amministrativa o se sia sufficiente che tale organizzazione abbia la possibilità di impugnare la decisione dell’autorità amministrativa, adottata al termine di detto procedimento, dinanzi a un organo giurisdizionale.
97. Dalla risposta alla prima questione, da me suggerita, deriva che ad un’organizzazione per la tutela dell’ambiente deve essere consentito di far valere l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus per impugnare una decisione dell’autorità amministrativa adottata al termine di un procedimento amministrativo svolto in base a disposizioni di diritto nazionale che danno attuazione alla direttiva quadro in materia di acque.
98. Resta da stabilire se la Convenzione di Aarhus imponga altresì che a un’organizzazione per la tutela dell’ambiente sia consentito di invocare l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque durante tale procedimento amministrativo. In altri termini, deve esserle riconosciuto il diritto di partecipare a tale procedimento? Affronterò tale questione in due fasi: anzitutto in termini generali e poi prendendo in considerazione il contesto particolare del diritto austriaco.
Diritto di partecipazione: osservazioni generali
99. L’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus prevede il diritto a proporre un ricorso amministrativo o giurisdizionale avverso «atti (…) delle (…) pubbliche autorità». Questi includerebbero i provvedimenti amministrativi adottati al termine di procedimenti amministrativi. Diversamente dall’articolo 6 di tale convenzione, l’articolo 9, paragrafo 3, non prevede diritti di partecipazione ai procedimenti amministrativi. Tali diritti devono essere analizzati alla luce dell’articolo 6. Tuttavia, per le ragioni che ho già esposto (87), procederò partendo dal presupposto che gli articoli 6 e 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus non siano applicabili nel caso di specie.
100. Il fatto che un’organizzazione per la tutela dell’ambiente abbia il diritto di impugnare una decisione amministrativa non implica di per sé il diritto di partecipare al procedimento che porta all’adozione di tale decisione. La Corte ha dichiarato che la partecipazione al processo decisionale in materia di ambiente è separata ed ha una finalità diversa dal ricorso giurisdizionale (88).
101. Diversamente da altre direttive sull’ambiente (89), la direttiva quadro in materia di acque non prevede espressamente la partecipazione del pubblico. Né richiede, come fa la direttiva habitat, che un progetto sia approvato solo «se del caso, previo parere dell’opinione pubblica».
102. Tuttavia, l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque, intitolato «Informazione e consultazione pubblica», prevede, in effetti, che gli Stati membri «promuov[a]no la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’attuazione [di tale] direttiva» (90) e il considerando 14 afferma che il successo di tale direttiva dipende, in particolare, dall’informazione, dalla consultazione e dalla partecipazione dell’opinione pubblica. La procedura per il rilascio di un’autorizzazione in base al WRG 1959 deve essere considerata come attuazione di tale direttiva (91).
103. Ritengo che se la «partecipazione» del pubblico predisposta da uno Stato membro conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque non è corredata di diritti procedurali che consentano ai membri del pubblico di esprimere le loro opinioni e impongano all’autorità competente di tener conto di tali opinioni, ciò non rispetterebbe lo scopo di detta disposizione. Siffatta forma di «partecipazione» del pubblico non meriterebbe di essere descritta come «consultazione». Sarebbe più simile a una «dichiarazione di intenti» dell’autorità competente nei confronti del pubblico.
104. La Corte ha già spiegato che la qualità di parte nel procedimento amministrativo consente a un’organizzazione per la tutela dell’ambiente di partecipare più attivamente all’iter decisionale sviluppando maggiormente e in modo più rilevante i suoi argomenti vertenti sul rischio che il progetto proposto possa avere effetti pregiudizievoli per l’ambiente. Le autorità competenti sono tenute a prendere in considerazione tali argomenti prima di autorizzare il progetto in questione. In assenza di tale partecipazione, argomenti tendenti alla tutela dell’ambiente non possono mai essere presentati né presi in considerazione, con la conseguenza che l’obiettivo fondamentale del procedimento previsto all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva quadro in materia di acque, ovvero quello di garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente, non potrebbe essere raggiunto (92).
