Language of document : ECLI:EU:T:2017:250

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

5 aprile 2017 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti trasmessi nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34/CE – Documenti provenienti da uno Stato membro – Concessione dell’accesso – Eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali – Eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile – Previo consenso dello Stato membro»

Nella causa T‑344/15,

Repubblica francese, rappresentata inizialmente da F. Alabrune, G. de Bergues, D. Colas e F. Fize, successivamente da Colas e B. Fodda e infine da Colas, Fodda ed E. de Moustier, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuta da

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, T. Müller e J. Vláčil, in qualità di agenti,

interveniente,

contro

Commissione europea, rappresentata da J. Baquero Cruz e F. Clotuche-Duvieusart, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda ai sensi dell’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione Ares(2015) 1681819 della Commissione, del 21 aprile 2015, di concedere ad un cittadino l’accesso ai documenti trasmessi dalla Repubblica francese nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU 1998, L 204, pag. 37),

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto da S. Papasavvas, presidente, I. Labucka, E. Bieliūnas (relatore), I.S. Forrester e C. Iliopoulos, giudici,

cancelliere: G. Predonzani, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 dicembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 21 gennaio 2014 le autorità francesi notificavano alla Commissione europea, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU 1998, L 204, pag. 37), una proposta di legge intesa a stabilire le condizioni per la vendita a distanza dei libri e che autorizza il governo francese a modificare con ordinanza le disposizioni del codice della proprietà intellettuale relative al contratto di edizione.

2        Con lettera del 15 dicembre 2014, la Commissione riceveva, ai sensi del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), una domanda di accesso a tutti i documenti emessi o ricevuti dalla stessa nell’ambito del trattamento di detta notifica.

3        La Commissione individuava cinque documenti ricompresi nell’oggetto della domanda di accesso, vale a dire:

–        la richiesta di ulteriori informazioni del 27 febbraio 2014;

–        la risposta del governo francese a detta richiesta, dell’11 marzo 2014;

–        il parere circostanziato del governo austriaco del 9 aprile 2014;

–        il proprio parere circostanziato del 15 aprile 2014;

–        la risposta del governo francese ai suddetti due pareri circostanziati, del 17 giugno 2014.

4        In assenza di una nuova comunicazione da parte della Commissione o di uno Stato membro, in data 8 luglio 2014 la Repubblica francese adottava la loi n° 2014‑779 encadrant les conditions de la vente à distance des livres et habilitant le gouvernement français à modifier par ordonnance les dispositions du code de la propriété intellectuelle relatives au contrat d’édition (legge n. 2014‑779, che stabilisce le condizioni per la vendita a distanza dei libri e che autorizza il governo francese a modificare con ordinanza le disposizioni del codice della proprietà intellettuale relative al contratto di edizione) (JORF del 9 luglio 2014, pag. 11363).

5        Nell’ambito della procedura di consultazione prevista all’articolo 4, paragrafi 4 e 5, del regolamento n. 1049/2001, la Repubblica francese comunicava alla Commissione, con messaggi di posta elettronica del 19 dicembre 2014 e del 13 e 14 gennaio 2015, di volersi opporre all’autorizzazione all’accesso, da un lato, alla risposta del governo francese dell’11 marzo 2014 alla richiesta di ulteriori informazioni della Commissione e, dall’altro, alla risposta del governo francese del 17 giugno 2014 ai pareri circostanziati del governo austriaco e della Commissione, previsti al secondo e quinto trattino del punto 3 supra (in prosieguo: i «documenti controversi»), invocando al riguardo l’eccezione prevista nell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, concernente la tutela delle procedure giurisdizionali. Secondo le autorità francesi, la divulgazione avrebbe pregiudicato la tutela di future procedure giurisdizionali nell’ambito di un eventuale procedimento per inadempimento previsto dall’articolo 258 TFUE, eventualmente esperibile nei confronti della Repubblica francese malgrado il rispetto da parte di quest’ultima della procedura prevista dalla direttiva 98/34. Infatti, secondo le autorità francesi, sussisteva il rischio di un procedimento per inadempimento, avendo la Commissione adottato un parere circostanziato in cui si esprimeva un eventuale rischio di non conformità della proposta di legge francese con il diritto dell’Unione europea. Al fine di non pregiudicare le pari opportunità tra la medesima e la Commissione in un’eventuale controversia, la Repubblica francese chiedeva, pertanto, di mantenere la confidenzialità della corrispondenza con la Commissione.

6        Con lettera del 29 gennaio 2015 la Commissione concedeva l’accesso alla propria richiesta di ulteriori informazioni del 27 febbraio 2014, al parere circostanziato del governo austriaco del 9 aprile 2014 e al proprio parere circostanziato del 15 aprile 2014, di cui al primo, terzo e quarto trattino del punto 3 supra, negando peraltro l’accesso ai documenti controversi, comunicando, al richiedente l’accesso, l’opposizione della Repubblica francese e il motivo dalla medesima dedotto a sostegno dell’opposizione.

7        L’11 febbraio 2015 il richiedente l’accesso presentava una domanda di conferma alla Commissione, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.

