Language of document : ECLI:EU:C:2009:459

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

16 luglio 2009 (*)


Indice


I – Contesto normativo

II – Fatti all’origine della controversia

III – Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

IV – Conclusioni delle parti

V – Motivi di impugnazione

VI – Sull’impugnazione

A – Sul primo motivo, relativo al fatto che il Tribunale avrebbe erroneamente constatato un’«omissione» della censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001, affermando che la formulazione di tale censura non presentava «nessuna difficoltà tecnica particolare»

1. Argomenti delle parti

2. Giudizio della Corte

a) Sulle prime tre parti del motivo, con le quali si deduce una violazione dell’autorità di giudicato spettante alla sentenza Schneider I, l’inesattezza materiale di accertamenti di fatto ed uno snaturamento degli elementi di prova

i) Sull’esistenza di un riferimento alla censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001

ii) Sull’esistenza di difficoltà atte ad ostacolare una formulazione sufficientemente chiara e precisa della censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001

b) Sulla quarta parte del motivo, relativa ad una violazione dell’obbligo di motivazione

B – Sul secondo motivo, relativo al fatto che il Tribunale avrebbe ingiustamente dichiarato la Commissione responsabile di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli

1. Argomenti delle parti

2. Giudizio della Corte

a) Sulla prima parte del motivo, relativa ad un errore di qualificazione giuridica dei fatti

b) Sulla seconda parte del motivo, relativa ad una violazione dell’obbligo di motivazione

C – Sul terzo motivo, relativo al fatto che il Tribunale avrebbe ingiustamente affermato l’esistenza di un nesso di causalità diretto tra l’illecito della Commissione e il danno subìto dalla Schneider a motivo della riduzione concessa del prezzo di cessione della Legrand

1. Argomenti delle parti

2. Giudizio della Corte

a) Sulla ricevibilità

b) Nel merito

VII – Sulle conseguenze dell’annullamento parziale della sentenza impugnata

A – Sul danno costituito dalle spese sostenute dalla Schneider per partecipare alla ripresa del procedimento di controllo dell’operazione di concentrazione

B – Sul danno corrispondente alla riduzione del prezzo di cessione della Legrand concessa dalla Schneider

VIII – Sulle spese

«Impugnazione – Operazioni di concentrazione tra imprese – Regolamento (CEE) n. 4064/89 – Decisione della Commissione che dichiara un’operazione incompatibile con il mercato comune – Annullamento – Responsabilità extracontrattuale della Comunità per l’illegittimità constatata – Presupposti»

Nel procedimento C‑440/07 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 21 settembre 2007,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. M. Petite, F. Arbault, T. Christoforou, R. Lyal e dalla sig.ra C.-F. Durand, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Schneider Electric SA, con sede in Reuil-Malmaison (Francia), rappresentata dagli avv.ti M. Pittie e A. Winckler, avocats,

ricorrente in primo grado,

Repubblica federale di Germania,

Repubblica francese,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts, A. Ó Caoimh e J.-C. Bonichot, presidenti di sezione, dai sigg. J. Makarczyk, P. Kūris, E. Juhász, G. Arestis, A. Borg Barthet e L. Bay Larsen (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig. M.-A. Gaudissart, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 dicembre 2008,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 febbraio 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 11 luglio 2007, causa T‑351/03, Schneider Electric/Commissione (Racc. pag. II‑2237; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale tale giudice:

–        ha condannato la Comunità europea a risarcire, da un lato, le spese sostenute dalla Schneider Electric SA (in prosieguo: la «Schneider») per partecipare alla ripresa del procedimento di controllo dell’operazione di concentrazione, intervenuta a seguito della pronuncia delle sentenze del Tribunale 22 ottobre 2002, causa T‑310/01, Schneider Electric/Commissione (Racc. pag. II‑4071), e causa T‑77/02, Schneider Electric/Commissione (Racc. pag. II‑4201) (in prosieguo, rispettivamente: la «sentenza Schneider I» e la «sentenza Schneider II»), e, dall’altro, i due terzi del danno subìto dalla Schneider corrispondente all’importo della riduzione del prezzo di cessione della Legrand SA (in prosieguo: la «Legrand») che la Schneider ha dovuto concedere al cessionario in cambio del rinvio del termine per la realizzazione effettiva della vendita della Legrand fino al 10 dicembre 2002;

–        ha respinto il ricorso per il resto;

–        ha invitato le parti a comunicargli, entro un termine di tre mesi, la valutazione dell’importo relativo alla prima voce di danno, effettuata di comune accordo, ovvero, in mancanza di tale accordo, le loro conclusioni in ordine alla quantificazione del danno;

–        ha disposto una perizia al fine di valutare l’importo relativo alla seconda voce di danno;

–        ha deciso che il risarcimento dovuto alla ricorrente a decorrere dal 10 dicembre 2002, data di concretizzazione del danno connesso alla realizzazione effettiva della cessione della Legrand, dovrà essere rivalutato mediante interessi fino alla data della pronuncia della sentenza recante liquidazione del danno stesso, e poi maggiorato degli interessi moratori a partire da tale ultima data fino al completo pagamento;

–        ha riservato le spese.

I –  Contesto normativo

2        Ai sensi dell’art. 2 del regolamento (CEE) del Consiglio 21 dicembre 1989, n. 4064, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (GU L 395, pag. 1, e, per rettifica, GU 1990, L 257, pag. 13), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 30 giugno 1997, n. 1310 (GU L 180, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento»), la compatibilità con il mercato comune di un’operazione di concentrazione rientrante nell’ambito di applicazione di tale regolamento è sottoposta alla valutazione della Commissione.

3        Conformemente all’art. 4, n. 1, del medesimo regolamento, un’operazione di questo tipo deve essere notificata alla Commissione entro una settimana dalla conclusione dell’accordo o dalla pubblicazione dell’offerta d’acquisto o di scambio o dall’acquisizione di una partecipazione di controllo.

4        A norma degli artt. 6 e 8 del citato regolamento:

–        la Commissione procede all’esame della notificazione non appena questa le è pervenuta;

–        se constata che l’operazione di concentrazione notificata rientra nella sfera di applicazione del regolamento e non suscita seri dubbi per quanto riguarda la sua compatibilità con il mercato comune, decide di non opporvisi e la dichiara compatibile con il mercato comune;

–        se invece constata che l’operazione rientra nell’ambito di applicazione del regolamento e suscita seri dubbi per quanto riguarda la sua compatibilità con il mercato comune, decide di avviare una procedura di esame approfondito;

–        se constata, eventualmente a seguito di modifiche apportate dalle imprese interessate, che l’operazione non suscita più dubbi siffatti, può decidere di dichiarare la concentrazione compatibile con il mercato comune;

–        se constata che l’operazione non è compatibile con il mercato comune, adotta una decisione che dichiara tale incompatibilità;

–        in tal caso, se l’operazione di concentrazione è già stata realizzata, la Commissione può ordinare, nella decisione stessa che dichiara la concentrazione incompatibile oppure in una decisione distinta, la separazione delle imprese o degli elementi patrimoniali acquistati o incorporati, la cessazione del controllo comune, nonché ogni altra misura idonea a ripristinare una concorrenza effettiva.

5        L’art. 7, n. 1, del regolamento stabilisce che una concentrazione non può essere realizzata né prima di essere notificata, né prima di essere stata dichiarata compatibile con il mercato comune.

6        Tuttavia, giusta quanto disposto dal n. 3 del medesimo art. 7, la disposizione suddetta non osta alla realizzazione di un’offerta pubblica di acquisto o di scambio che sia stata notificata alla Commissione, sempreché l’acquirente non eserciti i diritti di voto inerenti alle partecipazioni in questione o li eserciti soltanto ai fini di mantenere il pieno valore dei suoi investimenti e in base a una deroga accordata dalla Commissione.

7        In forza dell’art. 10, n. l, quando un’operazione di concentrazione viene notificata, la decisione della Commissione di dichiarare tale operazione compatibile oppure di avviare la procedura di esame approfondito deve intervenire entro il termine massimo di un mese a far data dal giorno successivo a quello della ricezione della notifica o, qualora le informazioni che devono essere fornite all’atto della notifica siano incomplete, dal giorno successivo a quello della ricezione delle informazioni complete.

8        L’art. 10, nn. 2 e 3, prevede che, nell’ambito di una procedura di esame approfondito, la Commissione deve prendere una decisione in merito alla compatibilità dell’operazione entro un termine massimo di quattro mesi a decorrere dalla data di avvio della procedura stessa.

9        Ai sensi dell’art. 10, n. 5, se il giudice comunitario emette una sentenza che annulla totalmente o parzialmente una decisione della Commissione adottata a norma del regolamento, i termini fissati da quest’ultimo si applicano nuovamente a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza.

10      A norma dell’art. 10, n. 6, un’operazione notificata si reputa essere stata dichiarata compatibile con il mercato comune qualora la Commissione non abbia preso una decisione di avvio di una procedura di esame approfondito alla scadenza del termine massimo di un mese dal giorno successivo a quello della ricezione della notifica o delle informazioni complete, o, in caso di avvio della detta procedura, una decisione che si pronuncia sulla compatibilità dell’operazione nei quattro mesi successivi alla data di tale avvio.

11      L’art. 18, n. 1, del regolamento prescrive che, prima di adottare, in particolare, una decisione che dichiara l’incompatibilità di una concentrazione, la Commissione dà modo alle imprese interessate di manifestare, in ogni fase della procedura sino alla consultazione del comitato consultivo previsto dall’art. 19, il proprio punto di vista relativamente alle obiezioni formulate a loro carico.

12      L’art. 18, n. 3, dispone che la Commissione fonda le proprie decisioni soltanto sulle obiezioni in merito alle quali gli interessati hanno potuto far valere le proprie osservazioni, e che nello svolgimento della procedura i diritti della difesa sono pienamente garantiti.

II –  Fatti all’origine della controversia

13      Il 16 febbraio 2001 la Schneider e la Legrand – società francesi a capo di due gruppi che producono e vendono, il primo, prodotti e sistemi nei settori della distribuzione elettrica, del controllo industriale e dell’automazione e, il secondo, apparecchiature elettriche per impianti a bassa tensione – notificavano alla Commissione, a norma dell’art. 4, n. 1, del regolamento, un progetto di acquisizione del controllo, da parte della Schneider, dell’intera impresa Legrand mediante un’offerta pubblica di scambio.

14      Ritenendo che l’operazione suscitasse seri dubbi quanto alla sua compatibilità con il mercato comune, la Commissione avviava la procedura di esame approfondito.

15      Il 3 agosto 2001 essa inviava alla Schneider una comunicazione degli addebiti, con la quale contestava la creazione od il rafforzamento di una posizione dominante, in conseguenza dell’operazione, su un certo numero di mercati settoriali nazionali.

16      Il 6 agosto 2001 la Commission des opérations de bourse (Commissione per le operazioni di borsa) emetteva il parere sul risultato definitivo dell’offerta pubblica di scambio della Schneider. Al termine di tale operazione, la Schneider aveva raccolto il 98,7% dei titoli della Legrand.

17      Nella loro lettera del 16 agosto 2001 in risposta alla comunicazione degli addebiti, le parti dell’operazione contestavano la definizione dei mercati adottata dalla Commissione, nonché la sua analisi dell’impatto dell’operazione su tali mercati.

18      Il 29 agosto 2001 le parti dell’operazione ed i servizi della Commissione tenevano una riunione destinata a definire eventuali modifiche dell’operazione idonee a risolvere i problemi di concorrenza rilevati dall’Istituzione. 

19      La Schneider proponeva a più riprese alla Commissione misure correttive.

20      Al termine della procedura di esame approfondito, la Commissione riteneva che l’operazione di concentrazione fosse incompatibile con il mercato comune. A suo avviso, tale operazione, da un lato, avrebbe creato una posizione dominante che avrebbe avuto l’effetto di ostacolare in modo significativo una concorrenza effettiva su vari mercati settoriali nazionali, vale a dire quelli di Danimarca, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Portogallo e Regno Unito, e, dall’altro, avrebbe rafforzato tale posizione dominante su vari mercati settoriali francesi.

