Language of document : ECLI:EU:C:2017:495

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 22 giugno 2017 (1)

Causa C163/16

Christian Louboutin,

Christian Louboutin SAS

contro

Van Haren Schoenen BV

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal rechtbank Den Haag (tribunale dell’Aia, Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Marchi – Direttiva 2008/95/CE – Impedimenti assoluti alla registrazione o motivi di nullità – Motivi applicabili ai segni costituiti dalla forma del prodotto – Articolo 3, paragrafo 1, lettera e), iii) – Segno costituito esclusivamente dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto – Ambito di applicazione – Nozione di “forma” del prodotto – Marchio consistente nel colore rosso applicato alla suola di una scarpa con tacco alto»






 Introduzione

1.        Il rinvio pregiudiziale in esame offre alla Corte l’opportunità di precisare l’ambito di applicazione degli impedimenti assoluti alla registrazione o motivi di nullità con riguardo ai segni cosiddetti «funzionali», di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95/CE (2).

2.        L’applicazione di detti impedimenti o motivi è limitata ai segni costituiti esclusivamente dalla «forma del prodotto». Sarà pertanto opportuno chiarire tale nozione in relazione al marchio del Benelux appartenente allo stilista francese Christian Louboutin, consistente nel colore rosso applicato alla suola di una scarpa con tacco alto.

3.        La domanda è stata proposta nell’ambito di un’azione per contraffazione che oppone il sig. Louboutin e la Société Christian Louboutin SAS (in prosieguo, congiuntamente: «Louboutin») alla Van Haren Schoenen BV (in prosieguo: la «Van Haren») e avente ad oggetto la commercializzazione da parte di quest’ultima di scarpe con suola rossa che violerebbero il marchio Louboutin.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

4.        L’articolo 3 della direttiva 2008/95, intitolato «Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità», così recita:

«1.      Sono esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:

(…)

e)      i segni costituiti esclusivamente:

i)      dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto;

ii)      dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico;

iii)      dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto;

(…)».

5.        La direttiva 2008/95 sarà sostituita dalla direttiva (UE) 2015/2436 (3), il cui termine per il recepimento è previsto per il 14 gennaio 2019. L’articolo 4, paragrafo 1, lettera e), iii), di quest’ultima direttiva si riferisce ai segni costituiti esclusivamente «dalla forma, o altra caratteristica, dei prodotti, che dà un valore sostanziale al prodotto» (4).

 La convenzione Benelux

6.        Il diritto dei marchi nei Paesi Bassi è disciplinato dalla convenzione Benelux sulla proprietà intellettuale (marchi e disegni o modelli), firmata all’Aia il 25 febbraio 2005 dal Regno del Belgio, dal Granducato di Lussemburgo e dal Regno dei Paesi Bassi (in prosieguo: la «convenzione Benelux»).

7.        L’articolo 2.1 della convenzione Benelux, intitolato «Segni suscettibili di costituire un marchio Benelux», dispone segnatamente quanto segue: «(…) tuttavia non possono essere registrati come marchi d’impresa i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto o dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico».

8.        Dalla decisione di rinvio emerge che la suddetta convenzione non è ancora stata modificata ai fini del recepimento della direttiva 2015/2436.

 Controversia nel procedimento principale

9.        Christian Louboutin è uno stilista che crea in particolare scarpe da donna con tacco alto. Tali scarpe presentano la particolarità di avere sempre la suola esterna di colore rosso.

10.      Il 28 dicembre 2009 Louboutin ha depositato un marchio che, il 6 gennaio 2010, ha dato luogo alla registrazione, per prodotti della classe 25, vale a dire «calzature (escluse quelle ortopediche)», del marchio del Benelux n. 0874489 (in prosieguo: il «marchio controverso»). Il 10 aprile 2013 la registrazione è stata oggetto di una modifica, consistente nel limitare i prodotti in questione alle «calzature con tacco alto (escluse quelle ortopediche)».

