Language of document : ECLI:EU:C:2014:283

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

30 aprile 2014 (*)

«Sistema comune d’imposta sulle transazioni finanziarie – Autorizzazione di una cooperazione rafforzata a titolo dell’articolo 329, paragrafo 1, TFUE – Decisione 2013/52/UE – Ricorso di annullamento per violazione degli articoli 327 TFUE e 332 TFUE nonché del diritto internazionale consuetudinario»

Nella causa C‑209/13,

avente ad oggetto il ricorso di annullamento, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposto il 18 aprile 2013,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da E. Jenkinson e S. Behzadi Spencer, in qualità di agenti, assistite da M. Hoskins e P. Baker, QC, nonché da V. Wakefield, barrister,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A.‑M. Colaert, F. Florindo Gijón e A. de Gregorio Merino, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Regno del Belgio, rappresentato da J.‑C. Halleux e M. Jacobs, in qualità di agenti;

Repubblica federale di Germania, rappresentata da T. Henze, J. Möller e K. Petersen, in qualità di agenti;

Repubblica francese, rappresentata da D. Colas e J.‑S. Pilczer, in qualità di agenti;

Repubblica d’Austria, rappresentata da C. Pesendorfer, in qualità di agente;

Repubblica portoghese, rappresentata da L. Inez Fernandes, J. Menezes Leitão e A. Cunha, in qualità di agenti;

Parlamento europeo, rappresentato da A. Neergaard e R. van de Westelaken, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo;

Commissione europea, rappresentata da R. Lyal, B. Smulders e W. Mölls, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, K. Lenaerts (relatore), vicepresidente della Corte, J.L. da Cruz Vilaça, G. Arestis e J.‑C. Bonichot, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord chiede alla Corte di annullare la decisione 2013/52/UE del Consiglio, del 22 gennaio 2013, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore dell’imposta sulle transazioni finanziarie (GU L 22, pag. 11; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Fatti all’origine della controversia

2        Il 28 settembre 2011 la Commissione europea ha adottato una proposta di direttiva COM(2011) 594 definitivo del Consiglio concernente un sistema comune d’imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE (in prosieguo: la «proposta del 2011»).

3        L’articolo 1 di tale proposta del 2011, rubricato «Oggetto e campo di applicazione», così disponeva al paragrafo 2:

«La presente direttiva si applica a tutte le transazioni finanziarie a condizione che almeno una delle parti coinvolte nella transazione sia stabilita in uno Stato membro e che un ente finanziario stabilito sul territorio di uno Stato membro sia parte coinvolta nella transazione, agendo per conto proprio o per conto di altri soggetti oppure agendo a nome di una delle parti della transazione».

4        L’articolo 3 della suddetta proposta, intitolato «Stabilimento», al paragrafo 1 prevedeva quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva, un ente finanziario si considera stabilito sul territorio di uno Stato membro quando si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

(…)

e)      partecipa, agendo per conto proprio o per conto di altri soggetti, o agisce a nome di uno dei partecipanti, a una transazione finanziaria con un altro ente finanziario stabilito in tale Stato membro ai sensi delle lettere a), b), c) o d), o con un partecipante stabilito nel territorio di tale Stato membro che non è un ente finanziario».

5        Dopo tre riunioni del Consiglio dell’Unione europea svoltesi il 22 ed il 29 giugno nonché il 10 luglio 2012, è divenuto evidente che il principio di un sistema comune d’imposta sulle transazioni finanziarie (in prosieguo: l’«ITF») non avrebbe potuto beneficiare di sostegno unanime all’interno del Consiglio in un futuro prevedibile e che, pertanto, l’obiettivo di adottare un sistema comune siffatto non avrebbe potuto essere conseguito dall’Unione europea nel suo insieme entro un termine ragionevole.

6        Vista la situazione, undici Stati membri, tra il 28 settembre ed il 23 ottobre 2012, hanno comunicato alla Commissione che intendevano instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel settore dell’ITF.

7        Il 22 gennaio 2013 il Consiglio, su proposta della Commissione, ha adottato la decisione impugnata.

8        Il punto 6 di detta decisione è del seguente tenore:

«(…) undici Stati membri, ossia Belgio, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Austria, Portogallo, Slovenia e Slovacchia, hanno trasmesso alla Commissione (…) richieste con le quali manifestano l’intenzione di instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel settore dell’ITF. Tali Stati membri hanno chiesto che l’ambito di applicazione e gli obiettivi della cooperazione rafforzata si fondino sulla proposta di direttiva della Commissione del 28 settembre 2011. Si è fatto in particolare riferimento alla necessità di evitare le possibilità di evadere l’imposta, le distorsioni e i trasferimenti ad altre giurisdizioni».

