Language of document : ECLI:EU:C:2016:884

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

del 17 novembre 2016 (1)

Causa C469/15 P

FSL Holdings e altri

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Concorrenza – Intesa (articolo 101 TFUE) – Mercato europeo delle banane – Intesa per l’Europa meridionale nel settore delle banane (Italia, Grecia, Portogallo) – Coordinamento nella fissazione dei prezzi e scambio di informazioni rilevanti ai fini dei prezzi – Ammissibilità delle prove – Divieto di utilizzo di prove – Documenti rinvenuti casualmente – Collaborazione con le autorità nazionali – Trasmissione di prove da parte di autorità nazionali che non sono, di per sé, autorità garanti della concorrenza – Diritto di difesa – Tutela giurisdizionale effettiva – Procedura di trattamento favorevole – Nozione di restrizione della concorrenza per oggetto»





I –    Introduzione

1.        La Commissione europea può utilizzare, in un procedimento in materia di intese, prove che le siano state trasmesse quali documenti rinvenuti casualmente dall’amministrazione finanziaria nazionale? Questa è, in sostanza, la questione che la Corte è tenuta ad affrontare nell’ambito della presente impugnazione.

2.        La questione di cui trattasi emerge nel contesto dell’«intesa nel settore delle banane» per l’Europa meridionale scoperta alcuni anni fa (2). Aderenti a tale intesa erano i gruppi di imprese Chiquita e Pacific. Nel 2007, la Commissione otteneva al riguardo dalla polizia tributaria italiana (3) informazioni provenienti da un procedimento penale in materia fiscale. Successivamente, nella propria decisione del 12 ottobre 2011 (4), la Commissione si fondava, non da ultimo, proprio sulle suddette informazioni per accertare una violazione dell’articolo 101 TFUE e comminare una sanzione nell’ordine di milioni di Euro a carico di tre società del gruppo Pacific, vale a dire contro la FSL Holdings (in prosieguo: la «FSL»), la Léon Van Parys (in prosieguo: la «LVP») e la Pacific Fruit Company Italy SpA (in prosieguo: la «PCFI») (5).

3.        Una domanda di annullamento proposta dalle tre suddette società veniva accolta, solo parzialmente, in primo grado. Con sentenza del 16 giugno 2015 (6) il Tribunale respingeva parzialmente il ricorso. La FSL, la LVP e la PCFI reiterano ora nuovamente la loro domanda dinanzi alla Corte in via di impugnazione.

4.        La possibilità di utilizzare informazioni e prove che la Commissione abbia ottenuto dalle autorità nazionali tocca un aspetto centrale del sistema modernizzato di applicazione della normativa in materia di intese introdotto con il regolamento (CE) n. 1/2003 (7). L’emananda sentenza della Corte nella presente causa fungerà pertanto da orientamento per la futura collaborazione tra le autorità a livello di Unione e nazionale, sia per le autorità per la concorrenza sia per gli enti amministrativi attivi in altri ambiti.

5.        Nel caso di specie si discute, poi, di talune questioni di routine attinenti al trattamento favorevole, alla tutela giurisdizionale effettiva e alla nozione di restrizione della concorrenza per oggetto.

II – Contesto normativo

6.        Il contesto normativo della presente controversia è dato dall’articolo 101 TFUE e dal regolamento n. 1/2003.

7.        L’articolo 12 del regolamento n. 1/2003 contiene, al titolo «Scambio di informazioni», la seguente disposizione:

«1.      Ai fini dell’applicazione degli [articoli 101 e 102 TFUE], la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri hanno la facoltà di scambiare e utilizzare come mezzo di prova qualsiasi elemento di fatto o di diritto, comprese informazioni riservate.

2.      Le informazioni scambiate possono essere utilizzate come mezzo di prova soltanto ai fini dell’applicazione degli articoli [101 o 102 TFUE] e riguardo all’oggetto dell’indagine per il quale sono state raccolte dall’autorità che le trasmette. Tuttavia qualora la legislazione nazionale in materia di concorrenza sia applicata allo stesso caso e in parallelo al diritto comunitario in materia di concorrenza e non porti ad un risultato diverso, le informazioni scambiate ai sensi del presente articolo possono essere utilizzate anche per l’applicazione della legislazione nazionale in materia di concorrenza.

3.      Le informazioni scambiate a norma del paragrafo 1 possono essere utilizzate come mezzo di prova per comminare sanzioni a persone fisiche soltanto quando:

–        il diritto dell’autorità che trasmette le informazioni prevede sanzioni di tipo analogo in caso di infrazione all’articolo [101 o all’articolo 102 TFUE] o, in mancanza,

–        le informazioni sono state raccolte in un modo che rispetta lo stesso livello di tutela dei diritti di difesa delle persone fisiche di quello previsto dalle norme nazionali dell’autorità che le riceve. In tal caso le informazioni scambiate non possono tuttavia essere utilizzate dall’autorità che le riceve per imporre sanzioni detentive».

8.        Rispetto all’articolo 12, il considerando 16 del regolamento n. 1/2003 contiene le seguenti spiegazioni:

«Nonostante disposizioni nazionali contrarie, lo scambio di informazioni e l’utilizzo delle stesse come mezzo di prova dovrebbe essere consentito tra i membri [della rete europea della concorrenza] anche se le informazioni sono riservate. Tali informazioni possono essere utilizzate per l’applicazione degli articoli [101 e 102 TFUE] così come per l’applicazione parallela della legislazione nazionale sulla concorrenza, purché questa ultima applicazione si riferisca allo stesso caso e non porti a un risultato diverso. Quando le informazioni scambiate sono utilizzate dall’autorità che le riceve per comminare sanzioni alle imprese, non dovrebbero sussistere altri limiti all’uso delle informazioni oltre all’obbligo di utilizzarle per lo scopo per le quali sono state raccolte, dal momento che le sanzioni comminate alle imprese sono dello stesso tipo in tutti gli ordinamenti. I diritti di difesa di cui godono le imprese nei vari ordinamenti possono essere considerati sufficientemente equivalenti. Per quanto riguarda le persone fisiche, invece, esse possono formare oggetto di tipi di sanzioni sostanzialmente diversi da un ordinamento all’altro. In tal caso è necessario garantire che le informazioni possano essere utilizzate soltanto se sono state raccolte in un modo che rispetta lo stesso livello di protezione dei diritti di difesa delle persone fisiche di quello previsto dalle norme nazionali delle autorità che le ricevono».

9.        Occorre inoltre richiamare l’articolo 28 del regolamento n. 1/2003 il cui paragrafo 1 così recita:

«Salvo il disposto degli articoli 12 e 15, le informazioni raccolte ai sensi degli articoli da 17 a 22 possono essere utilizzate soltanto per lo scopo per il quale sono state assunte».

10.      Il successivo articolo 31, intitolato «Controllo della Corte di giustizia», dispone quanto segue:

«La Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata».

III – Contesto della controversia

11.      Il gruppo di imprese Pacific commercializzava banane con il marchio Bonita. In base agli accertamenti del Tribunale, la Pacific commetteva, unitamente alla Chiquita, un illecito in materia di intese ai sensi dell’articolo 101 TFUE sul mercato delle banane dell’Europa meridionale, più precisamente, in Grecia, Italia e Portogallo.

A –    Fatti e procedimento amministrativo

12.      Il 26 luglio 2007 la Commissione riceveva dalla polizia tributaria italiana copia degli appunti personali di un dipendente della Pacific rinvenuti in occasione della perquisizione della sua abitazione e del suo ufficio in Italia nell’ambito di un’indagine penale nazionale in materia fiscale (8).

13.      La Commissione compiva successivamente accertamenti presso gli importatori di banane in Italia e in Spagna. Essa inviava, inoltre, richieste di informazioni alle imprese coinvolte, ai clienti e ad altri partecipanti al mercato, in cui richiedeva nuovamente determinate informazioni già contenute negli atti di causa dell’intesa per l’Europa settentrionale nel settore delle banane (9).