21      Pertanto, il 10 ottobre 2001 la Commissione adottava la decisione 2004/275/CE, che dichiara l’incompatibilità di una concentrazione con il mercato comune (GU 2004, L 101, pag. 1; in prosieguo: la «decisione negativa»), nella quale affermava che le misure correttive proposte dalla Schneider non avrebbero permesso di risolvere i problemi di concorrenza individuati.

22      Il 24 ottobre 2001 la Commissione notificava alla Schneider una seconda comunicazione degli addebiti ai fini della separazione di tale impresa dalla Legrand.

23      Il 13 dicembre 2001 la Schneider proponeva dinanzi al Tribunale un ricorso di annullamento avverso la decisione negativa (causa T‑310/01) e, con atto separato, un’istanza diretta ad ottenere che il Tribunale statuisse su tale ricorso mediante procedimento accelerato ai sensi dell’art. 76 bis del proprio regolamento di procedura.

24      Il 23 gennaio 2002 il Tribunale respingeva quest’ultima istanza.

25      Il 30 gennaio 2002 la Commissione adottava la decisione 2004/276/CE, che ordina una separazione di imprese a norma dell’art. 8, n. 4, del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio (GU 2004, L 101, pag. 134; in prosieguo: la «decisione di separazione»).

26      Tale decisione ordinava alla Schneider di separarsi dalla Legrand entro un termine di nove mesi, con scadenza il 5 novembre 2002.

27      Con atti depositati il 18 marzo 2002, la Schneider proponeva un ricorso di annullamento avverso la decisione di separazione (causa T‑77/02), un’istanza diretta a far statuire su tale ricorso mediante procedimento accelerato, nonché una domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione di separazione (causa T‑77/02 R).

28      L’istanza di procedimento accelerato veniva accolta nella causa T‑77/02 con decisione notificata il 25 marzo 2002.

29      A seguito dell’udienza in sede cautelare del 23 aprile 2002 nella causa T‑77/02 R, la Commissione, con lettera dell’8 maggio 2002, prorogava fino al 5 febbraio 2003 il termine impartito alla Schneider per separarsi dalla Legrand, ferma restando la realizzazione delle varie fasi dell’iter di separazione nel corso del periodo di proroga.

30      Il 3 maggio 2002 il Tribunale accoglieva un’istanza della Schneider intesa alla trattazione della causa T‑310/01 con procedimento accelerato, tenuto conto della conferma da parte della Schneider del mantenimento della versione abbreviata del proprio ricorso introduttivo, trasmessa il 12 aprile 2002.

31      In considerazione della proroga del termine di separazione accordata dalla Commissione nella sua lettera dell’8 maggio 2002, la Schneider ritirava la propria domanda di sospensione dell’esecuzione nella causa T‑77/02 R.

32      La Schneider preparava la cessione della Legrand, da realizzarsi in caso di rigetto dei suoi due ricorsi di annullamento. A tal fine, il 26 luglio 2002 essa concludeva con il consorzio Wendel-KKR un contratto per la cessione della Legrand. Tale contratto di cessione doveva essere eseguito entro e non oltre il 10 dicembre 2002 e conteneva una clausola che consentiva alla Schneider, in caso di annullamento della decisione negativa, di risolvere il contratto entro il 5 dicembre 2002, in cambio della corresponsione di un’indennità di risoluzione di EUR 180 milioni.

33      Il 22 ottobre 2002, con la sentenza Schneider I, il Tribunale annullava la decisione negativa, a motivo della presenza di errori di analisi e di valutazione dell’impatto dell’operazione sui mercati settoriali nazionali fuori della Francia, nonché di una violazione dei diritti della difesa inficiante l’analisi dell’impatto dell’operazione sui mercati settoriali francesi e delle misure correttive proposte dalla Schneider.

34      Riguardo ai mercati settoriali nazionali fuori della Francia, il giudice di primo grado considerava, in particolare, che la Commissione aveva sovrastimato la potenza economica della nuova entità risultante dall’operazione di concentrazione e, su taluni mercati, sottostimato la potenza economica di due importanti concorrenti della detta entità, con conseguente sopravvalutazione della forza di questa su tali mercati.

35      A proposito dei mercati settoriali francesi interessati dall’operazione notificata, il Tribunale statuiva su un motivo dedotto dalla Schneider in merito al fatto che la Commissione avrebbe commesso una violazione dei diritti della difesa nel corso della procedura di esame approfondito.

36      A questo riguardo, il Tribunale giudicava che dal testo della comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001 non risultava che la Commissione avesse affrontato con sufficiente chiarezza e precisione la questione del rafforzamento della posizione della Schneider rispetto ai distributori francesi di materiali elettrici a bassa tensione, derivante non soltanto dal sommarsi delle vendite della Legrand sui mercati di componenti di quadri elettrici, ma anche dalla posizione di predominio della Legrand sui segmenti delle attrezzature elettriche ultraterminali.

37      Il Tribunale rilevava peraltro che la conclusione generale della comunicazione degli addebiti elencava i diversi mercati settoriali nazionali interessati dall’operazione senza evidenziare alcun addossamento di una posizione detenuta da una delle due imprese su un dato mercato di prodotti alla posizione dell’altra impresa su un altro mercato settoriale.

38      Il Tribunale concludeva dunque che la comunicazione degli addebiti non aveva consentito alla Schneider di valutare in tutta la loro ampiezza i problemi di concorrenza individuati dalla Commissione sul mercato francese del materiale elettrico a bassa tensione considerato a livello di distribuzione. 

39      Esso affermava che la Schneider era stata in tal modo privata, da un lato, della possibilità di contestare utilmente, nel merito, la tesi della Commissione e, dall’altro, dell’opportunità di presentare utilmente e tempestivamente proposte di adeguate misure correttive.

40      Con la sentenza Schneider II, il Tribunale annullava la decisione di separazione, in quanto costituente una misura di attuazione della decisione negativa annullata.

41      La Commissione non proponeva impugnazione contro le sentenze Schneider I e Schneider II, le quali acquisivano dunque efficacia di giudicato.

42      Con lettera 13 novembre 2002, la Commissione informava la Schneider che l’operazione era idonea a pregiudicare la concorrenza sui mercati settoriali francesi, a motivo della sovrapposizione di considerevoli quote di mercato della Schneider e della Legrand, del venir meno della loro rivalità tradizionale, dell’importanza dei marchi detenuti dall’entità Schneider‑Legrand, del suo potere sui rivenditori all’ingrosso e dell’impossibilità per qualsiasi concorrente di sostituirsi alla pressione concorrenziale che la Legrand esercitava prima dell’operazione. 

43      Secondo la Commissione, l’operazione di concentrazione avrebbe avuto come risultato, su ciascuno dei mercati interessati su cui l’una o l’altra delle parti era in posizione dominante prima dell’operazione, l’eliminazione di un concorrente immediato, che era l’unico in grado di esercitare un vincolo concorrenziale sull’impresa dominante grazie al suo addossamento sulle posizioni molto forti dello stesso gruppo in altri segmenti dello stesso settore.

44      Il 14 novembre 2002 la Schneider presentava alla Commissione misure correttive aventi per oggetto l’eliminazione delle sovrapposizioni di attività tra la Schneider e la Legrand sui mercati settoriali francesi interessati.

45      Il 15 novembre 2002 la Commissione pubblicava nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (C 279, pag. 22) un avviso relativo alla riapertura del controllo dell’operazione, in cui precisava che, ai sensi dell’art. 10, n. 5, del regolamento, i termini per l’esame si sarebbero applicati a decorrere dal 23 ottobre 2002, giorno successivo alla pronuncia della sentenza Schneider I, e invitava i terzi a presentarle le loro eventuali osservazioni.

46      Con lettera 25 novembre 2002, la Schneider faceva presente alla Commissione che, in mancanza di un’analisi mercato per mercato degli effetti dell’operazione, le censure mosse dalla detta istituzione nella sua lettera del 13 novembre 2002 rimanevano di natura e portata imprecisate e non dimostravano l’esistenza di un effetto anticoncorrenziale sui mercati interessati, e che le considerazioni di ordine generale svolte dalla detta istituzione erano smentite dalla realtà.

47      Con lettera 29 novembre 2002, la Commissione comunicava alla Schneider che le misure correttive che essa aveva successivamente proposto non erano sufficienti ad eliminare tutte le restrizioni di concorrenza derivanti dall’operazione, a causa dei persistenti dubbi in merito alla redditività e all’autonomia delle attività cedute, nonché a motivo dell’inidoneità delle misure proposte a creare un contrappeso alla potenza dell’entità Schneider‑Legrand.

48      Con lettera 2 dicembre 2002, la Schneider rispondeva che, allo stato assai avanzato cui era giunta la procedura, la presa di posizione della Commissione rendeva non più realistica la prosecuzione delle discussioni e che, per porre fine ad un’incertezza durata oltre un anno, essa aveva deciso di vendere la Legrand al consorzio Wendel-KKR.

49      Con fax indirizzato alla Commissione il 3 dicembre 2002, la Schneider confermava la propria decisione, precisando che, conformemente alle disposizioni del contratto di cessione del 26 luglio 2002, la realizzazione della vendita della Legrand al consorzio Wendel-KKR non implicava più alcuna iniziativa da parte sua e avrebbe avuto luogo il 10 dicembre 2002.

50      Con decisione 4 dicembre 2002, la Commissione avviava la procedura di esame approfondito, a motivo del fatto che le misure correttive proposte dalla Schneider non consentivano, allo stato in cui si trovava la procedura, di eliminare i seri dubbi residui riguardo alla compatibilità dell’operazione, considerati i suoi effetti sui mercati settoriali francesi identificati nella decisione negativa.

51      L’11 dicembre 2002 la Schneider confermava alla Commissione che la cessione al consorzio Wendel‑KKR della sua partecipazione nella Legrand aveva avuto luogo il 10 dicembre 2002.

52      Con lettera 13 dicembre 2002, la Commissione informava la Schneider della chiusura, per mancanza d’oggetto, della procedura di esame.

53      Il 10 febbraio 2003 la Schneider proponeva un ricorso di annullamento contro la decisione 4 dicembre 2002 di avvio della procedura di esame approfondito e contro la decisione 13 dicembre 2002 di chiusura del procedimento (causa T‑48/03).

54      Con ordinanze 29 ottobre 2004, cause T‑310/01 DEP e T‑77/02 DEP, Schneider Electric/Commissione, il Tribunale liquidava l’importo delle spese recuperabili dalla Schneider a carico della Commissione in EUR 419 595,32 nella causa T‑310/01 e in EUR 426 275,06 nelle cause T‑77/02 e T‑77/02 R.

55      Con ordinanza 31 gennaio 2006, causa T‑48/03, Schneider Electric/Commissione (Racc. pag. II‑111), il Tribunale respingeva in quanto irricevibile il ricorso di annullamento nella causa T‑48/03, per il motivo che la decisione di avvio della procedura di esame approfondito e la decisione di chiusura censurate non costituivano atti arrecanti pregiudizio alla Schneider.

56      Il 12 aprile 2006 la Schneider impugnava tale ordinanza.

57      Tale impugnazione veniva respinta con ordinanza della Corte 9 marzo 2007, causa C‑188/06 P (Schneider Electric/Commissione).

III –  Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

58      Il 10 ottobre 2003 la Schneider ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso contro la Commissione inteso ad ottenere il risarcimento del danno che essa ritiene di aver subìto a motivo di illegittimità inficianti la procedura di controllo della compatibilità con il mercato comune dell’operazione di concentrazione notificata.

