Language of document : ECLI:EU:C:2010:165

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

25 marzo 2010 (*)

«Impugnazione – Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) – Riduzione del contributo finanziario – Sovvenzione globale per la realizzazione di misure di incentivazione alle piccole e medie imprese – Data di scadenza per la realizzazione degli investimenti – Potere discrezionale della Commissione»

Nel procedimento C‑414/08 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 19 settembre 2008,

Sviluppo Italia Basilicata SpA, con sede in Potenza, rappresentata dagli avv.ti F. Sciaudone, R. Sciaudone e A. Neri,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata dal sig. L. Flynn, assistito dall’avv. A. Dal Ferro, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J.‑C. Bonichot, presidente della Quarta Sezione, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, dalla sig.ra C. Toader (relatore), dai sigg. C.W.A. Timmermans, P. Kūris e L. Bay Larsen, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 settembre 2009,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 ottobre 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la presente impugnazione, la Sviluppo Italia Basilicata SpA chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 8 luglio 2008, causa T‑176/06, Sviluppo Italia Basilicata/Commissione (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso avente ad oggetto, da un lato, l’annullamento della decisione della Commissione 20 aprile 2006, C (2006) 1706, relativa alla riduzione del contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale [FESR] a favore della sovvenzione globale per la realizzazione di misure di incentivazione alle piccole e medie imprese operanti nella regione Basilicata in Italia, concesso nel quadro comunitario di sostegno per gli interventi strutturali alle regioni italiane compresi nell’obiettivo n. 1 (in prosieguo: la «decisione controversa»), e, dall’altro, il risarcimento del danno che tale decisione le avrebbe causato.

 Contesto normativo

 I regolamenti di base

2        L’art. 1 del regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1988, n. 2052, relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti [e] degli altri strumenti finanziari esistenti (GU L 185, pag. 9), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2081 (GU L 193, pag. 5; in prosieguo: il «regolamento n. 2052/88»), prevede che, al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi generali di cui agli artt. 158 CE e 160 CE, i Fondi strutturali contribuiscano alla realizzazione di cinque obiettivi prioritari. Il primo di questi obiettivi (in prosieguo: l’«obiettivo n. 1») consiste nel «promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni il cui sviluppo è in ritardo». La Regione Basilicata è una delle regioni interessate dall’obiettivo n. 1, ai sensi dell’allegato I a detto regolamento.

3        L’art. 5 del regolamento n. 2052/88 elenca le forme possibili di intervento finanziario dei Fondi strutturali. Fra esse, l’art. 5, n. 2, lett. c), indica la possibilità che l’intervento si configuri quale «sovvenzione globale», gestita in genere da un intermediario, designato dallo Stato membro con l’accordo della Commissione europea, e da esso suddivisa in singole sovvenzioni da erogarsi ai beneficiari finali.

4        Le norme di procedura applicabili a tali interventi sono stabilite da due regolamenti, ossia il regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1988, n. 4253, recante disposizioni di applicazione del regolamento n. 2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari Fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dall’altro (GU L 374, pag. 1), come modificato dal regolamento del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082 (GU L 193, pag. 20; in prosieguo: il «regolamento n. 4253/88»), e il regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1988, n. 4254, recante disposizioni di applicazione del regolamento n. 2052/88 per quanto riguarda il Fondo europeo di sviluppo regionale (GU L 374, pag. 15), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2083 (GU L 193, pag. 34; in prosieguo: il «regolamento n. 4254/88»).

5        L’art. 6, n. 2, del regolamento n. 4254/88 prevede che le modalità di utilizzazione delle sovvenzioni globali formino oggetto di una convenzione conclusa, d’intesa con lo Stato membro interessato, tra la Commissione e l’intermediario, la quale deve precisare, in particolare, il tipo di azioni da intraprendere, i criteri di scelta dei beneficiari, le condizioni e l’aliquota del contributo del FESR e le modalità dei controlli per quanto riguarda l’utilizzazione delle sovvenzioni globali.

6        L’art. 24 del regolamento n. 4253/88, intitolato «Riduzione, sospensione o soppressione del contributo», prevede, nei nn. 1 e 2, quanto segue:

«1.      Se la realizzazione di un’azione o di una misura sembra non giustificare né in parte né totalmente il contributo finanziario assegnato, la Commissione procede ad un esame appropriato del caso nel quadro della partnership, chiedendo in particolare allo Stato membro o alle autorità da esso designate per l’attuazione dell’azione di presentare le loro osservazioni entro una scadenza determinata.

2.      In seguito a questo esame la Commissione può ridurre o sospendere il contributo per l’azione o la misura in questione, se l’esame conferma l’esistenza di un’irregolarità o di una modifica importante che riguardi la natura o le condizioni di attuazione dell’azione o della misura e per la quale non sia stata chiesta l’approvazione della Commissione».

7        Gli artt. 25 e 26 del regolamento n. 4253/88 fissano le regole di sorveglianza e valutazione dell’attuazione del contributo finanziario. In particolare, l’art. 25, nn. 1 e 3, così recita:

«1.      Nel quadro della compartecipazione la Commissione e gli Stati membri assicurano una sorveglianza efficace dell’attuazione del contributo dei Fondi a livello di quadro comunitario di sostegno e di azioni specifiche (programmi, ecc.). Questa sorveglianza è attuata per mezzo di relazioni elaborate secondo procedure adottate di comune accordo, di controlli per sondaggio e di comitati costituiti a tal fine.

(…)

3.      I comitati di sorveglianza sono creati, nel quadro della compartecipazione, in base ad un accordo tra lo Stato membro interessato e la Commissione.

La Commissione ed eventualmente la BEI possono essere rappresentate nell’ambito di questi comitati».

 Le decisioni della Commissione contenenti le norme applicabili all’intervento finanziario in questione

8        Il 29 luglio 1994 la Commissione ha adottato la decisione 94/629/CE, concernente la definizione del quadro comunitario di sostegno per gli interventi strutturali comunitari nelle regioni dell’Italia interessate dell’obiettivo n. 1, vale a dire gli Abruzzi, la Basilicata, la Calabria, la Campania, il Molise, la Puglia, la Sardegna e la Sicilia, per il periodo dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre 1999 (GU L 250, pag. 21).

9        Con decisione 23 aprile 1997, 97/322/CE, che modifica le decisioni di approvazione dei quadri comunitari di sostegno, dei documenti unici di programmazione e delle iniziative comunitarie prese nei confronti dell’Italia (GU L 146, pag. 11), la Commissione ha stabilito le norme sulle spese approvabili nei diversi interventi comunitari adottati nei confronti dell’Italia. L’allegato a tale decisione contiene una scheda n. 19 (in prosieguo: la «scheda n. 19») relativa alle spese approvabili nell’ambito dei Fondi strutturali per operazioni di ingegneria finanziaria concernenti fondi di capitale di rischio (in prosieguo: i «FCR»).

10      I principi generali che disciplinano le operazioni di ingegneria finanziaria previsti dalla scheda n. 19 sono, in particolare, i seguenti:

«ii)      La Comunità cofinanzia il contributo pubblico al capitale sociale dei fondi; essa non partecipa alla gestione dei fondi stessi, né contribuisce alle spese di tale gestione. Partecipanti/azionisti dei fondi sono soltanto lo Stato membro e i suoi partner privati o pubblici, e non la Commissione;

(...)

vii)      Le modalità di funzionamento di tali fondi devono essere adeguate alle disposizioni relative all’esecuzione finanziaria degli interventi, soprattutto per quanto riguarda le nozioni di impegno e di spese sostenute, nonché la chiusura dell’intervento;

viii) I FCR intervengono presso imprese finanziariamente ed economicamente sane. (…)».

11      Per quanto riguarda specificamente i FCR, la scheda n. 19 prevede, al punto B, intitolato «Modalità di funzionamento del FCR», quanto segue:

«(…)

2. Gli interventi del FCR consistono in varie forme di partecipazione, quali la sottoscrizione di un capitale sociale (azioni o quote sociali) nelle imprese sostenute, prestiti (anche di partecipazione), obbligazioni (all’occorrenza convertibili), ecc. (…)

(…)

8. Per tutta la durata dell’intervento comunitario, le entrate del FCR (in particolare, gli eventuali dividendi, il plus-valore e gli interessi derivanti da investimenti) devono affluire nel fondo ed essere utilizzate per finanziare altre partecipazioni, nonché le spese di gestione entro i limiti specificati [nella medesima scheda].

(…)

10. L’attività del FCR è esposta in una relazione che viene trasmessa per ogni anno civile alla Commissione, previo parere del comitato di sorveglianza. Tale relazione deve contenere un bilancio e un’analisi delle entrate e delle perdite del FCR, un elenco dettagliato delle spese di gestione sostenute, un’analisi dei trasferimenti effettuati a beneficio del fondo, l’elenco dettagliato delle partecipazioni assunte (investimenti realizzati, crediti concessi ecc., per impresa e per settore, nel rispetto del principio di riservatezza), nonché i problemi incontrati e le soluzioni eventualmente proposte o scelte.

11. La Commissione e la Corte dei conti europea esercitano un potere di controllo sulle attività del FCR, che comprende anche il diritto di effettuare o far effettuare verifiche presso le imprese a cui il FCR ha partecipato o partecipa.

(…)».

12      Il punto C della scheda n. 19 definisce l’«impegno giuridico e finanziario» come l’«atto giuridico di costituzione o di aumento del capitale iniziale di un FCR». Le «spese effettivamente sostenute» sono definite nel medesimo punto come il «versamento in denaro delle quote di capitale del FCR liberato da parte dei partecipanti (capitale versato), in stretto rapporto con le relazioni di esecuzione, dove si specificano le partecipazioni assunte che dimostrano il buon avanzamento della misura».

13      Il punto D della scheda n. 19, alla rubrica «Chiusura dell’intervento», prevede che:

«1. Il FCR dev’essere costituito per un periodo adeguato, compatibile con gli obiettivi previsti. La durata minima di un FCR è quella della forma d’intervento.