8        Con lettera del 3 marzo 2015 la Commissione chiedeva alla Repubblica francese di riconsiderare la sua posizione, in particolare alla luce delle sentenze del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione (C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541), e del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione (T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190), concernenti l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali.

9        Con messaggio di posta elettronica del 13 marzo 2015 le autorità francesi ribadivano la propria posizione secondo la quale non doveva essere accordato alcun accesso ai documenti controversi. A tal riguardo, le autorità medesime, oltre ad insistere sulla propria opposizione alla divulgazione dei documenti controversi sulla base dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, ritenevano che l’accesso ai documenti controversi dovesse essere altresì negato sulla base dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, di detto regolamento, relativo alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile. Infatti, secondo le autorità francesi, tutti i documenti oggetto della domanda di accesso si inserivano nell’ambito di una procedura di indagine che coinvolgeva le autorità francesi e che riguardava una possibile violazione del diritto dell’Unione da parte del diritto francese, all’epoca soggetto all’esame del parlamento francese. Inoltre, le autorità francesi affermavano di aver considerato la possibilità di accordare un accesso parziale ai documenti controversi, ma di essere giunte alla conclusione che esso dovesse essere negato, dal momento che le eccezioni riguardavano tutti i documenti.

10      Con la decisione Ares(2015) 1681819, del 21 aprile 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione decideva di accordare al richiedente l’accesso ai documenti controversi. A tal riguardo, la Commissione procedeva ad una valutazione dei motivi di diniego dedotti dalle autorità francesi concludendo, quanto al motivo di diniego basato sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, che «i documenti il cui accesso [era stato] chiesto [non fossero] strettamente connessi a una controversia esistente o ragionevolmente prevedibile in tale fase», che «[fosse] pertanto evidente che i documenti in questione non [rientravano] nell’eccezione invocata dalle autorità francesi» e che «la loro divulgazione non potesse essere ostacolata dalla suddetta eccezione». Per quanto riguarda il motivo di diniego basato sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, la Commissione precisava che «poiché non [era] in corso alcuna indagine, l’applicabilità della suddetta eccezione, in tale fase, [pareva] meramente ipotetica e la sua invocazione [sembrava], di conseguenza, a prima vista, (…) infondata in [tali] circostanze».

 Procedimento e conclusioni delle parti

11      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1o luglio 2015, la Repubblica francese ha proposto il presente ricorso.

12      Nel ricorso la Repubblica francese ha chiesto, ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale, che la causa fosse trattata da una sezione formata da almeno cinque giudici.

13      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale in pari data la Repubblica francese ha presentato domanda di provvedimenti provvisori.

14      La domanda è stata accolta con ordinanza del presidente del Tribunale del 1o settembre 2015 che ha riservato la decisione sulle spese.

15      Con separato atto, depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 16 settembre 2015, la Commissione ha chiesto di statuire sul presente ricorso mediante procedimento accelerato, ex articolo 152 del regolamento di procedura.

16      Con decisione del 6 ottobre 2015 il Tribunale (Terza Sezione) ha respinto la domanda di procedimento accelerato.

17      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 ottobre 2015, la Repubblica ceca ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno della Repubblica francese.

18      Con ordinanza del 6 novembre 2015 il presidente della Terza Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento. La Repubblica ceca ha depositato la propria memoria e le parti del procedimento principale hanno depositato le proprie osservazioni su quest’ultima nei termini impartiti.

19      Il 21 luglio 2016 la cancelleria del Tribunale ha comunicato alle parti che la presente causa era stata rinviata dinanzi alla Terza Sezione ampliata.

20      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del suo regolamento di procedura, ha posto taluni quesiti scritti alle parti del procedimento principale. Queste ultime hanno ottemperato a tale richiesta nel termine impartito.

21      Le parti del procedimento principale hanno esposto le proprie difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 14 dicembre 2016. La Repubblica ceca ha rinunciato a partecipare all’udienza.

22      La Repubblica francese, sostenuta dalla Repubblica ceca, chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

23      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Repubblica francese alle spese.

 In diritto

24      La Repubblica francese, a sostegno del proprio ricorso, ha inizialmente dedotto tre motivi. Essa ha invocato, in primo luogo e in via principale, la violazione dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001, in secondo luogo e in subordine, la violazione dell’obbligo di motivazione per quanto riguarda la mancata applicazione dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, di detto regolamento nonché, in terzo luogo e in ulteriore subordine, la violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo e terzo trattino, del medesimo regolamento.

25      La Repubblica francese, nella propria risposta del 19 ottobre 2016 ai quesiti posti dal Tribunale nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ha dichiarato di desistere dal secondo motivo di ricorso.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001

26      La Repubblica francese sostiene che la Commissione ha erroneamente esaminato gli argomenti delle autorità francesi relativi all’accesso ai documenti controversi e ha quindi autorizzato l’accesso agli stessi malgrado la propria opposizione debitamente giustificata da ragioni inerenti alle due eccezioni all’accesso ai documenti previste all’articolo 4, paragrafo 2, secondo e terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

27      Nell’ambito del primo motivo, la Repubblica francese afferma quindi, in sostanza, che la Commissione ha ecceduto i limiti del suo potere di controllo violando, di conseguenza, l’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001.

