Language of document : ECLI:EU:T:2018:445

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

12 luglio 2018 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato europeo dei cavi elettrici – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE – Infrazione unica e continuata – Imputabilità dell’infrazione – Presunzione – Errore di valutazione – Presunzione d’innocenza – Certezza del diritto – Principio della responsabilità personale – Competenza estesa al merito»

Nella causa T‑419/14,

The Goldman Sachs Group, Inc., con sede a New York, New York (Stati Uniti), rappresentata da W. Deselaers, J. Koponen e A. Mangiaracina, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da C. Giolito, L. Malferrari, H. van Vliet e J. Norris-Usher, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Prysmian SpA, con sede a Milano (Italia),

Prysmian Cavi e Sistemi Srl, con sede a Milano,

rappresentate da C. Tesauro, F. Russo e L. Armati, avvocati,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e volta, da un lato, all’annullamento della decisione C(2014) 2139 final della Commissione, del 2 aprile 2014, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo [SEE] (procedimento AT.39610 – Cavi elettrici), nella parte in cui essa riguarda la ricorrente, nonché, dall’altro lato, alla riduzione dell’ammenda inflitta a quest’ultima,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da A. M. Collins, presidente, M. Kancheva (relatore) e R. Barents, giudici,

cancelliere: L. Grzegorczyk, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 marzo 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

A.      La ricorrente e il settore interessato

1        La ricorrente, The Goldman Sachs Group, Inc., è una società americana che agisce in qualità di banca d’affari e società di collocamento sulle principali piazze finanziarie mondiali. Dal 29 luglio 2005 al 28 gennaio 2009 è stata società madre indiretta, attraverso il fondo GS Capital Partners V (in prosieguo: il «fondo GSCP V») e altre società interposte, della Prysmian SpA, nonché della società interamente partecipata da quest’ultima, la Prysmian Cavi e Sistemi Srl (in prosieguo: la «PrysmianCS»), già Pirelli Cavi e Sistemi Energia SpA, poi Prysmian Cavi e Sistemi Energia Srl. La Prysmian e la PrysmianCS costituiscono assieme il gruppo Prysmian, un attore mondiale del settore dei cavi elettrici sottomarini e sotterranei.

2        I cavi elettrici sottomarini e sotterranei sono utilizzati, rispettivamente, sotto l’acqua e sotto la terra, per la trasmissione e la distribuzione di energia elettrica. Essi sono classificati in tre categorie: bassa tensione, media tensione, e alta nonché altissima tensione. I cavi elettrici ad alta e altissima tensione sono venduti, nella maggior parte dei casi, nell’ambito di progetti. Tali progetti consistono in una combinazione del cavo elettrico e delle attrezzature, degli impianti e dei servizi supplementari necessari. I cavi elettrici ad alta e altissima tensione sono venduti in tutto il mondo a grandi gestori di reti nazionali e ad altre imprese di energia elettrica, principalmente nell’ambito di appalti pubblici.

B.      Procedimento amministrativo

3        Con lettera del 17 ottobre 2008, la società di diritto svedese ABB AB ha fornito alla Commissione delle Comunità europee una serie di dichiarazioni e di documenti relativi a pratiche commerciali restrittive nel settore della produzione e della fornitura di cavi elettrici sotterranei e sottomarini. Tali dichiarazioni e documenti sono stati prodotti nell’ambito di una domanda di immunità ai sensi della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17; in prosieguo: la «comunicazione sul trattamento favorevole»).

4        Dal 28 gennaio al 3 febbraio 2009, a seguito delle dichiarazioni della ABB, la Commissione ha effettuato ispezioni nei locali della Prysmian e della Prysmian Cavi e Sistemi Energia, nonché di altre società europee interessate, vale a dire la Nexans SA e la Nexans France SAS.

5        Il 2 febbraio 2009, le società giapponesi Sumitomo Electric Industries Ltd, Hitachi Cable Ltd e J‑Power Systems Corp. hanno presentato una domanda congiunta di immunità dalle ammende a norma del paragrafo 14 della comunicazione sul trattamento favorevole o, in subordine, di riduzione dell’importo del loro importo, a norma del paragrafo 27 di tale comunicazione. Esse hanno in seguito tramesso alla Commissione ulteriori dichiarazioni orali e altri documenti.

6        Nel corso dell’indagine, la Commissione ha inviato varie richieste di informazioni, a norma dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), nonché ai sensi del paragrafo 12 della comunicazione sul trattamento favorevole, ad imprese operanti nel settore della produzione e della fornitura di cavi elettrici sotterranei e sottomarini.

7        Il 30 giugno 2011 la Commissione ha aperto un procedimento e ha adottato una comunicazione degli addebiti nei confronti dei seguenti soggetti: Nexans France, Nexans, Pirelli & C. SpA, Prysmian Cavi e Sistemi Energia, Prysmian, Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable, J‑Power Systems, Furukawa Electric Co. Ltd, Fujikura Ltd, Viscas Corp., SWCC Showa Holdings Co. Ltd, Mitsubishi Cable Industries Ltd, Exsym Corp., ABB, ABB Ltd, Brugg Kabel AG, Kabelwerke Brugg AG Holding, nkt cables GmbH, NKT Holding A/S, Silec Cable SAS, Grupo General Cable Sistemas, SA, Safran SA, General Cable Corp., LS Cable & System Ltd, Taihan Electric Wire Co. Ltd e la ricorrente.

8        Dall’11 al 18 giugno 2012 tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti, ad eccezione della Furukawa Electric, hanno partecipato ad un’audizione amministrativa dinanzi alla Commissione.

9        Con le sentenze del 14 novembre 2012, Nexans France e Nexans/Commissione (T‑135/09, EU:T:2012:596), e del 14 novembre 2012, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi Energia/Commissione (T‑140/09, non pubblicata, EU:T:2012:597), il Tribunale ha parzialmente annullato le decisioni di ispezione rivolte, da un lato, alla Nexans e alla Nexans France e, dall’altro lato, alla Prysmian e alla Prysmian Cavi e Sistemi Energia, nella parte in cui esse riguardavano cavi elettrici diversi dai cavi elettrici sottomarini e sotterranei ad alta tensione ed il materiale associato a tali altri cavi, e ha respinto i ricorsi per il resto. Il 24 gennaio 2013 la Nexans e la Nexans France hanno proposto impugnazione avverso la prima di dette sentenze. Con sentenza del 25 giugno 2014, Nexans e Nexans France/Commissione (C‑37/13 P, EU:C:2014:2030), la Corte ha respinto tale impugnazione.

10      Il 2 aprile 2014 la Commissione ha adottato la decisione C(2014) 2139 final, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo [SEE] (caso AT.39610 – Cavi elettrici) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

C.      Decisione impugnata

1.      Infrazione in esame

11      L’articolo 1 della decisione impugnata stabilisce che varie imprese hanno violato l’articolo 101 TFUE partecipando, nel corso dei diversi periodi, ad un’infrazione unica e continuata, «avente per oggetto i cavi elettrici ad alta (altissima) tensione sotterranei e/o sottomarini». In sostanza, la Commissione ha constatato che, a partire dal febbraio 1999 e fino alla fine del gennaio 2009, i principali produttori europei, giapponesi e sudcoreani di cavi elettrici sottomarini e sotterranei avevano partecipato ad una rete di riunioni multilaterali e bilaterali e stabilito contatti intesi a restringere la concorrenza per progetti di cavi elettrici sotterranei e sottomarini ad alta (altissima) tensione in territori specifici, ripartendosi i mercati e i clienti e falsando così il normale gioco della concorrenza (punti da 10 a 13 e 66 di detta decisione).

12      Nella decisione impugnata la Commissione ha affermato che l’intesa rivestiva due configurazioni principali che costituivano un insieme articolato. Più precisamente, secondo la Commissione, l’intesa si componeva di due parti, ossia:

–        la «configurazione A/R dell’intesa», che raggruppava le imprese europee, generalmente denominate membri «R», le imprese giapponesi, designate come membri «A» e, infine, le imprese sudcoreane, designate come membri «K». Detta configurazione consentiva di realizzare l’obiettivo di assegnazione di territori e clienti tra produttori europei, giapponesi e sudcoreani. Tale assegnazione veniva effettuata in base ad un accordo sul «territorio domestico», in virtù del quale i produttori giapponesi e sudcoreani si astenevano dall’entrare in concorrenza per progetti da realizzare nel «territorio domestico» dei produttori europei, mentre questi ultimi si impegnavano a restare al di fuori dei mercati del Giappone e della Corea del sud. A ciò si aggiungeva l’assegnazione di progetti nei «territori di esportazione», ossia il resto del mondo ad esclusione, in particolare, degli Stati Uniti, assegnazione che, per un certo periodo, ha rispettato una «regola del 60/40», la quale significava che il 60% dei progetti era riservato ai produttori europei ed il restante 40% ai produttori asiatici;

–        la «configurazione europea dell’intesa», che prevedeva l’assegnazione di territori e clienti da parte dei produttori europei per progetti da realizzare all’interno del «territorio domestico» europeo o attribuiti ai produttori europei (v. sezione 3.3 della decisione impugnata e, in particolare, punti 73 e 74 di detta decisione).

13      La Commissione ha constatato che i partecipanti all’intesa avevano istituito obblighi di comunicazione di dati, per consentire il monitoraggio delle assegnazioni concordate (punti da 94 a 106 e da 111 a 115 della decisione impugnata).

14      Tenuto conto del loro diverso ruolo nell’attuazione dell’intesa, la Commissione ha classificato i partecipanti in tre gruppi. Anzitutto, essa ha definito il nucleo centrale dell’intesa, del quale facevano parte, da un lato, le imprese europee – cioè la Nexans France, le imprese partecipate della Pirelli & C., già Pirelli SpA, che avevano successivamente partecipato all’intesa, e Prysmian Cavi e Sistemi Energia – e, dall’altro, le imprese giapponesi – cioè la Furukawa Electric Co., Fujikura, e la loro impresa comune Viscas, nonché la Sumitomo Electric Industries, la Hitachi Cable e la loro impresa comune J-Power Systems (punti da 545 a 561 della decisione impugnata). Poi, essa ha identificato un gruppo di imprese che non facevano parte del nucleo centrale, ma che non potevano per questo essere considerate come attori marginali dell’intesa, ed ha classificato in tale gruppo la ABB, la Exsym, la Brugg Kabel e l’entità costituita dalla Sagem SA, dalla Safran e dalla Silec Cable (punti da 562 a 575 di detta decisione). Infine, ha considerato che la Mitsubishi Cable Industries, la SWCC Showa Holdings, la LS Cable& System, la Taihan Electric Wire e la nkt cables erano operatori marginali dell’intesa (punti da 576 a 594 di tale decisione).

2.      Responsabilità della ricorrente

15      La responsabilità della ricorrente è stata ritenuta sussistente a motivo dell’esercizio di un’influenza determinante in qualità di società madre della Prysmian e della Prysmian Cavi e Sistemi Energia dal 29 luglio 2005 al 28 gennaio 2009.

16      In particolare, la Commissione ha sotto un primo profilo ritenuto, alla luce dei principi stabiliti dalla giurisprudenza del giudice dell’Unione europea, che la Prysmian aveva esercitato un’influenza determinante sul comportamento della Prysmian Cavi e Sistemi Energia sul mercato, almeno tra il 29 luglio 2005 e il 28 gennaio 2009, e che la ricorrente aveva esercitato un’influenza determinante sul comportamento della Prysmian e della Prysmian Cavi e Sistemi Energia sul mercato, almeno tra il 29 luglio 2005 e il 3 maggio 2007 (punto 782 della decisione impugnata).

17      Sotto un secondo profilo, la Commissione ha concluso, in base all’analisi dei nessi economici, organizzativi e giuridici tra la ricorrente e le società figlie, che essa aveva effettivamente esercitato un’influenza determinante sul comportamento sul mercato della Prysmian e della Prysmian Cavi e Sistemi Energia, almeno tra il 29 luglio 2005 e il 28 gennaio 2009 (punto 783 della decisione impugnata).

3.      Ammenda inflitta

18      L’articolo 2, lettera f), della decisione impugnata infligge alla ricorrente un’ammenda di EUR 37 303 000, «congiuntamente e in solido» con la PrysmianCS e la Prysmian, per la sua partecipazione all’intesa nel periodo compreso tra il 29 luglio 2005 e il 28 gennaio 2009.

19      Ai fini del calcolo dell’importo delle ammende, la Commissione ha applicato l’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 e la metodologia illustrata negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione del [citato articolo] (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende»)

20      In primo luogo, per quanto riguarda l’importo di base delle ammende, la Commissione, dopo aver determinato il valore appropriato delle vendite, in conformità al paragrafo 18 degli orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende (punti da 963 a 994 della decisione impugnata), ha fissato la percentuale di tale valore che rispecchia la gravità dell’infrazione, in conformità dei paragrafi 22 e 23 dei medesimi orientamenti. A tal riguardo essa ha ritenuto che l’infrazione, per sua natura, costituisse una delle più gravi restrizioni alla concorrenza, il che giustificava un coefficiente di gravità del 15%. Del pari, essa ha applicato una maggiorazione del 2% del coefficiente di gravità per l’insieme dei destinatari in considerazione della quota di mercato aggregata nonché della portata geografica quasi mondiale dell’intesa, che comprendeva segnatamente l’intero territorio dello Spazio economico europeo (SEE). Peraltro, essa ha considerato, in particolare, che il comportamento delle imprese europee fosse più dannoso per la concorrenza di quello delle altre imprese, in quanto, oltre ad aver partecipato alla «configurazione A/R dell’intesa», le imprese europee si erano spartite i progetti di cavi elettrici nell’ambito della «configurazione europea dell’intesa». Per tale motivo, la Commissione ha fissato la percentuale del valore delle vendite da prendere in considerazione a titolo della gravità dell’infrazione nella misura del 19% per le imprese europee e del 17% per le altre imprese (punti da 997 a 1010 di detta decisione).

21      Per quanto riguarda il coefficiente moltiplicatore relativo alla durata dell’infrazione, la Commissione ha adottato, nei confronti della ricorrente, un coefficiente di 3,5 per il periodo compreso tra il 29 luglio 2005 e il 28 gennaio 2009. Essa ha inoltre incluso, nell’importo di base dell’ammenda, un importo supplementare, ossia il diritto di ingresso, pari al 19% del valore delle vendite (punti da 1011 a 1016 della decisione impugnata).

22      In secondo luogo, per quanto riguarda gli adeguamenti dell’importo di base delle ammende, la Commissione non ha constatato l’esistenza di circostanze aggravanti che potessero influire sull’importo di base dell’ammenda stabilito nei confronti di ciascuno dei partecipanti all’intesa, fatta eccezione per la ABB. Per contro, per quanto riguarda le circostanze attenuanti, essa ha deciso di far sì che l’importo delle ammende rispecchiasse il livello di partecipazione delle diverse imprese nell’attuazione dell’intesa. Pertanto, ha ridotto del 10% l’importo di base dell’ammenda da infliggere agli attori marginali dell’intesa, e del 5% l’importo di base dell’ammenda da infliggere alle imprese il cui coinvolgimento nell’intesa era medio. Inoltre, la Commissione ha riconosciuto alla Mitsubishi Cable Industries e alla SWCC Showa Holdings per il periodo precedente la creazione della Exsym, nonché alla LS Cable & System e alla Taihan Electric Wire, una riduzione supplementare dell’1% per non essere state a conoscenza di taluni aspetti dell’infrazione unica e continuata, e per la loro mancanza di responsabilità in questi ultimi. Per contro, nessuna riduzione dell’importo di base dell’ammenda è stata riconosciuta alle imprese appartenenti al nucleo centrale dell’intesa, ivi compresa la ricorrente (punti da 1017 a 1020 e 1033 della decisione impugnata). Peraltro, la Commissione ha concesso, in applicazione degli orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende, una riduzione supplementare del 3% dell’importo dell’ammenda imposta alla Mitsubishi Cable Industries a motivo della sua cooperazione effettiva fuori del campo di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole (punto 1041 di detta decisione).

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

23      La ricorrente ha proposto il presente ricorso con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 17 giugno 2014.

24      Con istanza depositata nella cancelleria del Tribunale il 2 e l’11 ottobre 2014, le società Prysmian e PrysmianCS, da un lato, e l’European Private Equity and Venture Capital Association (associazione europea di private equity e capitale di rischio), dall’altro, hanno chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni della Commissione.

25      Con ordinanze del 25 giugno 2015, il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale (vecchia composizione) ha, da un lato, ammesso l’intervento richiesto dalle società Prysmian e PrysmianCS, intervenienti, e ha ordinato che siano fornite anche le versioni non riservate delle memorie della ricorrente e della Commissione. Dall’altro, ha respinto l’istanza d’intervento della European Private Equity and Venture Capital Association.

26      Le società intervenienti hanno depositato la propria memoria d’intervento il 29 ottobre 2015. La Commissione e la ricorrente hanno rispettivamente presentato le proprie osservazioni sulla memoria delle intervenienti con lettere del 14 gennaio e del 5 febbraio 2016.

27      Con ordinanza del 14 settembre 2016, il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale (vecchia composizione) ha parzialmente accolto le domande di trattamento riservato della ricorrente e della Commissione, per quanto contestate dalle intervenienti.

28      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, a norma dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato all’Ottava Sezione (nuova composizione) alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

29      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento. Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 28 marzo 2017.

30      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare integralmente o parzialmente gli articoli da 1 a 4 della decisione impugnata, nella parte in cui le riguardano;

–        ridurre l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente dall’articolo 2 della citata decisione;

–        condannare la Commissione alle spese.

31      La Commissione, sostenuta dalle intervenienti, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere tutte le domande della ricorrente;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

32      Nell’ambito del ricorso, la ricorrente presenta sia conclusioni intese all’annullamento parziale della decisione impugnata, sia conclusioni che mirano alla riduzione dell’importo dell’ammenda che le è stata inflitta.

A.      Sulle domande di annullamento

33      A sostegno della domanda di annullamento, la ricorrente deduce cinque motivi. Il primo motivo verte sulla violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, nonché su un errore di diritto e su un errore manifesto di valutazione per quanto riguarda la conclusione della Commissione, secondo cui la ricorrente è responsabile dell’infrazione commessa dalle intervenienti. Il secondo motivo verte sulla violazione dell’articolo 2 del medesimo regolamento, sull’insufficienza degli elementi di prova e sulla violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’articolo 296 TFUE. Il terzo motivo verte sulla violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 2, di tale regolamento, nonché sulla violazione dei principi della responsabilità personale e della presunzione di innocenza. Il quarto motivo verte sulla violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 2, dello stesso regolamento, nonché su un errore manifesto di valutazione e sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di personalità delle pene. Il quinto motivo attiene alla violazione dei diritti di difesa.