11.      Il marchio di cui trattasi è descritto come segue: «Il marchio consiste nel colore rosso (Pantone 18 1663TP) applicato alla suola di una scarpa come rappresentata (il contorno della scarpa non fa parte del marchio, ma ha lo scopo di evidenziare la posizione del marchio)». Esso è di seguito riprodotto:

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12.      La Van Haren gestisce negozi di scarpe al dettaglio nei Paesi Bassi. Nel corso del 2012 la Van Haren ha venduto scarpe da donna con tacco alto la cui suola era di colore rosso.

13.      Louboutin ha adito il rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia, Paesi Bassi) chiedendo di constatare la commissione da parte della Van Haren di una contraffazione, domanda che è stata accolta.

14.      Avverso tale sentenza pronunciata in contumacia la Van Haren ha presentato opposizione sulla base dell’articolo 2.1, paragrafo 2, della convenzione Benelux, chiedendo l’annullamento del marchio controverso.

15.      Nella decisione di rinvio, il Rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia) precisa che la linea di difesa della Van Haren consiste nell’affermare che il marchio controverso sarebbe in realtà un marchio bidimensionale, nella fattispecie il colore rosso, che, applicato alle suole delle scarpe, corrisponde alla forma di dette scarpe e conferisce loro un valore sostanziale.

16.      Il giudice del rinvio ritiene che il marchio in questione non sia un semplice marchio bidimensionale, in quanto è inscindibilmente legato alla suola di una scarpa. Egli osserva che, se da un lato è accertato che il marchio controverso coincide con un elemento del prodotto, dall’altro non è chiaro se la nozione di «forma», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), iii), della direttiva 2008/95, sia limitata alle caratteristiche tridimensionali di un prodotto, come i contorni, le dimensioni e il volume, ad esclusione dei colori.

17.      A tal riguardo, secondo detto giudice, qualora si ritenesse che la nozione di «forma» non riguardi i colori di un prodotto, gli impedimenti alla registrazione di cui al menzionato articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sarebbero inapplicabili, cosicché un soggetto potrebbe ottenere la tutela senza limiti di tempo per marchi contenenti un colore risultante da una funzionalità del prodotto, per esempio abbigliamento di sicurezza riflettente o bottiglie dotate di un rivestimento isolante.

 Questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

18.      In tal contesto, il Rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la nozione di forma, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), iii), della direttiva [2008/95] sia limitata alle caratteristiche tridimensionali del prodotto come contorni, dimensioni e volume (che possono essere espressi in tre dimensioni), oppure se tale disposizione riguardi anche altre caratteristiche (non tridimensionali) del prodotto, come il colore».

19.      La decisione di rinvio è pervenuta alla cancelleria della Corte il 21 marzo 2016. Osservazioni scritte sono state depositate dalle parti del procedimento principale, dai governi tedesco, ungherese, portoghese e finlandese e dalla Commissione europea. Hanno partecipato all’udienza, tenutasi il 6 aprile 2017, le parti del procedimento principale, il governo tedesco e la Commissione.

 Analisi

 Osservazioni preliminari

20.      Il regime di tutela dei marchi costituisce, da una parte, un elemento indispensabile del sistema concorrenziale che il diritto dell’Unione intende stabilire e conservare. D’altra parte, il marchio registrato conferisce al titolare, per prodotti o servizi determinati, un diritto esclusivo che gli consente di monopolizzare il segno registrato come marchio senza limiti di tempo (5).

21.      Se è vero che, in generale, queste due considerazioni non sono contraddittorie, lo stesso non si può dire nel caso dei segni che si confondono con l’aspetto del prodotto. Infatti, la registrazione come marchio di un segno siffatto può limitare la possibilità di introdurre prodotti concorrenti sul mercato (6).

22.      Questa premessa è alla base della normativa specifica, di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95, applicabile ai segni costituiti dalla forma del prodotto.

23.      Rilevo che tali considerazioni si applicano altresì, mutatis mutandis, ad altri segni che rappresentano un aspetto del prodotto per il quale è chiesta la registrazione.