14.      La Commissione, dopo aver comunicato gli addebiti, autorizzato l’accesso agli atti del procedimento e sentito le imprese coinvolte, emetteva – in data 12 ottobre 2011 – la decisione controversa.

15.      Nella decisione de qua la Commissione rileva che – in un meglio precisato periodo tra il 2004 e il 2005 – i partecipanti all’intesa coordinavano le loro strategie di prezzi in Grecia, in Italia e in Portogallo rispetto ai prezzi futuri, ai livelli dei prezzi e agli andamenti e/o alle tendenze dei prezzi, scambiando informazioni sul futuro comportamento del mercato riguardo ai prezzi (10). Le pratiche concordate si sarebbero inserite in un sistema globale volto a fissare le rispettive linee di condotta nel mercato e a limitare i rispettivi comportamenti commerciali individuali: esse avrebbero così perseguito un fine anticoncorrenziale identico e un obiettivo economico unico, ossia quello di restringere o falsare il normale andamento dei prezzi nel settore bananiero in Italia, in Grecia e in Portogallo e di scambiare informazioni al riguardo (11).

16.      Secondo la Commissione, i fatti di cui trattasi costituiscono un accordo ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE nel senso che le imprese interessate si sarebbero espressamente accordate su un determinato comportamento da tenere nel mercato, al fine di sostituire intenzionalmente una reciproca collaborazione pratica ai rischi della concorrenza. Anche nel caso in cui non dovesse essere dimostrato che le parti avessero espressamente sottoscritto un piano comune costituente un accordo, sussisterebbe – a detta della Commissione – una pratica concordata ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE fermo restando che le comunicazioni tra le parti hanno influito sul comportamento adottato dalle stesse al momento della fissazione dei prezzi delle banane per l’Europa meridionale (12).

17.      In ragione della loro partecipazione alla suddetta infrazione unica e continuata contro l’articolo 101 TFUE, nella decisione controversa la Commissione comminava alla FSL, alla LVP e alla PFCI, in via solidale, un’ammenda di EUR 8,919 milioni. Per contro, l’ammenda gravante a carico della Chiquita in applicazione del trattamento favorevole veniva fissata a zero (13).

B –    Procedimento giurisdizionale di primo grado

18.      In data 22 dicembre 2011 la FSL, la LVP e la PFCI presentavano dinanzi al Tribunale, in primo grado, domanda congiunta di annullamento della decisione controversa.

19.      Con sentenza del 16 giugno 2015, il Tribunale annullava parzialmente la decisione controversa, riducendo l’ammenda in misura di circa un quarto a EUR 6,689 milioni e disponendo la ripartizione delle spese.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

20.      Con atto del 4 settembre 2015 le ricorrenti hanno proposto, congiuntamente, la presente impugnazione contro la sentenza del Tribunale.

21.      Le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata in considerazione dell’utilizzazione di prove ottenute senza aver in alcun modo rispettato la procedura prevista per la loro raccolta e dell’erronea applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, e, conseguentemente, annullare in toto la decisione controversa;

–        in subordine, annullare parzialmente la sentenza impugnata nei limiti in cui il Tribunale non ha proceduto a un controllo giurisdizionale completo dell’ammenda irrogata alle ricorrenti e, di conseguenza, ridurre considerevolmente l’ammenda irrogata alle ricorrenti in forza della sentenza impugnata;

–        in via di ulteriore subordine, annullare parzialmente la sentenza impugnata nei limiti in cui il Tribunale non ha correttamente accertato che la violazione ha come oggetto o effetto la restrizione della concorrenza, rinviando, conseguentemente, la causa al Tribunale, salvo che la Corte si ritenga sufficientemente edotta per annullare la decisione della Commissione;

–        in ogni caso, condannare la Commissione al pagamento delle spese sostenute dalle ricorrenti nei procedimenti dinanzi alla Corte di giustizia e al Tribunale.

22.      Da parte sua, la Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione, e

–        condannare le ricorrenti alle spese.

23.      Dinanzi alla Corte il ricorso è stato discusso con procedimento scritto.

V –    Analisi

24.      Con la loro impugnazione la FSL, la LVP e la PFCI non affrontano più tutte le questioni che avevano costituito oggetto del procedimento di primo grado. Il dibattito giuridico si concentra ora invece, nell’ambito del procedimento di impugnazione, soltanto su talune questioni selezionate. A tal proposito, le ricorrenti si fondano su quattro motivi di impugnazione: il primo verte sulla possibilità di utilizzare le prove trasmesse dalla polizia tributaria italiana (si veda, a tal riguardo, infra sub A), il secondo sull’applicazione del trattamento favorevole (si veda, a tal riguardo, infra sub B) e il terzo sul principio della tutela giurisdizionale effettiva rispetto all’ammenda (v., infra, sub C), mentre il quarto motivo di impugnazione affronta la nozione di restrizione della concorrenza per oggetto (v., a tal riguardo, in fine, sub D).

A –    Sulla possibilità di utilizzare le prove trasmesse dall’amministrazione finanziaria italiana (primo motivo di impugnazione)

25.      Rilevanza centrale assume, nel caso di specie, il primo motivo di impugnazione, vertente sulla possibilità di utilizzare le prove trasmesse dalla polizia tributaria italiana alla Commissione. A parere delle ricorrenti, nell’ambito di un procedimento amministrativo fondato sull’articolo 101 TFUE e sul regolamento n. 1/2003, la Commissione non avrebbe potuto avvalersi, come prova della sussistenza di un illecito in materia di intesa, degli appunti personali di un collaboratore della Pacific acquisiti dalla polizia tributaria italiana in occasione della perquisizione del suo appartamento privato nell’ambito di un’indagine penale in materia fiscale.

26.      Le ricorrenti contestano qui essenzialmente al Tribunale di aver violato, nei punti da 66 a 99 della sentenza impugnata, i diritti della difesa ed i requisiti processuali fondamentali non rispettando, segnatamente, le considerazioni espresse dal legislatore nell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Il Tribunale avrebbe inoltre, a loro avviso, snaturato taluni mezzi di prova.

27.      Dedicherò nel prosieguo a ciascuno dei suddetti tre aspetti una specifica sezione, fermo restando che – a mio parere – è opportuno raggruppare le eccezioni sollevate dalle ricorrenti per temi esaminandole in diversa successione.

1.      Sull’asserita sussistenza di un divieto di utilizzo delle prove

28.      Le contestazioni mosse dalle ricorrenti contro la sentenza del Tribunale ruotano attorno all’argomento secondo cui, a livello di Unione, non potrebbero essere ammesse prove «acquisite in piena violazione dei diritti fondamentali degli interessati» e che, come tali, non potrebbero essere pertanto utilizzate.

29.      Per quanto attiene, in primis, all’asserita violazione dei diritti fondamentali, le ricorrenti non indicano, tuttavia, in alcun passaggio, in cosa consista qui precisamente tale violazione, a livello di Unione o a livello nazionale (14). L’argomentazione delle ricorrenti sul punto è quindi troppo generica e indeterminata per poter essere valutata dal punto di vista giuridico (15).

30.      Per quanto attiene poi all’asserita impossibilità di utilizzare le prove inviate alla Commissione dalla polizia tributaria italiana, le argomentazioni delle ricorrenti forniscono l’occasione per precisare le condizioni in presenza delle quali può ritenersi sussistere, nei procedimenti in materia di intese, un divieto di utilizzazione di prove.

31.      Le riflessioni a tal riguardo dovrebbero muovere dal presupposto che la sussistenza di un illecito in materia di intese può essere dimostrata con qualsiasi mezzo di prova. Nel diritto dell’Unione non esiste un principio generale secondo cui le autorità garanti della concorrenza potrebbero fondarsi solo su determinati elementi di prova o ricorrere soltanto a prove provenienti da determinate fonti.

32.      La gamma delle prove ammesse con riguardo alla sussistenza di un illecito in materia di intese è invece oltremodo ampia. La giurisprudenza riconosce in tal senso che, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da una serie di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro complesso, possono rappresentare, in assenza di altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza (16). Tanto più nel caso di intese che, a causa della loro natura, sono tenute segrete e rispetto alle quali le note delle parti sono di norma ridotte al minimo indispensabile (17).