1.      Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, nonché su un errore di diritto e su un errore manifesto di valutazione

34      La ricorrente addebita alla Commissione di averla ritenuta responsabile in solido del pagamento dell’ammenda inflitta per l’infrazione commessa dalle intervenienti tra il 29 luglio 2005 e il 28 gennaio 2009. In sostanza, essa contesta le conclusioni della Commissione di cui ai punti da 15 a 17 supra, secondo cui, in primo luogo, si poteva presumere l’esercizio di un’influenza determinante da parte della ricorrente sulle intervenienti dal 29 luglio 2005 al 3 maggio 2007 e, in secondo luogo, un’influenza siffatta poteva, in ogni caso, essere desunta dall’analisi dei legami economici, organizzativi e giuridici tra essa e le intervenienti per tutto il periodo in cui la ricorrente ha detenuto partecipazioni nel gruppo Prysmian.

35      La ricorrente articola il presente motivo in tre parti. Nella prima parte, essa sostiene che la Commissione ha commesso un errore di diritto nonché un errore manifesto di valutazione nel presumere l’esercizio effettivo di un’influenza determinante da parte della ricorrente sulle intervenienti per il periodo dal 29 luglio 2005 al 3 maggio 2007. Nella seconda parte, fa valere che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione nel considerare che, in ogni caso, la ricorrente ha esercitato un’influenza determinante sulle intervenienti per tutto il periodo in cui ha detenuto partecipazioni in queste ultime. Con la terza parte, la ricorrente sostiene che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione laddove ha concluso, in sostanza, che la ricorrente non era un mero investitore finanziario.

a)      Sulla prima parte, relativa all’applicazione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante per il periodo dal 29 luglio 2005 al 3 maggio 2007

36      Innanzitutto, la ricorrente sostiene che la Commissione ha commesso un errore nel presumere l’esistenza di un’influenza determinante da parte sua, in quanto la sua partecipazione nella Prysmian, attraverso il fondo GSCP V e altre società interposte, è stata di molto inferiore al 100% per la maggior parte del suo investimento. Essa rileva, a tale riguardo, che, con l’eccezione di 41 giorni, la sua partecipazione nella Prysmian è arrivata solamente ad una percentuale tra il 91,1% e l’84,4% fino al 3 maggio 2007, data in cui le azioni della Prysmian sono state quotate alla Borsa di Milano attraverso un’offerta pubblica iniziale (in prosieguo: la «data dell’IPO»). Secondo la ricorrente, la Commissione non ha mai applicato la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante in casi in cui vi fosse una partecipazione effettiva al capitale inferiore al 93%.

37      Inoltre, la ricorrente sostiene che la Commissione ha commesso un errore nell’applicare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante in riferimento ai diritti di voto associati alle azioni della Prysmian e non al capitale di quest’ultima. A suo avviso, tale approccio è senza precedenti nella prassi decisionale della Commissione e non è suffragata dalla giurisprudenza dei giudici dell’Unione. Inoltre, la ricorrente fa valere, in sostanza, che detenere il 100% dei diritti di voto associati alle azioni di una società non equivale a detenere il 100% del capitale della società in questione.

38      Peraltro, la ricorrente contesta alla Commissione di non aver sufficientemente tenuto conto né della cessione delle azioni della Prysmian effettuata a favore della Apollo Investment Corp. (in prosieguo: la «Apollo») né della cessione delle azioni della Prysmian effettuata a favore degli amministratori di quest’ultima. Secondo la ricorrente, tali cessioni rendono evidente, in sostanza, che essa non ha potuto esercitare il 100% dei diritti di voto associati alle azioni della Prysmian, come invece sostenuto dalla Commissione nella decisione impugnata.

39      Infine, la ricorrente afferma che, anche a voler ritenere che la Commissione abbia potuto applicare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante per quanto concerne il periodo precedente alla data dell’IPO, essa ha fornito elementi di prova sufficienti a vincere tale presunzione.

40      La Commissione e le intervenienti contestano tali argomenti.

41      Con la prima parte del primo motivo, la ricorrente deduce, in sostanza, due censure, relative, da un lato, al fatto che la Commissione avrebbe erroneamente applicato la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante per considerare la ricorrente responsabile in solido del pagamento dell’ammenda inflitta alle società partecipate per il periodo compreso tra il 29 luglio 2005 e la data dell’IPO e, dall’altro lato, al fatto che la Commissione avrebbe erroneamente concluso che la ricorrente non è riuscita a vincere tale presunzione.

1)      Sulla prima censura, relativa all’applicazione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante per il periodo dal 29 luglio 2005 al 3 maggio 2007

42      Per consolidata giurisprudenza, il comportamento di una società partecipata può essere ascritto alla società madre in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, detta partecipata non determini in modo autonomo la propria linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società madre, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra le due entità giuridiche (v. sentenza del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, EU:C:2009:536, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

43      Tale è infatti l’ipotesi in una simile situazione perché la società madre e la sua partecipata fanno parte di una stessa unità economica e, pertanto, costituiscono un’unica impresa, ai sensi dell’articolo 101 TFUE. Pertanto, il fatto che una società madre e la sua partecipata costituiscano un’unica impresa ai sensi dell’articolo citato permette alla Commissione di indirizzare alla società madre una decisione che infligge ammende, senza che le si chieda di dimostrare il personale coinvolgimento della società madre nell’infrazione (v. in tal senso, sentenza del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, EU:C:2009:536, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

44      Per giurisprudenza parimenti costante, nel caso particolare in cui una società madre detenga il 100% del capitale della propria partecipata, la quale abbia violato le norme in materia di concorrenza, da un lato, tale società madre può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della partecipata e, dall’altro lato, esiste una presunzione relativa secondo la società madre esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria partecipata (v. sentenza del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, EU:C:2009:536, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

45      Alla luce di tali considerazioni, è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una società partecipata è detenuto dalla società madre per poter presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale della partecipata. La Commissione potrà conseguentemente considerare la società madre responsabile in solido per il pagamento dell’ammenda inflitta alla partecipata, a meno che detta società madre, sulla quale incombe l’onere di superare la presunzione, fornisca elementi di prova sufficienti, idonei a dimostrare che la partecipata tiene un comportamento autonomo sul mercato (v. sentenza del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, EU:C:2009:536, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

46      Infine, occorre ricordare che, nel caso specifico di una società che detiene il 100% del capitale di una società interposta, che possiede a sua volta la totalità del capitale di una partecipata del suo gruppo, autrice di una violazione delle regole di concorrenza dell’Unione, esiste parimenti una presunzione relativa che detta società eserciti un’influenza determinante sul comportamento della società interposta e, indirettamente, mediante quest’ultima, anche sul comportamento di tale partecipata (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2013, Eni/Commissione, C‑508/11 P, EU:C:2013:289, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

47      Nel caso di specie, è pacifico che la Commissione ha applicato la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante nonostante il fatto che la ricorrente non detenesse il 100% del capitale della Prysmian per l’intero periodo dal 29 luglio 2005 alla data dell’IPO. Infatti, è pacifico, come risulta dai punti da 739 a 747 della decisione impugnata, che mentre la partecipazione della ricorrente al capitale delle intervenienti era stata inizialmente del 100% delle azioni, tale partecipazione è scesa, di lì a poco e gradualmente, a seguito, da una parte, della cessione di partecipazioni effettuata il 7 settembre 2005 a favore della Apollo e, dall’altro, della cessione di partecipazioni effettuata il 21 luglio 2006 a favore degli amministratori della Prysmian. La ricorrente pertanto sottolinea correttamente, nelle proprie memorie, che, con l’eccezione di 41 giorni, la sua partecipazione al capitale in questione prima della data dell’IPO si è mantenuta tra il 91,1% e l’84,4% delle azioni.

48      Tuttavia, come risulta dai punti da 748 a 754 della decisione impugnata, la Commissione non ha basato l’applicazione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante sul livello di partecipazione della ricorrente al capitale della Prysmian, ma sul fatto che, nonostante la cessione di alcune azioni, la ricorrente controllava il 100% dei diritti di voto collegati alle azioni di detta società, il che, secondo la Commissione, poneva la ricorrente in una situazione analoga a quella di un proprietario unico ed esclusivo del gruppo Prysmian.

49      A tal proposito, per quanto concerne, in primo luogo, la questione se la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante si potesse applicare in tali circostanze, va rilevato che, in effetti, per consolidata giurisprudenza, la Commissione ha il diritto di ricorrere a detta presunzione quando la società madre si trova in una situazione analoga a quella di un proprietario esclusivo, per quanto concerne il suo potere di esercitare un’influenza determinante sul comportamento della propria partecipata (v., in tal senso, sentenze del 7 giugno 2011, Total e Elf Aquitaine/Commissione, T‑206/06, non pubblicata, EU:T:2011:250, punto 56; del 12 dicembre 2014, Repsol Lubricantes y Especialidades e a./Commissione, T‑562/08, non pubblicata, EU:T:2014:1078, punto 42, e del 15 luglio 2015, Socitrel e Companhia Previdente/Commissione, T‑413/10 e T‑414/10, EU:T:2015:500, punto 204).

50      Pertanto, si deve considerare che, come la Commissione rileva, in sostanza, al punto 754 della decisione impugnata, quando una società madre detiene tutti i diritti di voto associati alle azioni della propria partecipata, in particolare in combinazione con una partecipazione largamente maggioritaria al capitale di detta partecipata, come nel caso di specie, tale società madre si trova in una situazione analoga a quella del proprietario esclusivo della partecipata, di modo che la società madre è in grado di determinare la strategia economica e commerciale della partecipata, pur non detenendo la totalità o la quasi totalità del capitale sociale di quest’ultima.

51      Peraltro, va rilevato che la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante si fonda sulla premessa secondo cui il fatto che la società madre detenga il 100% o la quasi totalità del capitale della società partecipata consente alla Commissione di concludere, senza prove a sostegno, che detta società madre ha il potere di esercitare un’influenza determinante sulla partecipata stessa senza che gli interessi di altri soci debba essere preso in considerazione al momento dell’adozione delle decisioni strategiche o di gestione corrente di detta partecipata, che determina il proprio comportamento sul mercato in modo non autonomo, ma conformandosi a quanto voluto dalla società madre (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, EU:C:2009:262, paragrafo 73).

52      Orbene, tali considerazioni sono pienamente applicabili nel caso in cui una società madre abbia la possibilità di esercitare tutti i diritti di voto associati alle azioni della sua partecipata, in quanto detta società madre è in grado di esercitare un controllo sul comportamento della partecipata senza che dei terzi, in particolare altri azionisti, possano, in linea di principio, opporvisi. È pur vero che non si può escludere che, in alcuni casi, gli azionisti di minoranza che non dispongono di diritti di voto associati alle azioni della partecipata possano esercitare, nei confronti della stessa, taluni diritti che consentano loro, se del caso, di influire sul comportamento della stessa partecipata. Tuttavia, in tali circostanze, la società madre può vincere la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante fornendo elementi di prova idonei a dimostrare che essa non determina la politica commerciale della partecipata in questione sul mercato.

53      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione se la posizione della ricorrente corrisponda a un caso siffatto, occorre ricordare che, ai punti da 751 a 754 della decisione impugnata, la Commissione espone i motivi per cui il rapporto in essere tra la ricorrente e la Prysmian tra il 29 luglio 2005 e la data dell’IPO era, a suo parere, analogo a quello di una società madre che detenga il 100% del capitale della propria partecipata. In sostanza, essa spiega che le due cessioni di azioni della Prysmian che la ricorrente ha effettuato, da un lato, a favore della Apollo e, dall’altro, a favore del gruppo di amministratori della Prysmian, sono state subordinate a condizioni intese a garantire che i nuovi azionisti sarebbero stati meri investitori passivi e non avrebbero esercitato alcun diritto di voto associato alla loro partecipazione al capitale.

54      La ricorrente sostiene, da parte sua, che gli investimenti realizzati dalla Apollo e dagli amministratori della Prysmian non erano meramente passivi e inoltre che non comportavano una rinuncia ad esercitare i diritti di voto associati alle azioni della Prysmian a suo favore. Inoltre, contesta alla Commissione di aver ignorato, nella sua analisi, le due cessioni di azioni effettuate dalla ricorrente, da un lato, a favore della Apollo e, dall’altro lato, a favore degli amministratori della Prysmian.

55      Sotto un primo profilo, per quanto concerne la cessione di azioni della Prysmian che la ricorrente ha effettuato in favore della Apollo, va rilevato che detta cessione ha avuto luogo, secondo il punto 751 della decisione impugnata, attraverso la costituzione di una società in accomandita denominata GS Prysmian Co-Invest LP, di cui la Apollo era solamente socia accomandante. La ricorrente non contesta d’altronde tale constatazione della Commissione. In particolare, la clausola 5.7 del contratto di cessione di azioni firmato tra i fondi GSCP V e Apollo il 7 settembre 2005, come menzionato nella nota a piè di pagina n. 1115 della suddetta decisione, dispone quanto segue:

«[riservato] (1)» (sottolineato nella decisione impugnata).

56      Risulta dal punto 55 supra che, in forza del contratto di cessione di azioni, la Apollo riconosceva, [riservato].

57      Pertanto, la Commissione era legittimata a ritenere che la cessione di azioni della Prysmian da parte della ricorrente a favore della Apollo fosse soggetta a condizioni che garantivano che il nuovo azionista sarebbe stato un semplice investitore passivo.

58      L’argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione non può basarsi unicamente sul tenore letterale del contratto di cessione di azioni firmato tra i fondi GSCP V e Apollo il 7 settembre 2005, che non darebbe conto della reale situazione creatasi a seguito della cessione di azioni della Prysmian da parte della ricorrente a favore di Apollo, non può rimettere in discussione tale conclusione. Infatti, come affermato dalla Commissione, la ricorrente non offre alcun elemento idoneo a dimostrare che detto contratto e, in particolare, la clausola 5.7, non rispecchiavano la situazione reale esistente tra detti fondi e la Apollo.

59      Quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale il testo del contratto di cessione di azioni firmato tra i fondi GSCP V e Apollo il 7 settembre 2005 si limitava a dar conto del rischio che la Apollo era pronta ad assumere nell’ambito del suo investimento, è sufficiente rilevare, per confutarlo, che le ragioni che hanno portato all’adozione del suddetto contratto sono irrilevanti ai fini della verifica se, dopo la cessione di azioni della Prysmian effettuata a favore della Apollo dalla ricorrente, quest’ultima abbia conservato la possibilità di esercitare tutti i diritti di voto associati a dette azioni.

60      Infine, non può essere accolto l’argomento della ricorrente secondo cui l’aumento del numero di azionisti in seno alla Prysmian implicava di per sé l’esistenza di altri interessi da prendere in considerazione all’interno della società. Infatti, per quanto concerne gli investimenti realizzati dalla Apollo, la ricorrente non fornisce alcuna indicazione sulla natura di tali interessi o sul modo in cui essi potrebbero manifestarsi in un contesto in cui la Apollo non potesse esercitare un qualsivoglia diritto di voto.

61      Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda la cessione di azioni della Prysmian effettuata dalla ricorrente a favore degli amministratori di detta società, emerge dal punto 752 della decisione impugnata che tale cessione è stata accompagnata da una serie di condizioni che i suddetti amministratori dovevano accettare, e che sono state stabilite nel quadro di un accordo di coinvestimento e di un contratto fiduciario con una banca terza. In particolare, mediante tali contratti, gli amministratori hanno accettato che le loro rispettive partecipazioni fossero acquisite e detenute da detta banca in qualità di fiduciaria. Inoltre, risulta, in sostanza, da detti contratti che gli amministratori potevano esercitare i diritti loro conferiti in forza della cessione solamente tramite la fiduciaria, la quale, a sua volta, avrebbe potuto partecipare alle assemblee degli azionisti della Prysmian solamente a fronte della ricezione delle istruzioni di voto dei fondi GSCP V.

62      La ricorrente afferma che, per quanto riguarda la cessione delle azioni della Prysmian effettuata dalla ricorrente a favore degli amministratori di detta società, le persone coinvolte erano membri del consiglio di amministrazione della Prysmian o di quello della PrysmianCS. A suo avviso, tali amministratori avrebbero quindi potuto esercitare un’influenza sulla Prysmian e, in quanto responsabili della determinazione della politica commerciale di tale gruppo, non potevano essere considerati meri investitori passivi. Inoltre, essa sostiene che tale cessione s’inscriveva nell’ambito di un regime di incentivi a favore dell’iniziativa di detti amministratori volta a sostenere la crescita dell’impresa.

63      Tuttavia, si deve ritenere che tali affermazioni non costituiscano argomenti idonei a rimettere in discussione le constatazioni effettuate dalla Commissione al punto 752 della decisione impugnata. Infatti, da un lato, si deve rilevare che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, nei limiti in cui gli amministratori della Prsymian non avevano il diritto di esercitare i diritti di voto associati alle azioni di tale società, essi non erano azionisti i cui interessi dovessero essere presi in considerazione dalla società madre. In tali circostanze, la ricorrente non dimostra che la posizione di un amministratore sia in questo caso diversa da quella di un amministratore di una società partecipata, le cui partecipazioni siano interamente detenute dalla società madre. Dall’altro lato, si deve osservare che lo stimolo della motivazione degli amministratori della Prsymian non dipendeva dalla possibilità per gli stessi di esercitare i diritti di voto e non presentava quindi alcuna relazione con le clausole esplicite del contratto di coinvestimento e del contratto fiduciario che vietavano agli amministratori l’esercizio di tutti i diritti formali di azionista.

64      Ne consegue che le cessioni di azioni della Prysmian effettuate dalla ricorrente a favore della Apollo e degli amministratori della Prysmian potevano essere considerate, a ragione, dalla Commissione come puramente passive e che esse avevano quale conseguenza, in effetti, una rinuncia all’esercizio dei diritti di voto associati alle azioni della Prysmian a favore della ricorrente, la quale ha continuato, pertanto, a detenere il 100% dei diritti di voto.

