Language of document : ECLI:EU:C:2010:264

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

VERICA TRSTENJAK

presentate l’11 maggio 2010 1(1)

Causa C‑467/08

Sociedad General de Autores y Editores (SGAE)

contro

PADAWAN S. L.

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Audiencia Provincial de Barcelona (Spagna)]

«Direttiva 2001/29/CE – Diritti d’autore e diritti connessi – Art. 2 – Diritto di riproduzione – Art. 5, n. 2, lett. b) – Eccezioni e limitazioni – Equo compenso – Portata – Sistema di prelievo per gli apparecchi, dispositivi e materiali collegati alla riproduzione digitale»





I –    Introduzione

1.        L’invenzione della stampa da parte di Johannes Gutenberg, intorno all’anno 1450, rappresentò un significativo punto di svolta culturale nella storia dell’Europa e del mondo. Questo evento, che comportava l’introduzione di un nuovo sistema di riproduzione e presentava, a prima vista, un significato meramente tecnico, fu in grado di avviare una rivoluzione nei mezzi di comunicazione che condusse ad una grande fioritura della vita intellettuale europea. Esso rese possibile, infatti, attraverso l’esatta replicazione del sapere, un agevole accesso all’informazione ed alla formazione per un numero sempre maggiore di cittadini, in una misura mai conosciuta prima. Si favorì, in tal modo, una diffusione delle idee su larga scala ed un loro vivace scambio, il che spianò la strada al periodo culturale del Rinascimento e, più tardi, dell’Illuminismo. Nel contempo assumeva rilevanza la paternità delle opere, in quanto divenne sempre più importante la questione relativa al soggetto realizzatore, all’opera prodotta, nonché al contesto fattuale e temporale in cui ciò era avvenuto. Di qui si fece più stringente la necessità di tutelare efficacemente il diritto degli autori sulle loro opere e degli stampatori ed editori che si occupavano della realizzazione delle copie. Nacque così l’idea di base del diritto d’autore. I problemi relativi al controllo delle riproduzioni delle opere letterarie e artistiche si mostrano a posteriori antiquati come le tecniche impiegate per la loro stessa realizzazione (2). Essi sono divenuti attuali, come dimostra la causa in esame, a maggior ragione perché il progresso tecnologico verso l’era digitale ha generato nuovi sistemi e dispositivi che consentono ora a qualsiasi persona di memorizzare dati in forma digitale, di modificarli e di riprodurli ad libitum. Al legislatore ed al giudice spetta il delicato compito di escogitare soluzioni utili per queste nuove sfide che devono tener conto in ugual misura degli interessi degli autori e degli utenti.

2.        Nel presente procedimento pregiudiziale ex art. 234 CE (3) la Audiencia Provincial de Barcelona (in prosieguo: il «giudice del rinvio») sottopone alla Corte una serie di questioni concernenti l’interpretazione della nozione di «equo compenso», enunciata nell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (4), il quale compenso spetta, in forza di questa deroga, ai titolari di diritti d’autore in caso di riproduzione dell’opera o di altro materiale protetto per uso privato.

3.        Tali questioni sono sorte nell’ambito di una causa nella quale la Sociedad General de Autores y Editores des España (SGAE; in prosieguo: la «ricorrente nella causa principale»), un organismo spagnolo di gestione di diritti di proprietà intellettuale, reclama dall’impresa Padawan S. L. (in prosieguo: la «resistente nella causa principale») il pagamento di un compenso forfettario per copia privata relativamente ai supporti di memorizzazione da questa commercializzati in un periodo di tempo precisamente circoscritto.

II – Contesto normativo

A –    Normativa dell’Unione

4.        Il decimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29/CE prevede:

«Per continuare la loro attività creativa e artistica, gli autori e gli interpreti o esecutori debbono ricevere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere, come pure i produttori per poter finanziare tale creazione. Gli investimenti necessari a fabbricare prodotti quali riproduzioni fonografiche, pellicole o prodotti multimediali e servizi quali i servizi su richiesta (“on-demand”) sono considerevoli. È necessaria un’adeguata protezione giuridica dei diritti di proprietà intellettuale per garantire la disponibilità di tale compenso e consentire un soddisfacente rendimento degli investimenti».

5.        Il trentunesimo ‘considerando’ così recita:

«Deve essere garantito un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi delle varie categorie di titolari nonché tra quelli dei vari titolari e quelli degli utenti dei materiali protetti. Le eccezioni e limitazioni alla protezione esistenti nelle legislazioni degli Stati membri devono essere riesaminate alla luce del nuovo ambiente elettronico. Le differenze esistenti nelle eccezioni e limitazioni relative a determinati atti hanno effetti negativi diretti sul funzionamento del mercato interno nel settore del diritto d’autore e dei diritti connessi. Tali differenze potrebbero facilmente accentuarsi con l’ulteriore sviluppo dell’utilizzazione economica transfrontaliera di opere e delle attività transfrontaliere. Onde garantire il corretto funzionamento del mercato interno, tali eccezioni e limitazioni dovrebbero essere definite in modo più uniforme. Il grado di armonizzazione di dette eccezioni dovrebbe dipendere dal loro impatto sul corretto funzionamento del mercato interno».

6.        Il trentaduesimo ‘considerando’ dichiara:

«La presente direttiva fornisce un elenco esaustivo delle eccezioni e limitazioni al diritto di riproduzione e al diritto di comunicazione al pubblico. Talune eccezioni o limitazioni si applicano, se del caso, solo al diritto di riproduzione. Tale elenco tiene debito conto delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri e mira, allo stesso tempo, a garantire il funzionamento del mercato interno. Gli Stati membri dovrebbero arrivare ad applicare in modo coerente tali eccezioni e limitazioni e ciò dovrebbe essere valutato al momento del riesame futuro della legislazione di attuazione».

7.        Il trentacinquesimo ‘considerando’ così recita:

«In taluni casi di eccezioni o limitazioni i titolari di diritti dovrebbero ricevere un equo compenso affinché siano adeguatamente indennizzati per l’uso delle loro opere o dei materiali protetti. Nel determinare la forma, le modalità e l’eventuale entità di detto equo compenso si dovrebbe tener conto delle peculiarità di ciascun caso. Nel valutare tali peculiarità, un valido criterio sarebbe quello dell’eventuale pregiudizio subito dai titolari dei diritti e derivante dall’atto in questione. Se i titolari dei diritti hanno già ricevuto un pagamento in altra forma, per esempio nell’ambito di un diritto di licenza, ciò non può comportare un pagamento specifico o a parte. Il livello dell’equo compenso deve tener pienamente conto della misura in cui ci si avvale delle misure tecnologiche di protezione contemplate dalla presente direttiva. In talune situazioni, allorché il danno per il titolare dei diritti sarebbe minimo, non può sussistere alcun obbligo di pagamento».

8.        Nel trentottesimo ‘considerando’ si afferma:

«Si dovrebbe consentire agli Stati membri di prevedere un’eccezione o una limitazione al diritto di riproduzione per taluni tipi di riproduzione di materiale sonoro, visivo e audiovisivo ad uso privato con un equo compenso. Si potrebbe prevedere in questo contesto l’introduzione o il mantenimento di sistemi di remunerazione per indennizzare i titolari dei diritti del pregiudizio subito».

9.        L’art. 2 della direttiva dispone quanto segue:

«Diritto di riproduzione

Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte:

a) agli autori, per quanto riguarda le loro opere;

b) agli artisti interpreti o esecutori, per quanto riguarda le fissazioni delle loro prestazioni artistiche;

c) ai produttori di fonogrammi per quanto riguarda le loro riproduzioni fonografiche;

d) ai produttori delle prime fissazioni di una pellicola, per quanto riguarda l’originale e le copie delle loro pellicole;

e) agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite».

10.      L’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva prescrive quanto segue:

«Eccezioni e limitazioni

(...)

Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni al diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 per quanto riguarda:

(...)

b) le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali a condizione che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso;

(...)».

B –    Normativa nazionale

11.      Secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, la disposizione di cui all’art. 2 della direttiva 2001/29/CE è stata recepita nell’art. 17 del Real Decreto Legislativo (regio decreto legislativo) 12 aprile 1996, n. 1, relativo all’approvazione del «Texto Refundido de la Ley de Propiedad Intelectual» (testo consolidato della legge sulla proprietà intellettuale; in prosieguo: il «TRLPI»), che riconosce «all’autore l’esercizio esclusivo dei diritti di sfruttamento della propria opera in ogni forma e, in particolare, dei diritti di riproduzione (...), atti [di riproduzione] che non potranno essere realizzati senza la sua autorizzazione, fatti salvi i casi previsti dalla presente legge» e dagli articoli corrispondenti che estendono tale diritto di riproduzione agli altri titolari di diritti di proprietà intellettuale.

12.      L’art. 18 del TRLPI fornisce la seguente definizione di riproduzione: «la fissazione dell’opera su un mezzo che consenta la sua comunicazione e la realizzazione di copie, totali o parziali, della stessa».

13.      In conformità al disposto dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, l’art. 31, n. 2, del TRLPI prevede che le opere già divulgate possano essere riprodotte senza autorizzazione dell’autore nel caso, inter alia, di «uso privato di chi realizza la copia, fatto salvo quanto disposto dagli artt. 25 e 99, lett. a), della presente legge, e sempreché la copia non sia oggetto di utilizzazione collettiva né a scopo lucrativo».

14.      L’art. 25 del TRLPI, nel testo precedente alla legge di riforma del 7 luglio 2006, n. 23 (5), stabiliva regole particolarmente dettagliate in merito al compenso economico spettante ai titolari di diritti di proprietà intellettuale per la riproduzione realizzata esclusivamente ad uso privato, «mediante dispositivi o strumenti tecnici non tipografici, di opere divulgate in forma di libri o pubblicazioni che siano ad essi assimilate dalla normativa vigente, nonché di fonogrammi, videogrammi o di altri supporti sonori, visivi o audiovisivi».

15.      Tale compenso, che deve essere equo ed unico, consiste in un prelievo imposto, oltre che sugli apparecchi o dispositivi di riproduzione di libri, anche sugli apparecchi o dispositivi di riproduzione di fonogrammi e videogrammi, nonché sui materiali di riproduzione sonora, visiva o audiovisiva (art. 25, n. 5, del TRLPI). Sono tenuti al pagamento di detto prelievo i fabbricanti e gli importatori di tali apparecchi e materiali, nonché i «distributori, grossisti e dettaglianti, successivi acquirenti dei suddetti prodotti» [art. 25, n. 4, lett. a), del TRLPI]; inoltre, l’effettività del prelievo è assicurata dagli organismi di gestione di diritti di proprietà intellettuale {art. 25, n. [8], del TRLPI}.

16.      La legge di riforma n. 23/2006 ha emendato l’art. 25 del TRLPI con l’obiettivo specifico di estendere il prelievo de quo agli apparecchi, ai dispositivi e ai materiali di riproduzione digitale, ove l’importo del compenso deve essere determinato congiuntamente dal Ministero della cultura e dal Ministero dell’industria, del turismo e del commercio in base ai seguenti criteri: in primo luogo, agli organismi di gestione e alle associazioni di settore che rappresentano in modo maggioritario i soggetti obbligati al pagamento viene attribuito un termine di quattro mesi affinché concordino quali apparecchi, dispositivi e supporti materiali siano soggetti al pagamento per l’equo compenso per copia privata nonché gli importi da versare in ciascun caso; in secondo luogo, il Ministero della cultura ed il Ministero dell’industria, del turismo e del commercio, trascorsi tre mesi dalla comunicazione dell’accordo o dallo scadere del termine di quattro mesi senza che detto accordo sia stato raggiunto, approvano l’elenco degli apparecchi, dispositivi e supporti materiali soggetti al «prelievo», nonché gli importi dello stesso (art. 25, n. 6, del TRLPI).

17.      A tale fine, la stessa legge stabilisce taluni criteri da osservare: a) il pregiudizio effettivamente recato ai titolari di diritti di proprietà intellettuale mediante le riproduzioni classificate come copia privata; b) il grado in cui gli apparecchi, i dispositivi ed i supporti materiali vengono utilizzati per realizzare detta copia privata; c) la capacità di memorizzazione di tali apparecchi, dispositivi e supporti materiali per detta copia privata; d) la qualità delle riproduzioni; e) la disponibilità, il grado di applicabilità e l’efficacia delle misure tecnologiche; f) il tempo di conservazione delle riproduzioni, e g) la necessità che i relativi importi del compenso applicabili ai diversi apparecchi e dispositivi siano economicamente proporzionati al prezzo medio finale di vendita al pubblico degli stessi (art. 25, n. 6, del TRLPI).

