Language of document : ECLI:EU:C:2017:577

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 20 luglio 2017 (1)

Causa C127/16 P

SNCF Mobilités, già Société nationale des chemins de fer français (SNCF)

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Aiuti messi in atto dalla Repubblica francese a favore della Sernam – Aiuto alla ristrutturazione e ricapitalizzazione, garanzie e rinuncia a crediti da parte della SNCF nei confronti della Sernam – Vendita di attivi in blocco – Criterio dell’investitore privato – Applicabilità – Misure compensative»






Indice


I. Fatti all’origine della controversia

II. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

III. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

IV. Analisi giuridica

A. Ricapitolazione dei fatti rilevanti: dalla decisione Sernam 1 alla decisione Sernam 3

B. Sull’impugnazione

1. Sul primo motivo, relativo ad errori di diritto, ad un’insufficienza di motivazione e ad uno snaturamento dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2

a) Sulla prima e sulla terza parte del primo motivo

1) La sentenza impugnata

2) Sintesi degli argomenti delle parti

i) Sulla prima parte del primo motivo

ii) Sulla terza parte del primo motivo

3) Analisi

b) Sulla seconda parte del primo motivo

1) La sentenza impugnata

2) Sintesi degli argomenti delle parti

3) Analisi

2. Sul secondo motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato che l’offerta sottoposta dal gruppo dirigente non poteva considerarsi come il risultato di una procedura aperta e trasparente

a) La sentenza impugnata

b) Sintesi degli argomenti delle parti

c) Analisi

3. Sul terzo motivo, relativo ad uno snaturamento dei fatti e ad un errore di diritto, in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che l’offerta del gruppo dirigente della Sernam fosse molto più svantaggiosa per il venditore rispetto alle offerte non vincolanti degli altri candidati

a) La sentenza impugnata

b) Sintesi degli argomenti delle parti

c) Analisi

4. Sul quarto motivo, relativo ad un errore di diritto, ad un’insufficienza di motivazione e ad una motivazione contraddittoria, in quanto il Tribunale ha statuito che la Commissione non aveva fatto alcuna confusione tra l’oggetto e il prezzo della vendita degli attivi della Sernam

a) La sentenza impugnata

b) Sintesi degli argomenti delle parti

c) Analisi

5. Sul quinto motivo, relativo ad un errore di diritto e ad uno snaturamento del dispositivo della decisione Sernam 2, nella misura in cui il Tribunale ha ritenuto che l’iscrizione al passivo della liquidazione della Sernam del credito di recupero dell’aiuto di EUR 41 milioni non fosse conforme all’articolo 4 della decisione Sernam 2

a) La sentenza impugnata

b) Sintesi degli argomenti delle parti

c) Analisi

1) Sull’oggetto del trasferimento

2) Sull’identità degli azionisti

3) Sul momento del trasferimento

4) Sulla logica economica dell’operazione

5) Sul prezzo del trasferimento

6) Conclusione sul quinto motivo

6. Sul sesto motivo, relativo ad un errore di diritto, ad un’insufficienza di motivazione e ad uno snaturamento dei fatti in cui il Tribunale sarebbe incorso statuendo che il principio dell’investitore privato non era applicabile alla cessione degli attivi in blocco della Sernam

a) La sentenza impugnata

b) Sulla prima parte del sesto motivo

1) Sintesi degli argomenti delle parti

2) Analisi

c) Sulla seconda parte del sesto motivo

1) Sintesi degli argomenti delle parti

2) Analisi

d) Sulla terza parte del sesto motivo

1) Sintesi degli argomenti delle parti

2) Analisi

e) Conclusione sul sesto motivo

7. Sugli argomenti fatti valere dalla Commissione relativi alla ricevibilità del ricorso in primo grado

V. Sulle spese

VI. Conclusione


1.        Con la presente impugnazione, la SNCF Mobilités (in prosieguo: la «SNCF») (2) chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 dicembre 2015, SNCF/Commissione (3) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), mediante la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso di annullamento avverso la decisione 2012/398/UE della Commissione, del 9 marzo 2012, riguardante l’aiuto di Stato SA.12522 (C 37/08) Francia – Applicazione della decisione Sernam 2 (in prosieguo: la «decisione Sernam 3») (4).

I.      Fatti all’origine della controversia

2.        Con una decisione adottata il 23 maggio 2001 (5) (in prosieguo: la «decisione Sernam 1»), la Commissione europea ha autorizzato, a determinate condizioni, un aiuto alla ristrutturazione in favore della Sernam, per un importo totale di EUR 503 milioni (6).

3.        Con una seconda decisione adottata nel 2004 (7) (in prosieguo: la «decisione Sernam 2»), la Commissione ha constatato che alcune delle condizioni imposte dalla decisione Sernam 1 non erano state rispettate e che ciò aveva dato luogo ad un’attuazione abusiva dell’aiuto autorizzato.

4.        In tale contesto, da un lato, essa ha dichiarato che, subordinatamente al rispetto di nuove condizioni, l’aiuto di EUR 503 milioni approvato dalla decisione Sernam 1 era compatibile con il mercato interno, fatte salve le prescrizioni dettate dagli articoli 3 e 4 della decisione Sernam 2. Dall’altro, essa ha rilevato la presenza di un aiuto supplementare di EUR 41 milioni, incompatibile con il mercato interno e che doveva quindi essere recuperato dalle autorità francesi.

5.        Avvalendosi della possibilità offerta dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 (8), la SNCF ha scelto di vendere in blocco gli attivi della Sernam. Secondo le autorità francesi, la situazione economica della Sernam non ha consentito di ottenere proposte di valorizzazione positiva nel quadro della gara organizzata per conto della SNCF da un soggetto terzo. Tutte le offerte presentate nel quadro di tale procedura avrebbero prospettato un valore estremamente negativo e non è stata sottoposta alcuna offerta vincolante. È stata pertanto presa la decisione di proseguire le discussioni unicamente con il consorzio formato dal candidato n. 5 associato al gruppo dirigente della Sernam. Il 15 giugno 2005, il candidato n. 5 ha infine informato oralmente la SNCF della propria incapacità di presentare un’offerta di acquisto, anche condizionata, anteriormente al 30 giugno 2005.

6.        Il 30 giugno 2005, la SNCF ha preso allora la decisione di vendere gli attivi in blocco della Sernam al gruppo dirigente della Sernam. Al termine di tale cessione, la Sernam è stata oggetto di una liquidazione giudiziaria, il 15 dicembre 2005. Il credito di EUR 41 milioni, corrispondente all’aiuto di Stato che doveva essere rimborsato in forza dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, è stato iscritto al passivo della liquidazione della Sernam. Su tale importo, la SNCF ha potuto effettivamente recuperare EUR 2,75 milioni al termine della procedura di liquidazione.

7.        A seguito di denunce presentate da alcuni concorrenti il 24 giugno 2005, il 10 aprile 2006 e il 23 aprile 2007, i quali facevano valere che la decisione Sernam 2 era stata applicata in modo scorretto o abusivo, la Commissione, con lettera del 16 luglio 2008 (9), ha informato la Repubblica francese della propria decisione di avviare il procedimento di indagine formale previsto all’articolo 88, paragrafo 2, CE, il quale è sfociato nell’adozione della decisione Sernam 3 in data 9 marzo 2012, trasmessa alle autorità francesi il 26 marzo 2012.

8.        In tale decisione Sernam 3, la Commissione ha ritenuto che la cessione in blocco degli attivi della Sernam non avesse rispettato le condizioni enunciate nella decisione Sernam 2 e che l’aiuto incompatibile di EUR 41 milioni non fosse stato recuperato. Essa ha concluso che l’aiuto di Stato di un importo pari a EUR 503 milioni, approvato a determinate condizioni dalla decisione Sernam 2, era stato applicato in maniera abusiva ed era dunque incompatibile con il mercato comune (10). La Commissione ha considerato, inoltre, che le misure attuate dalla SNCF al fine di realizzare tale cessione, e in particolare la ricapitalizzazione di EUR 57 milioni, corrispondente al prezzo negativo degli attivi in blocco della Sernam, e un’asserita «rinuncia ai crediti» per EUR 38,5 milioni, costituivano nuovi aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno (11).

9.        Gli articoli 1 e 2 della decisione Sernam 3 così recitano:

«Articolo 1

1.      Gli aiuti di Stato di importo pari a 503 milioni di EUR concessi dalla Francia a Sernam SCS (diventata Sernam SA) e approvati dalla Commissione con la decisione [Sernam 2] sono stati applicati in maniera abusiva. Sono incompatibili con il mercato interno. Hanno beneficiato di tali aiuti anche Sernam Xpress e la Financière Sernam e le sue controllate, Sernam Services e Aster.

2.      Anche l’aiuto di Stato di importo pari a 41 milioni di EUR concesso dalla Francia a Sernam SCS e dichiarato incompatibile con la decisione Sernam 2 è andato a Sernam Xpress, nonché alla Financière Sernam e alle sue controllate, in particolare Sernam Services e Aster.

3.      La ricapitalizzazione di 57 milioni di EUR di Sernam SA da parte della SNCF, la rinuncia ai crediti vantati dalla SNCF nei confronti di Sernam SA per un importo di 38,5 milioni di EUR e le garanzie concesse dalla SNCF al momento della trasmissione delle attività di Sernam SA alla Financière Sernam, fatta eccezione per la garanzia accordata ai ferrovieri, costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno.

Articolo 2

1.      La Francia è tenuta a recuperare gli aiuti di cui all’articolo 1 presso la Financière Sernam e le sue controllate, Sernam Services e Aster.

(…)».

10.      Il 4 aprile 2012, la Commissione, investita di una domanda della Repubblica francese, ha constatato l’assenza di continuità economica fra il gruppo Sernam e i potenziali acquirenti – costituiti da società dei gruppi Geodis, appartenente alla SNCF, e BMV – di una parte degli attivi del gruppo suddetto, e che non occorresse pertanto estendere ai gruppi Geodis e BMV l’obbligo di recupero degli aiuti dichiarati illegittimi e incompatibili dalla decisione Sernam 3.

11.      Il 13 aprile 2012, la Financière Sernam e la Sernam Services sono state oggetto di liquidazione giudiziaria e, lo stesso giorno, Geodis ha depositato un’offerta ed è stato designato come acquirente di attivi del gruppo Sernam.

II.    Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

12.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 giugno 2012, la ricorrente ha proposto un ricorso diretto a far annullare la decisione Sernam 3.

13.      La ricorrente ha dedotto sei motivi a sostegno della sua domanda. Il primo era relativo ad una violazione dei suoi diritti della difesa. Il secondo motivo riguardava una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento. Il terzo motivo era relativo alla violazione dell’obbligo di rispettare un termine ragionevole e del principio di certezza del diritto. Il quarto motivo verteva su errori di diritto e di fatto commessi dalla Commissione per aver ritenuto che la cessione degli attivi in blocco della Sernam non avesse rispettato i requisiti posti dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2. Il quinto motivo era relativo ad un errore di diritto commesso dalla Commissione per aver ritenuto che l’obbligo di recupero dell’aiuto di Stato di EUR 41 milioni, dichiarato incompatibile dalla decisione Sernam 2, fosse stato trasferito alla Financière Sernam e alle sue controllate. Il sesto motivo riguardava un errore di diritto commesso dalla Commissione per aver ritenuto che le misure previste dal protocollo d’intesa del 21 luglio 2005 relativo alla cessione degli attivi in blocco della Sernam costituissero aiuti di Stato nuovi a favore della Sernam Xpress-la Financière Sernam.

14.      Senza pronunciarsi, nella sentenza impugnata, sulla ricevibilità del ricorso, e pur avendo accolto la seconda parte del quarto motivo (12), il Tribunale ha respinto detto ricorso.

III. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

15.      Il 26 febbraio 2016, la ricorrente ha proposto un’impugnazione contro la sentenza impugnata. Nelle sue conclusioni, la SNCF chiede che la Corte voglia dichiarare l’impugnazione ricevibile e fondata, annullare di conseguenza la sentenza impugnata e condannare la Commissione alle spese. Nella sua comparsa di risposta, la Commissione chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare la ricorrente alle spese di giudizio. Le società Mory SA e Mory Team, parti intervenienti a sostegno della Commissione nel procedimento dinanzi al Tribunale, chiedono congiuntamente che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare la ricorrente alle spese.

16.      La ricorrente, la Commissione, nonché la Mory SA e la Mory Team hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dalla Corte all’udienza tenutasi il 9 marzo 2017.

IV.    Analisi giuridica

17.      A sostegno della sua impugnazione, la ricorrente deduce sei motivi: il primo verte su un errore di diritto, su un’insufficienza di motivazione e su uno snaturamento dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2. Il secondo è relativo ad un errore di diritto commesso dal Tribunale nel considerare che i principi di apertura e di trasparenza previsti all’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 esigevano che il candidato selezionato avesse partecipato in quanto tale e in maniera autonoma alla procedura fin dall’inizio. Il terzo è relativo ad uno snaturamento dei fatti e ad un errore di diritto in quanto il Tribunale ha considerato che l’offerta del gruppo dirigente della Sernam era molto più svantaggiosa per il venditore rispetto alle offerte non vincolanti degli altri canditati. Il quarto verte su un errore di diritto e su una motivazione insufficiente e contraddittoria, in quanto il Tribunale ha considerato che la Commissione non aveva fatto alcuna confusione fra l’oggetto e il prezzo della vendita degli attivi della Sernam. Il quinto motivo è relativo ad un errore di diritto e ad uno snaturamento del dispositivo della decisione Sernam 2 per il fatto che il Tribunale ha considerato che l’iscrizione al passivo della liquidazione della Sernam S.A. del credito di recupero dell’aiuto di EUR 41 milioni non era conforme all’articolo 4 della decisione Sernam 2. Il sesto motivo è relativo ad un errore di diritto, ad un’insufficienza di motivazione e ad uno snaturamento dei fatti, in quanto il Tribunale ha considerato che il principio dell’investitore privato non era applicabile alla cessione di attivi in blocco della Sernam.

A.      Ricapitolazione dei fatti rilevanti: dalla decisione Sernam 1 alla decisione Sernam 3

18.      Per comprendere meglio la portata dell’impugnazione in esame, occorre ritornare un po’ più in dettaglio sulla genesi del presente contenzioso.

19.      Con la decisione Sernam 1, la Commissione si è pronunciata sul piano di ristrutturazione dell’impresa Sernam, all’epoca sottoposto al suo esame dalla Repubblica francese. Al termine della sua analisi, la Commissione ha concluso per la presenza, in tale piano, di aiuti di Stato compatibili con il Trattato CE (più specificamente, le misure di detto piano concernenti l’assistenza commerciale ed il risanamento della Sernam).

20.      Mentre il piano di ristrutturazione non ha potuto essere condotto a buon fine alle condizioni descritte dalla Repubblica francese nella decisione Sernam 1 – il che ha portato, inoltre, al versamento, da parte della SNCF alla Sernam, della somma di EUR 41 milioni a causa del ritardo del raggiungimento di un alleanza strategica, derivante dall’annullamento del protocollo d’intesa fra l’acquirente designato e la SNCF (13) –, la Commissione ha esaminato le condizioni di attuazione degli aiuti a favore della Sernam in seguito alla decisione Sernam 1.

21.      Dopo aver constatato che la Repubblica francese aveva corrisposto l’importo di EUR 503 milioni con modalità diverse da quelle autorizzate dalla decisione Sernam 1 (14), la Commissione ha però concluso, alla luce di tutte le circostanze e fatte salve talune condizioni, che detto importo era compatibile con il Trattato, mentre invece l’aiuto di EUR 41 milioni versato illegittimamente alla Sernam era incompatibile e doveva essere recuperato (15). L’aiuto di Stato di EUR 503 milioni a favore della Sernam poteva essere considerato compatibile con il Trattato, a condizione: 1) che la Sernam sviluppasse soltanto le sue attività d’inoltro di messaggeria per ferrovia e la SNCF garantisse che avrebbe offerto a qualsiasi altro operatore che ne facesse richiesta condizioni identiche a quelle accordate alla Sernam per lo sviluppo di trasporto di merci per ferrovia [articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della decisione Sernam 2], e 2) che la Sernam sostituisse completamente i propri mezzi e servizi di trasporto su strada con mezzi e servizi di trasporto su strada prestati da una o più imprese giuridicamente ed economicamente indipendenti dalla SNFC e scelte all’esito di una procedura aperta, trasparente e non discriminatoria [articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della decisione Sernam 2]. Risulta dalla motivazione della decisione Sernam 2 che, tenuto conto dell’applicazione abusiva e del prolungamento dei tempi del piano di ristrutturazione rispetto a quanto previsto nella decisione Sernam 1, la Commissione si aspettava dalla Sernam che essa fornisse una contropartita particolare ritirandosi stabilmente dai segmenti di mercato sostanzialmente interessati da sovracapacità, così da giustificare l’autorizzazione di una parte dell’aiuto (16). Si trattava, inoltre, di evitare che l’impresa, la quale avrebbe dovuto cessare la sua attività a causa delle difficoltà dichiarate, continuasse ad occupare artificialmente quote di mercato estremamente ambite a detrimento di imprese concorrenti e finanziariamente sane (17). Di conseguenza, la Commissione ha ritenuto che la «Sernam [dovesse] disimpegnarsi stabilmente dalle attività esercitate nei settori di mercato caratterizzati da sovracapacità, nel suo caso specifico, dal settore del trasporto a collettame/della messaggeria tradizionale su strada» (18). Tuttavia, nel caso di una vendita in blocco degli attivi della Sernam, al prezzo di mercato, ad una società non avente legami giuridici con la SNCF all’esito di una procedura trasparente ed aperta, le condizioni relative al ritiro della Sernam dai segmenti interessati da sovracapacità non si sarebbero più applicate (19), in quanto, in una configurazione del genere, la Commissione riteneva che la Sernam non avrebbe più operato nella sua veste giuridica e avrebbe liberato le sue quote (20).

22.      Per l’analisi che segue, è importante tenere presente il testo degli articoli 3 e 4 della decisione Sernam 2:

«Articolo 3

1.      Salvo quanto previsto dal paragrafo 2, dovranno essere osservate le condizioni seguenti:

a)      Sernam potrà sviluppare soltanto le sue attività d’inoltro di messaggeria per ferrovia secondo il concetto di treno completo espresso (TBE). A tale riguardo, la SNFC garantisce che offrirà a qualsiasi altro operatore che ne faccia richiesta condizioni identiche a quelle accordate a Sernam per lo sviluppo di trasporto di merci per ferrovia a mezzo TBE.

b)      Sernam dovrà, nel termine di due anni decorrenti dalla data di notifica della presente decisione, sostituire completamente i propri mezzi e servizi di trasporto su strada con mezzi e servizi di trasporto su strada prestati da una o più imprese giuridicamente ed economicamente indipendenti dalla SNFC e scelte all’esito di una procedura aperta, trasparente e non discriminatoria. (…)

2.      Qualora Sernam venda in blocco i suoi [attivi] entro il [30 giugno 2005] al prezzo di mercato ad una società non avente legami giuridici con la SNCF all’esito di una procedura trasparente ed aperta, le condizioni del paragrafo 1 non si applicano.

Articolo 4

La vendita dell’intera impresa Sernam o di alcune sue parti deve essere effettuata al prezzo di mercato e all’esito di una procedura trasparente ed aperta a tutti i suoi concorrenti. In queste condizioni, il rimborso dell’aiuto di 41 milioni di euro incombe all’impresa Sernam se questa continua ad esistere».