65      Sotto un terzo profilo, per la parte in cui la ricorrente contesta alla Commissione un difetto di motivazione, in quanto essa avrebbe «ignorato», nella propria analisi, le cessioni di azioni della Prysmian effettuate dalla ricorrente a favore della Apollo e dei suoi amministratori, è sufficiente rilevare che le spiegazioni fornite ai punti da 751 a 754 della decisione impugnata costituiscono, in tutta evidenza, una motivazione dettagliata e sufficiente, per consolidata giurisprudenza, ai fini di consentire alla ricorrente di comprendere il senso della valutazione della Commissione nonché al Tribunale di esercitare il proprio controllo su tale valutazione (v., in tal senso, sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 147 e giurisprudenza ivi citata).

66      Alla luce di quanto precede, la possibilità per la ricorrente di esercitare un’influenza determinante sulle intervenienti in virtù della possibilità di esercitare tutti i loro diritti di voto associati alle azioni della Prysmian era, nelle circostanze di fatto del caso di specie, simile a quella di cui avrebbe beneficiato in quanto proprietaria esclusiva ed unica.

67      In tali circostanze, si deve ritenere, in esito ad un controllo approfondito, nonché alla luce del fatto che la ricorrente non contesta l’affermazione della Commissione secondo cui la Prysmian ha esercitato un’influenza determinante sulla PrysmianCS, che la Commissione ha potuto ritenere, senza incorrere in errore, che la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante sul comportamento delle intervenienti sul mercato potesse essere applicata alla ricorrente per il periodo dal 29 luglio 2005 al 3 maggio 2007.

68      Di conseguenza, la prima censura della prima parte dev’essere respinta.

2)      Sulla seconda censura, relativa al superamento della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante

69      Secondo la ricorrente, anche a voler ritenere che la Commissione abbia applicato in maniera opportuna e adeguata la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, essa avrebbe, in ogni caso, vinto tale presunzione nel corso del procedimento amministrativo. In sostanza, sostiene che vi sono numerosi elementi di prova che dimostrano che le intervenienti hanno agito in modo autonomo sul mercato senza alcuna istruzione da parte della ricorrente.

70      In primo luogo, la ricorrente afferma che la decisione impugnata non ha dimostrato che gli amministratori della Principal Investment Area della sua divisione «Merchant Banking» (in prosieguo: la «PIA»), che controllavano i fondi GSCP V, hanno esercitato un’influenza sulla politica commerciale delle intervenienti. Essa afferma che i verbali di consiglio di amministrazione della Prysmian dimostrano che erano i gruppi dirigenti delle stesse a orientare una tale politica.

71      A tal proposito, si deve rilevare, come ha fatto la Commissione, che la ricorrente nell’ambito della sua censura non fa preciso riferimento ad alcuna e-mail o verbale specifico a sostegno della propria affermazione. Orbene, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 45 supra, per quanto concerne la contestazione dell’applicazione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, è la ricorrente che ha l’onere di fornire prove che dimostrino che, in realtà, contrariamente a quanto presunto dalla Commissione, le intervenienti determinavano in autonomia la propria strategia commerciale. Pertanto, il primo argomento della ricorrente dev’essere respinto.

72      In secondo luogo, la ricorrente invoca le dichiarazioni pubbliche rilasciate da parte dei membri del consiglio di amministrazione della Prysmia, una delle quali rilasciata in occasione della loro riunione del 15 dicembre 2005, in cui si affermerebbe che la Prysmian non era «soggetta a direzione e coordinamento da parte di un’altra società». La ricorrente aggiunge che, se le intervenienti fossero effettivamente state sotto il suo controllo, essa avrebbe dovuto dichiararlo pubblicamente, in conformità al diritto italiano.

73      Tuttavia, occorre considerare, da un lato, che le dichiarazioni pubbliche che i membri del consiglio di amministrazione della Prysmian hanno rilasciato durante le loro riunioni non sono, di per sé, idonee a dimostrare la veridicità del loro contenuto. A tale riguardo, occorre sottolineare che la ricorrente non produce nessuna prova che corrobori la veridicità di tali dichiarazioni pubbliche.

74      Dall’altro lato, il fatto che tali dichiarazioni siano state effettuate conformemente al diritto italiano, come asserito dalla ricorrente, non dimostra che quest’ultima non fosse, in realtà, la società madre che assicurava il controllo del gruppo Prysmian. Come rilevato dalla Commissione, l’esercizio di un’influenza determinante dev’essere valutato sulla base di elementi di prova concreti, di modo che la questione se una società partecipata possa determinare autonomamente il proprio comportamento sul mercato o se, invece, sia esposta all’influenza determinante della società madre può essere valutata unicamente alla luce delle disposizioni del diritto nazionale in questione.

75      In terzo luogo, la ricorrente invoca la risposta che le intervenienti hanno fornito alla richiesta di informazioni della Commissione il 20 ottobre 2009 e, in particolare, al fatto che tale documento non contiene alcun riferimento alla ricorrente. Tuttavia, ancora una volta, la mera assenza di riferimenti alla ricorrente nel documento in questione non dimostra che essa non abbia esercitato alcuna influenza sulle intervenienti, in particolare nel periodo precedente la data dell’IPO.

76      In quarto luogo, la ricorrente sostiene di non aver fornito alcuna istruzione né di aver esercitato alcun controllo diretto su questioni di natura commerciale del gruppo Prysmian. A tale riguardo, essa fornisce una breve «sintesi» di una serie di argomenti destinati a più ampio sviluppo «nel dettaglio» nell’ambito della seconda parte del primo motivo. Tuttavia, nel caso di specie, un simile rinvio non consente al Tribunale di apprezzare con precisione la portata di detti argomenti. Infatti, sebbene non si possa escludere che gli elementi essenziali di fatto e di diritto su cui la ricorrente si fonda figurino nel ricorso, incombe nondimeno alla ricorrente presentarli in modo comprensibile e circostanziato. In particolare, non spetta al al Tribunale esaminare, nel complesso degli elementi dedotti a sostegno della seconda parte del primo motivo, se tali elementi potevano essere utilizzati anche a sostegno della presente censura (sentenza del 27 settembre 2006, Roquette Frères/Commissione, T‑322/01, EU:T:2006:267, punto 209). Pertanto, il presente argomento dev’essere respinto in quanto irricevibile, senza che ciò pregiudichi l’analisi da effettuarsi nell’ambito della seconda parte del primo motivo.

77      Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, essa non è riuscita a confutare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante con elementi di prova sufficienti, tali da dimostrare che le intervenienti agivano in autonomia sul mercato.

78      La seconda censura della prima parte deve quindi essere respinta, così come detta parte del motivo nel suo insieme.

b)      Sulla seconda parte, concernente le conclusioni della Commissione per quanto riguarda il periodo dal 29 luglio 2005 al 28 gennaio 2009

79      La ricorrente sostiene che gli elementi di prova sui quali la Commissione si fonda nella decisione impugnata per ritenerla solidalmente responsabile del pagamento dell’ammenda inflitta alle sue partecipate per tutto il periodo dell’infrazione non dimostrano che essa fosse in grado di esercitare un’influenza determinante o che l’abbia effettivamente esercitata sulle intervenienti. In sostanza, considera che la Commissione non ha sufficientemente dimostrato che le intervenienti formavano con la ricorrente un’unità economica ai sensi della giurisprudenza.

80      La Commissione e le intervenienti contestano tali argomenti.

81      Come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 42 supra, il comportamento di una partecipata può essere imputato alla società madre segnatamente qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale partecipata non determini in modo autonomo la propria linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società madre, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra le due entità giuridiche.

82      Per consolidata giurisprudenza, al fine di stabilire se una partecipata determini in maniera autonoma il proprio comportamento sul mercato, dev’essere preso in considerazione l’insieme degli elementi pertinenti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici che legano tale partecipata alla società madre, i quali possono variare a seconda dei casi e non possono essere quindi elencati in modo esaustivo (v. sentenze del 14 settembre 2016, Ori Martin e SLM/Commissione, C‑490/15 P e C‑505/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:678, punto 60 e giurisprudenza ivi citata, e del 9 settembre 2015, Philips/Commissione, T‑92/13, non pubblicata, EU:T:2015:605, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

83      Se una società madre e la sua partecipata fanno parte di un’unica impresa ai sensi dell’articolo 101 TFUE, non è necessariamente una relazione d’istigazione in merito all’infrazione tra la società madre e la partecipata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima in detta infrazione, che consente alla Commissione di indirizzare alla società madre la decisione che impone ammende, ma il fatto che le società di cui trattasi costituiscano un’unica impresa ai sensi dell’articolo 101 TFUE (sentenza del 14 settembre 2016, Ori Martin e SLM/Commissione, C‑490/15 P e C‑505/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:678, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

84      Occorre parimenti osservare che, per poter imputare il comportamento di una partecipata alla società madre, la Commissione non può accontentarsi di constatare che la società madre è capace di esercitare un’influenza determinante sul comportamento della partecipata, ma deve altresì verificare che quest’influenza sia stata effettivamente esercitata (v. sentenze del 26 settembre 2013, EI du Pont de Nemours/Commissione, C‑172/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:601, punto 44 e giurisprudenza ivi citata; del 26 settembre 2013, The Dow Chemical Company/Commissione, C‑179/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:605, punto 55 e giurisprudenza ivi citata, e del 9 settembre 2015, Toshiba/Commissione, T‑104/13, EU:T:2015:610, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).

85      Tenuto conto del fatto che, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, il Tribunale deve limitarsi ad un sindacato di legittimità della decisione impugnata sulla base dei motivi in essa contenuti, l’esercizio effettivo di un potere di direzione della società madre sulla propria partecipata dev’essere valutato unicamente in funzione degli elementi di prova raccolti dalla Commissione nella decisione che imputa la responsabilità dell’infrazione alla società madre. Pertanto, l’unica questione rilevante è stabilire se l’infrazione sia stata o meno dimostrata in base a detti elementi di prova (v. sentenza del 9 settembre 2015, Toshiba/Commissione, T‑104/13, EU:T:2015:610, punto 98 e giurisprudenza ivi citata).

86      Nella decisione impugnata, la Commissione ha concluso che la ricorrente ha esercitato un’influenza determinante sulle intervenienti basandosi, a suo parere, su fattori obiettivi, alla luce dei legami economici, organizzativi e giuridici tra la ricorrente e il gruppo Prysmian. Tali fattori oggettivi, come descritti ai punti da 758 a 781 di detta decisione, sono, sotto un primo profilo, il potere di nominare i membri dei consigli di amministrazione della Prysmian; sotto un secondo profilo, il potere di convocare gli azionisti alle assemblee e di proporre la revoca degli amministratori o dei consigli di amministrazione; sotto un terzo profilo, la rappresentanza effettiva della ricorrente all’interno del consiglio di amministrazione della Prysmian; sotto un quarto profilo, i poteri di gestione dei rappresentanti della ricorrente all’interno del consiglio di amministrazione; sotto un quinto profilo, l’importanza del ruolo svolto dalla ricorrente nei comitati istituiti dalla Prysmian; sotto un sesto profilo, la ricezione di aggiornamenti regolari e rapporti mensili; sotto un settimo profilo, le misure volte ad assicurare la prosecuzione del controllo decisivo dopo la data dell’IPO; infine, sotto un ottavo profilo, la prova di un comportamento tipico di un proprietario industriale.

87      Occorre rilevare che, secondo la Commissione, i primi sei fattori obiettivi menzionati al punto 86 supra dimostrano l’esercizio di un’influenza determinante da parte della ricorrente sia nel periodo precedente la data dell’IPO sia nel periodo successivo a tale data. Per contro, gli ultimi due riguardano esclusivamente quest’ultimo periodo. In tale contesto, sebbene, per quanto riguarda il periodo precedente alla data dell’IPO, il Tribunale abbia già constatato che la Commissione ha giustamente applicato la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante e che la ricorrente non è riuscita a vincere detta presunzione, l’esame di tutti gli elementi dedotti dalla Commissione nella decisione impugnata resta necessario, in quanto essi sono altresì applicabili al periodo successivo alla stessa data.

88      Occorre pertanto esaminare la fondatezza di ciascuno degli elementi invocati dalla Commissione, alla luce degli argomenti formulati dalla ricorrente e, in particolare, verificare, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti da 81 a 85 supra, se tali elementi possano, nel loro insieme, dimostrare sia la capacità della ricorrente di esercitare un’influenza determinante sul comportamento delle intervenienti sul mercato, che l’esercizio effettivo di tale influenza.

1)      Sul potere di nomina dei membri dei diversi consigli di amministrazione della Prysmian nonché sul potere di convocare gli azionisti alle assemblee e di proporre la revoca degli amministratori o dell’intero consiglio di amministrazione

89      Ai punti da 758 a 760 della decisione impugnata la Commissione spiega che la ricorrente aveva il potere di nominare gli amministratori in seno al consiglio di amministrazione della Prysmian e che quest’ultima ha esercitato tale potere per tutta la durata dell’infrazione. Essa aggiunge che la ricorrente aveva altresì il potere di convocare gli azionisti alle assemblee e di proporre, in tali occasioni, la revoca degli amministratori o dell’intero consiglio di amministrazione.

90      La ricorrente non contesta la decisione impugnata laddove questa prova il suo potere di nominare i membri del consiglio di amministrazione della Prysmian nonché quello di convocare gli azionisti alle assemblee e revocare gli amministratori o l’intero consiglio di amministrazione. Essa non contesta neppure, come confermato in udienza, le constatazioni della Commissione circa l’effettiva composizione dei diversi consigli di amministrazione della Prysmian nel periodo dell’infrazione. Per contro, fa valere che tali poteri non le hanno conferito la capacità di esercitare un controllo effettivo sul consiglio o di influenzare così, in modo determinante, la politica commerciale della Prysmian. La Commissione, per la ricorrente, non ha mai dimostrato che essa ha esercitato un tale controllo effettivo.

91      In primo luogo, per quanto riguarda la capacità della ricorrente di esercitare un’influenza determinante sulle intervenienti, si deve constatare che il fatto di poter definire la composizione del consiglio di amministrazione di una società costituisce un elemento oggettivo che determina, di per sé, la possibilità di controllare le decisioni che possono essere adottate dal consiglio, e quindi dalla società interessata. Infatti, il consiglio di amministrazione costituisce, per definizione, l’organo incaricato della gestione e della rappresentanza della società e le sue funzioni sono destinate, in particolare, alla determinazione e al monitoraggio della politica commerciale della società in questione, nonché alla definizione del gruppo dirigente di quest’ultima. Per quanto riguarda, in particolare, la Prysmian, la constatazione da parte della Commissione del potere detenuto dalla ricorrente di nominare tutti i membri che dovevano far parte dei diversi consigli di amministrazione di detta società, sebbene in modo indiretto, attraverso i fondi GSCP V, consente di ritenere che la ricorrente fosse in grado di controllare detti consigli e le decisioni che gli stessi dovevano adottare nell’esercizio delle proprie funzioni.

92      In secondo luogo, per quanto riguarda la questione se la ricorrente abbia effettivamente esercitato tale controllo, occorre rilevare, in conformità al punto 759 della decisione impugnata, nonché alle constatazioni svolte nell’ambito dell’esame della prima parte del presente motivo, che la ricorrente ha detenuto il pieno controllo sui diritti di voto associati alle azioni della Prysmian nel periodo precedente la data dell’IPO, e che essa disponeva anche di una maggioranza assoluta nell’assemblea degli azionisti fino al novembre 2007. La ricorrente ha quindi nominato, come ha confermato in udienza, la totalità dei membri dei consigli di amministrazione sia, anzitutto, delle società GSCP Athena Srl e GSCP Athena Energia srl, il 9 e l’11 maggio 2005, rispettivamente divenute, in sostanza, Prysmian e PrysmianìCS, sia, inoltre, quelli della Prysmian, il 15 dicembre 2005 e il 28 febbraio 2007.

93      Inoltre, occorre rilevare, come ha fatto la Commissione al punto 759 della decisione impugnata, che il consiglio di amministrazione nominato il 28 febbraio 2007, cioè prima della data dell’IPO, è stato nominato per il periodo che va fino al 31 dicembre 2009 e non è mutato, dopo l’IPO, fino alla data della fine dell’infrazione. Sebbene, durante tale periodo, la ricorrente non avesse più il controllo assoluto dei diritti di voto associati alle azioni della Prysmian, il mantenimento della stessa composizione di detto consiglio costituisce un indizio del fatto che la ricorrente ha continuato ad esercitare un controllo sul consiglio di amministrazione.

94      Le valutazioni che precedono sono, inoltre, avvalorate dalla constatazione della Commissione, non contestata dalla ricorrente, secondo cui essa aveva altresì il potere di convocare l’assemblea degli azionisti e di proporre la revoca degli amministratori, se non addirittura di tutto il consiglio di amministrazione. Tale potere evidenzia la capacità della ricorrente di esercitare un controllo sui successivi consigli di amministrazione della Prysmian e sulle decisioni che gli stessi avrebbero potuto adottare. È pur vero che, come afferma la ricorrente, la sola occasione constatata dalla Commissione in cui la ricorrente abbia revocato i membri del consiglio di amministrazione della Prysmian, conformemente al punto 760 della decisione impugnata, si è verificata il 9 aprile 2009, vale a dire dopo il periodo dell’infrazione. Tuttavia, come rileva la Commissione, nulla impedisce che dei fatti intervenuti dopo la data di formale cessazione di un’infrazione siano presi in considerazione, in virtù della loro rilevanza, quali indici per accertare i fatti che hanno avuto luogo durante l’infrazione. Inoltre, occorre sottolineare che la ricorrente ha avuto a disposizione gli stessi poteri per tutta la durata dell’infrazione.

95      Ne consegue che la Commissione poteva legittimamente basarsi sul potere della ricorrente di nominare gli amministratori del consiglio di amministrazione della Prysmian, nonché sul proprio potere di proporne la loro revoca, quali fattori obiettivi per dimostrare che la ricorrente aveva avuto il potere di controllare detto consiglio e l’aveva effettivamente controllato.

96      Tuttavia, la ricorrente contesta che il proprio potere di nominare gli amministratori del consiglio di amministrazione della Prysmian e quello di proporne la revoca costituiscano fattori oggettivi per dimostrare che essa aveva effettivamente controllato il consiglio. Sotto un primo profilo, essa sostiene che la Commissione doveva altresì dimostrare come la ricorrente avesse concretamente esercitato un siffatto controllo sui membri dei consigli di amministrazione della Prysmian. Invoca, a tal proposito, la sentenza del 6 marzo 2012, FLS Plast/Commissione (T‑64/06, non pubblicata, EU:T:2012:102).