33.      Quanto alla rispettiva forza probatoria vige il principio della libera produzione delle prove e il solo criterio pertinente per valutare le prove prodotte è quello della loro credibilità (18).

34.      Solo in casi eccezionali sussistono divieti di utilizzazione di prove, i quali precludono il ricorso a determinati mezzi di prova atti a dimostrare la sussistenza di violazioni ai sensi dell’articolo 101 o 102 TFUE. Tali divieti, da un lato, possono fondarsi sul fatto che la prova sia stata conseguita in violazione di disposizioni processuali essenziali dirette alla tutela degli amministrati (v., a tal riguardo, infra, infra, sub a), fermo restando, dall’altro, che la prova dev’essere stata impiegata per fini illegittimi (v. a tal riguardo, infra, sub b).

a)      Assenza di prove acquisite dalla Commissione in violazione di disposizioni processuali essenziali

35.      In primis, a detta delle ricorrenti, il Tribunale avrebbe dovuto esaminare se la Commissione avesse ottenuto legittimamente le prove provenienti dal procedimento penale nazionale in materia tributaria.

36.      La legittimità dell’acquisizione di prove viene valutata, in linea di principio, dalle autorità nazionali e la trasmissione alla Commissione di elementi ottenuti in base al diritto nazionale deve essere valutata alla luce del diritto nazionale; il giudice dell’Unione non è, inoltre, competente a verificare la legittimità, rispetto al diritto nazionale, di un atto emanato da un’autorità nazionale (19). Tale aspetto è stato del tutto correttamente evidenziato dal Tribunale (20).

37.      Ciò non significa ovviamente che la Commissione o i giudici dell’Unione possano consapevolmente avvalersi, nell’ambito di un procedimento in materia di intese, di mezzi di prova che siano stati evidentemente acquisiti in violazione di disposizioni processuali essenziali. Principi fondamentali del diritto dell’Unione, quali, in particolare, il diritto ad una buona amministrazione (articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali) e il diritto a un processo equo (articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali) impongono agli organi dell’Unione di compiere quantomeno un esame sommario sulla base di tutte le circostanze del singolo caso ad essi note (21).

38.      Nell’ambito del procedimento amministrativo la Commissione deve pertanto assicurarsi, in base a tutte le informazioni a sua disposizione, che gli elementi di prova di cui trattasi non siano stati né acquisiti in maniera illegittima dalle istituzioni nazionali, né trasmessi in maniera illegittima alla Commissione. E anche il Tribunale deve compiere tale controllo sommario laddove nel procedimento giudiziale di primo grado siano state sollevate eccezioni in tal senso (22).

39.      Nel caso di specie, il Tribunale disponeva, come già in precedenza la Commissione, in particolare, di due elementi che deponevano a favore della legittimità della trasmissione delle prove da parte della polizia tributaria italiana alla Commissione. In primis, nessun giudice italiano ne aveva vietato la trasmissione (23). In secondo luogo, le prove di cui trattasi – derivanti dal procedimento penale nazionale in materia fiscale – sono state trasmesse alla Commissione con l’autorizzazione della competente procura italiana (24).

40.      Le ricorrenti non indicano alcun elemento idoneo a minare la correttezza degli accertamenti compiuti al riguardo dal Tribunale e a sollevare dubbi circa la legittimità della trasmissione delle suddette prove. Nell’ambito del procedimento di impugnazione esse riconoscono addirittura espressamente che non esisterebbe nessuna sentenza di un giudice italiano che qualifichi la trasmissione dei documenti di cui trattasi come illegittima benché, per loro stessa ammissione, esse si siano attivate per «tutelare i propri diritti a livello nazionale».

41.      Alla luce di tali rilievi, non può essere contestato al Tribunale di essersi fondato su prove che la Commissione avrebbe acquisito in maniera illegittima e che sarebbero pertanto oggetto di un divieto di utilizzazione.

b)      Mancato utilizzo delle prove per fini illegittimi

42.      Le ricorrenti eccepiscono, inoltre, che le prove trasmesse dalla polizia tributaria italiana e derivanti da un procedimento penale in materia fiscale non avrebbero potuto essere prese in considerazione nell’ambito di un procedimento in materia di intese quali prove ai fini della dimostrazione di una violazione dell’articolo 101 TFUE.

43.      Le ricorrenti argomentano, essenzialmente, sulla base dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Esse interpretano tale disposizione come espressione di un principio generale secondo cui tutte le prove scambiate tra la Commissione e le autorità nazionali dovrebbero essere oggetto di un vincolo di finalità. Secondo le ricorrenti, ai fini della dimostrazione di una condotta anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101 o 102 TFUE, potrebbero essere scambiate solo prove acquisite a tal fine.

44.      Tuttavia, anche tale tesi appare poco convincente.

45.      L’articolo 12 del regolamento n. 1/2003 persegue un obiettivo particolare: esso è diretto ad agevolare e incentivare la collaborazione tra le autorità nell’ambito della rete europea della concorrenza e, quindi, tra le autorità garanti della concorrenza a livello di Unione e a livello nazionale. L’articolo 12 dispone pertanto espressamente che le prove scambiate tra le autorità garanti della concorrenza – nel rispetto delle condizioni ivi, di volta in volta, indicate in dettaglio – possono essere automaticamente utilizzate nel procedimento in materia di intese.

46.      Da ciò non può tuttavia desumersi, a contrario, che lo scambio di informazioni e la trasmissione di prove da un’autorità all’altra siano vietati al di fuori della rete europea della concorrenza. Un approccio restrittivo di tal genere lederebbe il principio dell’autonomia processuale degli Stati membri. Allo stesso tempo, ciò renderebbe per la Commissione e le autorità garanti della concorrenza nazionali eccessivamente difficile l’esercizio dei poteri istruttori ad esse riconosciuti nell’ambito dei procedimenti in materia di intese (25). Ciò violerebbe, da ultimo, un obiettivo fondamentale del diritto dell’Unione ossia quello dell’efficace attuazione delle regole di concorrenza nel mercato interno dell’Unione (26).

47.      Di contro, l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, richiamato dalle ricorrenti, non costituisce un’espressione di una riflessione giuridica generale, secondo cui nel procedimento in materia di intese potrebbero essere impiegate soltanto quelle prove che sono state acquisite già in precedenza per finalità attinenti alla normativa in materia di intese. È ben vero che le prove – quand’anche acquisite in maniera perfettamente legale – non possono mai essere utilizzate per una finalità illegittima. Le prove impiegate per una finalità illegittima sono oggetto pertanto, a questo riguardo, di un divieto di utilizzazione. Da ciò non consegue tuttavia che le prove acquisiste per un fine non attinente alla normativa in materia di intese (ad esempio nell’ambito di un procedimento penale in materia tributaria), non possano mai essere impiegate per un fine attinente alla normativa in materia di intese (in particolare, nell’ambito di un procedimento in materia di intese ai sensi dell’articolo 101 TFUE come quello qui controverso). I giudici dell’Unione hanno già riconosciuto, in tal senso, che prove derivanti da un procedimento penale nazionale possono essere utilizzate dinanzi alla Commissione in un procedimento in materia di intese (27).

48.      Solo quando il legislatore – a livello di Unione o a livello nazionale – prevede espressamente un vincolo di finalità per determinate prove, è fatto divieto di riutilizzarle per scopi diversi da quelli per i quali sono state originariamente assunte. Così accade, ad esempio, in base all’articolo 28, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, nel caso delle prove acquisite dalla Commissione nei procedimenti in materia di intese da essa condotti e qualcosa di analogo vale, in base all’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, per le prove scambiate tra le autorità europee garanti della concorrenza.

