Language of document : ECLI:EU:C:2012:150

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

VERICA TRSTENJAK

presentate il 20 marzo 2012 (1)

Causa C‑31/11

Marianne Scheunemann

contro

Finanzamt Bremerhaven

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«Libertà fondamentali – Delimitazione del campo di applicazione – Libertà di stabilimento – Articolo 49 TFUE – Libera circolazione dei capitali – Articolo 63 TFUE – Imposta di successione – Acquisizione a titolo di successione di una partecipazione compresa nel patrimonio personale del defunto quale unico socio di una società di capitali con sede in un paese terzo – Disposizione nazionale che prevede agevolazioni fiscali per le società con sede o direzione nel territorio nazionale»





I –    Introduzione

1.        La presente causa verte su una domanda di pronuncia pregiudiziale con la quale il Bundesfinanzhof, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, chiede alla Corte di interpretare le disposizioni di diritto primario sulla libera circolazione dei capitali.

2.        La domanda di pronuncia pregiudiziale trae origine da una controversia avente per oggetto un avviso di accertamento fiscale dell’imposta di successione, che vede contrapposti la signora Scheunemann (in prosieguo: la «ricorrente nel procedimento principale») e il Finanzamt Bremerhaven (in prosieguo: il «convenuto nel procedimento principale»). La ricorrente nel procedimento principale, che tra l’altro ha ricevuto in eredità una partecipazione come socio unico di una società di capitali con sede in Canada, lamenta la negazione di una serie di agevolazioni fiscali applicabili ai sensi del diritto nazionale alle quote di società di capitali con sede in Germania e in altri Stati dello Spazio economico europeo (in prosieguo: il «SEE»), e invoca una violazione delle disposizioni in materia di libera circolazione dei capitali. A suo parere tali disposizioni impongono la concessione delle agevolazioni fiscali controverse anche per le quote di società di capitali con sede in un paese terzo. Il suo ricorso diretto a far adeguare in tal senso il suo debito fiscale è stato respinto in primo grado con la motivazione che le agevolazioni fiscali in questione non sarebbero da valutare con riferimento alla libera circolazione dei capitali, bensì solamente secondo i criteri della libertà di stabilimento. Tuttavia quest’ultima libertà non sarebbe applicabile con riguardo allo stabilimento in paesi terzi.

3.        La presente causa solleva, oltre alla questione della compatibilità di tale differenza di trattamento fiscale con il diritto dell’Unione, anche quella della delimitazione tra l’ambito di applicazione della libera circolazione dei capitali e quello della libertà di stabilimento, in entrambi i casi da chiarire alla luce della giurisprudenza fin qui elaborata dalla Corte. Al riguardo si devono anzitutto elaborare criteri chiari per tracciare tali limiti. La rilevanza di una definizione del rapporto che le singole libertà fondamentali hanno tra loro nello specifico contesto del procedimento principale deriva non da ultimo dalla circostanza che, in caso di esclusione della libera circolazione dei capitali a favore della libertà di stabilimento, la ricorrente non potrebbe invocare la tutela del diritto dell’Unione per poter godere delle agevolazioni fiscali previste dal diritto nazionale.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

4.        L’articolo 43 CE (divenuto articolo 49 TFUE) così dispone:

«Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.

La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 48, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali».

5.        Ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, CE (ora articolo 63, paragrafo 1, TFUE):

«Nell’ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi».

6.        L’allegato I della direttiva 88/361/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato (2), al titolo XI («Movimenti di capitali a carattere personale»), si riferisce in particolare a «Successioni e legati» (punto D).

7.        L’articolo 58 CE (ora articolo 65 TFUE) contiene in particolare le seguenti disposizioni:

«1.   Le disposizioni dell’articolo 56 non pregiudicano il diritto degli Stati membri:

a)      di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale;

b)      di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

2.      Le disposizioni del presente capo non pregiudicano l’applicabilità di restrizioni in materia di diritto di stabilimento compatibili con il presente trattato.

3.      Le misure e le procedure di cui ai paragrafi 1 e 2 non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 56».

B –    Diritto nazionale

8.        Le disposizioni pertinenti risultano nell’Erbschaft- und Schenkungsteuergesetz (legge relativa all’imposta su successioni e donazioni) nella versione applicabile all’epoca dei fatti, nel 2007 (3) (in prosieguo: l’«ErbStG»).

9.        Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1 dell’ErbStG, l’acquisizione di beni in caso di morte è soggetta all’imposta di successione.

10.      In conformità dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’ErbStG, l’intero patrimonio ereditato da una persona residente in Germania è soggetto all’imposta di successione a partire dalla data in cui l’imposta è sorta. Risultano quindi compresi anche i beni situati all’estero, cioè sono colpite anche le quote di una società di capitali che non ha sede in Germania.

11.      All’articolo 13a, paragrafi 1 e 2, dell’ErbStG, nella versione vigente alla data dei fatti della controversia, sono previste agevolazioni per i patrimoni aziendali, i beni agricoli e forestali e le quote di società di capitali. Detto articolo è così formulato:

«(1)  I patrimoni aziendali, i beni agricoli e forestali e le quote di società di capitali ai sensi del paragrafo 4 non vengono tassati, fatta salva la seconda frase, fino a un valore pari a EUR 225 000

1.       in caso di trasmissioni mortis causa;

(…).

(2)       Dopo l’applicazione del paragrafo 1, il valore residuo del patrimonio ai sensi del paragrafo 4 viene considerato nella misura del 65%».

12.      In conformità dell’articolo 13a, paragrafo 4, punto 3, dell’ErbStG «[l]a franchigia e la valutazione a un valore ridotto si applicano per quote di una società di capitali (…) se al momento del fatto generatore dell’imposta tale società ha la sede o la direzione nel territorio nazionale e il de cuius o il donante deteneva una partecipazione diretta nel capitale nominale della società superiore a un quarto».

13.      Ai sensi dell’articolo 13a, paragrafo 5, punto 4, dell’ErbStG, la franchigia, o la quota di franchigia, e la valutazione a un valore ridotto decadono con effetto retroattivo se l’erede cede le quote della società di capitali interamente o in parte entro i cinque anni successivi all’acquisizione.