97      Occorre ricordare che la sentenza del 6 marzo 2012, FLS Plast/Commissione (T‑64/06, non pubblicata, EU:T:2012:102), con la quale il Tribunale ha annullato parzialmente la decisione in questione, riguardava una società madre che deteneva il 60% del capitale della società partecipata, mentre il restante 40% apparteneva ad una società terza. Il Tribunale, da un lato, ha rilevato che l’esercizio del controllo da parte della società madre non poteva essere presunto, dal momento che un blocco del 40% di azioni poteva consentire alla società terza di incidere parimenti sul comportamento della società partecipata. La Commissione doveva quindi ancora dimostrare che era la ricorrente in questione ad esercitare in modo unilaterale l’influenza determinante. Dall’altro lato, il Tribunale ha considerato che la Commissione non aveva fornito spiegazioni in merito al potere dei rappresentanti della società madre all’interno del consiglio di amministrazione della partecipata, di modo che non era provato che tali rappresentanti avessero avuto il potere di imporre un controllo effettivo all’insieme del consiglio di amministrazione durante una parte del periodo di durata dell’infrazione (sentenza del 6 marzo 2012, FLS Plast/Commissione, T‑64/06, non pubblicata, EU:T:2012:102, punti 39 e 43).

98      Pertanto, i fatti della causa che ha dato luogo alla sentenza del 6 marzo 2012, FLS Plast/Commissione (T‑64/06, non pubblicata, EU:T:2012:102) sono diversi da quelli del caso di specie, in cui la ricorrente aveva la possibilità di esercitare tutti i diritti di voto connessi alle azioni della Prysmian nel periodo precedente la data dell’IPO e, anche dopo tale data, non vi era, come la Commissione ha confermato all’udienza, nessun altro azionista che detenesse una partecipazione rilevante tale da incidere parimenti sul comportamento della partecipata. Di conseguenza, la ricorrente non può validamente fondarsi su tale sentenza per sostenere che la Commissione era altresì tenuta a dimostrare in che modo essa avesse concretamente esercitato un controllo sui membri dei consigli di amministrazione della Prysmian.

99      Sotto un secondo profilo, la ricorrente sostiene che gli amministratori del primo consiglio di amministrazione della Prysmian, del 15 dicembre 2005, sono stati nominati, in realtà, dal sig. B., che all’epoca era l’amministratore delegato (CEO) della Pirelli Cavi e Sistemi Energia e che, successivamente, è divenuto il CEO della Prysmian.

100    Tuttavia, come rilevano sia la Commissione che le intervenienti, si deve osservare che tale affermazione non è suffragata da alcun elemento di prova presentato dalla ricorrente, in particolare dall’email invocata, datata 20 febbraio 2007, sicché dev’essere respinta. Inoltre, Inoltre, anche a voler supporre che il sig. B. abbia in effetti proposto dei candidati per il consiglio di amministrazione della Prysmian, la ricorrente non può far valere che era stato il sig. B., e non lei stessa, a selezionarli e nominarli. Infine, sebbene la ricorrente sostenga che il fatto che M.B. sia stato il CEO della Pirelli Cavi e Sistemi Energia SpA, prima della sua acquisizione da parte dei fondi GSCP V, dimostri che la Prysmian si comportava in modo autonomo sul mercato conformemente alle istruzioni dei suoi amministratori, va rilevato che, come risulta dal punto 781 della decisione impugnata, il sig. B. è stato il solo membro del consiglio di amministrazione della Prysmian ad essere impiegato dalla Pirelli Cavi e Sistemi Energia prima dell’acquisizione di questa da parte dei fondi GSCP V. Orbene, secondo la giurisprudenza, il fatto che, in occasione dell’acquisizione di una società, una società sostituisca una parte degli amministratori costituisce un indice dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante di tale ultime società sul comportamento della società acquisita (v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2013, CEPSA/Commissione, T‑497/07, non pubblicata, EU:T:2013:438, punto 176).

101    Sotto un terzo profilo, la ricorrente sottolinea che il consiglio di amministrazione della Prysmian si riuniva solo ogni trimestre, fatto che conferma, a suo avviso, che era il gruppo degli amministratori a controllare la gestione di tale società, e non il suo consiglio di amministrazione. Tuttavia, una tale asserzione, relativa alla regolarità o frequenza delle riunioni del consiglio di amministrazione, non può rimettere in discussione il fatto che il consiglio di amministrazione è l’organo che decide la composizione e le funzioni del gruppo degli amministratori nell’esercizio delle proprie funzioni. Inoltre, la ricorrente non deduce alcun elemento concreto idoneo a dimostrare che gli amministratori, in particolare il sig. B. in qualità di CEO, erano assolutamente autonomi rispetto a detto consiglio nella gestione ordinaria della società, come preteso dalla ricorrente. Pertanto, si deve respingere, in quanto non fondata, l’asserzione della ricorrente.

102    Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che il potere di designazione dei membri del consiglio di amministrazione e il potere di convocare gli azionisti alle assemblee generali nonché di proporre la revoca degli amministratori costituiscono fattori obiettivi che sottolineano che la ricorrente era in grado di esercitare ed aveva effettivamente esercitato un’influenza determinante sulle intervenienti.

2)      Sulla rappresentanza effettiva della ricorrente all’interno del consiglio di amministrazione della Prysmian

103    Ai punti 761 e 762 della decisione impugnata, la Commissione indica che la ricorrente faceva in modo di essere rappresentata direttamente in ciascun consiglio di amministrazione della Prysmian, nominando gli amministratori con cui era in rapporti [riservato]. A suo avviso, gli amministratori hanno sempre rappresentato almeno il 50% dei diversi consigli di amministrazione della Prysmian. Aggiunge che, in taluni casi, gli amministratori legati alla ricorrente detenevano la maggior parte dei voti, circostanza che consentiva alla ricorrente di mantenere il controllo effettivo sulle decisioni del consiglio di amministrazione.

104    La ricorrente contesta tale affermazione, sostenendo, innanzitutto, che gli amministratori che la Commissione ha indicato quali suoi dipendenti, erano, in realtà, gli amministratori della PIA, e che gli stessi erano impiegati da una società «collegata» alla ricorrente, vale a dire la GS Services Ltd. Inoltre, essa sostiene che gli altri amministratori erano membri indipendenti del consiglio di amministrazione, che la Commissione non ha dimostrato fossero venuti meno ai loro obblighi di indipendenza o ai loro doveri fiduciari. Infine, essa afferma che, contrariamente a quanto la Commissione ha constatato nella decisione impugnata, essa non è mai stata rappresentata da almeno il 50% dei membri del consiglio di amministrazione della Prysmian.

105    Orbene, gli argomenti della ricorrente formulati a tal riguardo non possono essere accolti. Infatti, da un lato, si deve considerare che gli amministratori che la ricorrente definisce «amministratori della PIA», impiegati dalla GS Services, erano parimenti dipendenti della ricorrente, nei limiti in cui, come spiegato dalla Commissione, [riservato].

106    Dall’altro lato, per quanto riguarda la constatazione della Commissione secondo cui la ricorrente ha, durante tutto il periodo dell’infrazione, conservato i legami con almeno il 50% degli amministratori dei successivi consigli di amministrazione della Prysmian, è vero, come sostenuto dalla ricorrente, che la percentuale di rappresentanza più elevata degli amministratori della PIA in detti consigli è stata del 43% prima della data dell’IPO e di circa il 33% dopo tale data. Tuttavia, resta il fatto che, ai punti 761 e 762 della decisione impugnata, nonché nelle rispettive note a piè di pagina, la Commissione offre elementi di prova che evidenziano, senza che la ricorrente riesca a dimostrare il contrario, che quest’ultima manteneva legami con altri membri dei consigli di amministrazione della Prysmian, in particolare mediante [riservato].

107    A tal proposito, occorre ricordare che la Corte ha statuito che l’esistenza di un’unità economica costituita dalla società madre e dalla sua partecipata può sorgere non solo sulla base di rapporti formali tra le due, ma anche in modo informale, segnatamente a motivo dell’esistenza di rapporti personali sussistenti fra gli enti giuridici che compongono una tale unità economica (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2013, Commissione/Stichting Administratiekantoor Portielje, C‑440/11 P, EU:C:2013:514, punto 68).

108    Pertanto, prendendo in considerazione tanto gli amministratori della PIA quanto gli amministratori con i quali la ricorrente intratteneva altri tipi di relazioni, in particolare mediante [riservato], è fondata la conclusione della Commissione secondo cui la ricorrente faceva in modo di essere rappresentata da almeno il 50% dei membri del consiglio di amministrazione per tutto il periodo di cui trattasi. Inoltre, sebbene la ricorrente faccia valere che gli amministratori con cui essa manteneva i citati altri legami agivano quali amministratori indipendenti, si deve constatare che, come risulta dalla risposta della ricorrente alla richiesta di informazioni della Commissione del 13 marzo 2013, allegata al ricorso, un simile status è meramente fondato su una valutazione svolta dallo stesso consiglio di amministrazione della Prysmian. Orbene, il mero fatto che detto consiglio di amministrazione abbia valutato taluni dei propri amministratori come indipendenti, o addirittura che abbia pubblicato una simile valutazione in relazioni sul governo dell’impresa, come affermato dalla ricorrente, non è, di per sé, idoneo a rimettere in discussione la constatazione della Commissione secondo cui questi stessi amministratori non hanno effettivamente smesso di mantenere legami con la ricorrente.

109    Ne consegue che la Commissione poteva legittimamente basarsi, in quanto fattore oggettivo, sulla rappresentanza effettiva della ricorrente all’interno del consiglio di amministrazione della Prysmian al fine di dimostrare che essa era in grado di esercitare ed aveva effettivamente esercitato un’influenza determinante sulle intervenienti.

3)      Sui poteri di gestione dei rappresentanti della ricorrente all’interno del consiglio di amministrazione

110    Al punto 763 della decisione impugnata la Commissione spiega che la ricorrente aveva anche fatto in modo che i propri rappresentanti nel consiglio di amministrazione fossero conferiti i più ampi poteri gestori. In particolare, essa rileva, sotto un primo profilo, che il 15 dicembre 2005 e il 16 maggio 2007 quattro amministratori della PIA sono stati designati quali «amministratori con deleghe» della Prysmian, e quindi con delega di poteri relativi alla gestione ordinaria di tale società, compresa la firma degli atti di gestione quotidiana. Sotto un secondo profilo, essa osserva che, anche se, il 16 gennaio 2007, in vista della preparazione dell’offerta pubblica iniziale, i poteri degli amministratori con deleghe sono stati revocati, due amministratori della PIA sono stati successivamente assegnati ad un «comitato strategico», formato da un totale di tre membri. La Commissione riconosce che tale comitato non disponeva di poteri di voto o di veto, ma sottolinea che esso svolgeva un ruolo centrale nel sostenere il consiglio di amministrazione in relazione alle questioni strategiche e commerciali della Prysmian. Infine, essa rileva che tale comitato è stato sciolto nel maggio 2010, poco dopo la cessione totalitaria delle azioni della Prysmian detenute dalla ricorrente.

111    La ricorrente contesta tali affermazioni della Commissione. Fa valere, da un lato, che un esame imparziale degli elementi invocati a loro sostegno dimostra che gli amministratori con deleghe della PIA non hanno svolto alcun ruolo nella politica commerciale della Prysmian prima della data dell’IPO. Dall’altro lato, essa afferma che il comitato strategico non svolgeva alcun ruolo centrale nella politica commerciale della Prysmian e che agiva semplicemente come organo consultivo. Secondo la ricorrente, nessun elemento di prova dimostra peraltro che gli amministratori della PIA abbiano esercitato, tramite la loro appartenenza al citato comitato, un’influenza determinante sulla politica commerciale della Prysmian.

112    Per quanto riguarda la prima affermazione della ricorrente, relativa al periodo precedente, in sostanza, la data dell’IPO, si deve constatare, innanzitutto, che gli elementi di prova dedotti dalla Commissione nella decisione impugnata, in particolare nelle note a piè di pagina dalla 1142 alla 1145, evidenziano, in modo chiaro e inequivoco, che tre amministratori della PIA su un totale di quattro sono stati nominati amministratori della Prysmian.

113    Inoltre, dagli allegati al ricorso risulta che, in virtù delle deleghe di poteri conferite a detti amministratori delegati, gli amministratori della PIA agivano nella gestione ordinaria della Prysmian. Nello specifico, si sono pronunciati, segnatamente, su una domanda di autorizzazione di aprire una filiale in Qatar, sulle nomine ai consigli di amministrazione delle società partecipate della Prysmian e su questioni lavorative di quest’ultima società.

114    In tali circostanze, l’affermazione della ricorrente, secondo cui gli amministratori della PIA non hanno svolto alcun ruolo nella vita commerciale della Prysmian prima della data dell’IPO, dev’essere respinta. Inoltre, anche se la ricorrente sostiene che, nella maggior parte dei casi, le decisioni in questione erano già state adottate dagli amministratori della Prysmian, è sufficiente ricordare che, secondo la giurisprudenza, il fatto che la società madre o i suoi rappresentanti debbano approvare tali proposte e abbiano quindi il diritto di non farlo e di discostarsene dimostra, appunto, l’esistenza di un’influenza determinante (sentenza del 13 dicembre 2013, HSE/Commissione, T‑399/09, non pubblicata, EU:T:2013:647, punto 84).

115    Per quanto riguarda la seconda affermazione della ricorrente, relativa al periodo successivo alla data dell’IPO e, in particolare al comitato strategico, occorre rilevare, anzitutto, che la ricorrente non contesta che, effettivamente, il comitato fosse composto da tre membri, due dei quali amministratori della PIA. Per quanto concerne le sue funzioni, risulta dagli allegati al ricorso che detto comitato era formalmente incaricato di esaminare il budget e gli investimenti della Prysmian nonché di assicurare il suo finanziamento e di assistere il consiglio di amministrazione nelle sue funzioni. Più specificamente, l’ordine del giorno della riunione del 16 luglio 2008 dimostra che esso ha discusso questioni di strategia commerciale, tra cui investimenti in Brasile, in Cina, in Tunisia, in Italia e in Russia.

116    Di conseguenza, sebbene il comitato strategico non avesse poteri decisionali, come riconosce la Commissione stessa nella decisione impugnata, ciò non significa che esso non avesse, come invece sostiene la ricorrente, alcun ruolo nel contesto del processo decisionale strategico della Prysmian.

117    Inoltre, la ricorrente sostiene, tuttavia, che, nell’ambito del comitato strategico, gli amministratori della PIA hanno fornito solamente consigli limitati a mezzo di brevi messaggi e-mail legati alla propria esperienza di professionisti degli investimenti, sempre su richiesta e a iniziativa degli amministratori. Tuttavia, come afferma la Commissione, tali messaggi costituiscono la prova del fatto che gli amministratori della PIA erano sistematicamente contattati in merito a decisioni strategiche, compresi i potenziali investimenti, e che erano attivamente coinvolti nelle decisioni prese sulla politica commerciale della Prysmian.

118    Infine, allorché la ricorrente afferma che erano stati il sig. B., in quanto CEO della Prysmian, e il gruppo di amministratori di quest’ultima a definire la composizione del comitato strategico, è sufficiente rilevare che una tale affermazione non è dimostrata dal messaggio di posta elettronica da lei invocata, del 20 febbraio 2007.

119    Ne consegue che la Commissione poteva giustamente concludere che, innanzitutto, i poteri di gestione degli amministratori della PIA in seno al consiglio di amministrazione della Prysmian, nel periodo che va fino alla data dell’IPO, e quindi il loro ruolo nell’ambito del comitato strategico, a partire da tale data, costituiscono fattori obiettivi supplementari atti a dimostrare che la ricorrente era in grado di esercitare un’influenza determinante sul comportamento delle intervenienti sul mercato e che essa l’aveva effettivamente esercitata durante l’intero periodo dell’infrazione.

4)      Sull’importanza del ruolo svolto dalla ricorrente nei comitati istituiti dalla Prysmian

120    Al punto 764 della decisione impugnata, la Commissione osserva che gli amministratori della PIA hanno rivestito un ruolo importante anche in altri comitati della Prysmian, costituiti il 15 dicembre 2005, e cioè il comitato per i compensi e il comitato di controllo interno. A suo avviso, il primo trattava in particolare questioni relative ai compensi e, fino al 28 febbraio 2007, era composto da due amministratori della PIA su un totale di tre membri; il secondo trattava questioni di conformità alla normativa in vigore, in particolare dei documenti contabili, e annoverava un amministratore della PIA su un totale di due membri.

121    La ricorrente ammette la partecipazione degli amministratori della PIA in tali comitati, ma sostiene che tale circostanza non prova l’esercizio di un’influenza determinante da parte sua sulla Prysmian. Inoltre, essa sottolinea che, a partire dal 28 febbraio 2007, un solo amministratore della PIA partecipata a detti comitati, in particolare al comitato dei compensi.

122    Per quanto riguarda il comitato dei compensi, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, nei limiti in cui tale comitato può determinare la remunerazione dei dirigenti della partecipata, la maggioritaria appartenenza degli amministratori della PIA a tale comitato, come avvenuto nel periodo precedente la data dell’IPO, può effettivamente dimostrare che la società madre esercita un’influenza determinante sulla propria partecipata. Tuttavia, la Commissione non può utilizzare tale fattore come indice di un’influenza determinante per il periodo successivo a tale data, poiché nel comitato vi è stato solamente un amministratore della PIA su tre.

123    Neppure per quanto riguarda il comitato di controllo interno l’argomento della Commissione è fondato. Infatti, nei limiti in cui detto comitato compie solamente, nel caso di specie, attività quali il controllo e la verifica dei documenti contabili e l’assistenza nell’elaborazione dei bilanci, non si può concludere che esso consentisse alla ricorrente di controllare la politica commerciale della propria partecipata. Inoltre, va rilevato che, come risulta dal punto 764 della decisione impugnata, nessun amministratore della PIA ha fatto parte di tale comitato a partire dal 28 febbraio 2007, di modo che tale circostanza non può, in ogni caso, fondare l’esercizio di un’influenza determinante per il periodo successivo alla data dell’IPO.

124    Ne consegue che la Commissione non poteva prendere in considerazione la partecipazione degli amministratori della PIA nei comitati dei compensi e del controllo interno come elemento oggettivo idoneo a dimostrare la capacità e l’esercizio effettivi di un’influenza determinante della ricorrente sulle intervenienti per l’intero periodo dell’infrazione.

5)      Sulla ricezione di aggiornamenti periodici e relazioni mensili

125    Al punto 765 della decisione impugnata la Commissione fa riferimento alla ricezione di aggiornamenti periodici e di relazioni mensili da parte degli amministratori della PIA durante l’intero periodo dell’infrazione.

