Language of document : ECLI:EU:C:2013:187

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 21 marzo 2013 (1)

Causa C‑431/11

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord

contro

Consiglio dell’Unione europea

«Relazioni esterne – Coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale – Accordo previsto per la modifica dell’allegato VI (sicurezza sociale) e del protocollo 37 dell’accordo SEE – Estensione del sistema del regolamento (CE) n. 883/2004 allo Spazio economico europeo – Decisione 2011/407/UE del Consiglio, relativa alla posizione che l’Unione europea deve adottare in sede di Comitato misto SEE – Scelta del corretto fondamento giuridico sostanziale – Articolo 48, articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE o articolo 217 TFUE»





I –    Introduzione

1.        Su quale fondamento giuridico l’Unione europea può estendere a paesi terzi le proprie disposizioni sociali interne? La suddetta questione, delicata dal punto di vista politico, rappresenta il fulcro della presente causa, che vede contrapposti il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord al Consiglio dell’Unione europea con i rispettivi intervenienti.

2.        La presente controversia scaturisce dall’estensione delle nuove disposizioni di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, valide all’interno dell’Unione, allo Spazio economico europeo (SEE) mediante una decisione del Comitato misto SEE. A tal fine il Consiglio, con la decisione 2011/407/UE (2), aveva fissato in fase preparatoria la posizione che l’Unione doveva tenere e si era basato a tale proposito sulle disposizioni in materia di libera circolazione dei lavoratori all’interno del mercato unico europeo, più precisamente sull’articolo 48 TFUE.

3.        Con il presente ricorso di annullamento il Regno Unito impugna la suddetta decisione. Diversamente dal Consiglio e dalla Commissione, il Regno Unito, sostenuto dall’Irlanda, è dell’avviso che debbano essere prese in considerazione non già le disposizioni sulla libera circolazione dei lavoratori, bensì le disposizioni sui diritti dei cittadini di paesi terzi nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, più precisamente l’articolo 79, paragrafo 2), lettera b), TFUE.

4.        Ad un esame superficiale, la distinzione fra l’articolo 48 TFUE e l’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE o anche il rapporto tra entrambe le norme relative alla competenza generale di associazione di cui all’articolo 217 TFUE potrebbe apparire meramente tecnica. In realtà ha una notevole rilevanza pratica, in particolare con riguardo al Regno Unito e all’Irlanda. In base ad una deroga, infatti, a questi due Stati membri è stata riconosciuta, nell’ambito dell’articolo 79, paragrafo 2 lettera b), TFUE, la libertà di scegliere se partecipare agli atti normativi dell’Unione (cosiddetta soluzione «opt‑in»), mentre nell’ambito dell’articolo 48, paragrafo 1, TFUE essi non godono di alcun diritto speciale e si possono tutt’al più avvalere del cosiddetto meccanismo del «freno d’emergenza» in relazione agli atti normativi (articolo 48, paragrafo 2, TFUE).

5.        La sentenza della Corte di giustizia nella presente causa sarà istruttiva per altri casi analoghi in cui l’Unione intenda estendere a paesi terzi determinati diritti in materia sociale nel contesto di convenzioni internazionali. A questo proposito meritano di essere citati i casi della Svizzera e della Turchia, anch’essi attualmente oggetto di ricorsi di annullamento proposti dal Regno Unito contro il Consiglio (3).

II – Contesto normativo

6.        Il contesto normativo della presente causa è determinato dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), da un lato, e dall’accordo sullo spazio economico europeo (accordo SEE) (4), compresi i relativi protocolli addizionali, dall’altro.

A –    Il trattato TFUE

7.        Fra le disposizioni sulla libera circolazione contenute nella terza parte, titolo IV del TFUE si rinviene l’articolo 48 TFUE, il cui primo comma ha il seguente tenore:

«Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano in materia di sicurezza sociale le misure necessarie per l’instaurazione della libera circolazione dei lavoratori, attuando in particolare un sistema che consenta di assicurare ai lavoratori migranti, dipendenti e autonomi e ai loro aventi diritto:

a)      il calcolo totale, per la concessione e il mantenimento del diritto alle prestazioni, nonché per il calcolo di queste, di tutti i periodi presi in considerazione dalle diverse legislazioni nazionali;

b)      il pagamento delle prestazioni alle persone residenti nei territori degli Stati membri».

8.        L’articolo 79 TFUE, facente parte delle norme relative allo «Spazio di libertà, sicurezza e giustizia» nella parte terza del Titolo V del TFUE, così recita, per la parte che qui interessa:

«1)      L’Unione sviluppa una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani.

2)      Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure nei seguenti settori:

(…)

b)      definizione dei diritti dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti in uno Stato membro, comprese le condizioni che disciplinano la libertà di circolazione e di soggiorno negli altri Stati membri;

(…)».

9.        Per completezza, occorre menzionare l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE:

«Il Consiglio, su proposta della Commissione o dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, adotta una decisione sulla sospensione dell’applicazione di un accordo e che stabilisce le posizioni da adottare a nome dell’Unione in un organo istituito da un accordo, se tale organo deve adottare atti che hanno effetti giuridici, fatta eccezione per gli atti che integrano o modificano il quadro istituzionale dell’accordo».

 Il protocollo n. 21 allegato al TUE e al TFUE

10.      Al TUE e al TFUE è allegato un protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (protocollo n. 21). Nel caso del Regno Unito, il suddetto protocollo è applicabile all’intero spazio di libertà, sicurezza e giustizia, nel caso dell’Irlanda esso non si applica all’articolo 75 TFUE (v. articolo 9 del protocollo n. 21).

11.      Dall’articolo 1, primo comma, prima frase e dall’articolo 3 del protocollo n. 21 risulta che il Regno Unito e l’Irlanda «non partecipano all’adozione da parte del Consiglio» delle misure proposte a norma della parte terza, titolo V, TFUE, a meno che non notifichino per iscritto al Presidente del Consiglio, entro tre mesi dalla presentazione di una proposta o di una iniziativa, che desiderano partecipare all’adozione ed all’applicazione delle misure proposte.