28      La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica francese.

29      In limine, occorre ricordare che il regolamento n. 1049/2001 è volto, come emerge dal suo considerando 4 e dal suo articolo 1, a conferire al pubblico un diritto di accesso il più ampio possibile ai documenti delle istituzioni (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 33, e del 3 ottobre 2012, Jurašinović/Consiglio, T‑63/10, EU:T:2012:516, punto 28). In forza dell’articolo 2, paragrafo 3, di detto regolamento, tale diritto riguarda non solo i documenti formati da un’istituzione, ma anche quelli che la medesima abbia ricevuto da terzi, fra i quali rientrano gli Stati membri, come espressamente precisato dall’articolo 3, lettera b), del medesimo regolamento.

30      Tuttavia, tale diritto di accesso è, in ogni caso, sottoposto a determinate limitazioni fondate su ragioni di interesse pubblico o privato (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 62, e del 3 ottobre 2012, Jurašinović/Consiglio, T‑63/10, EU:T:2012:516, punto 29). In particolare, l’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 dispone che uno Stato membro possa chiedere ad un’istituzione di non divulgare un documento che provenga da tale Stato senza il suo previo accordo (sentenze del 21 giugno 2012, IFAW Internationaler Tierschutz‑Fonds/Commissione, C‑135/11 P, in prosieguo: la «sentenza IFAW/Commissione», EU:C:2012:376, punto 50, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 41).

31      Al riguardo, occorre rilevare che la Corte ha già avuto occasione di precisare, nelle sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione (C‑64/05 P, EU:C:2007:802) e del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione (C‑135/11 P, EU:C:2012:376), la portata dell’opposizione proposta da uno Stato membro in forza di detta disposizione (sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 43).

32      A tale riguardo, la Corte ha sottolineato che l’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 ha carattere procedurale, limitandosi a prevedere la necessità di un previo accordo dello Stato membro interessato nel caso in cui quest’ultimo abbia formulato una domanda specifica in tal senso e riguardando il processo di adozione di una decisione dell’Unione (sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punti 78 e 81; del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 53, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 44).

33      A differenza dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001, il quale concede ai terzi, per quanto concerne i documenti provenienti da questi ultimi, solamente il diritto di essere consultati dall’istituzione interessata circa l’applicazione di una delle eccezioni previste ai paragrafi 1 e 2 del medesimo articolo 4, il paragrafo 5, di detto articolo erige il previo accordo dello Stato membro a condizione necessaria alla divulgazione di un documento da esso proveniente qualora questo stesso Stato lo richieda (sentenze del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 54, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 45).

34      La Corte ha pertanto dichiarato che, nel momento in cui uno Stato membro abbia esercitato la facoltà, ad esso riconosciuta dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001, di chiedere che uno specifico documento da esso proveniente non venga divulgato senza il suo previo accordo, l’eventuale divulgazione di tale documento da parte dell’istituzione necessiti del previo ottenimento dell’accordo dello Stato membro medesimo (sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 50; del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 55, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 46).

35      Ne consegue che, a contrario, l’istituzione che non dispone dell’accordo dello Stato membro interessato non è libera di divulgare il documento in parola (sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 44; del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 56, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 47).

36      Tuttavia, l’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 non conferisce allo Stato membro interessato un diritto di veto generale e incondizionato che gli consenta di opporsi, in modo puramente discrezionale e senza dover motivare la propria decisione, alla divulgazione di qualsiasi documento in possesso di un’istituzione per il solo fatto che il documento di cui trattasi proviene da tale Stato membro (sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 58; del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 57, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 48).

37      Infatti, l’esercizio del potere attribuito dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 allo Stato membro interessato è circoscritto alle eccezioni specifiche elencate nei paragrafi da 1 a 3 dello stesso articolo, riconoscendosi in proposito a tale Stato membro soltanto un potere di partecipazione alla decisione dell’istituzione. Il previo accordo dello Stato membro interessato cui fa riferimento detto articolo si risolve così non in un diritto di veto discrezionale, ma in una forma di parere conforme circa l’assenza di motivi di eccezione ai sensi dei paragrafi da 1 a 3 del medesimo articolo. Il processo decisionale in tal modo istituito da detto articolo necessita quindi che l’istituzione e lo Stato membro interessati si attengano alle eccezioni specifiche previste dai menzionati paragrafi da 1 a 3 (sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punti 76 e 83; del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 58, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 49).

38      Pertanto, l’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 autorizza lo Stato membro interessato a opporsi alla divulgazione di documenti da esso provenienti soltanto sulla base delle eccezioni specifiche previste dai paragrafi da 1 a 3 di tale articolo e motivando debitamente la propria posizione in proposito (sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 99; del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 59, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 50).

39      Per quanto riguarda, nella specie, la portata dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 nei confronti dell’istituzione cui sia stata presentata domanda di accesso ad un documento, occorre ricordare che la Corte ha già avuto modo di dichiarare che l’intervento dello Stato membro interessato non influisce, rispetto al richiedente, sul carattere di atto dell’Unione della decisione a lui successivamente indirizzata dall’istituzione in risposta alla propria domanda di accesso a un documento da essa detenuto (sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 94; del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 60, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 51).