14.      Dagli atti risulta che, in seguito alla sentenza Jäger (4), l’amministrazione finanziaria ha deciso di applicare i benefici ex articolo 13a, paragrafi 1 e 2, dell’ErbStG anche alle quote di società di capitali non quotate in borsa con sede in un altro Stato membro. Inoltre, successivamente alla data rilevante ai fini del presente procedimento, lo stesso articolo 13a dell’ErbStG è stato modificato nel senso che il patrimonio agevolato ormai comprende le quote appartenenti a un patrimonio personale superiori al 25% di una società di capitali con sede in uno Stato membro o in uno Stato del SEE. Permangono escluse le quote di società che non hanno sede in uno Stato membro o in uno Stato del SEE.

III – Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

15.      La ricorrente, che risiede in Germania, è l’unica erede del padre, deceduto nel febbraio 2007, a sua volta residente in Germania. Nell’eredità rientrava, fra l’altro, una partecipazione del padre come socio unico di una società di capitali con sede in Canada. L’eredità della figlia è stata assoggettata all’imposta di successione tedesca senza limitazioni.

16.      Con avviso del 24 novembre 2008 veniva notificata l’imposta di successione per tale acquisizione. Poiché la società di capitali non aveva né la sede né la direzione nel territorio nazionale o in un altro Stato membro dell’Unione europea, non si concedevano le agevolazioni fiscali di cui all’articolo 13a, paragrafi 1 e 2, in combinato disposto con il paragrafo 4 dell’ErbStG, nella versione dell’ErbStG vigente alla data di riferimento (ossia una franchigia pari a EUR 225 000 e una riduzione di valore del 35%).

17.      Dopo il rigetto della sua opposizione, la ricorrente proponeva ricorso dinanzi al Finanzgericht, facendo valere in particolare una violazione dell’articolo 56 CE e sostenendo che i fatti dovrebbero essere esaminati alla luce della libera circolazione dei capitali. Ne deriverebbe che le agevolazioni fiscali in questione dovrebbero essere concesse anche alle società di capitali con sede in un paese terzo.

18.      Il Finanzgericht respingeva il ricorso con la motivazione che le agevolazioni fiscali di cui trattasi non vanno valutate sulla base della libera circolazione dei capitali, bensì unicamente alla luce della libertà di stabilimento. Di conseguenza, per lo stabilimento in un paese terzo non si potrebbe godere di alcuna agevolazione fiscale. La ricorrente ha impugnato la suddetta decisione con ricorso per cassazione dinanzi al Bundesfinanzhof.

19.      Il Bundesfinanzhof nutre dubbi riguardo alla motivazione sotto il profilo giuridico-finanziario, facendo presente che secondo la giurisprudenza della Corte il trattamento fiscale dei trasferimenti patrimoniali, di qualsiasi tipo, a titolo di successione rientra sempre nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato in materia di movimenti di capitali. A suo parere occorre che la Corte precisi se è compatibile con il diritto dell’Unione la circostanza che all’acquisizione di quote di società di capitali con sede e direzione in un paese terzo non si applichino le agevolazioni fiscali nazionali. Per questo motivo esso ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 56, paragrafo 1, CE in combinato disposto con l’articolo 58 CE, debba essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro che prevede, ai fini del calcolo dell’imposta di successione gravante su un’eredità, che la partecipazione compresa nel patrimonio personale, come socio unico in una società di capitali con sede e direzione in Canada, venga valutata in base al valore pieno, mentre in caso di acquisizione di una siffatta quota di una società di capitali con sede o direzione nel territorio nazionale venga concessa una franchigia per specifici beni e il valore residuo venga preso in considerazione esclusivamente nella misura del 65% del suo importo».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

20.      L’ordinanza di rinvio del 15 dicembre 2010 è pervenuta alla cancelleria della Corte il 20 gennaio 2011.

21.      Hanno presentato osservazioni scritte entro il termine previsto dall’articolo 23 dello Statuto della Corte il governo tedesco e la Commissione europea.

22.      Poiché nessuna delle parti ha chiesto lo svolgimento della fase orale, successivamente alla riunione generale della Corte del 7 febbraio 2012, si sono potute predisporre le presenti conclusioni.

V –    Argomenti sostanziali delle parti

A –    Sulla libertà fondamentale applicabile

23.      Sia il governo tedesco sia la Commissione fanno presente che secondo la giurisprudenza della Corte i trasferimenti in caso di morte rappresentano una forma di circolazione di capitali contemplata, a parte i casi meramente nazionali, dall’articolo 63 TFUE. Da tale giurisprudenza emergerebbe che una normativa in materia di imposte di successione che determina una riduzione di valore del lascito costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali.

24.      In definitiva, tuttavia, al fine di accertare se una determinata disciplina nazionale rientri nell’ambito della libera circolazione dei capitali o in quello della libertà di stabilimento, sarebbe determinante quale sia la previsione di diritto dell’Unione il cui nucleo essenziale risulta toccato. A tale riguardo occorre adottare un approccio complessivo che tenga conto dell’oggetto normativo delle disposizioni nazionali controverse, del loro scopo più ampio nonché degli effettivi rapporti di partecipazione nell’ambito della controversia principale. Nel caso di specie sarebbero precipuamente interessate le disposizioni in materia di libertà di stabilimento. Il governo tedesco e la Commissione concordano nel ritenere che la ricorrente non potrebbe appellarsi a tali libertà fondamentali, in quanto le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento non contengono alcuna regolamentazione che estenda l’ambito di applicazione delle relative disposizioni a fattispecie nelle quali si contempli un riferimento transnazionale nei confronti di un paese terzo.

B –    Sulla sussistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali

25.      Il governo tedesco e la Commissione si esprimono in subordine sulla questione se nella fattispecie si rilevi una restrizione alla libera circolazione dei capitali.

26.      Mentre il governo tedesco si limita a dichiarare che l’ambito di applicazione della libera circolazione dei capitali viene toccato, la Commissione riconosce espressamente una restrizione di tale libertà. La normativa nazionale contestata escluderebbe l’applicazione della franchigia e la valutazione a un valore ridotto delle quote societarie nei casi in cui la sede e la direzione della società interessata si trovano all’estero. In tal modo, quando sono comprese quote di società di questo tipo, il valore della successione risulterebbe ridotto rispetto a una successione riguardante quote di società con sede e direzione nel territorio nazionale. Una situazione simile configurerebbe quindi una restrizione della libera circolazione dei capitali.