49.      Tali disposizioni speciali e la giurisprudenza emessa in materia (28) non possono però essere generalizzate a tal punto da sostenere che nei procedimenti in materia di intese condotti dalle autorità europee garanti della concorrenza non possano mai essere utilizzate prove diverse da quelle acquisite specificamente ai fini della normativa in materia di intese. Gli articoli 12, paragrafo 2, e 28, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 garantiscono invece alle imprese soltanto che le prove acquisite da un’autorità garante della concorrenza nell’ambito di un procedimento in materia di concorrenza – o, ancor più, le informazioni da esse volontariamente fornite nell’ambito di tale procedimento amministrativo, ad esempio, attraverso una richiesta di trattamento favorevole – non possano essere loro opposte in procedimenti successivi nei quali è possibile che vigano requisiti processuali più rigorosi, in particolare, nel corso di determinati procedimenti giurisdizionali che ricadono nell’ambito del diritto penale.

50.      Nel caso di specie, non sussistono peraltro elementi dai quali emerga che gli standard processuali vigenti, segnatamente, nel procedimento penale italiano, cui deve attenersi la polizia tributaria, siano più permissivi di quelli previsti dalla Commissione per il procedimento in materia di intese. Non sussiste pertanto una situazione comparabile con l’articolo 12, paragrafo 2, o con l’articolo 28, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003.

51.      In conclusione, non si può quindi ritenere che le prove trasmesse dalla polizia tributaria italiana siano state oggetto, nell’ambito del procedimento della Commissione in materia di intese qui controverso, di un utilizzazione illegittima che possa giustificare il riconoscimento di un divieto di utilizzo delle prove.

2.      Sull’asserita violazione del diritto di difesa

52.      In vari passaggi del secondo motivo di impugnazione le ricorrenti affermano, inoltre, che il Tribunale avrebbe violato il loro diritto di difesa. Affronterò ora, sinteticamente, tali eccezioni.

53.      Da un lato, le ricorrenti eccepiscono di essere state informate del procedimento solo molto tempo dopo la trasmissione delle prove da parte della polizia tributaria italiana alla Commissione. Dall’altro, esse lamentano che la Commissione non avrebbe mai avviato un procedimento sull’intesa per l’Europa meridionale nel settore delle banane se non le fossero state trasmesse dalla polizia tributaria italiana le controverse note personali del dipendente della Pacific, seppur quale stimolo al compimento di ulteriori indagini.

54.      Né l’una, né l’altra delle argomentazioni dedotte dalle ricorrenti indica tuttavia la sussistenza di una siffatta violazione del loro diritto di difesa.

55.      Il diritto di difesa, quale diritto fondamentale, fa parte integrante dei principi generali del diritto, del quali la Corte garantisce l’osservanza (29). Esso risulta oggi sancito anche negli articoli 41, paragrafo 2, e 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali, in posizione prominente.

56.      Diversamente da quanto sembrano ritenere le ricorrenti, il diritto di difesa non impedisce alla Commissione di avviare un procedimento per asserita violazione dell’articolo 101 o 102 TFUE e di ivi utilizzare prove che le siano state trasmesse da parte delle autorità nazionali al di fuori della rete europea della concorrenza. Dal diritto di difesa derivano soltanto determinate garanzie procedurali che la Commissione deve rispettare nella conduzione del procedimento de quo e la cui violazione implica la dichiarazione di nullità della relativa decisione conclusiva.

57.      Il rispetto del diritto di difesa impone, in particolare, di riconoscere alle parti coinvolte la possibilità di prendere posizione. Deve essere loro consetito di far conoscere in modo efficace la propria posizione in merito alla realtà e alla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati dalla Commissione, nonché sui documenti di cui essa ha tenuto conto per suffragare la sua affermazione circa l’esistenza di un’infrazione (30) [v. anche articolo 41, paragrafo 2, lettere a), e b), della Carta dei diritti fondamentali].

58.      È del tutto pacifico che, nel caso di specie, le ricorrenti abbiano avuto la possibilità di prendere visione delle prove trasmesse dalla polizia tributaria italiana potendo prendere posizione al riguardo. Esse contestano soltanto che tale possibilità sarebbe stata loro accordata in una fase eccessivamente avanzata del procedimento amministrativo.

59.      Occorre osservare, a tal riguardo, che il procedimento amministrativo si articola su due fasi (31), fermo restando che l’accesso agli atti del procedimento e l’audizione delle parti devono essere garantiti, in linea di principio, solo dopo la conclusione dell’inchiesta preliminare, ossia quando la Commissione comunica gli addebiti alle imprese interessate (32). Informare le imprese interessate in un momento anteriore potrebbe rendere eccessivamente difficoltosa l’attività di indagine della Commissione e implicherebbe un rischio di occultamento delle prove (33).

60.      Di certo, già nel corso dell’inchiesta preliminare – e quindi ancor prima della comunicazione degli addebiti – la Commissione deve vigilare che non venga leso il diritto di difesa delle imprese interessate(34).

61.      Le ricorrenti non hanno tuttavia dedotto alcun elemento concreto da cui emerga che, nel caso di specie, la Commissione fosse tenuta – al fine di tutelare le possibilità di difesa della FSL, della LVP e della PFCI – a comunicare loro le prove trasmesse dalla polizia tributaria italiana immediatamente e, quindi, molto prima della comunicazione degli addebiti e a raccogliere eventuali prese di posizione al riguardo (35). Ancor meno le ricorrenti hanno provato che il mero utilizzo delle prove trasmesse dalla polizia tributaria italiana comporterebbe, già di per sé, una lesione del diritto di difesa. Quanto all’eccezione sollevata, secondo cui il diritto di difesa sarebbe stato «irrimediabilmente violato», si tratta soltanto di un’affermazione oltremodo vaga priva di argomentazioni a suo fondamento.

62.      Da ultimo, le argomentazioni delle ricorrenti mi sembrano voler essenzialmente indicare che la Commissione non avrebbe potuto utilizzare le prove trasmesse dalla polizia tributaria italiana nemmeno quale punto di partenza per un procedimento in materia di intese e quale occasione per procedere ad altre indagini. Tuttavia, secondo consolidata giurisprudenza (36), proprio tale possibilità viene sempre riconosciuta alla Commissione e assume importanza fondamentale al fine dell’efficace attuazione delle regole della concorrenza nel mercato interno europeo.

63.      In tale contesto non può essere contestata al Tribunale alcuna violazione del diritto di difesa (37).

3.      Sull’asserito snaturamento dei mezzi di prova da parte del Tribunale

64.      Da ultimo, nell’ambito del primo motivo di impugnazione, le ricorrenti contestano al Tribunale di aver snaturato taluni mezzi di prova. Tale snaturamento consisterebbe nel fatto che, secondo quanto indicato dal Tribunale nei punti 67 e 68 della sentenza impugnata, non rileverebbe il fatto che due delle quattro pagine di note personali di cui trattasi redatte da un collaboratore della Pacific sarebbero state trasmesse alla Commissione dalla polizia tributaria italiana in maniera asseritamente illegittima.

65.      A questo proposito occorre osservare che uno snaturamento sussiste solo quando, senza che occorra assumere nuove prove, la valutazione dei mezzi di prova disponibili risulti manifestamente erronea (38). Il ricorrente deve, in tal caso, indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato quest’ultimo a tale snaturamento (39).

66.      Nel caso di specie, le ricorrenti non indicano in alcun modo i mezzi di prova che sarebbero stati snaturati dal Tribunale. Esse si limitano ad affermare molto genericamente che il Tribunale avrebbe «snaturato il chiaro significato dei mezzi di prova». In nessun passo dei punti 67 e 68 della sentenza impugnata si rinviene, inoltre, la formulazione contestata dalle ricorrenti, vale a dire che non rileverebbe se le due pagine di cui trattasi delle note personali di un collaboratore della Pacific siano state illegittimamente trasmesse alla Commissione.

67.      È ben vero che il Tribunale ha accertato che le suddette due pagine degli appunti del collaboratore della Pacific «figur[erebbero] nel fascicolo della causa in esame indipendentemente dalla questione della ricevibilità dei documenti trasmessi dalla Guardia di Finanza» (40). Con tale affermazione il Tribunale ha soltanto ricordato che la Commissione aveva parimenti rinvenuto le due pagine nell’ambito delle proprie indagini nei locali commerciali della Pacific in Italia. Uno snaturamento delle prove non può essere ravvisato in un tale contesto neppure esaminando in maniera estremamente benevola le argomentazioni delle ricorrenti.