40      L’istituzione cui sia stata presentata una domanda di accesso a un documento, in quanto autore di una decisione di diniego di accesso a documenti, è pertanto responsabile della legittimità di quest’ultima. La Corte ha dichiarato che l’istituzione stessa non può, infatti, accogliere l’opposizione manifestata da uno Stato membro alla divulgazione di un documento da esso proveniente qualora tale opposizione sia priva di qualsivoglia motivazione, o qualora i motivi dedotti da tale Stato membro a sostegno del diniego di accesso al documento di cui trattasi non si riferiscano alle eccezioni indicate all’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001 (sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 88; del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 61, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 52).

41      Di conseguenza, prima di negare l’accesso a un documento proveniente da uno Stato membro, l’istituzione interessata deve esaminare se quest’ultimo abbia fondato la propria opposizione sulle eccezioni specifiche di cui all’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001 e se abbia debitamente motivato la sua posizione in proposito. Pertanto, nel contesto del processo di adozione di una decisione di diniego di accesso, l’istituzione deve accertarsi dell’esistenza di una motivazione di tal genere e darne atto nella decisione da essa adottata all’esito del procedimento (sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 99; del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 62, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 53).

42      Infine, come risulta, in particolare, dagli articoli 7 e 8 del regolamento n. 1049/2001, l’istituzione è a sua volta tenuta a motivare la decisione di diniego da essa opposta all’autore della domanda di accesso. Tale obbligo implica che l’istituzione comunichi, nella propria decisione, non soltanto l’opposizione fatta valere dallo Stato membro interessato alla divulgazione del documento richiesto, ma anche i motivi invocati dallo Stato stesso per chiedere l’applicazione di una delle eccezioni al diritto di accesso previste dall’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del medesimo regolamento. Tali indicazioni sono, infatti, in grado di consentire al richiedente di comprendere l’origine e i motivi del diniego oppostogli ed al giudice competente di svolgere eventualmente il controllo che gli è affidato (sentenza del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 89, e ordinanza del 27 marzo 2014, Ecologistas en Acción/Commissione, T‑603/11, non pubblicata, EU:T:2014:182, punto 42).

43      Per contro, secondo la giurisprudenza, l’istituzione cui sia stata presentata domanda di accesso a un documento non deve compiere una valutazione esaustiva della decisione di opposizione dello Stato membro interessato, svolgendo un controllo che si spingerebbe oltre l’accertamento della mera esistenza di una motivazione inerente alle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001 (sentenza del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 63; ordinanza del 27 marzo 2014, Ecologistas en Acción/Commissione, T‑603/11, non pubblicata, EU:T:2014:182, punto 44, e sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 54).

44      Infatti, esigere una siffatta valutazione esaustiva potrebbe implicare che, una volta conclusa, l’istituzione cui sia stata presentata la domanda di accesso a un documento possa, illegittimamente, procedere alla comunicazione al richiedente del documento di cui trattasi, nonostante l’opposizione, debitamente motivata ai sensi dei punti 40 e 41 della presente sentenza, da parte dello Stato membro dal quale tale documento proviene (sentenza del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 64; ordinanza del 27 marzo 2014, Ecologistas en Acción/Commissione, T‑603/11, non pubblicata, EU:T:2014:182, punto 45 e sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 55).

45      La Commissione non è tenuta neppure ad effettuare, rispetto al documento del quale sia negata la divulgazione, una valutazione esaustiva dei motivi di opposizione invocati dallo Stato membro sulla base delle eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 (sentenza del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 65, e ordinanza del 27 marzo 2014, Ecologistas en Acción/Commissione, T‑603/11, non pubblicata, EU:T:2014:182, punto 47).

46      Infine, nella sentenza del 14 febbraio 2012, Germania/Commissione (T‑59/09, EU:T:2012:75), il Tribunale ha affermato che l’esame dell’istituzione non consiste nel determinare se la motivazione dedotta dallo Stato membro interessato sia erronea senza alcun possibile dubbio, bensì nel determinare se, alla luce delle circostanze di specie e delle norme di diritto applicabili, i motivi presentati dallo Stato membro a sostegno della propria opposizione siano prima facie idonei a giustificare il diniego e, pertanto, se tali motivi consentano all’istituzione stessa di assumersi la responsabilità conferitale dall’articolo 8 del regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2012, Germania/Commissione, T‑59/09, EU:T:2012:75, punti 52 e 53, e ordinanza del 27 marzo 2014, Ecologistas en Acción/Commissione, T‑603/11, non pubblicata, EU:T:2014:182, punto 46).