18.      In esecuzione della normativa sopra esposta, l’Orden Ministerial (decreto ministeriale) 18 giugno 2008, n. 1743 (6), ha sancito che gli apparecchi, i dispositivi ed i supporti materiali digitali di riproduzione debbano essere assoggettati al pagamento del compenso per copia privata, oltre che dell’importo del compenso che ogni soggetto obbligato sarà tenuto a pagare per ciascuno di tali prodotti.

III – Fatti, causa principale e questioni pregiudiziali

19.      Come già rilevato supra, la ricorrente nella causa principale è un organismo spagnolo di gestione di diritti di proprietà intellettuale. La resistente nella causa principale commercializza dispositivi di memorizzazione quali, tra l’altro, CD-R, CD-RW, DVD-R e dispositivi MP3. La ricorrente ha preteso da quest’ultima il pagamento di un compenso forfettario per le copie private relativamente ai supporti commercializzati nel periodo compreso tra il settembre 2002 ed il settembre 2004.

20.      Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda condannando la resistente al pagamento di EUR 16 759, 25, oltre i relativi interessi. Avverso tale decisione la resistente ha presentato ricorso in appello.

21.      Il giudice del rinvio, chiamato a decidere sul ricorso, ha manifestato nell’ordinanza dubbi concernenti la corretta interpretazione da fornire alla nozione di «equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE. Si chiede, infatti, se la disciplina vigente nel Regno di Spagna, per la quale gli apparecchi, i dispositivi e i materiali di riproduzione digitale sono gravati indiscriminatamente da un prelievo per copia privata, possa essere considerata conforme alla direttiva. Il giudice è dell’avviso che la risposta data ai suoi quesiti sia determinante ai fini della soluzione della causa principale, nella misura in cui da essa dipenda il diritto della ricorrente nella causa principale di reclamare l’equo compenso per copia privata relativamente a tutti i CD-R, CD-RW, DVD-R e dispositivi MP3 commercializzati dalla resistente nel periodo di tempo sopra indicato, ovvero limitatamente a quegli apparecchi e supporti di riproduzione digitale per i quali possa presumersi che siano stati utilizzati a fini di copia privata.

22.      Il giudice del rinvio ha pertanto sospeso il procedimento e quindi sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1)         Se la nozione di «equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29 implichi o meno un’armonizzazione, indipendentemente dalla facoltà attribuita agli Stati membri di scegliere il sistema di remunerazione che ritengano adeguato a rendere effettivo il diritto all’«equo compenso» che spetta ai titolari dei diritti di proprietà intellettuale lesi dall’adozione dell’eccezione per copia privata al diritto di riproduzione.

2)         Se, indipendentemente dal sistema impiegato da ciascuno Stato membro per determinare l’equo compenso, tale sistema debba preservare un giusto equilibrio tra i soggetti coinvolti, ossia, da un lato, i titolari dei diritti di proprietà intellettuale danneggiati dalla eccezione per copia privata, cui spetta tale compenso, e, dall’altro, i soggetti direttamente o indirettamente obbligati al pagamento; inoltre, se il motivo giustificativo a fondamento dell’equo compenso, cioè l’esigenza di ovviare al danno derivante dall’eccezione per copia privata, sia determinante ai fini del suddetto equilibrio.

3)         Se, qualora uno Stato membro opti per un sistema di onere o prelievo gravante sugli apparecchi, sui dispositivi e sui materiali, tale onere (l’equo compenso per copia privata) debba essere necessariamente connesso, alla luce della finalità perseguita dall’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE e del contesto di tale disposizione, al presumibile uso di detti apparecchi e materiali per realizzare riproduzioni che fruiscono dell’eccezione per copia privata, con la conseguenza che l’applicazione dell’onere sarebbe giustificata quando può presumersi che gli apparecchi, i dispositivi ed i materiali di riproduzione digitale verranno utilizzati allo scopo di realizzare copie private, mentre non lo sarebbe nel caso contrario.

4)         Se, qualora uno Stato membro opti per un sistema di «prelievo» per copia privata, l’applicazione indiscriminata del suddetto «prelievo» ad imprese e professionisti che chiaramente acquistano gli apparecchi e i supporti di riproduzione digitale per finalità estranee alla copia privata sia conforme alla nozione di «equo compenso».

5)         Se il sistema adottato dallo Stato spagnolo, cioè quello in base al quale il prelievo per copia privata è imposto indiscriminatamente su tutti gli apparecchi, i dispositivi ed i materiali di riproduzione digitale, sia in contrasto con la direttiva 2001/29, difettando una corrispondenza adeguata tra l’equo compenso e la limitazione del diritto per copia privata che lo giustifica, posto che esso viene applicato in misura significativa a situazioni disomogenee in cui non sussiste la limitazione di diritti che è a fondamento del compenso economico.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

23.      L’ordinanza di rinvio del 15 settembre 2008 è pervenuta presso la cancelleria della Corte il 31 ottobre 2008.

24.      Le parti nella causa principale, i governi del Regno di Spagna, della Repubblica federale di Germania, del Regno Unito, della Repubblica ellenica, della Repubblica francese, della Repubblica di Finlandia, il Centro español de derechos reprográficos (CEDRO), l’Entidad de gestión de derechos de los productores audiovisuales (EGEDA), l’Asociación de Artistas Intérpretes o Ejecutantes – Sociedad de Gestión de España (AIE), l’Asociación de Gestión de Derechos Intelectuales (AGEDI), nonché la Commissione hanno presentato osservazioni scritte nel termine di cui all’art. 23 dello Statuto della Corte.

25.      All’udienza svoltasi il 4 marzo 2010, hanno svolto deduzioni orali i difensori delle parti nella causa principale, dell’EGEDA, dell’AIE, dell’AGEDI, del CEDRO, gli agenti dei governi del Regno di Spagna, della Repubblica federale di Germania, del Regno Unito, della Repubblica ellenica, nonché della Commissione.

V –    Argomenti principali delle parti

A –    Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

26.      Il governo spagnolo e il CEDRO chiedono alla Corte di dichiarare irricevibili le questioni, in quanto, a loro avviso, il giudice del rinvio pone una domanda di pronuncia pregiudiziale nell’ambito di una controversia alla quale si applica la normativa antecedente alle disposizioni spagnole di recepimento della direttiva 2001/29/CE. Sarebbero applicabili esclusivamente le disposizioni dell’art. 25 del TRLPI vigenti prima della legge di riforma 23/2006. Gli eventuali elementi interpretativi inerenti alla nozione di «equo compenso» di cui alla direttiva 2001/29/CE non sarebbero, pertanto, necessari ai fini della soluzione della controversia principale.

27.      La ricorrente nella causa principale chiede parimenti di dichiarare irricevibili le questioni, tuttavia per un altro motivo. A suo parere, è evidente che il compenso per copia privata sia stato oggetto di un’armonizzazione minima. La direttiva 2001/29/CE non individuerebbe né i criteri in base ai quali debba essere calcolato un equo compenso per la copia privata né gli apparecchi, i dispositivi e i materiali la cui vendita determini il diritto ad un equo compenso, e neppure le circostanze concrete nelle quali si debba prescindere da un prelievo.

B –    Sulla prima questione pregiudiziale

28.      La Commissione, il governo del Regno Unito, il governo tedesco e quello finlandese, nonché l’EGEDA e l’AIE ritengono che la nozione di «equo compenso», di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, debba essere interpretata in modo uniforme in tutti gli Stati membri e debba essere applicata da ogni Stato membro entro i limiti imposti dal diritto comunitario e, in particolare, dalla direttiva di cui trattasi.

29.      Al contrario, i governi spagnolo, francese e, in parte, anche quello ellenico, nonché la ricorrente nella causa principale, il CEDRO e l’AGEDI ritengono che la volontà del legislatore comunitario sia evidentemente quella di limitare la funzione armonizzatrice di una nozione, vale a dire quella di «equo compenso», proprio perché questa, in primo luogo, non troverebbe necessariamente accoglimento nella legislazione nazionale degli Stati membri e, in secondo luogo, non conterrebbe gli elementi essenziali ai fini della determinazione dei soggetti, dell’oggetto e del contenuto del rapporto giuridico, la qual cosa sarebbe indispensabile per poter parlare di una nozione armonizzata a livello europeo. Conseguentemente, alla nozione di «equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE non sarebbe collegata alcuna armonizzazione a livello comunitario.

C –    Sulla seconda questione pregiudiziale

30.      Il governo del Regno Unito ed il governo ellenico, la resistente nella causa principale, nonché l’EGEDA e l’AGEDI sostengono che ogni metodo di calcolo dell’importo dell’«equo compenso» impiegato dagli Stati membri debba considerare, nel tener conto del danno ovvero del pregiudizio eventualmente subito dagli autori sulla base dell’autorizzazione della copia privata, l’esistenza di un equilibrio tra gli autori e gli utenti, nonché tra le persone sulle quali grava direttamente o indirettamente questo prelievo. Il governo francese e quello tedesco osservano, in particolare, che il calcolo dell’«equo compenso» dovrebbe rendere possibile un’adeguata remunerazione destinata agli autori per l’utilizzazione delle loro opere.

31.      Per contro, il governo spagnolo e il CEDRO ritengono che non si possa dedurre dal tenore letterale della direttiva 2001/29/CE l’esigenza di un «equo compenso». Essi affermano, inoltre, che la finalità di detto compenso non possa consistere esclusivamente nel risarcimento del danno, tanto più che questo elemento potrebbe costituire solo un «criterio valido», il che non significa che sia l’unico criterio da tenere in considerazione ovvero, addirittura, quello decisivo per stabilire il compenso economico. Il governo tedesco ritiene, da parte sua, che l’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE non osti ad un sistema nazionale di determinazione della remunerazione adeguata, basato forfettariamente sul presumibile uso dei dispositivi solitamente utilizzati per la realizzazione di copie private, purché questo sistema non sia in contrasto con il principio di proporzionalità.

32.      A parere della Commissione, considerato che la direttiva 2001/29/CE non contiene alcuna disposizione finalizzata al finanziamento dell’equo compenso previsto nell’art. 5, n. 2, lett. b), gli Stati membri sarebbero liberi di fissare sia le modalità di finanziamento di quest’indennizzo, sia – nel caso che essi lo finanzino tramite un prelievo – i dettagli di tale prelievo, purché sempre entro i limiti imposti dal diritto comunitario, anzitutto dei diritti fondamentali e dei principi generali del diritto.

D –    Sulla terza questione pregiudiziale

33.      Il governo del Regno Unito ed il governo francese, nonché la resistente nella causa principale e l’AGEDI, ritengono che, qualora uno Stato membro decida di introdurre un sistema di prelievo gravante su apparecchi, dispositivi e materiali, conformemente alla finalità, stabilita nell’art. 5, n. 2, lett. b), di garantire agli autori un compenso per il danno ovvero il pregiudizio subito, tale prelievo debba presentare un nesso con il presumibile uso di questi apparecchi e dispositivi collegati alla riproduzione digitale.

34.      I governi spagnolo, finlandese ed ellenico, nonché l’EGEDA e il CEDRO, asseriscono, invece, che agli Stati membri spetterebbero margini di intervento tali da consentire loro di introdurre differenti sistemi di compensazione, cosa che effettivamente oggigiorno si riscontrerebbe. Sarebbe pertanto ammissibile l’introduzione, nell’ambito di questa molteplicità, di siffatti sistemi basati sull’oggettiva idoneità propria di un apparecchio o di un dispositivo di realizzare copie ad uso privato. Sarebbe inoltre ragionevole partire dal principio che già la produzione o l’importazione del dispositivo metta a disposizione gli strumenti atti a cagionare un danno economico agli autori, ferma restando la possibilità di adattare questo criterio alla luce delle circostanze concrete e di ulteriori aspetti, come già sarebbe avvenuto nella legislazione spagnola.