12.      Inoltre, come risulta dall’articolo 2 del protocollo n. 21, «nessuna disposizione della parte terza, titolo V [TFUE], nessuna misura adottata a norma di detto titolo, nessuna disposizione di accordi internazionali conclusi dall’Unione a norma di detto titolo e nessuna decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea sull’interpretazione di tali disposizioni o misure è vincolante o applicabile nel Regno Unito o in Irlanda», e ancora «nessuna di tali disposizioni, misure o decisioni pregiudica in alcun modo le competenze, i diritti e gli obblighi di tali Stati».

B –    L’accordo SEE

13.      L’accordo SEE è stato approvato da parte delle allora Comunità europee il 13 dicembre 1993 dal Consiglio e dalla Commissione, mentre l’articolo 238 TCE (ora articolo 217 TFUE) ha fornito il fondamento giuridico materiale (5). Si tratta di un accordo misto, cui hanno aderito, oltre all’Unione europea in quanto avente causa delle Comunità europee, anche i suoi Stati membri quali parti contraenti.

14.      Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, l’accordo SEE è un accordo di associazione il cui obiettivo è quello di «promuovere il rafforzamento costante ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche fra le Parti contraenti in pari condizioni di concorrenza e il rispetto delle stesse regole, nell’intento di instaurare uno Spazio economico europeo omogeneo».

15.      Per realizzare gli obiettivi dell’accordo SEE l’associazione comprende non da ultimo le quattro libertà fondamentali del mercato unico europeo, in particolare la «libera circolazione» (articolo 1, paragrafo 2, lettera b), dell’accordo SEE), nonché «una più stretta cooperazione in altri settori quali (...) [la politica] sociale» (articolo 1, paragrafo 2, lettera f), dell’accordo SEE).

16.      Ai sensi dell’articolo 7 dell’accordo SEE «gli atti cui è fatto riferimento o contenuti negli allegati del presente accordo o in decisioni del Comitato misto SEE sono vincolanti per le parti contraenti e sono o saranno recepiti nei diversi ordinamenti giuridici interni», mentre ai sensi della lettera a) di quella norma «un atto corrispondente ad un regolamento comunitario è recepito tale quale nell’ordinamento giuridico interno delle Parti contraenti».

17.      L’articolo 28 dell’accordo SEE contiene una disciplina sulla libera circolazione dei lavoratori all’interno del SEE corrispondente all’articolo 45 TFUE, e l’articolo 29 del medesimo accordo contiene una disposizione corrispondente all’articolo 48 TFUE.

18.      All’articolo 98 dell’accordo SEE si attribuisce al Comitato misto SEE il potere di modificare gli allegati dell’accordo SEE nonché una serie di protocolli dell’accordo SEE, fra cui il protocollo 37.

19.      Nella versione originaria dell’allegato VI (sicurezza sociale) dell’accordo SEE (6) alla sezione «Atti cui è fatto riferimento», è citato il regolamento (CEE) n. 1408/71 (7). Si fa menzione del medesimo regolamento anche nella versione originaria del protocollo 37 dell’accordo SEE (8), in relazione alla «Commissione amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti». Ai sensi della decisione n. 76/2011 del Comitato misto SEE (9) entrambi questi riferimenti dovrebbero ora essere sostituiti sostanzialmente mediante i riferimenti al regolamento (CE) n. 883/2004 (10) e al regolamento (CE) n. 988/2009 (11).

III – Contesto della causa

20.      Le norme sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale applicabili all’interno dell’Unione sono state per lungo tempo contenute nel regolamento n. 1408/71. Con effetto dal 1° maggio 2010 esse sono state sostituite dal regolamento n. 883/2004, modificato poi a sua volta, tra l’altro, dal regolamento n. 988/2009.

21.      All’interno del Comitato misto SEE vi era l’intenzione di adeguare le norme relative alla sicurezza sociale di cui all’allegato VI e al protocollo 37 dell’accordo SEE alla mutata situazione giuridica all’interno dell’Unione e integrare il regolamento n. 883/2004 nell’accordo SEE. A tale scopo si dovevano sostituire soprattutto i riferimenti al regolamento n. 1408/71 contenuti nell’allegato VI e nel protocollo 37 mediante riferimento ai regolamenti n. 883/2004 e n. 988/2009.

22.      In questo contesto, la Commissione ha presentato una proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che l’Unione europea deve adottare in sede di Comitato misto SEE. La versione originaria della suddetta proposta risaliva al 9 settembre 2010 ed era ancora basata sugli articoli 48 TFUE, 352 TFUE e 218, paragrafo 9, TFUE (12). Successivamente, il 10 marzo 2011, la Commissione ha modificato la sua proposta adducendo ora come fondamento giuridico soltanto gli articoli 48 TFUE e 218, paragrafo 9, TFUE (13). La Commissione motivava il venir meno dell’articolo 352 TFUE come fondamento giuridico aggiuntivo con il fatto che il Trattato di Lisbona aveva esteso le competenze dell’Unione, ai sensi dell’articolo 48 TFUE, al di là del classico settore dei lavoratori migranti, per ricomprendere anche i lavoratori autonomi.

23.      Il 6 giugno 2011 il Consiglio ha approvato la decisione 2011/407, con cui ha fissato la posizione dell’Unione nel Comitato misto SEE (in prosieguo: la «decisione impugnata»). La suddetta decisione, come suggerito dalla Commissione, è fondata sugli articoli 48 TFUE e 218, paragrafo 9, TFUE.

24.      Con decisione 76/2011 del 1° luglio 2011, il Comitato misto SEE ha apportato le previste modifiche all’allegato VI (sicurezza sociale) e al protocollo 37 dell’accordo SEE. Per entrare in vigore, tuttavia, questa decisione necessita ancora dell’adempimento di determinati requisiti costituzionali di una delle parti contraenti del SEE.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

25.      Con atto introduttivo del 16 agosto 2011 il Regno Unito ha presentato ricorso di annullamento contro la decisione 2011/407. Esso è dell’avviso che la decisione impugnata non avrebbe dovuto essere fondata sull’articolo 48 TFUE, bensì sull’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE.

26.      Il Presidente della Corte di giustizia, con ordinanza del 10 gennaio 2012, ha ammesso l’Irlanda ad intervenire a sostegno del ricorrente e la Commissione europea a sostegno della convenuta.