2. Alla chiusura dell’intervento comunitario (dopo il termine ultimo per i pagamenti), dev’essere stabilita la posizione finanziaria netta del FCR mediante raffronto tra l’impiego del capitale totale versato e la somma totale degli interventi effettuati nelle imprese durante il periodo in questione.

–        Se la somma risultante dal totale cumulato degli interventi nelle imprese durante il periodo in questione corrisponde ad almeno il 100% del capitale versato (> o =), la misura si considera interamente eseguita.

(…)

–        Se al momento della chiusura, malgrado il controllo esercitato dal comitato di sorveglianza, la somma totale degli interventi nelle imprese nel corso del periodo considerato risulta inferiore al capitale totale versato, l’importo versato in eccedenza viene detratto dal saldo che la Comunità paga allo Stato membro per la forma d’intervento in questione.

3. Dopo il pagamento del saldo finale relativo alla forma d’intervento, la Commissione non interviene più nell’esecuzione o nella sorveglianza dell’azione (…)».

 Fatti

 I fatti e la decisione controversa

14      In esecuzione del regolamento n. 2052/88, la Commissione, con la sua decisione 94/629, ha approvato il quadro giuridico comunitario applicabile agli interventi in favore delle regioni interessate dall’obiettivo n. 1, tra le quali compariva, in particolare, la Regione Basilicata, per il periodo dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre 1999.

15      Il governo italiano ha presentato alla Commissione, il 24 febbraio 1998, una domanda di contributo comunitario per una sovvenzione globale per la realizzazione di misure di incentivazione delle piccole e medie imprese (in prosieguo: le «PMI») stabilite nella Regione Basilicata. La misura n. 2, oggetto della domanda, prevedeva la costituzione di un FCR, proveniente dal FESR e dal settore privato, per la realizzazione di interventi finanziari (partecipazioni al capitale sociale, prestiti partecipativi e prestiti obbligazionari convertibili) in imprese aventi la propria sede in tale regione o che intendessero ivi stabilirsi.

16      Con decisione 2 marzo 1999, C (1999) 314, relativa alla concessione di un contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale per una sovvenzione globale destinata alla realizzazione di misure di incentivazione alle piccole e medie imprese operanti nella Regione Basilicata, che si integra nel quadro comunitario di sostegno per gli interventi strutturali dell’obiettivo n. 1 in Italia, la Commissione ha approvato la concessione del contributo richiesto dalle autorità italiane (in prosieguo: la «decisione di concessione del contributo»).

17      L’art. 5 della decisione di concessione del contributo enuncia che il «contributo comunitario riguarda le spese connesse alle operazioni previste dalla sovvenzione globale che saranno state oggetto, nello Stato membro, di disposizioni giuridicamente vincolanti, e per le quali le necessarie risorse finanziarie saranno state specificatamente impegnate al più tardi il 31 dicembre 1999». La data di scadenza per la contabilizzazione delle spese relative a queste operazioni era fissata al 31 dicembre 2001.

18      Il programma di sovvenzione globale trasmesso alla Commissione dalle autorità italiane per ottenere il contributo è stato allegato alla decisione di concessione dello stesso, di cui costituisce parte integrante (in prosieguo: il «programma di sovvenzione globale»). Il programma prevede che l’attuazione della misura dovesse essere realizzata in tre fasi, indicate rispettivamente come fase «di promozione», «di creazione» e «di gestione» del FCR (punto 5.2.2 del programma di sovvenzione globale). Esso precisa inoltre, nel punto 5.2.5, che il fondo era di EUR 9,7 milioni, di cui 4,7 milioni di provenienza del FESR e che, ai sensi della scheda n. 19, si intende «per impegno: l’atto giuridico di costituzione del capitale del Fondo [e] per spesa: il versamento in denaro delle quote di capitale del FCR liberato da parte dei partecipanti». Il programma dispone infine che gli impegni dovessero essere conclusi «entro il 31 dicembre 1999» (punto 5.2.6 del medesimo programma) e che il FCR avesse una durata decennale a decorrere dalla sua costituzione.

19      Le modalità di concessione della sovvenzione globale sono state definite con una convenzione stipulata il 22 luglio 1999 tra la Commissione e il Centro europeo di impresa e innovazione Sistema BIC Basilicata, che in origine era l’intermediario designato per la gestione della sovvenzione globale, cui è subentrata la ricorrente (in prosieguo: la «convenzione»). Tale convenzione prevede, nell’art. 9, la creazione di un comitato di sorveglianza, composto dai rappresentanti della Commissione, delle autorità nazionali competenti e dell’intermediario.

20      L’art. 9, nn. 2 e 3, della convenzione prevede quanto segue:

«2.      Sia durante che dopo la loro applicazione, le misure attuate in esecuzione della presente Convenzione sono soggette alle disposizioni in materia di sorveglianza e valutazione previste dal regolamento (CEE) n. 4253/88 e precisate nel [quadro comunitario di sostegno].

3.      La valutazione di cui ai paragrafi 1 e 2 è attuata sotto la responsabilità del Comitato di Sorveglianza della Sovvenzione Globale. L’intermediario mette a disposizione del Comitato tutti i dati necessari per la sorveglianza e la valutazione».

21      L’art. 13, nn. 2 e 4, della convenzione così dispone:

«2. (…) Il pagamento del saldo finale è soggetto alle seguenti condizioni cumulative:

–        presentazione alla Commissione, da parte della Regione Basilicata, di una richiesta di pagamento, debitamente certificata, per il tramite del Ministero [dell’Economia e delle Finanze], nei sei mesi successivi al completamento materiale dell’azione di cui trattasi;

(…)

4. La data limite per l’assunzione degli impegni di spesa nei confronti delle iniziative beneficiarie dei contributi della sovvenzione globale (delibera di concessione, sottoscrizione dei contratti per attività esterne) è il 31 dicembre 1999; i pagamenti effettuati dall’intermediario in esecuzione della sovvenzione globale dovranno aver luogo entro il 31 dicembre 2001 e la rendicontazione alla Commissione delle spese sostenute dall’intermediario per l’esecuzione della suddetta sovvenzione dovrà avvenire non oltre il 30 giugno 2002».

22      L’art. 16, n. 5, della convenzione dispone quanto segue:

«Se l’intermediario non adempie ad uno degli obblighi previsti dalla Convenzione o vi adempie in modo inadeguato, la Commissione – d’intesa con la Regione Basilicata – può intimargli, a mezzo lettera raccomandata, di provvedere all’adempimento dell’obbligo in questione. Se entro un mese dalla notifica detto obbligo non è adempiuto, la Commissione, d’intesa con la Regione Basilicata, ha facoltà, quali che siano le conseguenze previste dalla legislazione applicabile alla Convenzione, di rescindere la Convenzione stessa senza ulteriori formalità».

23      Infine, l’art. 18 della convenzione stabilisce che la stessa resti in vigore fino al 30 giugno 2002.

 La costituzione e l’attuazione del FCR

24      Il FCR è stato costituito il 16 dicembre 1999, con una dotazione finanziaria pari a EUR 9,7 milioni, di cui EUR 4,7 milioni finanziati dal FESR e EUR 5 milioni provenienti da investitori privati. I versamenti delle quote sociali sono stati integralmente effettuati nel periodo febbraio 2000 - dicembre 2001.

25      Con lettera del 18 marzo 2003, la Regione Basilicata ha trasmesso al Ministero dell’Economia e delle Finanze la dichiarazione finale delle spese e la domanda di pagamento presentate dalla ricorrente. Il 20 marzo 2003 il ministero ha trasmesso tali documenti alla Commissione.

26      Con lettera del 10 febbraio 2004, la Commissione ha comunicato alle autorità italiane e alla ricorrente di ritenere che, ai sensi del punto D della scheda n. 19, una parte del contributo inizialmente concesso non fosse giustificata, non essendo stata investita nelle PMI entro il 31 dicembre 2001.

27      Il 20 aprile 2006, la Commissione ha adottato la decisione controversa con la quale, giudicando che una parte del contributo del FESR non era stata utilizzata per l’assunzione di partecipazioni nelle PMI prima del 31 dicembre 2001, ha ridotto l’importo del contributo concesso nel quadro della sovvenzione globale per la Regione Basilicata di EUR 4 554 108,91 ed ha disposto il recupero di un importo pari a EUR 3 434 108,91.

28      Nei punti 9, 10, 18 e 19 della decisione controversa, la Commissione ha menzionato le contestazioni formulate dall’ente intermediario per iscritto e nel corso dell’audizione svoltasi il 27 ottobre 2005. Inoltre, nel punto 22 della medesima decisione, essa ha sottolineato, in particolare, che:

«Per quanto riguarda il problema di inammissibilità delle spese (…) la Commissione ritiene che gli interventi di un Fondo di capitale di rischio sono sottoposti ad una “condizione d’utilità” e di effettiva ricaduta positiva nelle imprese, condizione che, nella fattispecie, non è venuta a realizzarsi poiché anteriormente alla data limite per effettuare i pagamenti del programma (31.12.2001) meno del 3% dell’intera dotazione del Fondo (pari a 9 700 000 euro, di cui 4 700 000 euro a carico del FESR) ha dato luogo ad assunzione di partecipazioni nelle imprese. In termini più espliciti, gli obiettivi perseguiti dal FESR, ossia di finanziare investimenti produttivi che permettono di creare o mantenere posti di lavoro durevoli e di sostenere le attività delle [PMI] attraverso il miglioramento delle possibilità di accesso delle aziende al mercato dei capitali, con la concessione di garanzie e con l’assunzione di partecipazioni, non possono considerarsi effettivamente raggiunti con il semplice versamento delle quote in denaro per la costituzione del Fondo».

 Sentenza impugnata

29      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 giugno 2006, la ricorrente ha proposto una domanda diretta all’annullamento della decisione controversa nonché al versamento di un risarcimento.