35.      La Commissione e l’AIE rilevano che la direttiva 2001/29/CE lascia agli Stati membri la scelta di chi debba contribuire al finanziamento dell’«equo compenso» e in quale forma ciò debba avvenire. La direttiva non osterebbe al fatto che chi tragga profitto dalle eccezioni e limitazioni ai diritti d’autore degli autori, artisti, interpreti, produttori o dell’industria dei media venga obbligato al pagamento di un contributo nei limiti imposti dal diritto comunitario.

E –    Sulla quarta questione pregiudiziale

36.      Il governo del Regno Unito ed il governo francese, nonché la resistente nella causa principale, ritengono che l’applicazione indiscriminata del prelievo ad imprese e professionisti, i quali chiaramente acquisterebbero gli apparecchi e i supporti di riproduzione digitale per finalità estranee alla copia privata, sia in contrasto con la nozione di «equo compenso». In particolare, qualora uno Stato membro abbia prescelto un sistema di prelievo gravante su apparecchi, dispositivi e materiali collegati alla riproduzione digitale, sarebbe giustificato, ad avviso del governo finlandese, non prevedere alcun prelievo per siffatti apparecchi laddove essi vengano utilizzati per finalità professionali in senso proprio.

37.      I governi spagnolo ed ellenico, nonché l’EGEDA, il CEDRO e l’AGEDI, rilevano, invece, che, sebbene sia giusto che il criterio dell’idoneità oggettiva dell’apparecchio o del dispositivo possa essere adeguato anche in considerazione dello status soggettivo dell’acquirente (purché sia garantito che questi non li utilizzi per la realizzazione di copie private), sia altrettanto giusto ritenere che non sussista alcuna ragione per elevare questo aspetto soggettivo al rango di criterio decisivo, tanto più che l’uso finale dei dispositivi non potrebbe essere agevolmente accertato. La direttiva 2001/29/CE non imporrebbe agli Stati membri di esentare determinate categorie di acquirenti dal relativo obbligo di pagamento del compenso. Il governo ellenico è dell’opinione che gli apparecchi e i dispositivi utilizzati a scopi professionali non possano essere esentati da detto pagamento perché sarebbe impossibile controllare l’uso effettivo che di questi dispositivi verrebbe fatto.

38.      La Commissione e l’AIE osservano che la direttiva 2001/29/CE non impedisce ad uno Stato membro, il quale abbia introdotto un sistema di prelievo gravante su apparecchi, dispositivi e materiali collegati alla riproduzione digitale di opere protette ad uso privato, di applicare questo sistema indipendentemente dal fatto che l’acquirente sia un privato, un’impresa o un libero professionista.

F –    Sulla quinta questione pregiudiziale

39.      I governi spagnolo e francese, nonché l’EGEDA, il CEDRO e l’AGEDI, sono dell’avviso che la disciplina adottata dal legislatore spagnolo sia conforme alla direttiva 2001/29/CE. Sebbene la Commissione non prenda espressamente posizione rispetto a tale questione pregiudiziale, anch’essa sembra considerare la disciplina spagnola compatibile con la direttiva 2001/29/CE.

40.      La resistente nella causa principale è, al contrario, dell’opinione che la disciplina spagnola della copia privata sia in contrasto con l’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE e con i principi di proporzionalità e di non discriminazione nel diritto comunitario, in quanto essa si applicherebbe indiscriminatamente a tutti gli apparecchi, i dispositivi e i materiali collegati alla riproduzione digitale, a prescindere dal fatto che vengano effettivamente utilizzati per la realizzazione di copie private (e non per scopi commerciali) di opere e altri materiali protetti.

VI – Valutazione giuridica

A –    Considerazioni introduttive

41.      La direttiva 2001/29/CE, entrata in vigore a livello comunitario il 23 giugno 2001 in attuazione del Trattato OMPI sul diritto d’autore (7) del 1996, costituisce, unitamente ad altre sei direttive, il fondamento del diritto d’autore dell’Unione europea (8). Essa rappresenta la risposta del legislatore comunitario allo sviluppo tecnologico nel settore delle tecnologie dell’informazione che, da un lato, apre ai titolari dei diritti nuove forme di produzione e di sfruttamento (9), e, dall’altro, pone la tutela della proprietà intellettuale davanti a nuove sfide, alla luce dei pericoli di falsificazione, contraffazione, nonché di riproduzione non autorizzata delle opere e degli altri oggetti protetti (10). Nel contempo, essa mira a realizzare il legittimo interesse del pubblico all’accesso a tali beni protetti. La direttiva 2001/29/CE è dunque il frutto dello sforzo del legislatore di contemperare tra loro gli interessi dei titolari dei diritti e del pubblico (11). In base al secondo ‘considerando’, essa si inserisce in una serie di misure legislative decise dal Consiglio europeo nella sua riunione di Corfù del 24 e 25 giugno 1994, le quali tendono all’istituzione di un quadro giuridico generale e flessibile a livello comunitario per favorire lo sviluppo della società dell’informazione in Europa.

42.      La direttiva, emanata in base all’art. 95 CE, nonché agli artt. 47, n. 2, e 55 CE, contribuisce, a termini del suo primo ‘considerando’, a garantire una reale concorrenza nel mercato interno. Conformemente al suo sesto ‘considerando’ deve essere affrontato il pericolo di frammentazione del mercato interno conseguente alle differenze giuridiche in materia di protezione nell’ambito un’armonizzazione a livello comunitario. Il quarto ‘considerando’ precisa che il fine della disciplina della direttiva 2001/29/CE consiste nell’istituzione di un quadro giuridico armonizzato in materia di diritto d’autore e di diritti connessi, che deve promuovere, prevedendo un elevato livello di protezione della proprietà intellettuale, notevoli investimenti in attività creatrici ed innovatrici, segnatamente nelle infrastrutture delle reti, e, di conseguenza, contribuire ad una crescita e ad una maggiore competitività dell’industria europea.

43.      Dal punto di vista della politica legislativa, la direttiva 2001/29/CE rappresenta un compromesso (12), che, malgrado la dichiarata finalità di armonizzazione, tiene sufficientemente conto delle diverse tradizioni e concezioni giuridiche negli Stati membri dell’Unione europea – tra cui in particolare il concetto di copyright di ascendenza anglosassone e quello di tutela del diritto d’autore proprio dell’Europa continentale (13) – prevedendo numerose deroghe (14) e lasciando agli Stati membri considerevoli margini operativi nel recepimento (15).

44.      Ciò vale anche per la norma di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva, che consente agli Stati membri di disporre un’eccezione o una limitazione nei rispettivi ordinamenti relativamente alla riproduzione ad uso privato di opere ovvero prestazioni protette, pur essendo gli Stati membri, in tal caso, espressamente obbligati a prevedere un «equo compenso» in favore del titolare del diritto. La scelta quanto alla necessità di introdurre una siffatta eccezione o limitazione ha carattere facoltativo, come già il tenore letterale di questa disposizione lascia intendere («possono»), nel senso che essa è riservata alla discrezionalità dello Stato membro (16). Per contro, la questione centrale nella presente causa, relativa alle modalità con cui debba essere strutturato in dettaglio un sistema di compensazione, non si risolve de plano in base al tenore letterale di questa disposizione. Sul punto occorre un’approfondita interpretazione della direttiva in considerazione di tutti i metodi interpretativi a disposizione della Corte.

45.      La domanda di pronuncia pregiudiziale, intesa nel suo senso più logico, è volta, in sostanza, a chiedere alla Corte di tracciare i limiti posti dal diritto comunitario alla libertà di attuazione degli Stati membri e ad individuare i criteri che questi devono osservare nella determinazione dell’«equo compenso», alla luce delle prescrizioni enunciate dal legislatore comunitario. Per ragioni di chiarezza, nell’analisi giuridica mi atterrò alla sequenza con cui il giudice del rinvio ha indicato le questioni. Le questioni pregiudiziali dalla terza alla quinta saranno trattate congiuntamente in considerazione della loro stretta connessione.

B –    Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

1.      Ammissibilità dell’oggetto di interpretazione e rilevanza della questione ai fini della decisione

46.      Prima dell’esame delle questioni pregiudiziali occorre peraltro analizzare l’eccezione inerente alla loro irricevibilità sollevata dal governo spagnolo, dal CEDRO e dalla ricorrente nella causa principale.

47.      Il governo spagnolo e il CEDRO affermano, in sostanza, che le questioni pregiudiziali non sarebbero rilevanti per la decisione della causa principale, in quanto sarebbero applicabili non le disposizioni spagnole di recepimento della direttiva 2001/29/CE, ma quelle ad esse antecedenti. La ricorrente nella causa principale sottolinea che la direttiva 2001/29/CE prevede un’armonizzazione minima, cosicché la questione in ordine al modo in cui debba essere calcolato un equo compenso a fronte di riproduzioni ad uso privato non costituirebbe una questione di diritto comunitario, bensì di diritto nazionale, con la conseguenza che rileverebbe unicamente l’interpretazione delle pertinenti disposizioni dello Stato membro.

48.      Si deve osservare che l’eccezione di irricevibilità sollevata dalle dette parti, malgrado evidenti differenze nel corredo argomentativo, si basa essenzialmente sul fatto che, ai fini della soluzione della controversia principale, sarebbe decisiva l’interpretazione non del diritto comunitario, ma piuttosto del diritto nazionale. Le parti pongono quindi in dubbio, sotto il profilo giuridico, le questioni, da un lato, della sussistenza di un oggetto di interpretazione ammissibile e, dall’altro, della rilevanza della questione ai fini della decisione. Conseguentemente, sostengono parimenti che la Corte non potrebbe interpretare le disposizioni di diritto nazionale.

49.      L’ultimo rilievo è certamente corretto e corrisponde anche alla costante giurisprudenza della Corte (17), ma dalla giurisprudenza emerge in ugual modo che, in linea di principio, non è consentito alla Corte di valutare i motivi che hanno indotto il giudice nazionale alla proposizione di una determinata questione (18). La Corte ha così fatto presente in più occasioni che, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali ai sensi dell’art. 234 CE, spetta unicamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia, e a cui incombe la responsabilità dell’emananda decisione giudiziaria, valutare, tenendo conto delle specificità di ogni causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale all’emanazione della propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (19).

50.      Qualora le questioni sollevate dai giudici nazionali vertano sull’interpretazione di una norma comunitaria, in via di principio la Corte è tenuta a pronunciarsi (20), a meno che non appaia in modo manifesto che la domanda di pronuncia pregiudiziale tende, in realtà, ad indurla a pronunciarsi mediante una controversia fittizia o a formulare pareri su questioni generali o astratte, che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcuna relazione con i reali termini o con l’oggetto della controversia, o ancora che la Corte non dispone degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (21).

51.      Per quanto concerne il presente procedimento pregiudiziale, viene anzitutto chiesta alla Corte incontestabilmente l’interpretazione dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE. Questo rappresenta senza alcun dubbio un oggetto di interpretazione ammissibile ai sensi dell’art. 234, n. 1, lett. b), CE. A proposito del problema della rilevanza ai fini della decisione, non ci sono elementi per suffragare la tesi che le questioni pregiudiziali non presentino alcun nesso con la controversia principale. Sembra piuttosto il contrario, tant’è vero che il giudice del rinvio ha fatto più volte presente nella sua ordinanza (22) che la risposta fornita ai quesiti sarebbe stata determinante ai fini della soluzione della causa all’origine della domanda di pronuncia pregiudiziale, dato che da ciò sarebbe dipesa la spettanza alla ricorrente nella causa principale del diritto di reclamare un equo compenso. In base a quanto osserva il giudice del rinvio, ciò dipenderebbe segnatamente dalla questione se la disciplina vigente in Spagna, nella sua configurazione concreta, sia conforme alla nozione di diritto comunitario di «equo compenso», in altre parole, dalla questione della sua corrispondenza ai requisiti relativi ad un «equo compenso» ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE.

52.      In questo contesto è, in linea di massima, irrilevante ai fini della valutazione della ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale quali siano precisamente le disposizioni nazionali applicabili nella causa principale. La soluzione di quest’ultima questione rientra nella competenza del giudice nazionale cui spetta l’interpretazione e l’applicazione del diritto nazionale in relazione alla causa principale.

53.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pertanto ricevibile.