23.      Al fine di eseguire la decisione Sernam 2, la Repubblica francese ha optato per lo scenario dell’articolo 3, paragrafo 2, di detta decisione. A tal fine, la SNCF ha anzitutto invitato qualsiasi parte interessata a manifestare il proprio interesse all’acquisto della totalità degli attivi della Sernam. Tutte le offerte ricevute sarebbero state negative e non avrebbe potuto essere raccolta nessuna offerta vincolante. Il gruppo dirigente della Sernam ha fatto un’offerta di acquisto tramite una società ancora da creare, che diverrà la Financière Sernam (21). La trasmissione delle attività della Sernam alla Financière Sernam si è svolta in quattro fasi riprese nel seguente schema (22):

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24.      In primo luogo, la SNCF ha ricapitalizzato la propria controllata al 100% Sernam SA per un importo di EUR 57 milioni. In secondo luogo, la Sernam SA ha effettuato a favore della propria controllata al 100% Sernam Xpress un conferimento avente ad oggetto tutti gli elementi di attivo, compresi i 57 milioni di euro della ricapitalizzazione poc’anzi descritta, e di passivo della Sernam (fatta eccezione per le sole passività cosiddette «finanziarie») per un importo di EUR 38,5 milioni. Come contropartita, la Sernam SA ha ricevuto una quota della Sernam Xpress del valore nominale di EUR 100. In terzo luogo, la Sernam Xpress ha proceduto a un aumento di capitale di EUR 2 milioni, interamente sottoscritto dalla SNCF, che consentiva così a quest’ultima di divenire il socio di maggioranza all’interno della Sernam Xpress. In quarto luogo, la Sernam SA e la SNCF hanno ceduto alla Financière Sernam per un prezzo di EUR 2 milioni tutte le loro quote di partecipazione nella Sernam Xpress, corrispondenti all’intero capitale di quest’ultima. Inoltre, la Sernam SA è stata oggetto di liquidazione giudiziaria il 15 dicembre 2005, e i 41 milioni di euro rimborsabili alla SNCF in base alla decisione Sernam 2 sono stati iscritti al passivo di tale liquidazione.

25.      Il 30 giugno 2005 l’offerta della Financière Sernam è stata trasmessa alla SNCF, la quale l’ha accettata in linea di principio lo stesso giorno. Il protocollo d’intesa è stato firmato il 21 luglio 2005, la Financière Sernam è stata iscritta nel registro di commercio il 14 ottobre 2005 e le summenzionate operazioni sono state effettuate il 17 ottobre 2005 (23).

26.      Nella decisione Sernam 3, la Commissione conclude, da un lato, affermando che si è verificata un’applicazione abusiva dell’aiuto autorizzato con la decisione Sernam 2, in quanto le autorità francesi non hanno rispettato le condizioni imposte dall’articolo 3, paragrafo 2, di quest’ultima decisione. La Commissione ha considerato, segnatamente, che la trasmissione delle attività non era stata effettuata il 30 giugno 2005; che la trasmissione di dette attività non ha costituito una vendita a causa del suo prezzo negativo; che la trasmissione delle attività non ha costituito una vendita degli attivi, bensì una trasmissione della totalità della Sernam (attivi e passivi); che la trasmissione non si era limitata agli attivi posseduti dalla Sernam al momento della decisione Sernam 2, ma era stata aumentata di EUR 59 milioni; che la trasmissione non era stata effettuata mediante una procedura trasparente e aperta; che la finalità di una vendita degli attivi non era stata rispettata (24). L’applicazione abusiva dell’aiuto di EUR 503 milioni comporta la sua incompatibilità con il mercato interno ed esso deve essere recuperato.

27.      Per quanto riguarda l’aiuto di EUR 41 milioni che doveva essere recuperato dalla Francia presso il suo beneficiario in forza della decisione Sernam 2 (25), la Commissione fa valere che esso è stato iscritto al passivo della liquidazione della Sernam. Dopo aver rilevato che la decisione Sernam 2 disponeva che, nel caso di una cessazione dell’attività economica della Sernam, non occorreva recuperare tale aiuto presso coloro che avevano rilevato gli attivi al prezzo di mercato nel quadro di una procedura aperta e trasparente, la Commissione ha analizzato la situazione in particolare alla luce delle sentenze del 29 aprile 2004 (26) e dell’8 maggio 2003 (27). La Commissione ha quindi considerato che, in seguito alla fusione tra la Sernam Xpress e la Financière Sernam, l’obbligo di recupero era stato trasferito in capo a quest’ultima, segnatamente in quanto essa continuava a beneficiare dell’aiuto di EUR 41 milioni inizialmente concesso alla Sernam. Detta istituzione non ha peraltro applicato il criterio dell’investitore privato.

28.      Infine, la Commissione ha esaminato i nuovi aiuti concessi alla Sernam Xpress in forza del protocollo d’intesa del 21 luglio 2005 (28). Poiché questi nuovi aiuti erano stati concessi in un contesto di recupero, la Commissione ha ritenuto che non dovesse essere applicato il principio dell’investitore privato, in quanto lo Stato aveva agito, in tale contesto, in base agli obblighi ad esso incombenti in virtù del diritto dell’Unione (29). Gli aiuti esaminati consistevano nella ricapitalizzazione della Sernam per EUR 57 milioni da parte della SNCF, nella ricapitalizzazione della Sernam Xpress per EUR 2 milioni da parte della SNCF, nella rinuncia a crediti vantati dalla SNCF nei confronti della Sernam, nelle garanzie concesse dalla SNCF al momento della trasmissione delle attività della Sernam alla Financière Sernam (30), nonché nel prezzo di vendita pagato dalla Financière Sernam. La Commissione ha concluso nel senso della presenza di aiuti nuovi per la Sernam Xpress-la Financière Sernam incompatibili con il mercato interno, i quali dovevano essere recuperati presso la Financière Sernam e le sue controllate che continuavano l’attività economica che aveva beneficiato dell’aiuto (in precedenza svolta dalla Sernam Xpress, fusasi con la Financière Sernam).

B.      Sull’impugnazione

1.      Sul primo motivo, relativo ad errori di diritto, ad un’insufficienza di motivazione e ad uno snaturamento dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2

29.      Questo primo motivo si articola in tre parti: la prima verte sulla finalità della vendita degli attivi in blocco; la seconda ha ad oggetto uno snaturamento, da parte del Tribunale, del testo dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 per quanto riguarda la nozione di «vendita»; la terza verte su errori di diritto, su uno snaturamento dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 e su una violazione dell’obbligo di motivazione per quanto riguarda la valutazione secondo cui la cessione degli attivi in blocco deve intendersi come concernente unicamente gli attivi, ad esclusione dei passivi. Poiché la prima e la terza parte del motivo risultano connesse, propongo di analizzarle congiuntamente.

a)      Sulla prima e sulla terza parte del primo motivo

1)      La sentenza impugnata

30.      Risulta dalla sentenza impugnata che il Tribunale, dopo aver richiamato la giurisprudenza secondo cui il dispositivo di un atto è inscindibile dalla sua motivazione e va pertanto interpretato, se necessario, tenendo conto dei motivi che hanno portato alla sua adozione (31), ha desunto dal testo dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, letto in combinato disposto con il punto 217 di tale decisione, che quest’ultima «contrappone[va] chiaramente la “vendita della totalità di Sernam (attivo e passivo inclusi)” alla “vendita [degli attivi] in blocco” della Sernam» (32). Pertanto, esso ha statuito che la Commissione aveva giustamente potuto ritenere che la vendita degli attivi in blocco ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 dovesse riguardare i soli attivi, ad esclusione dei passivi (33), in quanto un’interpretazione opposta avrebbe ignorato la differenza fra le condizioni alternative enunciate all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione Sernam 2, da un lato, e all’articolo 3, paragrafo 2, di questa stessa decisione, dall’altro (34). Secondo il Tribunale, interpretare la vendita degli attivi in blocco nel senso che essa includesse i passivi avrebbe reso «illogico ed incoerente» il ricorso a tali condizioni alternative (35). Il Tribunale ha poi ricordato il carattere alternativo dei due paragrafi dell’articolo 3 della decisione Sernam 2 e ha dichiarato che essi perseguivano entrambi «il medesimo obiettivo di prevenzione delle distorsioni della concorrenza risultanti [dall’aiuto alla ristrutturazione di EUR 503 milioni]»(36). Detto giudice ha convalidato la tesi della Commissione secondo cui la finalità della vendita degli attivi in blocco era «intesa a interrompere l’attività economica della Sernam» (37). Esso ha dunque statuito che la cessione, nella sua totalità, della Sernam, la cui finalità era di mantenerla in vita e di risanarla, era contraria all’obiettivo perseguito «di interrompere la sua attività economica e di [liberare] le sue quote di mercato a favore dell’acquirente dei suoi beni patrimoniali» (38).

31.      Inoltre, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione aveva correttamente valutato, ai punti 109 e 110 della decisione Sernam 3, l’operazione cosiddetta di «conferimento parziale [di attivi]», concludendo che quest’ultima non poteva essere qualificata come «vendita di [attivi] a un terzo», per il fatto che detta vendita non riguardava solo l’attivo, ma anche tutto il passivo (39) e che essa era stata effettuata a favore di una controllata detenuta al 100% (40).

2)      Sintesi degli argomenti delle parti

i)      Sulla prima parte del primo motivo

32.      La SNCF fa valere, in sostanza, che la cessione degli attivi in blocco decisa nel giugno del 2005 ha pienamente rispettato la finalità perseguita dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, letto alla luce del punto 217 di quest’ultima. Il ragionamento del Tribunale sarebbe erroneo per due ragioni essenziali. La prima riguarderebbe il fatto che, in generale, la cessione degli attivi ha come conseguenza ineluttabile il proseguimento dell’attività, là dove l’aggiunta delle passività (vale a dire dei debiti) è priva di effetti al riguardo, in quanto inciderebbe unicamente sulla quantificazione del valore dell’impresa ceduta. Il Tribunale non avrebbe spiegato in che modo la cessione della totalità degli attivi della Sernam in blocco, ad un unico acquirente che doveva rilevare la quota di mercato liberata dalla Sernam, potesse condurre ad un’interruzione dell’attività economica della Sernam. La ricorrente conclude nel senso di un’insufficienza di motivazione della sentenza impugnata sul punto. La seconda ragione riguarda il fatto che le motivazioni sulle quali il Tribunale si fonda per affermare che la cessione in blocco ha come scopo la sparizione economica della Sernam non consentirebbero di giustificare una siffatta interpretazione. Il punto 217 della decisione Sernam 2 si limiterebbe ad esigere che la Sernam non operi più nella sua veste giuridica precedente e a consentire ad un acquirente indipendente dalla SNCF di sfruttare la quota di mercato della Sernam. Indicando, ai punti 194 e 195 della sentenza impugnata, che la finalità perseguita era l’interruzione dell’attività economica della Sernam, il Tribunale ha ritenuto sussistente una finalità che non risulterebbe in alcun caso né dal dispositivo né dai motivi della decisione Sernam 2, con conseguente snaturamento di quest’ultima. La motivazione del Tribunale risulterebbe inoltre contraddittoria, per il fatto che esso stesso avrebbe riconosciuto, al punto 218 della sentenza impugnata, che il punto 217 della decisione Sernam 2 dava «l’apparenza di un proseguimento dell’attività economica» della Sernam. Nello stesso ordine di idee, la SNCF sostiene che da tale punto 217 non emergerebbe che il proseguimento dell’attività dovesse essere inteso come l’attività proseguita dall’acquirente integrante gli attivi della Sernam nella propria strategia commerciale, e che si trattasse, nella specie, di una condizione necessaria per poter considerare liberate le quote di mercato della società beneficiaria. Il punto 217 della decisione Sernam 2 si limiterebbe, al contrario, a menzionare la liberazione delle quote della Sernam a vantaggio dell’acquirente indipendente, ossia privo di legami con la SNCF.

33.      Nella sua memoria di replica, la SNCF aggiunge, in sostanza, che la Commissione non ha dimostrato in che modo il trasferimento della totalità degli attivi di un’impresa in un solo blocco per un unico acquirente potrebbe non dar luogo, sotto il profilo economico e giuridico, al trasferimento dell’attività economica. La Commissione avrebbe essa stessa spiegato al Tribunale e alla Corte che era appunto questo l’effetto di una siffatta cessione nelle cause cosiddette «SMI» e «CDA» (41). La Commissione avrebbe parimenti deformato, nella sua comparsa di risposta, il tenore del punto 217 della decisione Sernam 2, il quale, secondo la ricorrente, non farebbe alcun riferimento ai concorrenti della Sernam. Secondo la decisione Sernam 2, l’unico obiettivo perseguito dalla Commissione sarebbe stato la risoluzione, per il futuro, di qualsiasi rapporto di partecipazione nel capitale fra la SNCF e la sua controllata Sernam al fine di evitare che essa concedesse a quest’ultima ancora degli aiuti, e l’unico requisito sarebbe stato l’assenza di legami fra l’acquirente della Sernam e la SNCF. La finalità di una vendita degli attivi in blocco non sarebbe dunque l’interruzione dell’attività economica della Sernam. La ricorrente aggiunge che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, non sussisterebbe alcuna contraddizione fra la cessione degli attivi in blocco della Sernam, la quale implicherebbe necessariamente il proseguimento dell’attività della Sernam, e l’argomento secondo cui il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto in sede di esame dei diversi criteri della continuità economica elaborati dalla giurisprudenza della Corte.

34.      Infine, quanto al prezzo, la Commissione esigeva un prezzo di mercato che avrebbe potuto essere negativo. Se gli attivi vengono venduti in blocco, implicando il trasferimento di un’attività necessariamente in perdita nonché dei contratti di lavoro, sarebbe inevitabile che il suo valore sia negativo; ritenere che il prezzo avrebbe potuto essere positivo sarebbe una congettura non comprovata e uno snaturamento dei fatti, dal momento che tutte le offerte erano state ampiamente negative. Inoltre, la SNCF sostiene che non occorre applicare i principi giurisprudenziali in materia di interpretazione qualora la disposizione sia priva di qualsivoglia ambiguità. Non sarebbe possibile cedere la totalità degli attivi di un’impresa senza trasferimento dell’attività economica a favore dell’acquirente e non sarebbe possibile trasferire la quota di mercato di un’impresa a favore dell’acquirente senza trasferimento dell’attività. L’interpretazione sostenuta dalla Commissione e confermata dal Tribunale darebbe pertanto luogo ad una situazione impossibile.

35.      Da parte sua, la Commissione ritiene che questa prima parte del primo motivo debba essere respinta.

ii)    Sulla terza parte del primo motivo

36.      La SNCF sostiene che il Tribunale, limitandosi a riprodurre le disposizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 e al punto 217 di tale decisione per sostenere la propria interpretazione secondo cui la decisione Sernam 2 contrapponeva chiaramente la vendita della totalità della Sernam alla vendita dei suoi attivi soltanto, avrebbe proceduto per affermazioni categoriche, snaturato l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 e inficiato il proprio ragionamento con un’insufficienza di motivazione. Il punto 217 non conterrebbe alcun elemento che consenta di concludere che la cessione degli attivi in blocco doveva essere intesa nel senso che riguardava unicamente gli attivi. Il Tribunale non potrebbe desumere dallo scenario alternativo preso in considerazione al punto 217 che l’articolo 3, paragrafo 2, escludesse le passività, tanto più che, alla luce della finalità perseguita, vale a dire l’interruzione dell’attività economica della Sernam, l’aggiunta alla cessione della totalità o di una parte del passivo sarebbe irrilevante. Né la Commissione né il Tribunale avrebbero spiegato in che modo una cessione della totalità degli attivi in un unico blocco ad un unico acquirente che doveva rilevare la quota di mercato della Sernam potesse comportare l’interruzione dell’attività economica di quest’ultima (42).

37.      Il ragionamento effettuato dal Tribunale ai punti 118 e 119 della sentenza impugnata sarebbe errato, in quanto la decisione Sernam 2 avrebbe effettivamente collegato condizioni diverse a ciascuno dei due scenari. Se la finalità perseguita dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 era l’interruzione dell’attività della Sernam, era allora necessario unicamente il riferimento ad una modalità di cessione che consentisse di realizzare tale obiettivo (come la cessione di attivi presi singolarmente o per lotti, come sarebbe già stato prospettato dalla Commissione in altre cause (43)). Il Tribunale avrebbe dunque commesso diversi errori di diritto, snaturato le disposizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 e violato l’obbligo di motivazione.

38.      Per quanto la riguarda, la Commissione sostiene che questa terza parte del primo motivo deve essere respinta.

3)      Analisi

39.      Nell’ambito della prima e della terza parte di questo primo motivo, la SNCF contesta l’interpretazione accolta dal Tribunale, da un lato, della finalità della vendita degli attivi in blocco richiesta dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 e, dall’altro, della nozione stessa di «vendita degli attivi in blocco».

40.      Deve anzitutto essere respinta la censura relativa all’inutilità del ricorso, da parte del Tribunale, alla giurisprudenza classica relativa ai metodi di interpretazione a disposizione del giudice dell’Unione, in quanto il Tribunale si è limitato a richiamare, e poi ad applicare, una giurisprudenza costante che sancisce principi ben consolidati (44) che delimitano le funzioni del giudice allorché quest’ultimo deve interpretare una disposizione di diritto dell’Unione. Aggiungo che, alla luce delle divergenze di interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 fra la SNCF e la Commissione, non era esagerato che il giudice dell’Unione cercasse al di fuori del dispositivo di detta decisione gli elementi necessari per chiarirne il significato e la portata esatti, ed è dunque parimenti in modo corretto che il Tribunale ha fatto riferimento non solo alla lettera di detto articolo, bensì anche al suo contesto e agli obiettivi perseguiti dalla normativa in cui esso si iscrive (45).

41.      Ricordo poi che l’articolo 3 della decisione Sernam 2 prende in considerazione due scenari. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta decisione, l’aiuto alla ristrutturazione della Sernam potrà continuare ad essere considerato compatibile con il mercato interno a condizione che la Sernam sviluppi «soltanto le sue attività d’inoltro di messaggeria per ferrovia» e che la SNCF garantisca, allo stesso tempo, di «offrir[e] a qualsiasi altro operatore che ne faccia richiesta condizioni identiche a quelle accordate a Sernam per lo sviluppo di trasporto di merci per ferrovia». Inoltre, la Sernam doveva, nei due anni successivi alla notifica della decisione Sernam 2, «sostituire completamente i propri mezzi e servizi di trasporto su strada con mezzi e servizi di trasporto su strada prestati da una o più imprese giuridicamente ed economicamente indipendenti dalla SNFC e scelte all’esito di una procedura aperta, trasparente e non discriminatoria». Nel caso di scelta del secondo scenario – quello previsto dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 –, tali condizioni non si applicavano più. Per contro, veniva in tal caso richiesto che la Sernam «vend[esse] in blocco i suoi [attivi] entro il [30 giugno 2005] al prezzo di mercato ad una società non avente legami giuridici con la SNCF all’esito di una procedura trasparente ed aperta».

42.      Individuare le ragioni per le quali la Commissione aveva preso in considerazione queste due ipotesi e, in fine, la finalità della vendita degli attivi in blocco imponeva naturalmente di effettuare una lettura completa di tale decisione, vale a dire comprensiva delle sue motivazioni. Orbene, si evince da tali motivazioni che le condizioni fissate all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione Sernam 2 sono concepite come «contropartite» richieste alla Sernam per il fatto che essa ha beneficiato dell’applicazione abusiva di un aiuto (46). Ad essa viene pertanto richiesto di ritirarsi «permanentemente dai settori di mercato sostanzialmente colpiti da sovracapacità», al fine di evitare che un’impresa «che avrebbe dovuto cessare l’attività per il manifestarsi delle difficoltà [occupasse] artificialmente quote di mercato estremamente ambite a detrimento di imprese concorrenti e finanziariamente sane» (47).

43.      La Commissione ha inoltre preso in considerazione l’intenzione delle autorità francesi di vendere «l’intera società Sernam (attivo e passivo inclusi)» (48) e si è curata di contrapporre in maniera esplicita tale ipotesi a quella di una vendita degli attivi in blocco della Sernam. In tal senso, il punto 217 della decisione Sernam 2 enuncia che, «in caso di vendita della totalità di Sernam (attivo e passivo […]) previst[a] dalle autorità francesi, dovranno comunque essere rispettate le condizioni della decisione (subentro di altre imprese nella prestazione di servizi di trasporto stradale di Sernam e diversificazione delle attività di Sernam verso il trasporto ferroviario). Per contro, se Sernam dovesse vendere i suoi [attivi] in blocco, la Commissione ricorda che le due suddette condizioni relative alla sua ristrutturazione non saranno applicate, visto che Sernam non opererà più nella sua veste giuridica attuale ed avrà ceduto le sue quote di mercato a beneficio dell’acquirente indipendente (che potrà de facto proseguire le attività di Sernam con l’attivo di Sernam)» (49).