27.      Il Regno Unito chiede, con il sostegno dell’Irlanda, che la Corte voglia:

–        annullare la decisione 2011/407/UE;

–        limitare nel tempo gli effetti di tale pronuncia fino a quando il Consiglio non adotti, sulla base dell’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE, una nuova decisione relativa alla posizione che l’Unione europea deve adottare in sede di Comitato misto dello Spazio economico europeo (SEE) in merito a una modifica dell’allegato VI (Sicurezza sociale) e del protocollo 37 dell’accordo SEE; e

–        condannare il Consiglio alle spese (14).

28.      Il Consiglio chiede, con il sostegno della Commissione, di:

–        respingere il ricorso e

–        condannare il ricorrente alle spese.

29.      In merito al ricorso del Regno Unito le parti hanno svolto dinanzi alla Corte le loro difese scritte e successivamente, all’udienza del 6 febbraio 2013, le loro difese orali.

V –    Valutazione

30.      Il ricorso del Regno Unito è basato su un unico motivo di annullamento: nel determinare la posizione dell’Unione, il Consiglio avrebbe fatto riferimento al fondamento giuridico erroneo e, pertanto, avrebbe violato il principio delle competenze di attribuzione (articolo 5, paragrafo 1, prima frase, TUE) (15).

31.      Dal punto di vista procedurale tutte le parti concordano sul fatto che la posizione dell’Unione sia stata stabilita correttamente dal Consiglio dell’Unione europea sotto forma di una decisione ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE. Il Comitato misto SEE, infatti, è un organo istituito dall’accordo SEE, che adotta decisioni aventi effetti giuridici per modificare gli allegati, nonché una serie di protocolli del suddetto accordo (articolo 98 dell’accordo SEE).

32.      È inoltre fuori dubbio che una siffatta decisione del Consiglio relativa alla posizione della Comunità necessita, oltre che dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, anche di un fondamento giuridico sostanziale da cui risulti l’estensione delle competenze e quindi, in ultima analisi, il margine di manovra dell’Unione stabilito dai trattati (16). Oggetto di un acceso dibattito, tuttavia, è se il suddetto fondamento giuridico nel caso di specie debba essere ricercato nelle disposizioni sul mercato interno o nelle disposizioni sullo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, ovvero nella competenza a concludere accordi di associazione di cui all’articolo 217 TFUE.

33.      Che la scelta del corretto fondamento giuridico rivesta una notevole importanza di natura pratica, istituzionale, ed anche costituzionale (17), appare ovvio proprio in un caso come quello di cui trattasi: con la scelta del fondamento giuridico si pongono le basi perché il Regno Unito e l’Irlanda possano avvalersi dei diritti speciali che concede loro il regime dell’«opt-in» ai sensi del protocollo 21 allegato al TUE e al TFUE.

A –    La scelta del corretto fondamento giuridico sostanziale

34.      Secondo una giurisprudenza costante, la scelta del fondamento giuridico di un atto dell’Unione deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di controllo giurisdizionale; tra questi elementi figurano lo scopo e il contenuto dell’atto (18).

35.      Con la decisione impugnata è stata sostanzialmente fissata la posizione che l’Unione doveva adottare nel Comitato misto SEE, nel senso che le nuove disposizioni di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale di cui ai regolamenti n. 883/2004 e n. 988/2009 (19), sino a quel momento applicabili esclusivamente all’interno dell’Unione, avrebbero dovuto essere estese all’intero SEE (20).

1.      L’articolo 79 TFUE non è il fondamento giuridico adeguato

36.      Attraverso l’estensione del regolamento n. 883/2004 all’intero SEE il suo ambito d’applicazione territoriale è esteso oltre il territorio dell’Unione ai tre paesi dell’AELS, Norvegia, Islanda e Liechtenstein. Ciò comporta necessariamente che anche l’ambito d’applicazione personale di tale regolamento comprenderà una serie ulteriore di persone che non sono cittadini dell’Unione, bensì cittadini di paesi terzi. Il Regno Unito e l’Irlanda hanno molto insistito su questo aspetto.

37.      Ad un esame superficiale, pertanto, l’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE potrebbe essere sedes materiae, giacché questa disposizione consente espressamente la «definizione dei diritti dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti in uno Stato membro, comprese le condizioni che disciplinano la libertà di circolazione e di soggiorno negli altri Stati membri». Fra questi si potrebbero annoverare anche le normative sulla sicurezza sociale dei cittadini di paesi terzi (21).

38.      È indubbio che già più volte atti aventi l’obiettivo di integrare, nell’ambito di accordi con paesi terzi, i cittadini di tali Stati nel campo di applicazione delle disposizioni sociali dell’Unione sono stati fondati su questa disposizione (22). Questa circostanza, tuttavia, non può da sola essere determinante quando trattasi di determinare il corretto fondamento giuridico per la decisione del Consiglio impugnata nella fattispecie (23).

39.      Occorre considerare che l’articolo 79 TFUE fa parte delle disposizioni sullo spazio di libertà, sicurezza e giustizia ed appartiene al capo sulle politiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione. Ai sensi del paragrafo 1, l’articolo 79 TFUE ha quindi anche uno scopo specifico: la disposizione è finalizzata a sviluppare una politica comune dell’Unione in materia di immigrazione «intesa ad assicurare la gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi (...) e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani». Tutte le misure basate sull’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE devono essere considerate in questo contesto e sono peraltro adottate espressamente solo «ai fini del paragrafo 1».

40.      Questa finalità e questo contesto normativo dell’articolo 79, paragrafo 2), lettera b), TFUE non sono adeguati ad una misura come quella oggetto del presente procedimento.

41.      La decisione impugnata, infatti, non si limita, nell’ambito di una politica comune dell’immigrazione, a conferire a determinati cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti nel territorio dell’Unione determinati diritti sociali, per «trattarli equamente» a norma dell’articolo 79, paragrafo 1, TFUE. La suddetta decisione va chiaramente oltre. Essa è funzionale al potenziamento dell’associazione, creata dall’accordo SEE, con i tre Stati dell’AELS, Norvegia, Islanda e Liechtenstein, e fa parte delle misure con cui il diritto del mercato unico europeo è esteso nella massima misura possibile al SEE (24). I cittadini dei tre Stati dell’AELS, Norvegia, Islanda e Liechtenstein, dovrebbero godere della libertà di circolazione delle persone alle stesse condizioni sociali dei cittadini dell’Unione.