59      Essa ha chiesto che il Tribunale voglia:

–        in via principale, condannare la Comunità a versarle la somma di EUR 1 663 734 716,76, salvo riduzione fino a concorrenza dell’importo delle spese recuperabili stabilito dalle ordinanze di liquidazione delle spese pronunciate nelle cause T‑310/01 DEP e T‑77/02 DEP, e salvo maggiorazione in ragione, da un lato, degli interessi maturati a partire dal 4 dicembre 2002, fino al saldo integrale, al tasso annuale del 4% e, dall’altro, dell’importo dell’imposta che la Schneider dovrà pagare, al momento della sua riscossione, sull’importo del risarcimento riconosciuto;

–        in via subordinata:

–        dichiarare il ricorso ricevibile;

–       dichiarare la responsabilità extracontrattuale della Comunità;

–       stabilire la procedura da seguire al fine di determinare l’importo del danno risarcibile da essa effettivamente subìto;

–        condannare la Commissione a tutte le spese del giudizio.

60      L’11 dicembre 2003 il Tribunale ha deciso di limitare la discussione al principio dell’insorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità e alla metodologia di valutazione del danno.

61      Con ordinanze in data 20 aprile e 6 dicembre 2004, la Repubblica federale di Germania e la Repubblica francese sono state rispettivamente ammesse ad intervenire nella controversia, la prima a sostegno delle conclusioni della Commissione, la seconda a sostegno di quelle della Schneider.

62      Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito nei termini indicati al punto 1 della presente sentenza.

63      Ai punti 152 e 156 della sentenza impugnata, esso ha stabilito che la violazione dei diritti della difesa constatata dalla sentenza Schneider I in riferimento ai mercati settoriali francesi costituiva una violazione manifesta e grave di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli, sancita dall’art. 18, nn. 1 e 3, del regolamento.

64      Al punto 155 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto nei termini che seguono l’argomento addotto dalla Commissione in merito alle particolari difficoltà obiettivamente gravanti sui suoi servizi nel corso della procedura di esame approfondito:

«(…) l’argomento fatto valere dalla convenuta riguardo alla difficoltà inerente alla realizzazione di un’analisi complessa dei mercati sottoposta ad un vincolo temporale assai rigido è privo di pertinenza, dal momento che il fatto che ha generato il danno qui considerato non è l’analisi dei mercati rilevanti effettuata nella comunicazione degli addebiti o nella decisione di incompatibilità, bensì l’omissione nella comunicazione degli addebiti di una menzione essenziale per le sue conseguenze e per il dispositivo della decisione di incompatibilità, la quale non comportava nessuna difficoltà tecnica particolare, non esige[va] alcun esame specifico supplementare che non avrebbe potuto essere realizzato per ragioni di tempo, e la cui assenza non può essere attribuita a un problema fortuito o accidentale di redazione che una lettura complessiva della comunicazione degli addebiti avrebbe permesso di compensare».

65      Al punto 157 della medesima sentenza, il Tribunale ha concluso che la violazione dei diritti della difesa in parola costituiva, da parte della Commissione, un illecito idoneo a far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità.

66      Nel suo esame delle questioni relative all’esistenza di un danno e di un nesso di causalità tra l’illecito della Commissione e il danno medesimo, esso ha rilevato, al punto 269 della sentenza impugnata, che, se certo la violazione sufficientemente qualificata dei diritti della difesa aveva avuto come effetto di rendere illegittima la decisione negativa, non se ne deduceva per questo che, in assenza di una violazione di tal genere, l’operazione di concentrazione avrebbe dovuto essere dichiarata compatibile con il mercato comune.

67      Il Tribunale ha concluso, al punto 278 della sentenza impugnata, che il vizio identificato nella decisione negativa non aveva privato la Schneider di un qualche diritto ad una decisione di compatibilità dell’operazione, tale da giustificare che tutte le conseguenze finanziarie del mancato riconoscimento di tale diritto, e in particolare quelle derivanti dall’obbligo di cedere le attività della Legrand, venissero considerate come un danno imputabile alla Comunità.

68      Al punto 279 della sentenza impugnata, esso ha quindi statuito che la Schneider non poteva sostenere di aver subìto un danno pari alla totalità della perdita di valore delle attività della Legrand da essa detenute al 10 ottobre 2001, in mancanza di un nesso di causalità sufficientemente diretto tra tale danno e la violazione che aveva generato la responsabilità comunitaria.

69      Ai punti 288 e 316 esso ha invece riconosciuto l’esistenza di un nesso di causalità sufficientemente stretto tra l’illecito commesso e due tipi di danno subiti dalla Schneider, vale a dire:

–        le spese sostenute dall’impresa per partecipare alla ripresa del procedimento di controllo dell’operazione di concentrazione a seguito degli annullamenti pronunciati dal Tribunale il 22 ottobre 2002;

–        la riduzione del prezzo di cessione che la Schneider aveva dovuto concedere all’acquirente delle attività della Legrand per ottenere un rinvio dell’esecuzione di tale cessione ad una data idonea a far sì che i procedimenti giurisdizionali allora in corso dinanzi al giudice comunitario non fossero privati del loro oggetto prima di essere giunti a conclusione.

70      Quanto alle spese sostenute per la ripresa del procedimento di controllo, ossia le spese di consulenza, gli onorari e le spese amministrative di varia natura, il Tribunale ha rilevato, al punto 301, che se la censura relativa all’addossamento di posizioni fosse stata precisata nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001, la Schneider avrebbe certo dovuto pronunciarsi in merito e preparare, se del caso, misure correttive appropriate prima dell’adozione della decisione della Commissione sulla compatibilità dell’operazione, come essa ha dovuto fare dopo l’annullamento di tale decisione e la conseguente ripresa del procedimento di controllo dell’operazione.

71      Tuttavia, al medesimo punto della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che il fatto di riprendere, su basi giuridiche nuove, un procedimento amministrativo interrotto da dodici mesi aveva necessariamente rappresentato, per la Schneider, un onere incomparabilmente superiore a quello che avrebbe rappresentato una risposta alla stessa censura fornita, nel corso del procedimento di controllo iniziale, dall’impresa e dai suoi consulenti già pienamente coinvolti in riunioni e consultazioni con i competenti servizi della Commissione.

72      Quanto alla riduzione del prezzo di cessione che sarebbe stata concessa dalla Schneider, il giudice di primo grado ha evidenziato, al punto 308, che la Schneider si era trovata obbligata, allo stesso tempo, a negoziare e concludere, il 26 luglio 2002, il contratto di cessione della Legrand e a rinviare la data di scadenza per la realizzazione effettiva di tale cessione fino al 10 dicembre 2002.

73      Al punto 311 il Tribunale ha affermato che l’obbligo di ritardare la realizzazione effettiva della vendita aveva necessariamente condotto la Schneider a concedere al consorzio Wendel-KKR una riduzione del prezzo di cessione rispetto al prezzo che essa avrebbe ottenuto nell’ipotesi di una vendita definitiva e immediata intervenuta in assenza di illegittimità della decisione negativa.

74      Al punto 312 il giudice di prima istanza ha considerato che il rinvio della vendita al 10 dicembre 2002 implicava il riconoscimento al consorzio Wendel-KKR della remunerazione del rischio di deprezzamento delle attività della Legrand connesso all’eventualità di una variazione sfavorevole del corso dei titoli industriali durante il periodo di rinvio.

75      Al punto 322 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giudicato che il danno costituito dalla riduzione del prezzo di cessione era pari alla differenza tra il prezzo di cessione effettivamente convenuto e quello che la Schneider avrebbe potuto ottenere se, al termine del primo procedimento di controllo dell’operazione, ossia al 10 ottobre 2001, vi fosse stata una decisione legittima sulla compatibilità dell’operazione.

76      Tuttavia, al punto 329, esso ha sottolineato che la Schneider, acquisendo del tutto legittimamente il controllo della Legrand, si era nondimeno assunta il rischio che il controllo dell’operazione si concludesse con una decisione che constatava l’incompatibilità di quest’ultima con il mercato comune e con la conseguente imposizione di un obbligo di procedere ad una separazione delle attività delle imprese tra le quali era già intervenuta la fusione.

77      Al punto 330 il Tribunale ha giudicato che, tenuto conto dell’ampiezza dell’operazione di fusione realizzata e del rafforzamento sensibile della potenza economica che essa avrebbe comportato a beneficio dei due unici attori predominanti presenti sui mercati settoriali francesi del materiale elettrico a bassa tensione, la Schneider non poteva ignorare che la fusione realizzata rischiava quanto meno di creare o di rafforzare una posizione dominante in una parte sostanziale del mercato comune e che, per tale ragione, essa sarebbe stata proibita dalla Commissione. 

78      Esso ne ha dedotto, al punto 334, che la Schneider era responsabile nella misura di un terzo del danno derivato dalla riduzione di prezzo concessa.

79      Sulla scorta di tali premesse, il Tribunale ha statuito, al punto 335, che la Comunità sarebbe stata tenuta a risarcire tale danno soltanto fino a concorrenza dei due terzi del medesimo.

80      Infine, ai punti 342 e 344‑346, esso ha deciso che il risarcimento dovuto alla Schneider a far data dal 10 dicembre 2002, data di concretizzazione del danno connesso alla realizzazione effettiva della cessione della Legrand, sarebbe stato rivalutato a mezzo interessi fino alla data di pronuncia della sentenza recante liquidazione del danno stesso, e poi maggiorato degli interessi moratori a partire da tale ultima data fino al completo pagamento.

IV –  Conclusioni delle parti

81      La Commissione conclude che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata e condannare la Schneider alle spese.

82      La Schneider conclude che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare la Commissione alle spese.

V –  Motivi di impugnazione

83      A sostegno della sua impugnazione, la Commissione deduce formalmente sette motivi di annullamento, i quali possono in sostanza essere raggruppati in cinque motivi.

84      Con tali motivi la Commissione si duole dell’ingiustizia della decisione di primo grado, per il fatto che il Tribunale:

–        al punto 155 della sentenza impugnata, ha constatato un’«omissione» della censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001, affermando che la formulazione di tale censura non presentava «nessuna difficoltà tecnica particolare»;

–        al punto 156 della sentenza impugnata, ha constatato, a carico della Commissione, una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli;

–        al punto 316 della sentenza impugnata, ha affermato l’esistenza di un nesso di causalità diretto tra l’illecito della Commissione e il danno subìto dalla Schneider a motivo della riduzione del prezzo di cessione della Legrand concessa in cambio di un rinvio al 10 dicembre 2002 della realizzazione effettiva della vendita convenuta il 26 luglio 2002;

–        al punto 288 della sentenza impugnata, ha individuato una voce di danno non fatta valere dalla Schneider, vale a dire una riduzione di prezzo concessa per ottenere un rinvio degli effetti della cessione della Legrand fino al 10 dicembre 2002;

–        ha commesso un errore di diritto riconoscendo, ai punti 345 e 346 della sentenza impugnata, con riguardo al pregiudizio connesso all’asserita riduzione del prezzo di cessione, interessi compensativi decorrenti dal 10 dicembre 2002 fino alla data di pronuncia della sentenza recante liquidazione del danno, malgrado che tali interessi possano essere concessi soltanto in situazioni eccezionali.

VI –  Sull’impugnazione

A –  Sul primo motivo, relativo al fatto che il Tribunale avrebbe erroneamente constatato un’«omissione» della censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001, affermando che la formulazione di tale censura non presentava «nessuna difficoltà tecnica particolare»

1.     Argomenti delle parti

85      La Commissione ricorda che, per tutto il corso del procedimento di primo grado, essa non ha negato di aver violato il diritto della Schneider di essere sentita nell’ambito della procedura di controllo dell’operazione. Essa fa valere, per contro, che nega formalmente l’idoneità dell’irregolarità constatata a far sorgere la responsabilità della Comunità.

86      L’istituzione ricorrente suddivide questo suo primo motivo in quattro parti.

87      Essa sostiene che il Tribunale, constatando, al punto 155 della sentenza impugnata, un’«omissione» della censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001 e affermando, al medesimo punto, che la formulazione di tale censura non presentava nessuna difficoltà particolare, ha:

–        violato l’autorità di giudicato spettante alla sentenza Schneider I;

–        effettuato constatazioni di fatto materialmente inesatte;

–        snaturato gli elementi di prova;

–        violato l’obbligo di motivazione che gli incombe.