24.      Così, la Corte ha rilevato che i segni costituiti da colori specifici sollevano, in linea di principio, le stesse obiezioni riguardo al rischio di monopolizzare le caratteristiche funzionali del prodotto. A questo proposito, nella sentenza Libertel è stata riconosciuta la necessità di un approccio specifico (7).

25.      Queste due categorie di segni, vale a dire, da un lato, quelli che sono costituiti dalla forma del prodotto e, dall’altro, quelli costituiti da un colore specifico, sono soggette a regimi specifici nel sistema della direttiva 2008/95, come interpretata dalla Corte. Per rispondere alla questione posta dal giudice del rinvio occorre pertanto qualificare in primis il marchio controverso in relazione a queste due categorie.

26.      Più in generale, la presente causa dimostra che le considerazioni relative al rischio di monopolizzare le caratteristiche essenziali del prodotto in questione possono applicarsi ad altri tipi di marchi – quali, ad esempio, i marchi di posizione (8) o di movimento (9) nonché, potenzialmente, i marchi sonori, olfattivi o gustativi – che possono anch’essi confondersi con un aspetto del prodotto in questione. A prescindere dalla qualificazione di tali marchi, è importante che, nell’esaminarli ai fini della registrazione, si possa tenere conto dell’interesse a mantenere taluni segni di pubblico dominio.

27.      A tal riguardo, la Corte potrebbe seguire diversi percorsi interpretativi. Da un lato, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95 potrebbe essere interpretato in senso più ampio, come propongo nel prosieguo delle presenti conclusioni. Dall’altro, la Corte potrebbe ammettere la possibilità di prendere in considerazione l’interesse a mantenere taluni segni di dominio pubblico, nell’ambito della valutazione del carattere distintivo di un segno ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, per tutti i segni che si confondono con un aspetto del prodotto in questione o per altre categorie di segni la cui disponibilità è limitata (10).

 Sulla qualificazione del marchio controverso

28.      Ritengo che il punto di partenza per l’analisi della domanda di pronuncia pregiudiziale sia la qualificazione del marchio controverso in relazione, da un lato, alla categoria di segni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95 e, dall’altro, a quella oggetto della sentenza Libertel (11).

29.      Il giudice del rinvio constata che il marchio controverso, costituito dal colore rosso della suola di una scarpa, si confonde con un aspetto del prodotto in questione, ma esita a qualificare tale aspetto come rientrante nella «forma» del prodotto.

30.      Le posizioni delle parti del procedimento principale e dei quattro Stati membri intervenuti sono divise su questo aspetto. Louboutin sostiene, in particolare, che la nozione di segno costituito «esclusivamente» dalla forma del prodotto non comprende i marchi di posizione, come il suo marchio della suola rossa, che non sono costituiti da un particolare modello di prodotto, bensì possono essere apposti su diversi modelli del prodotto. La Van Haren sostiene, invece, che il colore può essere considerato parte integrante della forma del prodotto, come nel caso del marchio controverso. La Commissione osserva che non è escluso che un segno costituito dalla forma del prodotto possa anche avere un colore, ma, nel contesto di cui trattasi nella fattispecie, il colore specifico è percepito come un fattore autonomo rispetto al prodotto e quindi indipendente dalla forma del prodotto. Essa indica, pertanto, che le sue osservazioni si riferiscono a un colore specifico.

31.      A questo proposito, rilevo che la qualificazione del marchio controverso costituisce una valutazione di fatto, che incombe nella specie al giudice del rinvio. Questa considerazione non impedisce alla Corte di fornire indicazioni utili a orientare detto giudice nella sua valutazione.

32.      Sebbene diverse parti abbiano descritto il marchio di cui trattasi come «marchio di posizione», osservo che la direttiva 2008/95 e la giurisprudenza della Corte non attribuiscono conseguenze giuridiche a una tale qualificazione. Inoltre, la qualificazione di «marchio di posizione» non impedisce in sé di considerare lo stesso marchio come costituito dalla forma del prodotto, dal momento che quest’ultima categoria ricomprende anche i segni che rappresentano una parte o un elemento del prodotto in questione.