 Sul ricorso d’annullamento

30      Nel controricorso presentato dinanzi al Tribunale, la Commissione ha eccepito l’irricevibilità della domanda d’annullamento sostenendo che la ricorrente, non essendo destinataria della decisione controversa né beneficiaria della sovvenzione concessa a titolo del contributo finanziario del FESR, non era direttamente interessata ai sensi dell’art. 230, n. 4, CE.

31      Il Tribunale non si è pronunciato sulla suddetta eccezione, giudicando che la domanda fosse comunque infondata.

32      A sostegno della sua domanda d’annullamento, la ricorrente deduceva sei motivi, dei quali sarà qui richiamata solo la parte rilevante ai fini del presente giudizio.

33      Con il motivo relativo alla violazione della scheda n. 19, la ricorrente sosteneva che la Commissione avesse interpretato erratamente la nozione di «spese effettivamente sostenute» contenuta nel punto C di detta scheda. Infatti, la Commissione non avrebbe preso in considerazione la distinzione contenuta in quest’ultima tra le nozioni di «spese» e di «impegni» e così avrebbe concluso nel senso che le «spese effettivamente sostenute», che sarebbe stato necessario effettuare prima della data di scadenza del 31 dicembre 2001, fossero le assunzioni di partecipazioni del FCR nelle PMI. Viceversa, da detta parte, dal punto 5.2.5 del programma di sovvenzione globale nonché dagli artt. 5 della decisione di concessione del contributo e 13, n. 4, della convenzione si ricaverebbe chiaramente che le «spese effettivamente sostenute» sarebbero gli «impegni», ossia i versamenti in contanti effettuati a favore del FCR e che, pertanto, solo questi versamenti dovessero essere effettuati prima della citata data di scadenza.

34      Inoltre, la ricorrente sosteneva che la durata dell’intervento comunitario non potesse coincidere con quella del fondo, che era scaduto il 16 dicembre 2009. A questo proposito, essa sottolineava che sarebbe stato difficile, se non impossibile, che questo fondo acquisisse partecipazioni nelle PMI per un importo pari a quello del suo capitale entro il 31 dicembre 2001.

35      Il Tribunale, nei punti 42‑59 della sentenza impugnata, ha respinto questo motivo, giudicando che la Commissione aveva giustamente considerato il 31 dicembre 2001 come data di chiusura dell’intervento comunitario. Esso ha rilevato che dalla scheda n. 19, in particolare dal suo punto D, si ricaverebbe che la durata di questo intervento non coincide con quella del FCR, dato che quest’ultimo poteva continuare dopo la chiusura dell’intervento. Esso ha inoltre giudicato che dal punto C della stessa scheda si evincerebbe che le «spese effettivamente sostenute», da realizzare entro il 31 dicembre 2001, consistevano non solo in quelle corrispondenti alla costituzione iniziale del FCR, bensì parimenti alle «partecipazioni assunte» da quest’ultimo. Una siffatta interpretazione sarebbe corroborata, secondo il Tribunale, dal punto 5.2.5 del programma di sovvenzione globale, che riprende le disposizioni di detto punto C nonché dalla convenzione, la quale scadeva il 30 giugno 2002, data che non poteva precedere quella di chiusura dell’intervento comunitario.

36      Con il motivo relativo all’illogicità, inadeguatezza e assenza dei presupposti di diritto e di fatto assunti a fondamento della decisione controversa, la ricorrente criticava la Commissione per aver fondato questa decisione sulla presunta violazione, menzionata nel punto 22 di quest’ultima, di una «condizione d’utilità dell’intervento», la quale non figurerebbe né nella decisione di concessione del contributo, né nel programma di sovvenzione globale. Essa affermava che, comunque, la violazione di questa condizione, anche ipotizzando che fosse stata provata, non avrebbe potuto costituire un’irregolarità riguardante la natura o le condizioni di attuazione dell’intervento, ai sensi dell’art. 24, n. 2, del regolamento n. 4253/88.

37      A questo proposito, nei punti 66‑75 della sentenza impugnata il Tribunale ha giudicato che dal carteggio intercorso tra le parti durante il procedimento amministrativo, così come dal punto 23 della decisione controversa, si evincerebbe con chiarezza che la Commissione si è basata segnatamente sul punto D della scheda n. 19 e che gli altri motivi menzionati nella decisione controversa servono solo a difendere la sua interpretazione di tale disposizione. Inoltre, esso ha ricordato che l’art. 1 del regolamento n. 4254/88 prevede che il FESR mira a finanziare investimenti produttivi. Di conseguenza, gli interventi di quest’ultimo dovrebbero essere esaminati alla luce dei loro obiettivi, che non potrebbero essere considerati effettivamente conseguiti con il semplice versamento in contanti delle quote di capitale per la costituzione del FCR.

38      Con il motivo relativo alla violazione delle norme di procedura, in particolare di quelle di cui agli artt. 25 e 26 del regolamento n. 4253/88, la ricorrente affermava che la Commissione non poteva avviare la procedura di cui all’art. 24 di questo regolamento senz’aver sollevato, durante la fase di esecuzione dell’intervento, in particolare in occasione delle riunioni del comitato di sorveglianza del 14 giugno e del 10 dicembre 2001, nessuna obiezione in merito all’esecuzione di quest’ultima.

39      Per quanto concerne l’asserita violazione degli artt. 25 e 26 del regolamento n. 4253/88, nel punto 79 della sentenza impugnata il Tribunale ha rilevato, in particolare, che queste disposizioni non prevederebbero nessuna norma di procedura che subordini il diritto della Commissione di ridurre o sopprimere un contributo finanziario alla condizione di aver sollevato dubbi in merito alla corretta esecuzione del programma prima della chiusura dell’intervento.

40      Sempre nel punto 79 esso ha aggiunto che, anche ipotizzando che i giudici dell’Unione europea possano applicare norme di procedura non espressamente previste dal legislatore al fine di garantire principi fondamentali (v., in tal senso, sentenza 21 settembre 2000, causa C‑462/98 P, Mediocurso/Commissione, Racc. pag. I‑7183), la ricorrente non avrebbe sostenuto, nel caso di specie, che la norma di procedura da essa invocata, e che sarebbe ricavabile dagli obblighi di vigilanza incombenti alla Commissione, fosse necessaria alla garanzia dei suoi diritti della difesa.

41      Con i suoi motivi relativi alla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, nonché alla violazione del principio di proporzionalità, la ricorrente sosteneva che la Commissione avrebbe suscitato in capo ad essa un legittimo affidamento in merito alla realizzazione del programma, a seguito dell’approvazione, in particolare in seno al comitato di sorveglianza, degli interventi realizzati e dello stato di avanzamento del programma di sovvenzione globale. Essa sosteneva che, laddove tutte le relazioni semestrali presentate a detto comitato avrebbero mostrato chiaramente che alla data del 30 giugno 2001 non era stata realizzata nessuna operazione finanziaria, detto comitato non avrebbe mai formulato obiezioni al riguardo.

42      Nei punti 89‑92 della sentenza impugnata il Tribunale ha constatato che i fatti dedotti dalla ricorrente non avrebbero giustificato il sorgere in capo ad essa di un legittimo affidamento, dal momento che le garanzie precise, categoriche e concordanti invocate da quest’ultima, anche qualora fossero state provate, sarebbero state in contrasto con le norme applicabili e, in particolare, con la scheda n. 19.

43      La ricorrente sosteneva infine che la decisione controversa avrebbe travisato il principio di proporzionalità, poiché non si limitava a interrompere il versamento degli importi non ancora corrisposti, ma pretendeva parimenti il recupero delle somme già attribuite.

44      A questo proposito, nel punto 93 della sentenza impugnata il Tribunale ha giudicato che la Commissione non avrebbe avuto nessun potere discrezionale in merito alle conseguenze da ricavare dal fatto che, alla data del 31 dicembre 2001, una parte del capitale versato nel FCR non fosse stata investita nelle PMI. Esso ha fatto riferimento, in merito, alla sentenza della Corte 5 ottobre 1999, causa C‑84/96, Paesi Bassi/Commissione (Racc. pag. I‑6547, punti 22, 23 e 47), aggiungendo che il fatto di dare rilevanza alle varie circostanze dedotte dalla ricorrente avrebbe portato non solo ad ammettere la violazione delle norme contenute nella scheda n. 19, ma avrebbe permesso di farle ottenere un beneficio dalla sua errata interpretazione.

 Sulla domanda di risarcimento

45      A sostegno della sua domanda di risarcimento la ricorrente asseriva che la decisione controversa, che si baserebbe su un’errata interpretazione della normativa applicabile, le avrebbe provocato danni. Per valutare questi ultimi, essa si baserebbe sia sui presunti danni economici i quali equivarrebbero all’importo che la Commissione ha deciso di recuperare, più quello che detta istituzione ha deciso di non versare e più il mancato guadagno, sia sui danni morali derivanti dalla lesione arrecata alla sua reputazione in quanto impresa, a causa del fatto che essa si sarebbe trovata in condizioni tali da esser costretta a venir meno ai propri impegni.

46      La ricorrente sosteneva inoltre che, anche qualora il Tribunale avesse giudicato la decisione controversa esente da qualsiasi illegittimità, la Commissione avrebbe dovuto comunque risarcire i danni ad essa provocati a causa del carattere anomalo e speciale di questi ultimi.

47      Nei punti 112‑117 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giudicato che l’esame dei motivi dedotti dalla ricorrente a sostegno della sua domanda di annullamento della decisione controversa non avrebbero evidenziato l’esistenza di nessuna illegittimità che viziasse quest’ultima e che, di conseguenza, non sarebbero state soddisfatte le condizioni previste per la sussistenza di una responsabilità dell’istituzione per atto illecito. Esso ha inoltre constatato che il carattere anomalo e speciale dei danni che la ricorrente asseriva di aver subito non sarebbe stato dimostrato, dal momento che la presunta omissione di controlli e verifiche addebitata alla Commissione non avrebbe impedito alla ricorrente di evitare il danno da essa lamentato. Per questi motivi, il Tribunale ha respinto anche la domanda di risarcimento per responsabilità oggettiva.