44.      Ammetto che una lettura isolata dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 avrebbe potuto far pensare che la vendita degli attivi in blocco non escludesse necessariamente una vendita delle passività. Tuttavia, una volta riconosciuto, senza reali difficoltà, che il Tribunale poteva far riferimento ai punti del preambolo della decisione Sernam 2 per chiarire il significato del suo dispositivo, la lettura del punto 217 è sufficiente per confermare la conclusione cui è giunto il Tribunale quanto al fatto che la vendita degli attivi in blocco escludeva necessariamente le passività, nella misura in cui la Commissione contrapponeva in maniera evidente la vendita della totalità della Sernam (attivi e passivi), da un lato, e la vendita dei soli attivi in blocco, dall’altro. La ricorrente ritiene che il Tribunale abbia proceduto per affermazioni categoriche e senza fornire una dimostrazione concreta. Non vedo tuttavia un modo più eclatante con cui esso avrebbe potuto far emergere l’evidenza.

45.      Quanto all’addebito relativo ad un’insufficienza di motivazione, ricordo che risulta da una giurisprudenza costante della Corte che «la motivazione di una sentenza deve far risultare in modo chiaro e inequivocabile il ragionamento seguito dal Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata ed alla Corte di esercitare il suo sindacato giurisdizionale» (50). Tale requisito è pienamente soddisfatto nella specie.

46.      Quanto alla finalità perseguita, considerato il contesto in cui la decisione Sernam 2 è intervenuta, essa consiste, come risulta evidente e come ricordato dal Tribunale, nel prevenire le distorsioni della concorrenza (51). I due scenari presi in considerazione all’articolo 3 della decisione Sernam 2 sono chiaramente stati concepiti in modo alternativo, dal che si ricava che la Commissione considerava manifestamente le due opzioni equivalenti sotto il profilo della loro finalità e della loro efficacia ai fini del ripristino di una situazione rispettosa della libera concorrenza. Orbene, l’obiettivo perseguito dall’articolo 3, paragrafo 1, della decisione Sernam 2 viene illustrato nei punti 200 e seguenti di detta decisione. Essi rammentano, in sostanza, che la Sernam ha beneficiato di un aiuto che non ha rispettato il piano iniziale di ristrutturazione. Di conseguenza, per attenuare tale distorsione della concorrenza, la Commissione impone talune «contropartite» (52) ed esige dalla Sernam che essa si disimpegni dai segmenti di mercato interessati da sovraccapacità alle condizioni descritte nell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione Sernam 2 (53). È del tutto logico che l’obiettivo perseguito dal secondo scenario sia identico. Ancora una volta, il punto 217 di detta decisione è un elemento centrale per comprenderne la ratio, in quanto esso spiega perché le «contropartite» richieste nell’ipotesi di un’attuazione del primo scenario non lo saranno più nell’ipotesi di una vendita degli attivi in blocco. Infatti, in tal caso, la Commissione ritiene che la «Sernam non opererà più nella sua veste giuridica attuale ed avrà ceduto le sue quote di mercato a beneficio dell’acquirente indipendente (che potrà de facto proseguire le attività di Sernam con l’attivo di Sernam)» (54). Come osservato giustamente dal Tribunale, tale punto del preambolo è «collocato nella stessa parte dedicata alle prevenzioni di distorsioni della concorrenza in cui si trovano i (…) punti 200, e da 208 a 211» (55). Risulta inoltre, chiaramente, dal tenore letterale di detto punto, e contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, che la Commissione prevedeva il subentro nell’attività da parte di un acquirente indipendente, il quale l’avrebbe rilevata per conto proprio, mentre la Sernam si sarebbe disimpegnata di fatto dal mercato a favore di quest’ultimo.

47.      Qualora si dovesse seguire il ragionamento della SNCF, l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 non esigerebbe né la cessione degli attivi in blocco, ad esclusione dei passivi, né l’interruzione dell’attività economica della Sernam. Ciò significa che la Commissione avrebbe ammesso che la Sernam potesse essere venduta nella sua quasi totalità e proseguisse la sua attività economica senza esigere la minima contropartita (poiché si tratterebbe dell’attuazione del secondo scenario), mentre essa aveva chiaramente preteso, in caso di vendita della Sernam nella sua totalità, una serie di misure intese a ridurre la sua presenza sul mercato. Una siffatta interpretazione non è coerente e priva di qualsiasi sostanza ed efficacia l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2. È vero che, come sostenuto dalla SNCF, la cessione degli attivi ha come conseguenza il proseguimento dell’«attività» nel senso di un rilevamento delle quote di mercato occupate dalla Sernam da parte di un’altra impresa interessata. Nondimeno, la Sernam, privata dei suoi attivi, non poteva evidentemente continuare ad occupare la posizione che le apparteneva sul mercato. Sarei inoltre propenso a ritenere, come rilevato dalla parte interveniente a sostegno della Commissione, che l’interpretazione sostenuta dalla SNCF configuri una sorta di riconoscimento implicito del fatto che le operazioni di trasferimento hanno condotto al mantenimento dell’attività della Sernam senza l’attuazione di nessuna delle contropartite necessarie al fine di eliminare la perturbazione concorrenziale.

48.      In sintesi, l’articolo 3 prevedeva, da un lato, il permanere della Sernam o la possibilità di una vendita della totalità della Sernam (attivi e passivi) – e, in questo caso, le condizioni del paragrafo 1 dovevano essere rispettate – e, dall’altro lato, l’ipotesi di una vendita in blocco degli attivi – e allora dette condizioni non erano più applicabili, in quanto la Sernam avrebbe in tal caso liberato le proprie quote di mercato a beneficio dell’acquirente. Una vendita degli attivi in blocco accompagnata da una parte del passivo non consentiva la cessazione dell’attività della Sernam; orbene, se tale attività fosse proseguita, venivano pretese delle contropartite. La SNCF ha venduto gli attivi della Sernam in blocco, nonché «la quasi totalità dei suoi passivi» (56) senza offrire una qualsivoglia contropartita idonea a compensare la perturbazione della concorrenza. Il risultato dell’operazione è neutro, da tale punto di vista, se così si può dire, mentre è concettualmente ben più vicino ad una vendita della Sernam nella sua totalità – vendita alla quale erano connesse condizioni rigorose e chiare di disimpegno da taluni segmenti di mercato interessati da sovraccapacità.

49.      È dunque senza inficiare il proprio ragionamento con alcun errore di diritto che il Tribunale ha concluso che «[i]l fatto che, in caso di vendita [degli attivi] in blocco, non fosse più necessario imporre il ritiro dal settore del trasporto su strada caratterizzato da eccesso di capacità, può spiegarsi soltanto con il fatto che, in caso di vendita degli attivi in blocco della Sernam, al prezzo di mercato, ad una società non avente legami giuridici con la [SNCF], all’esito di una procedura trasparente ed aperta, la Sernam sarebbe scomparsa economicamente dal mercato e, con essa, la distorsione della concorrenza connessa alla concessione dell’aiuto alla ristrutturazione della Sernam», in quanto «la [liberazione delle] quote di mercato a beneficio dell’acquirente indipendente (…) dev’essere intesa nel senso che essa mette fine alla distorsione della concorrenza, ossia l’attività sovvenzionata della Sernam» (57).

50.      Il Tribunale non si è contraddetto neanche quando ha ammesso che il punto 217 della decisione Sernam 2 aveva potuto dare l’«apparenza di un proseguimento dell’attività economica», in quanto esso ha immediatamente precisato che tale apparenza non reggeva al vaglio, dal momento che si trattava in tal caso dell’«attività di un operatore diverso dalla Sernam, ossia dell’acquirente, il quale integra gli attivi della Sernam nella propria strategia commerciale, poiché altrimenti le quote di mercato della beneficiaria non possono essere considerate “[liberate]”» (58). La sentenza impugnata non soffre pertanto, sul punto, di una motivazione contraddittoria, segnatamente alla luce dell’identità stessa dell’acquirente degli attivi della Sernam.

51.      Quanto all’invocazione, da parte della ricorrente, delle sentenze SMI e CDA, anche ammettendo che si possa addebitare al Tribunale di non aver esaminato la legittimità della decisione impugnata dinanzi ad esso alla luce di asserzioni contenute nella giurisprudenza della Corte che si limitavano a riportare la posizione espressa dalla Commissione nel contesto proprio di ciascuna di quelle cause – quod non –, la comprensione, da parte della ricorrente, di tali sentenze si fonda su una lettura parziale, nella misura in cui la Commissione ha sì in quella sede invariabilmente sostenuto che la vendita degli attivi in blocco di una società ad uno stesso acquirente poteva permettere a quest’ultimo di proseguire l’attività economica sovvenzionata – il che avrebbe potuto rendere perenne la distorsione della concorrenza –, ma ha, allo stesso tempo, ammesso che doveva essere esercitato un controllo particolare e che il rischio di elusione poteva essere escluso se la cessione aveva luogo al termine di un procedimento incondizionato e aperto a tutti i concorrenti – il che è appunto una della condizioni previste all’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2.

52.      Per tutti questi motivi, propongo dunque di respingere congiuntamente la prima e la terza parte del primo motivo.

b)      Sulla seconda parte del primo motivo

1)      La sentenza impugnata

53.      Al punto 90 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che il momento per valutare se la vendita avesse avuto luogo era necessariamente quello della trasmissione effettiva degli attivi, dal momento che l’obiettivo perseguito dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, letto alla luce del punto 217 di quest’ultima, consisteva nell’obbligare la Sernam a spogliarsi della totalità dei suoi attivi e a liberare le sue quote di mercato. Secondo il Tribunale, un’interpretazione formalistica dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 ne paralizzerebbe gli effetti e farebbe correre il rischio che la trasmissione effettiva degli attivi sia differita a lungo dopo la conclusione della vendita, nel senso giuridico del termine.

2)      Sintesi degli argomenti delle parti

54.      Secondo la ricorrente, la vendita sarebbe effettivamente stata conclusa il 30 giugno 2005, cosicché il requisito temporale imposto dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 sarebbe stato rispettato. Detta decisione non si riferirebbe ad una trasmissione effettiva degli attivi al 30 giugno 2005 ma si limiterebbe unicamente a prevedere che la vendita doveva verificarsi entro tale data. Inoltre, secondo il diritto francese e in particolare secondo l’articolo 1583 del codice civile, la vendita sarebbe caratterizzata dalla conclusione dell’accordo sulla cosa e sul prezzo da pagare, anche quando la cosa non sia stata per l’appunto ancora né consegnata né pagata. Considerando, al punto 90 della sentenza impugnata, che il momento rilevante per valutare se la vendita avesse effettivamente avuto luogo entro il 30 giugno 2005 era quello della trasmissione degli attivi, il Tribunale avrebbe ampliato in maniera significativa il testo dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 e snaturato la nozione di «vendita» figurante in detto articolo.

55.      Da parte sua, la Commissione conclude per il rigetto di questa seconda parte del primo motivo.

3)      Analisi

56.      Fra le condizioni fissate affinché l’aiuto di EUR 503 milioni alla ristrutturazione della Sernam continuasse ad essere considerato compatibile, figurava una condizione temporale, in quanto l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 disponeva a tal riguardo che, nell’ipotesi di una vendita degli attivi in blocco della Sernam, essa doveva avere luogo entro il 30 giugno 2005.

57.      Ammettendo che la valutazione, da parte del Tribunale, della data alla quale la vendita è avvenuta non si limiti ad una semplice valutazione dei fatti, la ricorrente non è riuscita a dimostrare una falla nell’analisi del Tribunale. Infatti, benché, nel contesto delle misure connesse alla compensazione degli aiuti di Stato, non vi sia l’ambizione di imporre una definizione comunitaria della «vendita» e quest’ultima debba necessariamente essere strutturata in base alle condizioni previste dal diritto nazionale (59), la Commissione e il giudice dell’Unione sono cionondimeno legittimati ad esigere che tali condizioni non arrechino pregiudizio all’effetto utile del diritto dell’Unione. È esattamente tale rischio che è stato individuato dal Tribunale allorché ha dichiarato, al punto 90 della sentenza impugnata, che l’interpretazione proposta dalla SNCF «ne paralizzerebbe gli effetti, con il rischio di vedere la trasmissione effettiva degli attivi differita a lungo dopo la conclusione della “vendita” nel senso giuridico del termine». Risulta, inoltre, dagli elementi del fascicolo che, alla data del 30 giugno 2005, l’offerta del gruppo dirigente della Sernam era stata trasmessa alla SNCF ed era stata unicamente «accettata in linea di principio dalla direzione generale della SNCF lo stesso giorno» (60). Infine, considerato che lo scenario prospettato dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 costituisce un’alternativa a quello prospettato dall’articolo 3, paragrafo 1, di tale decisione, e che, in caso di applicazione di questo secondo scenario, le condizioni fissate per la realizzazione del primo non si applicherebbero più, è del tutto logico, e senza ampliare sconsideratamente il testo dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 – come invece asserito dalla SNCF – che il Tribunale ha interpretato il requisito temporale ivi figurante nel senso che esso esigeva la trasmissione effettiva degli attivi alla data del 30 giugno 2005. Per tutti questi motivi, la seconda parte del primo motivo deve essere respinta.

2.      Sul secondo motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato che l’offerta sottoposta dal gruppo dirigente non poteva considerarsi come il risultato di una procedura aperta e trasparente

a)      La sentenza impugnata

58.      Ai punti 163, 164 e 174 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito, in sostanza, per respingere la censura secondo cui il gruppo dirigente della Sernam aveva partecipato alla gara fin dall’inizio e l’offerta sottoposta da detto gruppo costituiva effettivamente il risultato di un processo trasparente ed aperto, che solo il consorzio formato dal candidato n. 5 e dal gruppo dirigente della Sernam aveva inizialmente preso parte alla gara e presentato un’offerta preliminare, e non i membri del gruppo dirigente individualmente. È, inoltre, il progetto presentato dal consorzio quello che era stato inizialmente selezionato al termine della seconda tornata della gara. Il Tribunale ha dunque respinto l’argomento diretto a dimostrare che il gruppo dirigente aveva partecipato fin dall’inizio alla procedura, sulla base del rilievo che esso non vi aveva partecipato in maniera autonoma e non aveva sottoposto da solo l’offerta. Il Tribunale ha concluso che detta offerta non poteva considerarsi come il risultato di una procedura aperta e trasparente.

b)      Sintesi degli argomenti delle parti

59.      La SNCF addebita al Tribunale un errore di diritto in quanto esso avrebbe erroneamente dichiarato che la mancata partecipazione dei membri del gruppo dirigente della Sernam in maniera autonoma fin dall’inizio della procedura aveva avuto come conseguenza che la procedura svolta non era stata aperta e trasparente, come invece richiesto dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, poiché né da tale articolo, né dalla decisione Sernam 2, né dal diritto dell’Unione sarebbe risultata la necessità che il candidato infine selezionato avesse partecipato fin dall’inizio al processo di selezione in maniera autonoma e indipendente. Dopo aver richiamato le condizioni nelle quali la procedura si è svolta dopo la seconda tornata di selezione, la SNCF sostiene che si evincerebbe sia dalla prassi sia dalla giurisprudenza che il requisito del carattere aperto e trasparente di una gara è soddisfatto allorché tutte le parti interessate hanno potuto presentare un’offerta e disporre di possibilità di informazione e di termini identici (61). Ammesso che i principi applicabili in materia di appalti pubblici, segnatamente sanciti dalle direttive 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione(62) e 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE(63), siano trasponibili, per analogia, alle procedure di cessione degli attivi, il diritto dell’Unione autorizzerebbe l’attribuzione di un siffatto contratto ad un operatore economico senza pubblicità né messa in concorrenza preventiva dopo l’esperimento infruttuoso di una gara, sebbene l’operatore non abbia partecipato a questa prima gara e senza che ciò costituisca un’infrazione ai principi di apertura e trasparenza. Tali principi dovrebbero a fortiori essere considerati rispettati allorché gli attivi sono stati ceduti all’ultima persona interessata, l’unica ad avere fatto un’offerta vincolante e partecipante all’integralità del processo, in un primo tempo associata ad un consorzio, da cui l’altra parte si è svincolata in corso di procedura.

60.      Quanto alla Commissione, essa conclude per il rigetto di questo secondo motivo in quanto irricevibile o, in subordine, infondato.

c)      Analisi

61.      Nell’ambito di questo secondo motivo, la ricorrente contesta una parte dell’analisi che ha portato il Tribunale a concludere che la vendita degli attivi in blocco della Sernam non aveva avuto luogo al termine di una procedura aperta e trasparente, come invece richiesto dalla Commissione. Infatti, nell’analizzare la quinta parte del quarto motivo del ricorso di annullamento, il Tribunale ha esaminato quattro censure. Nell’ambito della prima censura, la SNCF faceva valere che l’offerta del gruppo dirigente della Sernam costituiva il risultato di un processo aperto e trasparente, dal momento che detto gruppo aveva partecipato, fin dall’inizio, alla procedura di gara all’interno del consorzio formato con il candidato n. 5, ed aveva depositato da solo un’offerta dopo che il suo partner aveva comunicato di non essere in grado di presentare un’offerta vincolante nel termine impartito dalla Commissione. Nell’ambito di tale censura venivano fatti valere due argomenti, ma la SNCF si esprime in merito al secondo separatamente (64).

62.      Anzitutto, rilevo che questo secondo motivo è diretto avverso i punti 163 e 164 della sentenza impugnata, i quali si limitano a constatare che è il consorzio formato dal candidato n. 5 e dal gruppo dirigente ad avere partecipato inizialmente alla gara, e che è il contenuto del progetto presentato da detto consorzio quello che è stato inizialmente selezionato, mentre il Tribunale si limita, al punto 164 della sentenza impugnata, a riportare una risposta fornita dalle autorità francesi alla Commissione il 6 gennaio 2012. Siamo pertanto in presenza, essenzialmente, di una valutazione fattuale che risulta anche dai punti 16 e seguenti dell’atto di ricorso della SNCF dinanzi al Tribunale. In ogni caso, risulta dall’impugnazione che la SNCF addebita al Tribunale, nell’ambito del secondo motivo, un errore di diritto, e non uno snaturamento dei fatti. Tale motivo dovrebbe essere respinto a causa della sua irricevibilità, dal momento che l’impugnazione è tradizionalmente limitata alle questioni di diritto, fatta salva l’ipotesi di uno snaturamento dei fatti e degli elementi di prova, che qui non viene fatto valere. La stessa sorte deve essere riservata al presente motivo nella parte in cui è diretto avverso la conclusione del Tribunale figurante al punto 174 della sentenza impugnata, e con la quale il Tribunale ha respinto l’argomento inteso a dimostrare che il gruppo dirigente aveva partecipato fin dall’inizio alla gara in quanto non vi aveva partecipato in maniera autonoma né aveva sottoposto da solo l’offerta a partire dalle fasi iniziali.

63.      Tuttavia, il Tribunale procede poi ad una qualificazione giuridica dei fatti, nella misura in cui desume da tali elementi – partecipazione non autonoma del gruppo dirigente della Sernam sin dall’inizio della procedura – che l’offerta di quest’ultimo non può considerarsi come il risultato di una procedura aperta e trasparente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2. Tale operazione di qualificazione è, di per sé, assoggettata al controllo della Corte nell’ambito dell’impugnazione (65).

64.      Le forme che doveva rivestire la procedura con la quale gli attivi della Sernam erano destinati ad essere ceduti in blocco non sono definite, come sottolineato dalla SNCF, dal diritto dell’Unione. Tuttavia, l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 imponeva un limite esplicito, vale a dire quello del rispetto del carattere aperto e trasparente della procedura.