33.      Così, a mio parere, spetta al giudice del rinvio determinare se si tratti nella specie di un marchio di colore specifico o di un marchio costituito dalla forma del prodotto, ma che rivendica altresì la tutela per un colore.

34.      Ai fini di tale esame, il giudice del rinvio dovrebbe effettuare una valutazione complessiva, prendendo in considerazione la rappresentazione grafica e le eventuali descrizioni presentate all’atto del deposito della domanda di registrazione, nonché, eventualmente, gli altri elementi utili ai fini dell’identificazione delle caratteristiche essenziali del marchio controverso (12).

35.      Innanzitutto, il fatto che il marchio controverso sia stato registrato come marchio figurativo non impedisce di qualificarlo quale «marchio costituito dalla forma del prodotto» (13).

36.      Occorre esaminare invece se il marchio in questione rivendichi la tutela per un colore specifico senza limitazioni spaziali (14) o se, al contrario, detta tutela sia rivendicata in combinazione con altre caratteristiche legate alla forma del prodotto.

37.      A tal riguardo, se l’applicazione del colore riguarda una parte ben definita del prodotto, non mi sembra escluso considerare che il marchio abbia delimitazioni spaziali in modo tale che il colore si confonda con un preciso elemento del prodotto.

38.      Il fatto che il titolare del marchio non rivendichi la tutela per i contorni del prodotto, ma si riservi la libertà di variare tali contorni a seconda del modello non è necessariamente decisivo. È possibile segnatamente che i contorni non costituiscano, in ogni caso, una caratteristica essenziale del segno. Occorre determinare piuttosto se il segno derivi il suo carattere distintivo dal colore rivendicato in sé o dalla posizione precisa di tale colore in relazione ad altri elementi della forma del prodotto.

39.      Mentre spetta in definitiva al giudice del rinvio applicare tali considerazioni, osservo che dalla decisione di rinvio emergono diversi elementi fattuali che militano a favore della conclusione secondo cui, ai fini dell’analisi dei suoi eventuali aspetti funzionali, il marchio in questione rientra piuttosto nella nozione di «marchio costituito dalla forma del prodotto» e che rivendica la tutela per un colore determinato in relazione a tale forma.

40.      Infatti, seppure il marchio controverso sia inteso a tutelare un colore determinato, tale tutela non è rivendicata in astratto, ma per l’applicazione di questo colore alla suola di una scarpa con tacco alto, come rappresentata. Il marchio non comprende la forma di una scarpa in quanto tale, tuttavia pare che determinati aspetti di detta forma, vale a dire quelli che ci permettono di sapere che si tratta di una scarpa da donna con tacco alto, facciano parte del marchio. Dalla rappresentazione del marchio risulta che il colore è applicato a tutta la suola, indipendentemente dai contorni precisi. I contorni della suola sembrano essere, in ogni caso, un elemento trascurabile del marchio, che deriva il suo carattere distintivo dall’insolito posizionamento dell’elemento colorato ed eventualmente dal contrasto cromatico tra le diverse parti della scarpa.

41.      In conclusione, ritengo che per esaminare le caratteristiche essenziali del marchio controverso sia necessario prendere in considerazione sia il colore sia gli altri aspetti del prodotto in questione. Il marchio in esame dovrebbe quindi essere assimilato a un marchio costituito dalla forma del prodotto e che rivendica la tutela per un colore in relazione a detta forma, piuttosto che a un marchio costituito da un colore specifico.

42.      Nondimeno, al fine di fornire una risposta completa alla questione pregiudiziale, esaminerò entrambe le ipotesi.

 Applicabilità dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95 ai marchi costituiti da un colore specifico

43.      La Corte ha preso in considerazione la particolarità dei marchi di colori nella sua giurisprudenza derivata dalla sentenza Libertel (15).

44.      Secondo detta giurisprudenza, salvo circostanze eccezionali, segnatamente su mercati molto specifici, i colori in quanto tali non possiedono un carattere distintivo ab initio, ma possono eventualmente acquisirlo in seguito all’uso con riguardo ai prodotti o ai servizi oggetto della richiesta (16).