C –    Sulla giustificazione di una restrizione alla libera circolazione dei capitali

27.      Il governo tedesco ritiene giustificata nella fattispecie una restrizione alla libera circolazione dei capitali. A suo parere, ai fini della giustificazione di oggettive restrizioni alle agevolazioni fiscali, incidono segnatamente considerazioni politiche in materia di occupazione. La successione riguardante imprese situate in paesi terzi non sarebbe oggettivamente equiparabile alla successione nell’ambito di imprese aventi sede nell’Unione europea o nel SEE. Poiché le agevolazioni fiscali sarebbero subordinate a condizioni, ne deriverebbe per di più un notevole onere di controllo fiscale, che non potrebbe essere garantito allo stesso modo nel caso di una società di capitali canadese.

28.      La Commissione, per contro, non ritiene giustificata una restrizione alla libera circolazione dei capitali. Con riferimento all’obiettivo del legislatore nazionale di non gravare eccessivamente sugli eredi di patrimoni comprendenti aziende e di evitarne l’alienazione o un eccessivo carico tributario sull’azienda per il versamento dell’imposta di successione, la Commissione osserva che non vi sarebbero elementi per ritenere che gli effetti desiderati si possano ottenere solamente allorché i vantaggi sono limitati a quote di società nazionali. Riguardo alla scarsa equiparabilità, la Commissione replica che non è affatto dimostrato che le situazioni in cui la società ha la sede o la direzione nel territorio nazionale si distinguano da quelle in cui gli elementi di collegamento si trovano all’estero, che siano in un altro Stato membro o in un paese terzo. Infine la Commissione sostiene che dalla giurisprudenza della Corte emerge che gli Stati membri non possono invocare eventuali argomenti sulla mancanza di reciprocità per imporre limitazioni alla libera circolazione dei capitali nei casi che si riferiscono a paesi terzi.

VI – Analisi giuridica

A –    Osservazioni introduttive

29.      Vista la complessità della normativa controversa e le modifiche legislative da essa subite nel tempo, appare utile riassumerne brevemente i tratti essenziali. Come emerge dall’ordinanza di rinvio, la presente causa riguarda una normativa nazionale sul calcolo dell’imposta di successione in un caso in cui nell’eredità è compresa una partecipazione, facente parte del patrimonio personale, al capitale di una società, con una quota minima che deve essere almeno pari al 25% del suddetto capitale. In base a tale normativa, sulla quota citata viene concessa una franchigia e inoltre il valore residuo viene tassato solo nella misura del 65%. Originariamente i benefici descritti si applicavano solo se la sede o la direzione della società interessata si trovavano nel territorio nazionale, e non per le società con sede e direzione all’estero. In seguito alla sentenza Jäger, in cui la Corte ha considerato questa normativa incompatibile con la libera circolazione dei capitali (5), il legislatore nazionale ha in parte rinunciato a questa differenziazione, estendendo i citati benefici fiscali a società con sede e direzione nel SEE. La particolarità della presente causa consiste nel fatto che nella fattispecie entrambi gli elementi di collegamento si trovano in un paese terzo extraeuropeo. Il giudice del rinvio chiede se in tali circostanze la normativa controversa sia compatibile con il principio della libera circolazione dei capitali.

30.      A fini di chiarezza, occorre anzitutto definire i singoli punti da verificare, sulla base di alcune considerazioni. Per rispondere alla questione pregiudiziale si deve a priori accertare se le disposizioni sulla libera circolazione dei capitali possano trovare applicazione. Ciò dipende, a sua volta, dal rapporto di tale libertà fondamentale con le disposizioni in materia di libertà di stabilimento eventualmente del pari applicabili. Questo potrebbe essere uno degli aspetti fondamentali della valutazione, determinante per il corso successivo dell’esame. Solo a quel punto sarà possibile stabilire secondo quale criterio giuridico si deve valutare la compatibilità della normativa controversa con il diritto dell’Unione. Considerato che la libera circolazione dei capitali è l’unica tra le libertà fondamentali a ricomprendere nel suo ambito di applicazione fattispecie che fanno riferimento a paesi terzi, la questione della giustificazione di un’eventuale restrizione sorgerebbe unicamente qualora non si verificasse un’esclusione di tale libertà fondamentale.

B –    Libertà fondamentale applicabile

1.      Criteri di delimitazione

31.      Per stabilire quale libertà fondamentale costituisca il criterio di esame rilevante, occorre definire la norma di diritto dell’Unione che risulta precipuamente interessata (6). A tale riguardo si deve adottare un approccio complessivo che tenga conto dell’oggetto normativo delle disposizioni nazionali controverse (7), del loro scopo più ampio nonché degli effettivi rapporti di partecipazione nell’ambito della controversia principale.

32.      In linea di principio, un provvedimento nazionale va esaminato con riferimento ad una sola di due libertà fondamentali applicabili solo qualora risulti che una delle due è affatto secondaria rispetto all’altra e può esserle ricollegata (8). Ciò si verifica quando gli effetti della normativa nazionale sull’esercizio di una libertà fondamentale sono solo l’inevitabile conseguenza di una restrizione ad un’altra libertà fondamentale interessata in via primaria dalla normativa stessa (9). Se, per contro, non si riesce a individuare il nucleo fondamentale interessato, perché la normativa incide su entrambe le libertà fondamentali considerate, vengono entrambe in rilievo in egual misura (10).

33.      La normativa nazionale controversa disciplina le conseguenze fiscali di un trasferimento mortis causa. Anche se la materia delle imposte dirette – di cui fa parte l’imposta di successione in discussione in questa sede – rientra in linea di principio nella competenza degli Stati membri, la Corte ha tuttavia chiarito che questi ultimi devono esercitare detta competenza unicamente nel rispetto del diritto dell’Unione, e segnatamente delle libertà fondamentali (11). In tal modo la normativa nazionale controversa non si sottrae ad un esame da parte della Corte relativamente alla sua compatibilità con il diritto dell’Unione. Peraltro si pone soltanto la questione dell’incidenza che essa può avere sulla libera circolazione dei capitali e sulla libertà di stabilimento.

2.      Effetti della normativa nazionale sulle libertà fondamentali

a)      Libera circolazione dei capitali

i)      Applicabilità ratione materiae

34.      Con riferimento alla libera circolazione dei capitali occorre tuttavia constatare che si incide sull’ambito di applicazione di tale libertà fondamentale, dal momento che il procedimento principale riguarda un caso di trasferimento mortis causa. Tale situazione, come illustrerò in dettaglio nel prosieguo, rientra nell’ambito di applicazione della libera circolazione dei capitali.