47      Inoltre, il Tribunale ha precisato che non si tratta, per l’istituzione, di imporre il proprio parere o di sostituire la propria valutazione a quella dello Stato membro interessato, bensì di evitare l’adozione di una decisione che essa non considera difendibile. L’istituzione, infatti, in quanto autore della decisione di accesso o di diniego, è responsabile della sua legittimità. Prima di negare l’accesso ad un documento proveniente da uno Stato membro, essa deve quindi esaminare se quest’ultimo abbia basato la sua opposizione sulle eccezioni specifiche previste dall’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001 e se abbia debitamente motivato la sua posizione alla luce di tali eccezioni (sentenza del 14 febbraio 2012, Germania/Commissione, T‑59/09, EU:T:2012:75, punto 54; v. altresì, in tal senso, ordinanza del 27 marzo 2014, Ecologistas en Acción/Commissione, T‑603/11, non pubblicata, EU:T:2014:182, punto 43).

48      Si deve sottolineare che tale esame deve essere compiuto nel contesto del leale dialogo che caratterizza il processo decisionale istituito dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001, e l’istituzione è tenuta a consentire allo Stato membro di riformulare i propri motivi o di riponderarli affinché essi possano essere considerati, prima facie, difendibili (sentenza del 14 febbraio 2012, Germania/Commissione, T‑59/09, EU:T:2012:75, punto 55).

49      Tale esame deve essere del pari condotto tenendo debitamente conto del principio secondo cui le eccezioni al diritto d’accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni, elencate all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, devono essere interpretate e applicate in senso restrittivo, tenuto conto degli obiettivi perseguiti da detto regolamento, e, segnatamente, della circostanza, ricordata dal suo considerando 2, secondo cui tale diritto d’accesso è collegato alla natura democratica delle istituzioni dell’Unione e del fatto che tale regolamento è volto, come emerge dal suo considerando 4 e dal suo articolo 1, a conferire al pubblico un diritto d’accesso che sia il più ampio possibile (sentenza del 14 febbraio 2012, Germania/Commissione, T‑59/09, EU:T:2012:75, punto 56).

50      Nel caso di specie, la Repubblica francese sostiene che la motivazione contenuta nella sentenza del 14 febbraio 2012, Germania/Commissione (T‑59/09, EU:T:2012:75), è stata rimessa in discussione dalla sentenza del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione (C‑135/11 P, EU:C:2012:376), nonché dalla sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑669/11, EU:T:2014:814). A suo parere, dalla sentenza del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione (C‑135/11 P, EU:C:2012:376), risulta chiaramente che la verifica dell’esistenza di una motivazione rappresenta il limite massimo del controllo fino al quale può spingersi l’istituzione interpellata. L’uso, da parte della Corte, al punto 63 di detta sentenza, dell’aggettivo «mera» prima di «esistenza di una motivazione» spiegherebbe d’altronde chiaramente la portata limitata di tale controllo.

51      A tal riguardo, dai punti 59, 62 e 63 della sentenza del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione (C‑135/11 P, EU:C:2012:376), richiamati supra ai punti 38, 41 e 43, risulta che, se la Corte ha dichiarato che il controllo dell’istituzione non può spingersi oltre l’accertamento della mera esistenza di una motivazione che si riferisca alle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001, spetta cionondimeno all’istituzione verificare, in tal modo, che l’opposizione dello Stato membro sia debitamente motivata.

52      Orbene, si deve rilevare che, nella sentenza del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione (C‑135/11 P, EU:C:2012:376), la Corte ha esaminato il ricorso presentato dalla società IFAW Internationaler Tierschutz-Fonds avverso la sentenza del 13 gennaio 2011, IFAW Internationaler Tierschutz-Fonds/Commissione (T‑362/08, EU:T:2011:6), in cui il Tribunale non aveva risolto la questione se la Commissione fosse tenuta ad effettuare un controllo prima facie o un controllo integrale dei motivi di opposizione invocati dallo Stato membro (sentenza del 13 gennaio 2011, IFAW Internationaler Tierschutz-Fonds/Commissione T‑362/08, EU:T:2011:6, punto 86). Su detta questione, la ricorrente nella specie, nell’ambito del proprio primo motivo, aveva contestato al Tribunale unicamente di non aver riconosciuto che la Commissione era tenuta ad effettuare, rispetto al documento la cui divulgazione era stata negata, una valutazione esaustiva dei motivi di opposizione invocati dallo Stato membro sulla base delle eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001. La Corte, a sua volta, ha ritenuto che il Tribunale non avesse commesso un errore di diritto al riguardo (sentenza del 21 giugno 2012, IFAW/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 65).

53      Ne consegue che la Corte si è limitata a respingere la possibilità per l’istituzione di procedere ad una valutazione esaustiva senza tuttavia opporsi ad un controllo prima facie della motivazione dell’opposizione dello Stato membro.

54      Inoltre, dal combinato disposto dei punti 69, 81, da 83 a 85 della sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑669/11, EU:T:2014:814), risulta che, se l’istituzione non è tenuta ad effettuare un esame concreto e individuale dei documenti di cui sia richiesto l’accesso con riguardo alle eccezioni previste all’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001, esame richiesto da consolidata giurisprudenza in materia (sentenze del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 53; del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 72, e del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 44), e se non spetta alla medesima procedere ad una valutazione esaustiva della motivazione dedotta dallo Stato membro per giustificare l’opposizione alla divulgazione dei documenti richiesti, l’obbligo ad essa incombente di procedere ad un esame diligente deve comunque indurla a verificare se le spiegazioni fornite dallo Stato membro appaiano prima facie fondate.