2.      Sull’argomento della successiva introduzione della nozione di «equo compenso» nel diritto d’autore spagnolo

54.      Per ragioni di completezza vorrei analizzare, in questo contesto, l’argomento dedotto dal governo spagnolo secondo cui l’interpretazione della direttiva 2001/29/CE non sarebbe necessaria ai fini della soluzione della controversia, in quanto la nozione di «equo compenso» («compensación equitativa») ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva medesima sarebbe stata introdotta nell’art. 25 del TRLPI solo con la legge 7 luglio 2006, n. 23, in sostituzione della nozione di «equa remunerazione» fino ad allora in uso.

55.      Occorre rilevare, anzitutto, che il governo spagnolo non ha illustrato, né dimostrato, in qual senso si distingua, quanto a contenuto normativo, la nozione precedentemente in uso nella legislazione spagnola rispetto a quella di «equo compenso». Non è chiaro, in particolare, se il legislatore spagnolo, con questa riforma, abbia inteso fornire solo una precisazione semantica, al fine di adeguare la terminologia del diritto d’autore nazionale alla direttiva 2001/29/CE. Sulla base delle lievi modifiche del tenore letterale, l’ultima ipotesi sembra la più probabile (23).

56.      D’altro canto si deve ricordare che il procedimento ex art. 234 CE si basa su una cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, nel cui ambito non spetta alla Corte pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni nazionali né giudicare se l’interpretazione fornita dal giudice del rinvio è corretta (24). La Corte è tenuta a prendere in considerazione, in linea di principio e nell’ambito della ripartizione delle competenze tra i giudici comunitari e i giudici nazionali, il contesto fattuale e normativo nel quale si inseriscono le questioni pregiudiziali, dal punto di vista processuale, come definito dal provvedimento di rinvio (25). Poiché questo aspetto non è stato approfondito dal giudice del rinvio, si dovrà pertanto tener conto, nel prosieguo, della sua irrilevanza ai fini del presente procedimento pregiudiziale.

57.      Alla luce della necessità di dare al giudice nazionale una soluzione utile alle questioni poste (26), ritengo tuttavia necessario sottolineare, ad ogni buon conto, laddove nell’ambito della causa principale – non da ultimo a seguito degli adeguamenti della normativa sostanziale spagnola alle prescrizioni della direttiva – si dovesse porre la questione dell’individuazione esatta della normativa nazionale applicabile ratione temporis, che i fatti alla base di questa controversia si sono svolti nel periodo compreso tra il settembre 2002 ed il settembre 2004 e, dunque, per lo più in un momento in cui, in primo luogo, la direttiva 2001/29/CE era già in vigore e, in secondo luogo, incombeva agli Stati membri adottare le necessarie disposizioni di attuazione. Dall’art. 13, n. 1, della direttiva 2001/29/CE risulta, infatti, che gli Stati membri erano tenuti a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla detta direttiva entro il 22 dicembre 2002.

58.      Qualora la nozione di «equo compenso» fosse stata accolta nel diritto d’autore spagnolo solo in seguito alla legge di riforma 7 luglio 2006, n. 23, e non fosse identica alla nozione preesistente dal punto di vista giuridico, si deve osservare che i giudici spagnoli erano tuttavia tenuti ad un’interpretazione conforme alla direttiva a partire dalla scadenza del termine per il recepimento. Secondo la giurisprudenza della Corte, l’obbligo generale che incombe ai giudici nazionali di interpretare il diritto interno in modo conforme alla direttiva sussiste a partire dalla scadenza del termine di attuazione di quest’ultima (27). Ciò vuol dire interpretare il diritto interno nazionale nella misura più ampia possibile alla luce del tenore letterale e della finalità della direttiva applicabile per raggiungere i risultati da questa perseguiti, optando per l’interpretazione delle norme nazionali meglio corrispondente a quest’obiettivo e giungendo, così, ad una soluzione conforme alle disposizioni di questa direttiva (28).

C –    Sulla prima questione pregiudiziale

59.      Con la prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se la nozione di «equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, implichi un’armonizzazione e se si tratti di una nozione comunitaria da interpretare autonomamente a livello di diritto comunitario.

60.      La stessa direttiva 2001/29/CE non contiene una definizione giuridica di questa nozione. Si pone pertanto la questione se questa circostanza osti ad una sua qualificazione come nozione di diritto comunitario.

61.      A favore di tale qualificazione può deporre, anzitutto, la giurisprudenza della Corte medio tempore consolidatasi (29), secondo cui l’applicazione uniforme del diritto comunitario ed il principio d’uguaglianza esigono che una disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo, nell’intera Comunità, ad un’interpretazione autonoma ed uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa. Laddove in un atto giuridico della Comunità il legislatore comunitario si sia richiamato, però, implicitamente agli usi nazionali, non spetta alla Corte dare una definizione comunitaria uniforme del termine usato (30).

62.      In caso di tacito riferimento agli usi o anche alle norme nazionali finalizzato al chiarimento di un termine si rinuncia, pertanto, ad una sua definizione a livello di diritto comunitario. In questo caso, è il diritto nazionale che produce un effetto interpretativo nell’ambito del diritto comunitario. Un riferimento di questo tipo è indispensabile, in particolare, qualora la Comunità, a causa di una competenza legislativa non esercitata o addirittura inesistente, non abbia creato per il diritto comunitario una terminologia uniforme in un ambito specifico. Si tratta, quindi, di una conseguenza dei principi, intrinseci al diritto comunitario ai sensi dell’art. 5 CE, delle competenze di attribuzione e di sussidiarietà (31).

63.      Poiché nella direttiva 2001/29/CE non è contemplato alcun esplicito riferimento al diritto degli Stati membri, ciò deporrebbe, in linea di principio, per una qualifica come nozione di diritto comunitario.

64.      La giurisprudenza sopra citata deve interpretarsi nel senso che la Corte muove evidentemente dalla presunzione di interpretazione autonoma sulla base della necessità di un’applicazione uniforme, nonché della parità di trattamento, che può essere però eventualmente esclusa (32), laddove una concettualizzazione uniforme non sia possibile (33) ovvero un’armonizzazione parziale lo imponga (34).

65.      Circostanze di tal genere non ricorrono nella specie, in quanto il contenuto di tale nozione può essere determinato in maniera sufficientemente precisa alla luce dei ‘considerando’, nell’ambito di una valutazione sistematica e teleologica delle singole disposizioni della direttiva. Conformemente alla giurisprudenza della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto comunitario, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (35).

66.      Questa nozione viene quindi utilizzata nell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva per la descrizione del contenuto di una «condizione». Come è stato esposto nell’introduzione, gli Stati membri sono tenuti a soddisfare questa condizione nell’ipotesi in cui prevedano eccezioni o limitazioni inerenti al diritto di riproduzione disciplinato dall’art. 2. Del resto, il trentacinquesimo ‘considerando’ indica la finalità di detto equo compenso: il titolare del diritto deve essere adeguatamente indennizzato per l’uso della sua opera o di altro materiale protetto. Eppure anche da altri ‘considerando’, quali il trentunesimo ed il trentaduesimo, si possono dedurre taluni requisiti di diritto comunitario, che verranno ulteriormente esaminati nell’ambito delle presenti conclusioni e che gli Stati membri sono tenuti a soddisfare nella configurazione di tale compenso. La direttiva 2001/29/CE mostra così un livello di regolamentazione che, come il governo del Regno Unito correttamente osserva (36), consente a chi è chiamato ad applicare la legge di determinare quantomeno le caratteristiche fondamentali di tale equo compenso.

67.      A favore di una qualificazione come nozione di diritto comunitario depone, non da ultimo, la stessa finalità della direttiva 2001/29/CE di armonizzare taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione e di tutelare, in tal modo, la concorrenza nel mercato interno dalle distorsioni risultanti dalle differenti regolamentazioni degli Stati membri. Il ravvicinamento delle legislazioni presuppone necessariamente lo sviluppo di nozioni autonome di diritto comunitario, inclusa una terminologia uniforme, qualora non voglia mancare il suo scopo normativo (37). Una specifica definizione di nozioni deve essere possibile indipendentemente dall’attribuzione, agli Stati membri, di una certa discrezionalità nell’attuazione di una direttiva. La preoccupazione del legislatore comunitario di un’interpretazione la più unitaria possibile della direttiva 2001/29/CE si è riflessa, ad esempio, nel trentaduesimo ‘considerando’, nel quale gli Stati membri vengono invitati ad applicare in modo coerente le eccezioni e le limitazioni relative al diritto di riproduzione. Un’interpretazione non uniforme della nozione centrale di «equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE frustrerebbe chiaramente questa finalità.

68.      Quanto finora considerato risulta avvalorato dalla sentenza SENA (38), nella quale la Corte è stata chiamata ad interpretare la nozione di «equa remunerazione» di cui all’art. 8, n. 2, della direttiva 92/100/CEE concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (39). La Corte, in quella sentenza, ha richiamato, in primo luogo, la citata giurisprudenza sull’interpretazione autonoma delle nozioni comunitarie (40), per poi segnalare che la direttiva 92/100/CEE aveva omesso di definire questa nozione (41). Essa è partita chiaramente dall’ipotesi che il legislatore comunitario abbia volontariamente omesso di prevedere un dettagliato e vincolante metodo di calcolo del livello di tale remunerazione (42). Di conseguenza, ha espressamente riconosciuto la facoltà degli Stati membri di fissare le precise modalità per la determinazione di una siffatta «equa remunerazione», determinando i «criteri più pertinenti per assicurare entro i limiti imposti dal diritto comunitario, ed in particolare dalla direttiva 92/100/CEE, l’osservanza di tale nozione comunitaria» (43), e si è limitata ad invitare gli Stati membri, alla luce delle finalità di detta direttiva, precisate in particolare nei suoi ‘considerando’, a far osservare la nozione di equa remunerazione, nel modo più uniforme possibile, sul territorio della Comunità (44). Si deve evidenziare, a tal proposito, che il fatto che questa nozione dovesse essere specificata attraverso i criteri stabiliti nel diritto nazionale, non ha impedito alla Corte di dichiarare che la nozione di «equa remunerazione» che figura nell’art. 8, n. 2, della direttiva 92/100/CEE dev’essere interpretata in modo uniforme in tutti gli Stati membri ed attuata da ciascuno Stato membro (45). La Corte ha potuto così affermare in conclusione, pur nelle particolari circostanze sottostanti a questa causa, una caratteristica come nozione di diritto comunitario e la necessità di un’interpretazione autonoma a livello comunitario.

69.      L’applicazione di questi principi alla causa principale mi sembra pensabile a maggior ragione in quanto la causa in esame ha parimenti ad oggetto l’interpretazione di una nozione giuridica nel settore del diritto d’autore comunitario, la quale, in conseguenza dell’impostazione normativa scelta dal legislatore comunitario, è analogamente indefinita e necessita di specificazione.

70.      Infine, si può ritenere che, sempre a favore della qualificazione come nozione di diritto comunitario, deponga anche un ulteriore argomento, basato sull’interpretazione storica della direttiva 2001/29/CE. Dai lavori preparatori di questa direttiva emerge che la nozione di «equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), costituirebbe un «nuovo concetto», il quale, in assenza di una definizione giuridica nella proposta della Commissione, necessiterebbe, per la sua applicazione, della fissazione di orientamenti da parte del Consiglio (46). Questi orientamenti si possono trovare ora nel trentacinquesimo ‘considerando’. Ne consegue che la volontà del legislatore comunitario era quella di introdurre un nuovo concetto a livello comunitario, senza collegarlo a nozioni preesistenti del diritto d’autore degli Stati membri ovvero di fonte internazionale (47). Ciò distingue, ad esempio, questa nozione dall’«equa remunerazione» di cui agli artt. 5 e 8, n. 2, della direttiva 2006/155/CE, la quale trae origine dal diritto d’autore internazionale (48) ed è stata letteralmente recepita nell’ordinamento comunitario.

71.      L’adozione di un nuovo modello per la remunerazione degli autori nel caso di copia privata sembra dunque rispecchiare, in considerazione della storia della sua elaborazione, della sua necessità di essere concretizzato, della sua autonomia rispetto alla terminologia utilizzata dagli Stati membri e in ambito internazionale, nonché della finalità di armonizzazione della direttiva 2001/29/CE, la volontà del legislatore comunitario di sintetizzare le disposizioni nazionali già esistenti scaturite dalle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri. Allo stesso tempo è lecito presumere che egli abbia inteso sviluppare un piano il più possibile flessibile e aperto ad una verifica periodica in dipendenza dall’evoluzione del contesto tecnologico ed economico (49).