126    Per la ricorrente, tali relazioni non rilevano per la valutazione dell’esercizio di un’influenza determinante da parte sua sulle intervenienti, in quanto essi non sono stati redatti per la ricorrente, ma avevano lo scopo di rendere conto dei risultati dell’impresa a un vasto pubblico. Inoltre, essa sostiene che i rapporti avevano quale unica finalità quella di consentire agli amministratori della PIA di avere contezza del risultato dell’investimento sulla Prysmian e non richiedevano alcun contributo da parte loro.

127    Occorre ricordare, così come fatto dalla Commissione, che la giurisprudenza del Tribunale ha già stabilito che il consiglio di sorveglianza di una partecipata, composta in maggioranza da rappresentanti di una società partecipata, può tenersi informato, per mezzo di rapporti, dell’evoluzione dell’attività commerciale di detta partecipata (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2013, HSE/Commissione, T‑399/09, non pubblicata, EU:T:2013:647, punto 93). Pertanto, l’affermazione formulata in senso contrario dalla ricorrente dev’essere respinta.

128    Peraltro, occorre rilevare che, con i rapporti mensili in questione, gli amministratori della PIA erano regolarmente informati dell’evoluzione dell’attività commerciale della Prysmian. Essi ricevevano, come risulta dagli esempi citati nella nota a piè di pagina n. 1157 della decisione impugnata, informazioni relative alle attività commerciali di detta società in materia di cavi elettrici, aventi ad oggetto le finanze, l’energia, le telecomunicazioni, le operazioni, le risorse umane, la logistica, lo sviluppo degli acquisti e dei prodotti e la qualità.

129    Pertanto, tenuto anche conto del potere della ricorrente di nominare i membri dei diversi consigli di amministrazione della Prysmian e delle deleghe di poteri di cui disponevano gli amministratori della PIA, conformemente alle considerazioni esposte ai punti da 110 a 119 supra, la ricezione di aggiornamenti regolari e di relazioni mensili costituisce un ulteriore fattore che illustra il fatto che la ricorrente era regolarmente informata circa la strategia commerciale della propria partecipata, il che può avvalorare l’esistenza di un’unità economica tra loro.

6)      Sulle misure intese a garantire il proseguimento del controllo decisivo dopo la data dell’IPO

130    Ai punti da 766 a 770 della decisione impugnata la Commissione afferma che la ricorrente ha adottato misure al fine di assicurarsi, anche dopo l’offerta pubblica iniziale, di poter esercitare un controllo determinante sulla Prysmian. A suo avviso, si tratta delle quattro misure seguenti:

–        innanzitutto, il 28 febbraio 2007 la ricorrente ha nominato, in qualità di azionista unico indiretto, il consiglio di amministrazione che ha amministrato la Prysmian fino al 9 aprile 2009. In tal modo, la ricorrente avrebbe potuto evitare che un nuovo consiglio di amministrazione si insediasse direttamente dopo l’offerta pubblica iniziale nel maggio 2007;

–        inoltre, la ricorrente ha modificato, in occasione dell’assemblea degli azionisti della Prysmian del 16 gennaio 2007, lo statuto di tale società, introducendo, in particolare, un sistema di voto di lista per la nomina e la designazione di nuovi consigli di amministrazione (la Commissione spiega che, con questo sistema, la ricorrente poteva assicurarsi, con una partecipazione più bassa, di poter nominare, in futuro, almeno cinque amministratori su sei e di mantenere così il controllo sulla Prysmian);

–        peraltro, il 12 novembre 2007 il 9,9% delle azioni della Prysmian sono state vendute alla Taihan Electric Wire e, in una lettera del 6 novembre 2007, la Taihan Electric Wire si sarebbe impegnata nei confronti della Prysmian a non detenere un investimento superiore al 10% nell’intero capitale della Prysmian, a non esercitare diritti di voto alle assemblee degli azionisti della Prysmian, anche tramite altre società del gruppo Taihan, per più del 10% delle azioni con diritto di voto, e di non proporre alcun candidato per la nomina alla carica di amministratore o di revisore legale della Prysmian (secondo la Commissione, tali impegni, in particolare l’ultimo, hanno garantito alla ricorrente che il secondo azionista della Prysmian non fosse in grado di presentare una lista o di nominare rappresentanti nel consiglio di amministrazione della Prysmian);

–        infine, vi sono riferimenti espressi alla partecipazione di maggioranza della ricorrente dopo l’offerta pubblica iniziale, in particolare nel verbale della riunione del consiglio di amministrazione del 19 dicembre 2007.

131    La ricorrente sostiene che, nonostante le affermazioni contenute nella decisione impugnata, la Commissione non è riuscita a dimostrare che la ricorrente costituiva un’unità economica con le intervenienti, ai sensi della giurisprudenza, nel periodo successivo alla data dell’IPO. Innanzitutto, essa sostiene che la Commissione ha commesso un errore di diritto in quanto ha applicato la responsabilità di una società madre ad una soglia di partecipazione al capitale senza precedenti. Inoltre, afferma che la nomina del consiglio di amministrazione della Prysmian nel febbraio del 2007 non le ha assicurato una posizione di controllo di detta società. Ancora, osserva che l’introduzione di un sistema di voto di lista è stata decisa in vista dell’offerta pubblica iniziale. Peraltro, secondo la ricorrente, l’investimento della Taihan Electric Wire non può essere ignorato.

132    A tale riguardo, sotto un primo profilo, si deve respingere l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione l’avrebbe erroneamente ritenuta responsabile in solido per il pagamento dell’ammenda inflitta alle sue partecipate per una soglia di partecipazione che è, a suo avviso, senza precedenti. Infatti, è sufficiente ricordare che, secondo la giurisprudenza, una partecipazione di minoranza può consentire ad una società madre di esercitare effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria partecipata sul mercato se è accompagnata da diritti che siano più estesi rispetto a quelli normalmente attribuiti agli azionisti di minoranza al fine di tutelare i loro interessi finanziari e che, esaminati secondo il metodo della serie di indizi convergenti, di natura giuridica o economica, sono atti a dimostrare l’esercizio di un’influenza determinante sul comportamento della partecipata sul mercato (sentenze del 12 luglio 2011, Fuji Electric/Commissione, T‑132/07, EU:T:2011:344, punto 183, e del 9 settembre 2015, Toshiba/Commissione, T‑104/13, EU:T:2015:610, punto 97).

133    Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui la nomina del consiglio di amministrazione, il 28 febbraio 2007, non le ha assicurato una posizione di controllo, si deve ricordare che, come è stato esposto al punto 93 supra, il consiglio di amministrazione istituito in detta data, vale a dire prima della data dell’IPO, è stato nominato per il periodo che va fino al 31 dicembre 2009, e che è rimasto immutato dopo l’IPO e anche dopo la data della fine dell’infrazione. Sebbene, durante tale periodo, la ricorrente non avesse più il controllo assoluto dei diritti di voto associati alle azioni della Prysmian, la conservazione della medesima composizione di detto consiglio costituisce un indizio del fatto che la ricorrente ha continuato ad esercitare un controllo sul consiglio di amministrazione dopo l’offerta pubblica iniziale.

134    Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente relativa al sistema di voto di lista, secondo il quale un tale sistema era imposto dagli obblighi derivanti dal codice di autodisciplina delle società quotate in Borsa, si deve rilevare che la ricorrente non contesta la conclusione della Commissione secondo cui tale sistema le ha garantito, con una partecipazione più bassa, di poter nominare almeno cinque membri su sei del consiglio di amministrazione della Prysmian. Orbene, nei limiti in cui non rileva che il sistema derivi da un’iniziativa della ricorrente o da un obbligo che discende dalla normativa vigente, occorre confermare la conclusione della Commissione secondo cui detto sistema ha permesso alla ricorrente di conservare il controllo sul consiglio di amministrazione della Prysmian dopo l’offerta pubblica iniziale. Peraltro, anche se questo sistema non è stato utilizzato dalla ricorrente nel periodo dell’infrazione, si deve rilevare che ciò non è stato necessario dato che, come già osservato, il consiglio di amministrazione nominato il 28 febbraio 2007 dalla ricorrente è rimasto, immutato, fino a dopo la data della fine dell’infrazione.

135    Sotto un quarto profilo, per quanto riguarda l’investimento della Taihan Electric Wire, effettuato il 12 novembre 2007, mentre la ricorrente fa valere che esso non ha impedito a detta società di esercitare i propri diritti, si deve tuttavia constatare che l’impegno di non proporre candidati per il consiglio di amministrazione, quale risulta dalla clausola n. 2 della lettera del 6 novembre 2007, allegata al ricorso, era volto a far sì che tale società non potesse intervenire in sede di costituzione del consiglio di amministrazione. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tale impegno non era subordinato all’aumento da parte della stessa società della propria partecipazione nella Prysmian oltre il 10%. In tali circostanze, correttamente la Commissione ha considerato che tale impegno faceva sì che la ricorrente mantenesse un controllo sul consiglio di amministrazione della Prysmian in quanto il secondo azionista più importante della società rinunciava a influenzare la composizione di detto consiglio.

136    Sotto un quinto profilo, per quanto riguarda il riferimento esplicito al controllo della ricorrente che risulta, secondo la Commissione, dal verbale della riunione del consiglio di amministrazione del 19 dicembre 2007, è sufficiente rilevare che, in effetti, detto documento evidenzia che uno degli amministratori delle PIA ha dichiarato, in sede di valutazione della cessione alla Taihan Electric Wire, che non era «[riservato]». Peraltro, sebbene la ricorrente metta in discussione il valore probatorio di tale documento, si deve rilevare che si tratta di un verbale formale che, in quanto tale, dovrebbe riprodurre le osservazioni che i partecipanti hanno voluto esprimere a detto consiglio, senza che la ricorrente abbia prodotto elementi atti a dimostrare il contrario.

137    Ne consegue che la Commissione ha correttamente dimostrato l’esistenza di quattro misure che dimostrano che la ricorrente aveva mantenuto il controllo della Prysmian dopo la data dell’IPO, ossia quando quest’ultima non deteneva più la maggioranza dei diritti di voto associati alle azioni di tale società.

7)      Sulla prova del comportamento tipico di un proprietario industriale

138    Al punto 771 della decisione impugnata, la Commissione afferma che risulta dagli elementi di prova che, anche alla fine del 2007, in un momento in cui la ricorrente deteneva indirettamente il 31,69% delle azioni della Prysmian, essa favoriva, al pari di un proprietario industriale, la vendita incrociata tra la Prysmian e altre partecipate della ricorrente. Nella nota a piè di pagina n. 1165 della suddetta decisione, la Commissione fa riferimento ai messaggi di posta elettronica scambiati dai sigg. O. e B. il 20 dicembre 2007, a un messaggio di posta elettronica del sig. O. del 2 gennaio 2008, e ad un messaggio di posta elettronica del sig. S. del 30 gennaio 2008.

139    La ricorrente contesta le affermazioni della Commissione, facendo valere che, con i messaggi di posta elettronica di cui trattasi, il sig. O., in qualità di amministratore delegato della PIA, ha semplicemente attirato l’attenzione della Prysmian su talune opportunità commerciali e ha fornito il nome di una persona da contattare all’interno di una società norvegese. Secondo la ricorrente, la Commissione erroneamente afferma che le citate email riguardavano cessioni incrociate intragruppo e omette di dimostrare che lo scambio di corrispondenza ha dato luogo a successivi contatti o che detto scambio evidenzi una pressione sulla Prysmian per sfruttare tali opportunità.

140    Per quanto concerne il contenuto delle email in questione, risulta dagli allegati alla memoria difensiva che, con le email di cui trattasi, il sig. O. si è rivolto alla Prysmian per comunicarle la recente acquisizione da parte della ricorrente di una società che offre servizi televisivi in Norvegia e per proporsi al fine di stabilire contatti con detta società per la vendita di cavi elettrici. Il sig. O. ha parimenti proposto di agire in tal modo in relazione ad una società detenuta da parte della ricorrente negli Stati Uniti.

141    Orbene, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, le e-mail in questione riflettono la circostanza che le imprese attive sul mercato ritenevano opportuno contattarla, piuttosto che prendere contatto direttamente con il gruppo Prysmian, per l’eventuale vendita di cavi elettrici, cosa che mette in evidenza il suo status di interlocutore rispetto a detto gruppo. Anche se, come fa valere la ricorrente, tali messaggi di posta elettronica non contengono né istruzioni da parte della ricorrente ai fini di preparare dei contatti né una pratica sistematica, la Commissione non errava nell’includerli nella propria analisi quale elemento idoneo a dimostrare il coinvolgimento della ricorrente nell’attività commerciale della Prysmian.

142    In tali circostanze, la Commissione poteva legittimamente basarsi sullo scambio dei messaggi di posta elettronica di cui trattasi, in particolare quelli scambiati dai sigg. O. e B. il 20 dicembre 2007, quale elemento per dimostrare l’esercizio di un’influenza determinante della ricorrente sulla Prysmian.

8)      Sulla valutazione globale degli elementi invocati nella decisione impugnata

143    Risulta dai punti da 89 a 142 supra che la Commissione poteva fondare la propria conclusione relativa all’esercizio di un’influenza determinante della ricorrente sulle intervenienti in ragione, sotto un primo profilo, del suo potere di nomina dei membri dei diversi consigli di amministrazione della Prysmian, sotto un secondo profilo, del suo potere di convocare gli azionisti alle assemblee e di proporre la revoca degli amministratori o dei consigli di amministrazione, sotto un terzo profilo, delle deleghe di poteri degli amministratori della PIA in seno ai consigli di amministrazione e della loro partecipazione al comitato strategico, sotto un quarto profilo, della ricezione di regolari aggiornamenti e relazioni mensili, sotto un quinto profilo, delle misure elencate dalla Commissione volte a garantire la prosecuzione di un controllo decisivo da parte della ricorrente dopo l’offerta pubblica iniziale e, sotto un sesto profilo, sulla prova del fatto che la ricorrente si è comportata come un proprietario industriale. In tali circostanze, si deve ritenere, in esito ad un controllo approfondito, che la Commissione ha potuto considerare, senza incorrere in errore, che la ricorrente aveva esercitato un’influenza determinante, non solo prima della data dell’IPO, ma anche durante il periodo dal 29 luglio 2005 al 28 gennaio 2009.

144    La seconda parte del primo motivo deve quindi essere respinta.

c)      Sulla terza parte, concernente la conclusione della Commissione secondo cui, in sostanza, la ricorrente non era un mero investitore finanziario

145    La ricorrente sostiene che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione nel considerare che l’investimento dei fondi GSCP V nel gruppo Prysmian non avesse le caratteristiche di un investimento di un mero investitore finanziario. Essa sostiene che l’acquisizione della Prysmian da parte di tali fondi era stata effettuata da azionisti di professione, e non da manager o strateghi. Di conseguenza, non poteva esserle attribuita alcuna responsabilità in quanto società madre.

146    In particolare, la ricorrente rileva che i fondi GSCP V non avevano la competenza né le risorse per determinare il comportamento del gruppo Prysmian sul mercato, che la gestione delle società in portafoglio non rientra nell’ambito del mandato della PIA, creatrice di detti fondi, che il gruppo di amministratori esistente in Prysmian, incaricato dal precedente proprietario di tale società, ha continuato a guidare le sue attività commerciali, che gli amministratori della PIA erano dei professionisti degli investimenti il cui ruolo consisteva semplicemente nel controllo dell’investimento, che essa non era sollecitata a controllare la Prysmian, come risulta dai disinvestimenti da essa effettuati poco dopo la sua acquisizione, e che il gruppo Prysmian non era percepito all’esterno come parte del gruppo di cui la ricorrente è società madre e non era incluso in quest’ultimo gruppo a fini contabili.

147    Inoltre, la ricorrente fa valere che, contrariamente a quanto osservato dalla Commissione nella decisione impugnata, le misure da essa adottate rispetto al gruppo Prysmian non corrispondono a quelle di una società holding di un gruppo industriale.

148    Infine, la ricorrente contesta alla Commissione di aver considerato che il vantaggio economico che la ricorrente ha ricavato dal suo investimento consentirebbe di provare che la stessa non era un investitore finanziario.

149    La Commissione e le intervenienti contestano tali argomenti.

150    Con la terza parte del suo primo motivo, la ricorrente contesta in particolare le considerazioni svolte dalla Commissione ai punti da 773 a 781 della decisione impugnata, in cui la Commissione replica agli argomenti che la ricorrente ha addotto nel corso del procedimento amministrativo al fine di far dichiarare che il suo comportamento nei confronti del gruppo Prysmian corrispondeva a quello di un mero investitore finanziario.

151    Secondo la giurisprudenza, l’imputazione alla società madre della responsabilità per l’infrazione commessa dalla sua partecipata non è possibile nel caso di meri investitori finanziari, vale a dire nel caso di un investitore che detiene partecipazioni in una società ai fini della realizzazione di un profitto finanziario, ma si astiene da qualsiasi intervento nella gestione e nel controllo di detta società (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2012, 1. garantovaná/Commissione, T‑392/09, non pubblicata, EU:T:2012:674, punti da 50 a 52). Tuttavia, il fatto di essere «mero investitore finanziario» non costituisce un criterio giuridico ma, al contrario, un esempio di una situazione in cui una società madre può confutare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, EU:C:2009:262, paragrafo 75).

152    Per quanto concerne, innanzitutto, le affermazioni della ricorrente secondo qui, da un lato, i fondi GSCP V non avevano né la competenza né le risorse per determinare il comportamento della Prysmian sul mercato e, dall’altro lato, la gestione delle società partecipate non rientrava nell’ambito del mandato della PIA, si deve constatare che tali considerazioni sono prive di pertinenza ai fini della constatazione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante. Inoltre, esse sono in contraddizione con gli obiettivi e gli indicatori la cui fondatezza è stata constatata al punto 143 supra. Va anche aggiunto, così come fa la Commissione, che la decisione impugnata non constata un coinvolgimento della ricorrente nella gestione commerciale della Prysmian, ma l’esercizio di un’influenza determinante sulle decisioni commerciali di detta società. A tale riguardo, occorre ricordare che, per consolidata giurisprudenza, non vi è motivo di limitare la valutazione relativa all’esercizio di un’influenza determinante ai soli elementi relativi alla politica commerciale stricto sensu della partecipata sul mercato (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2015, HIT Groep/Commissione, T‑436/10, EU:T:2015:514, punto 127 e giurisprudenza ivi citata).