 Impugnazione

48      Con il presente ricorso d’impugnazione, la ricorrente chiede alla Corte:

–      di annullare la sentenza impugnata e rimettere la causa dinanzi al Tribunale, affinché esso giudichi nel merito alla luce delle indicazioni ad esso fornite dalla Corte, e

–        di condannare la Commissione alle spese sia del presente grado di giudizio, sia del giudizio di primo grado.

49      La Commissione chiede alla Corte:

–      di respingere l’impugnazione, e

–        di condannare la ricorrente alle spese sia del presente grado di giudizio, sia del giudizio di primo grado.

50      A sostegno della sua impugnazione, la ricorrente deduce otto motivi con i quali essa critica il giudizio formulato dal Tribunale sulla sua domanda di annullamento della decisione controversa, nonché due motivi riguardanti la valutazione formulata da quest’ultimo nella sua domanda di risarcimento.

 Sulla parte della sentenza impugnata relativa alla ricevibilità della domanda d’annullamento

51      Nella sua comparsa di risposta la Commissione ripropone, in via preliminare, l’argomento da essa dedotto in primo grado riguardante l’irricevibilità della domanda mirante all’annullamento della decisione controversa. Essa sottolinea in particolare che, poiché la ricorrente non era destinataria di detta decisione, la quale era indirizzata alla Repubblica italiana, essa non sarebbe direttamente interessata da quest’ultima ai sensi dell’art. 230, n. 4, CE. Ad ogni modo, essa dichiara che, poiché, come si ricava dalla giurisprudenza della Corte, una pronuncia del giudice di primo grado che dichiari che non occorre statuire sull’irricevibilità sollevata da una parte, ma che accolga la domanda della medesima parte nel merito, non può essere impugnata (v., in particolare, sentenza 26 febbraio 2002, causa C‑23/00 P, Consiglio/Boehringer, Racc. pag. I‑1873, punti 50 e 51), essa non intende chiedere l’annullamento della sentenza impugnata per il fatto che tale sentenza non ha statuito sull’eccezione di irricevibilità sollevata in primo grado.

52      A questo proposito basta rilevare che, dal momento che non mirano a mettere in discussione il dispositivo della sentenza impugnata, argomenti siffatti devono essere giudicati ininfluenti e, di conseguenza, essere respinti in quanto tali.

 Sulla parte della sentenza impugnata relativa alla fondatezza della domanda di annullamento

 Sul primo motivo d’impugnazione, relativo al «travisamento del ricorso proposto dalla ricorrente»

–       Argomenti delle parti

53      Con il suo primo motivo d’impugnazione, la ricorrente asserisce che, esaminando i motivi dedotti a sostegno del suo ricorso d’annullamento secondo un ordine diverso da quello adottato nell’atto introduttivo del giudizio, il Tribunale, da un lato, avrebbe alterato lo sviluppo logico degli argomenti formulati dalla Commissione per giustificare la decisione controversa e, dall’altro, avrebbe deformato il senso e la portata generale del suo ricorso. In particolare, il Tribunale avrebbe considerato infatti come punto centrale della motivazione di detta decisione il superamento della data di scadenza stabilita per effettuare le spese approvabili, mentre la Commissione avrebbe espressamente preteso, nel punto 22 della motivazione della citata decisione, che gli interventi finanziari del FCR rispettassero, per essere approvabili, una «condizione d’utilità». Ebbene, con il suo primo motivo la ricorrente avrebbe proprio criticato la legittimità di una siffatta condizione senza ricevere risposte da parte del Tribunale.

54      La Commissione sostiene che queste affermazioni sarebbero errate. Essa sottolinea, da un lato, che il Tribunale si sarebbe pronunciato sul motivo riguardante l’illegittimità del riferimento alla condizione d’utilità e, dall’altro, che l’ordine seguito dal Tribunale nel suo esame apparirebbe logico, accettabile e concordante con il ragionamento sviluppato nella decisione controversa. Infatti, quest’ultima si baserebbe sulle disposizioni della scheda n. 19, mentre la «condizione d’utilità» verrebbe invocata in detta decisione non come fondamento giuridico della medesima, bensì come una nozione utile a chiarire la ragion d’essere delle norme sul funzionamento del FCR e fornirebbe la chiave interpretativa di queste ultime.

–       Giudizio della Corte

55      Con il suo primo motivo, la ricorrente critica essenzialmente l’ordine logico utilizzato dal Tribunale per sviluppare il suo ragionamento nella motivazione della sentenza impugnata. A suo parere, un ordine siffatto avrebbe alterato il senso e la portata sia della decisione controversa, sia del ricorso.

56      A questo riguardo occorre sottolineare che una sentenza del giudice del merito, che esamina la motivazione della decisione di un’istituzione dell’Unione prendendo in considerazione tutti gli elementi sui quali essa si fonda, non può modificare di per sé sola la portata di detta decisione quando esamina questi elementi seguendo un ordine diverso da quello adottato nella menzionata motivazione. Di conseguenza, in assenza di un qualsiasi snaturamento o di una qualsiasi errata valutazione da parte del Tribunale degli elementi di fatto e di diritto della sentenza impugnata, un’analisi sistematica di detti elementi secondo un ordine diverso da quello seguito in tale atto non può costituire un errore di diritto, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente.

57      Parimenti, per quanto concerne la presunta deformazione del senso e della portata del ricorso, occorre rilevare che, in sede di esame dei motivi di un ricorso, il giudice adito non è assolutamente obbligato, nel suo ragionamento, a seguire l’ordine secondo il quale questi motivi sono stati esposti dall’autore di detto ricorso.

58      Ebbene, poiché con il suo primo motivo la ricorrente non dimostra l’esistenza di nessun vizio che colpisca la motivazione della sentenza impugnata, un motivo siffatto non può essere accolto.

59      Di conseguenza, il primo motivo dedotto dalla ricorrente a sostegno della sua impugnazione dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo d’impugnazione, relativo all’errata interpretazione della scheda n. 19

–       Argomenti delle parti

60      Secondo la ricorrente, procedendo alla valutazione del motivo d’annullamento riguardante la violazione della scheda n. 19, il Tribunale avrebbe non solo integrato la motivazione della decisione controversa, sostituendosi alla Commissione, ma avrebbe anche interpretato erroneamente detta scheda. Il Tribunale avrebbe infatti dato una definizione inesatta delle «spese effettivamente sostenute», comprendendo in queste ultime sia le spese relative alla costituzione del FCR, sia quelle corrispondenti all’assunzione di partecipazioni da parte di quest’ultimo nelle PMI e avrebbe così concluso, in modo errato, che dette partecipazioni dovessero essere acquisite entro il 31 dicembre 2001.

61      Quest’interpretazione si baserebbe su un’ambiguità. Infatti, l’assunzione di partecipazioni nelle PMI sarebbe collegata non direttamente alla realizzazione dell’intervento finanziario, ma agli effetti operativi di quest’ultimo. Di conseguenza, i destinatari di quest’intervento non sarebbero le PMI, bensì unicamente il FCR. La data menzionata doveva valere pertanto unicamente per i versamenti destinati alla costituzione di quest’ultimo.

62      A questo proposito, la ricorrente asserisce che in nessuno degli atti rilevanti la data del 31 dicembre 2001 sarebbe indicata come termine di scadenza per l’effettuazione di tutte le spese. In particolare, il programma di sovvenzione globale riguardante la misura n. 2 farebbe riferimento a tale data come quella di scadenza per le «spese» consistenti in versamenti nel FCR e non per gli investimenti nelle PMI. L’interpretazione del Tribunale, che applica questa data agli investimenti, non potrebbe nemmeno fondarsi sulla convenzione, in particolare sull’art. 13, n. 4, di quest’ultima, che sarebbe una disposizione generale, applicabile a tutte le misure previste dal programma di sovvenzione globale e non solo alla misura n. 2, oggetto del presente giudizio.

63      Peraltro, la ricorrente rileva che sarebbe stato difficile, se non impossibile, effettuare interventi nelle PMI prima del 31 dicembre 2001, dal momento che il FCR sarebbe stato compiutamente costituito solo in questa data.

64      La Commissione critica il complesso degli argomenti della ricorrente. Per quanto concerne la censura secondo la quale il Tribunale avrebbe sostituito la propria motivazione a quella della decisione controversa, essa sostiene che le affermazioni di quest’ultimo contenute nella sentenza impugnata non sarebbero assolutamente in contrasto con la motivazione di detta decisione, poiché la Commissione stessa avrebbe sempre ritenuto che le «spese effettivamente sostenute» corrispondessero agli investimenti effettuati nelle PMI.

65      Per quanto concerne l’interpretazione del programma di sovvenzione globale, essa sottolinea che gli obiettivi della misura n. 2 non si sarebbero potuti limitare alla realizzazione del FCR, come afferma la ricorrente, ma avrebbero dovuto prendere in considerazione parimenti la «fase di operatività» di detta misura, mirante all’assunzione di partecipazioni nelle PMI. Inoltre, per quanto riguarda l’interpretazione della scheda n. 19, essa ritiene che, come giustamente rilevato dal Tribunale, la definizione delle «spese effettivamente sostenute» contenuta in questa scheda assocerebbe espressamente la nozione di spese nella cornice del FCR a quello di un effettivo intervento di ingegneria finanziaria a favore delle imprese destinatarie del cofinanziamento del FESR. Di conseguenza, la data di scadenza del 31 dicembre 2001 potrebbe riferirsi soltanto agli investimenti effettuati in tali imprese.