42.      La decisione impugnata, inoltre, come evidenzia correttamente la Commissione, non ha affatto ad oggetto la sola regolamentazione dei diritti sociali dei cittadini dei paesi terzi – dei norvegesi, degli islandesi e dei cittadini del Liechtenstein – nell’Unione, bensì anche, per converso, la regolamentazione dei diritti sociali dei cittadini dell’Unione nei tre Stati dell’AELS interessati. Per citare un esempio, con la modifica dell’accordo SEE, prevista con la decisione impugnata a godere del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale effettuato dal regolamento n. 883/2004 non è dunque solo un cittadino norvegese nel territorio dell’Unione, ma anche un cittadino dell’Unione in Norvegia. Ai sensi dell’articolo 7, lettera a), dell’accordo SEE, infatti, un regolamento dell’Unione cui è fatto riferimento in un allegato dell’accordo SEE, è vincolante per tutte le Parti contraenti – e dunque anche per i tre Stati dell’AELS interessati – ed è recepito tale quale nell’ordinamento giuridico interno delle stesse. Diversamente da quanto ritiene l’Irlanda, esso non necessita di misure di recepimento nazionali.

43.      In questo contesto, devono essere respinte le argomentazioni del Regno Unito e dell’Irlanda, secondo cui il fondamento giuridico corretto per la decisione impugnata dovrebbe essere l’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE.

2.      Neanche l’articolo 48 TFUE è un fondamento normativo adatto

44.      A mio giudizio, però, la decisione impugnata non si può tanto meno basare sull’articolo 48, assunto a fondamento dal Consiglio e dalla Commissione.

45.      Ciò non dipende tanto dal fatto che, ai sensi del regolamento n. 883/2004, il campo d’applicazione delle norme sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale include anche le persone inattive (25). Tale regolamento, infatti, non tratta in particolare della sicurezza sociale di chi non esercita personalmente un’attività lavorativa e, anzi, verte in modo preponderante sulla sicurezza sociale di chi ne esercita una, riferendosi soprattutto ai lavoratori dipendenti e autonomi. La sicurezza sociale delle persone inattive rappresenta tutt’al più un aspetto marginale disciplinato anch’esso dal regolamento n. 883/2004 ma è ben lungi dal costituirne l’oggetto principale. Non è, pertanto, un aspetto pertinente ai fini della scelta del fondamento giuridico (26). La scelta del fondamento giuridico di un atto dell’Unione deve infatti basarsi sull’essenza del suo contenuto normativo (27).

46.      Il Regno Unito e l’Irlanda, tuttavia, hanno pienamente ragione laddove rilevano che l’articolo 48 TFUE può servire da fondamento solo per l’adozione di provvedimenti interni all’Unione e, per di più, riguarda solo la sicurezza sociale dei cittadini dell’Unione e non quella dei cittadini di paesi terzi.

47.      L’articolo 48 TFUE consente unicamente l’adozione «(...) in materia di sicurezza sociale [delle] misure necessarie per l’instaurazione della libera circolazione dei lavoratori [migranti] (...)». Fa parte dello stesso capo del trattato in cui si trova l’articolo 45, paragrafo 1, TFUE, che stabilisce che la libera circolazione dei lavoratori è assicurata solo «all’interno dell’Unione». La Corte ha già accertato che l’articolo 45 TFUE (ex articolo 48 CEE) garantisce la libera circolazione «solo ai lavoratori degli Stati membri» (28), quindi ai cittadini dell’Unione europea (29).

48.      Di conseguenza i cittadini di paesi terzi, all’interno dell’Unione, non possono appellarsi al diritto di libera circolazione di cui all’articolo 45 TFUE (30), e il legislatore europeo non ha poteri per adottare provvedimenti specifici per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale tra Unione e paesi terzi basandosi esclusivamente sull’articolo 48 TFUE. Ai sensi dell’articolo 45 e dell’articolo 48 TFUE, infatti, tali provvedimenti non sono necessari ai fini dell’instaurazione della libera circolazione dei lavoratori (all’interno dell’Unione).

49.      Certo, contrariamente a quanto affermato dal Regno Unito e dall’Irlanda, non considero affatto escluso che le istituzioni dell’Unione abbiano facoltà di avvalersi delle competenze loro attribuite per la realizzazione del mercato interno per disciplinare in sede di adozione di normative destinate ai cittadini e alle imprese dell’Unione anche la situazione dei cittadini di paesi terzi, per esempio quando ciò sia necessario per instaurare pari condizioni di concorrenza nel mercato interno (31).

50.      Nella fattispecie, però, non si tratta solo di disciplinare anche la situazione di cittadini di paesi terzi in sede di adozione di normative in materia sociale per il territorio dell’Unione. L’oggetto principale della decisione impugnata è invece l’estensione a paesi terzi – i tre paesi dell’AELS Norvegia, Islanda e Liechtenstein – di una normativa vigente in materia sociale, il regolamento n. 883/2004 (32).

51.      Date queste premesse, l’articolo 48 TFUE è altrettanto inadatto quanto l’articolo 79 TFUE a fungere da fondamento giuridico della decisione impugnata.

3.      Il fondamento di diritto sostanziale corretto sarebbe stato l’articolo 217 TFUE

52.      Ai fini della determinazione del fondamento giuridico corretto per la decisione impugnata è decisivo il fatto che quest’ultima, nell’ambito dell’Unione, rappresenti il necessario primo passo sulla via della revisione e dell’estensione dell’accordo SEE. Ci si dovrebbe quindi avvalere della stessa attribuzione sostanziale su cui si è basata in origine l’adozione dell’accordo SEE, ovvero la competenza a concludere accordi di associazione di cui all’articolo 217 TFUE.

53.      All’atto della conclusione dell’accordo SEE, il regolamento n. 1408/71 – allora vigente – è stato integrato nell’allegato VI (Sicurezza sociale) e nel protocollo 37, estendendo in tal modo all’intero SEE la disciplina contenuta in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

54.      All’epoca solo la vigenza del regolamento n. 1408/71 all’interno dell’Unione era fondata sull’articolo 48 TFUE (ex articolo 51 CEE), mentre l’estensione al SEE del sistema creato da tale regolamento, operata dallo stesso accordo SEE, era dunque fondata sulla competenza a concludere accordi di associazione di cui all’articolo 217 TFUE (ex articolo 238 CEE).

