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Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 6 febbraio 2018 – Endesa Generación, S.A. / Administración General del Estado e Iberdrola Generación Nuclear S.A.U.

(Causa C-82/18)

Lingua processuale: lo spagnolo

Giudice del rinvio

Tribunal Supremo

Parti

Ricorrente: Endesa Generación, S.A.

Resistenti: Administración General del Estado e Iberdrola Generación Nuclear S.A.U.

Questioni pregiudiziali

Se l’articolo 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che sancisce il principio «chi inquina paga», letto in combinato disposto con gli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che sanciscono come principi fondamentali l’uguaglianza e la non discriminazione, riflessi nella disciplina di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/72/[CE] 1 , del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE, in quanto mira alla realizzazione, inter alia, di un mercato dell’energia elettrica concorrenziale e non discriminatorio, alterabile solo per motivi di interesse economico generale, tra cui la tutela dell’ambiente, osti all’istituzione di talune imposte che gravano esclusivamente sulle imprese che producono energia elettrica mediante energia nucleare, nei casi in cui l’obiettivo principale di dette imposte non sia ambientale bensì quello di accrescere i proventi del sistema finanziario dell’energia elettrica, affinché tali imprese sopportino un onere maggiore nel finanziamento del deficit tariffario rispetto ad altre imprese che svolgono la stessa attività.

Se in un mercato dell’energia elettrica concorrenziale e non discriminatorio, il diritto dell’Unione europea consenta l’imposizione di imposte ambientali, giustificandone [il legislatore nazionale] l’istituzione sulla base dell’inerente carico inquinante specifico dell’attività nucleare, senza tuttavia formularne una concretizzazione normativa — siffatta giustificazione sarebbe nel preambolo della legge, cosicché, con riferimento all’imposta sulla produzione di combustibile nucleare esaurito e di rifiuti radioattivi, si omette di far presenti nel testo normativo l’internalizzazione dei costi da coprire e, con riferimento allo stoccaggio di rifiuti radioattivi, parimenti è assente una concretizzazione normativa puntuale, poiché i costi di gestione e di stoccaggio sono già finanziati da altre imposte, e ciò laddove non si stabilisce inoltre in modo chiaro la destinazione del gettito fiscale e le suddette imprese sono tenute ad assumere la responsabilità civile che ne deriva fino ad un importo pari a [EUR] 1 200 milioni.

Se sia soddisfatto il requisito di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della menzionata direttiva, secondo il quale gli obblighi che devono essere imposti nell’interesse economico generale, ivi compresa la tutela dell’ambiente, devono essere chiaramente definiti, trasparenti, non discriminatori e verificabili, allorché l’obiettivo ambientale e le caratteristiche che contraddistinguono le imposte ambientali non abbiano una concretizzazione normativa puntuale nella parte della disposizione avente forza di legge.

Se il principio «chi inquina paga», sancito dall’articolo 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, i principi di uguaglianza e di non discriminazione, di cui agli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e gli articoli 3 e 5 della direttiva 2005/89/CE 2 , in quanto intendono garantire «il buon funzionamento del mercato interno dell’elettricità», invitando gli Stati membri a garantire «che nessuna misura adottata ai sensi della presente direttiva sia discriminatoria o costituisca un onere eccessivo per gli operatori del mercato», ostino a una normativa nazionale che pone il finanziamento del deficit tariffario a carico di tutte le imprese del settore elettrico e che, tuttavia, impone alle imprese elettronucleari (escluse quelle idroelettriche considerate rinnovabili) oneri fiscali particolarmente elevati, cosicché le stesse sopportano un maggiore onere contributivo rispetto ad altre che operano nel mercato dell’energia senza dover sostenere tali oneri, alcune delle quali inquinano di più, giustificando detti oneri con motivi di tutela dell’ambiente a causa dei rischi e delle incertezze intrinseci alle attività nucleari, senza specificazione di costi e senza stabilire la destinazione del gettito fiscale alla tutela dell’ambiente, laddove la gestione e lo stoccaggio dei rifiuti nucleari sono finanziati da altri oneri fiscali e le imprese elettronucleari assumono la responsabilità civile, distorcendo la concorrenza in violazione dei requisiti stabiliti per un mercato interno liberalizzato giacché risultano favoriti altri operatori che generano energia elettrica, sui quali non gravano imposte ambientali quando utilizzano fonti produttive più inquinanti.

Se sia contraria al principio «chi inquina paga» sancito dall’articolo 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, un’imposta sulla produzione di combustibile nucleare esaurito e di rifiuti radioattivi derivanti dalla generazione di energia elettronucleare, che viene applicata solo al settore che produce energia nucleare, escludendo qualsiasi altro settore che possa generare tali rifiuti, per cui altre imprese che svolgono un’attività utilizzando materiali o fonti nucleari non sono assoggettate ad imposta, malgrado abbiano un impatto sul profilo ambientale da tutelare.

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1 Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).

2 Direttiva 2005/89/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2006, concernente misure per la sicurezza dell’approvvigionamento di elettricità e per gli investimenti nelle infrastrutture (GU 2006, L 33, pag. 22).