66      Infine, per quanto riguarda gli argomenti relativi alle difficoltà oggettive che avrebbero ostacolato la realizzazione degli investimenti prima del 31 dicembre 2001, la Commissione sottolinea che, come parimenti rilevato dal Tribunale, il punto 5.2.2 del programma di sovvenzione globale prevedeva una prima fase di svolgimento dell’intervento comunitario, costituita dall’individuazione delle imprese potenzialmente interessate dal FCR. Di conseguenza, non sarebbe stato difficile rispettare la data stabilita per l’esecuzione effettiva degli investimenti, ossia il 31 dicembre 2001.

–       Giudizio della Corte

67      Ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. c), del regolamento n. 2052/88, fra le forme di intervento dei fondi strutturali compaiono le «sovvenzioni globali», che sono «gestite in genere da un intermediario, designato dallo Stato membro con l’accordo della Commissione, e da esso suddivise in singole sovvenzioni da erogarsi ai beneficiari finali».

68      La decisione controversa riguarda una sovvenzione globale concessa mediante costituzione di un FCR. Conformemente alla scheda n. 19, i fondi strutturali cofinanziano un FCR, al quale partecipano parimenti soci nazionali e che, conformemente alla norma generale, sub ii), della scheda n. 19, è gestito non dalla Commissione, bensì da un ente nazionale, con la funzione di intermediario per la suddivisione della sovvenzione globale. Il FCR, costituito mediante i versamenti sia nazionali sia del FESR, opera interventi presso imprese sane, nel rispetto delle disposizioni di attuazione finanziaria degli interventi comunitari, conformemente alla norma generale, sub vii) e viii), della citata scheda.

69      A questo proposito, il punto C della scheda n. 19 menziona le nozioni di «impegno» e di «spese effettivamente sostenute», che consistono rispettivamente nell’«atto giuridico di costituzione o di aumento del capitale iniziale di un FCR» e nelle spese rappresentate dal «versamento in denaro delle quote di capitale del FCR liberato da parte dei partecipanti (capitale versato), in stretto rapporto con le relazioni di esecuzione, dove si specificano le partecipazioni assunte che dimostrano il buon avanzamento della misura». Infine, il punto D, n. 2, di detta scheda prevede che, «alla chiusura dell’intervento comunitario (…), dev’essere stabilita la posizione finanziaria netta del FCR mediante raffronto tra l’impiego del capitale totale versato e la somma totale degli interventi effettuati nelle imprese durante il periodo in questione». Di conseguenza se, alla data di chiusura, questo fondo non ha impegnato la totalità del suo capitale nelle PMI, la misura di intervento non può considerarsi integralmente eseguita.

70      Ebbene, tenuto conto dello stretto rapporto stabilito nel punto C della scheda n. 19 tra i versamenti in contanti delle quote di capitale del FCR liberato dai partecipanti, da un lato, e le relazioni di esecuzione elencanti l’assunzione di partecipazioni effettuate nelle PMI, costituenti la giustificazione nel corretto avanzamento della misura, dall’altro, il Tribunale non ha commesso errori di diritto giudicando che la Commissione aveva giustamente considerato il 31 dicembre 2001 come data di chiusura dell’intervento comunitario.

71      Per quanto concerne la censura della ricorrente vertente sull’errata interpretazione della convenzione, da quanto precede si ricava parimenti che, come giudicato dal Tribunale nel punto 55 della sentenza impugnata, il riferimento ai «pagamenti effettuati dall’intermediario», da compiere prima del termine di chiusura dell’intervento, di cui all’art. 13, n. 4, della medesima convenzione, dev’essere inteso come riferentesi all’assunzione di partecipazioni nelle PMI, ai sensi del punto B della scheda n. 19.

72      Un’interpretazione siffatta, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non è in contrasto con le norme relative alla misura di intervento contenute nel programma di sovvenzione globale. Infatti, come giustamente rilevato dal Tribunale nel punto 53 della sentenza impugnata, basta constatare che detto programma ripete, nel suo punto 5.2.5, le definizioni di impegno e di spese contenute nel punto C della scheda n. 19. Questo medesimo programma non consente pertanto di individuare una data di chiusura dell’intervento comunitario diversa dal 31 dicembre 2001.

73      Per quanto concerne la presunta mancanza di riferimenti, nel programma di sovvenzione globale, alle partecipazioni nelle PMI quali spese del FCR, occorre rilevare che, come accertato dal Tribunale nel punto 53 della sentenza impugnata, detto programma ripete le definizioni contenute nel punto C della scheda n. 19 e dispone che queste partecipazioni devono essere specificate nelle relazioni di esecuzione.

74      Peraltro, relativamente alle difficoltà concrete lamentate dalla ricorrente per quanto concerne l’assunzione di partecipazioni nelle PMI prima del 31 dicembre 2001, occorre rilevare che, nel punto 57 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giustamente sottolineato che il punto 5.2.2 del programma di sovvenzione globale aveva previsto una fase di «promozione del fondo», preliminare allo svolgimento della misura di intervento comunitario, durante la quale le autorità nazionali avrebbero potuto effettivamente individuare le imprese potenzialmente interessate dal FCR e realizzare una valutazione preventiva di queste ultime, per prevedere gli impegni prima del 31 dicembre 1999 ed effettuare i versamenti entro il 31 dicembre 2001. Inoltre occorre rilevare che l’intermediario era stato comunque informato in merito ai tempi di chiusura dell’intervento all’atto della firma della convenzione, avvenuta il 22 luglio 1999.

75      Infine, in merito all’argomento della ricorrente secondo il quale il Tribunale avrebbe sostituito una sua propria motivazione a quella della decisione controversa, occorre constatare comunque che in quest’ultima la Commissione, replicando alle osservazioni formulate dalla ricorrente durante il procedimento amministrativo, ha sottolineato in particolare che la possibilità di autorizzare le spese era subordinata alla condizione che le somme concesse fossero utilizzate per gli investimenti nelle PMI della Regione Basilicata. Essa ha fatto inoltre riferimento esplicito al punto D della scheda n. 19. Ne deriva che il Tribunale non ha compiuto una sostituzione della motivazione della decisione controversa, bensì che esso ha preso in considerazione gli elementi in fatto e in diritto illustrati in quest’ultima per esaminare la legittimità dell’atto.

76      Di conseguenza, occorre respingere il secondo motivo dedotto dalla ricorrente a sostegno della sua impugnazione.

 Sul terzo motivo d’impugnazione, relativo all’errata interpretazione della «condizione d’utilità»

–       Argomenti delle parti

77      Secondo la ricorrente, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto respingendo il motivo d’annullamento relativo alla violazione della «condizione d’utilità» dell’intervento comunitario. Esso avrebbe dedotto questa condizione dalle norme relative al termine per effettuare versamenti nel FCR, laddove nessuna norma menzionerebbe una siffatta condizione per l’autorizzazione delle spese. Ebbene, dato che, secondo la giurisprudenza in materia di fondi strutturali (v. sentenza del Tribunale 9 settembre 2008, cause riunite T‑349/06, T‑371/06, T‑14/07, T‑15/07 e T‑332/07, Germania/Commissione, Racc. pag. II‑2181), la discrezionalità di cui gode la Commissione in materia di riduzione dei contributi finanziari non potrebbe spingersi sino all’adozione di decisioni che si discostino dalle condizioni previste dall’art. 24 del regolamento n. 4253/88, il Tribunale avrebbe dovuto accertare l’illegittimità della decisione controversa.

78      La Commissione riconosce che il Tribunale ha rilevato che l’espressione «condizione d’utilità» non compariva nelle disposizioni che disciplinano la sovvenzione globale. Essa tuttavia rileva che questo giudice ha fatto riferimento all’art. 1 del regolamento n. 4254/88, quale disposizione di carattere generale e programmatico in materia di interventi del FESR, e che esso ne ha dedotto che gli obiettivi di questo fondo possono essere considerati raggiunti solo qualora l’intervento sia effettuato a favore delle imprese prese in considerazione dal contributo. Pertanto, una condizione siffatta costituirebbe non il fondamento giuridico della decisione controversa, bensì un principio direttivo e un fondamento logico delle disposizioni che disciplinano detto programma.

–       Giudizio della Corte

79      A questo proposito, occorre rilevare che il Tribunale ha giustamente affermato che l’espressione «condizione d’utilità», contenuta nel punto 22 della motivazione della decisione controversa, aveva la funzione di evocare i principi ai quali si ispira il complesso delle disposizioni relative alla concessione di una sovvenzione globale come quella oggetto del caso di specie. Infatti, come affermato nei punti 67‑73 della presente sentenza, si ricava in particolare dal regolamento n. 2052/88, dalla scheda n. 19 e dal programma di sovvenzione globale che una sovvenzione globale concessa tramite costituzione di un FCR dev’essere considerata realizzata qualora il contributo comunitario giunga alle imprese destinatarie, nel caso di specie le PMI con sede nella Regione Basilicata. È questa condizione ad essere menzionata nella decisione controversa mediante detta espressione. 

80      La circostanza che quest’espressione non compaia esplicitamente negli atti relativi alla sovvenzione globale di cui trattasi è assolutamente irrilevante ai fini dell’esame della legittimità della decisione controversa.

81      Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il Tribunale non ha commesso nessun errore di diritto rilevando, nel punto 72 della sentenza impugnata, che l’introduzione del riferimento alla «condizione d’utilità» non ha aggiunto una condizione nuova rispetto a quelle stabilite dalle norme applicabili all’intervento in questione, e che la Commissione si è limitata ad applicare le medesime.