55.      Sarebbe assurdo se oggi, per sostituire il regolamento n. 1408/71 con lo strumento che gli è succeduto, ossia il regolamento n. 883/2004, si dovesse far valere un altro fondamento giuridico.

56.      Anzi, anche rispetto al regolamento n. 883/2004 si deve muovere dal presupposto che solo la sua vigenza all’interno dell’Unione è fondata sull’articolo 48 TFUE. Per contro, la decisione del Comitato misto SEE di integrare in futuro tale regolamento, invece del regolamento n. 1408/71, nell’allegato VI (Sicurezza sociale) e nel protocollo 37 dell’accordo SEE, e di estenderne così l’applicazione all’intero SEE, deriva la sua legittimità, dal punto di vista del diritto dell’Unione, dalla competenza a concludere accordi di associazione di cui all’articolo 217 TFUE. Nessun’altra norma può valere per la decisione impugnata che, precedentemente ad un’iniziativa del Comitato misto SEE, definisce la posizione dell’Unione e quindi, in ultima analisi, prepara l’operato dell’Unione sul piano internazionale nonché gli adattamenti perseguiti dell’accordo SEE.

57.      Diversamente dall’articolo 48 TFUE, l’articolo 217 TFUE consente indubbiamente di adottare normative in materia di relazioni dell’Unione con paesi terzi e di farne beneficiare anche soggetti diversi dai cittadini dell’Unione, incluse le persone economicamente inattive. Sono proprio tali normative riguardanti le relazioni dell’Unione con paesi terzi e la posizione giuridica dei cittadini di tali paesi a costituire un accordo di associazione. In tal senso, la Corte ha accertato già da tempo che l’articolo 217 TFUE (ex articolo 238 CEE) attribuisce per forza di cose all’Unione le competenze necessarie per garantire l’adempimento dei suoi obblighi verso i paesi terzi in tutti i settori contemplati dai trattati (33).

58.      Seppure si volesse ammettere che anche il fondamento giuridico dell’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE consentirebbe di adottare normative di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale non identiche ma perlomeno analoghe rispetto ai cittadini di paesi terzi, nel contesto di un accordo di associazione con paesi terzi, e soprattutto di un’associazione così stretta come quella del SEE, si dovrebbe comunque considerare l’articolo 217 TFUE una lex specialis (34).

59.      Contro l’impiego dell’articolo 217 TFUE per l’attribuzione della competenza ad adottare una decisione come quella impugnata nel caso di specie non è possibile obiettare che in tal modo si complicherebbe eccessivamente la procedura di adozione delle decisioni da parte del Comitato misto SEE.

60.      Da un lato, infatti, ad essere determinanti per la scelta del fondamento normativo di un atto non sono le procedure, ma è il fondamento normativo dell’atto a determinare le procedure da seguire per l’adozione (35).

61.      Dall’altro, nel caso di specie l’assunzione dell’articolo 217 TFUE quale fondamento giuridico sostanziale non comporta alcun cambiamento di procedura. Sotto il profilo procedurale, infatti, continua ad assumere rilievo l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, nel cui campo d’applicazione il Consiglio delibera a maggioranza qualificata (articolo 16, paragrafo 3, TUE). Tenuto conto della sua ratio, il requisito dell’unanimità in Consiglio (articolo 218, paragrafo 8, secondo comma, TFUE), così come quello dell’approvazione del Parlamento europeo [articolo 218, paragrafo 6, lettere a), punto i), TFUE], riguarda solo la prima conclusione di un accordo di associazione, oppure revisioni strutturali di tale accordo, per cui non si applica l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, come si evince dalla frase finale («fatta eccezione per …»).

62.      Date queste premesse, giungo alla conclusione che il corretto fondamento giuridico sostanziale per la decisione impugnata sarebbe stato l’articolo 217 TFUE, mentre sotto il profilo procedurale avrebbe continuato ad assumere rilievo l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE.

63.      Sul piano procedurale, peraltro, nulla impedisce alla Corte, nella fattispecie, di designare l’articolo 217 TFUE quale fondamento giuridico corretto della decisione impugnata. L’eccezione dell’errato fondamento giuridico, infatti, espressamente sollevata dal Regno Unito con il sostegno dell’Irlanda, è ora parte integrante dell’oggetto del procedimento. Inoltre la Corte, nel valutare autonomamente la problematica del fondamento giuridico, non può limitarsi alle sole norme di diritto primario citate dalle parti nel procedimento (articolo 79 TFUE da un lato, articolo 48 TFUE dall’altro). Il giudice, infatti, non è la «bocca delle parti» (36). Di conseguenza, non può essere vincolato ai soli argomenti invocati dalle parti a sostegno delle loro pretese, salvo vedersi costretto, eventualmente, a basare la propria decisione su considerazioni giuridiche erronee (37). In conclusione, non sorgono perplessità neanche rispetto al diritto ad essere sentiti e alle esigenze di un procedimento in contradditorio (38), in quanto la possibilità di assumere l’articolo 217 TFUE quale fondamento giuridico sostanziale è stata espressamente discussa in udienza con tutte le parti nel procedimento.

4.      In subordine: ricorso all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE

64.      Solo nell’eventualità in cui la Corte non dovesse seguire le considerazioni da me formulate sull’articolo 217 TFUE, aggiungo che nel caso di specie sarebbe ipotizzabile anche il ricorso all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE. In tale disposizione si codifica sostanzialmente la cosiddetta dottrina AETR (39), che il Consiglio ha messo in particolare evidenza nella memoria scritta depositata presso la Corte e sulla quale anche le altre parti nel procedimento hanno potuto prendere posizione.

65.      L’articolo 216, paragrafo 1, TFUE attribuisce all’Unione la competenza a concludere un accordo internazionale con uno o più paesi terzi «qualora i trattati lo prevedano o qualora la conclusione di un accordo sia necessaria per realizzare, nell’ambito delle politiche dell’Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati, o sia prevista in un atto giuridico vincolante dell’Unione, oppure possa incidere su norme comuni o alterarne la portata».

66.      L’accordo SEE è un accordo internazionale con paesi terzi che è stato concluso dalle Comunità europee, danti causa dell’Unione europea. Ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE questo accordo vincola sia l’Unione che gli Stati membri. Va perciò considerato un atto giuridico vincolante dell’Unione ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE.