65.      Senza che sia necessario pronunciarsi sulla questione se i principi del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici siano applicabili nel contesto dell’attuazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 – a fortiori perché: 1) nulla indica che l’analisi del Tribunale abbia preso le mosse da tale premessa, 2) l’invocazione, da parte della SNCF, delle direttive 2014/23 e 2014/24 presenta carattere di novità, e 3) la SNCF non lo contesta formalmente –, occorre rispondere alla ricorrente, la quale fa valere il precedente costituito dalla sentenza SMI (66), che la Corte – pur avendo in tale sentenza statuito che il fatto che la vendita degli attivi in blocco non fosse avvenuta immediatamente, ma avesse avuto luogo dopo il fallimento di diversi tentativi con un altra società era un «indizi[o] tal[e] da far ritenere la procedura seguita sufficientemente aperta e trasparente» (67) – si è così pronunciata nel contesto di una vendita che si era svolta sotto il controllo di un giudice, elemento questo che la SNCF omette di precisare.

66.      Per quanto riguarda le procedure di gara, la SNCF richiama la prassi della Commissione e sottolinea che quest’ultima accorda importanza al fatto che «tutte le imprese che avrebbero potuto essere interessate all’acquisizione (…) hanno effettivamente avuto l’occasione di presentare un’offerta e che la cessione è stata fatta al miglior offerente» (68), nonché alla parità di accesso alle informazioni (69). Tuttavia, quando nel contesto degli aiuti di Stato la Commissione esige l’organizzazione di una procedura aperta e trasparente, si priverebbe del suo effetto utile tale requisito al ritenerlo soddisfatto solo perché la procedura è stata avviata su basi aperte e trasparenti che garantiscono la parità di accesso alle informazioni a qualsiasi parte interessata. Una procedura aperta e trasparente deve restare tale per tutta la durata del suo svolgimento e non si riduce, come sostenuto dalla ricorrente, ad offrire la possibilità di presentare un’offerta secondo condizioni identiche per ciò che riguarda le informazioni e i termini (70).

67.      Nella specie, è incontestabile che il candidato al quale sono stati ceduti gli attivi (71) della Sernam non ha partecipato alla procedura fin dal suo inizio. Di conseguenza, l’assenza di identità fra gli iniziali candidati all’acquisto e il candidato la cui offerta è stata alla fine prescelta poteva legittimamente indurre la Commissione, e poi il Tribunale, a ritenere che la procedura svolta non fosse stata trasparente, nella misura in cui essa era sfociata nella conclusione della cessione con un candidato che non aveva partecipato, ab initio, alla gara, di modo che la situazione concorrenziale degli altri candidati aveva potuto risultarne danneggiata (72) e tale cambiamento poteva aver viziato la procedura.

68.      Per tutte le ragioni sin qui esposte, il secondo motivo deve essere respinto in quanto in parte irricevibile e in parte infondato.

3.      Sul terzo motivo, relativo ad uno snaturamento dei fatti e ad un errore di diritto, in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che l’offerta del gruppo dirigente della Sernam fosse molto più svantaggiosa per il venditore rispetto alle offerte non vincolanti degli altri candidati

a)      La sentenza impugnata

69.      Risulta dai punti 165 e 166 della sentenza impugnata che, per respingere la censura secondo cui l’offerta presentata dal gruppo dirigente costituiva il risultato di un processo trasparente ed aperto – in quanto detto gruppo, che avrebbe partecipato al procedimento fin dall’inizio, aveva depositato una sola offerta che era inizialmente in comune con il candidato n. 5, con il quale esso formava il consorzio –, il Tribunale si è fondato sul fatto che l’offerta vincolante del gruppo dirigente era assai lontana dall’offerta presentata nella seconda tornata dal consorzio guidato dal candidato n. 5, e molto più svantaggiosa per il venditore. Per pervenire a tale conclusione, il Tribunale ha fatto riferimento a diversi elementi contenuti nella corrispondenza intercorsa fra la Commissione e la Repubblica francese nel 2005 e nel 2012, e ha ritenuto che la differenza fra le due offerte dovesse essere valutata sulla base del criterio delle esigenze stimate di ricapitalizzazione della società destinataria da parte della ricorrente, valutate in un importo di gran lunga superiore nell’offerta finale del gruppo dirigente della Sernam rispetto a quanto era stato proposto dal consorzio guidato dal candidato n. 5. L’offerta negativa presentata nella seconda tornata dal consorzio ammontava, secondo il Tribunale e a perimetro equivalente, a EUR ‑56,4 milioni, mentre quella del gruppo dirigente era pari a EUR ‑95,5 milioni (73). Esso ha parimenti respinto l’argomento secondo cui, una volta che il candidato n. 5 si era ritirato dalla gara, le discussioni erano logicamente proseguite con l’«ultima parte interessata», e ha statuito che la SNCF avrebbe dovuto rivolgersi al candidato n. 4, il quale aveva partecipato fin dall’inizio alla procedura e aveva presentato un’offerta preliminare nella seconda tornata di EUR ‑65,2 milioni (74). Il fatto che il candidato non avesse presentato un’offerta vincolante era, secondo il Tribunale, privo di effetti, nella misura in cui la questione esaminata era soltanto di sapere se l’offerta del gruppo dirigente della Sernam fosse scaturita dalla procedura di gara (75).

b)      Sintesi degli argomenti delle parti

70.      La ricorrente sostiene che non si poteva considerare l’offerta del gruppo dirigente della Sernam quale risultato di una gara non aperta né trasparente sulla base del fatto che essa sarebbe stata molto più svantaggiosa per il venditore rispetto alle offerte preliminari di seconda tornata presentate dagli altri candidati. Il Tribunale, dichiarando il contrario, avrebbe pertanto commesso un errore di diritto e snaturato i fatti. La SNCF afferma che l’offerta preliminare presentata dal consorzio si sarebbe basata su un livello di liquidità diverso rispetto a quello sul quale si sarebbe basato il candidato n. 4 per la sua offerta preliminare di seconda tornata. La SNCF contesta pertanto la valutazione compiuta dal Tribunale riguardo al fabbisogno di ricapitalizzazione stimato dal candidato n. 4. Alla luce del significativo deterioramento delle disponibilità di cassa della Sernam fra il 31 dicembre 2004 e il 30 giugno 2005, il candidato n. 4 avrebbe inevitabilmente rivalutato il fabbisogno di ricapitalizzazione della Sernam ad un livello ampiamente superiore. Ammesso che l’offerta vincolante del gruppo dirigente della Sernam possa essere paragonata all’offerta non vincolante di seconda tornata del consorzio, il Tribunale avrebbe dunque commesso un grave errore.

71.      La Commissione, da parte sua, reputa questo terzo motivo inoperante e, in subordine, infondato.

c)      Analisi

72.      L’intenzione della ricorrente nell’ambito di questo terzo motivo è di dimostrare l’erroneità della statuizione del Tribunale secondo cui l’offerta vincolante sottoposta dal gruppo dirigente della Sernam era molto più svantaggiosa di quella sottoposta dal consorzio formato con il candidato n. 5, prima che quest’ultimo si ritirasse dalla gara, oppure di quella del candidato n. 4 scaturita dalla seconda tornata preliminare. Si tratta qui, ancora una volta, di valutare se la vendita degli attivi della Sernam abbia avuto luogo al termine di una procedura aperta e trasparente. Orbene, una volta che si è constatato, nell’ambito della mia analisi del secondo motivo, che, poiché il gruppo dirigente della Sernam non aveva partecipato alla procedura di selezione fin dall’origine e in maniera autonoma, la selezione, alla fine, della sua offerta non era, già solo per questo motivo, il risultato di una procedura aperta e trasparente, contrariamente a quanto richiesto dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, è giocoforza rilevare che, anche se la Corte dovesse statuire – quod non – che il Tribunale ha commesso un errore di diritto o ha snaturato i fatti dichiarando che l’offerta del gruppo dirigente della Sernam era più svantaggiosa, ciò non potrebbe rimettere in discussione la conclusione cui il giudice di primo grado è pervenuto e che ho ricordato poc’anzi. Condivido pertanto la posizione della Commissione, secondo la quale questo terzo motivo è inoperante (76).

73.      Ad abundantiam aggiungo, in accordo con la Commissione, che il Tribunale ha constatato, ai punti 166 e 168 della sentenza impugnata, che l’offerta presentata nella seconda tornata dal consorzio formato con il candidato n. 5 prevedeva di iniettare «un importo significativo» nel capitale della Sernam, mentre l’offerta del gruppo dirigente prevedeva unicamente un apporto molto meno considerevole. Orbene, tale parte della sentenza non viene contestata nell’ambito dell’impugnazione. La differenza sostanziale fra le offerte è dunque marcata, rendendo inoperante qualsiasi errore di diritto o snaturamento relativo alla valutazione delle esigenze di ricapitalizzazione nelle diverse offerte.

74.      Infine, ammesso che ciò rientri nel controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione, non si può addebitare al Tribunale di non avere tenuto conto dei diversi livelli di liquidità della Sernam sui quali le diverse offerte si sarebbero fondate, dal momento che la SNCF non ha fatto valere tale argomento dinanzi al Tribunale. Il Tribunale non può aver snaturato fatti che non gli sono stati sottoposti. Quanto al raffronto, effettuato dal Tribunale, fra l’offerta vincolante del gruppo dirigente e l’offerta non vincolante di seconda tornata del consorzio, la ricorrente non articola alcuna censura fondata in diritto su tale punto e sembra ammettere, al contrario, che un siffatto raffronto possa essere fatto (77).

75.      Per tutte queste ragioni, il terzo motivo dev’essere respinto.

4.      Sul quarto motivo, relativo ad un errore di diritto, ad un’insufficienza di motivazione e ad una motivazione contraddittoria, in quanto il Tribunale ha statuito che la Commissione non aveva fatto alcuna confusione tra l’oggetto e il prezzo della vendita degli attivi della Sernam

a)      La sentenza impugnata

76.      Al punto 153 della sentenza impugnata, nell’esaminare la quarta parte del quarto motivo di ricorso (78), relativa ad un errore di diritto commesso dalla Commissione per aver ritenuto, al punto 117 della decisione Sernam 3, che la trasmissione non fosse limitata agli attivi della Sernam, in quanto essa era stata aumentata di EUR 57 milioni netti, il Tribunale ha affermato che la Commissione non aveva fatto alcuna confusione tra l’oggetto e il prezzo della vendita, in quanto detta somma, tramite ricapitalizzazioni successive della Sernam e poi della Sernam Xpress, era venuta ad aggiungersi agli attivi di tali società. Esso ha parimenti considerato, al punto successivo, che alla Commissione non poteva addebitarsi il fatto di non aver precisato, nella propria decisione, che essa non desiderava un prezzo negativo, dal momento che il prezzo negativo risultava dal fatto che l’obbligo di vendere unicamente gli attivi non era stato rispettato, circostanza questa che risulta, inoltre, dalle stime di valore «cash free, debt free» effettuate dai candidati al termine della prima tornata di gara, le quali avevano tutte portato a proposte di prezzo positive (79). Il Tribunale ne conclude che tali stime di valore positive dimostrano che, se la SNCF si fosse limitata a vendere gli attivi, ad esclusione delle passività, il loro prezzo di vendita sarebbe stato positivo o nullo, ma non negativo (80).

b)      Sintesi degli argomenti delle parti

77.      Ritenendo, al punto 117 della decisione Sernam 3, che, attraverso la ricapitalizzazione della Sernam e della Sernam Xpress, una somma netta pari a EUR 57 milioni fosse stata aggiunta agli attivi, e che una siffatta aggiunta non fosse autorizzata dall’articolo 3, paragrafo 2, la Commissione avrebbe, secondo la SNCF, confuso l’oggetto della vendita (gli attivi in blocco) e il prezzo (negativo) pagato per il loro acquisto. Partendo da tale premessa, la ricorrente addebita al Tribunale di essersi limitato, al punto 153 della sentenza impugnata, a constatare, senza dimostrazione e tramite affermazioni categoriche, che la Commissione non aveva fatto alcuna confusione del tipo di quella addotta dalla SNCF. Quest’ultima sostiene anche che tale conclusione integrerebbe un errore di diritto e che il punto 153 summenzionato risulterebbe in contraddizione con il ragionamento elaborato dal Tribunale nell’ambito della seconda parte del quarto motivo (81).

78.      La SNCF contesta che la vendita degli attivi sia stata aumentata di EUR 57 milioni netti e spiega che la ricapitalizzazione dell’importo di tale somma (82) non costituirebbe un’aggiunta agli attivi ceduti bensì il prezzo negativo pagato per l’acquisto degli attivi in blocco della Sernam. Il Tribunale, pur avendo ammesso, ai punti 103 e 107 della sentenza impugnata, che la normativa sugli aiuti di Stato non tiene conto delle forme giuridiche che le transazioni possono rivestire, bensì della loro realtà economica, e riconosce la possibilità di procedere ad una vendita ad un prezzo negativo tramite una ricapitalizzazione preliminare effettuata dal venditore, si sarebbe rifiutato di ritenere che la ricapitalizzazione della Sernam rientrasse nel prezzo negativo pagato per la cessione degli attivi in blocco, tramite un’analisi che si fonda esclusivamente sulla forma giuridica di tale apporto.

79.      Il ragionamento del Tribunale sarebbe inficiato da un secondo errore di diritto. A fronte dell’affermazione del Tribunale secondo cui il prezzo negativo risultava dal fatto che l’obbligo di vendere unicamente gli attivi della Sernam, senza i passivi, non era stato rispettato, la SNCF fa valere che, nella misura in cui la cessione in blocco implicava il proseguimento dell’attività della Sernam, l’esistenza di un «badwill» (83) che traduceva il carattere strutturalmente in perdita dell’attività ceduta e il trasferimento automatico dei contratti di lavoro, come previsto dal diritto francese, avrebbero implicato un valore necessariamente negativo dell’attività. Il prezzo negativo non sarebbe stato dunque dovuto all’aggiunta di taluni passivi, bensì semplicemente al testo stesso dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, il quale, esigendo che gli attivi fossero ceduti in blocco, avrebbe autorizzato la cessione di un’attività strutturalmente in perdita, inclusi gli oneri di gestione connessi al proseguimento dei contratti di lavoro del personale.

80.      Nella sua memoria di replica, la SNCF aggiunge che considerare che la vendita avrebbe potuto avere luogo ad un prezzo positivo sarebbe una congettura non comprovata, configurante uno snaturamento dei fatti, dal momento che tutte le offerte presentate erano state ampiamente negative.

81.      Da parte sua, la Commissione considera questo quarto motivo in parte irricevibile e in parte infondato.

c)      Analisi

82.      La tesi della SNCF consiste nel sostenere che la ricapitalizzazione sia uno degli elementi della vendita a prezzo negativo degli attivi in blocco della Sernam. Si deve rilevare, anzitutto, che la ricapitalizzazione, quale aggiunta agli attivi, della Sernam da parte della SNCF non viene contestata sotto il profilo fattuale (84). Orbene, al punto 153 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che la «somma di EUR 57 milioni netti, tramite le ricapitalizzazioni successive della Sernam e poi della Sernam Xpress, è (…) venuta ad aggiungersi [agli attivi] della Sernam, e successivamente della Sernam Xpress». Siamo qui in presenza di un accertamento di fatto, che non viene contestato dalle parti. È dunque difficile addebitare al Tribunale una qualsivoglia insufficienza di motivazione. Inoltre, il Tribunale desume l’assenza di confusione fra l’oggetto della vendita e il prezzo della vendita dal testo del punto 117 della decisione Sernam 3, menzionato al punto precedente della sentenza impugnata.

83.      Inoltre, neppure risulta contraddittorio statuire, da un lato, che il diritto dell’Unione non osta a che una vendita abbia luogo ad un prezzo negativo – come ha fatto il Tribunale al punto 107 della sentenza impugnata – e, dall’altro, che una ricapitalizzazione avvenuta nelle circostanze descritte al punto 153 non è compatibile con l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2. Si tratta qui di due questioni del tutto diverse. La prima affermazione è stata formulata nell’ambito dell’analisi relativa alla condizione della «vendita» imposta da tale articolo, avendo la Commissione contestato che una vendita potesse avere luogo ad un prezzo negativo. Tale problema deve essere tenuto distinto dalla questione se un’aggiunta di attivi fosse autorizzata dalla Commissione nella sua decisione Sernam 2. In altri termini, mentre, nell’interpretare la nozione di «vendita degli attivi in blocco», il Tribunale ha, in un primo tempo, esaminato la nozione di «vendita», gli elementi della sentenza che vengono contestati nell’ambito del presente motivo sono invece maggiormente attinenti alla nozione di «attivi in blocco». Si evince dal titolo della quarta parte del quarto motivo formulato dinanzi al Tribunale che quest’ultimo esaminava la questione se la Commissione avesse legittimamente ritenuto, al punto 117 della decisione Sernam 3, che la trasmissione limitata agli attivi della Sernam fosse stata indebitamente aumentata di EUR 57 milioni. Mi sia consentito ricordare che tale punto 117, dopo aver enunciato i fatti, ha concluso che «[t]ale aggiunta [agli attivi] non [era] autorizzata dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2».

84.      La valutazione del Tribunale contenuta al punto 154 della sentenza impugnata, secondo cui il prezzo negativo è una conseguenza dell’aggiunta dei passivi alla vendita degli attivi della Sernam, rientra, quanto ad essa, in una valutazione fattuale in relazione alla quale la ricorrente non ha fatto valere, nell’ambito del presente motivo, uno snaturamento dei fatti. Peraltro, se la SNCF contesta, in maniera generale, che la vendita degli attivi in blocco dovesse essere necessariamente effettuata escludendo i passivi, essa non contesta logicamente che la vendita della Sernam ha incluso tali passivi nella loro grande maggioranza. Orbene, come ho già indicato, la vendita, quale prospettata dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, doveva effettivamente essere intesa come riguardante unicamente gli attivi, ad esclusione dei passivi della Sernam. Il semplice fatto che taluni passivi siano stati inclusi al momento della vendita è sufficiente per affermare che le condizioni enunciate da tale articolo non sono state rispettate. In ogni caso, ricordo anche che la SNCF ha ammesso, nell’udienza dinanzi al Tribunale, che «qualora un attivo venga ceduto separatamente, esiste[,] per definizione[,] un valore che può essere positivo o nullo, ma che non può essere negativo» (85). È dunque difficile immaginare che la ricorrente rimetta in discussione, nella fase dell’impugnazione, un’affermazione che si limita a trarre le conseguenze della sua stessa presa di posizione.

85.      Per tutte queste ragioni, il quarto motivo dev’essere respinto.

5.      Sul quinto motivo, relativo ad un errore di diritto e ad uno snaturamento del dispositivo della decisione Sernam 2, nella misura in cui il Tribunale ha ritenuto che l’iscrizione al passivo della liquidazione della Sernam del credito di recupero dell’aiuto di EUR 41 milioni non fosse conforme all’articolo 4 della decisione Sernam 2

a)      La sentenza impugnata

86.      Ai punti 237 e seguenti della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato la censura relativa al fatto che nessuno dei criteri che consentivano di constatare la continuità economica fra la Sernam e la Sernam Xpress era soddisfatto nella specie. Dopo aver richiamato il punto 144 della decisione Sernam 3, secondo il quale la Commissione aveva concluso che «[erano] quindi presenti tutti i criteri per dimostrare la continuità economica ai sensi della decisione e della sentenza Seleco [(86)]», il Tribunale ha esaminato singolarmente ciascuno di detti criteri.

87.      Per quanto riguarda l’oggetto del trasferimento, il Tribunale ha ricordato, alla luce di quanto dichiarato in precedenza ai punti da 134 a 137 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva correttamente ritenuto che fosse stata ceduta la totalità dell’impresa, in violazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 (87).

88.      Per quanto riguarda l’identità degli azionisti, il Tribunale ha convalidato l’analisi della Commissione che aveva concluso che il conferimento della Sernam alla Sernam Xpress era avvenuto all’interno del gruppo della ricorrente (88).