105. Inoltre, lo scopo del procedimento amministrativo in materia ambientale, compresa la materia delle acque, è di giungere a una decisione che concili l’interesse del richiedente a ottenere un’autorizzazione con i vincoli ambientali presenti. Un procedimento efficace è quello in cui l’organizzazione per la tutela dell’ambiente può partecipare nelle prime fasi per presentare osservazioni pertinenti in materia ambientale. Ciò si traduce in un procedimento ponderato e può ridurre le probabilità di un successivo contenzioso. La Corte è sempre stata consapevole della necessità di promuovere l’economia processuale in vari tipi di procedimento (93).
106. Ne deriva che riconoscere alle organizzazioni per la tutela dell’ambiente la qualità di parte nei procedimenti amministrativi per far valere disposizioni direttamente applicabili del diritto ambientale dell’Unione, quale l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque (94), contribuisce al mantenimento e al miglioramento dell’ambiente acquatico nell’Unione e, più in generale, al conseguimento degli obiettivi del diritto ambientale dell’Unione (95).
107. In mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta al giudice del rinvio, secondo il principio dell’interpretazione conforme, interpretare il diritto processuale nazionale, per quanto possibile, alla luce di tali obiettivi per garantire la loro effettiva attuazione (96).
Diritto di partecipazione nel contesto del diritto austriaco
108. Il giudice del rinvio spiega che ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, del Bundes‑Verfassungsgesetz solo una persona fisica o giuridica avente la qualità di parte in un precedente procedimento amministrativo può proporre ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un tribunale amministrativo (nella fattispecie, il Verwaltungsgericht di un determinato Land) avverso la decisione adottata al termine di detto procedimento. La qualità di parte nel procedimento amministrativo e il diritto di proporre ricorso sono quindi direttamente interconnessi. La mancanza o la perdita di tale qualità nel procedimento dinanzi all’autorità amministrativa comporta quindi la perdita del diritto di impugnare la decisione di tale autorità amministrativa in sede di ricorso.
109. In via di principio, siffatto requisito della precedente partecipazione a un procedimento amministrativo non sembra pregiudicare i diritti garantiti dalla Convenzione di Aarhus o dalla direttiva quadro in materia di acque. Il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 della Carta e il principio di effettività non ostano a che tale requisito sia una condizione per proporre un ricorso giurisdizionale se le modalità di detto ricorso non pregiudicano eccessivamente l’efficacia della tutela giurisdizionale (97).
110. Tuttavia, se ho ben compreso la situazione nel diritto austriaco, è virtualmente impossibile che un’organizzazione per la tutela dell’ambiente ottenga la qualità di parte in siffatto procedimento amministrativo per promuovere gli obiettivi vincolanti del diritto ambientale dell’Unione stabiliti all’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque (98).
111. Se la situazione ai sensi del diritto nazionale è, infatti, come descritta supra – il suo accertamento è di esclusiva competenza del giudice del rinvio – rifiutare a un’organizzazione per la tutela dell’ambiente la qualità di parte in un procedimento amministrativo equivarrebbe a negare il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo spettante a tale organizzazione in base all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus in combinato disposto con l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque. Dalla risposta che ho proposto di fornire alla prima questione deriva che, quando tale diritto di partecipazione è necessario per promuovere gli obiettivi vincolanti del diritto ambientale dell’Unione stabiliti all’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, non è ammissibile privare un’organizzazione per la tutela dell’ambiente di tale diritto.
112. Si dovrebbe quindi rispondere alla seconda questione nei termini seguenti:
– un giudice nazionale è tenuto a interpretare il diritto processuale nazionale relativo alla qualità di parte in un procedimento amministrativo per il rilascio di un’autorizzazione, svolto in base alla normativa nazionale di attuazione della direttiva quadro in materia di acque, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, per quanto possibile in modo conforme agli obiettivi stabiliti dalla direttiva quadro in materia di acque (in particolare, dagli articoli 4 e 14, paragrafo 1, della stessa) così da consentire alle organizzazioni per la tutela dell’ambiente di far valere tali disposizioni durante il procedimento amministrativo dinanzi all’autorità nazionale.
– Quando il diritto di un’organizzazione per la tutela dell’ambiente, debitamente costituita e operante conformemente ai requisiti del diritto nazionale, di impugnare atti adottati in un procedimento amministrativo dalle autorità nazionali competenti in base all’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque dinanzi a un’autorità amministrativa o a un giudice è subordinato alla condizione della precedente partecipazione a siffatto procedimento, tale articolo, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus e con l’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che osta a norme processuali nazionali che impediscono a siffatta organizzazione di ottenere la qualità di parte in tale procedimento.