67.      Nel merito, l’accordo SEE è volto a promuovere pari condizioni di concorrenza e il rispetto delle stesse regole, nell’intento di instaurare uno spazio economico europeo omogeneo (articolo 1, paragrafo 1, accordo SEE). Fa parte dell’oggetto del SEE anche la garanzia della libera circolazione delle persone [articolo 1, paragrafo 2, lettera b), accordo SEE], abbinata a una stretta cooperazione tra l’altro in materia di politica sociale [articolo 1, paragrafo 2, lettera f), accordo SEE].

68.      Per raggiungere questi obiettivi fissati nell’accordo, occorre eventualmente replicare anche in ambito SEE la modernizzazione e la semplificazione delle normative vigenti in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale che sono state attuate nell’ambito dell’Unione quando si è sostituito il regolamento n. 1408/71 con il regolamento n. 883/2004 (40). Se, nell’allegato VI (Sicurezza sociale) e nel protocollo 37 dell’accordo SEE non si sostituisse il riferimento al vecchio regolamento con un riferimento al nuovo, l’esercizio della libera circolazione nel SEE non avrebbe luogo alle stesse condizioni sociali vigenti all’interno dell’Unione. Si rischierebbe così di compromettere l’obiettivo fondamentale del SEE di creare pari condizioni di concorrenza, a parità di regole, in uno spazio economico omogeneo.

69.      In fin dei conti, quindi, l’estensione del regolamento n. 883/2004 all’intero SEE che si persegue con la decisione impugnata garantisce che non siano violate le «norme comuni» di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE – nella fattispecie l’accordo SEE, che vincola l’Unione e tutti gli Stati membri (41).

70.      La decisione impugnata, pertanto, potrebbe anche fondarsi sulla dottrina AETR espressa nell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE. Poiché tuttavia l’articolo 217 TFUE offre un altro fondamento giuridico sostanziale, più specifico, per la decisione impugnata (42), si deve ricorrere in ultima analisi non all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE ma all’articolo 217 TFUE (43).

B –    Sull’efficacia pratica del protocollo 21 allegato al TUE e al TFUE

71.      A titolo integrativo mi permetto di osservare che, in un caso come quello di specie, l’applicazione dell’articolo 217 TFUE – così come quella dell’articolo 48 TFUE o anche l’articolo 216, paragrafo 1, TFUE – non priva di efficacia pratica il protocollo 21 allegato al TUE e al TFUE.

72.      Il protocollo 21 concede deroghe al Regno Unito e all’Irlanda in relazione allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Ai sensi del protocollo, le misure proposte a norma della parte terza, titolo V, TFUE, varranno anche per il Regno Unito e l’Irlanda solo nel caso in cui i due Stati membri abbiano comunicato espressamente e per iscritto che intendono partecipare a tali misure (clausola «opt‑in», v. articolo 1, paragrafo 1, prima frase, in combinato disposto con l’articolo 3 del protocollo 21).

73.      Il campo d’applicazione ratione materiae di tale deroga è espressamente limitato allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. In quanto deroga, inoltre, deve essere interpretata in senso restrittivo.

74.      La ratio del protocollo 21 non consiste nel rimettere alla discrezionalità del Regno Unito e dell’Irlanda la partecipazione alle misure deliberate dalle istituzioni europee in altri ambiti del diritto dell’Unione, specialmente il mercato unico e l’associazione di paesi terzi, né il loro carattere vincolante.

75.      Di conseguenza, la clausola «opt‑in» non può trovare applicazione nell’adozione di misure che – come la decisione controversa del Consiglio –riguardano l’estensione a paesi terzi delle norme vigenti all’interno del mercato unico.

76.      Il funzionamento di un accordo di associazione – e tanto più quello dell’accordo SEE, che comporta la piena associazione in materia di mercato interno e di libera circolazione delle persone – sarebbe notevolmente intralciato se i singoli Stati membri dell’Unione, nei rapporti con i paesi associati o i loro cittadini applicassero solo una parte dell’acquis normativo europeo e potessero in tal modo riservare a se stessi un trattamento speciale.

77.      Se anche per provvedimenti come la decisione impugnata si volesse applicare la clausola «opt‑in», e perciò, in fin dei conti, il principio di un’Europa «à la carte», sarebbe messo gravemente a rischio non solo il mercato unico come pilastro dell’Unione europea, ma anche la stessa esistenza del SEE. Si rischierebbe la disgregazione del mercato interno allargato ai tre paesi dell’AELS, Norvegia, Islanda e Liechtenstein, con conseguenze negative per la parità di trattamento di tutte le persone e le imprese attive in tale mercato, nonché per l’omogeneità delle condizioni di concorrenza loro applicabili.

C –    Effetti della scelta di un fondamento giuridico erroneo sulla validità della decisione impugnata

78.      Come già rilevato, il Consiglio ha scelto un fondamento normativo erroneo per la decisione controversa. Sarebbe stato invece corretto assumere come fondamento giuridico sostanziale la competenza a concludere accordi di associazione di cui all’articolo 217 TFUE e abbinarla al fondamento giuridico procedurale di cui all’articolo 218, paragrafo 9, TFUE.

79.      Ciononostante, la scelta del fondamento giuridico errato per un atto dell’Unione non comporta necessariamente che l’atto debba essere annullato. Secondo la giurisprudenza, se l’assunzione del fondamento giuridico erroneo non ha potuto produrre effetti sul contenuto dell’atto o sulla procedura di adozione, ci si deve astenere dall’annullarlo poiché si tratta di un vizio meramente formale (44).

80.      Così avviene nel caso di specie. Ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE la decisione impugnata doveva essere assunta dal Consiglio a maggioranza qualificata e senza coinvolgere il Parlamento europeo (45), a prescindere da quale, tra l’articolo 217 TFUE, l’articolo 216, paragrafo 1, TFUE o l’articolo 48 TFUE, fosse considerato il fondamento giuridico corretto. Peraltro, nessuno dei fondamenti giuridici sostanziali citati permette al Regno Unito e all’Irlanda di usufruire della deroga prevista nel protocollo 21 allegato al TUE e al TFUE.

81.      Nella fattispecie, quindi, la scelta di un fondamento giuridico erroneo non è idonea a giustificare l’annullamento della decisione impugnata.