89.      Per quanto riguarda il momento del trasferimento, il Tribunale ha ricordato, da un lato, che il momento dell’attuazione di una decisione implicante la possibilità di una vendita degli attivi in blocco del beneficiario dell’aiuto, nonché un obbligo di recupero di un aiuto illegittimo e incompatibile, sembra costituire un momento propizio all’elusione dell’obbligo di recupero tanto quanto la fase del procedimento di indagine formale nel corso della quale erano state effettuate le asserite operazioni di elusione di cui alle cause Seleco, SMI e CDA (89), fatte valere dalla ricorrente (90), e, dall’altro, che esso aveva dichiarato in precedenza che l’operazione non aveva rispettato né il termine né le modalità fissate dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 (91).

90.      Per quanto riguarda la logica economica, il Tribunale ha parimenti rammentato che le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 non erano state rispettate, che l’attività economica della Sernam non era stata interrotta, e che pertanto la finalità di detto articolo non era stata rispettata (92). Esso ha parimenti dichiarato che la ricorrente non poteva trarre argomenti dal proprio diritto nazionale per giustificare che la vendita, la quale doveva essere effettuata escludendo le passività, avesse incluso queste ultime (93).

91.      Per quanto riguarda il prezzo, il Tribunale ha dichiarato, in sostanza, che il prezzo negativo pagato non poteva essere considerato come un prezzo di mercato risultante da una procedura di gara aperta e trasparente, dal momento che il Tribunale aveva già statuito che l’offerta del gruppo dirigente della Sernam non era il risultato di una procedura aperta e trasparente (94). Esso ha parimenti ricordato che questo prezzo negativo di EUR 57 milioni era piuttosto concepito come un aiuto al funzionamento che consentiva di coprire le perdite della Sernam Xpress per il periodo dal 2005 al 2008, e che era accompagnato da una rinuncia a crediti vantati nei confronti della Sernam per un importo di EUR 38,5 milioni (95). Il Tribunale ha poi respinto, da un lato, il valore probatorio delle diverse perizie indipendenti fatte valere dalla SNCF e intese a confermare che il prezzo di cessione era un prezzo di mercato (96) e, dall’altro, gli argomenti della SNCF diretti avverso gli ultimi due periodi del punto 145 della decisione Sernam 3, configurando tali periodi affermazioni formulate ad abundantiam, dato che essi davano conto unicamente di un’«ulteriore indicazione» del fatto che il sinallagma contrattuale tra la SNCF e la Financière Sernam non corrispondeva alle condizioni di mercato (97). Il Tribunale ha dichiarato, inoltre, che la Commissione era correttamente giunta alla conclusione che, quale conseguenza del trasferimento delle attività della Sernam alla Sernam Xpress, quest’ultima aveva conservato, in ragione della continuità economica tra le due società, il godimento effettivo del vantaggio concorrenziale connesso al beneficio degli aiuti concessi (98). Inoltre, a fronte dell’invocazione della giurisprudenza relativa alla vendita di azioni, in forza della quale, secondo la Repubblica francese, imporre all’impresa venduta il rimborso dell’aiuto illegittimo e incompatibile equivarrebbe a penalizzare l’acquirente di detta impresa, ossia la Financière Sernam, la quale, pagando al prezzo di mercato, dovrebbe già pagare l’aiuto, il Tribunale ha risposto che la Commissione aveva ritenuto che la cessione delle quote societarie della Sernam Xpress alla Financière Sernam non avesse avuto la conseguenza di affrancare la Sernam Xpress dall’obbligo di rimborsare l’aiuto di EUR 41 milioni. Infatti, la Financière Sernam non si è vista trasferire l’obbligo di rimborso dell’aiuto di EUR 41 milioni in qualità di acquirente delle quote societarie della Sernam Xpress, bensì in qualità di successore giuridico di quest’ultima, a seguito della fusione del 30 giugno 2011 e della conseguente trasmissione universale del patrimonio, atteso che la Commissione ha dimostrato in termini sufficientemente validi la continuità economica fra la Sernam e la Sernam Express (99). Infine, il Tribunale ha considerato inoperante l’invocazione, da parte della SNCF, del criterio dell’investitore privato, il quale non ha alcun nesso, a suo giudizio, con l’obbligo di recuperare la somma di EUR 41 milioni ma riguarda, al contrario, la questione, del tutto diversa, della qualificazione degli aiuti nuovi (100). In conclusione, il Tribunale ha statuito che è in piena conformità con la giurisprudenza Commissione/Spagna (101) che la Commissione aveva considerato che la mera iscrizione al passivo della liquidazione della Sernam dell’aiuto illegittimo e incompatibile non era risultata sufficiente per eliminare la distorsione della concorrenza, ed ha respinto la censura relativa al fatto che nessuno dei criteri di continuità economica era stato soddisfatto nella specie (102).

92.      Infine, ai punti 275 e seguenti della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato la censura relativa al fatto che detta iscrizione sarebbe stata conforme all’articolo 4 della decisione Sernam 2, ha richiamato la giurisprudenza Commissione/Spagna (103), secondo la quale l’aiuto dev’essere recuperato presso la società che prosegue l’attività economica dell’impresa che ha inizialmente beneficiato del vantaggio connesso alla concessione di aiuti di Stato e che ne conserva il godimento effettivo, e ha concluso che, in un contesto di recupero di aiuti di Stato, l’allusione alla continuazione dell’esistenza della Sernam doveva essere intesa come riferita al mantenimento dell’attività economica della Sernam. Il Tribunale ha dunque respinto la censura, in quanto l’iscrizione al passivo della liquidazione della Sernam dell’aiuto illegittimo e incompatibile non era conforme all’articolo 4 della decisione Sernam 2.

b)      Sintesi degli argomenti delle parti

93.      La SNCF addebita ancora una volta al Tribunale di avere snaturato il dispositivo della decisione Sernam 2 dichiarando che l’articolo 4 di tale decisione «non poteva che alludere al mantenimento dell’attività economica della Sernam» (104), mentre il testo di tale articolo sarebbe chiaro e scevro da ambiguità, non farebbe alcun riferimento all’interruzione di detta attività e si limiterebbe a distinguere a seconda che la società Sernam, quale persona giuridica, continui ad esistere o meno, il che sarebbe pienamente giustificato alla luce della costante giurisprudenza secondo cui, qualora la società beneficiaria di un aiuto di Stato venda i propri attivi ad un terzo e ad un prezzo di mercato, il beneficio dell’aiuto è incorporato nel prezzo, cosicché il godimento effettivo dell’aiuto resta in capo al venditore (105). Snaturando l’articolo 4 della decisione Sernam 2, il Tribunale sarebbe parimenti incorso in un errore di diritto che deve portare all’annullamento della sentenza impugnata.

94.      Inoltre, la ricorrente sottolinea diversi errori di diritto commessi dal Tribunale nell’esaminare le condizioni della continuità economica fra la Sernam e l’acquirente degli attivi in blocco (106), atteso che la Commissione non sarebbe in ogni caso obbligata a prendere in considerazione tutti questi elementi (107).

95.      Per quanto attiene all’identità degli azionisti, la SNCF ricorda che le condizioni fissate dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 non le avrebbero consentito di procedere ad una vendita degli attivi in blocco della Sernam alla Financière Sernam per ragioni connesse alle specificità del diritto francese (108). Il procedimento del conferimento‑cessione, preceduto da una ricapitalizzazione in caso di prezzo negativo, corrisponderebbe alla realtà economica di una cessione degli attivi in blocco della Sernam alla Financière Sernam al loro valore di mercato. Considerando che la continuità economica deve essere valutata fra la Sernam e la Sernam Xpress, il Tribunale avrebbe scomposto artificiosamente un’operazione unica che perseguiva come unica logica economica il trasferimento di proprietà degli attivi in blocco della Sernam. Il Tribunale avrebbe dunque violato il principio secondo cui la normativa sugli aiuti di Stato non tiene conto delle forme giuridiche che le transazioni possono rivestire, bensì unicamente della loro realtà economica, e avrebbe inficiato la propria sentenza con una motivazione contraddittoria sotto il profilo del principio, richiamato al punto 107 della sentenza impugnata, secondo il quale una vendita può essere effettuata ad un prezzo negativo. La Sernam Xpress sarebbe stata unicamente il veicolo costituito al fine di consentire il trasferimento di proprietà degli attivi in blocco della Sernam alla Financière Sernam. Peraltro, la Financière Sernam si è fusa con la Sernam Xpress al momento della realizzazione dell’operazione. Il Tribunale avrebbe ignorato il fatto che la Financière Sernam è proprietaria e gestisce i beni patrimoniali della Sernam collocati nella Sernam Xpress e che non vi sarebbe pertanto alcuna identità fra gli azionisti della Financière Sernam e quelli della Sernam.

96.      Per quanto riguarda il prezzo di mercato, la SNCF addebita al Tribunale un errore di diritto, in quanto esso si sarebbe rifiutato di prendere in considerazione il prezzo di mercato pagato per gli attivi della Sernam, sebbene, secondo la giurisprudenza, l’esistenza di un prezzo di mercato sia uno dei criteri più importanti per concludere nel senso dell’assenza di continuità economica. In proposito, la ricorrente si fonda in particolare sulle sentenze SMI e CDA (109).

97.      Per quanto riguarda l’oggetto del trasferimento, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che fosse stata ceduta la totalità dell’impresa, in quanto gli attivi in blocco della Sernam sono stati ceduti soltanto con i passivi di gestione.

98.      Per quanto riguarda il momento del trasferimento, la SNCF sostiene che non può essere addotta alcuna elusione, poiché è la Commissione stessa ad avere previsto la possibilità di una cessione degli attivi in blocco della Sernam e tali attivi sono stati ceduti ad un prezzo di mercato.

99.      Per quanto riguarda la logica economica dell’operazione, il Tribunale avrebbe constatato erroneamente che l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 esigeva l’interruzione dell’attività economica della Sernam, mentre la possibilità di una cessione degli attivi in blocco rendeva appunto possibile il trasferimento dell’attività della Sernam. Il Tribunale non potrebbe sostenere che la logica dell’operazione sia stata contraria agli obiettivi di detta decisione, quando invece tale operazione era consentita dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2.

100. La SNCF conclude che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto e snaturato l’articolo 4 della decisione Sernam 2 nel dichiarare che l’iscrizione al passivo della liquidazione giudiziaria della Sernam del credito corrispondente all’importo di EUR 41 milioni di aiuto dichiarato incompatibile dalla decisione Sernam 2 non era conforme all’articolo 4 di tale decisione.

101. Da parte sua, la Commissione considera il presente motivo in parte inoperante e in parte irricevibile.

c)      Analisi

102. L’articolo 4 della decisione Sernam 2 disponeva che la vendita della Sernam doveva essere effettuata al prezzo di mercato e all’esito di una procedura trasparente ed aperta a tutti i suoi concorrenti, e che, qualora tali condizioni fossero state rispettate, il rimborso dell’aiuto di EUR 41 milioni (110) sarebbe gravato sull’«impresa Sernam» se la «Sernam» continuava ad esistere. Nella decisione Sernam 3, la Commissione ha verificato se la procedura di recupero dell’aiuto incompatibile scelta dalla Francia, ossia l’iscrizione del credito dello Stato al passivo del fallimento della Sernam, consentisse effettivamente di eliminare la distorsione della concorrenza (111). Considerando che l’articolo 4 della decisione Sernam 2 distingueva a seconda che vi fosse interruzione o meno dell’attività economica della Sernam, la Commissione ha esaminato la trasmissione delle attività della Sernam alla Financière Sernam alla luce dei criteri e dei principi elaborati nelle sentenze SMI, CDA e Seleco al fine di stabilire se occorresse estendere il recupero alla Financière Sernam, nonché alle sue controllate. Tale analisi è contenuta ai punti da 143 a 151 della decisione Sernam 3. Come sappiamo, la Commissione è pervenuta alla conclusione che il trasferimento delle attività della Sernam alla Sernam Xpress ha avuto la conseguenza che la Sernam Xpress ha conservato il godimento effettivo del vantaggio concorrenziale connesso al beneficio degli aiuti concessi, in quanto vi è stata continuità economica tra le due imprese e il trasferimento corrisponde, sempre secondo la Commissione, a un’elusione dell’ordine di recupero imposto alla Sernam (112). In seguito alla fusione fra la Sernam Xpress e la Financière Sernam, l’obbligo di recupero è stato trasferito a quest’ultima, la quale, con le sue controllate, prosegue l’attività della Sernam e della Sernam Xpress e continua a beneficiare dell’aiuto di EUR 41 milioni inizialmente concesso alla Sernam (113).

103. Il Tribunale ha controllato l’analisi effettuata dalla Commissione, richiamata supra, ai punti 237 e seguenti della sentenza impugnata. È avverso tale parte di detta sentenza che questo quinto motivo è diretto, a prezzo di una linea argomentativa della ricorrente talvolta confusa, spesso ripetitiva e che fatica ad individuare in modo chiaro gli errori di diritto addebitati in concreto, intrecciando fortemente i fatti e il diritto.

104. Rispondo immediatamente alla censura relativa ad uno snaturamento e ad un errore di diritto dovuti al fatto che il Tribunale avrebbe interpretato in maniera erronea l’articolo 4 della decisione Sernam 2. Secondo l’adagio «nel più c’è il meno», esaminerò unicamente l’errore di diritto addotto, dal momento che l’analisi dello snaturamento è necessariamente più superficiale.

105. Per statuire che l’articolo 4 della decisione Sernam 2 subordinava il recupero dell’aiuto nei confronti della Sernam al mantenimento dell’attività economica di quest’ultima, il Tribunale ha fatto riferimento non solo alla lettera di detto articolo, ma anche al contesto in cui esso si inseriva, ossia quello del recupero di aiuti di Stato. Alla luce della costante giurisprudenza della Corte, la SNCF non poteva ignorare che il principale obiettivo perseguito dal rimborso di un aiuto di Stato versato illegittimamente consiste nell’eliminazione della distorsione della concorrenza causata dal vantaggio concorrenziale concesso (114). Inoltre, il risultato cercato con il ripristino della situazione anteriore all’erogazione dell’aiuto illegittimo è, in generale, la preservazione dell’effetto utile delle disposizioni dei Trattati in materia di aiuti di Stato (115). A tal riguardo, la mera cessazione giuridica della Sernam quale persona giuridica non è affatto una garanzia della cessazione dell’attività sovvenzionata. Infine, come ricordato dal Tribunale (116), l’aiuto deve essere recuperato presso la società che prosegue l’attività economica dell’impresa che ha inizialmente beneficiato del vantaggio.

106. Di conseguenza, l’interpretazione contestualizzata dell’articolo 4 della decisione Sernam 2, da parte del Tribunale, oltre a prendere le mosse da un metodo esegetico classico a disposizione del giudice dell’Unione, è scevra da qualsivoglia errore di diritto. La censura vertente su un errore di diritto dovuto al fatto che il Tribunale avrebbe interpretato in maniera erronea l’articolo 4 della decisione Sernam 2, deve pertanto essere respinta.

107. Una volta confermato che la Sernam restava, agli occhi della Commissione, la debitrice dell’obbligo di rimborsare l’aiuto di EUR 41 milioni qualora la sua attività economica fosse proseguita, resta da verificare che i criteri necessari a siffatto proseguimento siano stati correttamente analizzati dal Tribunale. Come risulta dal punto 236 della sentenza impugnata, la SNCF «non contest[a] i criteri sui quali si fonda il principio della continuità economica» ricordati ai punti 234 e 235 di detta sentenza.

1)      Sull’oggetto del trasferimento

108. La SNCF procede ad una lettura erronea della sentenza impugnata quando afferma che il Tribunale avrebbe considerato soddisfatto il criterio attinente all’oggetto del trasferimento in quanto la totalità della Sernam era stata ceduta in violazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2. Al punto 240 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che tale criterio doveva essere considerato soddisfatto non per il mero fatto che la cessione aveva avuto luogo in violazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, bensì, al contrario, in quanto esso aveva poco prima constatato, in sede di esame della terza parte del quarto motivo, che la Commissione aveva correttamente ritenuto che fosse stata ceduta la totalità della Sernam (117). Inoltre, considerando che la sua censura è diretta a dimostrare il carattere meramente inoperante dell’argomento del Tribunale, la SNCF non solleva una censura intesa a contestare la veridicità della constatazione effettuata dal Tribunale. Come sottolineato dalla Commissione, la SNCF non ha al riguardo messo in discussione il punto 137 della sentenza impugnata, nel quale il Tribunale conclude che «la Commissione, affermando, al punto 116 della decisione [Sernam 3], che la trasmissione delle attività non costituiva una vendita [degli attivi], bensì, con poche eccezioni, una trasmissione della totalità della Sernam (attivi e passivi inclusi), non è incorsa in alcun errore di diritto o di fatto quanto all’oggetto della transazione» (118).

2)      Sull’identità degli azionisti

109. Risulta chiaramente dallo schema riprodotto al paragrafo 23 delle presenti conclusioni che la ricorrente, alla quale la Commissione chiedeva di cedere gli attivi della propria controllata, la Sernam, deteneva un’altra controllata denominata Sernam Xpress, e che è a tale controllata che gli attivi della Sernam sono stati ceduti. La SNCF ha pertanto ceduto ad una delle sue controllate l’impresa beneficiaria dell’aiuto.

110. La SNCF addebita al Tribunale di avere analizzato il criterio dell’identità degli azionisti con riferimento al rapporto fra la Sernam e la Sernam Xpress e non fra la Sernam Xpress e la Financière Sernam. Essa chiarisce che la Sernam Xpress è stata unicamente un veicolo che ha trasportato gli attivi della Sernam, e la cui intermediazione è stata resa necessaria dalla combinazione di vincoli giuridici di natura nazionale e comunitaria.

111. Ricordo tuttavia che è la totalità degli attivi della Sernam ad essere stata trasmessa alla Sernam Xpress, e che la SNCF non nega che tale trasferimento abbia avuto luogo. Inoltre, e come ricordato giustamente dal Tribunale, la Commissione non ha fondato il proprio ragionamento sulla continuità economica fra la Sernam e la Financière Sernam. In particolare, non è per il fatto che sussiste identità degli azionisti fra la Sernam e la Financière Sernam che la Commissione ha reputato tale criterio soddisfatto, quanto piuttosto per il fatto che sussiste identità degli azionisti fra la Sernam e la Sernam Xpress. E la Commissione perverrà alla conclusione che la Financière Sernam deve essere considerata debitrice dell’obbligo di recuperare l’aiuto di EUR 41 milioni soltanto in quanto è tale società ad essersi fusa con la Sernam Xpress, ma stando all’analisi, la debitrice, in prima istanza, dell’obbligo di recupero, è effettivamente la Sernam Xpress (119). In tali circostanze, gli argomenti della SNCF volti a dimostrare l’assenza di identità degli azionisti fra la Sernam e la Financière Sernam sono inoperanti. Per gli stessi motivi, non può essere accolto neanche l’addebito di una violazione del principio secondo il quale la normativa sugli aiuti di Stato non tiene conto delle forme giuridiche delle transazioni, bensì soltanto della realtà economica.

3)      Sul momento del trasferimento

112. È qui giocoforza constatare che, se si può ritenere che il trasferimento abbia avuto luogo successivamente all’adozione della decisione Sernam 2 e ai fini della sua esecuzione, ciò non esclude che, a partire dal momento in cui le autorità francesi sono venute a conoscenza di tale decisione, esse sapevano di essere tenute a recuperare l’aiuto di EUR 41 milioni, cosicché il fatto di ammettere che, qualora il trasferimento abbia luogo dopo la decisione finale, non possa escludersi un’intenzione di eludere l’obbligo di recupero, non costituisce un errore di diritto da parte del Tribunale, a maggior ragione in quanto la SNCF non ha individuato alcuna norma giuridica in particolare che sarebbe stata in tal modo violata dal Tribunale.

4)      Sulla logica economica dell’operazione

113. La ricorrente contesta al riguardo che il Tribunale abbia potuto concludere che l’operazione non aveva interrotto l’attività economica della Sernam e che, pertanto, la finalità dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 non era stata rispettata, mentre invece, secondo la SNCF, detto articolo rendeva possibile il trasferimento dell’attività della Sernam. Così facendo, essa si limita a ribadire in forma succinta argomenti che sono già stati sollevati, analizzati e respinti nell’ambito del primo motivo della presente impugnazione, al quale pertanto rimando.