Sulla terza questione
113. Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le norme processuali nazionali, quale l’articolo 42 dell’AVG, possano imporre alle organizzazioni per la tutela dell’ambiente di sollevare eccezioni tempestivamente nella fase della procedura di autorizzazione, poiché in caso contrario esse perdono la qualità di parte in tale procedimento, unitamente al diritto di impugnare dinanzi al giudice competente gli atti delle autorità competenti successivamente adottati in tale procedimento (99).
114. Devo ammettere che trovo la questione, per come è formulata, curiosa. Dal punto di vista logico, si potrebbe ritenere che l’articolo 42 dell’AVG possa essere applicato soltanto a qualcuno che sia già parte. Tuttavia, il giudice del rinvio spiega che secondo il diritto processuale austriaco (articolo 102, paragrafo 1, del WRG 1959) le organizzazioni per la tutela dell’ambiente come la Protect non possono ottenere la qualità di parte in tale procedimento (100). Si potrebbe quindi supporre che l’articolo 42 dell’AVG non possa essere applicato alla Protect o che, se dovesse essere applicato, non avrebbe alcun effetto sull’esito del procedimento principale. In tali circostanze, la terza questione risulterebbe ipotetica (101).
115. Tuttavia, dalle spiegazioni del giudice del rinvio si può desumere che la domanda della Protect diretta a ottenere la qualità di parte è stata respinta unitamente alle eccezioni sollevate dalla stessa contro il progetto in base all’articolo 42 dell’AVG, con la motivazione che la Protect aveva omesso di sollevare eccezioni relativamente alle acque (in base al WRG 1959) tempestivamente, durante il procedimento amministrativo (102). Ciò indicherebbe che la Protect avrebbe potuto ottenere la qualità di parte se avesse sollevato tali eccezioni tempestivamente.
116. L’udienza non ha risolto questo dilemma.
117. Nei paragrafi seguenti, presupporrò che la Protect avrebbe potuto assicurarsi la qualità di parte nel procedimento amministrativo sollevando tempestivamente le necessarie eccezioni.
118. Il governo austriaco sostiene (presumibilmente in base alla sua interpretazione del diritto nazionale) che la Protect avrebbe dovuto sollevare le eccezioni senza attendere di essere ammessa in qualità di parte.
119. In base alla documentazione a disposizione della Corte, mi sembra tutt’altro che ovvio che ai sensi della normativa austriaca un’organizzazione per la tutela dell’ambiente debba comprendere che può ottenere la qualità di parte nel procedimento amministrativo relativo a una domanda di autorizzazione a estrarre acqua per la produzione di neve, semplicemente sollevando eccezioni ai sensi dell’articolo 42 dell’AVG. Al contrario, l’articolo 102, paragrafo 3, del WRG 1959 sembra riservare la possibilità di sollevare tali eccezioni solo alle parti, mentre l’articolo 102, paragrafo 1, del WRG 1959 impedisce a un’organizzazione per la tutela dell’ambiente che non è titolare di diritti pubblici soggettivi di ottenere la qualità di parte.
120. Ritengo che il fatto di esigere da un’organizzazione per la tutela dell’ambiente di tentare comunque di sollevare eccezioni in tale situazione (quasi a livello teorico) sia ingiusto e fuorviante. Applicare l’articolo 42 dell’AVG e determinare in capo alla Protect la perdita della qualità di parte in tale situazione significherebbe punirla per non aver fatto ciò che il diritto nazionale sembra vietarle. Tale norma processuale non soddisferebbe, a mio avviso, i criteri di giustizia ed equità stabiliti all’articolo 9, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus. Tale situazione somiglia stranamente a quella del racconto di Kafka «Davanti alla legge»,in cui a un uomo in punto di morte che ha trascorso tutta la vita cercando di varcare un cancello che ora sta per chiudersi viene detto che quel cancello era rimasto sempre aperto per lui.
121. Spetta al giudice nazionale verificare se il diritto nazionale opera effettivamente in questa maniera. Se così è, rifiutare alla Protect la qualità di parte nel procedimento amministrativo e quindi vietarle l’accesso alla giustizia significherebbe negare il suo diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, che le spetta, in quanto organizzazione per la tutela dell’ambiente, in base all’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus (103). Dalla risposta che propongo di fornire alla prima questione deriva che, quando tale diritto è necessario per promuovere gli obiettivi vincolanti del diritto ambientale dell’Unione stabiliti all’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque, non è ammissibile privare un’organizzazione per la tutela dell’ambiente di tale diritto.