9        La decisione impugnata si compone di due articoli. Il suo articolo 1 autorizza gli undici Stati membri menzionati al punto precedente della presente sentenza (in prosieguo: gli «Stati membri partecipanti») ad instaurare tra loro una cooperazione rafforzata ai fini dell’istituzione di un sistema comune di ITF, applicando le pertinenti disposizioni dei Trattati. L’articolo 2 della medesima decisione dispone che essa entri in vigore il giorno dell’adozione.

10      Il 14 febbraio 2013 la Commissione ha adottato una proposta di direttiva del Consiglio che attua una cooperazione rafforzata nel settore dell’ITF (in prosieguo: la «proposta del 2013»).

11      L’articolo 3 di tale proposta, intitolato «Campo di applicazione», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«La presente direttiva si applica a tutte le transazioni finanziarie, a condizione che almeno una delle parti coinvolte nella transazione sia stabilita sul territorio di uno Stato membro partecipante e che alla transazione prenda parte un ente finanziario stabilito sul territorio di uno Stato membro partecipante, che agisca per conto proprio o per conto di altri soggetti oppure a nome di uno dei partecipanti alla transazione».

12      L’articolo 4 della suddetta proposta, rubricato «Stabilimento», così dispone ai paragrafi 1 e 2:

«[1]. Ai fini della presente direttiva, un ente finanziario si considera stabilito sul territorio di uno Stato membro partecipante se si verifica una delle seguenti condizioni:

(…)

g)      partecipa, agendo per conto proprio o per conto di altri soggetti, a una transazione finanziaria concernente un prodotto strutturato o uno degli strumenti finanziari di cui all’allegato I, sezione C, della direttiva 2004/39/CE emesso sul territorio dello Stato membro in questione, ad eccezione degli strumenti di cui ai punti da 4) a 10) di tale sezione che non sono negoziati su una piattaforma regolamentata o agisce in detta transazione a nome di uno dei partecipanti.

[2].      Un soggetto che non è un ente finanziario si considera stabilito in uno Stato membro partecipante quando si verifica una delle seguenti condizioni:

(…)

c)      partecipa a una transazione finanziaria concernente un prodotto strutturato o uno degli strumenti finanziari di cui all’allegato I, sezione C, della direttiva 2004/39/CE, emesso sul territorio dello Stato membro in questione, ad eccezione degli strumenti di cui ai punti da 4) a 10) di tale sezione che non sono negoziati su una piattaforma regolamentata».

 Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

13      Il Regno Unito chiede che la Corte voglia annullare la decisione impugnata e condannare il Consiglio alle spese.

14      Il Consiglio chiede alla Corte di respingere il ricorso e di condannare il Regno Unito alle spese.

15      Il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese, la Repubblica d’Austria, la Repubblica portoghese, il Parlamento europeo e la Commissione sono stati ammessi a intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

 Sul ricorso

16      Pur ammettendo che il proprio ricorso, proposto a titolo precauzionale, potrebbe essere considerato prematuro, il Regno Unito deduce due motivi a sostegno del medesimo. Il primo motivo verte su una violazione dell’articolo 327 TFUE e del diritto internazionale consuetudinario, in quanto la decisione impugnata autorizza l’adozione di un’ITF che produrrà effetti extraterritoriali. Il secondo motivo, dedotto in via subordinata, attiene ad una violazione dell’articolo 332 TFUE, dal momento che detta decisione autorizza l’adozione di un’ITF che imporrà costi agli Stati membri non partecipanti alla cooperazione rafforzata (in prosieguo: gli «Stati membri non partecipanti»).

 Argomenti delle parti

17      Il primo motivo è suddiviso in due parti, vertenti su una violazione, rispettivamente, dell’articolo 327 TFUE e del diritto internazionale consuetudinario.

18      Nell’ambito della prima parte di tale motivo, il Regno Unito sostiene che, autorizzando l’adozione di un’ITF dotata di efficacia extraterritoriale in forza del «principio della controparte» sancito all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della proposta del 2011 e del «principio del luogo di emissione» enunciato all’articolo 4, paragrafi 1, lettera g), e 2, lettera c), della proposta del 2013, la decisione impugnata ha violato l’articolo 327 TFUE.

19      Infatti, la suddetta decisione consentirebbe l’instaurazione di un’ITF applicabile, in base ai due principi di imposizione summenzionati, ad enti, persone od operazioni localizzati sul territorio di Stati membri non partecipanti, arrecando così pregiudizio alle competenze e ai diritti di questi ultimi.