72.      Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima questione pregiudiziale va risolta nel senso che la nozione di «equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE costituisce una nozione autonoma del diritto comunitario che dev’essere interpretata in modo uniforme in tutti gli Stati membri ed attuata da ciascuno Stato membro, il quale determina, nel proprio territorio, i criteri più pertinenti per assicurare, entro i limiti imposti dal diritto comunitario, ed in particolare dalla direttiva, l’osservanza di tale nozione comunitaria.

D –    Sulla seconda questione pregiudiziale

73.      Con la seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli Stati membri siano tenuti a realizzare un equilibrio tra i titolari di diritti di proprietà intellettuale e i soggetti direttamente o indirettamente obbligati al pagamento del compenso. In caso di soluzione affermativa, il giudice del rinvio chiede se l’equo compenso da conseguire trovi la sua legittimazione nell’eliminazione di un pregiudizio per il titolare del diritto.

74.      La prima parte della questione, in linea di principio, va risolta, a mio avviso, in senso affermativo. La necessità di stabilire un siffatto equilibrio si deduce anzitutto dal trentunesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29/CE, nel quale si fa riferimento alla necessità di assicurare «un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi» delle varie categorie di titolari e utenti dei materiali protetti. Inoltre, il tenore letterale dell’art. 5, n. 2, lett. b), sottolinea espressamente che la limitazione relativa alla copia privata è sottoposta alla condizione di un «equo compenso». Questa nozione implica, già dal punto di vista semantico, un certo equilibrio tra interessi contrapposti. A prescindere da ciò, il richiamo ad una nozione propriamente di filosofia del diritto come quella di «giustizia» rende possibile una più profonda comprensione, da parte del legislatore comunitario, delle considerazioni legislative sottostanti a questa disposizione. Basti solo ricordare, in questo contesto, Aristotele, che, nell’opera «Etica Nicomachea», intraprese il primo tentativo di indagine e di configurazione dogmatica relativamente a questa nozione; egli osservò che la giustizia non è una virtù in senso assoluto, ma è da mettere sempre in relazione agli altri. Si comporterebbe pertanto ingiustamente colui che chieda più di quanto gli spetti in base alla legge. Viceversa, sarebbe ingiusto qualora qualcuno riceva meno di quanto abbia dato. Il compito di stabilire l’uguaglianza e, quindi, la giustizia è, secondo Aristotele, solitamente del giudice (dikastes). Degno di nota è che egli, nell’illustrare la sua tesi della «giustizia correttiva» (iustitia commutativa), si sia riferito, tra l’altro, al diritto di ogni artista di ottenere una remunerazione quantitativamente e qualitativamente corrispondente alla sua opera (50). Se ne deduce che il carattere equo del compenso, come ha osservato correttamente il governo del Regno Unito, deve essere conseguito nell’ambito di un contemperamento degli interessi dei titolari dei diritti e degli utenti.

75.      Il fatto che il giudice del rinvio, nella sua domanda, non abbia menzionato espressamente gli «utenti», ma i «soggetti direttamente o indirettamente obbligati al pagamento di un siffatto equo compenso», non toglie valore a queste riflessioni. Piuttosto, la questione deve essere posta nel giusto contesto, il che richiede alcuni chiarimenti da parte mia. Lo status formale di debitore del compenso, di per sé, nulla dice dell’identità di quella persona fisica di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, che si avvale della normativa sulla copia privata. A mio avviso, occorre tener conto di questo soggetto più che del debitore. Dato che è l’utente a sopportare l’onere economico del compenso, in forza della massima cuius commoda, eius incommoda (51), anche i suoi interessi dovrebbero essere presi in considerazione. Ciò mi sembra corrispondere maggiormente alla volontà del legislatore comunitario enunciata nel trentunesimo ‘considerando’.

76.      A prescindere da ciò, l’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE non determina chi debba essere tenuto al pagamento. Neanche il trentacinquesimo ‘considerando’ della direttiva viene in soccorso dell’interpretazione. Il debitore può coincidere, eventualmente, anche con l’utente, come a proposito dell’«equa remunerazione» prevista dall’art. 8, n. 2, della direttiva 92/100/CEE (52). Si deve inoltre considerare che in un sistema, come quello previsto nell’ordinamento spagnolo, in cui il compenso è forfettizzato tramite il ricorso ad un prelievo, i soggetti direttamente obbligati al pagamento di detto compenso, vale a dire i commercianti e gli importatori ai sensi dell’art. 25, n. 4, lett. a), del TRLPI, trasferiscono, di regola, l’onere del prelievo, attraverso il prezzo di vendita, sui clienti e così, in ultima analisi, sugli utenti (53). Questa norma si rivela, in definitiva, neutrale per commercianti e importatori, come nota correttamente il governo tedesco (54). È pur vero che essi devono versare il compenso forfettario agli autori, tuttavia non subiscono alcun pregiudizio in quest’operazione, avendo già ricevuto dall’utente il rimborso del compenso attraverso il prezzo di vendita. In quest’ottica non sarebbe corretto considerare esclusivamente gli interessi dei debitori del compenso. Ciò non esclude, però, che ad essi si attribuisca eventualmente rilievo qualora agiscano a tutela degli interessi degli utenti.

77.      La prima parte della questione assume un significato soltanto qualora si intenda la locuzione «soggetti obbligati indirettamente al pagamento», utilizzata dal giudice del rinvio, in senso atecnico e, precisamente, nel senso che con essa si alluda agli utenti che sopportano, in fin dei conti, l’onere economico del compenso. In questo caso troverebbero applicazione le precedenti considerazioni.

78.      Per quanto concerne la seconda parte della questione si deve anzitutto osservare che l’«equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE non mira ad indennizzare i titolari di diritti per gli atti illegali collegati alla riproduzione non autorizzata di opere e altri materiali protetti. Il diritto ad un compenso sussiste solo in relazione ad una copia privata consentita dalle leggi sul diritto d’autore degli Stati membri (55). La circostanza che – come in internet, attraverso la cd. condivisione P2P («peer to peer») dei file – si debba constatare una violazione molto diffusa del diritto di riproduzione, in linea di principio onnicomprensivo, dell’autore, non è rilevante rispetto alla disposizione di questa direttiva, né può essere considerata come un fattore nella determinazione di un giusto equilibrio tra gli interessi dei titolari dei diritti e gli utenti (56). Le copie così realizzate illegalmente servono, infatti, per lo più a scopi commerciali. In ogni caso sono funzionali a scopi diversi dall’«uso privato» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE e non vengono pertanto coperte dalla norma restrittiva (57).

79.       Nel diritto ad un «equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, cui il governo tedesco correttamente fa riferimento, è insito, anzitutto, il carattere di remunerazione (58). Ciò si evince dal primo periodo del decimo ‘considerando’, per il quale gli autori e gli interpreti o esecutori debbono ricevere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere per continuare la loro attività creativa e artistica. Il trentacinquesimo ‘considerando’ precisa che l’«equo compenso» può essere inserito in questa categoria di remunerazioni anche laddove si faccia riferimento al fatto che, in taluni casi di eccezioni o limitazioni, i titolari di diritti dovrebbero ricevere un equo compenso affinché siano adeguatamente indennizzati per l’uso delle loro opere o dei materiali protetti.

80.      Per contro, non si può confermare de plano il carattere di diritto al risarcimento del danno in senso proprio, quale il giudice del rinvio chiaramente sottende all’istituto dell’«equo compenso». È pur vero che il diritto esclusivo di riproduzione stabilito nell’art. 2 della direttiva 2001/29/CE rappresenta una proiezione della proprietà intellettuale dell’autore. Un’eccezione ovvero una limitazione del medesimo può pertanto essere intesa, a mente dell’art. 5, n. 2, lett. b), come una restrizione di tale diritto fondamentale protetto dal diritto comunitario (59). Nella determinazione di un «equo compenso» non è peraltro necessario basarsi sul criterio del danno. La direttiva consente solo che il danno ovvero il pregiudizio vengano presi in considerazione, ma non li rende un criterio vincolante (60).

81.      Si deve pertanto dedurre dal secondo periodo del trentacinquesimo ‘considerando’ della direttiva che, nel determinare la forma, le modalità e l’eventuale entità di detto equo compenso, si deve tener conto delle peculiarità di ciascun caso, ragion per cui nella valutazione di queste circostanze, un eventuale pregiudizio subito dal titolare del diritto può essere utilizzato come «criterio valido». Ne risulta che un eventuale danno, come osserva giustamente il governo spagnolo, non può essere ritenuto né come l’unico criterio né come quello decisivo nella determinazione di un siffatto «equo compenso», ma rappresenta piuttosto solo uno dei molti criteri sui quali possono basarsi gli Stati membri nel calcolo dell’«equo compenso». Possono aggiungersi gli ulteriori criteri enunciati nel trentacinquesimo ‘considerando’ della direttiva, come, ad esempio, i pagamenti ricevuti già in altra forma, la misura in cui ci si avvale delle misure tecnologiche di protezione oppure l’esiguità del pregiudizio subito. Questa elencazione non può essere considerata però in alcun modo esaustiva (61).

82.      La direttiva 2001/29/CE depone, in una certa qual misura, a favore della garanzia della possibilità della copia privata laddove dispone, nella prima frase del trentottesimo ‘considerando’, che si dovrebbe consentire agli Stati membri di prevedere un’eccezione o una limitazione al diritto di riproduzione per taluni tipi di riproduzione di materiale sonoro, visivo e audiovisivo ad uso privato con un equo compenso. Essa riconosce tuttavia, in tal modo, agli Stati membri un’ampia discrezionalità operativa nell’impostazione dei loro rispettivi sistemi nazionali di attuazione di tale equo compenso (62), prevedendo, nel secondo periodo del trentottesimo ‘considerando’, la possibilità di introdurre o mantenere sistemi di remunerazione per indennizzare i titolari dei diritti del pregiudizio subito.

83.      Quest’impostazione è coerente con la natura giuridica di una direttiva, che è vincolante ex art. 249, n. 3, CE per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lascia agli Stati membri una libera scelta in merito alla forma e ai mezzi (63). La direttiva 2001/29/CE si distingue per il fatto di dettare talune prescrizioni di diritto comunitario in parte poco specifiche, come ad esempio, a termini del trentacinquesimo ‘considerando’, in relazione alla forma, alle modalità e all’entità dell’«equo compenso». All’attuazione di questa direttiva è collegato l’obbligo di ogni Stato membro di conseguire un determinato risultato (64) che, nel caso della direttiva 2001/29/CE, consiste nel garantire una compensazione economica tra autori ed utenti qualora questo Stato membro decida di prevedere, in base all’art. 5, n. 2, lett. b), eccezioni o limitazioni con riguardo al diritto di riproduzione spettante agli autori (65).

84.      Tutto ciò considerato, la prima parte della seconda questione pregiudiziale va risolta nel senso che gli Stati membri, a prescindere dal sistema applicato per la determinazione dell’equo compenso, sono tenuti ad assicurare un giusto equilibrio tra le parti – da un lato, i titolari di diritti di proprietà intellettuale che sono danneggiati dalla deroga per le copie private, in qualità di creditori del compenso e, dall’altro, i soggetti direttamente o indirettamente obbligati al pagamento. La seconda parte va risolta nel senso che la nozione di «equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE deve intendersi quale prestazione nei confronti del titolare del diritto che costituisce, tenuto conto di tutte le circostanze relative alle copie private lecite, la remunerazione adeguata per l’utilizzazione della sua opera o di altri materiali protetti.

E –    Sulle questioni pregiudiziali terza, quarta e quinta

85.      Le questioni pregiudiziali dalla terza alla quinta riguardano tutte la configurazione del sistema, che gli Stati membri devono apprestare, nell’ipotesi in cui introducano una eccezione o una limitazione ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, ai fini del rispetto della condizione dell’equo compenso. Esse sono rivolte ad ottenere un accertamento da parte della Corte per quanto riguarda i requisiti di diritto comunitario ai quali debba rispondere un sistema che preveda una remunerazione forfettizzata a favore del titolare del diritto, in ragione dell’uso presumibile di apparecchi, dispositivi e materiali finalizzato alla realizzazione di copie private. La questione controversa della conformità di una siffatta disciplina nazionale al diritto comunitario, in primo luogo, alla direttiva 2001/29/CE, si pone, in particolare, nel contesto di un’applicazione indiscriminata di questa disciplina ad un’intera serie di destinatari e dispositivi tecnici.