82      Di conseguenza, va respinto il terzo motivo dedotto dalla ricorrente a sostegno della sua impugnazione.

 Sul quarto motivo d’impugnazione, relativo all’interpretazione ed applicazione errate dei principi relativi al rispetto dei diritti della difesa, quali ricavabili dalla citata sentenza Medicurso/Commissione

–       Argomenti delle parti

83      Secondo la ricorrente, nel punto 79 della sentenza impugnata il Tribunale, pronunciandosi sul motivo d’annullamento relativo alla violazione degli artt. 25 e 26 del regolamento n. 4253/88, avrebbe sviluppato una lettura errata della citata sentenza Mediocurso/Commissione, secondo la quale, in qualsiasi procedimento a carico di una persona, occorre garantire il rispetto dei diritti della difesa di quest’ultima, persino in mancanza di norme specifiche in materia. Infatti, il Tribunale avrebbe limitato la possibilità di applicare una norma siffatta alla sola ipotesi in cui essa sia invocata come norma necessaria a garantire i diritti della difesa. In tal modo esso avrebbe seguito un’interpretazione in contrasto con quella accolta dai giudici dell’Unione, i quali non avrebbero assoggettato l’applicazione di questa norma a nessuna condizione; la ricorrente fa riferimento a tal riguardo alle sentenze della Corte 9 giugno 2005, causa C‑287/02, Spagna/Commissione (Racc. pag. I‑5093, punto 37), e 8 marzo 2007, causa C‑44/06, Gerlach (Racc. pag. I‑2071, punto 38), nonché alla sentenza del Tribunale 27 giugno 2007, causa T‑65/04, Nuova Gela Sviluppo/Commissione (punto 53).

84      La Commissione sostiene che il Tribunale non avrebbe commesso nessun errore di diritto poiché, nella fattispecie, non sarebbero presenti i presupposti per l’applicazione del principio giurisprudenziale enunciato nella citata sentenza Mediocurso/Commissione, dato che il procedimento non poteva sfociare in un atto lesivo della ricorrente.

–       Giudizio della Corte

85      L’art. 24, n. 1, del regolamento n. 4253/88 prevede che, se la realizzazione di una misura di intervento comunitario non sembra giustificare né in parte né totalmente il contributo finanziario assegnato, la Commissione procede ad un esame appropriato del caso, chiedendo allo Stato membro o alle autorità da esso designate per l’attuazione dell’azione di presentare le loro osservazioni. Gli artt. 25 e 26 del medesimo regolamento stabiliscono le norme in materia di vigilanza e di valutazione dell’esecuzione del detto contributo, le quali devono essere applicate dalla Commissione in cooperazione con gli Stati membri.

86      Queste disposizioni, in particolare il menzionato art. 24, non prevedono, come correttamente constatato dal Tribunale, che le imprese beneficiarie del contributo finanziario o gli intermediari incaricati della gestione della sovvenzione globale, quali la ricorrente, debbano essere ascoltati nel corso dell’esame, condotto dalla Commissione e finalizzato a un’eventuale modifica dell’importo di detto contributo, vertente sulla realizzazione delle misure d’intervento.

87      Secondo la giurisprudenza della Corte invocata dalla ricorrente, in particolare la citata sentenza Mediocurso/Commissione, in qualsiasi procedimento avviato nei confronti di una persona che possa sfociare in un atto lesivo di quest’ultima, si devono applicare le norme di procedura persino non espressamente previste dal legislatore quando esse siano indispensabili a garantire il rispetto di principi fondamentali, quali la tutela dei diritti della difesa. Nel punto 79 della sentenza impugnata il Tribunale ha escluso giustamente che la ricorrente possa invocare un siffatto principio per ricavare dalla normativa applicabile, segnatamente dagli artt. 25 e 26 del regolamento n. 4253/88, un diritto ad essere ascoltata in sede di esame, da parte della Commissione, della regolarità dell’intervento comunitario in questione.

88      Infatti, lo Stato membro che viene ascoltato, in osservanza del citato art. 24, è l’unico destinatario della decisione controversa, poiché esso è il soggetto cui spetta restituire alla Commissione gli importi corrispondenti all’eventuale riduzione della sovvenzione, dato che questa decisione non impone alle autorità nazionali di recuperare le somme presso le imprese beneficiarie interessate.

89      Di conseguenza, in un procedimento come quello sfociato nell’adozione della decisione controversa, il principio generale del rispetto dei diritti della difesa non obbligava la Commissione ad ascoltare le PMI interessate né, a fortiori, l’ente intermediario che aveva il compito di gestire una sovvenzione globale.

90      Per di più, occorre rilevare che dalla decisione controversa, in particolare dai punti 10, 18 e 19 della motivazione di quest’ultima, si evince che la ricorrente ha avuto occasione, del resto, di essere ascoltata dalla Commissione e di presentare le proprie osservazioni scritte.

91      Ne consegue che è infondato il quarto motivo invocato dalla ricorrente a sostegno della sua impugnazione.

 Sul quinto motivo d’impugnazione, relativo alla violazione degli artt. 25 e 26 del regolamento n. 4253/88, vertenti sugli obblighi di sorveglianza e controllo da parte della Commissione

–       Argomenti delle parti

92      Secondo la ricorrente, il Tribunale avrebbe violato gli artt. 25 e 26 del regolamento n. 4253/88, in quanto esso avrebbe giudicato erratamente che questi articoli non impongono alla Commissione l’obbligo, nell’ipotesi di un intervento quale quello in questione nella presente controversia, di sollevare obiezioni sull’attuazione di quest’ultimo durante la sua fase di esecuzione e, in particolare, in occasione delle riunioni del comitato di sorveglianza. A questo riguardo, il Tribunale avrebbe non solo constatato a torto che il riconoscimento di un obbligo siffatto impedirebbe alla Commissione di adottare decisioni di riduzione o soppressione del contributo finanziario, ma avrebbe incitato parimenti quest’ultima a disapplicare il sistema di sorveglianza e di controllo previsto da detti articoli.

93      La Commissione sottolinea che, come si ricava dalla sentenza impugnata, nel corso della fase di esecuzione degli interventi il suo compito consiste non nell’individuare e sanzionare le irregolarità commesse durante tale esecuzione bensì nel partecipare, in cooperazione con gli Stati membri, alla realizzazione di una sorveglianza efficace grazie agli strumenti previsti dall’art. 25 del detto regolamento ed a procedere alle valutazioni indicate dall’art. 26 del medesimo. L’individuazione delle irregolarità e l’adozione dei correttivi finanziari necessari rientrerebbero nella procedura di cui all’art. 24 del citato regolamento.

–       Giudizio della Corte

94      Gli artt. 25 e 26 del regolamento n. 4253/88 prevedono, rispettivamente, una procedura di sorveglianza dell’attuazione dei contributi finanziari e una procedura di valutazione delle iniziative avviate dalla Comunità.

95      Conformemente a detto art. 25, n. 1, primo comma, nell’ambito della procedura di sorveglianza la Commissione e le autorità nazionali operano congiuntamente, nel quadro di una compartecipazione realizzata mediante comitati di sorveglianza. In base alla seconda frase di detta disposizione, «questa sorveglianza è attuata per mezzo di relazioni elaborate secondo procedure adottate di comune accordo, di controlli per sondaggio e di comitati costituiti a tal fine».

96      Conformemente all’art. 26 del regolamento n. 4253/88, la Commissione, in compartecipazione con le autorità nazionali, deve effettuare una valutazione ex ante ed ex post delle iniziative a finalità strutturale, ai fini, in particolare, dell’elaborazione dei quadri comunitari d’intervento.

97      Nei punti 79 e 80 della sentenza impugnata il Tribunale ha giudicato che da queste disposizioni non si ricava che la Commissione sia obbligata a formulare obiezioni o dubbi, in particolare in seno al comitato di sorveglianza, prima di procedere alla riduzione di un contributo finanziario ai sensi dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88.

98      Una valutazione siffatta non è viziata da nessun errore di diritto.

99      Infatti, detto art. 24 non subordina la riduzione, sospensione o soppressione di un contributo alla previa formulazione di obiezioni nell’ambito della procedura di sorveglianza sull’attuazione dell’intervento. 

100    Parimenti, gli artt. 25 e 26 del regolamento n. 4253/88, i quali vertono sulla sorveglianza e sulla valutazione dell’esecuzione dei contributi, non pongono relazioni tra le funzioni della Commissione nell’ambito di detta esecuzione e i poteri di quest’ultima di decidere la riduzione, sospensione o soppressione di un contributo.

101    Ne consegue che dalla disciplina prevista da detto regolamento non discende assolutamente un obbligo in capo alla Commissione di formulare, in seno al comitato di sorveglianza, obiezioni preliminari a una decisione di riduzione, sospensione o soppressione del contributo.

102    Inoltre, i beneficiari del contributo e, nell’ipotesi di una sovvenzione globale, gli intermediari sono i soli responsabili delle misure in questione. Di conseguenza, il fatto che la Commissione abbia eventualmente omesso di segnalare irregolarità in sede di esecuzione di detta iniziativa non può essere considerato tale da escludere o limitare una siffatta responsabilità. Infatti, l’interpretazione suggerita dalla ricorrente conseguirebbe l’effetto, come rilevato dall’avvocato generale nel paragrafo 140 delle sue conclusioni, in particolare, di liberare l’intermediario da qualsiasi responsabilità per le irregolarità non segnalate dalla Commissione in sede di esecuzione della misura oggetto del contributo finanziario. Quest’interpretazione è incompatibile con lo scopo della normativa in materia, che è di garantire il rispetto effettivo, da parte delle imprese interessate, delle condizioni di concessione di detto contributo.

103    Alla luce di ciò, anche se, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, quest’ultima non deve limitarsi, nell’esercizio dei suoi compiti di sorveglianza, a svolgere unicamente una funzione di supporto alla realizzazione dell’intervento comunitario bensì, alla luce del sistema di cooperazione che è alla base del regime introdotto con il regolamento n. 4253/88, deve attirare l’attenzione delle autorità competenti quando scopre irregolarità commesse dalle imprese interessate, la circostanza che essa non l’abbia fatto nel caso di specie è irrilevante in relazione alla legittimità della decisione controversa.

104    Di conseguenza, da quanto qui esposto si ricava che il quinto motivo dedotto dalla ricorrente a sostegno della sua impugnazione è infondato.