55      È così che, nella causa Spirlea/Commissione, la Commissione ha ritenuto che l’opposizione della Repubblica federale di Germania, basata sull’eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività di indagine, appariva, prima facie, fondata, tenuto conto del fatto che la procedura EU Pilot 2070/11/SNCO, che precede un eventuale avvio della fase formale di un procedimento per inadempimento, nell’ambito della quale il documento richiesto, vale a dire la risposta delle autorità tedesche a una richiesta di informazioni della Commissione, era stato redatto, era ancora in corso. Infatti, la Commissione continuava a esaminare la risposta della Repubblica federale di Germania e il seguito da riservarvi (sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punti 70, 84 e 103).

56      La Commissione ha quindi rilevato che, prima facie, l’eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile poteva essere validamente invocata dalla Repubblica federale di Germania dal momento che la procedura era in corso, rilievo che richiedeva da parte sua l’accertamento che i fatti dedotti dalla Repubblica federale di Germania non fossero manifestamente inesatti.

57      Pertanto, contrariamente a quanto afferma la Repubblica francese, non si può ritenere che il Tribunale abbia abbandonato, nella sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑669/11, EU:T:2014:814), l’orientamento accolto nella sentenza del 14 febbraio 2012, Germania/Commissione (T‑59/09, EU:T:2012:75), né, del resto, opporre quest’ultima sentenza e la sentenza del 21 giugno 2012 IFAW/Commissione (C‑135/11 P, EU:C:2012:376).

58      Alla luce dei suesposti rilievi, l’istituzione deve procedere a un controllo prima facie della fondatezza dei motivi del diniego di divulgazione opposto dallo Stato membro interessato.

59      Infine, dev’essere respinto l’argomento della Repubblica francese secondo cui la Commissione si sarebbe erroneamente spinta ad una valutazione esaustiva della motivazione dell’opposizione dalla stessa espressa, in violazione dei limiti del suo controllo. Infatti, nel caso di specie, come ribadito supra al punto 10, la Commissione ha effettuato una valutazione dei motivi di diniego addotti dalle autorità francesi ed ha concluso, per quanto concerne il motivo di diniego basato sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, che «i documenti il cui accesso [era stato] chiesto [non fossero] strettamente connessi a una controversia esistente o ragionevolmente prevedibile in tale fase», che «[fosse] pertanto evidente che i documenti in questione non [rientravano] nell’eccezione invocata dalle autorità francesi» e che «la loro divulgazione non potesse essere ostacolata dalla suddetta eccezione». Per quanto riguarda il motivo di diniego basato sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, la Commissione ha precisato che, «poiché non [era] in corso alcuna indagine, l’applicabilità della suddetta eccezione, in tale fase, [pareva] meramente ipotetica e la sua invocazione [sembrava], di conseguenza, a prima vista, (…) infondata in [tali] circostanze».

60      Orbene, da un lato, la brevità di tale analisi nonché l’uso di termini e di espressioni chiave come «evidente» o «a prima vista» consentono di concludere che non si tratta di un controllo esaustivo della motivazione addotta dalla Repubblica francese, bensì di un controllo prima facie.

61      Dall’altro, rientrava nell’obbligo di diligenza della Commissione la verifica prima facie dell’esistenza di una controversia o di un’indagine nell’ambito delle quali i documenti controversi sarebbero stati accertati dal momento che l’esistenza di una siffatta controversia o di una siffatta indagine sarebbe stata proprio in grado di giustificare l’applicazione delle eccezioni previste all’articolo 4, paragrafo 2, secondo e terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

62      Di conseguenza, la Commissione non ha ecceduto i limiti del proprio controllo, definiti dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento 1049/2001. Il primo motivo dev’essere pertanto respinto.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo e terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001

63      Nell’ambito del terzo motivo, la Repubblica francese afferma che la Commissione ha erroneamente ritenuto di non potersi basare sull’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali e su quella relativa alla tutela degli obiettivi delle attività di indagine per opporsi all’accesso ai documenti controversi.

64      Pertanto, è necessario accertare se la Commissione potesse concludere che i motivi dedotti dalla Repubblica francese a sostegno della propria opposizione alla divulgazione dei documenti controversi non fossero, prima facie, fondati.

65      A tal riguardo, il terzo motivo si suddivide in due capi, il primo relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 e, il secondo, alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento medesimo.

 Sul primo capo, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001

66      La Repubblica francese, sostenuta dalla Repubblica ceca, afferma, in sostanza, che, tenuto conto del suo obiettivo e del suo sviluppo, la procedura prevista dalla direttiva 98/34 presenta forti analogie con la fase precontenziosa del procedimento per inadempimento e rammenta che, in caso di persistente disaccordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato, la procedura prevista dalla direttiva 98/34 può condurre all’avvio di un procedimento per inadempimento.