86.      La Corte, nell’ambito di un procedimento ex art. 234 CE, non può assolutamente pronunciarsi sulla compatibilità di norme di diritto nazionale con le prescrizioni di diritto comunitario, ma può fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi d’interpretazione del diritto comunitario che permettano al giudice di valutare la compatibilità di queste norme con la disciplina comunitaria (66).

1.      Necessità di una relazione tra compenso e presumibile uso finalizzato alla realizzazione di copie private

87.      La terza questione pregiudiziale ha carattere fondamentale e deve pertanto essere esaminata con precedenza. Il giudice del rinvio chiede, in tal modo, se sia necessaria una correlazione tra il prelievo, attraverso il quale deve essere finanziato l’equo compenso, ed il presumibile uso dei dispositivi e dei supporti sopra menzionati. In altre parole, viene chiesta la conformità al diritto comunitario di un modello di calcolo forfettario relativo alla remunerazione destinata al titolare del diritto.

a)      Connessione come elemento non scritto della fattispecie

88.      Come già esposto, un’eccezione ovvero una limitazione ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE può essere considerata come una violazione, consentita dal diritto comunitario, del diritto esclusivo di riproduzione del titolare (67), ragion per cui, in tal caso, questa norma dispone obbligatoriamente un compenso a favore dell’autore. Nel caso di trasposizione della norma da parte di uno Stato membro nel suo ordinamento nazionale, è la realizzazione di una copia privata da parte di una persona fisica a doversi considerare il concreto atto lesivo che, fermi restando gli ulteriori criteri stabiliti per legge, fa sorgere il diritto del titolare alla compensazione economica.

89.      In tal senso, esiste senz’altro una connessione tra la realizzazione di una copia privata e la remunerazione dovuta. Ciò vale a prescindere dal modo in cui sia configurato nel dettaglio il rispettivo sistema nazionale di remunerazione concernente il compenso per copia privata e dalla previsione, ad esempio, di un prelievo per il suo finanziamento. Di conseguenza, anche sotto il profilo del diritto comunitario, si deve esigere che tra il prelievo in parola e l’uso dei citati dispositivi e supporti ci sia in ogni caso una relazione sufficientemente stretta.

90.      Dall’altro lato, i requisiti inerenti a questa relazione non possono essere così elevati da pretendere un uso effettivo dei dispositivi finalizzato alla realizzazione di copie private. Piuttosto, un uso potenziale potrebbe già essere sufficiente. Analoghe conclusioni si possono trarre dalla sentenza SGAE (68), nella quale la Corte ha interpretato la nozione giuridica indeterminata di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29/CE, e ha ritenuto sufficiente, in quell’occasione, la mera possibilità della messa a disposizione del pubblico di un’opera, nel caso di specie attraverso apparecchi televisivi (69). La Corte ha invece reputato irrilevante la circostanza che alcuni utenti non avessero fatto uso di questa possibilità perché non avevano messo in funzione gli apparecchi televisivi (70). Di grande utilità risultano, inoltre, le osservazioni dell’avvocato generale Sharpston, contenute nelle sue conclusioni relative a quella causa, nelle quali ha ricordato che, in conformità ai principi fondamentali del diritto d’autore, il titolare del diritto viene remunerato non per il godimento effettivo dell’opera, ma per la semplice possibilità giuridica di tale godimento (71).

b)      Valutazione della connessione in un sistema di prelievo che consente le forfettizzazioni

91.      Oggetto della questione è se la necessità di una relazione sufficientemente stretta tra l’utilizzazione del diritto ed il corrispondente compenso economico per copia privata sia assicurata nel quadro di un sistema nazionale di prelievo che impieghi il modello del calcolo forfettario della remunerazione.

92.      La necessità di una relazione sufficientemente stretta non impedisce, in ogni caso, agli Stati membri di introdurre, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità attuativa loro spettante, per considerazioni di natura pratica, un sistema fondato non sull’effettiva diffusione tra gli utenti di dispositivi tecnicamente predisposti alla realizzazione di copie private, ma piuttosto su quella presumibile e, dunque, di determinare, sulla base di una stima, un «equo compenso» ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE. Non da ultimo, la quasi impossibilità pratica sia di controllare effettivamente tali riproduzioni sia di rilevare statisticamente la quantità esatta delle copie private potrebbe far emergere la necessità di introdurre un siffatto sistema a livello nazionale (72). Si deve così presumere che il titolare del diritto non sia in grado di sapere se e da chi venga effettuata una riproduzione ad uso privato. È da escludere dunque, per ragioni di praticabilità, un’applicazione diretta del prelievo all’utente (73). I governi spagnolo, greco e tedesco, nonché il governo del Regno Unito, sottolineano espressamente queste difficoltà.

93.      La remunerazione forfettaria del titolare, prevista dal diritto spagnolo, riconnessa all’uso presumibile dei dispositivi e dei supporti di memorizzazione, supera queste difficoltà pratiche in modo oggettivo. Infatti, il produttore, l’importatore o il commerciante di un dispositivo o di un supporto di memorizzazione, che venga utilizzato tipicamente ed effettivamente per le riproduzioni, paga immediatamente una somma forfettaria che viene riscossa a titolo di remunerazione per le copie private a favore di tutti i titolari dei diritti. Vero è che l’obbligo di pagamento non incombe sull’utente effettivo. Piuttosto, esso viene a gravare sull’anzidetta categoria di soggetti. Nel contempo si deve ritenere, come già osservato, che l’importo forfettario si ripercuota, attraverso il prezzo di acquisto, sull’acquirente del dispositivo o del supporto di memorizzazione e pertanto sull’utente (74). In tal modo, la remunerazione si ricollega, in fin dei conti, all’uso tipico effettivo del dispositivo o del supporto di memorizzazione per la realizzazione di copie private.

94.      Il fatto di fondarsi sull’oggettiva idoneità di un dispositivo alla realizzazione di copie private, come rileva il governo spagnolo nelle sue osservazioni scritte (75), si basa in un certo senso sulla presunzione legale per la quale l’acquirente farà prevedibilmente uso di questa possibilità (76). Sussiste, quindi, una relazione sufficientemente stretta fino a quando questa presunzione non venga confutata con concreti elementi che depongano per il contrario. Tale presunzione legale risponde alla connessione presupposta dall’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE tra l’uso del diritto, da una parte, e l’equo compenso, dall’altra. Il sistema, con il quale la remunerazione del titolare viene calcolata in modo forfettario, deve essere pertanto considerato come fondamentalmente conforme al diritto comunitario.

c)      Conclusione

95.      La terza questione pregiudiziale va risolta nel senso che, allorché uno Stato membro opti per un sistema di onere o di prelievo gravante su apparecchi, dispositivi e materiali di riproduzione digitale, tale onere deve essere necessariamente basato sull’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, qualora gli apparecchi, i dispositivi e i materiali vengano utilizzati presumibilmente allo scopo di realizzare riproduzioni che beneficiano della deroga per le copie private.

2.      Sull’indiscriminata applicazione del prelievo ad imprese e professionisti

96.      La quarta questione pregiudiziale ha un carattere un po’ più specifico, in quanto il giudice del rinvio fa rilevare una peculiarità del sistema di prelievo spagnolo. Si chiede se l’imposizione indiscriminata del prelievo ivi prevista, in particolare ad imprese e professionisti, sia compatibile con la nozione di «equo compenso». Il giudice del rinvio suppone che imprese e professionisti acquistino evidentemente i dispositivi e i supporti di riproduzione digitale in questione per scopi estranei alla copia privata (77). La questione contiene, quindi, un accertamento fondamentale in punto di fatto che la Corte dovrà tener presente nella sua analisi giuridica.

a)      Necessaria considerazione delle peculiarità di ciascun caso

97.      Un’applicazione indiscriminata del prelievo, che non tenga in adeguato conto il fatto che i dispositivi in questione, a causa di peculiari situazioni settoriali, potrebbero essere acquistati per scopi estranei alla copia privata, non può essere fondata sull’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE. Non si tratta di un «equo compenso» ai sensi di questa norma, tanto più che, in base al trentacinquesimo ‘considerando’, si raccomanda agli Stati membri (78) di tener conto delle peculiarità di ciascun caso nel determinare la forma, le modalità e l’eventuale entità dell’equo compenso. Nel caso di specie, questo requisito non sarebbe pertanto soddisfatto.

b)      Necessaria connessione tra copia privata e compenso

98.      Inoltre, nelle circostanze della specie, una siffatta disciplina trascurerebbe, in particolare, la connessione che, in base all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, deve sussistere tra l’atto lesivo e la corrispondente compensazione economica. Nel caso in esame, infatti, mancherebbe già un fondamento giuridico per il compenso, il cui presupposto principale è, ai sensi di questa disposizione, una riproduzione «effettuata da una persona fisica per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali».

99.      Un’indiscriminata applicazione del prelievo ad un’impresa, destinato alla compensazione per le copie private, non sarebbe giustificabile, in quanto è necessario che la copia privata sia stata realizzata anzitutto «da una persona fisica», cosicché una riproduzione realizzata «da un’impresa» non risulta, quantomeno, contemplata dal tenore letterale della norma. Ma anche qualora si ritenesse, alla luce dell’id quod plerumque accidit, che l’atto di riproduzione possa essere compiuto solo da una persona fisica, ad esempio da un impiegato dell’impresa, l’imputabilità di quest’atto all’impresa solleverebbe questioni giuridiche in merito alle quali non risulta possibile prendere una posizione precisa. D’altra parte, discende indirettamente dalla ratio della disciplina di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), che la copia in questione debba essere, in ogni caso, intesa «per l’uso privato di una determinata persona». Resterebbe così esclusa la realizzazione di una copia privata ad uso di una persona giuridica, nella misura in cui con ciò si intenda l’utilizzazione della copia da parte di una pluralità di persone (79).

100. Certo è che, anche qualora la questione dell’imputabilità di un atto di riproduzione dovesse essere risolta, eccezionalmente, in senso affermativo, non si configurerebbe la fattispecie di cui all’art. 5, n. 2, lett. b). Questa disposizione esclude espressamente ogni tipo di copia per fini commerciali, che si tratti di scopi commerciali leciti (per esempio, le copie di sicurezza) ovvero illeciti (per esempio, la pirateria musicale). Laddove le imprese e i professionisti, come accertato dal giudice del rinvio, «chiaramente acquistino per scopi estranei alla copia privata» i detti dispositivi e supporti di riproduzione digitale, ad esempio per scopi professionali, il caso, cui il giudice del rinvio fa riferimento, non rientrerebbe nella limitazione di cui all’art. 5, n. 2, lett. b) (80). Una remunerazione economica per i titolari dei diritti andrebbe tuttavia oltre quanto effettivamente richiede la direttiva 2001/29/CE con riguardo alla garanzia di un «equo compenso» (81).

101. Dal punto di vista giuridico, la disciplina nazionale in questione ha determinato un ampliamento dell’ambito di applicazione ratione personae e ratione materiae dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, estendendo il previsto obbligo del compenso, da una parte, a soggetti diversi dalle persone fisiche, dall’altra, a fattispecie che non corrispondono ad una riproduzione «ad uso privato».

c)      La disciplina esaustiva dell’«equo compenso» contenuta nell’art. 5, n. 2, lett. b)

102. Gli effetti che ne possono discendere dipendono, sostanzialmente, dall’accertamento della presenza o meno nell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE di una disciplina esaustiva con riguardo all’«equo compenso» per copia privata.

103. Se le disposizioni di una direttiva disciplinano in maniera esaustiva un determinato aspetto, non sono ammissibili ulteriori norme nazionali a regolare il medesimo fatto. È da accertare in concreto, in considerazione del tenore letterale dello scopo e del sistema di disposizioni della direttiva, se essa sia volta a porre in essere una siffatta disciplina esaustiva (82), tenuto conto che una direttiva può senz’altro contenere sia norme a carattere esaustivo come pure, nel contempo, norme che lasciano agli Stati membri un margine di discrezionalità – ad esempio, con riguardo al livello di protezione stabilito da una determinata disposizione (83).