35.      Il Trattato non definisce la nozione di «movimenti di capitali». Poiché, però, l’articolo 63 TFUE riprende in sostanza l’articolo 1 della direttiva 88/361, e nonostante la direttiva si fondi sull’articolo 69 e sull’articolo 70, paragrafo 1, del Trattato CEE (gli articoli 67‑73 del Trattato CEE sono stati sostituiti dagli articoli da 73B a 73G del Trattato CE, divenuti in seguito articoli 56‑60 CE, e ora articoli 63‑66 TFUE), secondo costante giurisprudenza la nomenclatura dei movimenti di capitali allegata a tale direttiva conserva il suo valore indicativo per definire la nozione di «movimenti di capitali» (12).

36.      A tale riguardo la Corte, rammentando in particolare che le successioni, che consistono in una trasmissione a una o più persone del patrimonio lasciato da una persona deceduta, sono regolate dal titolo XI dell’allegato I della direttiva 88/361, intitolato «Movimenti di capitali a carattere personale», ha statuito che le successioni costituiscono movimenti di capitali, ad eccezione dei casi in cui gli elementi che le costituiscono si trovino all’interno di un solo Stato membro (13).

37.      Le normative nazionali in materia di successione incidono sulla libera circolazione dei capitali, in quanto riguardano l’acquisizione di beni situati in un altro Stato. Nel trasferimento mortis causa la Corte vede l’operazione transnazionale che costituisce il presupposto su cui s’innesta l’applicazione della libera circolazione dei capitali (14). Infatti, una successione consiste in una trasmissione a una o più persone del patrimonio lasciato da una persona deceduta o, in altri termini, in un trasferimento agli eredi dei diritti e degli obblighi inerenti a tale patrimonio.

38.      Una situazione nella quale una persona residente in uno Stato membro al momento del suo decesso lascia in eredità ad un’altra persona, residente anch’essa in tale Stato membro, beni situati in un altro Stato membro non costituisce affatto, secondo la Corte, una situazione puramente interna (15). Lo stesso deve valere in casi come la presente fattispecie, in cui il de cuius lascia in eredità all’unica erede il 100% delle quote di una società di capitali con sede in un paese terzo. Inoltre, in linea di principio gli eredi di quote di una società con sede in un paese terzo rientrano nell’ambito di applicazione della libera circolazione dei capitali, in quanto ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE la libera circolazione dei capitali è garantita anche nei confronti di paesi terzi. Pertanto l’eredità in discussione nel procedimento principale rappresenta un’operazione transnazionale, che soddisfa la definizione sopra riportata di «movimenti di capitali».

39.      Di conseguenza occorre rilevare che una normativa come quella in questione nella causa principale può sostanzialmente ricadere nella sfera di applicazione delle disposizioni del Trattato riguardanti la libera circolazione dei capitali.

ii)    Restrizione

40.      L’articolo 63, paragrafo 1, TFUE vieta in maniera generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri. In base ad una giurisprudenza consolidata risulta che le misure vietate dall’art. 63, paragrafo 1, TFUE, in quanto restrizioni dei movimenti di capitali, comprendono quelle che, in caso di trasmissione mortis causa, hanno l’effetto di diminuire il valore della successione per un erede residente in uno Stato diverso da quello in cui sono ubicati i beni di cui trattasi e che sono soggetti ad imposizione sulla successione da parte di tale Stato (16).

41.      Nel caso di specie, per quanto riguarda le quote di società, la normativa controversa, allorché la sede e la direzione di tale società si trovano all’estero, esclude la franchigia ai sensi dell’articolo 13a, paragrafo 1, punto 1, dell’ErbStG e la valutazione a un valore ridotto ai sensi dell’articolo 13a, paragrafo 2, dell’ErbStG. In tal modo l’eredità, nella misura in cui comprende quote di siffatte società, riceve un trattamento meno favorevole dal punto di vista del soggetto passivo rispetto ad un’eredità che include quote di società con la sede o la direzione nel territorio nazionale. In tal senso, dalla prospettiva degli eredi, si configura quindi una riduzione di valore dell’eredità e di conseguenza si deve ravvisare una restrizione alla libera circolazione dei capitali.

b)      Libertà di stabilimento

42.      La normativa nazionale controversa potrebbe però riguardare, per i suoi specifici obiettivi e in base al suo oggetto, anche l’ambito di applicazione della libertà di stabilimento.

i)      Criterio di sicura influenza sulla società

43.      A favore di tale tesi potrebbe incidere la circostanza che la normativa in discussione non si applica in generale a tutti i casi di trasferimento mortis causa di quote societarie, bensì vi sono assoggettate in modo mirato solo situazioni ben definite. Ai sensi dell’articolo 13a, paragrafi 1 e 2, in combinato disposto con il paragrafo 4, punto 3, dell’ErbStG, le agevolazioni fiscali sotto forma di franchigia e di valutazione a un valore ridotto trovano applicazione solo quando «il defunto deteneva direttamente una quota superiore a un quarto del capitale nominale della società». La restrizione dell’applicabilità a partecipazioni societarie a partire da una determinata percentuale, come esaminerò nel prosieguo, potrebbe avere conseguenze sulla delimitazione tra gli ambiti della libera circolazione dei capitali e della libertà di stabilimento.

44.      La libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 e seg. TFUE riguarda lo stabilimento di persone fisiche o giuridiche in un altro Stato membro per l’accesso ad attività autonome. Con ciò si deve intendere l’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata, mercé l’insediamento in pianta stabile in un altro Stato membro (17). La nozione di stabilimento è molto ampia, e implica la possibilità, per un cittadino dell’Unione, di partecipare, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine (18).

45.      La sentenza Baars(19) si presta in particolare a far comprendere l’essenza della libertà di stabilimento, segnatamente nel caso specifico in discussione in questa sede, in cui ad avvalersene è il titolare di quote di partecipazione in una società di capitali. Nella menzionata sentenza la Corte ha dichiarato applicabili le disposizioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento in una situazione in cui un cittadino di uno Stato membro, ivi residente, deteneva la totalità delle azioni di una società avente sede in un altro Stato membro. La Corte ha motivato la sua decisione dichiarando che siffatta partecipazione conferisce al suo detentore un’influenza sulle decisioni della società tale da consentirgli di indirizzarne le attività. Considerata la circostanza che la libertà di stabilimento comprende, fra l’altro, la costituzione e la gestione di imprese, in particolare di società, in uno Stato membro da parte di un cittadino di un altro Stato membro, si deve ritenere più che giusto che in una situazione come quella descritta, in cui il detentore della partecipazione esercita una funzione preminente all’interno della società, si faccia riferimento alle disposizioni del diritto primario relative a tale libertà fondamentale.