82.      Se tuttavia la Corte – contrariamente alle considerazioni da me svolte – dovesse optare per l’accoglimento del ricorso del Regno Unito, riterrei opportuno mantenere gli effetti della decisione impugnata fino all’adozione di una nuova decisione del Consiglio dal contenuto identico ma basata sul fondamento giuridico corretto (articolo 264, secondo comma, TFUE). Si sono espressi in questo senso, gli stessi ricorrenti Regno Unito e Irlanda.

VI – Spese

83.      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura del 25 settembre 2012, la parte soccombente deve essere condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché, secondo la soluzione da me proposta, il Regno Unito risulta soccombente e il Consiglio ha fatto domanda in tal senso, le spese sono a carico del Regno Unito. In deroga a quanto sopra e ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, l’Irlanda e la Commissione, in quanto parti intervenienti, sopportano le proprie spese.

VII – Conclusione

84.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di pronunciarsi nei seguenti termini:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’Irlanda e la Commissione europea sopporteranno ciascuna le proprie spese.

3)      Per il resto il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è condannato alle spese processuali.


1 – Lingua originale: il tedesco


2      Decisione 2011/407/UE del Consiglio, del 6 giugno 2011, relativa alla posizione che l’Unione europea deve adottare in sede di Comitato misto SEE in merito a una modifica dell’allegato VI (Sicurezza sociale) e del protocollo 37 dell’accordo SEE (GU L 182, pag. 12).


3      Cause pendenti C 656/11 (Regno Unito/Consiglio) e C 81/13 (Regno Unito/Consiglio).


4 GU 1994 L 1, pag. 1.


5      Decisione 94/1/CE, CECA, del 13 dicembre 1993, relativa alla conclusione dell’accordo sullo Spazio economico europeo tra le Comunità europee, i loro Stati membri e la Repubblica d’Austria, la Repubblica di Finlandia, la Repubblica d’Islanda, il principato del Liechtenstein, il Regno di Norvegia, il Regno di Svezia e la Confederazione elvetica (GU 1994, L 1 , pag. 1).


6 GU 1994, L 1, pag. 327.


7      Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (pubblicato per la prima volta in GU L 149, pag. 2, e successivamente modificato ripetutamente).


8 GU 1994, L 1, pag. 206.


9 Decisione del Comitato misto SEE n. 76/2011, del 1° luglio 2011, che modifica l’allegato VI (Sicurezza sociale) e il protocollo 37 dell’accordo SEE (GU L 262, pag. 33).


10 Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166, pag. 1).


11 Regolamento (CE) n. 988/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che modifica il regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e determina il contenuto dei relativi allegati (GU L 284, pag. 43).


12      SEC(2010) 1013 def.


13 SEC(2011) 261 def.


14 L’Irlanda non ha presentato alcuna richiesta in merito alle spese in quanto interveniente.


15 In particolare sul principio delle competenze di attribuzione nel campo dell’azione esterna dell’Unione, v. parere 2/94 del 28 marzo 1996 (Racc. pag. I 1759, punti 23 e 24), parere 2/00 del 6 dicembre 2001 (Racc. pag. I 9713, punto 5), parere 1/08 del 30 novembre 2009 (Racc. pag. I 11129, punto 110), e sentenza del 1° ottobre 2009, Commissione/Consiglio (C 370/07, Racc. pag. I 8917, punti 46 e 47).


16 Sentenza Commissione/Consiglio (C 370/07, cit. supra alla nota 15); nel medesimo senso, già sentenza del 14 luglio 1976, Kramer e a. (3/76, 4/76 e 6/76, Racc. pag. 1279, punto 19), in base alla quale si deve tenere conto «sia del diritto comunitario nel suo complesso, sia delle singole disposizioni»; v., inoltre, il parere 2/94 (cit. supra alla nota 15, punti 23 e segg.).


17 V. parere 2/00 (punto 5), parere 1/08 (punto 110) e sentenza Commissione/Consiglio (C 370/07, punto 47), cit. supra alla nota 15.


18 Sentenze dell’11 giugno 1991, Commissione/Consiglio (C 300/89, Racc. pag. I 2867, punto 10); del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C 402/05 P e C 415/05 P, Racc. pag. I 6351, punto 182), e del 19 luglio 2012, Parlamento/Consiglio (C 130/10, punto 42).


19 Nel prosieguo, per motivi di semplificazione, parlerò solo del regolamento n. 883/2004.


20 V. soprattutto il considerando 2 della decisione impugnata: «È opportuno integrare nell’accordo SEE [i regolamenti n. 883/2004 e n. 988/2009] (...)».


21 Ciò risulta non da ultimo dalla dichiarazione relativa agli articoli 48 e 79 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (dichiarazione n. 22 allegata all’atto finale della Conferenza intergovernativa che ha adottato il trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007; GU 2008 C 115, pag. 346 e GU 2012, C 326, pag. 348).


22 Si tratta delle sei decisioni del Consiglio 2010/697/UE (GU L 306, pag. 1), 2010/698/UE (GU L 306, pag. 8), 2010/699/UE (GU L 306, pag. 14), 2010/700/UE (GU L 306, pag. 21), 2010/701/UE (GU L 306, pag. 28) e 2010/702/UE (GU L 306, pag. 35), del 21 ottobre 2010, relative alle posizioni che l’Unione europea deve adottare nell’ambito dei Consigli di associazione con il Marocco, la Tunisia, l’Algeria e Israele, nonché nei Consigli di stabilizzazione e di associazione con la Macedonia e la Croazia, nonché delle tre decisioni 2012/773/UE (GU L 340, pag. 1), 2012/774/UE (GU L 340, pag. 7) e 2012/775/UE (GU L 340, pag. 13) del Consiglio, del 6 dicembre 2012, relative alla posizione che l’Unione europea deve adottare nei Consigli di stabilizzazione e associazione con l’Albania e il Montenegro e nel Comitato di cooperazione con San Marino. Internamente all’Unione l’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE (ex articolo 63, paragrafo 4, CE), fungeva inoltre da fondamento giuridico per l’adozione del regolamento (CE) n. 859/2003 del Consiglio, del 14 maggio 2003, che estende le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 e del regolamento (CEE) n. 574/72 ai cittadini di paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (GU L 124, pag. 1) e del regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che estende il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009 ai cittadini di paesi terzi cui tali regolamenti non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (GU L 344, pag. 1).