104. A tal proposito giova nuovamente ricordare che la locuzione «equo compenso», ai sensi di questa disposizione della direttiva, rappresenta una nozione di diritto comunitario sufficientemente determinata. Nonostante il livello relativamente basso di armonizzazione della direttiva 2001/29/CE, paragonabile, a tal riguardo, ad una direttiva quadro, la prescrizione dell’art. 5, n. 2, lett. b), stabilisce chiaramente in quali circostanze spetti al titolare un diritto alla remunerazione. Inoltre, la ratio di questa norma consente di individuare esattamente il soggetto obbligato. Nel dubbio, è l’utente che ha beneficiato della disciplina della copia privata (84). In questo contesto si deve ritenere che l’art. 5, n. 2, lett. b), contenga, in relazione all’«equo compenso», una disciplina comunitaria esaustiva che impedisce agli Stati membri – almeno nel campo delle copie private – di estendere unilateralmente la cerchia dei debitori ad altre categorie di soggetti come le imprese e i professionisti, i quali, secondo esperienza, acquistano dispositivi e supporti di riproduzione digitale per scopi estranei all’uso privato.

105. Pertanto, una remunerazione che, sulla base della normativa relativa alle copie private, venga riconosciuta ai titolari dei diritti a seguito dell’applicazione indiscriminata di un prelievo ad imprese e professionisti, non può essere considerata un «equo compenso» ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE.

106. Ciò non significa, però, che l’imposizione ad imprese e professionisti di un prelievo connesso al diritto d’autore sia, in linea di principio, vietato a norma dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE. Tale direttiva armonizza solo taluni aspetti del diritto d’autore. L’art. 5, n. 2, lett. b), osta pertanto solo ad una normativa nazionale che imponga ad imprese e professionisti il prelievo applicato su dispositivi, materiali e apparecchi e connesso con il compenso per copia privata, laddove si possa presumere che con questi dispositivi, materiali e apparecchi non vengano realizzate copie private ai sensi di quest’articolo. L’art. 5, n. 2, lett. b), non osta, invece, ad una norma nazionale che imponga il prelievo per altre ragioni (85).

d)      Conclusione

107. La quarta questione pregiudiziale deve pertanto essere risolta nel senso che la remunerazione attribuita ai titolari del diritto in conseguenza dell’applicazione indiscriminata del prelievo ad imprese e professionisti sulla base di una normativa concernente la copia privata, non corrisponde in alcun caso all’«equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE.

3.      Conformità del sistema spagnolo di prelievo alla direttiva 2001/29/CE

108. La quinta questione pregiudiziale, inerente alla conformità di un sistema di prelievo, come quello applicato in Spagna, alla direttiva 2001/29/CE, deve essere risolta alla luce delle precedenti osservazioni e in considerazione di quanto accertato dal giudice del rinvio.

109. In linea di principio, un sistema di compenso per copie private finanziato tramite un prelievo, il quale, per ragioni pratiche, si basi su di una forfettizzazione ai fini del calcolo dell’«equo compenso», vista l’ampia discrezionalità operativa degli Stati membri, risulta compatibile con la direttiva 2001/29/CE. Il legislatore nazionale deve però far sì che sia garantita la proporzionalità presupposta nell’art. 5, n. 2, lett. b), tra la violazione del diritto – di per sé ampio – di riproduzione del titolare, ed il corrispondente compenso economico (86).

110. Qualora non sussista più una siffatta proporzione, perché, ad esempio, applicata in misura significativa a situazioni disomogenee, nelle quali non sussiste la limitazione di diritti che è a fondamento del compenso economico, la remunerazione riconosciuta ai titolari non rappresenta in alcun modo un «equo compenso» ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE.

111. Conseguentemente, la quinta questione pregiudiziale va risolta nel senso che un sistema nazionale, il quale preveda indiscriminatamente un prelievo per le copie private su tutti gli apparecchi, i dispositivi ed i materiali di riproduzione digitale, non è conforme all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, difettando una corrispondenza adeguata tra l’equo compenso e la restrizione al diritto di realizzazione di copie private che lo giustifica, atteso che esso viene applicato in misura significativa a situazioni disomogenee in cui non sussiste la restrizione di diritti sulla quale si fonda il compenso economico.

VII – Conclusione

112. Alla luce delle suesposte considerazioni suggerisco alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sottoposte dalla Audiencia Provincial de Barcelona nei termini seguenti:

1)      La nozione di «equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, costituisce una nozione autonoma del diritto comunitario che dev’essere interpretata in modo uniforme in tutti gli Stati membri ed attuata da ciascuno Stato membro, il quale determina, nel proprio territorio, i criteri più pertinenti per assicurare, entro i limiti imposti dal diritto comunitario, ed in particolare dalla direttiva, l’osservanza di tale nozione comunitaria.

2)      La nozione di «equo compenso» deve intendersi quale prestazione nei confronti del titolare del diritto, che costituisce, tenuto conto di tutte le circostanze relative alle copie private lecite, la remunerazione adeguata per l’utilizzazione della sua opera protetta o di altro materiale. A prescindere dal sistema applicato dagli Stati membri per la determinazione dell’equo compenso, essi sono tenuti ad assicurare un giusto equilibrio tra le parti – da un lato, i titolari di diritti di proprietà intellettuale che sono danneggiati dalla deroga per le copie private, in qualità di creditori del compenso, e, dall’altro, i soggetti direttamente o indirettamente obbligati al pagamento.

3)      Allorché uno Stato membro opti per un sistema di prelievo per le copie private gravante su apparecchi, dispositivi e materiali di riproduzione digitale, tale prelievo deve essere necessariamente connesso, alla luce della finalità perseguita dall’art. 5, n. 2, lett. b), e dal contesto di tale disposizione, al presumibile uso di detti apparecchi e materiali per la realizzazione di riproduzioni che si giovano della deroga per le copie private, con la conseguenza che l’applicazione dell’onere risulta giustificata solo qualora gli apparecchi, i dispositivi e i materiali di riproduzione digitale vengano utilizzati presumibilmente allo scopo di realizzare copie private.

4)      L’applicazione indiscriminata di un prelievo, in base ad una normativa sulle copie private, ad imprese e professionisti i quali acquistano evidentemente i dispositivi e i supporti di riproduzione digitale per finalità estranee alla copia privata, non è conforme alla nozione di «equo compenso» ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29.

5)      Un sistema nazionale che preveda indiscriminatamente un prelievo per le copie private su tutti gli apparecchi, i dispositivi ed i materiali di riproduzione digitale, non è conforme all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, difettando una corrispondenza adeguata tra l’equo compenso e la restrizione al diritto di realizzazione di copie private che lo giustifica, non potendosi presumere che tali apparecchi, dispositivi e materiali vengano utilizzati per la realizzazione di copie private.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – In questo senso anche Falcón Tella, R., «El llamado ‘canon por derechos de autor’ (Copyright Levy) o compensación equitativa por copia privada (I): antecedentes y configuración en la Ley 23/2006, de 7 julio (RCL 2006, 1386)», Quincena Fiscal Aranzadi, n. 15/2006, pag. 1, il quale mette in evidenza lo sviluppo dei diversi strumenti di riproduzione. V. pure Ortega Díaz, J. F., «Medidas tecnológicas y derechos de autor», Noticias de la Unión Europea, 2008, n. 286, pag. 67, che indica le sfide per la tutela del diritto d’autore rappresentate dall’invenzione, ad esempio, della fotocopiatrice e della musicassetta negli anni ‘80, nonché del computer nella cd. «era informatica».


3 – Il procedimento pregiudiziale è ora regolato, conformemente al Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 (GU C 306, pag. 1), dall’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.


4 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 167, pag. 10).


5 – BOE 162, 8 luglio 2006, pag. 25561.


6 – BOE148, 19 giugno 2008, pag. 27842.


7 – Il Trattato OMPI sul diritto d’autore è un accordo particolare ai sensi dell’art. 20 della Convenzione di Berna adottato nel 1996 dall’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (OMPI) e costituisce il quadro per l’adeguamento delle leggi nazionali sul diritto d’autore ai requisiti della comunicazione di rete digitale. È pubblicato in GU L 89, pag. 8.


8 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2009, 2009/24/CE, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (GU L 111, pag. 16), direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, 2006/115/CE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (GU L 376, pag. 28), direttiva del Consiglio 27 settembre 1993, 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (GU L 248, pag. 15), direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, 2006/116/CE, concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi (GU L 372, pag. 12), direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 marzo 1996, 96/9/CE, relativa alla tutela giuridica delle banche di dati (GU L 77, pag. 20), direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 settembre 2001, 2001/84/CE, relativa al diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale (GU L 272, pag. 32).


9 – V. il quinto ‘considerando’.


10 – V. il ventiduesimo ‘considerando’.


11 – V. ad esempio, in particolare, il nono, il quattordicesimo e il ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva, nonché il quinto ‘considerando’ del Trattato OMPI sul diritto d’autore il quale ricorda la necessità «di un equilibrio fra i diritti degli autori e un superiore pubblico interesse, in particolare in materia di istruzione, ricerca e accesso all’informazione, quale si desume dalla Convenzione di Berna».


12 – Buhrow, A., «Richtlinie zum Urheberrecht in der Informationsgesellschaft», European Law Reporter, 2001, fascicolo 10, pag. 313, interpreta l’art. 5 della direttiva 2001/29/CE come un compromesso politico, nel quale si sono confrontate le diverse interpretazioni e tradizioni giuridiche. Ad avviso dell’autrice resta aperta la questione dell’effettiva misura dell’armonizzazione alla luce delle numerose disposizioni di limitazione fino alla completa attuazione in tutti gli Stati membri.


13 – Ullrich, J. N., «Clash of Copyrights – Optionale Schranke und zwingender finanzieller Ausgleich im Fall der Privatkopie nach Art. 5 Abs. 2 Buchst. b Richtlinie 2001/29/EG und Dreistufentest», Gewerblicher Rechtsschutz und Urheberrecht – Internationaler Teil, 2009, fascicolo 4, pag. 283, fa notare che la società dell’informazione in Europa, come nel resto del mondo, si trova di fronte ad una molteplicità di ordinamenti nazionali sul diritto d’autore, che si distinguono tra loro, in parte in modo rilevante, quanto a strategia, struttura e limiti della tutela del diritto d’autore. Ad avviso dell’autore, il superamento delle differenze tra il concetto di tutela del diritto d’autore dell’Europa continentale e il copyright anglosassone è, e resta, la più grande sfida.


14 – Philapitsch, F., Die digitale Privatkopie, Graz 2007, pag. 85, fa rilevare il considerevole numero di disposizioni restrittive elaborate nel corso del processo legislativo. Se vi erano solo nove disposizioni nella proposta di direttiva, esse sono aumentate a undici nella seconda proposta di direttiva emendata, arrivando infine al numero di ventidue con l’adozione della posizione comune.


15 – Secondo Metzger, A./Kreutzer, T., «Richtlinie zum Urheberrecht in der Informationsgesellschaft – Privatkopie trotz technischer Schutzmaßnahmen?», Multimedia und Recht, 2002, fascicolo 3, pag. 139, la direttiva lascia agli Stati membri rilevanti margini di attuazione. La ragione consisterebbe nell’assenza di un accordo a livello europeo sulle questioni centrali di un futuro ordinamento del diritto d’autore. Guntrum, S., Zur Zukunft der Privatkopie in der Informationsgesellschaft, Hamburg 2007, pag. 126, è dell’opinione che il carattere facoltativo ed il tenore testuale della restrizione europea relativa alle copie private, nonché i corrispondenti ‘considerando’, depongano a favore di un’ampia possibilità operativa in quest’ambito.


16 – In questo senso Guntrum, S., cit. alla nota 15, pag. 118, 125; Plaza Penadés, J., «Propiedad intelectual y sociedad de la información», Contratación y nuevas tecnologías, Madrid 2005, pag. 147; Bércovitz Rodríguez-Cano, R., «El canon de copia privada: escaramuza sobre el fuero», Aranzadi Civil, n. 14/2009, pag. 1; Hugenholtz, B./Guibault, L./van Geffen, S., «The Future of Levies in a Digital Environment», 2003, disponibile in Internet (http://www.ivir.nl/publications/other/DRM&levies-report.pdf), pag. 32, fanno notare che la direttiva 2001/29/CE non impone alcun obbligo agli Stati membri in riferimento all’introduzione di una deroga per le copie private. Il legislatore nazionale sarebbe pertanto libero di vietare del tutto le copie private ovvero di consentirle solo in parte.