 Sul sesto motivo, relativo alla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto

–       Argomenti delle parti

105    La ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe giudicato a torto che la Commissione non aveva suscitato nessun legittimo affidamento in capo ad essa in merito alla durata dell’intervento comunitario. Infatti, esso avrebbe considerato che le presunte garanzie fornite dalla Commissione, ammesso che fossero state provate, sarebbero state in contrasto con le norme applicabili al contributo finanziario in questione, in particolare per quanto concerne la data di chiusura di quest’intervento. In particolare, il Tribunale si sarebbe basato su una valutazione errata sia del contenuto del programma di sovvenzione globale, sia dei beneficiari di quest’ultimo.

106    A questo proposito, la Commissione si limita a sostenere che la valutazione del Tribunale sulle caratteristiche dell’intervento in questione e sulla data di chiusura del medesimo non sarebbero viziate da inesattezza. Essa sottolinea inoltre di non aver mai dato alla ricorrente garanzie precise, categoriche e concordanti, bensì di avere sempre affermato che le spese approvabili ai fini del finanziamento fossero unicamente gli investimenti nelle PMI effettuati entro il 31 dicembre 2001.

–       Giudizio della Corte

107    Occorre ricordare anzitutto che il diritto di avvalersi del legittimo affidamento presuppone che l’istituzione abbia fornito garanzie precise tali da far sorgere una legittima aspettativa in capo alla persona cui esse erano rivolte e che queste garanzie siano conformi alle norme vigenti (v., in tal senso, sentenza 9 novembre 2000, causa C‑207/99 P, Commissione/Hamptaux, Racc. pag. I‑9485, punto 47).

108    Ebbene, il motivo dedotto dalla ricorrente è basato su argomenti che non risultano fondati, come si ricava dai punti 67‑73 della presente sentenza. Infatti, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il Tribunale ha giudicato a ragione che dalla disciplina applicabile deriva che i destinatari della sovvenzione fossero non la società Sviluppo Italia, bensì le PMI con sede nella Regione Basilicata e che, conformemente alla decisione di concessione del contributo, al programma di sovvenzione globale e alla convenzione, il termine di scadenza entro il quale si sarebbero dovuti effettuare gli investimenti nelle PMI era stato fissato al 31 dicembre 2001.

109    Pertanto, il Tribunale ha avuto ragione nel giudicare, nel punto 90 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva potuto fornire alla ricorrente garanzie che consentissero a quest’ultima di tener conto di una data di chiusura dell’intervento diversa da quella stabilita dalle norme applicabili a quest’ultimo, dal momento che dette garanzie sarebbero state in contrasto con queste stesse norme.

110    Di conseguenza, è infondato il sesto motivo dedotto dalla ricorrente a sostegno della sua impugnazione.

 Sul settimo motivo, relativo allo snaturamento degli elementi di prova e alla violazione dei principi generali in tema di onere della prova

–       Argomenti delle parti

111    Con questo motivo, che riguarda il punto 91 della sentenza impugnata, la ricorrente sostiene di aver invocato, nel suo ricorso in primo grado, la circostanza che dalle relazioni semestrali presentate al comitato di sorveglianza sarebbe risultato con chiarezza che, durante il procedimento di costituzione del FCR, la Commissione fosse pienamente al corrente dello stato di avanzamento della misura di intervento, approvasse l’azione dell’ente intermediario e condividesse la sua interpretazione in merito alle disposizioni applicabili a questa misura. Malgrado il fatto che simili affermazioni non siano state criticate dalla Commissione dinanzi al Tribunale, quest’ultimo avrebbe giudicato che la ricorrente non aveva fornito prove a tal riguardo. Quest’ultima, in particolare, non avrebbe fornito né le relazioni semestrali che dimostrerebbero che, alla data del 30 giugno 2001, nessuna operazione finanziaria fosse stata realizzata, né la relazione riguardante l’aggiornamento del 21 novembre 2001. In mancanza di questi documenti, il Tribunale avrebbe giudicato a torto di non essere in grado di accertare la veridicità delle affermazioni della ricorrente. Viceversa quest’ultima sostiene che, in mancanza di contestazioni da parte della Commissione, il Tribunale avrebbe dovuto ritenere dimostrate le sue asserzioni oppure, qualora avesse giudicato detti documenti effettivamente indispensabili ai fini della sentenza, sarebbe stato suo dovere chiederne alla ricorrente l’esibizione.

112    La Commissione giudica irrilevante questo settimo motivo d’impugnazione, dal momento che il Tribunale avrebbe basato il rigetto del motivo riguardante la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento su motivi diversi da quelli relativi alla valutazione di detti documenti. Essa sostiene nel merito che il Tribunale avrebbe giustamente giudicato di non potersi pronunciare, in mancanza di prove, sulla questione della conoscenza o meno, da parte del comitato di sorveglianza, del fatto che gli interventi a favore delle PMI non fossero stati effettuati entro il 31 dicembre 2001. La documentazione prodotta in primo grado non avrebbe contenuto effettivamente elementi chiari a questo proposito. Di conseguenza, in considerazione delle posizioni divergenti della Commissione e della ricorrente, il Tribunale avrebbe constatato correttamente di non essere in condizione di potersi pronunciare sulla questione.

–       Giudizio della Corte

113    A sostegno del suo settimo motivo, relativo allo snaturamento degli elementi di prova e alla violazione dei principi generali in tema di onere della prova, la ricorrente ha prodotto quattro nuovi documenti.

114    A questo proposito occorre ricordare che, in sede di impugnazione, la competenza della Corte si limita all’esame della valutazione compiuta dal Tribunale dei motivi discussi dinanzi ad esso (v. sentenza 29 aprile 2004, cause riunite C‑199/01 P e C‑200/01 P, IPK-München e Commissione, Racc. pag. I‑4627, punto 52 e giurisprudenza ivi citata). Consentire a una parte di produrre per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo di prova non esibito dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di investire la Corte, la cui competenza in materia di impugnazione è limitata, di una controversia più ampia di quella portata a conoscenza del Tribunale (sentenza 1° febbraio 2007, causa C‑266/05 P, Sison/Consiglio, Racc. pag. I‑1233, punto 95).

115    Di conseguenza, non può essere autorizzata la produzione di detti documenti da parte della ricorrente.

116    Inoltre, occorre rilevare che è certamente vero che, come sostenuto dalla Commissione, questo motivo d’impugnazione verte su una valutazione preliminare del Tribunale. Infatti quest’ultimo, nei punti 88‑92 della sentenza impugnata, ha respinto il motivo d’annullamento relativo alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento basandosi su elementi diversi da quelli dedotti dai documenti di cui la ricorrente critica la valutazione effettuatane dal Tribunale.

117    Per quanto concerne la fondatezza di questo motivo, occorre ricordare in primo luogo che, in un ricorso d’annullamento, la parte che lamenta l’illegittimità di un atto ha l’onere di produrre le prove in grado di suffragare le sue asserzioni.

118    Inoltre, conformemente all’art. 66, n. 1, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, quest’ultimo dispone i mezzi istruttori che ritiene opportuni. Ebbene, come si ricava dalla giurisprudenza della Corte, solo il giudice del merito può rilevare la necessità di integrare le informazioni di cui dispone nella causa di cui è investito e valutare gli elementi di prova, fatto salvo il caso di uno snaturamento manifesto di detti elementi (v. ordinanza 26 gennaio 2005, causa C‑153/04 P, Euroagri/Commissione, punti 61 e 62). Di conseguenza, il fatto che il Tribunale non abbia richiesto il versamento di un documento agli atti non costituisce violazione delle norme di procedura, in mancanza di una domanda di produzione della parte interessata.

119    In secondo luogo, secondo una giurisprudenza costante della Corte, si ha snaturamento degli elementi di prova quando, senza che sia necessario far ricorso a nuovi elementi, la valutazione di quelli esistenti appare manifestamente errata (v. sentenza 18 gennaio 2007, causa C‑229/05 P, PKK e KNK/Consiglio, Racc. pag. I‑439, punto 37, e, parimenti in tal senso, sentenze 6 aprile 2006, causa C‑551/03 P, General Motors/Commissione, Racc. pag. I‑3173, punto 54, nonché 18 luglio 2007, causa C‑326/05 P, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, Racc. pag. I‑6557, punto 60).

120    Nel caso di specie occorre rilevare che, nel punto 91 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giudicato che, poiché non erano state prodotte né le relazioni semestrali presentate al comitato di sorveglianza né la relazione concernente l’aggiornamento del 21 novembre 2001 menzionata nel verbale di detto comitato del 10 dicembre 2001, esso non era in condizioni di esaminare se quest’ultimo fosse stato informato del fatto che la totalità del capitale del FCR non poteva essere investita nelle PMI entro il 31 dicembre 2001.

121    A questo proposito, dal punto 5 di detto verbale si ricava che, in data 10 dicembre 2001, il comitato di sorveglianza ha espresso il suo «apprezzamento per l’avanzamento del programma di sovvenzione globale» e che esso ha preso atto della relazione relativa all’aggiornamento del 21 novembre 2001 per quanto riguarda la costituzione del FCR.

122    Il Tribunale ha giudicato che, poiché la ricorrente non aveva prodotto la documentazione che consentisse di dimostrare che quest’ultima aveva informato il comitato di sorveglianza del fatto che la totalità del capitale versato non era stata investita nelle PMI entro il 31 dicembre 2001, esso non poteva constatare che la Commissione fosse stata effettivamente a conoscenza dello stato d’avanzamento dell’esecuzione dell’intervento comunitario.

123    Una siffatta valutazione non può essere considerata errata dato che, in mancanza di elementi in base ai quali il comitato di sorveglianza potesse esprimere il suo accordo, il Tribunale non poteva constatare che la Commissione avesse approvato le modalità di realizzazione della misura di intervento in questione.

124    Ne consegue che va giudicato infondato il settimo motivo, relativo allo snaturamento degli elementi di prova e alla violazione dei principi generali in tema di onere della prova.