45.      Inoltre, nell’ambito dell’analisi del carattere distintivo di un segno costituito da un colore specifico, occorre verificare se la sua registrazione si ponga in contrasto con l’interesse generale a non restringere indebitamente la disponibilità dei colori per gli altri operatori che offrano prodotti o servizi dello stesso genere (17).

46.      Da detta giurisprudenza risulta che, da un lato, i segni costituiti da un colore specifico non rientrano nell’ambito dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95 e possono acquisire un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto, ma, dall’altro, dal momento che si tratta di segni che si confondono con l’aspetto del prodotto, la loro registrazione deve essere valutata tenendo conto delle stesse considerazioni che sono alla base del suddetto articolo 3, paragrafo 1, lettera e) (18).

47.      Così, stabilendo tale condizione per i marchi di colore specifico, la sentenza Libertel (19) ha sostanzialmente tenuto conto dello stesso obiettivo sotteso all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95.

48.      Resta il fatto che, se il marchio controverso dovesse essere qualificato come «marchio costituito da un colore specifico», occorrerebbe constatare che esso non rientra nel campo di applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95.

 Applicabilità dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95 ai segni costituiti dalla forma del prodotto e da un colore determinato

49.      Occorre poi chiedersi se l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95 si applichi ai segni costituiti dalla forma del prodotto e richiedenti la tutela per un colore in relazione a tale forma.

50.      Le parti del procedimento principale sono divise su detta questione (20), come anche i quattro Stati membri intervenienti (21). La Commissione sembra partire dal presupposto che, nel caso di specie, il colore dev’essere considerato un aspetto autonomo rispetto alla forma del prodotto.

51.      Il giudice del rinvio indica che la risposta non può essere dedotta dal tenore letterale di detta disposizione, ma che l’esclusione dei segni tridimensionali di colore dal suo ambito di applicazione contrasterebbe con l’obiettivo che la sottende, poiché taluni segni possono incorporare caratteristiche funzionali legate sia alla forma che al colore, come ad esempio un segno che rappresenta un giubbotto di sicurezza, un estintore o un prodotto termoriflettente. Detto giudice si chiede pertanto se, analizzando questo tipo di segni sotto il profilo del divieto dei segni funzionali, si debba anche tener conto del colore.

52.      Rilevo che la risposta a tale questione deve tenere conto del sistema e della ratio dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95.

53.      Secondo una giurisprudenza costante, l’obiettivo di detta disposizione consiste nell’evitare che la tutela del diritto dei marchi sfoci nel conferimento al suo titolare di un monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche utilitarie di un prodotto, che possono essere ricercate dall’utilizzatore nei prodotti dei concorrenti (22). Questa disposizione consente di mantenere di dominio pubblico le caratteristiche essenziali del prodotto in questione che si riflettono nella sua forma.

54.      Ritengo che la presenza di un colore applicato a un elemento della superficie del prodotto possa essere considerata una caratteristica riflessa nella forma del prodotto. Inoltre, come dimostrato dagli esempi citati dal giudice del rinvio, il colore può costituire una caratteristica utilitaria essenziale del prodotto considerato, cosicché la monopolizzazione del colore, in relazione a un elemento della forma del prodotto, impedirebbe ai concorrenti di offrire liberamente prodotti che incorporano la stessa funzionalità.

55.      Pertanto, se i segni costituiti sia dalla forma che dal colore del prodotto non potessero essere esaminati sotto il profilo della funzionalità, l’interesse generale sotteso all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95 non potrebbe essere pienamente garantito.

56.      Infatti, la sentenza Libertel (23) consente di prendere in considerazione l’interesse generale unicamente per i segni costituiti da un colore specifico (24), e non con riguardo ai segni che combinano il colore con gli aspetti della forma.

57.      Nel contesto dei marchi di colore puri, esaminati dalla Corte in detta sentenza, il colore costituisce un aspetto indipendente dalla forma del prodotto. Ciò non vale nel caso dei segni in cui il colore è applicato a una parte precisa del prodotto. Nell’ambito dell’analisi di tali segni, la funzionalità del colore può risultare dal suo posizionamento sul prodotto, cosicché i due aspetti – la forma e il colore – devono poter essere esaminati congiuntamente.