153    Per quanto riguarda, poi, l’argomento della ricorrente secondo cui gli amministratori della PIA che hanno fatto parte dei diversi consigli di amministrazione della Prysmian non avevano le qualifiche o l’esperienza per gestire le attività di tale società, occorre considerare, ancora una volta, che tale circostanza non è pertinente al fine di constatare l’inesistenza dell’esercizio di un’influenza determinante di una società madre sulla sua partecipata. In ogni caso, non può mettere in discussione il fatto che gli amministratori in questione erano coinvolti nella politica commerciale della Prysmian in quanto, come è stato constatato ai punti 105 e 119 supra, essi facevano parte dei consigli di amministrazione e del suo comitato strategico e hanno detenuto deleghe di poteri di gestori.

154    Per quanto concerne, peraltro, l’affermazione della ricorrente secondo cui essa non aveva interesse a controllare la Prysmian, detta affermazione è parimenti contraddetta dal fatto di aver nominato tutti i consigli di amministrazione di tale società durante il periodo d’infrazione, nonché di aver partecipato al comitato strategico della società dopo l’offerta pubblica iniziale. L’affermazione in parola è inoltre contraddetta, in tutta evidenza, dalla dichiarazione dell’amministratore della PIA esaminata al punto 136 supra.

155    Per quanto riguarda, infine, l’affermazione della ricorrente secondo cui, in sostanza, il gruppo Prysmian non era percepito all’esterno come parte del gruppo di cui essa costituisce la società madre e non vi era inclusione in tale gruppo a fini contabili, occorre respingerla in quanto parimenti inidonea a confutare gli elementi e gli indizi invocati dalla Commissione per constatare l’esistenza di un’influenza determinante.

156    Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, essa non è riuscita a dimostrare che le partecipazioni da essa detenute nel gruppo Prysmian riguardavano solo la realizzazione di un mero investimento finanziario e che essa si era astenuta da qualunque coinvolgimento nella gestione e nel controllo di detta società.

157    La terza parte del primo motivo deve essere pertanto respinta, e di conseguenza va respinto detto motivo nel suo insieme.

2.      Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, sull’insufficienza degli elementi di prova e sulla violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’articolo 296 TFUE

158    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato l’articolo 2 del regolamento n. 1/2003 e l’obbligo di motivazione di cui all’articolo 296 TFUE, in quanto non ha debitamente tenuto conto della relazione esistente tra la ricorrente e le intervenienti ai fini di determinare la sua responsabilità solidale per il pagamento dell’ammenda inflitta alle sue partecipate.

159    La ricorrente articola il secondo motivo in due capi. Nel primo capo sostiene che gli elementi di prova invocati dalla Commissione per determinare la sua responsabilità solidale per il pagamento dell’ammenda inflitta alle sue partecipate sono viziati da irregolarità e costituiscono dichiarazioni non fondate rilasciate dalle intervenienti nel procedimento amministrativo. Nella seconda parte, la ricorrente sostiene che la Commissione non ha sufficientemente motivato la propria decisione.

a)      Sulla prima parte, relativa alla violazione dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, e all’insufficienza degli elementi di prova

160    La ricorrente addebita alla Commissione di fondare le conclusioni relative alla sua responsabilità solidale per il pagamento dell’ammenda inflitta alle sue partecipate solo sulle dichiarazioni effettuate dalle intervenienti, anche se tali dichiarazioni non sono, a suo avviso, precise, concordanti e attendibili.

161    In particolare, la ricorrente fa valere che le dichiarazioni delle intervenienti non si basano su alcun elemento di prova e che la Commissione non ha adottato un approccio critico nell’accoglierle. Osserva parimenti che la Commissione ha deliberatamente ignorato gli elementi di prova offerti da lei stessa per contraddire le informazioni delle intervenienti. Inoltre, la ricorrente sostiene che le dichiarazioni delle intervenienti sulle quali si basa la Commissione sono in contrasto con le dichiarazioni che le stesse avevano precedentemente effettuate nonché sugli elementi di prova forniti dalla ricorrente prima della comunicazione degli addebiti. La Commissione avrebbe pertanto violato il proprio obbligo di esaminare con attenzione e imparzialità i documenti depositati dalle intervenienti.

162    La Commissione e le intervenienti contestano tali argomenti.

163    La ricorrente sostiene che le conclusioni relative alla sua responsabilità solidale per il pagamento dell’ammenda irrogata alle partecipate che figurano nella decisione impugnata non si basano su prove sufficienti e attendibili. In sostanza, essa ribadisce in tale sede la maggior parte degli argomenti dedotti nell’ambito del primo motivo, che quindi devono essere respinti per gli stessi motivi sviluppati nell’ambito della seconda parte di tale motivo.

164    In primo luogo, la ricorrente afferma che la Commissione ha ripreso alla lettera, senza esame critico, le dichiarazioni delle intervenienti relative al suo potere di nomina del consiglio di amministrazione della Prysmian, alla partecipazione degli amministratori della PIA al comitato strategico, al suo comportamento quale proprietario industriale e alle deleghe di poteri conferite agli amministratori della PIA.

165    Orbene, per quanto riguarda, innanzitutto, il potere di nomina dei consigli di amministrazione, occorre rilevare che le conclusioni della Commissione non sono soltanto basate sulle dichiarazioni della Prysmian, ma anche sulle informazioni fornite dalla ricorrente e sullo statuto della società, come risulta dal punto 762 della decisione impugnata e dalle note a piè di pagina da 1138 a 1141 della medesima decisione. Peraltro, mentre la ricorrente ribadisce che il primo consiglio di amministrazione è stato selezionato dal sig. B., in quanto CEO della Prysmian, e non dalla ricorrente stessa, si deve constatare che, come rilevato al punto 100 supra, tale affermazione non è supportata da alcun elemento di prova presentato dalla ricorrente.

166    Per quanto riguarda, inoltre, la partecipazione della ricorrente al comitato strategico, risulta dal considerando 763 e dalle note a piè di pagina da 1148 a 1153 della decisione impugnata che la Commissione ha fondato le proprie conclusioni facendo ricorso a scambi di e-mail tra gli amministratori della PIA e il CEO della Prysmian, nonché all’ordine del giorno delle riunioni di tale comitato e ai verbali delle riunioni del consiglio di amministrazione. La Commissione non ha dunque ripreso esclusivamente le dichiarazioni delle intervenienti per fondare le proprie conclusioni relative a detto comitato, come sostenuto dalla ricorrente. Peraltro, come indicato al punto 115 supra, l’ordine del giorno della riunione del comitato del 16 luglio 2008 evidenzia che quest’ultimo esaminava questioni di strategia commerciale, tra cui investimenti in Brasile, in Cina, in Tunisia, in Italia e in Russia, il che contraddice l’affermazione della ricorrente secondo cui il comitato di cui trattasi era privo di qualsiasi ruolo nel contesto del processo decisionale strategico della Prysmian.

167    Per quanto riguarda, inoltre, la conclusione secondo cui la ricorrente favoriva la vendita incrociata intragruppo, quest’ultima è basata, come spiegato al punto 771 della decisione impugnata, sui messaggi di posta elettronica scambiati dai sigg. O. e B. il 20 dicembre 2007, su un messaggio di posta elettronica del sig. O. del 2 gennaio 2008, e su un messaggio di posta elettronica del sig. S. del 30 gennaio 2008. Pertanto, l’argomento secondo cui tale constatazione si baserebbe unicamente sulle dichiarazioni delle intervenienti dev’essere respinta.

168    Per quanto riguarda, infine, le deleghe di poteri agli amministratori della PIA, risulta dai punti da 112 a 114 supra che l’elemento di prova dedotto dalla Commissione nella decisione impugnata, in particolare nelle note a piè di pagina da 1142 a 1145 di detta decisione, è il verbale della riunione del consiglio di amministrazione della Prysmian del 15 dicembre 2005. Pertanto, contrariamente a quanto rilevato dalla ricorrente, la Commissione non ha fondato le sue conclusioni solo sulle dichiarazioni delle intervenienti. Per il resto, le affermazioni della Commissione sono confermate dagli allegati al ricorso, che mettono in rilievo che, in virtù delle deleghe agli amministratori delegati, gli amministratori della PIA agivano nella gestione quotidiana della Prysmian. Nello specifico, si sono pronunciati su una domanda di autorizzazione all’apertura di una filiale in Qatar, sulle nomine ai consigli di amministrazione delle partecipate della Prysmian e su questioni lavorative.

169    Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, le constatazioni effettuate dalla Commissione non sono fondate esclusivamente sulle dichiarazioni presentate dalle intervenienti.

170    In secondo luogo, anche se la ricorrente fa valere che le dichiarazioni delle intervenienti sarebbero contraddittorie e che la Commissione avrebbe ignorato gli elementi forniti dalla stessa nel corso del procedimento amministrativo, è sufficiente constatare che la ricorrente non menziona in modo preciso quali sarebbero tali dichiarazioni o elementi, di modo che le asserzioni in tal senso dalla ricorrente devono essere respinte.

171    Il primo capo del secondo motivo dev’essere dunque respinto.

b)      Sulla seconda parte, relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione

172    La ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe violato l’obbligo di motivazione ad essa incombente ai sensi dell’articolo 296 TFUE. In particolare, essa contesta alla Commissione di aver omesso le informazioni dettagliate da essa presentate nel procedimento amministrativo e di non aver sufficientemente motivato le proprie conclusioni, in particolare per quanto concerne l’applicazione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante al periodo anteriore alla data dell’IPO, per quanto concerne la constatazione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante sul gruppo Prysmian durante tutto il periodo dell’infrazione, e per quanto concerne l’argomento secondo cui il ruolo della ricorrente all’interno della Prysmian corrispondeva a quello di un semplice investitore finanziario.

173    La Commissione e le intervenienti contestano tali argomenti.

174    Ai sensi dell’articolo 296 del TFUE tutti gli atti, incluse le decisioni, devono essere obbligatoriamente motivati.

175    Per consolidata giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo (v. sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 147 e giurisprudenza ivi citata).

176    Pertanto, nel contesto delle decisioni individuali, da una giurisprudenza costante emerge che l’obbligo di motivare siffatta decisione ha lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, anche di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione sia eventualmente affetta da un vizio che consente di contestarne la validità. Si deve tuttavia ricordare che l’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE costituisce una formalità sostanziale che deve essere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso (v. sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 146 e 148 e giurisprudenza ivi citata). Le censure e gli argomenti diretti a contestare la fondatezza di tale atto sono pertanto non pertinenti nell’ambito di un motivo vertente su un difetto o su un’insufficienza di motivazione (v., in tal senso, sentenze del 22 marzo 2001, Francia/Commissione, C‑17/99, EU:C:2001:178, punti da 35 a 38, e del 15 giugno 2005, Corsica Ferries France/Commissione, T‑349/03, EU:T:2005:221, punti 52 e 59).

177    Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la motivazione della decisione impugnata è sufficiente per permetterle di conoscere le ragioni che hanno indotto la Commissione a considerarla solidalmente responsabile del pagamento dell’ammenda inflitta alle partecipate per la sua partecipazione diretta all’intesa in questione e per consentire al Tribunale di esercitare il proprio controllo.

178    Infatti, per quanto riguarda, anzitutto, la decisione di applicare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante per il periodo anteriore alla data dell’IPO, risulta dai punti da 748 a 754 della decisione impugnata che la Commissione ha spiegato che il fatto di controllare indirettamente tutti i diritti di voto connessi alle azioni della Prysmian la collocava in una situazione analoga a quella di un proprietario unico ed esclusivo di quest’ultima società. Inoltre, la Commissione ha spiegato, in particolare ai punti da 751 a 753 di detta decisione, che gli investimenti realizzati dalla Apollo e dagli amministratori della Prysmian erano puramente passivi e che essi comportavano una rinuncia all’esercizio dei diritti di voto connessi alle azioni della Prysmian a favore della ricorrente. Su tale base, la Commissione ha ritenuto, alla luce della giurisprudenza citata ai punti da 697 a 702 di tale decisione, di poter correttamente ritenere la ricorrente responsabile in solido per il pagamento dell’ammenda inflitta alle sue partecipate.

179    Per quanto riguarda, poi, la constatazione dell’esercizio di un’influenza determinante della ricorrente sulle intervenienti per il periodo compreso tra il 29 luglio 2005 e il 28 gennaio 2009, la Commissione ha esposto la propria conclusione secondo cui la ricorrente ha esercitato una siffatta influenza basandosi, conformemente alla giurisprudenza, su elementi obiettivi, alla luce dei legami economici, organizzativi e giuridici tra la ricorrente e le intervenienti. Tali fattori sono stati descritti singolarmente e dettagliatamente nei punti da 758 a 771 della decisione impugnata, nonché ponderati nel loro insieme ai punti da 772 a 781 di detta decisione. Inoltre, la Commissione ha replicato ai principali argomenti dedotti dalla ricorrente nell’ambito di tale ponderazione finale, in particolare ai punti da 773 a 778 di tale decisione. Infine, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, le spiegazioni della Commissione hanno riguardato non solo il periodo precedente la data dell’IPO, ma anche il periodo successivo a tale data, come dimostrano le misure esaminate ai punti da 766 a 770 della medesima decisione.

180    Per quanto riguarda, infine, la conclusione secondo la quale la ricorrente non avrebbe agito, nei confronti del gruppo Prysmian, come un mero investitore finanziario, la Commissione fornisce una risposta univoca alla ricorrente, in particolare, al punto 779 della decisione impugnata, in cui la Commissione afferma che l’esercizio dei diritti di voto in merito a decisioni strategiche per il comportamento commerciale della partecipata, come la designazione degli alti dirigenti e l’approvazione di piani di gestione e amministrazione, depone a favore dell’esercizio di un’influenza determinante e non di un semplice investimento finanziario temporaneo.

181    Ne consegue che la Commissione ha rispettato l’obbligo di motivazione ad essa incombente in forza dell’articolo 296 TFUE, sia per quanto riguarda l’applicazione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, sia per quanto riguarda la constatazione dell’esercizio di un’influenza determinante da parte della ricorrente sulle intervenienti durante tutto il periodo dell’infrazione. Essa ha inoltre chiarito perché la ricorrente non poteva essere considerata un mero investitore finanziario nei confronti del gruppo Prysmian.

182    La seconda parte del secondo motivo dev’essere pertanto respinta, al pari del secondo motivo in toto.

3.      Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, nonché sulla violazione dei principi della responsabilità personale e della presunzione di innocenza

183    La ricorrente fa valere che la decisione impugnata viola i suoi diritti fondamentali.

184    In particolare, da un lato, la ricorrente ritiene che la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante applicata dalla Commissione per il periodo precedente la data dell’IPO sia contraria al principio della presunzione di innocenza, nonché all’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e all’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Aggiunge che la Commissione non tiene in alcun conto elementi di prova che la ricorrente ha proposto per vincere la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante.

185    Dall’altro lato, la ricorrente considera che il fatto di ritenere che essa sia responsabile in solido per il pagamento dell’ammenda inflitta alle partecipate, in virtù della sua qualità di società madre, viola il principio di responsabilità personale, in quanto né lei né i suoi rappresentanti all’interno di dette partecipate hanno partecipato all’infrazione di cui all’articolo 101 TFUE.

186    La Commissione e le intervenienti contestano tali argomenti.

187    In primo luogo, per quanto riguarda i principi della responsabilità personale e della presunzione d’innocenza, si deve rilevare che il giudice dell’Unione ha stabilito a più riprese che la Commissione non viola i suddetti principi quando applica la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante.

188    Infatti, occorre ricordare, anzitutto, che, secondo la giurisprudenza, il fatto che la società madre che esercita un’influenza determinante sulle proprie partecipate possa essere dichiarata responsabile in solido delle infrazioni del diritto della concorrenza da queste commesse non costituisce in alcun modo una violazione del principio della responsabilità personale, ma è, al contrario, un’espressione di tale principio. Infatti, la società madre e le partecipate soggette alla sua influenza determinante sono, congiuntamente, soggetti giuridici componenti un’impresa unitaria nell’accezione del diritto in materia di concorrenza dell’Unione e responsabili per gli atti della stessa, e, se la suddetta impresa commette, intenzionalmente o per negligenza, un’infrazione alle norme sulla concorrenza, essa impegnerà la responsabilità personale congiunta di tutti i soggetti giuridici che compongono la struttura del gruppo (v. sentenza del 27 settembre 2012, Nynäs Petroleum e Nynas Belgium/Commissione, T‑347/06, EU:T:2012:480, punto 40 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, EU:C:2009:262, paragrafo 97).

189    Inoltre, risulta da una giurisprudenza consolidata che la presunzione dell’esercizio di un’influenza determinante non viola il diritto alla presunzione di innocenza, in quanto da un lato non si risolve in una presunzione di colpevolezza dell’una o dell’altra delle società in questione (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑625/13 P, EU:C:2017:52, punto 149 e giurisprudenza ivi citata) e dell’altro lato la presunzione dell’esercizio di un’influenza determinante non ha carattere assoluto (v. sentenza del 19 giugno 2014, FLS Plast/Commissione, C‑243/12 P, EU:C:2014:2006, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

190    Infine, è sufficiente aggiungere che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, per consolidata giurisprudenza della Corte il fatto che sia difficile fornire la prova contraria per confutare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante non implica, di per sé, che essa sia di fatto assoluta (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2016, Evonik Degussa e AlzChem/Commissione, C‑155/14 P, EU:C:2016:446, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

191    Ne consegue che dev’essere respinto l’argomento della ricorrente secondo cui la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante è incompatibile con i principi della responsabilità personale e della presunzione di innocenza, come previsti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta.

192    In secondo luogo, l’affermazione della ricorrente secondo cui né essa né i suoi rappresentanti hanno partecipato all’intesa di cui trattasi non può essere accolta alla luce della giurisprudenza citata al punto 188 supra.

193    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione non ha fornito motivi sufficienti per respingere l’inversione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante da parte della ricorrente, si deve constatare che un simile argomento è stato già esaminato nell’ambito del secondo motivo e dev’essere respinto per le stesse ragioni.

194    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il fatto di ritenere che essa sia responsabile in solido per il pagamento dell’ammenda inflitta alle partecipate, in ragione della sua qualità di società madre, non viola il principio della responsabilità personale e di presunzione d’innocenza nel senso affermato dalla ricorrente nel presente motivo.