68.      Da ultimo, con le proprie osservazioni di cui ai punti 67 e 68 della sentenza impugnata il Tribunale compie soltanto una qualificazione giuridica dei fatti: esso valuta la (mancanza di) causalità di un eventuale errore procedurale all’atto della trasmissione di determinate prove dalla polizia tributaria italiana alla Commissione sul successivo decorso del procedimento. Ciò non ha nulla a che vedere con lo snaturamento delle prove.

4.      Conclusione interlocutoria

69.      In conclusione, per le ragioni sin qui indicate, il primo motivo di impugnazione risulta infondato in toto.

B –    Sull’applicazione del trattamento favorevole e sulla possibilità di utilizzare le prove acquisite in tale contesto (secondo motivo di impugnazione)

70.      Con il secondo motivo di impugnazione le ricorrenti affermano essenzialmente che le indicazioni fornite dalla Chiquita nell’ambito del procedimento amministrativo non avrebbero potuto essere impiegate come mezzo di prova di un illecito in materia di intese. La Chiquita avrebbe fornito tali indicazioni solo rispetto al suo status di richiedente il trattamento favorevole. Secondo le ricorrenti, lo status di richiedente il trattamento favorevole spettava alla Chiquita solo rispetto all’intesa per l’Europa settentrionale nel settore delle banane e non rispetto alla qui controversa intesa per l’Europa meridionale nel suddetto settore. Il Tribunale non ne avrebbe tenuto conto. A detta delle ricorrenti, in mancanza dello status di richiedente il trattamento favorevole, la Chiquita non avrebbe fornito le indicazioni a suo carico.

71.      La tesi dedotta dalle ricorrenti nell’ambito del secondo motivo di impugnazione qui in esame si incentra sull’affermazione secondo cui la Chiquita, nell’ambito dell’intesa per l’Europa meridionale nel settore delle banane, non avrebbe collaborato a sufficienza con la Commissione per acquisire lo status di richiedente il trattamento favorevole (41).

1.      Ricevibilità

72.      Occorre anzitutto esaminare la ricevibilità del presente motivo di impugnazione.

73.      Da un lato – diversamente dalla posizione della Commissione – non è possibile sostenere che si tratti di un’eccezione del tutto nuova. Nel procedimento di primo grado la questione centrale era certamente un’altra, ossia se la Commissione avesse abusato del proprio potere discrezionale e avesse esercitato sulla Chiquita un’influenza illegittima. Nella sentenza impugnata il Tribunale allude comunque già al requisito della cooperazione permanente e tempestiva nel corso dell’intero procedimento amministrativo come presupposto per lo status di richiedente il trattamento favorevole (42). Se si volesse ora negare alle ricorrenti la possibilità di affrontare criticamente le considerazioni svolte dal Tribunale si priverebbe il procedimento di impugnazione di parte del suo significato (43).

74.      Dall’altro, la questione se un’impresa abbia collaborato a sufficienza con la Commissione nel corso del procedimento amministrativo costituisce una valutazione dei fatti e delle prove rimessa unicamente al Tribunale, che – fatto salvo un eventuale snaturamento, qui non eccepito – non possono essere sottoposti al vaglio della Corte quale giudice dell’impugnazione (44).

75.      Ne consegue che il secondo motivo di impugnazione è irricevibile.

2.      Fondatezza

76.      Quand’anche si riconoscesse l’ammissibilità del secondo motivo di impugnazione, in quanto si riferirebbe ad esempio, in realtà, alla qualificazione giuridica dei fatti, l’eccezione sollevata dalle ricorrenti non sarebbe fondata nel merito. Le indicazioni fornite da un’impresa nel procedimento amministrativo e le prove da essa presentate non divengono inutilizzabili per la Commissione per il solo fatto che all’impresa in parola è stato forse riconosciuto, per errore, lo status di richiedente il trattamento favorevole.

77.      Le motivazioni che inducono un teste a collaborare con le autorità non hanno invece, di per sé, alcun impatto sulla legittimità dell’acquisizione delle prove e sulla possibilità di utilizzarle. Esse possono tutt’al più incidere sulla valutazione delle sue osservazioni e della loro attendibilità. Tuttavia, non di questo si discute nel caso di specie.

78.      Ne consegue che il secondo motivo di impugnazione non risulta solamente inammissibile, bensì parimenti infondato.

C –    Sul principio della tutela giurisdizionale effettiva rispetto all’ammenda (terzo motivo di impugnazione)

79.      Il terzo motivo di impugnazione verte sul principio della tutela giurisdizionale effettiva ed è diretto, essenzialmente, contro i punti da 501 a 564 della sentenza impugnata. A parere delle ricorrenti, il Tribunale avrebbe compiuto, rispetto all’ammenda comminata dalla Commissione, unicamente un «controllo giurisdizionale solo oltremodo limitato» ignorando così la nozione di competenza giurisdizionale anche di merito (articolo 31 del regolamento n. 1/2003) e l’articolo 6 della CEDU e avrebbe violato l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali. Così facendo, il Tribunale avrebbe anche calcolato erroneamente l’ammenda.

80.      Questo motivo di impugnazione viene sollevato in via subordinata. Vengo qui ad occuparmene in quanto il primo e il secondo motivo di impugnazione, in base alle indicazioni da me formulate supra, non meritano accoglimento.

81.      Diversamente da quanto sembra ritenere la Commissione, il suddetto terzo motivo di impugnazione non può essere considerato quale inammissibile ampliamento dell’oggetto della controversia (articolo 170, paragrafo 1, del regolamento di procedura). Nei punti 501 e segg. della sentenza impugnata, il Tribunale si è occupato, infatti, espressamente delle conclusioni presentate in subordine dalla FSL, dalla LVP e dalla PFCI e dirette a ottenere la cancellazione o lariduzione dell’importo dell’ammenda. Contrariamente alla «cancellazione dell’ammenda», la «riduzione dell’importo dall’ammenda» riguarda necessariamente il tema della competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell’articolo 261 TFUE in combinato disposto con l’articolo 31 del regolamento n. 1/2003. La problematica che dev’essere qui esaminata era quindi già insita nell’oggetto della controversia di primo grado.

82.      Tuttavia, l’esercizio da parte del Tribunale della competenza giurisdizionale anche di merito nell’ambito delle cause in materia di intese (articolo 261 TFUE in combinato disposto con l’articolo 31 del regolamento n. 1/2003) è oggetto di esame da parte della Corte unicamente rispetto alla presenza di un errore manifesto (45). Errori di tal genere devono essere ritenuti sussistenti, in primo luogo, laddove il Tribunale abbia travalicato i limiti delle proprie competenze ai sensi dell’articolo 261 TFUE (46); in secondo luogo, quando non abbia esaminato in maniera minuziosa tutti gli aspetti rilevanti (47), e, in terzo luogo, laddove abbia applicato criteri giuridici erronei (48), non da ultimo alla luce dei principi della parità di trattamento (49) e di proporzionalità (50).

83.      La censura qui sollevata dalle ricorrenti in merito a un approccio troppo superficiale rispetto alla «pleine juridiction» ricade nella prima delle menzionate categorie: al Tribunale viene in definitiva contestato di avere travalicato i limiti delle proprie competenze ai sensi dell’articolo 261 TFUE e, in tal modo, il principio della tutela giurisdizionale effettiva (articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali) (51).

84.      In realtà, il Tribunale ha invece affrontato in maniera molto dettagliata – in oltre 60 punti della sentenza impugnata – tutti gli argomenti scambiati dalle parti del procedimento nel giudizio di primo grado rispetto a un’eventuale cancellazione o riduzione dell’importo dell’ammenda.