5)      Sul prezzo del trasferimento

114. In questo caso la SNCF addebita al Tribunale di essersi rifiutato di prendere in considerazione il prezzo di mercato versato per gli attivi della Sernam, sebbene, a suo avviso, tale prezzo sia, «secondo la giurisprudenza, uno dei criteri più importanti per concludere nel senso dell’assenza di continuità economica» (120). Nell’ambito della sua linea argomentativa, la ricorrente si limita a parafrasare il richiamo effettuato dalla Commissione, ai punti 137 e seguenti della decisione Sernam 3, della giurisprudenza relativa alla vendita di attività che abbiano beneficiato di un aiuto. La SNCF insiste in particolare sull’affermazione del Tribunale nella causa CDA (121), secondo la quale, qualora un prezzo di acquisto conforme al mercato sia stato pagato dall’acquirente, non è possibile concludere che quest’ultimo conservasse il godimento effettivo del vantaggio concorrenziale.

115. Orbene, in primo luogo, non sono convinto del fatto che possa essere addebitata al Tribunale la mancata presa in considerazione di tale criterio, in quanto esso ha effettivamente effettuato l’analisi diretta a stabilire se tale criterio fosse stato rispettato nella specie, arrivando a una conclusione negativa.

116. In secondo luogo, la SNCF, pur avendo ricordato, certo a ragione, che il criterio del prezzo di mercato è uno dei più importanti, ha forse dimenticato che esso non è in ogni caso un criterio sufficiente per concludere nel senso dell’assenza di continuità economica, cosicché, anche qualora potesse essere individuato un errore di diritto nell’analisi del Tribunale relativa al criterio del prezzo pagato nel contesto dell’analisi della continuità economica, tale errore non sarebbe sufficiente per far venire meno detta analisi nel suo complesso e, ancor meno, per annullare, come richiesto dalla ricorrente, la sentenza impugnata.

117. In terzo luogo, facendo riferimento anche ai punti della sentenza SMI (122) in cui la Corte ha parimenti preso in considerazione la natura della procedura svolta per pervenire all’attribuzione all’asserito prezzo di mercato, la SNCF non contesta la correlazione, stabilita dal Tribunale al punto 255 della sentenza impugnata, fra il requisito di una procedura aperta e trasparente, da un lato, e il requisito di un prezzo di mercato, dall’altro. Orbene, risulta dall’analisi condotta nell’ambito del secondo motivo della presente impugnazione che la procedura che doveva portare alla vendita degli attivi in blocco della Sernam non presentava tutte le caratteristiche di una procedura aperta e trasparente.

6)      Conclusione sul quinto motivo

118. Poiché nessuna delle censure dedotte nell’ambito di questo quinto motivo può essere accolta, esso deve essere respinto.

6.      Sul sesto motivo, relativo ad un errore di diritto, ad un’insufficienza di motivazione e ad uno snaturamento dei fatti in cui il Tribunale sarebbe incorso statuendo che il principio dell’investitore privato non era applicabile alla cessione degli attivi in blocco della Sernam

a)      La sentenza impugnata

119. Il sesto motivo è diretto avverso i punti 283 e seguenti della sentenza impugnata, con i quali il Tribunale ha esaminato la prima parte del sesto motivo del ricorso di annullamento (123), relativo al fatto che la Commissione sarebbe incorsa in un errore di diritto dichiarando l’inapplicabilità del criterio dell’investitore privato alla presente fattispecie.

120. Il Tribunale ha ricordato che la decisione della Commissione di non applicare il criterio dell’investitore privato si fonda su due motivi enunciati ai punti 154 e 155 della decisione Sernam 3, e ha anzitutto esaminato gli argomenti della SNCF relativi al secondo motivo (124), secondo il quale la Commissione aveva considerato che il prezzo negativo concordato tra la SNCF e la Financière Sernam dimostrava che si era in presenza della cessione di un’attività in perdita, la quale non poteva essere l’equivalente di una misura compensativa, e che il prezzo negativo corrispondeva a un aiuto al funzionamento, per sua natura inidoneo a ridurre le distorsioni della concorrenza. La non corretta attuazione delle misure compensative enunciate all’articolo 3 della decisione Sernam 2 ha reso inapplicabile, per la Commissione, il criterio dell’investitore privato (125).

121. Relativamente a questo secondo motivo, il Tribunale ha anzitutto esaminato la censura vertente sul fatto che la vendita degli attivi in blocco non costituiva un’alternativa alle misure compensative previste all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione Sernam 2 (126). A tal riguardo, in primo luogo, il Tribunale ha ricordato che l’articolo 3, paragrafo 2, di detta decisione costituiva l’attuazione di una delle due condizioni alternative di compatibilità dell’aiuto alla ristrutturazione proposte dalla Commissione e un’alternativa equivalente alle condizioni previste al paragrafo 1, in quanto i due paragrafi avrebbero perseguito esattamente la medesima finalità compensativa delle distorsioni della concorrenza (il ritiro dal mercato del trasporto su strada, gravato da un eccesso di capacità, nello scenario preso in considerazione all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione Sernam 2, o la fine dell’attività sovvenzionata della Sernam nel caso di un’attuazione dell’articolo 3, paragrafo 2, di detta decisione, vale a dire di una vendita degli attivi in blocco della Sernam). Il Tribunale ne conclude che la vendita degli attivi in blocco della Sernam può essere considerata un equivalente delle misure di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione Sernam 2 (127). In secondo luogo, il Tribunale ha respinto l’argomento della SNCF, secondo cui era la continuazione della Sernam nella sua veste giuridica anteriore alla cessione a giustificare il rispetto delle misure compensative di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione Sernam 2, affermando che era il mantenimento dell’attività economica del beneficiario dell’aiuto alla ristrutturazione sul mercato, e non solo il mantenimento della sua personalità giuridica, che lo giustificava (128). In terzo luogo, il Tribunale ha considerato che, poiché la condizione relativa alla vendita degli attivi in blocco escludeva i passivi, l’eventualità di ottenere un prezzo negativo era esclusa per definizione, senza che fosse necessario esigere dalla Commissione che essa precisasse esplicitamente di non concepire una cessione a prezzo negativo (129). Pertanto, il Tribunale ha respinto la prima censura diretta avverso il punto 155 della decisione Sernam 3.

122. Il Tribunale ha poi risposto alla seconda censura diretta avverso tale punto e relativa al fatto che l’attuazione di una misura compensativa incomberebbe al beneficiario dell’aiuto o allo Stato azionista, ma non allo Stato in quanto autorità pubblica (130). Il Tribunale ha così dichiarato che la vendita degli attivi in blocco della Sernam in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 non rappresentava una decisione che un investitore privato avrebbe preso in condizioni normali di mercato, con una prospettiva di massimizzazione del profitto o di minimizzazione delle perdite conforme alla razionalità economica, in quanto la logica sottesa alle misure compensative consisteva nel prevenire qualsiasi distorsione eccessiva della concorrenza provocata dalla concessione dell’aiuto alla ristrutturazione dichiarato compatibile a determinate condizioni dalla decisione Sernam 2 (131). Il Tribunale ha poi sottolineato che le misure compensative potevano costringere il beneficiario dell’aiuto o il suo azionista ad una soluzione non ottimale sotto il profilo economico – soluzione che non verrebbe presa in considerazione da un investitore privato in una situazione normale di mercato – e ha verificato se tale situazione sussistesse nel caso di specie (132). Esso ne ha desunto che la logica economica della vendita degli attivi in blocco era differente dalla logica di un operatore privato (133). Infine, il Tribunale ha ricordato che l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 non imponeva di cedere una società intera e in perdita, bensì soltanto i suoi attivi aventi un valore economico positivo. L’offerta del gruppo dirigente della Sernam includeva requisiti attinenti alla ricapitalizzazione, alla rinuncia a crediti, nonché alle garanzie da parte del venditore, proprio in quanto la totalità della Sernam era stata venduta con un fabbisogno di finanziamento. Tali misure derivano pertanto direttamente dalla violazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 e non presentano alcun nesso con l’applicazione del criterio dell’investitore privato (134). Di conseguenza, il Tribunale ha respinto anche la seconda censura diretta avverso il punto 155 della decisione Sernam 3.

123. Avendo constatato la legittimità del secondo profilo di motivazione addotto dalla Commissione per rifiutare l’applicazione del criterio dell’investitore privato, il Tribunale ha statuito che non occorreva più esaminare gli altri argomenti concernenti il primo profilo di motivazione, relativo al contesto cosiddetto «di recupero» degli aiuti di Stato (135).

b)      Sulla prima parte del sesto motivo

1)      Sintesi degli argomenti delle parti

124. La SNCF sostiene che il Tribunale, limitandosi a riportare la motivazione della decisione Sernam 3 che illustra le ragioni per le quali la Commissione si è rifiutata di applicare il principio dell’investitore privato avveduto alla cessione degli attivi in blocco della Sernam, non avrebbe risposto alla censura sollevata secondo cui le motivazioni addotte sono antinomiche. Infatti, secondo la SNCF, anche se la cessione degli attivi in blocco costituisce una misura compensativa, essa interverrebbe come condizione di compatibilità dell’aiuto alla ristrutturazione della Sernam. Essa ne desume che l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, il quale fissa le suddette condizioni, non può considerarsi come iscriventesi in una situazione di recupero dell’aiuto. La Commissione non avrebbe potuto rifiutarsi di applicare il principio dell’investitore privato a causa dell’asserita esistenza di una situazione di recupero. Orbene, al punto 312 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha preso posizione su tale censura, dichiarando che «non occorre[va] più esaminare gli altri argomenti concernenti il primo motivo dedotto dalla Commissione per giustificare l’inapplicabilità del criterio dell’investitore privato, relativo al contesto cosiddetto “di recupero” degli aiuti di Stato». Tale mancanza di risposta inficerebbe la motivazione della sentenza impugnata.

125. Nella sua memoria di replica, la SNCF addebita infine al Tribunale di non essersi pronunciato sulla contraddittorietà di motivazione sulla quale si fondava la decisione della Commissione di non applicare il criterio dell’investitore privato, dal momento che la Commissione non poteva considerare tale criterio inapplicabile, al tempo stesso, a causa dell’esistenza di una situazione di recupero (la quale suggerisce che l’aiuto è incompatibile) e a causa dell’esistenza di una misura compensativa (la quale suggerisce che l’aiuto è compatibile).

126. La Commissione conclude per il rigetto di questa prima parte del motivo.

2)      Analisi

127. Risulta dai punti 154 e 155 della decisione Sernam 3 che la Commissione ha considerato che non si dovesse applicare il criterio dell’investitore privato operante in un’economia di mercato al fine di sottrarre, se del caso, le misure previste dal protocollo d’intesa del 21 luglio 2005 alla qualificazione come aiuti di Stato, in quanto essa riteneva, da un lato, che tali misure fossero state adottate «in una situazione di recupero dell’aiuto» (136), dall’altro, che la vendita degli attivi in blocco della Sernam prevista all’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 fosse concepita come un equivalente delle misure compensative, tenendo presente che risultava dagli Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (137) che la cessione di un’attività in perdita non può essere considerata una misura del genere, cosicché il prezzo negativo pagato in occasione della cessione della Sernam corrispondeva ad un aiuto al funzionamento all’impresa, per sua natura inidoneo a ridurre le distorsioni della concorrenza (138).

128. L’analisi effettuata dal Tribunale ha rispettato tale struttura, pur invertendone l’ordine di esame. Di conseguenza, il Tribunale ha anzitutto esaminato gli argomenti della ricorrente connessi al profilo di motivazione attinente all’inapplicabilità del criterio dell’investitore privato e figurante al punto 154 della decisione Sernam 3. Come ho ricordato sopra, il Tribunale ha respinto ciascuno degli argomenti diretti a contestare la fondatezza di tale punto del preambolo, confermando così che la Commissione aveva correttamente ritenuto di non essere tenuta ad applicare detto criterio alle misure in questione.

129. Orbene, una volta che il Tribunale si era pronunciato in tal senso, la sorte che lo stesso avrebbe riservato agli argomenti della ricorrente diretti avverso il profilo di motivazione contenuto al punto 154 della decisione Sernam 3 non avrebbe più avuto alcuna incidenza sul trattamento della censura relativa al fatto che la Commissione sarebbe incorsa in un errore di diritto nel dichiarare inapplicabile il criterio dell’investitore privato, cosicché tali argomenti sarebbero divenuti inoperanti. È per questa ragione che il Tribunale, senza incorrere nel proprio ragionamento in un difetto di motivazione o in un rifiuto di statuire, ha ritenuto che non occorresse più esaminare gli argomenti relativi al primo profilo di motivazione addotto dalla Commissione per giustificare l’inapplicabilità del criterio dell’investitore privato nell’asserito contesto di recupero degli aiuti di Stato.

130. Quanto all’addebito mosso al Tribunale di non aver rilevato né censurato la contraddizione fra i due profili di motivazione sui quali la Commissione si era fondata per considerare inapplicabile il criterio dell’investitore privato, e che è stato formulato dalla SNCF in sede di memoria di replica, mi limiterò a constatare che una siffatta contraddizione non è stata fatta valere dinanzi al Tribunale. In ogni caso, come rilevato dalla Commissione, la decisione Sernam 2 è una decisione dai molteplici aspetti, la quale si inserisce in un contesto che riguarda, al tempo stesso, il recupero dell’aiuto di EUR 41 milioni e la condizionalità dell’aiuto alla ristrutturazione. Non può pertanto essere addebitata al Tribunale la mancata individuazione di una contraddizione che non solo non esiste, ma che, inoltre, risulta non essere stata fatta valere dinanzi a tale giudice.

131. Di conseguenza, la prima parte del sesto motivo deve essere respinta.

c)      Sulla seconda parte del sesto motivo

1)      Sintesi degli argomenti delle parti

132. La SNCF sostiene che il Tribunale, convalidando l’approccio seguito dalla Commissione secondo cui, poiché la cessione degli attivi era prevista quale misura compensativa, il principio dell’investitore privato non era applicabile, avrebbe gravemente snaturato la decisione Sernam 2. A tal riguardo, la ricorrente deduce quattro censure.

133. In primo luogo, l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 prevedeva che la cessione in blocco degli attivi della Sernam dovesse avere luogo ad un prezzo di mercato e al termine di una procedura di gara trasparente ed aperta, ciò che equivarrebbe esattamente ad applicare il principio dell’investitore privato, il quale si porrebbe così al centro stesso di detto articolo. Il Tribunale avrebbe pertanto snaturato i fatti e il contenuto della decisione Sernam 2 sostituendovi la propria motivazione.

134. In secondo luogo, il Tribunale, dichiarando che la cessione degli attivi in blocco della Sernam doveva escludere tutti i passivi e che, di conseguenza, l’eventualità di ottenere un prezzo negativo era, per definizione, esclusa, avrebbe snaturato la decisione Sernam 2, come sostenuto dalla ricorrente nell’ambito del primo motivo. Inoltre, prescrivendo che la cessione degli attivi in blocco della Sernam venisse realizzata al prezzo di mercato, e dal momento che tale prezzo può senz’altro risultare negativo (139), l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 non avrebbe mai imposto che la cessione avesse luogo ad un prezzo nullo o positivo, cosicché il Tribunale avrebbe aggiunto una condizione non prevista da detto articolo, snaturandolo.

135. In terzo luogo, il Tribunale, statuendo, al punto 100 della sentenza impugnata, che il solo requisito imposto dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 era che il prezzo pagato fosse un prezzo di mercato, e poi, al punto 301 della medesima sentenza, che il prezzo di vendita non poteva, per definizione, essere negativo, avrebbe inficiato la propria sentenza con una motivazione contraddittoria.

136. In quarto luogo, anche ammettendo che occorra fare ricorso ad un’interpretazione teleologica dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, il carattere negativo o positivo del prezzo di mercato non avrebbe, da questo punto di vista, alcuna incidenza. La SNCF richiama, a tal riguardo, il punto 217 della decisione Sernam 2, ai sensi del quale emergerebbe in maniera evidente la finalità consistente nel consentire ad un terzo, tramite la cessione degli attivi in blocco della Sernam, di rilevare le quote di mercato della Sernam, cosicché quest’ultima non opererebbe più sul mercato nella sua veste giuridica anteriore. Il fatto che tale cessione abbia luogo ad un prezzo negativo o positivo sarebbe, alla luce di tale finalità, indifferente. Le quote di mercato occupate dalla Sernam sarebbero state effettivamente liberate a favore di un acquirente indipendente, tramite un prezzo di mercato risultante da una gara trasparente e aperta. Il Tribunale, statuendo che la cessione degli attivi in blocco della Sernam non poteva, per definizione, essere realizzata attraverso un prezzo negativo, avrebbe dunque snaturato la decisione Sernam 2.

137. Nella replica, la SNCF aggiunge che la Commissione, alla luce del contenuto della sua recente comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato (140), non poteva affermare che il criterio dell’investitore privato non si confondeva con la condizione della vendita ad un prezzo di mercato mediante una procedura aperta e trasparente, atteso che il principio stesso dell’investitore privato nell’ambito di una vendita di attivi da parte di un’impresa pubblica imporrebbe di raggiungere un prezzo di mercato, la cui esistenza può essere presunta qualora esso sia il risultato di una siffatta procedura aperta e trasparente. Inoltre, la SNCF sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, la cessione di un solo elemento di attivo potrebbe rivestire un prezzo negativo, e che il valore globale di attivi ceduti in blocco poteva, nella specie, risultare anch’esso negativo, considerato il carattere strutturalmente in perdita dell’attività e degli obblighi connessi a tale cessione.

138. La Commissione ritiene, da parte sua, che questa seconda parte del motivo debba essere respinta.

2)      Analisi

139. Nell’ambito di questa seconda parte del motivo, la SNCF addebita, in sostanza, al Tribunale di avere snaturato l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, in quanto: 1) detto giudice non avrebbe considerato che detto articolo, esigendo che la cessione avesse luogo ad un prezzo di mercato al termine di una procedura aperta e trasparente, portava già in sé i germi dell’applicazione del criterio dell’investitore privato; 2) detto giudice avrebbe interpretato tale articolo nel senso che esigeva la cessione dei soli attivi della Sernam e che tale cessione non poteva essere realizzata ad un prezzo negativo; e 3) neanche l’interpretazione teleologica accolta dal Tribunale sarebbe idonea a giustificare l’esclusione, da parte del giudice, di una vendita a prezzo negativo. Inoltre, la SNCF addebita al Tribunale una motivazione contraddittoria.

140. Il Tribunale ha affermato, al punto 292 della sentenza impugnata, che l’applicabilità del criterio dell’investitore privato dipende dal fatto che lo Stato membro conceda, nella sua qualità di azionista e non nella sua mera qualità di potere pubblico, un vantaggio economico ad un’impresa a esso appartenente, fermo restando che gli interventi dello Stato diretti ad onorare gli obblighi che gli incombono come autorità pubblica non si possono paragonare a quelli di un investitore privato operante in economia di mercato. In particolare, possono risultare pertinenti a tale riguardo, la natura e l’oggetto di tale misura, il contesto in cui essa si colloca e l’obiettivo perseguito, nonché le regole cui detta misura è soggetta (141).

141. Giova ricordare che l’applicazione di tale criterio «è volta a determinare se il vantaggio economico concesso ad un’impresa pubblica, sotto qualsivoglia forma, per mezzo di risorse statali sia tale, in considerazione dei suoi effetti, da falsare o rischiare di falsare la concorrenza e pregiudicare gli scambi tra gli Stati membri» (142). Così, il test dell’investitore privato verrà effettuato soltanto se il vantaggio è stato accordato dallo Stato nella sua qualità di azionista, avendo la Corte statuito che «un beneficio economico (…) dev’essere valutato con riguardo al criterio dell’investitore privato, qualora, in esito ad una valutazione globale, emerga che lo Stato membro interessato [ha] nondimeno concesso detto beneficio, malgrado l’impiego di mezzi attinenti ai poteri pubblici, nella sua qualità di azionista dell’impresa ad esso appartenente» (143). Pertanto, «l’applicabilità del criterio dell’investitore privato ad un intervento pubblico dipende non dalla forma in cui il beneficio è stato concesso, ma dalla qualificazione di detto intervento in quanto decisione adottata da un azionista dell’impresa di cui trattasi» (144).