88      In realtà, il Tribunale avrebbe semplicemente constatato, al punto 445 della sentenza Schneider I, che la censura di addossamento non era stata formulata con «sufficiente chiarezza e precisione». Contestando poi alla Commissione di aver concluso la comunicazione degli addebiti «senza evidenziare alcun addossamento», il Tribunale si sarebbe limitato a rilevare che l’istituzione non aveva sufficientemente messo in risalto, al termine della sua analisi, tale censura specifica.

89      Tuttavia, secondo l’istituzione ricorrente, occorrerebbe concludere che il Tribunale riteneva che tale censura fosse stata quanto meno implicitamente formulata nel testo della comunicazione degli addebiti.

90      Tale conclusione rivelerebbe una seconda discordanza tra la sentenza Schneider I e la sentenza impugnata, la quale, al punto 155, concluderebbe in maniera esplicita per un’assenza di formulazione della censura in questione, la quale non potrebbe essere compensata da una «lettura complessiva della comunicazione degli addebiti».

91      Una terza discordanza tra le due sentenze sarebbe costituita da una diversità di valutazione quanto alle conseguenze per la Schneider dei vizi inficianti la comunicazione degli addebiti.

92      A questo proposito, la Commissione fa valere che, al punto 453 della sentenza Schneider I, il Tribunale ha statuito che la formulazione della comunicazione degli addebiti non aveva consentito alla Schneider di valutare «in tutta la loro ampiezza» i problemi di concorrenza individuati sul mercato francese, mentre, al punto 152 della sentenza impugnata, il detto giudice ha constatato come la Schneider «non potesse sapere» che non aveva «alcuna possibilità» di ottenere una decisione di compatibilità senza proporre misure correttive adeguate per la situazione di addossamento creata dall’operazione di concentrazione.

93      Secondo la Commissione, da tale raffronto delle due sentenze risulterebbe che, nella sentenza Schneider I, il Tribunale ha affermato che la Schneider aveva potuto rendersi conto del fatto che l’addossamento costituiva una difficoltà dal punto di vista della concorrenza, ma non aveva potuto valutare tutta l’ampiezza dell’ostacolo da esso costituito, in quanto la relativa censura non era stata esplicitamente formulata a conclusione della comunicazione degli addebiti. Invece, nella sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe considerato che la Schneider non aveva mai potuto essere consapevole del problema e dunque non aveva mai saputo di dover proporre rimedi adeguati.

94      La Commissione fa valere inoltre che, dinanzi al Tribunale, essa aveva evidenziato la difficoltà inerente alla realizzazione di un’analisi complessa dei mercati in una vicenda a sua volta complessa, sotto il vincolo di tempi assai stretti imposti dalle disposizioni del regolamento. Essa avrebbe sottolineato, in particolare, che l’elaborazione di una comunicazione degli addebiti costituisce un’operazione estremamente delicata, che va effettuata in tempi sufficientemente rapidi dopo l’avvio del procedimento e la chiusura dell’indagine, al fine di consentire alle parti di sottoporre le loro osservazioni.

95      La Commissione si duole che il Tribunale abbia totalmente disatteso tali argomenti, statuendo che essi si limitavano ad un’esposizione delle difficoltà connesse all’analisi complessa dei mercati ed erano, per tale motivo, irrilevanti, dal momento che il fatto generatore del danno consisteva in realtà nell’omissione, nella comunicazione degli addebiti, di una menzione che non comportava alcuna difficoltà tecnica particolare, non esigeva alcun esame specifico supplementare che non avrebbe potuto essere realizzato per ragioni di tempo, e la cui assenza non poteva essere attribuita a un problema fortuito o accidentale.

96      Secondo la Commissione, tali considerazioni del Tribunale, in quanto costituenti constatazioni in punto di fatto, sono manifestamente erronee alla luce degli elementi sottoposti alla valutazione del detto giudice nel corso del procedimento e rivelano uno snaturamento degli elementi di prova.

97      Ad ogni modo, il Tribunale avrebbe violato l’obbligo di motivazione che gli incombeva, tanto nel constatare l’omessa menzione della censura di addossamento, quanto nell’affermare l’assenza di particolari difficoltà tecniche ad effettuare tale menzione.

98      In definitiva, la sentenza impugnata dovrebbe essere integralmente annullata già sulla base del primo motivo di gravame.

99      La Schneider conclude per il rigetto di tale motivo.

100    Essa ne deduce l’irricevibilità a motivo del fatto che la Commissione:

–        rimetterebbe in discussione valutazioni di fatto;

–        addurrebbe argomenti nuovi, con i quali allega, in primo luogo, che la censura di addossamento sarebbe stata quanto meno implicitamente formulata nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001, così come il Tribunale avrebbe implicitamente constatato nella sentenza Schneider I, e, in secondo luogo, che tale giudice avrebbe considerato, in questa stessa sentenza, che la Schneider aveva potuto rendersi conto del fatto che l’addossamento costituiva una difficoltà dal punto di vista della concorrenza;

–        non chiarirebbe in che modo il motivo di gravame da essa dedotto si fonderebbe su uno snaturamento degli elementi di prova ed una violazione dell’obbligo di motivazione.

101    Ad ogni modo, il motivo sarebbe infondato.

2.     Giudizio della Corte

a)     Sulle prime tre parti del motivo, con le quali si deduce una violazione dell’autorità di giudicato spettante alla sentenza Schneider I, l’inesattezza materiale di accertamenti di fatto ed uno snaturamento degli elementi di prova

102    L’autorità di giudicato investe i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente decisi da una pronuncia giudiziale (v., in particolare, sentenza 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P, e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punto 44, nonché la giurisprudenza ivi citata).

103    Inoltre, dagli artt. 225 CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia risulta che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. La Corte non è pertanto competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti stessi. Infatti, una volta che tali prove sono state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le regole di procedura applicabili in materia di onere e di produzione della prova sono stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Questa valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto assoggettata, in quanto tale, al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (v., in particolare, sentenza 10 luglio 2008, causa C‑413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, Racc. pag. I‑4951, punto 29).

104    In altri termini, l’accertamento dei fatti e la valutazione degli elementi di prova da parte del Tribunale costituiscono questioni di diritto soggette al controllo della Corte in sede di impugnazione, rispettivamente, qualora l’inesattezza materiale degli accertamenti del Tribunale risulti dai documenti acquisiti in atti e qualora sussista uno snaturamento degli elementi di prova (v., in tal senso, sentenza 4 marzo 1999, causa C‑119/97 P, Ufex e a./Commissione, Racc. pag. I‑1341, punto 66).

105    Con la prima parte del motivo in esame, relativa ad una violazione dell’autorità di giudicato spettante alla sentenza Schneider I, la Commissione mira a dimostrare che il Tribunale, nella sentenza impugnata, ha affermato punti di fatto confliggenti con quelli effettivamente o necessariamente decisi dalla citata sentenza Schneider I, passata in giudicato.

106    Con la seconda e la terza parte del motivo, la Commissione mira a dimostrare nel merito, sulla scorta della giurisprudenza sopra ricordata:

–        l’inesattezza materiale delle constatazioni operate dal Tribunale, nella sentenza impugnata, riguardo ai fatti effettivamente accertati nella sentenza Schneider I, inesattezza che emergerebbe direttamente dai termini di quest’ultima pronuncia;

–        uno snaturamento compiuto dal Tribunale, nella sentenza impugnata, del senso della sentenza Schneider I, considerata quale elemento di prova necessitante, se del caso, di interpretazione, al fine di stabilire gli elementi di fatto da esaminare per appurare l’insorgere o meno della responsabilità extracontrattuale della Comunità.

107    Le prime tre parti del motivo impongono dunque di esaminare le seguenti questioni:

–        quali siano i punti di fatto sui quali il Tribunale, ai punti 152 e 156 della sentenza impugnata, ha fondato la propria constatazione di una «violazione manifesta e grave» da parte della Commissione dei limiti impostile dal rispetto dei diritti della difesa della Schneider;

–        se tali punti di fatto siano stati oggetto di decisione nella sentenza Schneider I;

–        se essi, nei termini in cui sono stati precisati nella sentenza impugnata, siano in contrasto con quelli oggetto di decisione nella sentenza Schneider I.

108    Occorre dunque esaminare congiuntamente gli argomenti addotti nell’ambito di tali tre parti del motivo, per quanto riguarda, anzitutto, la questione dell’esistenza nella comunicazione degli addebiti di un riferimento alla censura di addossamento, e poi quella dell’esistenza di difficoltà atte a ostacolare la formulazione di tale censura in forma sufficientemente chiara e precisa nel citato atto della procedura di esame approfondito.

109    Si deve tuttavia osservare che la seconda e la terza parte del motivo si confondono con la prima laddove riguardino profili di fatto che, nell’analisi che segue, si riveleranno come effettivamente o necessariamente già decisi dalla sentenza Schneider I. Le parti del motivo suddette mantengono una propria autonomia soltanto nei limiti in cui riguardino profili di fatto che risulteranno non affrontati dalla sentenza Schneider I.

i)     Sull’esistenza di un riferimento alla censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001

110    Al punto 140 della sentenza impugnata, il Tribunale rileva come la Schneider abbia eccepito dinanzi ad esso che la Commissione non aveva esposto in modo sufficientemente chiaro e preciso, nella sua comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001, l’obiezione diretta contro la compatibilità dell’operazione a motivo di un addossamento sui mercati settoriali francesi del materiale elettrico a bassa tensione considerati a livello della distribuzione all’ingrosso.

111    Nella sua valutazione il Tribunale ricorda anzitutto, ai punti 145‑150 della sentenza impugnata, il contenuto e la portata degli obblighi gravanti sulla Commissione in forza dell’art. 18 del regolamento. Esso ne deduce, al punto 151 della medesima sentenza, che la Schneider fa valere la violazione di una norma intesa a conferire diritti ai singoli in base al regime della responsabilità extracontrattuale della Comunità.

112    Il Tribunale afferma poi, al punto 152, che «[c]ostituisce, nel caso di specie, una violazione manifesta e grave dell’art. 18, nn. 1 e 3, del regolamento il fatto che la Commissione abbia redatto – come ha fatto nel presente caso – una comunicazione degli addebiti in maniera tale che, come risulta dalla sentenza Schneider I, la [Schneider] non potesse sapere che, in mancanza di presentazione di misure correttive idonee a ridurre o a far cessare le situazioni di addossamento tra le sue posizioni e quelle della Legrand sui mercati settoriali francesi, essa non aveva alcuna possibilità di ottenere che l’operazione fosse dichiarata compatibile con il mercato comune».

113    Attraverso tale formulazione del punto 152 della sentenza impugnata, che sancisce l’esistenza di uno dei presupposti per l’insorgere della responsabilità della Comunità facendo riferimento a quanto «risulta dalla sentenza Schneider I», il Tribunale, in questa tappa del suo ragionamento, fonda necessariamente la propria qualifica di «violazione manifesta e grave» sull’analisi sviluppata ai punti 440‑461 della suddetta sentenza Schneider I, nei termini utilizzati in tale pronuncia, relativamente alle circostanze nelle quali si è proceduto alla comunicazione degli addebiti.

114    Per quanto riguarda la stesura della comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001, esso prende dunque in considerazione i seguenti punti di fatto, così come effettivamente accertati e valutati ai punti 445 e 453 della sentenza Schneider I:

–        la comunicazione degli addebiti non ha «affrontato con sufficiente chiarezza e precisione la questione del rafforzamento della posizione della Schneider rispetto ai distributori francesi di materiali elettrici a bassa tensione, derivante non soltanto dal sommarsi delle vendite della Legrand sui mercati di componenti di quadri elettrici, ma anche dalla posizione di predominio della Legrand sui segmenti delle attrezzature elettriche ultraterminali»;

–        «la conclusione generale della comunicazione degli addebiti elenc[a] i diversi mercati settoriali nazionali interessati dall’operazione di concentrazione, senza evidenziare alcun addossamento di una posizione detenuta da una delle due parti notificanti su un dato mercato di prodotti alla posizione dell’altra parte su un altro mercato settoriale»;

–        «la comunicazione degli addebiti non ha consentito alla Schneider di valutare in tutta la loro ampiezza i problemi di concorrenza individuati dalla Commissione a motivo dell’operazione di concentrazione notificata sul mercato francese del materiale elettrico a bassa tensione considerato a livello di distribuzione».