67      Orbene, nell’ipotesi in cui sia avviato un procedimento per inadempimento avverso una disposizione tecnica che sia stata oggetto della procedura prevista dalla direttiva 98/34, la diffida e il parere motivato rappresenterebbero documenti processuali non comunicabili segnatamente in ragione della tutela delle attività giurisdizionali.

68      La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica francese.

69      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni negano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela delle procedure giurisdizionali e della consulenza legale, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

70      Occorre ricordare che è stato già affermato che l’espressione «procedure giurisdizionali» dev’essere interpretata nel senso che la tutela dell’interesse pubblico osta alla divulgazione del contenuto dei documenti redatti ai soli fini di un procedimento giudiziario particolare (v. sentenza del 3 ottobre 2012, Jurašinović/Consiglio, T‑63/10, EU:T:2012:516, punto 66 e la giurisprudenza ivi citata).

71      È stato parimenti affermato che, nell’ambito di una controversia riguardante la Commissione, per «documenti redatti ai soli fini di un procedimento giudiziario particolare», occorre intendere le memorie o gli atti depositati, i documenti interni riguardanti l’istruzione della causa in corso e le comunicazioni relative alla causa scambiate tra la direzione generale interessata e il servizio giuridico o uno studio legale, avendo questa delimitazione dell’ambito di applicazione dell’eccezione nella suddetta causa lo scopo di garantire, da un lato, la protezione del lavoro interno della Commissione e, dall’altro, la riservatezza e la salvaguardia del principio del segreto professionale degli avvocati (v. sentenza del 3 ottobre 2012, Jurašinović/Consiglio, T‑63/10, EU:T:2012:516, punto 67 e la giurisprudenza ivi citata).

72      Tuttavia, nella specie, i documenti controversi non sono né memorie, né atti depositati nell’ambito di una procedura giurisdizionale e, in generale, non sono stati redatti ai fini di un procedimento giudiziario particolare.

73      Con riferimento all’argomento della Repubblica francese, sostenuta della Repubblica ceca, secondo cui lo Stato membro dovrebbe considerare che sussisterebbe, per un determinato periodo, un rischio di ricorso per inadempimento vertente sul testo adottato in esito alla procedura prevista dalla direttiva 98/34, e ciò tanto più che la Commissione non ha adottato alcuna decisione formale di chiusura della procedura, occorre ricordare che, secondo giurisprudenza consolidata, il rischio di pregiudizio all’interesse tutelato deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (v. sentenza del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata).

74      A tal riguardo, mentre è vero che la Commissione, qualora ritenga che uno Stato membro sia venuto meno ai propri obblighi, resta libera di valutare l’opportunità di agire per inadempimento nei confronti del medesimo e di scegliere il momento in avviare il procedimento per inadempimento nei suoi confronti (v., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 61), resta il fatto che i documenti controversi e, in particolare, la risposta del governo francese del 17 giugno 2014 ai pareri circostanziati del governo austriaco e della Commissione, di cui al quinto trattino del precedente punto 3, non avevano condotto, alla data di adozione della decisione impugnata, vale a dire oltre nove mesi dopo l’adozione della legge n. 2014‑779, all’invio di una lettera di diffida da parte della Commissione, in forza dell’articolo 258, primo comma, TFUE.

75      Quindi, anche se, come sostiene la Repubblica francese, la Commissione aveva avuto l’intenzione di avviare un procedimento per inadempimento nei confronti della Repubblica francese e che, per tale motivo, aveva ripreso alcuni elementi del proprio parere circostanziato nella propria lettera di diffida, o in un’eventuale memoria depositata dinanzi alla Corte, la cui divulgazione avrebbe potuto pregiudicare la tutela delle procedure giurisdizionali (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2001, Petrie e a./Commissione, T‑191/99, EU:T:2001:284, punti 68 e 69), il rischio di avvio della fase precontenziosa di un procedimento per inadempimento contro la Repubblica francese, nel caso di specie, non era ragionevolmente prevedibile ed era quindi puramente ipotetico.

76      A tal riguardo, è significativo nella specie che le autorità francesi abbiano menzionato unicamente procedure giurisdizionali «future» nell’ambito di un «eventuale» procedimento per inadempimento. Ne consegue che, anche per le autorità francesi, l’avvio di siffatti procedimenti non era ragionevolmente prevedibile e che esse intendevano tutelarsi nel caso in cui la Commissione avesse avuto l’intenzione di avviare un siffatto procedimento per inadempimento.

77      Infine, poiché i documenti controversi non sono stati effettivamente redatti nell’ambito di una procedura giurisdizionale, bensì nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34 e che, inoltre, l’avvio della fase precontenziosa di un procedimento per inadempimento nei confronti della Repubblica francese non era ragionevolmente prevedibile e rimaneva puramente ipotetico, la Commissione ha correttamente ritenuto che il diniego di accesso ai documenti controversi opposto dalle autorità francesi, basato sull’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, non apparisse, prima facie, fondato.