195    Il terzo motivo deve quindi essere respinto.

4.      Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, nonché su un errore manifesto di valutazione e sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di personalità delle pene

196    La ricorrente sostiene, in sostanza, che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione e ha violato i principi di certezza del diritto e di personalità delle pene, per non aver determinato le quote parti dei condebitori in solido nei loro rapporti interni, limitandosi a concludere nel senso della loro obbligazione solidale. A suo avviso, una tale determinazione non è necessaria allorché le società appartengono ad uno stesso gruppo al momento dell’adozione della decisione impugnata. Per contro, allorché l’unità economica formata da dette società viene meno, come nel caso di specie, la Commissione avrebbe l’obbligo di procedere detta determinazione nella decisione in parola.

197    La Commissione contesta tali argomenti.

198    La ricorrente sostiene, in sostanza, che, nei limiti in cui essa non formava più, con le intervenienti, un’unica entità economica, alla data dell’adozione della decisione impugnata, la Commissione era tenuta a determinare la quota parte dell’ammenda da pagare per ciascuna di loro nell’ambito dei loro rapporti interni.

199    Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di diritto dell’Unione di solidarietà nel pagamento dell’ammenda, essendo semplicemente la manifestazione di un effetto di pieno diritto della nozione d’impresa, riguarda solo l’impresa e non le società che la compongono (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑625/13 P, EU:C:2017:52, punto 150 e giurisprudenza ivi citata).

200    Benché, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione possa condannare in solido a un’ammenda più società se queste appartenevano ad una sola ed unica impresa, né il tenore letterale di tale disposizione né l’obiettivo del meccanismo di solidarietà consentono di considerare che tale potere sanzionatorio comprenda, al di là della determinazione del rapporto esterno di solidarietà, quello di stabilire le quote parti dei debitori in solido nei loro rapporti interni (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑625/13 P, EU:C:2017:52, punto 151 e giurisprudenza ivi citata).

201    Al contrario, l’obiettivo del meccanismo di solidarietà consiste nel fatto che esso costituisce uno strumento giuridico supplementare a disposizione della Commissione inteso a rafforzare l’efficacia dell’azione della medesima nella riscossione delle ammende inflitte per infrazioni al diritto della concorrenza, giacché tale meccanismo riduce, per la Commissione in quanto creditore del debito costituito da tali ammende, il rischio di insolvenza; ciò concorre all’obiettivo di dissuasione che è generalmente perseguito dal diritto della concorrenza (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑625/13 P, EU:C:2017:52, punto 152 e giurisprudenza ivi citata).

202    Orbene, la determinazione, nel rapporto interno tra debitori in solido, delle quote parti di questi ultimi non persegue questo duplice obiettivo. Si tratta, infatti, di una questione che interviene in un momento successivo e che, in linea di principio, non presenta più interesse per la Commissione, una volta che la totalità dell’ammenda le sia stata pagata da uno o più di tali debitori (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑625/13 P, EU:C:2017:52, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

203    Nel caso di specie, è sufficiente constatare, alla luce della giurisprudenza citata ai punti da 199 a 202 supra, che la Commissione non è tenuta a determinare le quote parti della ricorrente e delle intervenienti nei loro rapporti interni. Infatti, nei limiti in cui, come risulta dall’analisi effettuata nell’ambito del primo motivo, la Commissione ha correttamente concluso che, durante tutto il periodo dell’infrazione, la ricorrente e le intervenienti costituivano un’unica impresa ai sensi del diritto della concorrenza, essa poteva limitarsi a determinare l’importo dell’ammenda che tali società erano solidalmente tenute a pagare.

204    Peraltro, l’argomento della ricorrente secondo cui, al momento dell’adozione della decisione impugnata, le intervenienti non costituivano più con essa un’unica entità, non può rimettere in discussione la conclusione di cui al punto 203 supra.

205    Da un lato, si deve rilevare che l’accettazione dell’argomento in questione sarebbe in contrasto con la semplice nozione di responsabilità solidale. A tal riguardo, si deve constatare che il meccanismo di solidarietà implica, per definizione, che la Commissione possa rivolgersi vuoi alla società madre vuoi alla società partecipata senza dover prevedere delle quote parti nel senso dedotto dalla ricorrente. Infatti, come la Corte ha già dichiarato, non esiste una «priorità» per quanto riguarda l’imposizione di un’ammenda, da parte della Commissione, all’una o all’altra di tali società (v. sentenza del 18 luglio 2013, Dow Chemical e a./Commissione, C‑499/11 P, EU:C:2013:482, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

206    Dall’altro lato, si deve ritenere che l’accettazione di un siffatto argomento sarebbe tale da pregiudicare l’obiettivo del meccanismo di solidarietà, il quale, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 201, consiste nel fatto che esso costituisce uno strumento giuridico supplementare a disposizione della Commissione per rafforzare tanto l’efficacia del recupero delle ammende inflitte quanto l’obiettivo di dissuasione che è generalmente perseguito dal diritto della concorrenza.

207    Alla luce di quanto precede, si deve considerare, in esito ad un controllo approfondito, che la Commissione non ha commesso errori né ha violato i principi di certezza del diritto e di personalità delle pene, per non aver determinato le quote parti della ricorrente e delle intervenienti nei loro rapporti interni.

208    Il quarto motivo deve quindi essere respinto.

5.      Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dei diritti di difesa

209    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato i suoi diritti di difesa durante il procedimento amministrativo. Divide il quinto motivo in tre parti: la prima verte sul fatto che la Commissione non le ha dato accesso a documenti essenziali per la sua difesa, la seconda sul fatto che la Commissione ha illegittimamente ritardato l’accesso ad altri documenti essenziali, e la terza sul fatto che la durata eccessiva del procedimento ha pregiudicato la sua capacità di difendersi.

a)      Sulla prima parte, relativa al fatto che la Commissione non ha dato accesso alla ricorrente ad elementi essenziali per la sua difesa

210    La ricorrente sostiene che, nella decisione impugnata, la Commissione si è basata su vari elementi di prova a carico per fondare la sua responsabilità nell’intesa, che tuttavia non le sono stati comunicati. In particolare, si tratterebbe del documento contenente la prova relativa alla portata delle deleghe di poteri degli amministratori della PIA, nonché dei documenti contenenti la prova del ruolo del comitato per i compensi e del comitato di controllo interno.

211    La Commissione contesta tali argomenti.

212    Per consolidata giurisprudenza, il rispetto dei diritti di difesa costituisce un diritto fondamentale del diritto dell’Unione, sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali, che esige il rispetto dei diritti di difesa in qualsiasi procedimento (v. sentenza del 17 dicembre 2014, Pilkington Group e a./Commissione, T‑72/09, non pubblicata, EU:T:2014:1094, punto 232 e giurisprudenza ivi citata).

213    Il rispetto dei diritti di difesa esige che l’interessato sia stato messo in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita violazione del Trattato (sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 66).

214    In tal senso, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 prevede, da un lato, che la Commissione dà modo alle imprese e alle associazioni di imprese oggetto del procedimento dalla stessa avviato di essere sentite relativamente agli addebiti su cui essa si basa, e, dall’altro, che la Commissione basa le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite.

215    Inoltre, secondo costante giurisprudenza, la mancata comunicazione di un documento costituisce una violazione dei diritti di difesa solo se l’impresa interessata dimostra, da un lato, che la Commissione si è basata su tale documento per suffragare il suo addebito relativo all’esistenza di un’infrazione e, dall’altro, che tale addebito può essere provato solo facendo riferimento a detto documento. In presenza di altre prove documentali, di cui le parti abbiano preso conoscenza durante il procedimento amministrativo, che sostengano specificamente le conclusioni della Commissione, l’eliminazione dai mezzi di prova del documento a carico non comunicato non inficerebbe la fondatezza degli addebiti accertati nella decisione contestata. Spetta, quindi, all’impresa interessata dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico fosse stato eliminato un documento non comunicato sul quale la Commissione si è basata per incolpare tale impresa (v. sentenza del 9 settembre 2015, Toshiba/Commissione, T‑104/13, EU:T:2015:610, punto 129 e giurisprudenza ivi citata).

216    Nel caso di specie, mentre la ricorrente sostiene di non aver ricevuto, da parte della Commissione, né il documento relativo alla portata delle deleghe di poteri degli amministratori della PIA, né i documenti relativi al comitato per i compensi e al comitato di controllo interno, si deve constatare, così come ha fatto la Commissione, che una simile affermazione è infondata.

217    Innanzitutto, come spiegato dalla Commissione, senza che ciò sia contestato dalla ricorrente, il documento relativo alla portata dei poteri delegati agli amministratori della PIA è stato portato a conoscenza della ricorrente il 27 marzo 2012 e quest’ultima ha avuto accesso sia ad una versione riservata che ad una versione non riservata dello stesso documento.

218    Inoltre, per quanto riguarda il documento relativo al comitato per i compensi, si deve rilevare che si tratta della versione riservata della risposta delle intervenienti alla comunicazione degli addebiti. Il 4 gennaio e il 12 marzo 2012, nonché l’11 settembre 2013, la ricorrente ha avuto accesso alla versione non riservata di tale risposta, da cui emergono gli elementi menzionati dalla Commissione e relativi alla ricorrente nella decisione impugnata.

219    Infine, per quanto riguarda il documento relativo al comitato di controllo interno, si tratta di un documento identico a quello che figura nell’allegato 15 della risposta delle intervenienti ad una richiesta di informazioni del 20 ottobre 2009, a cui la ricorrente ha avuto accesso, in particolare, il 26 gennaio 2012.

220    Ne consegue che la Commissione non ha negato l’accesso ai documenti indicati dalla ricorrente nel ricorso e che, pertanto, essa ha adempiuto gli obblighi che le incombono ai sensi della giurisprudenza citata al punto 215 supra.

221    Per il resto, la ricorrente sostiene di non aver avuto accesso ad altri documenti del fascicolo, come i documenti «[riservato]» e «[riservato]». Orbene, occorre respingere in quanto irricevibile tale affermazione, poiché essa è stata formulata per la prima volta dinanzi al Tribunale in fase di replica e non si fonda su elementi rilevati nel corso del procedimento. In ogni caso, si deve rilevare che, come osservato dalla Commissione, il documento «[riservato]» è stato trasmesso alla ricorrente l’8 settembre 2011, e il documento «[riservato]» contiene solamente informazioni pubblicamente accessibili, come dimostra la nota a piè di pagina n. 1127 della decisione impugnata.

222    La prima parte del quinto motivo deve dunque essere respinta.

b)      Sulla seconda parte, relativa al fatto che la Commissione ha illegittimamente ritardato l’accesso ad altri documenti essenziali per la difesa della ricorrente

223    La ricorrente sostiene, innanzitutto, che la Commissione non ha fornito informazioni essenziali per la sua difesa in una fase molto avanzata dell’indagine, vale a dire il 17 maggio 2013, sicché essa non era in grado di esercitare in modo adeguato i suoi diritti di difesa. Tali informazioni, sia a carico che a discarico, riguarderebbero, sotto un primo profilo, gli elementi di prova per stabilire il ruolo del comitato strategico, sotto un secondo profilo, elementi di prova riguardanti il comitato per i compensi e il comitato di controllo interno, sotto un terzo profilo, gli elementi di prova relativi alle questioni esaminate nelle riunioni mensili e, sotto un quarto profilo, elementi di prova a sostegno dell’affermazione della Commissione secondo cui la ricorrente avrebbe agito come un proprietario industriale.

224    Inoltre, la ricorrente sostiene che il ritardo nella comunicazione di tali informazioni non ha sanato la violazione dei suoi diritti di difesa, in quanto essa non ha avuto tali informazioni né al momento della sua risposta alla comunicazione degli addebiti né in occasione dell’audizione tenutasi nel giugno 2012. Ancora, secondo la ricorrente, se essa avesse potuto far conoscere il proprio punto di vista sugli elementi di prova in uno stadio precedente, la Commissione avrebbe meglio potuto tenerne conto.

225    Peraltro, la ricorrente afferma che la motivazione della Commissione, secondo cui l’accesso tardivo a tali informazioni è giustificato dalla necessità di dimostrare, previamente, la fondatezza degli elementi di prova prima della loro comunicazione, non è fondata. Rileva che la maggior parte delle prove rilevanti erano a disposizione della Commissione con più di un anno di anticipo.

226    Infine, la ricorrente chiede al Tribunale di ingiungere alla Commissione di produrre, a norma dell’articolo 64, paragrafo 4, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, ai fini di un esame a porte chiuse, tutti i documenti di rilievo pubblicati internamente da parte della Commissione tra il 1o marzo 2012 e il 17 maggio 2013, in particolare la corrispondenza con il servizio giuridico e il consigliere revisore e il resoconto delle riunioni del gruppo di lavoro assegnato al caso o le istruzioni scritte interne al gruppo stesso.

227    La Commissione contesta tali argomenti.

228    La ricorrente sostiene, in sostanza, che la Commissione le ha dato tardivamente accesso a documenti essenziali per la sua difesa.

229    Secondo la giurisprudenza citata al punto 213 supra, il rispetto dei diritti di difesa implica, in sostanza, che l’impresa interessata sia stata posta in grado, durante il procedimento amministrativo, di far utilmente conoscere il proprio punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze allegati.

230    Nel caso di specie, si deve rilevare che, nell’ambito della presente parte, la ricorrente non fa valere, come nella prima parte, di non aver avuto accesso a documenti essenziali per l’esercizio della propria difesa contro gli addebiti formulati nei suoi confronti dalla Commissione nella decisione impugnata, ma contesta esclusivamente alla Commissione la presentazione tardiva di tali documenti.

231    Tuttavia, sotto un primo profilo, si deve rilevare, anzitutto, che i documenti invocati dalla ricorrente sono stati trasmessi il 17 maggio 2013, ossia circa dieci mesi prima dell’adozione della decisione impugnata. In tali circostanze, la ricorrente non può validamente affermare di non aver avuto la possibilità di presentare osservazioni su tali elementi a causa della mancanza di tempo sufficiente per esaminarli. Inoltre, si deve rilevare che la ricorrente si è effettivamente pronunciata su tali documenti, in particolare il 17 giugno 2013, un mese dopo la loro trasmissione, e che nulla nelle sue memorie può dimostrare, come sostiene la ricorrente, che la Commissione non ha avuto tempo sufficiente per prendere in considerazione le sue osservazioni. Infine, la ricorrente non spiega in modo preciso quali argomenti essa avrebbe potuto formulare se la mancanza di tempo non glielo avesse impedito.

232    Sotto un secondo profilo, occorre rilevare che, tra i documenti che la ricorrente ritiene le siano stati comunicati tardivamente, due riguardano, da un lato, le conclusioni della Commissione relative alla partecipazione della ricorrente ai comitati per i compensi e di controllo interno della Prysmian e, dall’altro, le conclusioni della Commissione relative al suo comportamento in quanto proprietario industriale. Orbene, emerge dall’analisi effettuata nell’ambito del primo motivo, ai punti da 120 a 124 supra, che tali due elementi non possono essere utilizzati dalla Commissione per fondare la sua conclusione secondo cui la ricorrente ha esercitato un’influenza determinante sulle intervenienti. In tali circostanze, la censura della ricorrente relativa alla trasmissione tardiva di tali due documenti relativi a tali elementi deve essere respinto in quanto inoperante. Per il resto, tenuto conto della relativa brevità dei documenti in questione, ossia dei processi verbali del consiglio di amministrazione della Prysmian e delle relazioni mensili, la ricorrente non può affermare di non aver avuto il tempo di esaminarli al fine di preparare la propria difesa dinanzi alla Commissione.

233    Sotto un terzo profilo, la ricorrente non può validamente sostenere che i documenti comunicati il 17 maggio 2013 costituivano il solo fondamento dell’argomentazione della Commissione. A tal proposito, occorre rilevare che le conclusioni della Commissione nella decisione impugnata sono basati su vari altri documenti, i quali, in sostanza, sono stati comunicati alla ricorrente in seguito all’adozione della comunicazione degli addebiti del 30 giugno 2011.

234    Sotto un quarto profilo, anche se la ricorrente non ha avuto accesso a tali documenti per preparare la risposta alla comunicazione degli addebiti, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la comunicazione degli addebiti costituisce un documento preparatorio le cui valutazioni di fatto e di diritto sono di carattere puramente provvisorio (sentenza del 5 dicembre 2013, SNIA/Commissione, C‑448/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:801, punto 42 e giurisprudenza ivi citata). Nulla impedisce, pertanto, che dei documenti ricevuti come risposta alla comunicazione degli addebiti siano successivamente utilizzati nella decisione finale a condizione che l’interessata sia posta in grado, come nel caso di specie, di pronunciarsi su di essi.

235    Di conseguenza, si deve respingere la seconda parte del quinto motivo in quanto in parte inoperante e in parte infondata. In relazione, quanto al resto, alla misura di organizzazione del procedimento proposta dalla ricorrente, è sufficiente rilevare che quest’ultima non chiarisce in che modo detta misura potrebbe sostenere la sua argomentazione. Alla luce di ciò, la domanda della ricorrente non deve essere accolta.

c)      Sulla terza parte, attinente all’eccessiva durata del procedimento amministrativo

236    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio di buona amministrazione, in considerazione della durata eccessiva del procedimento amministrativo. A tale riguardo, essa rileva in particolare che l’indagine si è protratta per più di cinque anni, vale a dire dal 9 gennaio 2009 al 2 aprile 2014. Essa aggiunge che tale durata ha avuto conseguenze per la sua difesa, in quanto ha ricevuto la comunicazione degli addebiti solamente il 30 giugno 2011, data in cui i fondi GSCP V avevano già ceduto la loro ultima partecipazione nella Prysmian, nel 2010. La ricorrente parimenti ritiene che, nel caso in cui la durata eccessiva del procedimento amministrativo non giustificasse l’annullamento della decisione impugnata, il Tribunale dovrebbe nondimeno ridurre in via equitativa l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta.

237    La Commissione contesta tali argomenti.

238    Per giurisprudenza consolidata, l’osservanza di un termine ragionevole nell’espletamento dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto dell’Unione del quale i giudici dell’Unione assicurano il rispetto (v. sentenza del 19 dicembre 2012, Heineken Nederland e Heineken/Commissione, C‑452/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:829, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

239    Il principio del termine ragionevole nell’ambito di un procedimento amministrativo è stato riaffermato dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, a norma del quale «[o]gni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione» (sentenza del 5 giugno 2012, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑214/06, EU:T:2012:275, punto 284 e giurisprudenza ivi citata).

240    Il carattere ragionevole di ciascuna fase del procedimento dev’essere valutato in funzione delle circostanze proprie di ciascun caso e, in particolare, del contesto di quest’ultimo, del comportamento delle parti nel corso del procedimento, della rilevanza del caso per le diverse imprese interessate e del suo grado di complessità (v., in tal senso, sentenza del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, EU:T:1999:80, punto 126).