85.      Il fatto che il Tribunale, in tale contesto, si sia occupato profusamente degli orientamenti del 2006 (52) e abbia verificato se, in sede di loro applicazione, la Commissione abbia compiuto un errore, dipende dalle eccezioni sollevate nel corso del giudizio di primo grado dalle stesse FSL, LVP e PFCI (53). In nessun modo se ne può dedurre che il Tribunale si sia sentito vincolato dai suddetti orientamenti e abbia ritenuto di non potersene discostare (54). La censura dedotta in tal senso dalle ricorrenti si fonda evidentemente su una lettura errata della sentenza impugnata.

86.      Diversamente da quanto sembrano ritenere le ricorrenti, il Tribunale non era peraltro nemmeno tenuto a un esame dell’ammenda al di là delle eccezioni e degli argomenti sollevati dalla FSL, dalla LVP e dalla PFCI nel giudizio di primo grado. Occorre tuttavia sottolineare, al riguardo, che l’esercizio della competenza estesa al merito non equivale a un controllo d’ufficio e che il procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione è di tipo contraddittorio (55).

87.      In definitiva, l’obiettivo principale perseguito dalle ricorrenti nell’ambito del presente terzo motivo di impugnazione sembra essere quello di ottenere anch’esse la stessa riduzione del 60% dell’ammenda accordata alle parti dell’intesa per l’Europa settentrionale nel settore delle banane quale circostanza attenuante (56).

88.      Il Tribunale ha tuttavia dettagliatamente indicato le ragioni che impediscono, a suo avviso, di riconoscere nel caso di specie tale riduzione dell’importo dell’ammenda (57).

89.      Non spetta alla Corte sostituire, per motivi di equità, le proprie valutazioni a quelle del Tribunale il quale, nell’esercizio della propria competenza giurisdizionale estesa al merito, si pronuncia sull’entità delle ammende inflitte a determinate imprese per violazione, da parte loro, del diritto dell’Unione (58).

90.      Un errore di diritto del Tribunale per incongruenza dell’importo dell’ammenda dovrebbe essere piuttosto ravvisato solo quando «il livello della sanzione sia non soltanto inadeguato, ma anche eccessivo, al punto da essere sproporzionato» (59). Le ricorrenti non hanno però fornito alcuna indicazione concreta al riguardo (60).

91.      In conclusione, non può pertanto essere contestato al Tribunale alcun errore di diritto rispetto all’esercizio della sua competenza giurisdizionale anche di merito e neppure una violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva. Il terzo motivo di impugnazione è quindi infondato.

D –    Sulla nozione di restrizione della concorrenza per oggetto (quarto motivo di impugnazione)

92.      Con il loro quarto e ultimo motivo di impugnazione le ricorrenti si rivolgono alla nozione di restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101 TFUE. Esse contestano al Tribunale di essersi fondato, nei punti da 463 a 474 e, in particolare, nel punto 466 della sentenza impugnata, su una lettura errata della nozione di restrizione della concorrenza per oggetto, il che avrebbe comportato un’inesatta qualificazione dei fatti e avrebbe leso il diritto di difesa della FSL, della LVP e della PFCI.

93.      Il motivo di impugnazione è proposto in via ulteriormente subordinata. Esso deve essere esaminato soltanto ove tutti gli altri motivi di impugnazione debbano, come indicato, essere respinti.

94.      Le ricorrenti contestano essenzialmente al Tribunale di non aver esaminato con la dovuta dovizia di dettagli il contesto economico e giuridico in cui si inserisce la condotta contestata alle parti dell’intesa.

1.      Ricevibilità

95.      La Commissione ritiene che le argomentazioni delle ricorrenti costituiscano una nuova eccezione inammissibile poiché, nel procedimento di primo grado, la FSL, la LVP e la PFCI avrebbero affrontato il contesto economico e giuridico soltanto sotto il profilo di eventuali effetti anticoncorrenziali della condotta contestata alle parti dell’intesa ma non rispetto a un obiettivo anticoncorrenziale.

96.      Tale approccio risulta tuttavia eccessivamente formale. È pur vero che l’impugnazione non può modificare l’oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale e non può neppure contenere nuove domande (articolo 170, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte) (61). Nei limiti dell’individuato oggetto della controversia, le ricorrenti possono far valere ogni argomento rilevante (62) e, in particolare, sviluppare e precisare le loro argomentazioni del primo grado (63).

97.      Ciò è quanto si verifica nel caso di specie: oggetto di controversia nel procedimento di primo grado era, in termini del tutto generali, la questione del carattere anticoncorrenziale della condotta contestata delle imprese aderenti all’intesa (64). La FSL, la LVP e la PFCI, avendo già affrontato dinanzi al Tribunale – seppur superficialmente – il contesto economico e giuridico della loro condotta, possono riprendere e approfondire la loro argomentazione al riguardo in sede di impugnazione, senza che ciò comporti un ampliamento dell’oggetto della causa.

98.      Ne consegue che il quarto motivo di impugnazione è ricevibile.

2.      Fondatezza

99.      Le parti del procedimento concordano essenzialmente sul fatto che l’obiettivo anticoncorrenziale di una condotta nell’ambito dell’articolo 101 TFUE debba essere valutato, in particolare, alla luce del contesto economico e giuridico in cui tale condotta si colloca (65). Dinanzi alla Corte si discute soltanto del fatto se, nel caso di specie, il Tribunale si sia occupato in maniera sufficientemente approfondita di tale contesto.

100. Il grado di esaustività con cui il Tribunale deve analizzare il suddetto contesto economico e giuridico dipende certamente dalla natura della condotta contestata. Nei casi in cui l’obiettivo anticoncorrenziale sia particolarmente evidente, l’analisi del contesto economico e giuridico in cui si colloca la pratica può, per sua natura, limitarsi a quanto risulti strettamente necessario (66).

101. Proprio un siffatto obiettivo anticoncorrenziale particolarmente evidente sussiste quando i concorrenti si accordano tra loro sui prezzi dei loro prodotti (67) o scambiano informazioni sensibili rilevanti ai fini della fissazione dei rispettivi prezzi (68). Contrariamente a quanto ritenuto dalle ricorrenti, l’articolo 101 TFUE non vieta soltanto gli accordi sui prezzi ma anche lo scambio di informazioni sensibili riferite alla formazione del prezzo (69).

102. Ciò premesso, non è possibile contestare al Tribunale di non aver esaminato – nel caso di specie – in maniera sufficientemente approfondita il contesto economico e giuridico della condotta contestata.

103. La distinzione fondamentale tra restrizioni della concorrenza per oggetto e restrizioni della concorrenza per effetto ai sensi dell’articolo 101 TFUE verrebbe meno se si imponesse alle autorità garanti della concorrenza e ai giudici dell’Unione chiamati ad affrontare questioni in materia di concorrenza di affrontare, in dettaglio, il contesto economico e giuridico anche nel caso di condotte collusive di imprese il cui carattere anticoncorrenziale sia manifesto.

104. A prescindere dai suesposti rilievi, nessuno degli elementi contestuali, con cui le ricorrenti cercano di dimostrare in concreto che lo scambio di informazioni non fosse lesivo per la concorrenza, risulta particolarmente convincente.

105. In primis, il fatto che per le banane esista un’organizzazione del mercato nell’ambito della politica agricola comune, non costituisce una licenza a stipulare accordi sui prezzi o a scambiare, tra i concorrenti, informazioni rilevanti ai fini della determinazione dei prezzi. Al contrario, proprio su un mercato sul quale, in ragione degli interventi di regolamentazione presenti, sussiste solo un margine residuale di concorrenza, occorre contrastare ogni operato delle imprese che possa pregiudicare quello che resta della concorrenza.

106. In secondo luogo, non rileva la frequenza dello scambio di informazioni sensibili tra concorrenti. Già un unico scambio di informazioni può costituire, secondo la giurisprudenza, la base per l’accertamento di un’infrazione e l’applicazione di un’ammenda, qualora le imprese interessate, dopo tale scambio di informazioni, abbiano continuato ad operare sul mercato (70). La frequenza e la regolarità dello scambio di informazioni a scopo anticoncorrenziale possono tutt’al più risultare eventualmente rilevanti ai fini dell’importo dell’ammenda (71).