115    Pertanto, con il suo rinvio alla sentenza Schneider I, il Tribunale, nella sentenza impugnata, lungi dal fondarsi su un’omissione pura e semplice di qualsivoglia menzione della censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001, prende esattamente in considerazione, come già aveva fatto nella sentenza Schneider I, un grado insufficiente di chiarezza e precisione in merito alla questione dell’addossamento all’interno del testo della comunicazione degli addebiti, nonché la mancata menzione espressa di detta questione nella conclusione generale di quest’ultima.

116    Stanti tali circostanze, non può addebitarsi al Tribunale una violazione dell’autorità di giudicato spettante a tali punti di fatto decisi dalla sentenza Schneider I.

117    Tale conclusione non viene smentita dal fatto che successivamente, al punto 155 della sentenza impugnata, il Tribunale, per respingere un argomento della Commissione teso ad escludere la sua responsabilità, rilevi che il fatto generatore del danno è «l’omissione nella comunicazione degli addebiti di una menzione essenziale per le sue conseguenze e per il dispositivo della decisione [negativa]». Infatti, inserita nel contesto sopra descritto, l’espressione «omissione di una menzione essenziale» deve essere intesa come riguardante l’omissione di una menzione sufficientemente chiara e precisa della censura di addossamento.

118    Ad ogni modo, l’impiego da parte del Tribunale del termine «omissione» non può ritenersi come elemento all’origine di una valutazione asseritamente erronea del detto giudice, effettuata al punto 152 della sentenza impugnata, secondo la quale la Schneider «non pote[va] sapere che, in mancanza di presentazione di misure correttive idonee a ridurre o a far cessare le situazioni di addossamento tra le sue posizioni e quelle della Legrand sui mercati settoriali francesi, essa non aveva alcuna possibilità di ottenere che l’operazione fosse dichiarata compatibile con il mercato comune».

119    Infatti, nella sentenza Schneider I, il Tribunale si è preoccupato di verificare se la comunicazione degli addebiti avesse permesso alla Schneider di avere piena consapevolezza del fatto che la realizzazione di un addossamento avrebbe potuto portare ad una dichiarazione di incompatibilità dell’operazione di concentrazione, ossia costituire un ostacolo definitivo a quest’ultima.

120    Orbene, al pari di un’omissione di qualsivoglia menzione di un addebito, una formulazione insufficientemente chiara e precisa di quest’ultimo, la quale non consenta – secondo i termini impiegati al punto 453 della sentenza Schneider I – di valutare «in tutta la loro ampiezza» taluni problemi di concorrenza, impedisce alle imprese interessate di avere consapevolezza del carattere decisivo di tali problemi per l’esito della procedura di controllo.

121    Tale è il motivo per cui il Tribunale ha concluso, ai punti 455, 456, 458 e 460 della sentenza Schneider I, che la Schneider:

–        era stata «privata della possibilità di contestare utilmente nel merito la tesi della Commissione consistente nel ritenere sussistente, a livello di distribuzione, il rafforzamento in Francia della posizione dominante della Schneider nel settore dei componenti per quadri di piano e terminali a motivo della posizione di predominio della Legrand nel settore delle apparecchiature ultraterminali»;

–        «non [aveva] avuto modo di presentare utilmente le proprie osservazioni a questo proposito né nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, né nel corso dell’audizione del 21 agosto 2001»;

–        «non [aveva] beneficiato dell’opportunità di presentare utilmente e tempestivamente proposte di cessioni di attività di ampiezza sufficiente per consentire di risolvere i problemi di concorrenza individuati dalla Commissione sui mercati settoriali francesi in questione»;

–        «[era] stata indirettamente privata della possibilità di ottenere un’autorizzazione che la Commissione avrebbe potuto concedere quanto ai rimedi proposti, ove le parti notificanti fossero state messe in condizione di presentare in tempo utile proposte di cessione di attività di ampiezza sufficiente per risolvere l’insieme dei problemi di concorrenza individuati dalla Commissione a livello di distribuzione in Francia».

122    Le espressioni «privata della possibilità», «non [aveva] avuto modo», «non [aveva] beneficiato», «[era] stata indirettamente privata» esprimono al riguardo la valutazione compiuta dal Tribunale, nella sentenza Schneider I, secondo cui la Schneider, a causa del vizio inficiante la comunicazione degli addebiti, si era trovata nell’impossibilità di prendere consapevolezza del carattere decisivo della censura di addossamento.

123    Viste tali premesse, il Tribunale, quando evidenzia, al punto 152 della sentenza impugnata, come «la [Schneider] non potesse sapere che, in mancanza di presentazione di misure correttive (…), essa non aveva alcuna possibilità di ottenere che l’operazione fosse dichiarata compatibile con il mercato comune», non compie una valutazione diversa da quella effettuata dal Tribunale stesso nella sentenza Schneider I, bensì non fa altro che esprimere, in termini differenti, la medesima valutazione.

124    Allo stesso modo, allorché il Tribunale, al punto 155 della sentenza impugnata, rileva che «una lettura complessiva della comunicazione degli addebiti [non] avrebbe permesso di compensare» il problema costituito dal modo in cui questa era redatta, non introduce alcuna discordanza di valutazione. Infatti, la presa in conto, nella sentenza Schneider I, dell’impossibilità di prendere consapevolezza dell’ostacolo costituito da un addossamento presupponeva appunto, per poter essere ammessa, che una lettura complessiva della comunicazione degli addebiti non permettesse di compensare la formulazione viziata di quest’ultima.

125    Risulta da quanto precede che gli argomenti della Commissione in ordine all’esistenza di un riferimento alla censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001 non possono essere accolti.

ii)  Sull’esistenza di difficoltà atte ad ostacolare una formulazione sufficientemente chiara e precisa della censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001

126    Esaminando i punti 437 e seguenti della sentenza Schneider I, si deve anzitutto constatare come in essi il Tribunale non abbia risolto il punto di fatto attinente alla questione se la menzione di una censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001 presentasse o no una «difficoltà tecnica particolare» per la Commissione.

127    Occorre poi constatare come tale punto di fatto non sia l’oggetto di un accertamento, bensì di una valutazione.

128    Pertanto, per quanto concerne il citato punto di fatto, le prime due parti del motivo, con cui si deduce rispettivamente una violazione dell’autorità di giudicato e l’inesattezza materiale di una constatazione di fatto, sono inoperanti.

129    Quanto alla terza parte del motivo, occorre verificare, nel merito, se l’affermazione del Tribunale secondo cui la menzione della censura di addossamento non comportava «nessuna difficoltà tecnica particolare» derivi da uno snaturamento degli elementi di prova.

130    A questo proposito, va considerato che la menzione, in una comunicazione degli addebiti, di una censura quale quella relativa ad un addossamento non presuppone una piena dimostrazione della sua fondatezza al termine di un’analisi economica esaustiva.

131    Una dimostrazione siffatta, la quale, nel settore delle concentrazioni, può effettivamente presentare rilevanti difficoltà, deve essere perfezionata soltanto nel seguito del procedimento, alla luce, in particolare, delle osservazioni delle imprese interessate, debitamente informate dell’esistenza del problema di concorrenza attraverso la comunicazione degli addebiti ai fini di un efficace esercizio dei loro diritti della difesa.

132    Nella fase della comunicazione degli addebiti, la Commissione è tenuta ad esporre in maniera sufficientemente chiara e precisa soltanto il problema di addossamento potenzialmente atto ad ostacolare una dichiarazione di compatibilità dell’operazione di concentrazione.

133    Alla luce di tali considerazioni, si deve riconoscere che la valutazione del Tribunale relativa all’assenza di difficoltà tecniche particolari per l’enunciazione di un problema di addossamento non è derivata da uno snaturamento degli elementi di prova sottoposti al detto giudice.

134    Consegue da quanto sopra che le prime tre parti del primo motivo devono essere respinte.

b)     Sulla quarta parte del motivo, relativa ad una violazione dell’obbligo di motivazione

135    Risulta da una giurisprudenza costante che l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia, e che la motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto le loro tesi ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (v., in particolare, sentenza 9 settembre 2008, cause riunite C‑120/06 P e C‑121/06 P, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑6513, punto 96, nonché la giurisprudenza ivi citata).

136    Al punto 152 della sentenza impugnata, riguardo alla questione della menzione della censura di addossamento, il Tribunale rinvia a quanto «risulta dalla sentenza Schneider I» in merito al modo in cui è stata redatta la comunicazione degli addebiti.

137    Pertanto, come rilevato al punto 114 della presente sentenza, il Tribunale rinvia agli elementi di fatto presi in considerazione ai punti 445 e 453 della sentenza Schneider I e oggetto delle prime tre parti del primo motivo. Il detto giudice permette in tal modo di comprendere che la qualifica di «violazione manifesta e grave» da esso attribuita poggia su tali elementi di fatto.

138    Inoltre, come risulta dal punto 117 della presente sentenza, il rinvio operato crea un contesto che consente di cogliere la portata dell’espressione «omissione di una menzione essenziale» successivamente utilizzata al punto 155 della sentenza impugnata.

139    Quanto alla valutazione secondo cui la menzione della censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti non presentava nessuna difficoltà tecnica particolare, il Tribunale, al medesimo punto 155 della sentenza impugnata, sottolinea in sostanza, con motivazione sufficiente, la distinzione che occorre fare tra, da un lato, l’analisi nel merito dei mercati pertinenti ai fini della dimostrazione di un’incompatibilità con il mercato comune e, dall’altro, la semplice enunciazione, nella comunicazione degli addebiti, di un problema di concorrenza idoneo a costituire – salve le osservazioni delle imprese interessate – un ostacolo ad una dichiarazione di compatibilità dell’operazione di concentrazione.

140    Risulta da quanto precede che anche la quarta parte del primo motivo deve essere respinta.

141    Di conseguenza, il primo motivo di impugnazione deve essere integralmente respinto nel merito, senza che occorra pronunciarsi sulla sua ricevibilità.

B –  Sul secondo motivo, relativo al fatto che il Tribunale avrebbe ingiustamente dichiarato la Commissione responsabile di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli

1.     Argomenti delle parti

142    La Commissione suddivide il suo secondo motivo di impugnazione in due parti, riguardanti, rispettivamente, un errore di qualificazione giuridica dei fatti ed una violazione dell’obbligo di motivazione.

143    Nell’ambito della prima parte di tale motivo, essa riconosce che, nel regime della responsabilità extracontrattuale della Comunità, qualora l’istituzione interessata disponga soltanto di un margine discrezionale considerevolmente ridotto, o addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per affermare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli.

144    La detta istituzione riconosce che, riguardo all’attuazione del diritto di essere sentiti sancito dall’art. 18, nn. 1 e 3, del regolamento, l’obbligo gravante su di essa di formulare in modo sufficientemente chiaro e preciso la censura di addossamento non rientrava nell’esercizio di un suo potere discrezionale, bensì rappresentava la semplice applicazione delle pertinenti norme procedurali.

145    Tuttavia, essa afferma che il Tribunale – oltre a considerare l’esiguità o addirittura l’inesistenza del margine discrezionale di cui essa disponeva in merito al diritto della Schneider di essere sentita – avrebbe necessariamente dovuto tener conto della complessità delle situazioni da disciplinare alle quali l’istituzione doveva far fronte nel corso del procedimento amministrativo.