46.      A partire dalla sentenza Baars la giurisprudenza riconosce che le norme nazionali sulla detenzione di partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni della società interessata e di indirizzarne le attività rientrano nell’ambito di applicazione materiale delle disposizioni del Trattato sulla libertà di stabilimento (20). Tale giurisprudenza si può ritenere ormai consolidata. Pertanto, è del tutto coerente che la normativa nazionale qui in discussione venga esaminata nell’ottica di valutare se può rientrare anche nell’ambito di applicazione delle disposizioni sulla libertà di stabilimento. A tal fine dovrebbe riguardare, sotto il profilo dello scopo legislativo, quelle partecipazioni che consentono al detentore di esercitare una sicura influenza sulla società ai sensi della giurisprudenza. È dubbio a tale proposito se il limite previsto dal legislatore nazionale di oltre un quarto del capitale nominale di una società possa essere considerato sufficientemente elevato per soddisfare i requisiti posti nella giurisprudenza.

47.      È pacifico che le disposizioni nazionali citate stabiliscono solo una soglia minima per le quote di partecipazione, a partire dalla quale vengono concesse le agevolazioni fiscali. La normativa nazionale può quindi ovviamente applicarsi anche a situazioni in cui il detentore della partecipazione, come nel caso di specie, possiede una quota molto più consistente del capitale sociale. Proprio in un caso come quello di cui al procedimento principale, nel quale la ricorrente interessata ha una partecipazione del 100% nel capitale della società, non dovrebbero sussistere dubbi che si eserciti una notevole, se non totale influenza sulle decisioni della società secondo le norme del diritto societario nazionale e dello statuto. Si possono a mio avviso applicare per analogia alla presente causa, dato il parallelismo dei fatti, le conclusioni della Corte nella sentenza Baars. Come ha giustamente statuito la Corte in tale sentenza, chi detiene una tale influenza su una società si avvale del suo diritto di stabilimento (21). Non vi è invece spazio per applicare le disposizioni sulla libera circolazione dei capitali. Di conseguenza, su quest’ultima deve prevalere la libertà di stabilimento.

48.      Nulla impedisce tuttavia di aggiungere, a fini di completezza, al di là del contesto fattuale del procedimento principale, alcune considerazioni fondamentali sull’entità di tale soglia. Una partecipazione superiore a un quarto del capitale nominale, in effetti, non garantisce sempre la possibilità di indirizzare le attività della società. È molto più rilevante accertare la configurazione dell’azionariato (22). Tuttavia, come ha spiegato in modo convincente il governo tedesco facendo riferimento alle norme vigenti del diritto societario nazionale, anche una partecipazione relativamente modesta, pari almeno al 25%, consente al detentore della stessa di influenzare le sorti della società. Una simile partecipazione gli conferisce infatti una minoranza di blocco in caso di decisioni importanti, decisive per la sopravvivenza dell’impresa. Così, per esempio, qualsiasi modifica dello statuto di una società per azioni richiede, ai sensi dell’articolo 179, paragrafo 2, prima frase, dell’Aktiengesetz (legge sulle società per azioni, in prosieguo: l’«AktG») (23), una decisione dell’assemblea generale sostenuta da una maggioranza di almeno tre quarti del capitale sociale detenuto dai soci presenti al momento della votazione. Pertanto, una modifica dello statuto potrebbe essere impedita se una minoranza composta almeno dal 25% del capitale sociale rappresentato la respinge. Una situazione analoga si verifica nel caso di una società a responsabilità limitata, nella quale qualsiasi modifica dello statuto ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 2, della legge sulle società a responsabilità limitata (in prosieguo: la «GmbHG») (24) presuppone una decisione dei soci con una maggioranza di tre quarti dei voti. Se non si raggiunge tale maggioranza, la decisione di modifica dello statuto non viene adottata.

49.      Le suddette considerazioni potrebbero avere svolto un ruolo allorché il legislatore tedesco ha fissato in maniera vincolante il valore limite a partire dal quale si devono concedere le agevolazioni fiscali. Come si deduce dalle osservazioni del governo tedesco (25) e della Commissione (26), tali agevolazioni erano appunto applicabili alla successione di quote di capitali rilevanti. Lo scopo della normativa era concedere uno sgravio su tali quote e incoraggiare l’attività imprenditoriale. In tal modo si intendeva assicurare la sopravvivenza di imprese e posti di lavoro nella fase, considerata critica, di trasferimento della società in caso di successione. Tuttavia ciò presupponeva una sicura influenza sull’impresa, per cui il gruppo destinatario dell’agevolazione comprendeva solo gli eredi di quote che conferiscono ai titolari un potere decisionale. Di conseguenza, le conclusioni tratte da un’analisi delle disposizioni nazionali di diritto societario e tributario confermano l’ipotesi che tale normativa sia rivolta alle partecipazioni che conferiscono una sicura influenza su una società ai sensi della giurisprudenza.

50.      Neppure con un esame alla luce dell’attuale giurisprudenza si perviene a un risultato diverso. Si consideri la causa Lasertec (27), nella quale la misura nazionale controversa si applicava a situazioni in cui una società non residente detenesse una partecipazione superiore al 25% nella società residente. Inoltre, la società interessata era in possesso di due terzi del capitale sociale, motivo per cui trovava applicazione la libertà di stabilimento. Nella causa Truck Center (28) il provvedimento in discussione era limitato alle partecipazioni pari almeno al 25%. L’interessato deteneva il 48% del capitale, situazione che secondo la Corte gli conferiva una sicura influenza. La giurisprudenza citata conferma che già il requisito minimo fissato per legge di detenere una quota superiore a un quarto del capitale nominale di una società è sufficiente perché la fattispecie rientri nel campo di applicazione della normativa. A maggior ragione questo deve valere se, come nel procedimento principale, si detiene addirittura la quota del 100% del capitale sociale.

51.      Poiché nel caso di specie si deve ritenere che sussista una sicura influenza sulla società, secondo la giurisprudenza della Corte dovrebbero applicarsi sostanzialmente le disposizioni in materia di libertà di stabilimento.

ii)    Sulle obiezioni contro l’applicazione di tale giurisprudenza nel caso in esame

52.      Nell’ordinanza di rinvio (29) il giudice a quo solleva dubbi circa l’applicabilità della citata giurisprudenza al procedimento principale, facendo presente che le pronunce che caratterizzano tale giurisprudenza non avrebbero ad oggetto la tassazione in caso di successione, ma contesti diversi. Il giudice del rinvio sembra quindi propendere per l’applicazione delle disposizioni in materia di libera circolazione dei capitali. A suo parere, la libertà di stabilimento è, in un siffatto caso, semmai indirettamente interessata e, pertanto, non può escludere l’applicazione della libera circolazione dei capitali. Tuttavia detto giudice riconosce che spetta alla Corte chiarire definitivamente la questione.