20      Nell’ambito della seconda parte del suo primo motivo, il Regno Unito sostiene che il diritto internazionale consuetudinario ammette che una normativa produca effetti extraterritoriali solamente a condizione che tra i fatti o i soggetti in questione e lo Stato che esercita la propria competenza nei loro confronti esista un elemento di collegamento sufficientemente stretto da giustificare uno sconfinamento nella competenza sovrana di un altro Stato.

21      Nel caso di specie, gli effetti extraterritoriali della futura ITF derivanti dal «principio della controparte» e dal «principio del luogo di emissione» non troverebbero giustificazione in alcuna norma di competenza fiscale ammessa dal diritto internazionale.

22      Con il suo secondo motivo, il Regno Unito sostiene che, mentre le spese legate all’attuazione della cooperazione rafforzata in materia di ITF devono in linea di principio, ai sensi dell’articolo 332 TFUE, essere a carico dei soli Stati membri partecipanti, tale attuazione sarà all’origine di costi anche per gli Stati membri non partecipanti, a causa dell’applicazione delle direttive 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure (GU L 84, pag. 1), e 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU L 64, pag. 1).

23      Queste due direttive, infatti, non autorizzerebbero gli Stati membri non partecipanti a richiedere il rimborso dei costi di assistenza reciproca e di cooperazione amministrativa correlati all’applicazione di tali direttive alla futura ITF.

24      Il Regno Unito aggiunge, a tale riguardo, che la nozione di «spese derivanti dall’attuazione di una cooperazione rafforzata», ai sensi dell’articolo 332 TFUE, abbraccia le spese connesse a domande di assistenza o di cooperazione basate sulle normative nazionali adottate per dare effetto alla cooperazione rafforzata in materia di ITF.

25      Il Consiglio, l’insieme degli Stati membri intervenuti a suo sostegno, ad eccezione della Repubblica federale di Germania, il Parlamento europeo e la Commissione ammettono, esplicitamente o implicitamente, la ricevibilità del ricorso e dei motivi ad esso sottesi. Essi sostengono, tuttavia, che tali motivi sono infondati.

26      Per quanto riguarda il primo motivo, le parti summenzionate sottolineano, in sostanza, che i principi di imposizione contestati dal Regno Unito nell’ambito di tale motivo costituiscono, in tale fase, elementi puramente ipotetici di una legislazione che resta da definire. Di conseguenza, gli argomenti addotti da tale Stato membro, fondati su asseriti effetti extraterritoriali della futura ITF, sarebbero prematuri e speculativi. Essi sarebbero pertanto inconferenti nell’ambito del presente ricorso.

27      Per quanto riguarda il secondo motivo del ricorso, le stesse parti fanno valere, in sostanza, che detto motivo innesca un dibattito prematuro sul modo in cui il legislatore dell’Unione disciplinerà la questione della presa in carico dei costi legati all’attuazione della cooperazione rafforzata autorizzata dalla decisione impugnata. Del resto, quest’ultima nulla disporrebbe circa le questioni relative all’assistenza reciproca ai fini dell’applicazione della futura ITF.

28      Il Consiglio, la Repubblica d’Austria, la Repubblica portoghese e la Commissione aggiungono che il secondo motivo del ricorso si basa su un’interpretazione errata dell’articolo 332 TFUE. Tale articolo, infatti, riguarderebbe unicamente le spese operative a carico del bilancio dell’Unione correlate agli atti che istituiscono la cooperazione rafforzata, e non le spese, contestate dal Regno Unito, che potrebbero gravare sugli Stati membri ai sensi delle direttive 2010/24 e 2011/16.

29      Basandosi su un’argomentazione analoga a quella menzionata ai punti 26 e 27 della presente sentenza, la Repubblica federale di Germania asserisce che il ricorso è irricevibile, o addirittura manifestamente irricevibile, a causa di una violazione del requisito previsto all’articolo 120, lettera c), del regolamento di procedura della Corte, dato che i motivi dedotti dal Regno Unito a sostegno del proprio ricorso sono privi di attinenza con l’oggetto della decisione impugnata. In subordine, essa sostiene che il ricorso deve essere respinto in quanto infondato.

 Giudizio della Corte

30      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’eccezione di irricevibilità menzionata al punto precedente della presente sentenza, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 120, lettera c), del regolamento di procedura e della giurisprudenza ad esso relativa, ogni atto introduttivo del giudizio deve indicare l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e alla Corte di esercitare il suo controllo. Ne discende che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali si fonda un ricorso devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo stesso e che le conclusioni di quest’ultimo devono essere formulate in modo inequivoco, al fine di evitare che la Corte statuisca ultra petita ovvero ometta di pronunciarsi su una censura (sentenze Commissione/Spagna, C‑360/11, EU:C:2013:17, punto 26, e Commissione/Repubblica ceca, C‑545/10, EU:C:2013:509, punto 108).