146    Essa ricorda di aver fatto valere dinanzi al Tribunale che la stesura della comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001 era stata particolarmente complessa, in considerazione non soltanto delle cadenze temporali che essa doveva rispettare, ma anche e soprattutto dell’ampiezza dei problemi di concorrenza sollevati da un’operazione di concentrazione coinvolgente una moltitudine di mercati settoriali nazionali. Pertanto, l’enunciazione chiara e sufficientemente precisa di ciascuno degli addebiti che la Commissione formulava per ciascun mercato settoriale nazionale avrebbe presentato una grande complessità a livello non soltanto concettuale, ma anche redazionale.

147    La stessa censura di addossamento avrebbe presentato una complessità particolare e ulteriore attinente alla circostanza che la sua elaborazione e la sua stesura presupponevano non già un’analisi di ciascun mercato settoriale nazionale preso individualmente, come per le altre censure esposte nella comunicazione degli addebiti, bensì un’analisi trasversale dell’insieme dei mercati delle apparecchiature elettriche a bassa tensione all’interno di ciascuno Stato membro, ivi compresi i mercati settoriali per i quali l’operazione non sollevava problemi di concorrenza a carattere orizzontale.

148    L’esposizione della censura di addossamento, nozione economica complessa, avrebbe imposto di mettere in relazione le posizioni delle parti e dei loro concorrenti su vari mercati settoriali all’interno di ciascuno Stato membro, e poi di esaminare la struttura della distribuzione e i rapporti tra i fornitori e i grossisti in ognuno di questi Stati.

149    La Commissione sottolinea che essa non fa valere la difficoltà di dimostrare la fondatezza nel merito della censura di addossamento, bensì la particolare complessità che presentava di per sé l’enunciazione sufficientemente chiara e precisa di tale addebito.

150    Essa rileva che, dinanzi al Tribunale, la Schneider aveva fatto valere di aver negato, sin dalla notifica dell’operazione, l’esistenza di un addossamento, ciò che avrebbe dovuto rendere tanto meno difficoltosa, per la Commissione, l’enunciazione sufficientemente chiara e precisa di un addebito in ordine a tale punto. La Commissione aveva allora a sua volta replicato che tale circostanza tendeva a ridurre ancor più la gravità dell’errore procedurale commesso.

151    La Commissione afferma che, poiché la stessa Schneider aveva minimizzato l’impatto della problematica di un addossamento, il fatto di non avere formulato l’addebito corrispondente con sufficiente chiarezza e precisione non poteva comunque aver costituito una violazione sufficientemente qualificata.

152    La detta istituzione sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto considerare nella fattispecie che, redigendo sotto pressanti vincoli di tempo una comunicazione degli addebiti di 145 pagine, essa si era trovata a confrontarsi con una situazione complessa da gestire, che escludeva l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata.

153    Nell’ambito della seconda parte del suo secondo motivo, la Commissione sostiene che spettava al Tribunale esporre con cura particolare i motivi che l’avevano indotto a concludere che la violazione constatata nella sentenza Schneider I era sufficientemente qualificata.

154    Orbene, secondo la Commissione, nella sentenza impugnata la motivazione fornita dal Tribunale in ordine a tale punto risulta praticamente assente.

155    Tale motivazione non consentirebbe di comprendere per quale motivo i vincoli di varia natura che venivano invocati non attenuassero la gravità della violazione.

156    Ad ogni modo, il Tribunale non avrebbe sufficientemente risposto ai pertinenti argomenti dinanzi ad esso dedotti dalla Commissione, con i quali tale istituzione aveva in particolare fatto valere che essa:

–        aveva senz’altro evocato il problema dell’addossamento in vari punti della comunicazione degli addebiti;

–        aveva sottolineato le difficoltà connesse all’elaborazione in tempi brevi della comunicazione degli addebiti, alla valutazione complessa tanto dell’insieme degli argomenti di merito – dei quali la censura di addossamento costituiva solo uno dei numerosi elementi pertinenti – quanto dei rimedi proposti;

–        aveva affermato che il fatto che la Schneider avesse fornito alla Commissione informazioni comprovanti che l’operazione non presentava alcun problema di addossamento, tendeva a ridurre ancor più la gravità dell’errore procedurale commesso;

–        aveva sostenuto di essersi ritenuta in totale buona fede legittimata ad aggiungere nella decisione di incompatibilità argomenti di fatto o di diritto in merito alla censura di addossamento preventivamente identificata;

–        aveva fatto valere che l’obbligo di chiarezza delle comunicazioni degli addebiti in materia di concentrazioni non era ancora stato definito dalla giurisprudenza in modo così netto all’epoca dei fatti.

157    La Schneider conclude per il rigetto del secondo motivo di impugnazione.

158    La prima parte di quest’ultimo sarebbe irricevibile in quanto essa consisterebbe nel ritornare su valutazioni di fatto e conterrebbe una nuova allegazione difensiva, vale a dire quella di una presunta difficoltà redazionale di enunciazione della censura di addossamento.

159    Ad ogni modo, il motivo in esame sarebbe infondato.

2.     Giudizio della Corte

a)     Sulla prima parte del motivo, relativa ad un errore di qualificazione giuridica dei fatti

160    Il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità è subordinato al sussistere di un insieme di condizioni, tra le quali figura, quando è in discussione l’illegittimità di un atto giuridico, l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli. Per quanto riguarda tale condizione, il criterio decisivo per considerare una violazione del diritto comunitario sufficientemente qualificata è quello della violazione grave e manifesta, da parte di un’istituzione comunitaria, dei limiti imposti al suo potere discrezionale. Qualora tale istituzione disponga solo di un margine di valutazione considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per affermare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata [sentenza 19 aprile 2007, causa C‑282/05 P, Holcim (Deutschland)/Commissione, Racc. pag. I‑2941, punto 47, nonché la giurisprudenza ivi citata].

161    Il regime sviluppato dalla Corte in materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità tiene conto, ove occorra, della complessità delle situazioni da disciplinare [sentenza Holcim (Deutschland)/Commissione, cit., punto 50, nonché la giurisprudenza ivi citata].

162    Nel caso di specie, è incontestato che l’illegittimità dedotta è costituita – come giustamente statuito dal Tribunale ai punti 145‑151 della sentenza impugnata – dalla violazione di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli, vale a dire l’art. 18, n. 3, del regolamento, il quale configura un’applicazione del principio del rispetto dei diritti della difesa.

163    A questo proposito occorre sottolineare, anzitutto, che la comunicazione degli addebiti è un documento essenziale per l’attuazione di tale principio.

164    Al fine di garantire l’esercizio efficace dei diritti della difesa, tale documento circoscrive l’oggetto del procedimento amministrativo avviato dalla Commissione, impedendo così a quest’ultima di formulare altre censure nella decisione con cui essa conclude il procedimento (sentenza Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, cit., punto 63).

165    A questo scopo, l’art. 18, n. 3, del regolamento implica che la Commissione, ove constati nel corso della procedura di esame approfondito, successivamente alla comunicazione degli addebiti, che un problema di concorrenza idoneo a provocare una dichiarazione di incompatibilità non è stato enunciato in tale comunicazione, o lo è stato solo insufficientemente, è tenuta, in alternativa, o a rinunciare a tale addebito al momento della propria decisione finale, o a mettere le imprese interessate in condizione di formulare, prima di tale decisione, tutte le osservazioni sul merito e le proposte di misure correttive giudicate utili.

166    Si deve poi rilevare che l’obbligo gravante sulla Commissione di formulare in maniera sufficientemente chiara e precisa la censura di addossamento configurava, come riconosciuto dalla stessa istituzione, una semplice applicazione delle pertinenti norme procedurali, sicché, quanto al diritto della Schneider di essere sentita, il margine discrezionale era considerevolmente ridotto, o addirittura inesistente.

167    La parte del motivo qui esaminata si basa, in primo luogo, sull’addebito mosso al Tribunale di non aver preso in considerazione la complessità della situazione da disciplinare per escludere l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata.

168    Tale parte del motivo si basa dunque su una premessa che rimette in discussione la valutazione di fatto compiuta al punto 155 della sentenza impugnata, secondo la quale l’inserimento della censura di addossamento nella comunicazione degli addebiti del 3 agosto 2001 non comportava «nessuna difficoltà tecnica particolare», valutazione questa che rientra nella competenza del Tribunale.

169    Orbene, l’allegazione relativa ad un presunto snaturamento degli elementi di prova è già stata giudicata infondata al punto 133 della presente sentenza per quanto riguarda la valutazione suddetta.

170    Ciò premesso, l’argomento addotto dalla Commissione in merito alla complessità della situazione da disciplinare, fatto valere per dimostrare un errore di qualificazione giuridica, non può essere accolto.

171    La prima parte del secondo motivo poggia, in secondo luogo, sull’addebito mosso in sostanza al Tribunale per aver qualificato il comportamento della Commissione come violazione sufficientemente qualificata, quando invece la Schneider, minimizzando essa stessa, sin dalla notifica dell’operazione, l’impatto della problematica di un addossamento, sarebbe stata consapevole del problema di concorrenza sollevato, ciò che avrebbe ridotto la gravità dell’errore procedurale commesso.

172    Tuttavia, anche a supporre che la Schneider, sin dalla notifica dell’operazione, abbia effettivamente assicurato la Commissione, in forma preventiva, che l’operazione suddetta non poneva alcun problema di addossamento, la menzione insufficientemente chiara e precisa di un addebito in ordine a tale punto nella comunicazione degli addebiti, lungi dal rendere l’impresa consapevole di un rischio di declaratoria di incompatibilità, era al contrario di natura tale da confortarla nella propria opinione e da distoglierla, nella preparazione delle proprie osservazioni, da iniziative per la presentazione di motivazioni supplementari e/o la proposta di rimedi adeguati.

173    Ne consegue che il Tribunale non è incorso in un errore di qualificazione giuridica dei fatti là dove ha affermato sussistente una violazione sufficientemente qualificata, respingendo gli argomenti riguardanti, da un lato, l’esistenza di una situazione complessa da disciplinare e, dall’altro, la conoscenza che la Schneider avrebbe avuto del rischio gravante sull’operazione a motivo di un problema di addossamento.

174    Ne consegue che la prima parte del secondo motivo di impugnazione deve essere respinta nel merito, senza che occorra pronunciarsi sulla sua ricevibilità.

b)     Sulla seconda parte del motivo, relativa ad una violazione dell’obbligo di motivazione

175    Come risulta dal punto 135 della presente sentenza, l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di rispondere in modo esaustivo a tutti gli argomenti addotti dalle parti della controversia, ed è sufficiente che la motivazione, anche implicita, consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali le loro pretese non sono state accolte e alla Corte, poi, di esercitare il proprio controllo.

176    Nella sentenza impugnata, per motivare la propria constatazione relativa all’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata, il Tribunale sottolinea anzitutto, ai punti 145‑150, l’importanza della comunicazione degli addebiti ai fini dell’esercizio dei diritti della difesa, facendo riferimento a vari precedenti giurisprudenziali.

177    Esso rileva dunque che:

–        «[a norma dell’]art. 18, n. 3, del regolamento[,] la Commissione può fondare le proprie decisioni di incompatibilità soltanto sulle obiezioni in merito alle quali le imprese interessate hanno potuto formulare le loro osservazioni»;

–        «[n]ella loro qualità di destinatarie di una decisione di un’autorità pubblica che incide in maniera sensibile sui loro interessi, le imprese parti di un’operazione di concentrazione di dimensione comunitaria devono essere, infatti, messe in grado di manifestare utilmente il proprio punto di vista e, a tali fini, essere chiaramente informate, in tempo utile, della sostanza delle obiezioni che la Commissione solleva nei confronti della loro operazione notificata (v., in tal senso, sentenza della Corte 23 ottobre 1974, causa 17/74, Transocean Marine Paint/Commissione, Racc. pag. 1063, punto 15, e sentenza del Tribunale 4 marzo 1999, causa T‑87/96, Assicurazioni Generali e Unicredito/Commissione, Racc. pag. II‑203, punto 88)»;

–        «[l]a comunicazione degli addebiti riveste a tale riguardo un’importanza particolare, dato che essa è specificamente destinata a permettere alle imprese interessate di reagire alle preoccupazioni espresse dall’istituzione regolatrice, da un lato, esprimendo il loro punto di vista su di esse e, dall’altro, prevedendo di sottoporre alla Commissione misure destinate a correggere l’impatto negativo dell’operazione notificata»;

–        «[q]uesta garanzia, che rientra tra le garanzie fondamentali con cui l’ordinamento giuridico comunitario integra lo svolgimento delle procedure amministrative, riveste un’importanza particolare per il controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (v., in tal senso, sentenza della Corte 21 novembre 1991, causa C‑269/90, Technische Universität München, Racc. pag. I‑5469, punto 14)».