142. Orbene, nel contesto della presente causa, è giocoforza constatare che giustamente il Tribunale, in conformità a quanto risulta dai paragrafi 46 e seguenti delle presenti conclusioni, ha confermato la finalità compensativa dello scenario prospettato dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2. La vendita degli attivi in blocco della Sernam si presentava effettivamente come un’alternativa al riorientamento delle sue attività previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, di questa stessa decisione, essendo l’articolo 3 interamente dedicato alle condizioni che dovevano essere rispettate affinché l’aiuto alla ristrutturazione concesso dalla Sernam fosse compatibile. La cessione in blocco dei suoi attivi è dunque intervenuta unicamente in quanto la decisione Sernam 2 la imponeva come alternativa. Poco rileva, pertanto, che il contenuto stesso dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 rifletta, come affermato dalla SNCF, una presunta applicazione del principio dell’investitore privato. Esigere che misure compensative siano attuate in condizioni intese a ripristinare una concorrenza sana rientra nell’essenza stessa della compensazione, ma lascia impregiudicato il ruolo rivestito dallo Stato al momento della loro attuazione. Inoltre, risulta parimenti dall’analisi elaborata supra che la vendita degli attivi in blocco della Sernam doveva essere effettuata con esclusione di qualsiasi passività. Se è vero che un prezzo di mercato può effettivamente rivelarsi un prezzo negativo, la ricorrente non ha dimostrato che, qualora fossero stati ceduti unicamente gli attivi della Sernam, il loro prezzo sarebbe stato, malgrado tutto, negativo. A tal riguardo, occorre ugualmente segnalare che l’argomento riassunto al paragrafo 137 delle presenti conclusioni contraddice direttamente le affermazioni formulate dalla SNCF nell’udienza dinanzi al Tribunale e riportate al paragrafo 84 di queste conclusioni. Inoltre, se il Tribunale ha ritenuto che, nella specie, il prezzo di mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 non potesse necessariamente essere negativo, è perché esso ha giustamente considerato che la Commissione prevedeva, a titolo di compensazione, che solo gli attivi della Sernam fossero ceduti. Contrariamente a quanto sostenuto dalla SNCF, il Tribunale non ha aggiunto alcuna condizione all’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2. Per queste stesse ragioni, deve essere respinto l’argomento relativo ad una presunta contraddizione di motivazione tra i punti 100 e 301 della sentenza impugnata. Inoltre, per quanto attiene all’argomento relativo ad un’interpretazione teleologica dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2, ribadisco che la finalità perseguita da tale articolo è già stata esaminata ai paragrafi 46 e seguenti delle presenti conclusioni. Non è allora difficile capire perché un prezzo negativo – il quale presupponeva una ricapitalizzazione della Sernam da parte della SNCF, e dunque una nuova iniezione di liquidità – si scontrasse frontalmente con la finalità compensativa perseguita.

143. Infine, occorre rispondere all’argomento della SNCF che, basandosi sull’ultima versione in vigore degli Orientamenti della Commissione sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, fa valere che le misure compensative strutturali devono, in linea di principio, assumere la «forma di cessioni di rami aziendali redditizi in funzionamento che, se gestiti da un acquirente idoneo, possono a lungo termine competere in modo efficace» (145). A parte il fatto che tale argomento non è stato sollevato dinanzi al Tribunale, reputo la sua invocazione assolutamente rivelatrice della distorsione della linea argomentativa della SNCF nell’ambito della presente impugnazione, la quale sembra prescindere totalmente dalla globalità della situazione e si basa sulla premessa secondo cui gli attivi sarebbero stati ceduti in modo del tutto conforme alle condizioni fissate dalla decisione Sernam 2 e l’insieme delle misure adottate avrebbe avuto come effetto di limitare, come richiesto, le distorsioni della concorrenza. Orbene, ciò non è avvenuto, segnatamente a causa – come abbiamo visto – dell’oggetto del trasferimento, dell’identità dell’acquirente e della natura della procedura seguita. Date tali circostanze, il prezzo negativo pagato, il quale, in un altro contesto, potrebbe forse rivelarsi perfettamente giustificato, appare qui come un indizio che viene ad aggiungersi al gruppo degli altri, già sostanzioso, che indica che le autorità francesi, per il tramite della SNCF, non si sono comportate come il diritto dell’Unione imponeva loro di fare.

144. Di conseguenza, poiché il ragionamento del Tribunale non è stato inficiato da alcuno snaturamento o da alcuna contradditorietà di motivazione, la seconda parte del sesto motivo deve essere respinta.

d)      Sulla terza parte del sesto motivo

1)      Sintesi degli argomenti delle parti

145. La terza parte verte su diversi errori di diritto dovuti all’asserita inapplicabilità del criterio dell’investitore privato avveduto nella misura in cui la cessione degli attivi in blocco della Sernam avrebbe costituito l’equivalente di una misura compensativa. Secondo la SNCF, l’attuazione di una siffatta misura incombe al beneficiario dell’aiuto, il quale può indifferentemente essere un’impresa pubblica o privata, e non lo Stato quale autorità pubblica. Nulla giustificherebbe il rigetto dell’applicazione del criterio dell’investitore privato in occasione dell’attuazione di una misura compensativa. Statuendo diversamente, il Tribunale avrebbe violato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. La SNCF richiama la giurisprudenza classica relativa al controllo esercitato dal giudice in materia di aiuti di Stato, nonché sugli elementi costituitivi di detti aiuti (146), e i fatti che hanno dato luogo alla sentenza ING (147), nella quale la Corte ha dichiarato che il fatto che l’apporto di capitale iniziale a favore di un’impresa in difficoltà, effettuato dallo Stato, costituisse un aiuto di Stato, non contrastava con l’obbligo dello Stato di comportarsi come un investitore privato avveduto, obbediente ad un’esigenza di razionalità economica, nella fase della modifica delle condizioni di rimborso dell’apporto di capitale.

146. Il Tribunale dunque sarebbe incorso in un manifesto errore di diritto statuendo, ai punti 306 e 307 della sentenza impugnata, che, poiché la logica delle misure compensative consisteva nel prevenire qualsiasi distorsione eccessiva della concorrenza, tali misure potevano imporre tanto al beneficiario dell’aiuto quanto al suo azionista una soluzione non ottimale sotto il profilo della pura redditività finanziaria, soluzione che non verrebbe presa in considerazione da un investitore privato in una situazione normale di mercato. Infatti, se, adottando la decisione Sernam 2, la Commissione si aspettava dalla SNCF che essa realizzasse un obiettivo specifico, quest’ultima, nella sua veste di azionista della Sernam, doveva comportarsi in maniera economicamente razionale per conseguire tale obiettivo, come farebbe un qualsiasi azionista privato. A tal riguardo, la SNCF rammenta che la giurisprudenza della Corte (148) tiene conto del fatto che gli investitori privati sono soggetti ad obblighi o vincoli legali e adottano il comportamento maggiormente razionale sotto il profilo economico. L’obiettivo consistente nell’attuazione di misure compensative non assomiglierebbe ad un obbligo gravante sui pubblici poteri, ma si applicherebbe a qualsiasi beneficiario, privato o pubblico, di un aiuto di Stato alla ristrutturazione. Nella specie, il comportamento della SNCF dovrebbe pertanto essere paragonato a quello di un azionista privato che si trovi nella stessa situazione, vale a dire un azionista tenuto a cedere gli attivi in blocco di una controllata che ha beneficiato di un aiuto alla ristrutturazione, cosicché la Commissione non poteva sottrarsi al proprio obbligo di esaminare la razionalità economica delle misure controverse (149). Tale requisito di razionalità economica deve parimenti imporsi in presenza di un’impresa pubblica. Sarebbe evidente, alla luce del fatto che una liquidazione giudiziaria si sarebbe rivelata più dispendiosa dell’attuazione di tale misura compensativa, che un azionista privato avrebbe agito come la SNCF. Pertanto, quest’ultima sostiene che il Tribunale avrebbe violato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE statuendo, al punto 309 della sentenza impugnata, che «la logica compensativa della vendita [degli attivi] in blocco della Sernam (…) si discosta dalla logica di un operatore privato che tenti di massimizzare i propri profitti o, nella specie, di minimizzare le proprie perdite». Il Tribunale avrebbe dovuto constatare che la Commissione aveva l’obbligo di valutare la razionalità economica di tutte le misure adottate dalla SNCF al momento della cessione degli attivi in blocco della Sernam. Esso non avrebbe dunque potuto statuire che l’iscrizione di crediti al passivo della liquidazione giudiziaria della Sernam da parte della SNCF concedeva un vantaggio alla Sernam Xpress e poi alla Financière Sernam senza applicare il criterio dell’investitore privato (150). Analogamente, il Tribunale non poteva escludere l’applicazione del principio dell’investitore privato alle garanzie di passivo concesse al cessionario al momento della vendita degli attivi in blocco della Sernam senza stabilire se siffatte garanzie sarebbero state accettabili per un venditore privato in economia di mercato (151). Inoltre, il Tribunale non avrebbe neanche potuto escludere tale applicazione alle misure controverse per il solo motivo che esse derivavano direttamente dalla violazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 e non presentavano dunque alcun nesso con l’applicazione del criterio dell’investitore privato (152), in quanto una siffatta constatazione si fonderebbe sulla premessa erronea che la cessione di attivi in blocco avrebbe consentito l’erogazione di nuovi aiuti di Stato alla Sernam Xpress e alla Financière Sernam.

147. In sede di replica, la SNCF aggiunge che, se l’obbligo gravante su un investitore privato di cedere gli attivi in blocco di un’impresa venisse imposto al predetto dall’autorità pubblica in considerazione di aiuti di Stato di cui esso avrebbe beneficiato, sarebbe evidente che tale investitore privato vi adempirebbe nel modo economicamente più razionale e che, in forza del principio di parità di trattamento, un’impresa pubblica dovrebbe poter fare lo stesso. In risposta alla Commissione, secondo la quale tale principio non sarebbe applicabile nella specie per il fatto che qualsiasi decisione di compatibilità condizionale di un aiuto è diretta allo Stato, al quale incombe imporre all’impresa beneficiaria di un aiuto il rispetto delle misure compensative, la SNCF replica che risulterebbe dagli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (153) che spetta all’impresa attuare il piano di ristrutturazione e assolvere qualunque altro obbligo previsto dalla decisione della Commissione (154). Infine, la SNCF insiste sulla rilevanza, nonostante le palesi differenze sotto il profilo dei fatti fra tali sentenze e la presente impugnazione, delle sentenze EDF e ING (155) per risolvere la questione di principio sollevata nell’ambito di questa parte del sesto motivo.

148. Di conseguenza, la SNCF afferma che, rifiutando l’applicazione del criterio dell’investitore privato alla cessione degli attivi in blocco della Sernam per il fatto che l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 aveva ad oggetto una misura compensativa, il Tribunale sarebbe incorso nella sua sentenza in diversi errori di diritto.

149. La Commissione conclude per il rigetto di questa terza parte del sesto motivo.

2)      Analisi

150. La questione sollevata nella specie è se il quadro compensativo caratterizzante le misure controverse adottate fosse sufficiente per escludere l’applicabilità del criterio dell’investitore privato, atteso che, alla fine, l’effetto di dette misure è risultato estremamente lontano dalla finalità compensativa perseguita dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2.

151. Ricordo che, ai punti 152 e seguenti della decisione Sernam 3, la Commissione ha esaminato le misure previste dal protocollo del 21 luglio 2005 (156), segnatamente per il fatto che esse sono intervenute sebbene la Commissione esigesse l’attuazione di misure compensative affinché l’aiuto alla ristrutturazione della Sernam potesse essere considerato compatibile.

152. Il ruolo dello Stato azionista di un’impresa, da un lato, e quello dell’impresa che opera in quanto potere pubblico, dall’altro, devono essere tenuti distinti, e l’applicabilità del criterio dell’investitore privato «dipende, in definitiva, dal fatto che lo Stato membro interessato concede, nella sua qualità di azionista e non nella sua qualità di potere pubblico, un vantaggio economico ad un’impresa a esso appartenente» (157). Come ho ricordato, risulta dalla sentenza EDF che spetta alla Commissione «operare una valutazione globale prendendo in considerazione, oltre agli elementi forniti dallo Stato membro [di cui trattasi], qualsiasi altro elemento pertinente nella specie che le consenta di accertare se la misura de qua sia riconducibile alla qualità di azionista o a quella di potere pubblico dello Stato membro medesimo. In particolare, possono risultare pertinenti a tal riguardo (…) la natura e l’oggetto di tale misura, il contesto in cui essa si colloca, nonché l’obiettivo perseguito e le regole cui la misura stessa sia soggetta» (158). In altre parole, l’applicabilità del criterio dell’investitore privato dipende dalla qualificazione dell’intervento pubblico come decisione adottata da un azionista dell’impresa di cui trattasi (159).

153. Non sono persuaso del fatto che la sentenza ING (160) sia sufficiente, di per sé sola, per risolvere la questione qui in esame, in quanto il contesto in cui è stata pronunciata era relativamente circoscritto e, in ogni caso, privo di relazione con la finalità compensativa che qualsiasi attuazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 doveva perseguire. Inoltre, nella decisione della Commissione che costituiva l’oggetto del ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale nella causa ING, la Commissione aveva analizzato separatamente le due misure (l’aiuto iniziale, da un lato, e le modifiche delle condizioni di rimborso, dall’altro) (161).

154. In concreto, la questione esaminata in quella sentenza era se la Commissione potesse sottrarsi al proprio obbligo di esaminare la razionalità economica della modifica delle condizioni di rimborso alla luce del criterio dell’investitore privato, adducendo come unico motivo che l’apporto di capitale oggetto del rimborso costituiva già di per sé un aiuto di Stato (162). In quella causa dunque nulla viene detto in merito all’applicabilità del criterio dell’investitore privato in un contesto di natura compensativa vero e proprio, ma essa ha fornito alla Corte l’occasione per confermare la natura dell’analisi che deve essere effettuata dalla Commissione per stabilire se tale criterio sia applicabile.

155. Ciò che le sentenze EDF e ING (163) ci insegnano è dunque che la Commissione deve valutare la situazione in maniera globale, ciò che il Tribunale ha perfettamente ricordato al punto 292 della sentenza impugnata, e poi verificato.

156. Rilevo anzitutto che, nell’ambito della sua linea argomentativa dedicata a questa terza parte del sesto motivo, la SNCF ammette che il suo intervento attraverso le diverse misure prese in considerazione supra si è svolto in un contesto di attuazione di misure compensative su esplicita richiesta della Commissione. Come ho parimenti rammentato nell’ambito dell’esame del primo motivo, le misure compensative imposte dalla Commissione, e il cui rispetto condiziona la compatibilità dell’aiuto alla ristrutturazione della Sernam, sono contenute in una decisione di cui lo Stato è destinatario, e perseguono l’obiettivo di attenuare la distorsione della concorrenza provocata dalla concessione dell’aiuto. Dal momento che, come ricordato dalla Commissione nei suoi scritti difensivi, le misure compensative sono intese a «privare il beneficiario di una parte del suo vantaggio concorrenziale» e al «parziale ripristino della situazione concorrenziale», esse sono dunque imposte più nell’interesse pubblico che nell’interesse del beneficiario. Inoltre, in accordo con la Commissione, sono incline a ritenere che le misure adottate in forza dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 avessero riguardato, inizialmente, l’obbligo di attuazione del piano di ristrutturazione, alle condizioni stabilite dalla Commissione, affinché l’aiuto alla ristrutturazione, che costituisce innegabilmente, per sua natura, un atto dei pubblici poteri, fosse compatibile.

157. In tali circostanze, e senza voler con questo ratificare una qualsivoglia presunzione, mi sembra che da un’analisi globale della situazione nei termini richiesti dalla giurisprudenza – vale a dire alla luce della natura e dell’oggetto delle misure, del contesto, dell’obiettivo perseguito e delle regole cui tali misure sono soggette – emerga chiaramente che lo Stato francese azionista della SNCF non è qui intervenuto in questa veste.

158. La ricorrente invoca, nella sua replica, una violazione della parità di trattamento fra le imprese pubbliche e le imprese private. Tale allegazione risulta tardiva, quantomeno nella misura in cui gli scritti difensivi della SNCF dinanzi al Tribunale non ne fanno alcuna menzione. In ogni caso, ho difficoltà ad individuare una siffatta violazione. Il rappresentante della SNCF ha presentato la sua linea argomentativa nei seguenti termini all’udienza dinanzi alla Corte: un’impresa pubblica che pagasse un prezzo negativo in occasione di una cessione non rispetterebbe l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 – ciò che comporterebbe le conseguenze giuridiche già note sulla compatibilità dell’aiuto iniziale –, ma essa si vedrebbe altresì contestare di aver accordato un nuovo aiuto di Stato; invece, un’impresa privata, alla quale lo Stato potere pubblico imponesse di attuare misure compensative sul fondamento di una decisione della Commissione, non rispetterebbe neanch’essa, pagando un prezzo negativo, la condizione relativa alla compatibilità – ciò che comporterebbe la stessa conseguenza giuridica –, ma in nessun caso potrebbe vedersi contestare di aver accordato un nuovo aiuto, in quanto tale prezzo negativo sarebbe stato pagato con capitali privati. In altre parole, in presenza di misure compensative attuate da un’impresa privata, l’esistenza stessa di un aiuto nuovo sarebbe impossibile, ed è qui che sussisterebbe la disparità di trattamento.

159. Devo ammettere che trovo questo ragionamento spinto all’assurdo, dal momento che, per definizione, per natura, in assenza di impegno di fondi pubblici, non si può parlare di aiuti di Stato. Di conseguenza, la comparazione, nei termini in cui è stata presentata dalla SNCF, non mi sembra pertinente, tanto più che essa si focalizza sul carattere negativo del prezzo di vendita, quando invece non si tratta dell’unico addebito con riferimento alle condizioni stabilite all’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2.

160. Per tutte queste ragioni, anche la terza parte del sesto motivo deve essere respinta.

e)      Conclusione sul sesto motivo

161. Poiché le tre parti che compongono il sesto motivo sono state tutte respinte, occorre respingere tale sesto motivo nella sua interezza.

7.      Sugli argomenti fatti valere dalla Commissione relativi alla ricevibilità del ricorso in primo grado

162. Nella sua comparsa di risposta, la Commissione allega, in sostanza, che, sebbene essa sostenesse che il ricorso dinanzi al Tribunale era irricevibile, quest’ultimo non ha preso posizione per motivi di economia processuale. Dinanzi alla Corte, la Commissione sostiene che quest’ultima è tenuta a pronunciarsi, se del caso d’ufficio, sul motivo di ordine pubblico relativo alla violazione della condizione di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, secondo la quale un ricorrente può chiedere l’annullamento di una decisione della quale non è destinatario soltanto se la stessa lo riguarda direttamente e individualmente. Orbene, la ricorrente non sarebbe interessata direttamente e individualmente dalla decisione Sernam 3 e si troverebbe, per quanto riguarda la decisione controversa, in una situazione equivalente a quella della società DEFI nella sentenza DEFI/Commissione (164), segnatamente in quanto la SNCF non godeva di autonomia decisionale.