107. In terzo luogo, neppure i rimandi compiuti dalle ricorrenti alle loro ridotte dimensioni e alla loro contenuta quota nel mercato europeo delle banane incide sull’obiettivo anticoncorrenziale della loro condotta. Un accordo idoneo a pregiudicare il commercio tra Stati membri e avente un oggetto anticoncorrenziale costituisce, infatti, per sua natura e indipendentemente da qualsiasi suo effetto concreto, una restrizione sensibile del gioco della concorrenza (72). Il divieto di comportamenti collusivi anticoncorrenziali, come sancito nell’articolo 101 TFUE vale sia per le piccole che per le grandi imprese, per i mercati piccoli, quanto per quelli grandi.

108. Da ultimo, neppure il fatto che il Tribunale abbia rinunciato a compiere un’analisi dettagliata del contesto economico e giuridico della condotta contestata integra una violazione del diritto di difesa. Il diritto di difesa (nel procedimento amministrativo) e il principio del procedimento in contraddittorio (nel procedimento giurisdizionale) sono rispettati se tutte le parti del procedimento hanno avuto sufficiente occasione per sostenere la propria posizione. Tali diritti processuali non possono essere lesi per il solo fatto che il Tribunale ha aderito, nel merito, a un’altra posizione che non corrisponde a quella propugnata da una o più parti del procedimento. La corretta valutazione nel merito della condotta contestata non costituisce, infatti, una questione processuale, ma una questione di merito.

109. Per tutte le suesposte ragioni, anche il quarto motivo di impugnazione è infondato.

E –    Sintesi

110. Poiché nessuno dei motivi di impugnazione dedotti dalle ricorrenti è stato accolto, l’impugnazione deve essere respinta in toto.

VI – Spese

111. A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese.

112. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafi 1 e 2, in combinato disposto con l’articolo 184, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda; quando vi siano più parti soccombenti, la Corte decide sulla ripartizione delle spese. Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere pertanto condannate alle spese, conformemente alla domanda della Commissione. Avendo presentato l’impugnazione congiuntamente, esse saranno tenute a pagarle in solido tra loro.

VII – Conclusione

113. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire come segue:

1)      L’impugnazione è respinta:

2)      Le ricorrenti sopporteranno in solido le spese.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Già nelle sentenze del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione (C‑286/13 P, EU:C:2015:184), e del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce (C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416), la Corte si è occupata dell’intesa per l’Europa settentrionale nel settore delle banane, scoperta qualche anno prima.


3      Guardia di Finanza.


4      Decisione C (2011) 7273 definitivo della Commissione del 12 ottobre 2011 relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] [Caso COMP/39482 – Frutta esotica (banane), sintetizzata in GU 2012, C 64, pag. 10)], in prosieguo: la «decisione controversa».


5      In prosieguo indicate anche, insieme, come le «ricorrenti».


6      Sentenza del 16 giugno 2015, FSL e a./Commissione (T‑655/11, EU:T:2015:383); in prosieguo: la «sentenza impugnata».


7      Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), in prosieguo: il regolamento n. 1/2003.


8      Punto 7 della sentenza impugnata e considerando 81 della decisione controversa.


9      V., sull’intesa per l’Europa settentrionale in materia di banane, la decisione C (2008) 5955 definitivo della Commissione del 15 ottobre 2008 relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 del trattato [CE] (Caso COMP/39.188 — Banane, sintetizzata in GU 2009, C 189, pag. 12).


10      Punto 22 della sentenza impugnata e considerando 94 e 187 della decisione controversa.


11      Punto 24 della sentenza impugnata e considerando 209 e 213 della decisione controversa.


12      Punto 23 della sentenza impugnata e considerando 188 e 195 della decisione controversa.


13      Punto 32 della sentenza impugnata e articolo 2 della decisione controversa.


14      A prescindere dall’asserita violazione del diritto di difesa di cui mi occuperò a parte nel prosieguo (v., a tal riguardo, infra i paragrafi da 52 a 63).


15      Sentenze dell’11 settembre 2007, Lindorfer/Consiglio (C‑227/04 P, EU:C:2007:490, punto 83); del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione (C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 45), e dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione (C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 151).


16      Sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 57); del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 70), e del 17 settembre 2015, Total Marketing Services/Commissione (C‑634/13 P, EU:C:2015:614, punto 26).


17      Sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 55), e del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione (C‑403/04 P e C‑405/04 P, EU:C:2007:52).


18      Sentenze del 25 gennaio 2007, Dalmine/Commissione (C‑407/04 P, EU:C:2007:53, punti 49 e 63), e del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione (C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, EU:C:2013:866, punto 128).


19      Sentenza del 25 gennaio 2007, Dalmine/Commissione (C‑407/04 P, EU:C:2007:53, punto 62).


20      Punto 45 della sentenza impugnata.


21      In questo senso anche la sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 284), secondo cui nell’Unione non possono essere consentite misure incompatibili con il rispetto dei diritti dell’Uomo.


22      In questo senso la sentenza del 25 gennaio 2007, Dalmine/Commissione (C‑407/04 P, EU:C:2007:53, punto 63, ultimo periodo), secondo cui occorre considerare se un giudice nazionale abbia dichiarato illegittima la trasmissione delle prove di cui trattasi alla Commissione.


23      Punto 80 e 81 della sentenza impugnata.


24      Punti da 82 a 89 della sentenza impugnata.


25      Tale aspetto è stato sottolineato, correttamente, anche dal Tribunale (v., in particolare, punto 78, in fine, e punto 79 della sentenza impugnata).


26      Sul significato delle regole della concorrenza per il funzionamento del mercato interno, v. sentenza del 1o giugno 1999, Eco Swiss (C‑126/97, EU:C:1999:269, punto 36), e – rispetto al contesto normativo a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona – le sentenze del 17 febbraio 2011, TeliaSonera (C‑52/09, EU:C:2011:83, punto 20), e del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 60). La necessità di un’efficace attuazione degli articoli 101 e 102 TFUE (già articoli 81 e 82 del Trattato CE) è stata di recente sottolineata nelle sentenze dell’11 giugno 2009, X BV (C‑429/07, EU:C:2009:359, punti da 33 a 35); del 7 dicembre 2010, VEBIC (C‑439/08, EU:C:2010:739, punto 59); del 14 giugno 2011, Pfleiderer (C‑360/09, EU:C:2011:389, punto 19), e del 18 giugno 2013, Schenker e a. (C‑681/11, EU:C:2013:404, punto 46).


27      V., sul punto, la sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, Dalmine/Commissione (T‑50/00, EU:T:2004:220, punti da 83 a 91), confermata dalla sentenza della Corte del 25 gennaio 2007, Dalmine/Commissione (C‑407/04 P, EU:C:2007:53, punti 62 e 63).


28      V., principalmente, le sentenze del 17 ottobre 1989, Dow Benelux/Commissione (85/87, EU:C:1989:379, punti 17 e 18), e del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti da 298 a 300), che fanno riferimento all’articolo 20 del regolamento n. 17, disposizione cui corrisponde oggi l’articolo 28, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003.


29      Sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 64); del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione (C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punto 92), e del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione (C‑110/10 P, EU:C:2011:687, punto 47).


30      Sentenze del 13 febbraio 1979, Hoffmann‑La Roche/Commissione (85/76, EU:C:1979:36, punto 11); del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 66); del 25 gennaio 2007, Dalmine/Commissione (C‑407/04 P, EU:C:2007:53, punto 44), e del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione (C‑110/10 P, EU:C:2011:687, punto 48).


31      Sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti da 181 a 184); del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione (C‑105/04 P, EU:C:2006:592, punto 38), e del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione (C‑534/07 P, EU:C:2009:505, punto 27).


32      Sentenza del 25 gennaio 2007, Dalmine/Commissione (C‑407/04 P, EU:C:2007:53, punti 58 e 59).


33      Sentenza del 25 gennaio 2007, Dalmine/Commissione (C‑407/04 P, EU:C:2007:53, punto 60).


34      Sentenze del 21 settembre 1989, Hoechst/Commissione (46/87 e 227/88, EU:C:1989:337, punto 15); del 18 ottobre 1989, Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:387, punto 33), e del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 63).