178    Al punto 152 della sentenza impugnata, il Tribunale rinvia poi alla sentenza Schneider I ai fini della sua valutazione delle conseguenze, sull’esercizio dei diritti della difesa, della redazione viziata della comunicazione degli addebiti.

179    Esso si fonda così sugli elementi accertati ai punti 445, 453 e seguenti della sentenza Schneider I, vale a dire che:

–        la comunicazione degli addebiti non aveva evocato con sufficiente chiarezza e precisione una censura di addossamento;

–        la conclusione generale di tale comunicazione non aveva messo in evidenza alcun addossamento;

–        la detta comunicazione aveva privato la Schneider della possibilità di contestare utilmente nel merito le tesi della Commissione e di presentare tempestivamente proposte di misure correttive.

180    Da questi ultimi elementi il Tribunale, al medesimo punto 152 della sentenza impugnata – i cui termini sono ricordati al punto 112 della presente sentenza –, trae in sostanza la conclusione decisiva secondo cui la Schneider non è stata messa in condizione di sapere che un problema di addossamento avrebbe potuto comportare una dichiarazione di incompatibilità dell’operazione notificata.

181    Al punto 153 della sentenza impugnata, esso rileva la conseguenza pregiudizievole di tale situazione sottolineando che, a causa di ciò, le misure correttive proposte dalla Schneider non erano oggettivamente di natura tale da risolvere il problema specifico dell’addossamento sui mercati settoriali francesi in questione.

182    Infine, al punto 155 della medesima sentenza, operando in sostanza una distinzione tra un’analisi completa nel merito di un problema di concorrenza e l’enunciazione di tale problema, al fine di affermare che la semplice enunciazione non comportava nessuna difficoltà particolare, il Tribunale esamina più specificamente il presupposto per il configurarsi di una violazione sufficientemente qualificata attinente alla questione dell’esistenza o no di una situazione complessa da disciplinare.

183    Si deve riconoscere che, attraverso l’insieme di tali considerazioni, il Tribunale:

–        ha consentito alla Commissione di conoscere le ragioni per le quali esso ha affermato l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata, e alla Corte di esercitare il suo controllo su tale qualificazione giuridica;

–        ha fornito alla ricorrente risposte esplicite ed implicite agli argomenti da essa sollevati.

184    Ne consegue che la seconda parte del secondo motivo di impugnazione deve essere respinta.

185    Occorre pertanto respingere il secondo motivo nella sua interezza.

C –  Sul terzo motivo, relativo al fatto che il Tribunale avrebbe ingiustamente affermato l’esistenza di un nesso di causalità diretto tra l’illecito della Commissione e il danno subìto dalla Schneider a motivo della riduzione concessa del prezzo di cessione della Legrand

1.     Argomenti delle parti

186    Il terzo motivo di annullamento della sentenza impugnata è articolato in cinque parti. Con esse si deduce, rispettivamente, che, affermando l’esistenza di un nesso di causalità diretto tra l’illecito della Commissione e il danno subìto dalla Schneider a motivo della riduzione del prezzo di cessione della Legrand concessa in cambio di un rinvio al 10 dicembre 2002 della realizzazione effettiva della vendita convenuta il 26 luglio 2002, il Tribunale:

–        avrebbe proceduto a constatazioni di fatto materialmente inesatte per statuire: in primo luogo, che la Schneider era stata costretta a concludere i negoziati per la rivendita e il prezzo di cessione della Legrand alla data del 26 luglio 2002, in secondo luogo, che la data del 10 dicembre 2002 convenuta per il rinvio della realizzazione effettiva della vendita era sufficientemente posticipata rispetto alla prevedibile data di pronuncia della sentenza Schneider I per consentire alla Schneider di sincerarsi della possibilità di ottenere ancora il riesame dell’operazione da parte della Commissione mediante la presentazione di nuove misure correttive, e, in terzo luogo, che esisteva un nesso di causa ad effetto tra la violazione sufficientemente qualificata e la riduzione del prezzo di cessione asserita dalla Schneider;

–        avrebbe altresì snaturato gli elementi di prova per pronunciarsi su tali tre punti;

–        avrebbe commesso un errore di qualificazione giuridica dei fatti;

–        sarebbe incorso nella sua decisione in una contradditorietà della motivazione, tenuto conto della disamina contenuta ai punti 260‑286 della medesima sentenza, che aveva portato in precedenza il Tribunale medesimo ad escludere un nesso di causalità sufficientemente stretto tra l’illecito della Commissione e la totale perdita di valore delle attività in questione tra la loro acquisizione da parte della Schneider e la loro successiva cessione;

–        avrebbe proceduto a constatazioni di fatto materialmente inesatte e commesso errori di diritto per statuire che la Schneider non aveva contribuito alla realizzazione dell’intero danno, mentre invece un’opposta soluzione si sarebbe imposta a motivo del fatto che, in primo luogo, la Schneider era in condizione di conoscere i problemi di concorrenza necessariamente sollevati dalla situazione di addossamento creata dall’operazione, in secondo luogo, essa aveva rinunciato alla propria domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione di separazione e non aveva ulteriormente proposto alcuna azione cautelare per quanto riguardava l’obbligo di cessione della Legrand, e, in terzo luogo, la Schneider medesima aveva scelto di cedere la Legrand ad una data in cui su di essa non gravava un obbligo in tal senso.

187    A sostegno del suo terzo motivo di impugnazione, la Commissione fa valere in particolare che, a seguito delle sentenze Schneider I e Schneider II e, in particolare, dell’annullamento della decisione di separazione che ne derivava, la Schneider, alla data del 10 dicembre 2002, non era obbligata a cedere la Legrand, «condizione sine qua non per l’insorgere del danno in questione».

188    La Schneider sostiene che le prime tre parti del motivo sono irricevibili in quanto porterebbero a soffermarsi nuovamente su constatazioni di fatto operate nella sentenza impugnata. A suo dire, anche la quinta parte del motivo è irricevibile, in quanto gli argomenti addotti a suo sostegno verrebbero presentati per la prima volta in questa fase processuale.

189    Per il resto, essa fa valere che gli argomenti addotti nell’ambito del terzo motivo sono infondati o inoperanti.

2.     Giudizio della Corte

190    Occorre anzitutto esaminare, congiuntamente, la terza e la quinta parte del motivo, nella parte in cui si riferiscono all’incidenza della cessione effettiva della Legrand intervenuta il 10 dicembre 2002.

a)     Sulla ricevibilità

191    Si deve ricordare che, quando il Tribunale ha accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (v., in particolare, sentenze Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, cit., punto 29, e 19 marzo 2009, causa C‑510/06 P, Archer Daniels Midland/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 105).

192    Orbene, in materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità, la questione relativa all’esistenza di un nesso di causalità tra il fatto generatore e il danno, presupposto per l’insorgere di tale responsabilità, costituisce una questione di diritto, che dunque soggiace al controllo della Corte.

193    Ciò premesso, nella misura in cui la terza parte del motivo in esame mira appunto ad un controllo della qualificazione giuridica dei fatti operata dal Tribunale al fine di affermare l’esistenza di un nesso di causalità diretto tra l’illecito della Commissione e il danno lamentato dalla Schneider, e considerato che – come si dimostrerà in prosieguo – tale controllo può essere realizzato nella fattispecie senza rimettere in discussione le constatazioni e le valutazioni dei fatti compiute, la suddetta terza parte del motivo è ricevibile.

194    Occorre inoltre constatare che, contrariamente alle affermazioni della Schneider, l’argomento contenuto nella quinta parte del motivo, secondo cui l’impresa suddetta aveva scelto di cedere la Legrand ad una data in cui su di essa non gravava un obbligo in tal senso, non è stato evocato per la prima volta in sede di impugnazione.

195    Infatti, nella sua controreplica depositata in primo grado, la Commissione, nel contestare l’esistenza di un nesso di causalità, ha espressamente fatto valere che:

–        la decisione della Commissione di avviare nuovamente la procedura di esame approfondito dopo le sentenze Schneider I e Schneider II non rendeva affatto inevitabile la cessione;

–        la detta decisione non imponeva in alcun modo alla Schneider di cedere le proprie azioni, tanto più che quest’ultima aveva la possibilità di ricorrere alla clausola di risoluzione del contratto da essa negoziata per non dare corso alla cessione;

–        il motivo per cui la Schneider aveva scelto di realizzare la cessione della Legrand risiedeva nella sua volontà di non proporre misure correttive adeguate per rimediare ai problemi generati dall’operazione in Francia, e non in un qualsivoglia atto illecito della Commissione.

196    Alla luce di tali circostanze, la quinta parte del motivo è ricevibile là dove adduce l’argomento secondo cui la Schneider aveva scelto di cedere la Legrand ad una data in cui su di essa non gravava un obbligo in tal senso.

b)     Nel merito

197    Al punto 303 della sentenza impugnata, il Tribunale dichiara che spetta ad esso esaminare se l’illegittimità che vizia la decisione negativa abbia o no avuto come conseguenza una riduzione del valore cui gli attivi patrimoniali detenuti dalla Schneider nel capitale della Legrand sono stati valutati nel contratto di cessione.

198    Ai punti 315 e 316 della medesima sentenza, il Tribunale conclude che:

–        la violazione dei diritti della difesa inficiante la decisione negativa deve essere considerata come collegata mediante un nesso sufficientemente diretto al rinvio al 10 dicembre 2002, nel contratto di cessione, della data limite per la realizzazione effettiva della vendita della Legrand, in quanto tale rinvio era indispensabile per permettere alla Schneider di esercitare utilmente il diritto di ogni amministrato ad ottenere una decisione legittima in merito alla compatibilità con il mercato comune di un’operazione di concentrazione regolarmente notificata e, eventualmente, a poter essere sentito in un procedimento che gli offra le necessarie garanzie;

–        di conseguenza, la violazione qualificata del diritto comunitario riconosciuta dal Tribunale deve essere anch’essa considerata come collegata mediante un nesso di causalità sufficientemente diretto al danno subìto dalla Schneider per effetto della riduzione del prezzo di cessione della Legrand inerente al rinvio della realizzazione effettiva della cessione.

199    Per giungere a tali conclusioni, il Tribunale, ai punti 304‑312 della sentenza impugnata, constata essenzialmente i seguenti fatti:

–        l’avvio dei negoziati in vista della cessione della Legrand e la conclusione del contratto di cessione intervenuta il 26 luglio 2002 sono direttamente derivati dalla decisione negativa, la quale, sebbene illegittima, ha nondimeno prodotto tutti i suoi effetti giuridici fino al suo annullamento ad opera della sentenza Schneider I, pronunciata il 22 ottobre 2002;

–        la Schneider si è vista costretta a causa di tale decisione ad avviare e a concludere negoziati finalizzati alla cessione addirittura prima della pronuncia della sentenza che avrebbe statuito sul suo ricorso di annullamento;

–        la Schneider è stata obbligata, a causa dell’esistenza della decisione negativa, a fissare nel contratto di cessione concluso il 26 luglio 2002 un prezzo di cessione e, al tempo stesso, a garantirsi la possibilità di soprassedere all’esecuzione effettiva di tale cessione fino al 10 dicembre 2002;

–        tale data era sufficientemente successiva alla data prevedibile di pronuncia della sentenza Schneider I per permettere alla Schneider allo stesso tempo di ottenere la conferma, in caso di rigetto del suo ricorso di annullamento, della legittimità della decisione negativa o, nell’ipotesi inversa di un annullamento, di assicurarsi la possibilità di ottenere ancora il riesame dell’operazione da parte della Commissione, mediante la presentazione di nuove misure correttive, nella prospettiva dell’adozione di una decisione definitiva che statuisse legittimamente sulla compatibilità dell’operazione con il mercato comune;

–        tale obbligo di ritardare la realizzazione effettiva della vendita ha necessariamente condotto la Schneider a concedere all’acquirente una riduzione del prezzo rispetto a quello che avrebbe ottenuto nell’ipotesi di una vendita definitiva e immediata intervenuta in assenza di illegittimità della decisione negativa;

–        il rinvio al 10 dicembre 2002 della vendita effettiva implicava il riconoscimento all’acquirente di una remunerazione del rischio di deprezzamento delle attività della Legrand, anche solo a causa dell’eventualità di una variazione sfavorevole del corso dei titoli industriali durante il periodo compreso tra la data della firma del contratto di cessione e il termine ultimo convenuto tra i contraenti per la realizzazione effettiva della vendita.