31      È necessario constatare che, nel caso di specie, il contenuto del ricorso soddisfa tali esigenze di chiarezza e di precisione. Esso ha consentito al Consiglio e agli Stati membri intervenuti a suo sostegno di predisporre i propri argomenti in relazione ai motivi dedotti dal Regno Unito e pone la Corte in grado di esercitare il proprio sindacato giurisdizionale sulla decisione impugnata.

32      Ne consegue che detta eccezione di irricevibilità dev’essere respinta.

33      In secondo luogo, si deve sottolineare che, nell’ambito di un ricorso di annullamento diretto contro una decisione del Consiglio che, come la decisione impugnata, ha ad oggetto l’autorizzazione di una cooperazione rafforzata sulla base dell’articolo 329 TFUE, il sindacato della Corte verte sulla verifica della validità in sé di tale decisione alla luce, in particolare, delle disposizioni – contenute all’articolo 20 TUE nonché agli articoli da 326 TFUE a 334 TFUE – che definiscono i presupposti sostanziali e procedurali di concessione di una simile autorizzazione.

34      Tale sindacato non dev’essere confuso con quello esercitabile, nell’ambito di un ulteriore ricorso di annullamento, nei confronti di un atto adottato a titolo di attuazione della cooperazione rafforzata autorizzata.

35      Nel presente ricorso, il primo motivo del medesimo è volto a contestare gli effetti che l’applicazione di determinati principi di imposizione alla futura ITF potrebbe produrre sugli enti, sulle persone e sulle operazioni localizzati nel territorio di Stati membri non partecipanti.

36      Orbene, è necessario rilevare che la decisione impugnata mira ad autorizzare undici Stati membri a instaurare tra loro una cooperazione rafforzata ai fini dell’istituzione di un sistema comune di ITF, nel rispetto delle pertinenti disposizioni dei Trattati. I principi di imposizione contestati dal Regno Unito, invece, non rappresentano affatto elementi costitutivi di tale decisione. Infatti, da un lato, il «principio della controparte» corrisponde a un elemento della proposta del 2011 menzionata al punto 6 della suddetta decisione. Dall’altro, il «principio del luogo di emissione» è stato formulato per la prima volta nella proposta del 2013.

37      Quanto al secondo motivo del ricorso, con il quale il Regno Unito deduce, in sostanza, che la futura ITF sarà all’origine di costi a carico degli Stati membri non partecipanti a causa degli obblighi di assistenza reciproca e di cooperazione amministrativa legati all’applicazione a detta imposta delle direttive 2010/24 e 2011/16, circostanza contraria, secondo tale Stato membro, all’articolo 332 TFUE, si deve rilevare che la decisione impugnata non contiene alcuna disposizione riguardante la questione delle spese correlate all’attuazione della cooperazione rafforzata da essa autorizzata.

38      Peraltro, e indipendentemente dal fatto che la nozione di «spese derivanti dall’attuazione di una cooperazione rafforzata», ai sensi dell’articolo 332 TFUE, si estenda ai costi di assistenza reciproca e di cooperazione amministrativa menzionati dal Regno Unito nell’ambito del suo secondo motivo, è evidente che la questione dell’eventuale incidenza della futura ITF sui costi amministrativi degli Stati membri non partecipanti non può essere esaminata fintanto che i principi di imposizione relativi a tale imposta non saranno stati definitivamente stabiliti nell’ambito dell’attuazione della cooperazione rafforzata autorizzata dalla decisione impugnata.

39      La suddetta incidenza, infatti, dipende dall’adozione del «principio della controparte» e del «principio del luogo di emissione», i quali non sono tuttavia elementi costitutivi della decisione impugnata, come rilevato al punto 36 della presente sentenza.

40      Dalle suesposte considerazioni deriva che i due motivi dedotti dal Regno Unito a sostegno del suo ricorso non meritano accoglimento e che, pertanto, quest’ultimo dev’essere respinto.

 Sulle spese

41      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, il Regno Unito, rimasto soccombente, va condannato alle spese. Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, del medesimo regolamento, secondo cui le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico, le spese sostenute dal Regno del Belgio, dalla Repubblica federale di Germania, dalla Repubblica francese, dalla Repubblica d’Austria, dalla Repubblica portoghese, dal Parlamento europeo e dalla Commissione restano a loro carico.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è condannato alle spese.

3)      Le spese sostenute dal Regno del Belgio, dalla Repubblica federale di Germania, dalla Repubblica francese, dalla Repubblica d’Austria, dalla Repubblica portoghese, dal Parlamento europeo e dalla Commissione europea restano a loro carico.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.