23 Sentenze del 6 novembre 2008, Parlamento/Consiglio (C 155/07, Racc. pag. I 8103, punto 34), dell’8 settembre 2009, Commissione/Parlamento e Consiglio (C 411/06, Racc. pag. I 7585, punto 77), nonché parere 1/94 della Corte di giustizia del 15 novembre 1994 (Racc. pag. I 5267, punto 52) e parere 1/08 (cit. supra alla nota 15, punto 172).


24 Su questo obiettivo del SEE, v. in generale le sentenze del 23 settembre 2003, Ospelt e Schlössle Weissenberg (C 452/01, Racc. pag. I 9743, punto 29), e del 22 gennaio 1997, Opel Austria/Consiglio (T 115/94, Racc. pag. II 39, punto 107), nonché il considerando 5 dell’accordo SEE.


25      Come si evince dagli atti e anche dall’udienza, dal punto di vista politico la vera pietra dello scandalo per il Regno Unito è proprio l’intenzione di includere le persone economicamente inattive nel sistema vigente nel SEE per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Nel procedimento dinanzi alla Corte, il Regno Unito ha lasciato intendere che è disponibile a giungere a una soluzione bilaterale equivalente al regolamento n. 883/2004, nei confronti dei tre paesi dell’AELS, Norvegia, Islanda e Liechtenstein, purché però sia esclusa la categoria delle persone economicamente inattive.


26      V. in tal senso sentenza dell’11 ottobre 2001, Khalil e a. (da C‑95/99 a C‑98/99 e C‑180/99, Racc. pag. I‑7413, punti da 55 a 58, in particolare 56) sull’inclusione degli apolidi e dei rifugiati nel sistema del regolamento n. 1408/71.


27      Se dall’esame di un atto risulta che esso persegue due finalità o presenta due componenti e se una di queste finalità o componenti è identificabile come principale e l’altra come accessoria, l’atto deve essere fondato su una sola base giuridica, ossia quella imposta dalla finalità o componente principale o preponderante (sentenza Parlamento/Consiglio, C‑155/07, cit. supra alla nota 23, punto 35, nonché sentenza Parlamento/Consiglio, C‑130/10, cit. supra alla nota 18, punto 43; nello stesso senso, già la sentenza del 17 marzo 1993, Commissione/Consiglio, C‑155/91, Racc. pag. I‑939, punti 19 e 21).


28      Sentenza del 5 luglio 1984, Meade (C‑238/83, Racc. pag. 2631, punto 7).


29      Conclusioni presentate dall’avvocato generale Mancini il 30 maggio 1984 nella causa Meade (cit. supra alla nota 28) e dall’avvocato generale Jacobs il 30 novembre 2000 nella causa Khalil e a. (cit. alla nota 26, paragrafo 19).


30      La libera circolazione dei lavoratori nell’ambito del SEE è invece garantita dall’articolo 28 dell’accordo SEE.


31      V. in tal senso la sentenza Khalil e a. (cit. supra alla nota 26, punto 56); v. inoltre le conclusioni da me presentate il 26 marzo 2009 nella causa Commissione/Consiglio («Vietnam», C‑13/07, paragrafo 149), in cui è analizzato l’estratto del parere 1/94 chiamato in causa dal Regno Unito e dall’Irlanda (cit. supra alla nota 23, in particolare punti 81 e 86).


32      V. paragrafo 42 delle presenti conclusioni.


33      Sentenza del 30 settembre 1987, Demirel (12/86, Racc. pag. 3719, punto 9).


34      V. in tal senso anche la sentenza Parlamento/Consiglio (C‑155/07, cit. supra alla nota 23, punto 34), secondo cui, tra due fondamenti giuridici possibili, un atto va sempre fondato su quello più specifico.


35      Sentenza Parlamento/Consiglio (C‑130/10, cit. supra alla nota 18, punto 80).


36      Così si era già espresso l’avvocato generale Léger nelle conclusioni da lui presentate il 2 aprile 1998 nella causa Parlamento/Gutiérrez de Quijano y Lloréns (C‑252/96 P, Racc. pag. I‑7421, paragrafo 36).


37      V., in tal senso, ordinanza del 27 settembre 2004, UER/M6 e a. (C‑470/02 P, punto 69) e sentenza del 21 settembre 2010, Svezia/API e Commissione (C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, Racc. pag. I‑8533, punto 65).


38      Sentenze del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a. (C‑89/08 P, Racc. pag. I‑11245, in particolare punti 50 e 51) e del 17 dicembre 2009, riesame M/EMEA (C‑197/09 RX‑II, Racc. pag. I‑12033, punti da 39 a 42).


39      La dottrina AETR risale alla sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio («AETR», 22/70, Racc. pag. 263, punti da 15 a 19); una sintesi più recente si trova per esempio nel parere 1/03 del 7 febbraio 2006 (Racc. pag. I‑1145, punti da 114 a 133).


40      V. al proposito il considerando 3 del regolamento n. 883/2004.


41      In merito alla competenza esterna dell’Unione nel caso in cui siano state adottate norme comuni che potrebbero essere violate, v. anche il parere 1/03 (cit. supra alla nota 39, punto 116).


42      V. paragrafi da 52 a 63 delle presenti conclusioni.


43      V. in proposito di nuovo la sentenza Parlamento/Consiglio (C‑155/07, cit. supra alla nota 23, punto 34), secondo la quale un atto giuridico, tra due fondamenti normativi possibili, deve sempre basarsi su quello più specifico.


44  Sentenze del 27 settembre 1988, Commissione/Consiglio (165/87, Racc. pag. 5545, punti da 18 a 21), del 9 settembre 2004, Spagna e Finlandia/Parlamento e Consiglio (C‑184/02 e C‑223/02, Racc. pag. I‑7789, punti da 42 a 44) e del 14 dicembre 2004, Swedish Match (C‑210/03, Racc. pag. I‑11893, punto 44); v. inoltre le conclusioni da me presentate il 26 maggio 2005 nella causa Commissione/Consiglio (C‑94/03, Racc. pag. I‑1, paragrafo 53).


45      V. paragrafo 61 delle presenti conclusioni.