200    Occorre constatare che alla data del 26 luglio 2002 – allorché la Schneider ha concluso con il consorzio Wendel‑KKR un contratto per la cessione della Legrand, ai sensi del quale tale cessione doveva essere realizzata al più tardi il 10 dicembre successivo, salva la facoltà di risoluzione convenuta a favore della Schneider ed esercitabile mediante pagamento di un’indennità di scioglimento del contratto di EUR 180 milioni – la detta società era tenuta ad avviare un iter di vendita in esecuzione della decisione di separazione.

201    Occorre però rilevare, da un lato, che alla data del 26 luglio 2002, ed a seguito del procedimento cautelare introdotto dalla Schneider e da questa poi abbandonato, la Commissione aveva prorogato fino al 5 febbraio 2003 il termine per la separazione inizialmente fissato al 5 novembre 2002, e, dall’altro, che il Tribunale, il quale aveva accettato di statuire secondo il procedimento accelerato, ha annullato la decisione negativa mediante la sentenza Schneider I del 22 ottobre 2002, antecedente al termine stabilito dal contratto per la realizzazione della cessione.

202    In tale contesto, la Schneider ha deciso di non avvalersi della facoltà di risolvere il contratto entro il termine ultimo del 5 dicembre 2002 e di lasciare in tal modo divenire effettiva la cessione alla data del 10 dicembre 2002.

203    Risulta dal fascicolo che essa ha preso tale decisione essenzialmente per il timore di non ottenere, in sede di ripresa della procedura di esame approfondito, anche dopo la proposta di misure correttive, una decisione che constatasse la compatibilità dell’operazione di concentrazione, malgrado che:

–        il rischio di una decisione di incompatibilità con il mercato comune sia inerente a qualsiasi procedimento di controllo, potendo sussistere indifferentemente sin dall’inizio o anche dopo l’annullamento di una prima decisione di incompatibilità, nell’ambito di una ripresa del procedimento amministrativo;

–        una decisione di incompatibilità resti in ogni caso assoggettata al controllo del giudice comunitario.

204    Orbene, la logica conseguenza dal punto di vista giuridico dell’annullamento della decisione negativa e della decisione di separazione sarebbe stata che la Schneider partecipasse alla ripresa della procedura di esame approfondito fino al termine di quest’ultima, momento in cui – come in sostanza fatto valere dalla Commissione nel suo ricorso di impugnazione – si sarebbe necessariamente profilata la seguente alternativa:

–        o sarebbe stata adottata una decisione che constatava la compatibilità dell’operazione di concentrazione, nel qual caso la Schneider non sarebbe stata tenuta a cedere la Legrand e dunque non avrebbe subìto l’asserita riduzione di prezzo;

–        oppure sarebbero state nuovamente adottate una decisione di incompatibilità ed una di separazione, nel qual caso la cessione sarebbe stata la legale conseguenza dell’incompatibilità constatata e dunque non avrebbe cagionato un danno risarcibile, dato che l’eventualità di dover procedere ad una cessione siffatta rientra nel rischio normalmente sopportato da un’impresa che eserciti la facoltà, prevista dall’art. 7, n. 3, del regolamento, di realizzare un’operazione di concentrazione mediante offerta pubblica di scambio anteriormente alla decisione con cui la Commissione si pronuncia su tale operazione.

205    Risulta dunque che il Tribunale non ha tratto le conseguenze delle sue proprie constatazioni ed ha commesso un errore di qualificazione giuridica dei fatti, dato che la causa diretta del danno lamentato è costituita dalla decisione della Schneider – cui essa non era costretta nell’ambito dell’iter di vendita avviato nelle circostanze sopra ricordate – di lasciar divenire effettiva la cessione della Legrand alla data del 10 dicembre 2002.

206    Tale conclusione non viene rimessa in questione dalla circostanza che la Schneider, nell’esercizio della sua scelta, fosse esposta al rischio di dover versare una penale di EUR 180 milioni. Infatti, tale rischio derivava dal contratto di cessione concluso, nelle circostanze sopra ricordate, dalla detta società.

207    In definitiva, il terzo motivo di impugnazione va accolto, senza che occorra esaminare i restanti profili della terza e della quinta parte di tale motivo, né le parti prima, seconda e quarta del medesimo.

208    Risulta da quanto precede che, senza che occorra esaminare il quarto e il quinto motivo, riguardanti, rispettivamente, l’individuazione da parte del Tribunale di una voce di danno non fatta valere dalla Schneider e la concessione di interessi compensativi a partire dal 10 dicembre 2002 calcolati sul danno conseguente alla lamentata riduzione del prezzo di cessione, la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte in cui:

–        ha condannato la Comunità a risarcire i due terzi del danno lamentato dalla Schneider corrispondente all’importo della riduzione del prezzo di cessione della Legrand che la Schneider avrebbe concesso al cessionario in cambio del rinvio del termine per la realizzazione effettiva della vendita fino al 10 dicembre 2002;

–        ha disposto una perizia ai fini della valutazione di tale voce di danno;

–        ha concesso interessi sull’indennità risarcitoria corrispondente a tale voce di danno.

209    Per il resto, l’impugnazione deve essere respinta.

VII –  Sulle conseguenze dell’annullamento parziale della sentenza impugnata

210    Ai sensi dell’art. 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

211    Nel caso di specie, lo stato degli atti consente una decisione in merito alla domanda di risarcimento presentata dalla Schneider.

A –  Sul danno costituito dalle spese sostenute dalla Schneider per partecipare alla ripresa del procedimento di controllo dell’operazione di concentrazione

212    Con la sentenza impugnata, la Comunità è stata condannata a risarcire il danno costituito dalle spese sostenute dalla Schneider a motivo della sua partecipazione alla ripresa del procedimento di controllo dell’operazione di concentrazione intervenuta dopo la pronuncia delle sentenze Schneider I e Schneider II.

213    I motivi di impugnazione proposti dalla Commissione avverso tale decisione sono stati respinti.

214    Di conseguenza, occorre procedere alla liquidazione del danno di cui trattasi.

215    Nel suo ricorso introduttivo per il risarcimento dei danni, la Schneider fa valere spese aggiuntive per un importo complessivo di EUR 2 107 619,18, perlopiù derivanti dall’assistenza prestatale dai suoi consulenti giuridici, economici e bancari.

216    Come già statuito al punto 320 della sentenza impugnata, per determinare l’importo che la Commissione dovrà risarcire alla Schneider occorrerà defalcare dall’insieme di tali spese:

–        il totale delle spese sostenute dalla Schneider nelle cause T‑310/01, T‑77/02 e T‑77/02 R;

–        le spese per l’assistenza prestata da consulenti giuridici, fiscali e bancari e le altre spese amministrative sostenute ai fini dell’attuazione della separazione secondo le modalità imposte dalla Commissione;

–        le spese che la Schneider avrebbe necessariamente sostenuto a titolo delle misure correttive dell’addossamento che essa sarebbe comunque stata portata a proporre prima dell’adozione della decisione negativa, se questa fosse stata adottata nel rispetto dei suoi diritti della difesa.

217    Spetterà alle parti trasmettere alla Corte, entro un termine di tre mesi dalla data di pronuncia della presente sentenza, l’importo di tale voce di danno determinato di comune accordo secondo le modalità di calcolo indicate al punto precedente, oppure, in alternativa, presentare alla Corte, entro lo stesso termine, le proprie conclusioni in ordine alla quantificazione del danno.

B –  Sul danno corrispondente alla riduzione del prezzo di cessione della Legrand concessa dalla Schneider

218    Con la sentenza impugnata, la Comunità è stata condannata a risarcire i due terzi del danno costituito dalla riduzione del prezzo di cessione della Legrand concessa dalla Schneider al cessionario in cambio del rinvio del termine per la realizzazione effettiva della vendita fino al 10 dicembre 2002. Inoltre, è stata disposta una perizia per la valutazione di tale danno e sono stati concessi interessi sulla relativa indennità risarcitoria.

219    Tali capi della pronuncia di primo grado sono stati annullati su impugnazione della Commissione.

220    Occorre dunque statuire nuovamente sulla parte della domanda giudiziale della Schneider che riguarda il danno in questione.

221    Alla luce della motivazione che ha portato al parziale annullamento della sentenza impugnata, si deve constatare l’assenza di un nesso di causalità diretto tra la riduzione di prezzo controversa e l’illegittimità inficiante la decisione negativa della Commissione.

222    Infatti, la causa diretta del danno lamentato è la decisione della Schneider – cui essa non era costretta – di lasciare divenire effettiva la cessione della Legrand alla data del 10 dicembre 2002.

223    Di conseguenza, il ricorso della Schneider deve essere respinto nella parte che riguarda il risarcimento, per capitale e interessi, di tale danno.

VIII –  Sulle spese

224    Ai sensi dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

225    Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del detto regolamento di procedura, dichiarato applicabile al procedimento di impugnazione a mente dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

226    La Commissione conclude per la condanna della Schneider alle spese relative al procedimento di primo grado e al procedimento di impugnazione.

227    Poiché, alla luce della presente sentenza, la Schneider è rimasta in ampia misura soccombente nei motivi e argomenti proposti, essa va condannata a sopportare, oltre alle proprie spese afferenti il procedimento di primo grado e quello presente, i due terzi delle spese sostenute dalla Commissione in entrambi tali procedimenti.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 11 luglio 2007, causa T‑351/03, Schneider Electric/Commissione, è annullata nella parte in cui:

–        ha condannato la Comunità europea a risarcire i due terzi del danno lamentato dalla Schneider Electric SA corrispondente all’importo della riduzione del prezzo di cessione della Legrand SA che essa avrebbe concesso al cessionario in cambio del rinvio del termine per la realizzazione effettiva della vendita fino al 10 dicembre 2002;

–        ha disposto una perizia ai fini della valutazione di tale voce di danno;

–        ha concesso interessi sull’indennità risarcitoria corrispondente a tale voce di danno.

2)      L’impugnazione è respinta per il resto.

3)      Le parti trasmetteranno alla Corte di giustizia delle Comunità europee, entro un termine di tre mesi dalla data di pronuncia della presente sentenza, la valutazione del danno costituito dalle spese sostenute dalla Schneider Electric SA per partecipare alla ripresa del procedimento di controllo dell’operazione di concentrazione intervenuta dopo la pronuncia delle sentenze del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 22 ottobre 2002, causa T‑310/01, Schneider Electric/Commissione, e causa T‑77/02, Schneider Electric/Commissione, valutazione che sarà effettuata di comune accordo secondo le modalità indicate al punto 216 della presente sentenza.

4)      In mancanza di tale accordo, le parti presenteranno alla Corte di giustizia delle Comunità europee, entro il medesimo termine, le loro conclusioni in ordine alla quantificazione del danno.

5)      Il ricorso della Schneider Electric SA è respinto per il resto. 

6)      La Schneider Electric SA è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese afferenti il procedimento di primo grado e quello presente, i due terzi delle spese sostenute dalla Commissione delle Comunità europee in entrambi tali procedimenti.

Firme


* Lingua processuale: il francese.