35      Nello stesso senso, sentenza del 25 gennaio 2007, Dalmine/Commissione (C‑407/04 P, EU:C:2007:53, punto 61).


36      Sentenze del 17 ottobre 1989, Dow Benelux/Commissione (85/87, EU:C:1989:379, punto 19), e del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 301); nello stesso senso – quanto all’ipotesi opposta – sentenze del 16 luglio 1992, Asociación Española de Banca Privada e a. (C‑67/91, EU:C:1992:330, punti 42 e 43), e del 19 maggio 1994, SEP/Commissione (C‑36/92 P, EU:C:1994:205, punto 29).


37      Nello stesso senso, sentenza della Corte dell’8 luglio 2004, Dalmine/Commissione (T‑50/00, EU:T:2004:220, punti da 83 a 91), confermata dalla sentenza della Corte del 25 gennaio 2007, Dalmine/Commissione (C‑407/04 P, EU:C:2007:53, punti 62 e 63).


38      Sentenze del 18 gennaio 2007, PKK e KNK/Consiglio (C‑229/05 P, EU:C:2007:32, punto 37); del 22 novembre 2007, Sniace/Commissione (C‑260/05 P, EU:C:2007:700, punto 37); del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione (C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 17), e del 4 luglio 2013, Commissione/Aalberts Industries e a. (C‑287/11 P, EU:C:2013:445, punto 51).


39      Sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punti 50 e 159); del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione (C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 16), e dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione (C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 32).


40      Punto 68 della sentenza impugnata.


41      Gli obblighi di cooperazione con la Commissione risultano dal punto 11, lettera a), della comunicazione della Commissione del 2002 relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3).


42      V., in particolare, i punti da 121 a 126 e 147 della sentenza impugnata.


43      Sentenze del 19 luglio 2012, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group (C‑337/09 P, EU:C:2012:471, punto 61); del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 47), e del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento (C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 37).


44      Ordinanza del 17 settembre 1996, San Marco/Commissione (C‑19/95 P, EU:C:1996:331, punti 39 e 40), e sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 449), e del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione (C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 37).


45      Sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 365).


46      V., al riguardo, le mie conclusioni nelle cause Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione (C‑105/04 P, EU:C:2005:751, paragrafo 137); Schindler Holding e a./Commissione (C‑501/11 P, EU:C:2013:248, paragrafo 190) e Pilkington Group e a./Commissione (C‑101/15 P, EU:C:2016:258, paragrafo 112); nello stesso senso, sentenze Schindler Holding e a./Commissione (C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punti 155 e 156) e Kone e a./Commissione (C‑510/11 P, EU:C:2013:696, punti 40 e 42).


47      Sentenze Baustahlgewebe/Commissione (C‑185/95 P, EU:C:1998:608, punto 128); Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 244 e 303), nonché Papierfabrik August Koehler e a./Commissione (C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, EU:C:2009:500, punto 125).


48      Sentenze Baustahlgewebe/Commissione (C‑185/95 P, EU:C:1998:608, punto 128); Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 244 e 303), e Papierfabrik August Koehler e a./Commissione (C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, EU:C:2009:500, punto 125).


49      Sentenze Weig/Commissione (C‑280/98 P, EU:C:2000:627, punti 63 e 68); Sarrió/Commissione (C‑291/98 P, EU:C:2000:631, punti 97 e 99), e Alliance One International e Standard Commercial Tobacco/Commissione (C‑628/10 P e C‑14/11 P, EU:C:2012:479, punto 58).


50      Sentenze E.ON Energie/Commissione (C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 126), e Schindler Holding e a./Commissione (C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 165).


51      L’articolo 6 della CEDU, citato in aggiunta dalle ricorrenti, non costituisce, fintantoché l’Unione non vi abbia aderito, uno atto giuridico che può fungere immediatamente da criterio di controllo della legittimità delle azioni degli organi dell’Unione; occorre invece far riferimento soltanto all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali (sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 44, e del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 32).


52      Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2).


53      V. ad esempio il punto 501 della sentenza impugnata.


54      Come precisato dalla Corte, benché tali orientamenti non siano vincolanti per gli organi giurisdizionali, i giudici dell’Unione possono comunque lasciarsi ispirare da essi nell’esercizio della loro competenza giurisdizionale anche di merito: sentenze del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 80), e del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione (C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 90).


55      Sentenze dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione (C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 64); del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione (C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 213), e del 9 giugno 2016, Repsol Lubricantes y Especialidades e a./Commissione (C‑617/13 P, EU:C:2016:416, punto 85).


56      V., a questo proposito, punti 544 e segg. della sentenza impugnata.


57      Punti da 547 a 554 della sentenza impugnata.


58      Sentenze del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione (C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 125), e del 9 giugno 2016, Repsol Lubricantes y Especialidades e a./Commissione (C‑617/13 P, EU:C:2016:416, punto 81).


59      Sentenze del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione (C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 126); del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione (C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 205); del 9 giugno 2016, Repsol Lubricantes y Especialidades e a./Commissione (C‑617/13 P, EU:C:2016:416, punto 82); del 7 settembre 2016, Pilkington Group e a./Commissione (C‑101/15 P, EU:C:2016:631, punto 73), e del 14 settembre 2016, Trafilerie Meridionali/Commissione (C‑519/15 P, EU:C:2016:682, punto 56).


60      Nello stesso senso, sentenza del 9 giugno 2016, Repsol Lubricantes y Especialidades e a./Commissione (C‑617/13 P, EU:C:2016:416, punto 83).


61      V. anche sentenze del 25 giugno 2014, Nexans e Nexans France/Commissione (C‑37/13 P, EU:C:2014:2030, punto 45), e del 9 giugno 2016, Repsol Lubricantes y Especialidades e a./Commissione (C‑617/13 P, EU:C:2016:416, punto 58).


62      Sentenze del 18 gennaio 2007, PKK e KNK/Consiglio (C‑229/05 P, EU:C:2007:32, punto 66), e del 18 novembre 2010, NDSHT/Commissione (C‑322/09 P, EU:C:2010:701, punto 41 e 42).


63      In questo senso, sentenze del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione (C‑97/08 P, EU:C:2009:536, punto 39), e del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione (C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 36); in senso analogo sentenza del 9 giugno 2016, Repsol Lubricantes y Especialidades e a./Commissione (C‑617/13 P, EU:C:2016:416, punti da 59 a 61).


64      Lo stesso Tribunale ha esaminato la questione dell’esistenza di un oggetto o di un effetto anticoncorrenziale nella medesima sezione della sentenza impugnata (v. sul punto il titolo che precede il punto 463 della sentenza medesima).


65      Sentenze del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a. (C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 27); del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione (C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 117), e del 20 gennaio 2016, Toshiba Corporation/Commissione (C‑373/14 P, EU:C:2016:26, punto 27).


66      Sentenza del 20 gennaio 2016, Toshiba Corporation/Commissione (C‑373/14 P, EU:C:2016:26, punto 29)


67      Sentenze del 30 gennaio 1985, Clair (123/83, EU:C:1985:33, punto 22); dell’11 settembre 2014, CB/Commissione (C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 51), e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione (C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 115).


68      Sentenze del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a. (C‑8/08, EU:C:2009:343, punti da 32 a 37), e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione (C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punti da 119 a 124).


69      Ibidem.


70      Sentenza del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a. (C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 58 e 59); v. anche sentenze dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni (C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 121), e Hüls/Commissione (C‑199/92 P, EU:C:1999:358, punto 162).


71      V., ad integrazione, le mie conclusioni nelle cause T‑Mobile Netherlands e a. (C‑8/08, EU:C:2009:110, paragrafi da 97 a 107) e Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione (C‑286/13 P, EU:C:2014:2437, paragrafo 125)


72      Sentenza del 13 dicembre 2012, Expedia (C‑226/11, EU:C:2012:795, punto 37).