 Sull’ottavo motivo, relativo alla violazione della giurisprudenza riguardante l’applicazione del principio di proporzionalità in casi di riduzione di un contributo comunitario

–       Argomenti delle parti

125    Con il suo ottavo motivo, la ricorrente critica la valutazione, contenuta in particolare nel punto 93 della sentenza impugnata, mediante la quale il Tribunale, facendo riferimento alla citata sentenza Paesi Bassi/Commissione, ha giudicato che, a causa del mancato completamento degli investimenti nelle PMI, la Commissione era tenuta a procedere alla riduzione del contributo, senza prendere in considerazione diverse circostanze invocate dalla ricorrente in merito al carattere moderato dell’infrazione commessa. Essa rileva che questa sentenza concerne una decisione basata sull’art. 12 del regolamento n. 4254/88 e non sull’art. 24 del medesimo. Quest’ultimo articolo non conterrebbe nessun riferimento a un sistema «automatico» di recupero che non lasci nessuna discrezionalità alla Commissione. Viceversa, come si evincerebbe dalla sentenza del Tribunale 11 dicembre 2003, causa T‑306/00, Conserve Italia/Commissione (Racc. pag. II‑5705, punti 135‑149), la Commissione dovrebbe tener conto, per la determinazione della riduzione da applicare sull’importo del contributo inizialmente concesso, del comportamento dei beneficiari, in particolare del fatto che essi non abbiano agito fraudolentemente.

126    La Commissione sostiene che il Tribunale avrebbe giudicato giustamente che, nell’ipotesi di inosservanza di un presupposto per la concessione del contributo comunitario, quale quello relativo al termine di esecuzione delle spese approvabili, la riduzione che essa compie è una mera rettifica finanziaria, indipendente da qualsiasi considerazione sulla colpevolezza o su eventuali tentativi di frode da parte dei beneficiari. Pertanto, il Tribunale non avrebbe violato la giurisprudenza relativa al principio di proporzionalità, giudicando che la Commissione non disponeva di nessuna discrezionalità relativamente alla riduzione dell’importo del contributo finanziario inizialmente concesso.

–       Giudizio della Corte

127    Nel punto 93 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione non disponeva di nessuna discrezionalità in relazione alle conseguenze da trarre dal fatto che, alla data del 31 dicembre 2001, una parte del capitale versato nel FCR non era stata investita nelle PMI. A questo proposito esso ha fatto riferimento ai punti 22, 23 e 47 della citata sentenza Paesi Bassi/Commissione.

128    Come rilevato dalla ricorrente, quest’ultima sentenza verte su una decisione della Commissione adottata in base all’art. 12 del regolamento n. 4254/88, che introduce una norma transitoria, la quale stabilisce una scadenza e impone il recupero dei fondi inutilizzati. Viceversa, la decisione controversa è basata sull’art. 24 del regolamento n. 4254/88, che attribuisce alla Commissione il potere di ridurre il contributo finanziario quando la misura è stata realizzata irregolarmente e non giustifica l’attribuzione della totalità di quest’ultimo. Tra le irregolarità nell’esecuzione coperte da quest’art. 24 occorre comprendere anche l’inosservanza del termine di chiusura dell’intervento comunitario.

129    Come rilevato dall’avvocato generale nel paragrafo 208 delle sue conclusioni, secondo la giurisprudenza della Corte la Commissione, in sede di adozione di una decisione basata sul suddetto art. 24, non è tenuta a chiedere la restituzione integrale del contributo finanziario, bensì può decidere di stabilire una quota del medesimo che debba essere restituita. Tuttavia, essa deve esercitare questo potere nel rispetto del principio di proporzionalità, in modo che le sovvenzioni di cui essa chiede la restituzione non siano sproporzionate rispetto alle irregolarità commesse (v. sentenza 19 gennaio 2006, causa C‑240/03 P, Comunità montana della Valnerina/Commissione, Racc. pag. I‑731, punto 140).

130    Ne consegue che, nel caso di specie, l’interpretazione del Tribunale riguardante l’applicazione del principio di proporzionalità è errata.

131    Tuttavia, un siffatto errore di diritto non può condurre, nel caso di specie, all’annullamento della sentenza impugnata, dato che la ricorrente non ha invocato dinanzi al giudice del merito nessun elemento che consentisse di ritenere che la decisione controversa, per quanto concerne la riduzione in essa disposta della quasi totalità del contributo finanziario inizialmente concesso, non tenesse conto di elementi tali da giustificare la diminuzione dell’ammontare della riduzione decisa dalla Commissione.

132    A sostegno del suo motivo relativo alla violazione del principio di proporzionalità, la ricorrente asserisce che il mancato investimento nelle PMI da parte del FCR sarebbe conseguenza di una cattiva interpretazione delle norme applicabili e non di una frode a danno della Comunità.

133    Una circostanza siffatta non giustifica, di per sé, che l’importo della riduzione del contributo debba essere meno rilevante di quello stabilito dalla Commissione.

134    Infatti, anche se la frode giustifica l’aumento della riduzione da operare sull’importo del contributo inizialmente concesso, la mancanza della medesima non costituisce un motivo tale da giustificare il mantenimento di sovvenzioni non utilizzate in conformità alle norme applicabili.

135    Di conseguenza, il motivo d’impugnazione relativo alla violazione del principio di proporzionalità dev’essere respinto in quanto il giudice del merito ha giustamente dichiarato che le circostanze dedotte dalla ricorrente non giustificano la diminuzione dell’importo della riduzione del contributo operata dalla Commissione.

 Sulla parte della sentenza impugnata relativa alla domanda di risarcimento

 Sul motivo d’impugnazione relativo all’insufficienza di motivazione e all’errore di diritto

–       Argomenti delle parti

136    La ricorrente sostiene che, in risposta alla sua domanda di risarcimento basata sull’illiceità della decisione controversa, il Tribunale si sarebbe limitato ad affermare che, poiché una siffatta illiceità non era stata accertata da quest’ultimo, non era soddisfatta una delle condizioni necessarie per il riconoscimento del diritto al risarcimento. In tal modo il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi sulle altre condizioni relative all’accertamento della responsabilità extracontrattuale e non avrebbe nemmeno motivato il rigetto della sua domanda concernente il danno non patrimoniale. Esso non si sarebbe nemmeno pronunciato sugli argomenti della ricorrente vertenti sulla responsabilità da atto lecito derivante in particolare dal comportamento tenuto dalla Commissione durante l’attività di sorveglianza, che le avrebbe causato danni anomali e speciali.

137    La Commissione ritiene che, avendo constatato la mancanza di una delle tre condizioni necessarie alla sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, il Tribunale fosse assolutamente legittimato a non proseguire l’esame delle altre due condizioni. Inoltre essa rileva che l’argomento della ricorrente relativo alla responsabilità da atto lecito è basato, in realtà, su una presunta illiceità del comportamento dell’istituzione e dev’essere pertanto respinto. Inoltre, poiché l’ente intermediario conosceva le condizioni di concessione del contributo del FESR, esso non era esposto a un rischio economico anomalo, superiore a quello abitualmente inerente alle attività del FCR nel quadro di sovvenzioni globali.

–       Giudizio della Corte

138    A questo riguardo occorre ricordare preliminarmente che, come sottolineato nella sentenza impugnata, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione ai sensi dell’art. 340, secondo comma, TFUE è subordinata alla compresenza di un complesso di tre condizioni cumulative, ossia l’illiceità del comportamento addebitato alle istituzioni dell’Unione, la sussistenza effettiva del danno e la presenza di un nesso di causalità tra questo comportamento e il danno lamentato (v., in particolare, sentenze 9 settembre 1999, causa C‑257/98 P, Lucaccioni/Commissione, Racc. pag. I‑5251, punto 11, nonché 29 aprile 2004, cause riunite C‑162/01 P e C‑163/01 P, Bouma e Beusmans/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑4509, punto 43).

139    Per quanto concerne la valutazione del Tribunale in merito alla domanda di accertamento di una responsabilità da atto illecito proposta dalla ricorrente, occorre rilevare che quest’ultimo ha escluso, a buon diritto e mediante una motivazione adeguata, che la Commissione possa aver fatto sorgere in capo all’Unione una responsabilità per l’adozione della decisione controversa, dal momento che quest’ultima non è viziata da nessuna illiceità e che, di conseguenza, manca uno dei presupposti necessari per l’invocazione di detta responsabilità.

140    In primo grado la ricorrente ha parimenti invocato una responsabilità oggettiva dell’Unione, affermando di aver subito danni a causa del fatto che la Commissione non avrebbe effettuato, durante l’attività di sorveglianza, nessun controllo né nessuna verifica sulle modalità di realizzazione della misura in questione.

141    Tuttavia, senza che la Corte debba pronunciarsi sulla possibilità di invocare la responsabilità dell’Unione per un danno provocato da un atto lecito in circostanze quali quelle di cui alla presente fattispecie, basta constatare che il Tribunale ha potuto respingere questo motivo senza commettere errori di diritto, dato che i danni patrimoniali e non patrimoniali lamentati dalla ricorrente non presentano comunque nessun carattere anomalo e speciale. Infatti, le eventuali perdite economiche, anche ammesso che esistano, nonché la presunta lesione della reputazione di quest’ultima costituiscono conseguenze che qualsiasi operatore accorto può aspettarsi in seguito all’adozione di una decisione di riduzione dell’importo di un contributo inizialmente concesso, adottata in base all’art. 24 del regolamento n. 4253/88.

142    Di conseguenza, la sentenza impugnata, nella parte in cui ha escluso una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, non è viziata da nessun errore di diritto e questo motivo d’impugnazione dev’essere respinto.

143    Da tutto quanto sin qui illustrato discende che nessuno dei motivi invocati dalla ricorrente a sostegno della sua impugnazione può essere accolto e, di conseguenza, l’impugnazione stessa dev’essere integralmente respinta.

 Sulle spese

144    Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Sviluppo Italia Basilicata SpA è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.