122. Qualora, d’altro canto, il giudice del rinvio concluda che si sarebbe potuto ragionevolmente prevedere che un’organizzazione per la tutela dell’ambiente, come la Protect, in base a norme procedurali giuste ed eque, sollevasse eccezioni tempestivamente nel corso del procedimento amministrativo, il termine processuale imposto dall’articolo 42 dell’AVG non sembra pregiudicare alcun diritto garantito dalla Convenzione di Aarhus o dalla direttiva quadro in materia di acque. In via di principio, un termine impartito dal diritto nazionale alle parti per sollevare eccezioni rispetta l’essenza del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo e non sembra andare al là di quanto è necessario per perseguire i legittimi obiettivi della certezza del diritto, della celerità e dell’economia del procedimento amministrativo. Pertanto, la Corte ha riconosciuto che la fissazione di termini di ricorso ragionevoli nell’interesse della certezza del diritto, a tutela sia del singolo sia dell’amministrazione, è compatibile con il diritto dell’Unione. In particolare, essa ha dichiarato che termini del genere non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (104). Infatti, lo stesso articolo 9, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus richiede che le procedure siano «obiettive, eque [e] rapide». Nei limiti in cui tale disposizione vieta alla parte di poter sollevare eccezioni contro un progetto dopo la scadenza di un termine specifico che detta parte ha omesso di rispettare, l’articolo 42 dell’AVG sembra soddisfare tali criteri (105).
123. Si dovrebbe quindi rispondere alla terza questione nel senso che l’articolo 4 della direttiva quadro in materia di acque in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus e con l’articolo 47 della Carta deve essere interpretato nel senso che osta a norme processuali nazionali che determinano in capo a un’organizzazione per la tutela dell’ambiente la perdita della qualità di parte in un procedimento amministrativo per aver omesso di sollevare eccezioni tempestivamente in tale procedimento, nei limiti in cui tali norme non soddisfino i criteri di giustizia ed equità di cui all’articolo 9, paragrafo 4, della Convezione di Aarhus.
Conclusione
124. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dal Verwaltungsgerichthof (Corte amministrativa, Austria):
– l’articolo 4 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, e con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che osta a norme processuali nazionali che impediscono a un’organizzazione per la tutela dell’ambiente debitamente costituita e operante conformemente ai requisiti del diritto nazionale di promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, di tale Convenzione per impugnare atti dell’autorità competente adottati nell’ambito di un procedimento amministrativo svolto in base a disposizioni di diritto nazionale che danno attuazione a tale direttiva.
– Un giudice nazionale è tenuto a interpretare il diritto processuale nazionale relativo alla qualità di parte in un procedimento amministrativo per il rilascio di un’autorizzazione, svolto in base alla normativa nazionale di attuazione della direttiva 2000/60, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, per quanto possibile in modo conforme agli obiettivi stabiliti da tale direttiva (in particolare, dagli articoli 4 e 14, paragrafo 1, della stessa) così da consentire alle organizzazioni per la tutela dell’ambiente di far valere tali disposizioni durante il procedimento amministrativo dinanzi all’autorità nazionale.
– Quando il diritto di un’organizzazione per la tutela dell’ambiente, debitamente costituita e operante conformemente ai requisiti del diritto nazionale, di impugnare atti adottati in un procedimento amministrativo dalle autorità nazionali competenti in base all’articolo 4 della direttiva 2000/60 dinanzi a un’autorità amministrativa o a un giudice è subordinato alla condizione della precedente partecipazione a siffatto procedimento, tale articolo, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di cui trattasi e con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che osta a norme processuali nazionali che impediscono a siffatta organizzazione di ottenere la qualità di parte in tale procedimento.
– L’articolo 4 della direttiva 2000/60, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di cui trattasi e con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che osta a norme processuali nazionali che determinano in capo a un’organizzazione per la tutela dell’ambiente la perdita della qualità di parte in un procedimento amministrativo per aver omesso di sollevare eccezioni tempestivamente in tale procedimento, nei limiti in cui tali norme non soddisfino i criteri di giustizia ed equità di cui all’articolo 9, paragrafo 4, di tale convenzione.