58.      Pertanto, a mio parere, i segni in cui i colori si integrano nella forma del prodotto devono essere soggetti all’analisi di funzionalità ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95.

59.      Inoltre, tale interpretazione si pone in linea con il principio secondo cui la valutazione di un segno deve basarsi sull’impressione complessiva, poiché un marchio deve essere inteso come un insieme. Secondo una giurisprudenza costante, infatti, un’applicazione corretta dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95 comporta che le caratteristiche essenziali del segno in questione siano debitamente individuate, basandosi sull’impressione complessiva prodotta dal segno (25).

60.      Occorre tener conto a questo proposito del fatto che, secondo una giurisprudenza costante, gli impedimenti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95 non ostano alla registrazione di un segno che, seppur costituito da una forma del prodotto, incorpora un altro elemento non funzionale importante (26). Così, a mio parere, la questione se, in un marchio di forma e colore, il colore costituisca o meno un elemento funzionale deve essere esaminata nel contesto della valutazione complessiva del segno, in riferimento all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95. Inoltre, risulta a contrario da detta giurisprudenza che la disposizione in questione si applica a una forma di prodotto che incorpora un altro elemento quando quest’ultimo è funzionale.

61.      Infine, contestualmente, tale approccio mi sembra confermato dalle condizioni dell’adozione della direttiva 2015/2436, il cui articolo 4, paragrafo 1, lettera e), si riferisce alla «forma, o altra caratteristica, del prodotto».

62.      Questo riferimento a un’«altra caratteristica del prodotto» tiene conto del fatto che la direttiva 2015/2436, accettando la rappresentazione di un marchio in qualsiasi forma si avvalga della tecnologia generalmente disponibile (27), apre la strada alla registrazione di nuovi tipi di marchi che possono anche suscitare interrogativi riguardo al loro carattere funzionale, come i segni sonori e, potenzialmente, olfattivi o gustativi.

63.      Tuttavia, per quanto riguarda i segni costituiti dalla forma e dal colore del prodotto, che possono essere registrati conformemente sia al vecchio sia al nuovo sistema, l’aggiunta del riferimento a un’«altra caratteristica del prodotto» si presta a due interpretazioni: esso può essere inteso come modifica del regime giuridico applicabile ai suddetti segni o come un semplice chiarimento.

64.      Qualora si dovesse ritenere che tali segni non rientrino nell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95, bensì nelle disposizioni analoghe della nuova direttiva 2015/2436, tale interpretazione richiederebbe l’adozione di disposizioni transitorie, al fine di tutelare il legittimo affidamento dei titolari dei marchi registrati nell’ambito della normativa vigente (28). Orbene, il fatto che il legislatore non abbia ritenuto necessario prevedere siffatte disposizioni transitorie può indicare che il regime giuridico per tali segni è invariato nell’ambito delle due direttive successive.

65.      Alla luce di tutte le precedenti osservazioni, ritengo quindi che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95 si applichi potenzialmente ai segni costituiti dalla forma del prodotto che rivendicano la tutela per un colore determinato.

66.      Se il giudice nazionale ritenesse – come da me suggerito nelle presenti conclusioni (29) – che il marchio in questione debba essere assimilato a tali segni, che combinano il colore e la forma, il marchio di cui trattasi potrebbe rientrare nel divieto di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), iii), della direttiva 2008/95.

 Sull’interpretazione della nozione di «forma che dà un valore sostanziale al prodotto»

67.      In via subordinata – poiché questo aspetto non è esplicitamente trattato nella decisione di rinvio – desidero ricordare le condizioni di applicazione dell’impedimento assoluto di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), iii), della direttiva 2008/95, riguardante una forma che «dà un valore sostanziale» al prodotto.