78      Di conseguenza, il primo capo del terzo motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo capo, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001

79      A parere della Repubblica francese, la Commissione avrebbe dovuto dichiarare che i documenti rilasciati dal governo francese nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34 beneficiavano della presunzione generale di pregiudizio agli obiettivi delle attività di indagine e che essa poteva, pertanto, opporsi all’accesso agli stessi. Infatti, i motivi che hanno indotto la Corte a ritenere che sussistesse una presunzione generale di pregiudizio agli obiettivi delle attività di indagine per quanto riguarda la fase precontenziosa del procedimento per inadempimento (sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 65) sarebbero altresì applicabili alla procedura prevista dalla direttiva 98/34.

80      La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica francese.

81      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni negano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

82      Da un lato, si deve osservare che, come riconosciuto dalla Repubblica francese nella propria risposta alle misure di organizzazione del procedimento, la Commissione non ha contestato che la procedura prevista nella direttiva 98/34 possa qualificarsi come attività di indagine. Infatti, nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 non potesse applicarsi dal momento che, in ogni caso, la procedura era stata conclusa prima dell’adozione della suddetta decisione e non le era stato riservato alcun seguito.

83      Dall’altro, l’eccezione prevista da tale disposizione non è intesa a tutelare le attività di indagine in quanto tali, ma l’obiettivo di tali attività (v., in tal senso, sentenze del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punti 105 e 109, e del 14 febbraio 2012, Germania/Commissione, T‑59/09, EU:T:2012:75, punto 73 e la giurisprudenza ivi citata).

84      Nella specie, poiché la procedura prevista dalla direttiva 98/34 era terminata nel momento in cui la Commissione ha adottato la decisione impugnata, la divulgazione dei documenti redatti in tale ambito non poteva pregiudicare l’obiettivo perseguito da detta procedura.

85      A tal riguardo, dev’essere respinto l’argomento della Repubblica francese, sostenuta in tal senso dalla Repubblica ceca, secondo cui dovrebbe essere esclusa la divulgazione dei documenti controversi durante un dato periodo di tempo successivo alla conclusione dell’attività di indagine, vale a dire fintantoché sussista un rischio ragionevolmente prevedibile che lo Stato membro e la Commissione necessitino di uno spazio libero ai fini di una discussione indisturbata per risolvere una controversia relativa alla conformità di una disposizione nazionale con il diritto dell’Unione.

86      Infatti, secondo la giurisprudenza, l’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 dev’essere interpretato in modo tale che questa disposizione, intesa a tutelare «gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile», sia applicabile solo se la divulgazione dei documenti di cui trattasi rischi di mettere in pericolo il completamento di tali attività (sentenza del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 109).

87      È ben vero che i diversi atti di indagine o di ispezione possono continuare a beneficiare dell’eccezione fondata sulla tutela delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile finché proseguono le attività di indagine o ispettive, anche se l’indagine o l’ispezione particolare che ha dato luogo al rapporto cui si chiede l’accesso è terminata (v. sentenza del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 110 e la giurisprudenza ivi citata).

88      Tuttavia, ammettere che ai diversi documenti relativi ad attività ispettive, di indagine o di revisione contabile si applichi l’eccezione ex articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 finché non sia stabilito il seguito da dare a tali procedimenti equivarrebbe a sottoporre l’accesso a tali documenti ad un evento aleatorio, futuro ed eventualmente lontano, dipendente dalla celerità e dalla diligenza della varie autorità (sentenza del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 111).

89      Una soluzione di tal genere si scontrerebbe con l’obiettivo consistente nel garantire l’accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni, allo scopo di dare ai cittadini la possibilità di controllare in maniera più effettiva la legittimità dell’esercizio del potere pubblico (v., in tal senso, sentenza del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 112).

90      Nella specie, la procedura prevista dalla direttiva 98/34 era non solo terminata, ma, come ricordato supra al punto 78, l’avvio di un procedimento per inadempimento non era ragionevolmente prevedibile e rimaneva puramente ipotetico. Pertanto, l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 non poteva essere invocata per negare l’accesso ai documenti controversi.

91      Pertanto, la Commissione ha correttamente ritenuto che, prima facie, il motivo relativo alla tutela degli obiettivi delle attività di indagine non fosse fondato.

92      Alla luce delle suesposte considerazioni, il secondo capo del terzo motivo dev’essere respinto con conseguente reiezione del terzo motivo in toto, senza che sia necessario pronunciarsi sulla questione della sua ricevibilità, sollevata dalla Commissione, secondo cui, in sostanza, la Repubblica francese avrebbe mirato, con tale motivo, alla legittimità della decisione impugnata adottata nei confronti del richiedente l’accesso, e non al rispetto dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001, che stabilisce l’unico oggetto legittimo della presente controversia (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punto 52).

93      Di conseguenza, il ricorso va respinto in toto.

 Sulle spese

94      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica francese è rimasta soccombente, va condannata alle spese, comprese quelle inerenti al procedimento sommario, conformemente alla domanda della Commissione.

95      Inoltre, conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. La Repubblica ceca sopporterà quindi le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Repubblica francese è condannata alle spese, comprese quelle relative al procedimento sommario.

3)      La Repubblica ceca sopporterà le proprie spese.

Papasavvas

Labucka

Bieliūnas

Forrester

 

      Iliopoulos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 aprile 2017.

Firme


* Lingua processuale: il francese.