53.      Rispetto ai dubbi sollevati dal giudice del rinvio, occorre ricordare che, nella sentenza Geurts e Vogten (30), la Corte ha già applicato la giurisprudenza citata ad una disciplina tributaria in materia di imposte di successione. Tale normativa concerneva imprese familiari in cui il capitale sociale era detenuto almeno al 50% dal defunto – eventualmente insieme a stretti familiari –, il che gli conferiva una sicura influenza sulle decisioni della società interessata e gli consentiva di indirizzarne le attività. Nel caso in parola il defunto deteneva congiuntamente alla moglie, in parte direttamente e in parte indirettamente, il 100% del capitale di una società con sede in un altro Stato membro. Pertanto la fattispecie soddisfaceva i requisiti per rientrare nel campo di applicazione della libertà di stabilimento.

54.      Nella summenzionata fattispecie la Corte ha statuito che la normativa controversa incide in modo preponderante sulla libertà di stabilimento e rientra nella sfera di applicazione delle sole disposizioni del Trattato relative a tale libertà. Secondo la Corte, qualora tale provvedimento nazionale abbia effetti restrittivi sulla libera circolazione dei capitali, tali effetti andrebbero considerati come l’inevitabile conseguenza di un eventuale ostacolo alla libertà di stabilimento e non giustificano un esame del detto provvedimento sulla base delle disposizioni sulla libera circolazione dei capitali (31). La sentenza Geurts e Vogten indica quindi in maniera molto chiara che, quando è precipuamente interessata, la libertà di stabilimento prevale sulla libera circolazione dei capitali.

55.      Tale sentenza dimostra allo stesso modo che non è evidente alcun motivo per non applicare tale giurisprudenza a fattispecie di natura tributaria riguardanti successioni ereditarie. La circostanza che il trasferimento mortis causa costituisca una particolare forma di movimento di capitali non osta minimamente a tale applicazione. Da un lato, l’acquisizione per successione costituisce un trasferimento di quote come qualunque altro, e qualsiasi partecipazione a un’impresa comporta un trasferimento di capitali. Dall’altro lato si deve considerare che, siccome il diritto tributario in materia di successione incide direttamente sugli interessi dell’erede, come ha giustamente dichiarato la Commissione, si deve coerentemente tener conto anche del suo punto di vista (32). A tale proposito occorre considerare che l’erede, nel corso del trasferimento giuridico, viene a trovarsi nella stessa situazione di qualsiasi altro detentore di quote della società. L’erede subentra infatti nella posizione del de cuius per quanto riguarda il bene ereditato. Di conseguenza gli spettano le stesse libertà fondamentali derivanti dal diritto dell’Unione che spettavano al defunto quand’era in vita e deteneva le quote della società. In tal senso la distinzione operata dalla Corte tra le cosiddette quote di portafoglio e le quote che mettono il titolare in condizioni di influenzare l’attività della società interessata mantengono tutta la loro rilevanza. Quest’ultimo caso equivale sotto ogni aspetto ad uno stabilimento dell’erede in un altro Stato.

56.      A titolo precauzionale, si deve infine rilevare che la sentenza Busley e Cibrian Fernandez (33), diversamente da quanto ritiene il giudice del rinvio, non offre indizi utili per la valutazione del rapporto tra le due libertà fondamentali, tanto più che le osservazioni della Corte si riferivano esclusivamente alle circostanze concrete del caso di specie. In tale causa la Corte non aveva motivo di approfondire la questione dell’applicabilità della libertà di stabilimento, in quanto la situazione da cui traeva origine la controversia aveva a oggetto la successione per un altro bene, segnatamente un immobile, e non, come nella presente fattispecie, una partecipazione societaria. Lo stesso vale per le altre sentenze citate nell’ordinanza di rinvio Eckelkamp (34), Arens-Sikken (35) e Mattner (36). Di conseguenza, in tali cause la Corte ha anche deciso che l’acquisizione mortis causa di immobili è soggetta in linea di principio alla libera circolazione dei capitali. La suddetta giurisprudenza in sé non è censurabile, tuttavia risulta poco utile per valutare il contesto della controversia principale nella presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

57.      Perciò, ad un più attento esame, i dubbi del giudice del rinvio si rivelano infondati. Non rilevo pertanto argomenti convincenti contro l’applicabilità dei principi della giurisprudenza Baars al procedimento principale. Ne deriva che una normativa nazionale come quella in discussione nel procedimento principale sostanzialmente rientra nel campo di applicazione ratione materiae della libertà di stabilimento.

3.      Conclusione intermedia

58.      Sulla base delle suesposte considerazioni si deve constatare che, in linea di principio, la normativa nazionale controversa riguarda sia la libera circolazione dei capitali sia la libertà di stabilimento.

C –    Delimitazione dell’ ambito di applicazione delle libertà fondamentali

59.      Dopo aver esaminato separatamente in che modo la normativa controversa incide sulla libera circolazione dei capitali e sulla libertà di stabilimento, si pone ora la questione se eventualmente una delle due libertà fondamentali sia precipuamente interessata. A tale scopo occorre considerare la normativa nazionale sia nel suo complesso sia in riferimento al rapporto delle singole disposizioni tra loro.

60.      Occorre anzitutto considerare rilevante la circostanza che queste normative siano rivolte esclusivamente alle partecipazioni societarie che consentono al detentore delle quote di esercitare una sicura influenza sulla società. Questa circostanza va a sostegno della tesi secondo cui è direttamente interessata la libertà di stabilimento, e non invece la libera circolazione dei capitali. In base alla giurisprudenza della Corte già esaminata sulla delimitazione dell’ambito di applicazione delle due libertà fondamentali, in un contesto fattuale del genere la prima dovrebbe prevalere a discapito della seconda.