68.      La Corte ha già precisato che tale disposizione non è limitata unicamente alla forma di prodotti aventi esclusivamente un valore artistico o ornamentale, ma vale anche per i segni relativi a prodotti che, oltre alla loro funzione estetica, assolvono anche altre funzioni essenziali (30).

69.      L’applicazione dell’impedimento in questione si basa su un’analisi oggettiva, destinata a dimostrare che le caratteristiche estetiche della forma in questione esercitano sull’attrattiva del prodotto un’influenza così rilevante che il fatto di riservarle a favore di un solo operatore economico perturberebbe le condizioni della concorrenza sul mercato interessato. La percezione della forma in questione da parte del consumatore non è un criterio decisivo di questa analisi, che comprende potenzialmente una serie di elementi di fatto (31).

70.      Inoltre, detta analisi verte esclusivamente sul valore intrinseco della forma e non deve tener conto dell’attrattiva esercitata dal prodotto derivante dalla reputazione del marchio o del suo titolare (32).

71.      Va ricordato che la disposizione in parola ha per scopo l’esclusione della monopolizzazione delle caratteristiche esterne di un dato prodotto che sono essenziali per il suo successo sul mercato e quindi di evitare che la tutela del marchio venga utilizzata per ottenere uno sleale vantaggio non risultante da una concorrenza basata sulla qualità e sul prezzo (33).

72.      Per contro, l’applicazione di detta disposizione non è giustificata quando tale vantaggio non risulta dalle caratteristiche intrinseche della forma, ma dalla reputazione del marchio o del suo titolare. Infatti, la possibilità di acquisire una siffatta reputazione costituisce un aspetto importante del gioco della concorrenza che il sistema dei marchi contribuisce a mantenere.

 Conclusione

73.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sollevata dal rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia, Paesi Bassi):

L’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), iii), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretato nel senso che può applicarsi a un segno costituito dalla forma del prodotto e che rivendica la tutela per un colore specifico. La nozione di una forma che «dà un valore sostanziale» al prodotto, ai sensi di detta disposizione, si riferisce esclusivamente al valore intrinseco della forma e non consente di tener conto della reputazione del marchio o del suo titolare.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2008, L 299, pag. 25).


3      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2015, L 336, pag. 1).


4      Una disposizione identica figura all’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015 (GU 2015, L 341, pag. 21).


5      V. sentenza del 6 maggio 2003, Libertel (C‑104/01, EU:C:2003:244, punti 48 e 49).


6      V. le mie conclusioni nella causa Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:322, paragrafi da 31 a 33).


7      V. sentenza del 6 maggio 2003, Libertel (C‑104/01, EU:C:2003:244, punti da 60 a 65).


8      L’esempio classico è quello di una cucitura decorativa sulla tasca posteriore di un paio di jeans. V. documento SCT 16/2 della 16ª sessione del comitato permanente in materia di marchi, modelli industriali nonché indicazioni geografiche, dell’Organizzazione mondiale della proprietà industriale, riguardante i nuovi tipi di marchi (accessibile all’indirizzo Internet http://www.wipo.int/policy/fr/sct/).


9      V., segnatamente, decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 23 settembre 2003 (R 772/2001-1) riguardante la registrazione di un marchio dell’Unione europea costituito dal movimento delle porte di un’automobile.


10      V. la proposta di un siffatto approccio nella dottrina, Kur, A., Senftleben, M., European Trade Mark Law, Oxford 2017, pag. 115 e Tischner, A., Kumulatywna ochrona wzornictwa przemysłowego w prawie własności intelektualnej (tutela cumulativa dei disegni e dei modelli nel diritto della proprietà intellettuale), Varsavia, 2015, pag. 346.


11      V. sentenza del 6 maggio 2003, Libertel (C‑104/01, EU:C:2003:244).


12      V., in tal senso, sentenze del 6 marzo 2014, Pi-Design e a./Yoshida Metal Industry (da C‑337/12 P a C‑340/12 P, non pubblicata, EU:C:2014:129, punto 54) e del 10 novembre 2016, Simba Toys/EUIPO (C‑30/15 P, EU:C:2016:849, punto 49).