163. Per quanto interessante possa sembrare, la questione, sollevata dalla Commissione, della ricevibilità del ricorso dinanzi al Tribunale non richiede, da parte mia, considerazioni supplementari, per due ragioni essenziali. La prima attiene al fatto che la Commissione non trae alcuna conclusione autonoma dagli argomenti da essa addotti dinanzi alla Corte in relazione alla ricevibilità dell’azione proposta dinanzi al Tribunale. La seconda riguarda il fatto che il Tribunale ha motivato la propria scelta di non pronunciarsi in limine sulla ricevibilità del ricorso con «ragioni di economia del procedimento» (165), fondandosi segnatamente sulla sentenza cosiddetta «Boehringer» (166). Ricordo che la Corte, statuendo nell’ambito di un’impugnazione diretta avverso una sentenza del Tribunale in cui quest’ultimo aveva considerato «che non era necessario pronunciarsi sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio, visto che le conclusioni [delle ricorrenti] dovevano, in ogni caso, essere respinte nel merito» (167), ha statuito che «[s]petta[va] al Tribunale valutare (…) se una corretta amministrazione della giustizia giustificasse, nelle circostanze del caso di specie, il fatto di respingere nel merito il ricorso (…) senza statuire sull’eccezione di irricevibilità» (168). Quali che siano le legittime riserve (169) che possono formularsi dinanzi a una siffatta giurisprudenza – che è stata successivamente trasposta dalla Corte nell’ambito dei ricorsi diretti proposti dinanzi ad essa (170) e dell’esercizio del suo controllo nei giudizi di impugnazione (171) –, è però giocoforza constatare che la Commissione, nell’ambito della presente impugnazione, non ha neanche formulato critiche nei confronti di tale corrente giurisprudenziale. Pertanto, poiché mi accingo a concludere per il rigetto dell’impugnazione, non occorre esaminare di seguito la questione della ricevibilità del ricorso della SNCF dinanzi al Tribunale.

V.      Sulle spese

164. Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese.

165. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, dello stesso regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente risulta, a mio avviso, soccombente nei motivi proposti, deve essere condannata alle spese relative al procedimento di impugnazione, conformemente alla domanda della Commissione.

166. Infine, la Mory SA e la Mory Team sopporteranno le proprie spese, ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 3, del regolamento di procedura della Corte.

VI.    Conclusione

167. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di dichiarare e statuire quanto segue:

1.      L’impugnazione è respinta.

2.      La SNCF Mobilités è condannata a sopportare le spese sostenute dalla Commissione europea.

3.      La Mory SA e la Mory Team sopporteranno le proprie spese.


1      Lingua originale: il francese.


2      Per maggiori informazioni sulla ricorrente, v. punto 1 della sentenza impugnata.


3      T‑242/12, EU:T:2015:1003.


4      GU 2012, L 195, pag. 19.


5      Decisione n. D/288742 concernente l’aiuto di Stato NN 122/00 (ex NJ 140/00) – Francia – Aiuti alla ristrutturazione della SCS SERNAM da parte della SNCF.


6      Per maggiori informazioni sulla Sernam e sul suo sviluppo, v. punti 1 e segg., nonché 20 e 21 della sentenza impugnata. A causa delle diverse denominazioni della Sernam nel corso del procedimento amministrativo (Sernam SCS, Sernam SA), mi limiterò, per comodità, a fare riferimento alla «Sernam», in modo generico, nelle presenti conclusioni.


7      Decisione 2006/367/CE, del 20 ottobre 2004, relativa all’aiuto di Stato parzialmente erogato dalla Francia all’impresa SERNAM (GU 2006, L 140, pag. 1).


8      Il cui testo è riportato al paragrafo 22 delle presenti conclusioni.


9      Per la decisione di avvio, v. GU 2009, C 4, pag. 5.


10      La Sernam SCS (diventata Sernam SA), la Sernam Xpress, la Financière Sernam, nonché la Sernam Services e la Aster, sue controllate, sono parimenti state designate come beneficiarie dell’aiuto: v. articolo 1, paragrafo 1, della decisione Sernam 3.


11      V. articolo 1, paragrafo 3, della decisione Sernam 3. Per una descrizione del processo di cessione, v. punto 22 della sentenza impugnata.


12      Il Tribunale ha infatti reputato erronei il ragionamento seguito dalla Commissione, secondo il quale, essendo il prezzo della trasmissione della Sernam negativo, non avrebbe avuto luogo una vendita, nonché la conclusione cui era giunta la Commissione, ossia che l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2 non era stato rispettato (v. punti 94 e segg. della sentenza impugnata).


13      V. punti 70 e 179 della decisione Sernam 2.


14      V. punto 225 della decisione Sernam 2. Sull’evoluzione della situazione fra la decisione Sernam 1 e la decisione Sernam 2, v. tabella riprodotta al punto 223 della decisione Sernam 2.


15      Per il fatto che esso era una conseguenza diretta dell’applicazione abusiva dell’aiuto iniziale: v. punto 179 della decisione Sernam 2. Sull’obbligo di recupero dell’aiuto di EUR 41 milioni, v. anche articolo 4, seconda frase, della decisione Sernam 2.


16      V. punto 208 della decisione Sernam 2.


17      V. punto 209 della decisione Sernam 2.


18      Punto 210 della decisione Sernam 2.


19      V. articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2.


20      V. punto 217 della decisione Sernam 2.


21      V. punto 31 della decisione Sernam 3.


22      In conformità al punto 35 della decisione Sernam 3.


23      Su tutti questi elementi, v. punto 32 della decisione Sernam 3.


24      V. punti da 88 a 131 della decisione Sernam 3.


25      V. punti da 132 a 151 della decisione Sernam 3.


26      Sentenza Germania/Commissione (C‑277/00; in prosieguo: la «sentenza SMI», EU:C:2004:238).


27      Sentenza Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione (C‑328/99 e C‑399/00; in prosieguo: la «sentenza Seleco», EU:C:2003:252).


28      V. punti da 152 a 175 della decisione Sernam 3.


29      V. punto 154 della decisione Sernam 3.


30      Tali garanzie sono illustrate in dettaglio al punto 163 della decisione Sernam 3.


31      V. punto 87 della sentenza impugnata e la giurisprudenza ivi citata. V., parimenti, punto 114 di detta sentenza.


32      Punto 117 della sentenza impugnata.


33      V. punti 118 e 124 della sentenza impugnata.


34      V. punto 119 della sentenza impugnata.


35      V. punto 119 della sentenza impugnata.


36      Punto 194 della sentenza impugnata.


37      Punto 195 della sentenza impugnata.


38      Punto 204 della sentenza impugnata.


39      Ad eccezione di taluni debiti: v. punto 144 della sentenza impugnata.


40      V. punto 144 della sentenza impugnata.


41      Rispettivamente sentenza SMI (punti da 68 a 70) e sentenza del Tribunale del 19 ottobre 2005, CDA Datenträger Albrechts/Commissione (T‑324/00; in prosieguo: la «sentenza CDA», EU:T:2005:364, punto 73).


42      Tale censura viene formulata nella replica della ricorrente.


43      La SNCF cita, a tal riguardo, l’esempio dei cantieri navali polacchi.


44      V. punti 87 e 114 della sentenza impugnata.


45      V. punti 86 e 101 della sentenza impugnata.


46      V. punto 208 della decisione Sernam 2.


47      V. punti 208 e 209 della decisione Sernam 2.


48      Punto 216 della decisione Sernam 2. Il corsivo è mio.


49      Il corsivo è mio.


50      V., ex plurimis, sentenze del 20 gennaio 2011, General Química e a./Commissione (C‑90/09 P, EU:C:2011:21, punto 59 e la giurisprudenza ivi citata), e del 15 gennaio 2014, Commissione/Portogallo (C‑292/11 P, EU:C:2014:3, punto 72 e la giurisprudenza ivi citata).


51      V. punto 194 della sentenza impugnata.


52      V. paragrafo 42 delle presenti conclusioni.


53      V. punto 215 della decisione Sernam 2.


54      Punto 217 della decisione Sernam 2, in fine.


55      Punto 193 della sentenza impugnata.


56      Punto 197 della sentenza impugnata.


57      Punto 194 della sentenza impugnata.


58      Punto 218 della sentenza impugnata.


59      Come rilevato peraltro dal Tribunale al punto 102 della sentenza impugnata.


60      Punto 32 della decisione Sernam 3.


61      La SNCF invoca, a tal riguardo, la decisione del 3 luglio 2001 relativa all’aiuto di Stato al quale la Spagna ha dato esecuzione o che prevede di eseguire in favore della ristrutturazione di Babcock Wilcox España SA (GU 2002, L 67, pag. 50), la decisione del 27 febbraio 2008 relativa all’aiuto di Stato C 46/07 (ex NN 59/07) cui la Romania ha dato esecuzione a favore dell’azienda Automobile Craiova (GU 2008, L 239, pag. 12), il punto 95 della sentenza SMI, nonché il punto 110 della sentenza CDA.


62      GU 2014, L 94, pag. 1.


63      GU 2014, L 94, pag. 65.


64      È, infatti, nell’ambito del terzo motivo della presente impugnazione che la SNCF contesta la constatazione del Tribunale secondo cui l’offerta vincolante del gruppo dirigente della Sernam era assai lontana dall’offerta presentata nella seconda tornata dal consorzio guidato dal candidato n. 5, e molto più svantaggiosa per il venditore.


65       V., inter alia, sentenza del 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione (C‑328/05 P, EU:C:2007:277, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).


66      Sentenza del 29 aprile 2004, Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238).


67      Punto 95 della sentenza SMI.


68      La SNCF rimanda al riguardo al punto 102 della decisione del 3 luglio 2001 relativa all’aiuto di Stato al quale la Spagna ha dato esecuzione o che prevede di eseguire in favore della ristrutturazione di Babcock Wilcox España SA.


69      La SNCF rimanda al riguardo ai punti da 67 a 71 della decisione del 27 febbraio 2008 relativa all’aiuto di Stato C 46/07 (ex NN 59/07) cui la Romania ha dato esecuzione a favore dell’azienda Automobile Craiova.


70      In ogni caso, con l’ammissione, nel corso del procedimento, di un candidato che non vi ha partecipato in maniera autonoma fin dall’inizio, ci si può chiedere anche se, nella specie, ai partecipanti alla procedura siano state effettivamente garantite condizioni identiche per quanto riguarda i termini.


71      E la parte essenziale delle passività: v., segnatamente, paragrafo 48 delle presenti conclusioni.


72      Sulla questione se il diritto dell’Unione osti a che un’amministrazione aggiudicatrice autorizzi un operatore economico – il quale faceva parte di un raggruppamento di due imprese che era stato preselezionato e che aveva presentato la prima offerta in una procedura negoziata di affidamento di un appalto pubblico – a continuare a partecipare in nome proprio a tale procedura in seguito allo scioglimento di detto raggruppamento, segnalo la sentenza del 24 maggio 2016, MT Højgaard e Züblin (C‑396/14, EU:C:2016:347), dalla quale, nonostante differenze sostanziali per quanto riguarda il diritto applicabile al caso sottoposto alla Corte in quella sede, possono trarsi utili elementi.


73      V. punto 167 della sentenza impugnata.


74      V. punto 170 della sentenza impugnata.


75      V. punto 173 della sentenza impugnata.


76      Ciò non sembra peraltro contestato dalla ricorrente, in quanto essa non ha reagito, nella sua memoria di replica, alla posizione espressa dalla Commissione.


77      V. punto 86 dell’impugnazione, in cui la ricorrente si limita ad una formula che utilizza la locuzione «ammesso che».


78      Relativo ad errori di diritto e di fatto commessi dalla Commissione per aver ritenuto che la cessione degli attivi in blocco non avesse rispettato le condizioni poste dall’articolo 3, paragrafo 2, della decisione Sernam 2.


79      V. punti da 155 a 157 della sentenza impugnata.


80      V. punto 158 della sentenza impugnata.


81      Relativa ad errori di diritto e di fatto commessi dalla Commissione per aver affermato, ai punti da 99 a 102 della decisione Sernam 3, che la cessione degli attivi in blocco della Sernam ad un prezzo negativo non costituiva una vendita.


82      Più precisamente, una ricapitalizzazione di EUR 59 milioni, dai quali EUR 2 milioni sono stati detratti e pagati dalla Financière Sernam per l’acquisto degli attivi in blocco della Sernam: v. punto 93 dell’impugnazione.


83      Vale a dire la differenza che può esistere fra il prezzo di acquisto pagato in denaro o in titoli, e il valore degli attivi e passivi esigibili acquisiti considerati individualmente (v. punto 223 della sentenza impugnata).


84      V. punto 93 dell’impugnazione.


85      Punto 155 della sentenza impugnata.


86      Sentenza dell’8 maggio 2003, Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione (C‑328/99 e C‑399/00, EU:C:2003:252).


87      V. punto 240 della sentenza impugnata.


88      V. punto 243 della sentenza impugnata.


89      Rispettivamente sentenza dell’8 maggio 2003, Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione (C‑328/99 e C‑399/00, EU:C:2003:252), sentenza SMI, nonché sentenza CDA.


90      V. punto 246 della sentenza impugnata.


91      Punto 247 della sentenza impugnata; il Tribunale rimanda qui ai punti da 84 a 93 e da 110 a 187 della sentenza impugnata.


92      V. punto 251 della sentenza impugnata.


93      V. punto 252 della sentenza impugnata.


94      V. punto 255 della sentenza impugnata.


95      V. punto 256 della sentenza impugnata.


96      V. punti da 257 a 260 della sentenza impugnata.


97      V. punti 261 e 262 della sentenza impugnata.


98      V. punti da 263 a 265 della sentenza impugnata.


99      V. punti da 266 a 270 della sentenza impugnata.


100      V. punti 271 e 272 della sentenza impugnata.


101      Sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781).


102      V. punti 273 e 274 della sentenza impugnata.


103      Sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781).


104      Punto 278 della sentenza impugnata.


105      La ricorrente si riferisce in proposito alla sentenza del 20 settembre 2001, Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456, punto 77), e al punto 80 della sentenza SMI.


106      Sulla definizione di tali condizioni, la SNCF rimanda alle sentenze del Tribunale del 13 settembre 2010, Grecia e a./Commissione (T‑415/05, T‑416/05 e T‑423/05, EU:T:2010:386, punto 135), e del 28 marzo 2012, Ryanair/Commissione (T‑123/09, EU:T:2012:164, punto 155).


107      Come ricordato dal Tribunale al punto 235 della sentenza impugnata.


108      E illustrate in dettaglio al punto 116 dell’impugnazione.


109      Rispettivamente punti 66, 70, 78, 84, 86, e da 93 a 95 della sentenza SMI e punti da 97 a 99 della sentenza CDA.


110      Corrispondente, essenzialmente, ad aiuti supplementari versati a causa del ritardo del partenariato di Sernam – Geodis, aiuti di cui le autorità francesi hanno informato la Commissione soltanto nella loro relazione annuale del 2002, e senza che tale importo supplementare fosse stato oggetto di una nuova notifica dell’intero dossier (v., segnatamente, punto 176 della decisione Sernam 2).


111      V. punto 37 della decisione Sernam 3.


112      V., in particolare, punto 148 della decisione Sernam 3.


113      V. punto 150 della decisione Sernam 3.


114      V., inter alia, punto 77 della sentenza SMI.


115      Sentenza del 20 settembre 2001, Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456, punto 75).


116      V. punto 277 della sentenza impugnata, che cita la sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781).


117      Alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 234 della sentenza impugnata, e non contestata dalla SNCF, il subentro nei contratti di lavoro fatto valere a più riprese dalla SNCF è parimenti un indizio del fatto che l’oggetto del trasferimento verte su una parte quantomeno sostanziale della Sernam.


118      Il corsivo è mio.


119      V. punto 149 della sentenza impugnata.


120      V. punti 120 e 125 dell’impugnazione.


121      Punti da 97 a 99.


122      Punti da 93 a 95.


123      Relativo ad un errore di diritto commesso dalla Commissione per aver ritenuto che le misure previste dal protocollo d’intesa del 21 luglio 2005 relativo alla cessione degli attivi in blocco della Sernam costituissero aiuti di Stato nuovi a favore della Sernam Xpress‑la Financière Sernam.


124      V. punto 288 della sentenza impugnata.


125      V. punti 287 e 288 della sentenza impugnata.


126      V. punti 293 e segg. della sentenza impugnata.


127      V. punto 297 della sentenza impugnata.


128      V. punti 298 e 299 della sentenza impugnata.


129      V. punti 300 e 301 della sentenza impugnata.


130      V. punti 303 e segg. della sentenza impugnata.


131      V. punti 305 e 306 della sentenza impugnata.


132      V. punti 307 e 308 della sentenza impugnata.


133      V. punto 309 della sentenza impugnata.


134      V. punto 310 della sentenza impugnata.


135      V. punto 312 della sentenza impugnata.


136      Punto 154 della decisione Sernam 3.


137      Comunicazione della Commissione – Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (GU 2004, C 244, pag. 2).


138      V. punto 155 della decisione Sernam 3.


139      La ricorrente invoca al riguardo la sentenza del 28 gennaio 2003, Germania/Commissione (C‑334/99, EU:C:2003:55, punto 133), e la sentenza del Tribunale del 13 maggio 2015, Niki Luftfahrt/Commissione (T‑511/09, EU:T:2015:284, punto 139).


140      Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (GU 2016, C 262, pag. 1, in particolare i punti 74 e 84).


141      V. punto 292 della sentenza impugnata e la giurisprudenza ivi citata.


142      Sentenza del 5 giugno 2012, Commissione/EDF (C‑124/10 P; in prosieguo: la «sentenza EDF», EU:C:2012:318, punto 89).


143      Sentenza del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P; in prosieguo: la «sentenza ING», EU:C:2014:213, punto 30).


144      Punto 31 della sentenza ING.


145      V. punto 80 degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà (GU 2014, C 249, pag. 1). Il corsivo è mio.


146      In particolare, la SNCF richiama le sentenze del 9 dicembre 1997, Tiercé Ladbroke/Commissione (C‑353/95 P, EU:C:1997:596), del 16 maggio 2000, Francia/Ladbroke Racing e Commissione (C‑83/98 P, EU:C:2000:248, punto 25), nonché la sentenza EDF (punto 78).


147      Punti da 32 a 37.


148      In particolare, la sentenza EDF (punto 79).


149      Per analogia, la ricorrente cita la sentenza ING.


150      V. punto 323 della sentenza impugnata.


151      V. punto 327 della sentenza impugnata.


152      V. punto 310 della sentenza impugnata.


153      Citati alla nota 137 delle presenti conclusioni.


154      Al riguardo la ricorrente si fonda, in particolare, sul punto 47 di tali orientamenti.


155      Rispettivamente sentenze del 5 giugno 2012, Commissione/EDF (C‑124/10 P, EU:C:2012:318), e del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213).


156      Vale a dire la ricapitalizzazione della Sernam per EUR 57 milioni e della Sernam Xpress per EUR 2 milioni, la rinuncia a crediti vantati dalla SNCF nei confronti della Sernam per un importo di EUR 38,5 milioni, le garanzie concesse dalla SNCF come l’impegno a completare entro un termine stabilito la preparazione di un sito necessario per l’utilizzo del TBE, la copertura di un eventuale aumento dei canoni di affitto delle nuove sedi operative, la proroga di tre anni del diritto di rientro di ferrovieri distaccati all’interno della Sernam, la proroga di tre anni di un protocollo sociale, nonché la garanzia, da parte della SNCF, della continuità del TBE e del suo accesso.


157      Punti 80 e 81 della sentenza EDF.


158      Punto 86 della sentenza EDF. Il corsivo è mio.


159      Punto 31 della sentenza ING.


160      Sentenza del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213).


161      Ciò ha potuto incidere sulla soluzione adottata: v. paragrafo 39 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2013:870).


162      V. punto 37 della sentenza ING.


163      Rispettivamente sentenze del 5 giugno 2012, Commissione/EDF (C‑124/10 P, EU:C:2012:318), e del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213).


164      Sentenza del 10 luglio 1986 (282/85, EU:C:1986:316).


165      Punto 419 della sentenza impugnata.


166      Sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer (C‑23/00 P, EU:C:2002:118).


167      Sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer (C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punto 51).


168      Sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer (C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punto 52).


169      V. paragrafi 50 e segg. delle conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Philips Lighting Poland e Philips Lighting/Consiglio (C‑511/13 P, EU:C:2015:206).


170      V. sentenza del 23 marzo 2004, Francia/Commissione (C‑233/02, EU:C:2004:173).


171      V. sentenza del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce (C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416, punto 193).