61.      Nell’analisi della suddetta questione occorre però tener conto anche della disposizione di cui all’articolo 13, paragrafo 5, dell’ErbStG, in cui per la concessione delle agevolazioni fiscali viene posta all’erede la condizione – allorché la società ha la sede o la direzione in uno Stato del SEE – che si impegni alla continuazione dell’attività di impresa per almeno cinque anni e a non cederne le quote. La disciplina prevede inoltre la decadenza delle agevolazioni con effetto retroattivo qualora l’erede non si attenga a queste prescrizioni. Essa è manifestamente incentrata su situazioni in cui l’erede, nell’esercizio della libertà di stabilimento, partecipa continuativamente alla vita economica in un altro Stato. Infatti viene prescritto che debba proseguire l’impresa, e per un periodo non irrilevante. La prospettiva della decadenza delle agevolazioni con effetto retroattivo mira ad assicurare che l’erede, nella nuova veste di imprenditore acquisita dopo il trasferimento giuridico, orienti il proprio comportamento a lungo termine in base alle indicazioni del legislatore nazionale. Attraverso l’offerta di incentivi finanziari per la continuazione dell’impresa l’erede viene attirato nel ruolo di imprenditore come conseguenza della stessa legge. Il suo margine discrezionale, se non vuole perdere i benefici fiscali, risulta notevolmente ridotto, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di cedere le quote di partecipazione o anche di decidere un trasferimento della sede della società al di fuori del SEE. Proprio in considerazione dell’effetto voluto sull’erede, che assume una posizione di rilievo nell’impresa del defunto, tale da consentirgli di indirizzarne il comportamento commerciale, una limitazione della libera circolazione dei capitali appare unicamente la conseguenza inevitabile di una limitazione della libertà di stabilimento.

62.      Dalle suesposte considerazioni risulta che la normativa nazionale controversa incide in modo preponderante sulla libertà di stabilimento e rientra nella sfera di applicazione delle sole disposizioni del Trattato relative a tale libertà. Di conseguenza, come ha stabilito la Corte nella sentenza Geurts e Vogten in una fattispecie analoga (37), non occorre più esaminare eventuali limitazioni alla libera circolazione dei capitali per valutarne la compatibilità con gli articoli 63 TFUE-65 TFUE.

63.      Tale conclusione è valida anche quando si tratta, come nel procedimento principale, di stabilimento in un paese terzo e, pertanto, le disposizioni in materia di libertà di stabilimento non sono in ultima analisi applicabili (38).

64.      Tutto ciò considerato, concludo che la ricorrente nel procedimento principale non può invocare la libera circolazione dei capitali per godere delle agevolazioni fiscali previste dal diritto nazionale. Il criterio giuridico sulla base del quale valutare la compatibilità della normativa nazionale controversa con il diritto dell’Unione è infatti costituito unicamente dalla disposizioni di diritto primario relative alla libertà di stabilimento. Tuttavia, la ricorrente non può richiamarsi a tali disposizioni, visto che nel caso di specie il collegamento transnazionale sussiste solo nei confronti del Canada, in quanto paese terzo.

65.      Di conseguenza, in riferimento all’oggetto della questione pregiudiziale, si deve altresì constatare che le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali non ostano a una normativa nazionale come quella controversa che, ai fini del calcolo dell’imposta di successione gravante su un bene ereditato, prevede che la partecipazione, compresa nel patrimonio personale, come unico socio di una società di capitali con sede e direzione in Canada sia valutata in base al valore pieno, mentre in caso di acquisizione di analoga quota di una società di capitali con sede o direzione nel territorio nazionale viene concessa una franchigia in riferimento a beni specifici e il valore residuo viene preso in considerazione solo nella misura del 65% del suo importo.

VII – Conclusione

66.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di fornire alla questione pregiudiziale sottoposta dal Bundesfinanzhof la risposta seguente:

L’articolo 63, paragrafo 1, TFUE (ex articolo 56, paragrafo 1, CE) in combinato disposto con l’articolo 65 TFUE (ex articolo 58 CE) deve essere interpretato nel senso che non osta alla normativa di uno Stato membro la quale, ai fini del calcolo dell’imposta di successione gravante su un’eredità, prevede che la partecipazione, compresa nel patrimonio personale, come socio unico in una società di capitali con sede e direzione in Canada sia valutata in base al valore pieno, mentre in caso di acquisizione di analoga quota di una società di capitali con sede o direzione nel territorio nazionale viene concessa una franchigia in riferimento a beni specifici e il valore residuo viene preso in considerazione solo nella misura del 65% del suo importo.


1 – Lingua originale delle conclusioni: il tedesco


      Lingua del procedimento: il tedesco


2–      GU L 178, pag. 5.


3 – Versione della pubblicazione del 27 febbraio 1997 (BGBl. I, pag. 378), con successive modifiche.


4–      Sentenza del 17 gennaio 2008 (C‑256/06, Racc. pag. I‑123).


5–      Sentenza cit. alla nota 4 (punto 56).


6–      V. le conclusioni dell’avvocato generale Alber del 14 ottobre 1999 nella causa Baars (sentenza del 13 aprile 2000, C‑251/98, Racc. pag. I‑2787, paragrafi 28‑30).


7–      V. sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, Racc. pag. I‑7995, punti 31‑33); del 3 ottobre 2006, Fidium Finanz (C‑452/04, Racc. pag. I‑9521, punti 34 e 44‑49); del 12 dicembre 2006, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C‑374/04, Racc. pag. I‑11673, punti 37 e seg.), e Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, Racc. pag. I‑11753, punto 36), e del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (C‑524/04, Racc. pag. I‑2107, punti 26‑34), nonché del 10 febbraio 2011, Haribo e Österreichische Salinen (C‑436/08 e C‑437/08, Racc. pag. I-305, punto 34).


8–      V. sentenze del 24 marzo 1994, Schindler (C‑275/22, Racc. pag. I‑1039, punto 22); del 22 gennaio 2002, Canal Satélite Digital (C‑390/99, Racc. pag. I‑607, punto 31); del 25 marzo 2004, Karner (C‑71/02, Racc. pag. I‑3025, punto 46); del 14 ottobre 2004, Omega (C‑36/02, Racc. pag. I‑9609, punto 26); del 26 maggio 2005, Burmanjer e a. (C‑20/03, Racc. pag. I‑4133, punto 35), e Fidium Finanz (cit. alla nota 7, punto 34).