13      Tale nozione comprende i segni costituiti dalle forme tri- o bidimensionali nonché i segni figurativi che rappresentano la forma del prodotto; v. sentenza Philips del 18 giugno 2002, C‑299/99, EU:C:2002:377, punto 76.


14      V. sentenza del 6 maggio 2003, Libertel (C‑104/01, EU:C:2003:244, punto 68).


15      V. sentenza del 6 maggio 2003, Libertel (C‑104/01, EU:C:2003:244).


16      V., in tal senso, sentenze del 6 maggio 2003, Libertel (C‑104/01, EU:C:2003:244, punti 66 e 67); del 24 giugno 2004, Heidelberger Bauchemie (C‑49/02, EU:C:2004:384, punto 39) e del 21 ottobre 2004, KWS Saat/UAMI (C‑447/02 P, EU:C:2004:649, punto 79).


17      V. sentenza del 6 maggio 2003, Libertel (C‑104/01, EU:C:2003:244, punto 55).


18      V., in tal senso, sentenza del 6 maggio 2003, Libertel (C‑104/01, EU:C:2003:244, punti 53 e 54).


19      V. sentenza del 6 maggio 2003 (C‑104/01, EU:C:2003:244).


20      Louboutin sostiene che la disposizione di cui trattasi non si applica ai marchi di posizione. La Van Haren asserisce che essa vi trova applicazione, poiché si tratta di un marchio costituito sia dal colore che dalla forma.


21      I governi tedesco e finlandese ritengono che un segno che rivendica la tutela per un colore o per la posizione spaziale di un colore non possa essere considerato costituito «esclusivamente» dalla forma come richiesto dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95, poiché tale segno non è costituito da caratteristiche tridimensionali della forma. Per contro, i governi ungherese e portoghese ritengono che il marchio in questione si avvicini a un marchio tridimensionale comprendente un colore e che questo tipo di marchi debba essere soggetto all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95.


22      Sentenza del 18 settembre 2014, Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:2233, punti 18 e 20).


23      V. sentenza del 6 maggio 2003, Libertel (C‑104/01, EU:C:2003:244).


24      V. paragrafo 24 delle presenti conclusioni.


25      V. sentenze del 14 settembre 2010, Lego Juris/UAMI (C‑48/09 P, EU:C:2010:516, punti da 68 a 70) e del 18 settembre 2014, Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:2233, punto 21).


26      V. sentenza del 14 settembre 2010, Lego Juris/UAMI (C‑48/09 P, EU:C:2010:516, punti 52 e 72 e la giurisprudenza citata).


27      V. articolo 3 e considerando 13 della direttiva 2015/2436.


28      Il problema collegato alla suddetta assenza di disposizioni transitorie è stato notato dalla dottrina, nella quale è espressa l’osservazione che l’annullamento di un marchio a causa di un cambiamento normativo potrebbe equivalere ad un esproprio. V. Kur, A., Senftleben, M., European Trade Mark Law, Oxford 2017, pag. 161.


29      V. paragrafo 41 delle presenti conclusioni.


30      Sentenza del 18 settembre 2014, Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:2233, punti 31 e 32).


31      Segnatamente: la natura della categoria dei prodotti in questione, il valore artistico della forma di cui trattasi, la sua specificità rispetto ad altre forme abitualmente in uso sul mercato in questione, la rilevante differenza di prezzo in rapporto ai prodotti concorrenti aventi caratteristiche simili, l’elaborazione da parte del produttore di una strategia promozionale che sottolinei le principali caratteristiche estetiche del prodotto in questione. V. sentenza del 18 settembre 2014, Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:2233, punti 34 e 35).


32      V. Botis, D., Maniatis, S., von Mühlendahl, A., Wiseman, I., Trade Mark Law in Europe (3ª ed.), Oxford, Oxford University Press, 2016, pag. 239. V. anche, in questo contesto, sentenza del 20 settembre 2007, Benetton Group (C‑371/06, EU:C:2007:542, punti da 25 a 27).


33      V. le mie conclusioni nella causa Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:322, paragrafi 79 e 80).