241    La Corte ha altresì dichiarato che, in materia di politica della concorrenza dinanzi alla Commissione, il procedimento amministrativo poteva dar luogo all’esame di due fasi temporali successive, ciascuna delle quali risponde ad una propria logica interna. La prima fase, che si estende fino alla comunicazione degli addebiti, ha come termine iniziale la data in cui la Commissione, facendo uso dei poteri conferitile dal legislatore dell’Unione, adotta misure che implicano l’addebito di una violazione, e deve consentire a detta istituzione di prendere posizione circa il seguito del procedimento. La seconda fase si estende invece dalla comunicazione degli addebiti fino all’adozione della decisione finale. Essa deve consentire alla Commissione di pronunciarsi definitivamente sulla violazione contestata (sentenza del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C‑105/04 P, EU:C:2006:592, punto 38).

242    Peraltro, risulta dalla giurisprudenza che, qualora la violazione del termine ragionevole abbia influito sull’esito del procedimento, una simile violazione può comportare l’annullamento della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2006, Technische Unie/Commissione, C‑113/04 P, EU:C:2006:593, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

243    Occorre nondimeno precisare, quanto all’applicazione delle norme sulla concorrenza, che il superamento del termine ragionevole può costituire un motivo di annullamento delle sole decisioni che constatino la commissione di infrazioni, allorché è stato provato che la violazione di tale principio ha pregiudicato i diritti di difesa delle imprese interessate. Al di fuori di tale specifica ipotesi, il mancato rispetto dell’obbligo di decidere entro un termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo ai sensi del regolamento n. 1/2003 (sentenza del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C‑105/04 P, EU:C:2006:592, punto 42).

244    Infine, posto che il rispetto dei diritti di difesa, principio il cui carattere fondamentale è stato sottolineato a più riprese dalla giurisprudenza della Corte, riveste un’importanza capitale nei procedimenti come quello in questione, è importante evitare che tali diritti possano essere irrimediabilmente compromessi a motivo della durata eccessiva della fase istruttoria, e che tale durata possa ostacolare l’acquisizione di prove volte a confutare l’esistenza di comportamenti idonei a far sorgere la responsabilità delle imprese interessate. Per tale motivo, l’esame relativo a un eventuale ostacolo all’esercizio dei diritti di difesa non deve essere limitato alla fase stessa in cui tali diritti producono il loro pieno effetto, vale a dire la seconda fase del procedimento amministrativo. La valutazione relativa all’origine dell’eventuale riduzione dell’efficacia dei diritti di difesa deve estendersi all’insieme di tale procedimento, avendo riguardo alla durata complessiva del medesimo (v. sentenza del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C‑105/04 P, EU:C:2006:592, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

245    Nel caso di specie, si deve osservare che, per quanto riguarda la prima fase del procedimento amministrativo, vale a dire quella che va dalla notifica alla ricorrente della decisione d’ispezione nel marzo del 2009 sino alla ricezione della comunicazione degli addebiti nell’agosto del 2011, è trascorso un lasso di tempo di 29 mesi. La seconda fase del procedimento amministrativo, che va dalla ricezione della comunicazione degli addebiti all’adozione della decisione impugnata nel mese di aprile 2014, riguarda invece un periodo di 33 mesi.

246    A tal proposito, si deve considerare che la durata della prima fase del procedimento amministrativo e quella della seconda fase non sono eccessive rispetto alle iniziative che la Commissione si è vista obbligata ad effettuare al fine di completare l’indagine e di adottare la decisione impugnata.

247    Infatti, innanzitutto, occorre rilevare, al pari della Commissione, che l’inchiesta ha riguardato un’intesa di portata globale, con un numero complessivo di partecipanti significativo, durata quasi dieci anni, durante la quale la Commissione ha dovuto aggiornare considerevoli quantità di elementi di prova, inclusi nel fascicolo, ivi compresi tutti gli elementi raccolti durante le ispezioni e ricevuti dai richiedenti il trattamento favorevole. Inoltre, nel corso dell’indagine, la Commissione ha inviato ai partecipanti del settore interessato delle richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 e del paragrafo 12 della comunicazione sul trattamento favorevole.

248    Si deve poi osservare che il volume degli elementi di prova ha indotto la Commissione ad adottare una decisione, nella sua versione inglese, di 287 pagine – il cui allegato 1 contiene il riferimento completo a tutti gli elementi di prova raccolti durante la fase di indagine – e che l’ampiezza e la portata dell’intesa, nonché le difficoltà linguistiche, sono parimenti di rilievo. Si deve a questo proposito ricordare che la decisione impugnata ha avuto 26 destinatari provenienti da un’ampia varietà di paesi, molti dei quali avevano partecipato all’intesa sotto diverse forme giuridiche e erano stati ristrutturati durante e dopo il periodo dell’intesa. Inoltre, si deve rilevare che è stato necessario tradurre integralmente in tedesco, francese e italiano tale decisione, che è redatta in inglese.

249    Infine, risulta dai fatti esposti ai punti da 3 a 10 supra che, nell’ambito del procedimento amministrativo, la Commissione ha adottato tutta una serie di atti che giustificano la durata di ciascuna delle fasi del citato procedimento e il cui carattere adeguato ai fini dell’indagine non è stato messo specificamente in discussione dalla ricorrente.

250    Pertanto, la durata di entrambe le fasi della procedura amministrativa aveva carattere ragionevole al fine di consentire alla Commissione di valutare ulteriormente gli elementi di prova e gli argomenti addotti dalle parti interessate dall’indagine.

251    Ne consegue che la ricorrente non può validamente dedurre che la durata del procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione sia stata eccessiva e che abbia violato il principio del termine ragionevole.

252    In ogni caso, anche in caso di constatazione dell’eventuale carattere eccessivo della durata complessiva del procedimento amministrativo e della violazione del principio del termine ragionevole, siffatta constatazione non sarebbe sufficiente, di per sé, alla luce della giurisprudenza citata ai punti da 242 a 244 supra, ai fini di concludere per l’annullamento della decisione impugnata.

253    A tal riguardo, la ricorrente fa valere che il carattere eccessivo del procedimento amministrativo ha avuto «un impatto sulla sua capacità di difendersi», in particolare nei limiti in cui la ricorrente, al momento in cui è stata informata che rientrava nel campo dell’indagine, vale a dire alla data della comunicazione degli addebiti, il 30 giugno 2011, aveva già ceduto la sua ultima partecipazione alle intervenienti e, pertanto, ha avuto solo un accesso limitato agli elementi di prova del proprio investimento. Orbene, a tal proposito, è sufficiente ricordare che, per consolidata giurisprudenza, in virtù dell’obbligo generale di prudenza cui sono tenute tutte le imprese o associazioni di imprese, la ricorrente deve assicurare la buona conservazione, nei propri libri o archivi, degli elementi relativi alla propria attività, al fine, in particolare, di disporre delle prove necessarie nell’ipotesi di azioni giudiziarie o amministrative (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2011, Heineken Nederland e Heineken/Commissione, T‑240/07, EU:T:2011:284, punto 301 e giurisprudenza ivi citata). Tale obbligo si applica anche in materia di cessione di una partecipata, in conformità alla sentenza del 27 giugno 2012, Bolloré/Commissione (T‑372/10, EU:T:2012:325, punto 152).

254    Per quanto riguarda l’invito rivolto al Tribunale dalla ricorrente di ridurre, in via equitativa, l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta, qualora la durata del procedimento amministrativo non giustificasse l’annullamento della decisione impugnata, si deve ritenere che tale invito sia sollevato a sostegno delle sue conclusioni volte alla riduzione di tale importo, che saranno esaminati al successivo punto 261.

255    La terza parte del quinto motivo dev’essere pertanto respinta, al pari del motivo nel suo insieme.

256    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la ricorrente non è riuscita a dimostrare l’esistenza di irregolarità commesse dalla Commissione, tali da giustificare l’annullamento della decisione impugnata nella parte che la riguarda.

257    Le conclusioni formulate dalla ricorrente devono pertanto essere respinte.

B.      Sulla domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente

258    La ricorrente invita il Tribunale a ridurre l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta per tener conto degli errori commessi dalla Commissione nel calcolo del suddetto importo. In ogni caso, la ricorrente invita il Tribunale a ridurre, secondo equità, l’importo, nell’ipotesi in cui la durata della procedura amministrativa non giustificasse l’annullamento della decisione impugnata. Infine, essa domanda al Tribunale di ottenere il beneficio di qualunque riduzione dell’importo dell’ammenda accordato alle intervenienti a seguito del ricorso introdotto contro tale decisione nella causa T‑475/14, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi/Commissione.

259    Prima di esaminare le varie domande della ricorrente volte ad ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda che le è stata inflitta, occorre ricordare che il controllo di legittimità è integrato dalla competenza estesa al merito riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE. Tale competenza autorizza il giudice, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la propria valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità inflitta. Occorre tuttavia sottolineare che l’esercizio della competenza estesa al merito non equivale ad un controllo d’ufficio, e ricordare che il procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione è di tipo contraddittorio. Ad eccezione dei motivi di ordine pubblico che il giudice deve sollevare d’ufficio, come il difetto di motivazione della decisione impugnata, spetta al ricorrente sollevare motivi contro detta decisione e addurre elementi probatori per corroborare tali motivi (sentenza dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑389/10 P, EU:C:2011:816, punti 130 e 131).

1.      Sulla domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta in ragione degli errori commessi dalla Commissione nel calcolo del suddetto importo

260    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’invito della ricorrente a ridurre l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta in ragione degli errori commessi dalla Commissione nel calcolo del suddetto importo, occorre rilevare, da un lato, che i motivi dedotti dalla ricorrente a sostegno della domanda di annullamento sono stati respinti e, dall’altro lato, che non vi sono elementi, nel caso di specie, di natura tale da giustificare una riduzione dell’importo. Ne consegue che la presente domanda dev’essere interamente respinta.

2.      Sulla domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta a causa della durata eccessiva del procedimento amministrativo

261    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’invito della ricorrente a ridurre, in via equitativa, l’importo dell’ammenda inflittale, a causa della durata eccessiva del procedimento amministrativo, è sufficiente ricordare che, anche se la violazione del principio del rispetto del termine ragionevole da parte della Commissione può giustificare l’annullamento di una decisione adottata da quest’ultima in esito a un procedimento amministrativo ai sensi degli articoli 101 o 102 TFUE, dal momento che comporta altresì una violazione dei diritti di difesa dell’impresa interessata, una simile violazione del principio in questione, quand’anche dimostrata, non può condurre a una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑644/13 P, EU:C:2017:59, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

262    In ogni caso, come risulta dal punto 251 supra, una durata eccessiva del procedimento amministrativo non ha potuto essere accertata nel caso di specie. Ne consegue che la presente domanda dev’essere respinta.

3.      Sulla domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda al fine di beneficiare di qualsiasi riduzione di tale importo concessa alle intervenienti a seguito del ricorso proposto contro la decisione impugnata nella causa T475/14

263    Per quanto concerne, in terzo e ultimo luogo, la domanda della ricorrente di beneficiare di qualsiasi riduzione dell’importo dell’ammenda concesso dal Tribunale alle intervenienti a seguito del ricorso proposto contro la decisione impugnata nella causa T‑475/14, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi/Commissione, si deve ricordare che la ricorrente non è stata ritenuta responsabile dell’intesa in questione in ragione della sua partecipazione diretta alle attività di quest’ultima. Infatti, conformemente all’articolo 1 di tale decisione, essa è stata unicamente ritenuta responsabile dell’infrazione in qualità di società madre delle intervenienti.

264    Orbene, nell’ipotesi in cui la responsabilità della società madre risulti esclusivamente dalla partecipazione diretta della sua partecipata all’infrazione e in cui tali due società abbiano proposto ricorsi paralleli aventi il medesimo oggetto, il Tribunale può, senza statuire ultra petita, tener conto dell’annullamento della constatazione di infrazione nei confronti della partecipata per un determinato periodo di tempo e ridurre in maniera corrispondente l’importo dell’ammenda inflitta alla società madre in solido con la sua partecipata.

265    A tal proposito, da un lato, per dichiarare la responsabilità di un’unità economica, occorre che sia prodotta la prova che almeno un’entità ha commesso un’infrazione delle regole di concorrenza dell’Unione e che tale circostanza sia rilevata in una decisione divenuta definitiva e, dall’altra parte, è irrilevante la ragione per cui è accertata l’assenza di comportamento illecito della partecipata.

266    È in un tale contesto che occorre fa riferimento al carattere interamente derivato della responsabilità in cui la società madre è incorsa per il solo fatto della partecipazione diretta di una partecipata all’infrazione. In questo caso, infatti, la responsabilità della società madre trae la propria origine dal comportamento illegittimo della propria partecipata, attribuito alla società madre in considerazione dell’unità economica costituita da tali società. Di conseguenza, la responsabilità della società madre dipende necessariamente dai fatti costitutivi dell’infrazione commessa dalla sua partecipata, ai quali la sua responsabilità è inscindibilmente connessa.

267    Per le stesse ragioni, occorre precisare che, in una situazione in cui nessun fattore caratterizza individualmente il comportamento contestato alla società madre, la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla partecipata in solido con la società madre deve in linea di principio, allorché le condizioni procedurali richieste sono soddisfatte, essere estesa alla società madre.

268    Nel caso di specie, occorre rilevare che sia la ricorrente che le intervenienti hanno proposto ricorso avverso la decisione controversa e che tali ricorsi hanno in parte lo stesso oggetto, vale a dire, in via principale, l’annullamento dell’ammenda prevista all’articolo 2, lettera f), di detta decisione, nella parte in cui le riguarda, e, in via subordinata, la riduzione dell’importo dell’ammenda che è stata loro inflitta in solido.

269    In tali circostanze, andrebbero riconosciuti alla ricorrente gli stessi benefici dell’eventuale annullamento della decisione impugnata concessi alle intervenienti nell’ambito del ricorso proposto nella causa T‑475/14.

270    Tuttavia, occorre sottolineare che, con sentenza in data odierna nella causa T‑475/14, Prysmian e Pirelli cavi e sistemi/Commissione, il Tribunale ha respinto il ricorso nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, vale a dire sia le domande di annullamento formulate dalle intervenienti che le loro conclusioni dirette alla riduzione dell’importo delle ammende loro inflitte.

271    Pertanto, la domanda della ricorrente di beneficiare di qualsiasi riduzione concessa alle intervenienti a seguito del ricorso proposto contro la decisione impugnata nella causa T‑475/14, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi/Commissione non può essere accolta e, di conseguenza, occorre respingere nel loro complesso le conclusioni volte alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente.

272    Alla luce delle considerazioni che precedono, il presente ricorso dev’essere respinto.

IV.    Sulle spese

273    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

274    Poiché la ricorrente è rimasta integralmente soccombente nelle sue conclusioni e nei suoi motivi, e il Consiglio ne ha fatto domanda, occorre condannarla a sopportare tutte le spese.

275    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere che un interveniente all’infuori di quelli menzionati ai paragrafi 1 e 2 del suddetto articolo sopporterà le proprie spese. Nelle circostanze della presente causa, si deve dichiarare che la Prysmian e la PrysmianCS sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      The Goldman Sachs Group, Inc.sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      La Prysmian Spa e la Prysmian Cavi e Sistemi Srl sopporteranno le proprie spese.

Collins

Kancheva

Barents

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 luglio 2018.

Firme


Indice


I. Fatti

A. La ricorrente e il settore interessato

B. Procedimento amministrativo

C. Decisione impugnata

1. Infrazione in esame

2. Responsabilità della ricorrente

3. Ammenda inflitta

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulle domande di annullamento

1. Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, nonché su un errore di diritto e su un errore manifesto di valutazione

a) Sulla prima parte, relativa all’applicazione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante per il periodo dal 29 luglio 2005 al 3 maggio 2007

1) Sulla prima censura, relativa all’applicazione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante per il periodo dal 29 luglio 2005 al 3 maggio 2007

2) Sulla seconda censura, relativa al superamento della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante

b) Sulla seconda parte, concernente le conclusioni della Commissione per quanto riguarda il periodo dal 29 luglio 2005 al 28 gennaio 2009

1) Sul potere di nomina dei membri dei diversi consigli di amministrazione della Prysmian nonché sul potere di convocare gli azionisti alle assemblee e di proporre la revoca degli amministratori o dell’intero consiglio di amministrazione

2) Sulla rappresentanza effettiva della ricorrente all’interno del consiglio di amministrazione della Prysmian

3) Sui poteri di gestione dei rappresentanti della ricorrente all’interno del consiglio di amministrazione

4) Sull’importanza del ruolo svolto dalla ricorrente nei comitati istituiti dalla Prysmian

5) Sulla ricezione di aggiornamenti periodici e relazioni mensili

6) Sulle misure intese a garantire il proseguimento del controllo decisivo dopo la data dell’IPO

7) Sulla prova del comportamento tipico di un proprietario industriale

8) Sulla valutazione globale degli elementi invocati nella decisione impugnata

c) Sulla terza parte, concernente la conclusione della Commissione secondo cui, in sostanza, la ricorrente non era un mero investitore finanziario

2. Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, sull’insufficienza degli elementi di prova e sulla violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’articolo 296 TFUE

a) Sulla prima parte, relativa alla violazione dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, e all’insufficienza degli elementi di prova

b) Sulla seconda parte, relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione

3. Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, nonché sulla violazione dei principi della responsabilità personale e della presunzione di innocenza

4. Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, nonché su un errore manifesto di valutazione e sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di personalità delle pene

5. Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dei diritti di difesa

a) Sulla prima parte, relativa al fatto che la Commissione non ha dato accesso alla ricorrente ad elementi essenziali per la sua difesa

b) Sulla seconda parte, relativa al fatto che la Commissione ha illegittimamente ritardato l’accesso ad altri documenti essenziali per la difesa della ricorrente

c) Sulla terza parte, attinente all’eccessiva durata del procedimento amministrativo

B. Sulla domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente

1. Sulla domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta in ragione degli errori commessi dalla Commissione nel calcolo del suddetto importo

2. Sulla domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta a causa della durata eccessiva del procedimento amministrativo

3. Sulla domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda al fine di beneficiare di qualsiasi riduzione di tale importo concessa alle intervenienti a seguito del ricorso proposto contro la decisione impugnata nella causa T475/14

IV. Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.


1      Dati riservati omessi.