9–      V. sentenze Omega (cit. alla nota 8, punto 27); Cadbury Schweppes und Cadbury Schweppes Overseas (cit. alla nota 7, punto 33); Fidium Finanz (cit. alla nota 7, punto 48); ordinanze del 10 maggio 2007, Lasertec (C‑492/04, Racc. pag. I‑3775, punto 25); del 10 maggio 2007, A und B (C‑102/05, Racc. pag. I-3871, punto 27); del 18 luglio 2007, Oy AA (C‑231/05, Racc. pag. 2007, I‑6373, punto 24); del 25 ottobre 2007, Geurts e Vogten (C‑464/05, Racc. pag. I‑9325, punto 16); del 15 maggio 2008, Lidl Belgium (C‑414/06, Racc. pag. I‑3601, punto 16); del 26 giugno 2008, Burda (C‑284/06, Racc. pag. I‑4571, punto 74); del 26 marzo 2009, Commissione/Italia (C‑326/07, Racc. pag. I‑2291, punto 39); del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha (C‑303/07, Racc. pag. I‑5145, punto 35), e dell’11 marzo 2010, Attanasio Group (C‑384/08, Racc. pag. I‑2055, punto 40).


10–      V. sentenze del 24 maggio 2007, Holböck (C‑157/05, Racc. pag. I‑4051, punto 24); Commissione/Italia (cit. alla nota 9, punto 36), e dell’11 novembre 2010, Commissione/Portogallo (C‑543/08, Racc. pag. I-11241, punto 43).


11– V. sentenze del 7 settembre 2004, Manninen (C‑319/02, Racc. pag. I‑7477, punto 19); del 14 settembre 2006, Centro di Musicologia Walter Stauffer (C‑386/04, Racc. pag. I‑8203, punto 15); del 29 marzo 2007, Rewe Zentralfinanz (C‑347/04, Racc. pag. I‑2647, punto 21), e Jäger (cit. alla nota 4, punto 23).


12–      V. sentenze del 16 marzo 1999, Trummer e Mayer (C‑222/97, Racc. pag. I‑1661, punto 21); del 5 marzo 2002, Reisch e a. (da C‑519/99 a C‑524/99 e da C‑526/99 a C‑540/99, Racc. pag. I‑2157, punto 30); del 23 febbraio 2006, Van Hilten-van der Heijden (C‑513/03, Racc. pag. I‑1957, punto 39); Fidium Finanz (cit. alla nota 7, punto 41), e del 10 febbraio 2011, Missionswerk Werner Heukelbach (C‑25/10, Racc. pag. I-497, punto 15). L’interpretazione della nozione di «movimenti di capitali» ai sensi dell’articolo 63 TFUE costituisce un esempio di interpretazione sistematica di atti giuridici di rango diverso all’interno della gerarchia normativa dell’Unione. A tale proposito la Corte interpreta il diritto primario facendo ricorso al diritto derivato a tal fine adottato (v. al riguardo Grundmann, S. «Inter-Instrumental-Interpretation, Systembildung durch Auslegung im Europäischen Unionsrecht», in Rabels Zeitschrift für ausländisches und internationales Privatrecht, vol. 75, 2011, pag. 898).


13–      V. sentenza Jäger (cit. alla nota 4, punto 25).


14–      V. sentenze dell’11 dicembre 2003, Barbier (C‑364/01, Racc. pag. I‑15013, punto 58), e Hilten-van der Heijden (cit. alla nota 12, punti 41 e 42).


15–      V. sentenza Jäger (cit. alla nota 4, punto 26).


16–      V. sentenze Van Hilten-van der Heijden (cit. alla nota 12, punto 44); Jäger (cit. alla nota 4, punto 32), e Missionswerk Werner Heukelbach (cit. alla nota 12, punto 22).


17–      V. sentenze del 25 luglio 1991, Factortame II (C‑221/89, Racc. pag. I‑3905, punto 20), e del 30 novembre 1995, Gebhard (C‑55/94, Racc. pag. I‑4165, punto 25).


18–      V. sentenze Gebhard (cit. alla nota 17, punto 25), e del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, Racc. pag. I‑7409, punto 26).


19–      Sentenza del 13 aprile 2000, Baars (cit. alla nota 6).


20–      V. sentenze del 23 ottobre 2007, Commissione/Germania (C‑112/05, Racc. pag. I‑8995, punto 13); Commissione/Italia (cit. alla nota 9, punto 34); del 21 ottobre 2010, Idryma Typou (C‑81/09, Racc. pag. I-10161, punto 47); Commissione/Portogallo (cit. alla nota 10, punto 41), e del 10 novembre 2011, Commissione/Portogallo (C‑212/09, Racc. pag. I-10889, punto 43).


21–      V. sentenza Baars (cit. alla nota 6, punto 22).


22–      V. sentenza Commissione/Italia (cit. alla nota 9, punto 38).


23 – Aktiengesetz del 6 settembre 1965 (BGBl. I, pag. 1089), modificata da ultimo dall’articolo 2, paragrafo 49, della legge del 22 dicembre 2011 (BGBl. I, pag. 3044).


24 – Legge sulle società a responsabilità limitata, nella versione rivista pubblicata nel Bundesgesetzblatt, parte III, riferimento numero 4123-1, modificata da ultimo dall’articolo 2, paragrafo 51, della legge del 22 dicembre 2011 (BGBl. I, pag. 3044).


25–      V. paragrafo 60 della memoria del governo tedesco.


26–      V. punto 50 delle osservazioni della Commissione.


27 – Ordinanza Lasertec (cit. alla nota 9).


28–      Sentenza del 22 dicembre 2008, Truck Center (C‑282/07, Racc. pag. I‑10767).


29–      V. pag. 8 dell’ordinanza di rinvio.


30 – Sentenza Geurts e Vogten (cit. alla nota 9).


31–      V. sentenza Geurts e Vogten (cit. alla nota 9, punto 16).


32–      V. punto 48 delle osservazioni della Commissione.


33–      Sentenza del 15 ottobre 2009, Busley e Cibrian Fernandez (C‑35/08, Racc. pag. I‑9807).


34–      Sentenza dell’11 settembre 2008, Eckelkamp (C‑11/07, Racc. pag. I‑6845).


35–      Sentenza dell’11 settembre 2008, Arens-Sikken (C‑43/07, Racc. pag. I‑6887).


36–      Sentenza del 22 aprile 2010, Mattner (C‑510/08, Racc. pag. I‑3553).


37–      V. paragrafo 54 delle presenti conclusioni.


38–      V. ordinanze Lasertec (cit. alla nota 9, punto 27), e del 6 novembre 2007, Stahlwerk Ergste Westig (C‑415/06, non pubblicata nella Raccolta, punto 13); v. anche sentenza Holböck (cit. alla nota 10, punto 28). V. analogamente, in riferimento al rapporto tra libera prestazione dei servizi e libera circolazione dei capitali, la sentenza Fidium Finanz (cit. alla nota 7, punto 50).