17 – V. sentenza 23 novembre 1977, causa 38/77, Enka (Racc. pag. 2203, punto 20).


18 – V. Middeke, A., Handbuch des Rechtsschutzes in der Europäischen Union, II ed., München 2003, pag. 226, paragrafo 38, e sentenza 12 luglio 1979, causa 244/78, Union Laitière Normande (Racc. pag. 2663, punto 5).


19 – V., in particolare, sentenze 18 ottobre 1990, cause riunite C‑297/88 e C‑197/89, Dzodzi (Racc. pag. I‑3763, punti 33 e 34); 8 novembre 1990, causa C‑231/89, Gmurzynska-Bscher (Racc. pag. I‑4003, punti 18 e 19); 17 luglio 1997, causa C‑28/95, Leur-Bloem (Racc. pag. I‑4161, punto 24); 29 gennaio 2008, causa C‑275/06, Promusicae (Racc. pag. I‑271, punto 36), e 12 febbraio 2008, causa C‑2/06, Kempter (Racc. pag. I‑411, punto 42).


20 – V., in particolare, sentenze 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra (Racc. pag. I‑2099, punto 38); 22 maggio 2003, causa C‑18/01, Korhonen e a. (Racc. pag. I‑5321, punto 19); 5 febbraio 2004, causa C‑380/01, Schneider (Racc. pag. I‑1389, punto 21); 19 aprile 2007, causa C‑295/05, Asemfo (Racc. pag. I‑2999, punto 30), e 23 aprile 2009, cause riunite C‑261/07 e C‑299/07, VTB-VAB (Racc. pag. I‑2949, punto 32).


21 – V., in particolare, sentenze 16 dicembre 1981, causa 244/80, Foglia/Novello (Racc. pag. 3045, punto 18); 15 giugno 1995, cause riunite da C‑422/93 a C‑424/93, Zabala Erasun e a. (Racc. pag. I‑1567, punto 29); 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman (Racc. pag. I‑4921, punto 61); 12 marzo 1998, causa C‑314/96, Djabali (Racc. pag. I‑1149, punto 19); PreussenElektra, cit. alla nota 20 (punto 39); Schneider, cit. alla nota 20 (punto 22); 1° aprile 2008, causa C‑212/06, Gouvernement de la Communauté française e Gouvernement wallon (Racc. pag. I‑1683, punto 29), e VTB-VAB, cit. alla nota 20 (punto 33).


22 – V. pagg. 2 e 13 dell’ordinanza di rinvio.


23 – V. il preambolo (sezione prima, quarto paragrafo) della legge 7 luglio 2006, n. 23, in cui si legge che il recepimento della direttiva 2001/29/CE nel diritto spagnolo si prefiggeva l’obiettivo, in primo luogo, il rispetto del principio della «trasposizione letterale» di quella direttiva, nonché della «riforma minima della legislazione vigente». Ruiz Zapatero, G., «Naturaleza y límites constitucionales de la compensación equitativa por copia digital privada establecida en la Ley 23/2006 de modificación del texto refundido de la Ley de Propiedad Intelectual», Jurisprudencia Tributaria Aranzadi, 2007, fascicolo 7, sostiene che l’originaria formulazione dell’art. 25 del TRLPI, alla luce della diversa terminologia rispetto alla direttiva 2001/29/CE, non avrebbe potuto essere mantenuta più a lungo. La legge 23/2006 avrebbe effettuato i dovuti chiarimenti essenzialmente di natura tecnica. Falcón Tella, R., cit. alla nota 5, pag. 4, osserva che la modifica della nozione di «equa remunerazione» contenuta nell’art. 25 del TRLPI e finora utilizzata è la conseguenza dell’intenzione di rispettare la terminologia della direttiva 2001/29/CE.


24 – V., in tal senso, sentenze 30 ottobre 2000, causa C‑58/98, Corsten (Racc. pag. I‑7919, punto 24), e 29 aprile 2004, cause riunite C‑482/01 e C‑493/01, Orfanopoulos e Oliveri (Racc. pag. I‑5257, punto 42).


25 – V. sentenze 25 ottobre 2001, causa C‑475/99, Ambulanz Glöckner (Racc. pag. I‑8089, punto 10); 13 novembre 2003, causa C‑153/02, Neri (Racc. pag. I‑13555, punti 34 e 35); 29 aprile 2004, Orfanopoulos e Oliveri, cit. alla nota 24 (punto 42), e 21 aprile 2005, causa C‑267/03, Lindberg (Racc. pag. I‑3247, punti 41 e 42).


26 – Si evince dalla giurisprudenza che la Corte cerca di dare soluzioni utili alle questioni che le sono sottoposte. V. sentenze 19 novembre 2009, cause riunite C‑402/07 e C‑432/07, Sturgeon e a. (Racc. pag. I‑10923, punto 28); 24 marzo 2009, causa C‑445/06, Danske Slagterier (Racc. pag. I‑2119, punto 29), e 21 aprile 1991, causa C‑41/90, Höfner e Elsner (Racc. pag. I‑1979, punto 16).


27 – Sentenze 4 luglio 2006, causa C‑212/04, Adeneler e a. (Racc. pag. I‑6057, punto 115), e 14 gennaio 2010, causa C‑304/08, Plus Warenhandelsgesellschaft (Racc. pag. I‑217, punto 17).


28 – V. sentenze 5 ottobre 2004, cause riunite da C‑397/01 a C‑403/01, Pfeiffer e a. (Racc. pag. I‑8835, punti 115, 116, 118 e 119), e 4 luglio 2006, Adeneler e a., cit. alla nota 27 (punto 111).


29 – V., tra le altre, sentenze 18 gennaio 1984, causa 327/82, Ekro (Racc. pag. 107, punto 11); 19 settembre 2000, causa C‑287/98, Linster (Racc. pag. I‑6917, punto 43); 9 novembre 2000, causa C‑357/98, Yiadom (Racc. pag. I‑9265, punto 26); 6 febbraio 2003, causa C‑245/00, SENA (Racc. pag. I‑1251, punto 23); 12 ottobre 2004, causa C‑55/02, Commissione/Portogallo (Racc. pag. I‑9387, punto 45); 27 gennaio 2005, causa C‑188/03, Junk (Racc. pag. I‑885, punti 27‑30), e 7 dicembre 2006, causa C‑306/05, SGAE (Racc. pag. I‑11519, punto 31).


30 – V. sentenza Ekro, cit. alla nota 29 (punto 14).


31 – V., sul punto, le mie conclusioni presentate all’udienza del 3 maggio 2007 nella causa C‑62/06, Zefeser (Racc. pag. I‑11995, paragrafi 32 e 33).


32 – In tal senso l’opinione di Riesenhuber, K., Europäische Methodenlehre, Berlin 2006, pag. 247, paragrafo 7.


33 – V. sentenze 7 luglio 1992, causa C‑369/90, Micheletti (Racc. pag. I‑4239, punti 10‑15), in relazione al concetto di «cittadinanza», nonché 6 ottobre 1976, causa 12/76, Tessili (Racc. pag. 1473, punto 14), in riferimento alla nozione di «luogo di adempimento» nel quadro della convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.


34 – V. sentenza 11 luglio 1985, causa 105/84, Danmols Inventar (Racc. pag. 2639, punti 22‑27), sulla nozione di «lavoratore» ai sensi della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti.


35 – V., tra le altre, sentenze 19 settembre 2000, C‑156/98, Germania/Commissione (Racc. pag. I‑6857, punto 50); 6 luglio 2006, causa C‑53/05, Commissione/Portogallo (Racc. pag. I‑6215, punto 20), e 7 dicembre 2006, SGAE, cit. alla nota 29 (punto 34).


36 – V. paragrafo 16 della memoria del governo del Regno Unito.


37 – Ad avviso di Riesenhuber, K., cit. alla nota 32, pag. 246, paragrafo 6, il ravvicinamento delle legislazioni significa che deve essere creata una nozione autonoma di diritto comunitario. Chi abbia intenzione di ravvicinare, dovrebbe creare un criterio. Con un rinvio dinamico al rispettivo stato dell’interpretazione nazionale il diritto comunitario rinuncerebbe alla sua autonomia, nel caso di rinvio statico allo stato originario esso si cristallizzerebbe. Rott, P., «What is the Role of the ECJ in EC Private Law?», Hanse Law Review, n. 1/2005, pag. 8, fa notare che il principio dell’interpretazione autonoma presenterebbe difficoltà nei casi in cui il diritto comunitario utilizzasse clausole generali. L’autore si esprime nettamente contro la concessione agli Stati membri della libertà di fornire una propria interpretazione di questa nozione. Questo approccio sarebbe inaccettabile, laddove la Comunità tendesse ad un’armonizzazione della legislazione degli Stati membri sul fondamento dell’art. 95 CE. L’uso di clausole generali costituirebbe una tecnica normativa tradizionale nel sistema giuridico dell’Europa continentale che si applicherebbe ogniqualvolta si dimostrasse impossibile definire ex ante determinate caratteristiche di una fattispecie. Ciò, tuttavia, non potrebbe essere volto a limitare l’incidenza del diritto comunitario sugli ordinamenti degli Stati membri.


38 – Sentenza SENA, cit. alla nota 29.


39 – GU L 346, pag. 61.


40 – Sentenza SENA, cit. alla nota 29 (punto 21).


41 – Ibid. (punti 7, 25, 34).


42 – Ibid. (punto 32).


43 – Ibid. (punto 34).


44 – Ibid. (punto 36).


45 – Ibid. (punto 38).


46 – V. la posizione comune 28 settembre 2000, 48/2000/CE, definita dal Consiglio, deliberando in conformità della procedura di cui all’articolo 251 del Trattato che istituisce la Comunità europea, in vista dell’adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU C 344, pag. 1), diciannovesimo ‘considerando’.


47 – Secondo costante giurisprudenza della Corte, le disposizioni di diritto comunitario, ove possibile, devono essere interpretate alla luce del diritto internazionale, in particolare qualora attraverso di esse venga attuato un trattato di diritto internazionale concluso dalla Comunità [v., in particolare, sentenze 10 settembre 1996, causa C‑61/94, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3989, punto 52); 14 luglio 1998, causa C‑341/95, Bettati (Racc. pag. I‑4355, punto 20), e 7 dicembre 2006, SGAE, cit. alla nota 29 (punto 34). Alcune convenzioni sul diritto d’autore internazionale prevedono la possibilità, per gli Stati firmatari, di stabilire, in determinati casi, eccezionali limitazioni od eccezioni dei diritti riconosciuti agli autori di opere; così, ad esempio, la convenzione di Berna riveduta (art. 9), il Trattato OMPI sul diritto d’autore (art. 10), e l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS, art. 13)]. Tuttavia non si può ricavare alcun concetto esattamente corrispondente alla nozione di «equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE.


48 – V. gli artt. 11bis, n. 2, e 13, n. 1, della Convenzione di Berna riveduta.


49 – In tal senso, pure Carbajo Cascón, F., «Copia privada y compensación equitativa», Noticias de la Unión Europea, n. 286/2008, pagg. 34 e segg.


50 – V. Aristotele, Etica Nicomachea, Quinto libro, settimo capitolo – Iustitia commutativa, 322AD, 1132b, ove è scritto: «Quanto detto deve essere tenuto presente anche sotto un altro riguardo, nelle diverse arti. Esse scomparirebbero qualora l’artista non fosse fattore attivo di un prodotto valutabile sotto il profilo quantitativo e qualitativo e non venisse corrispondentemente compensato sia in quantità sia in qualità dal fattore passivo» [traduzione libera].


51 – Questa massima di diritto romano afferma che chi trae vantaggio da una cosa ne deve sopportare anche gli svantaggi. Secondo l’argomentazione del governo spagnolo, questo principio è alla base del sistema di prelievo spagnolo.


52 – L’art. 8, n. 2, della direttiva 92/100/CEE dispone quanto segue: «Gli Stati membri prevedono un diritto per garantire che una remunerazione equa e unica sia versata dall’utente allorché un fonogramma pubblicato a scopi commerciali, o una riproduzione del medesimo, è utilizzato per una radiodiffusione via etere o per una qualsiasi comunicazione al pubblico, e che detta remunerazione sia suddivisa tra gli artisti interpreti o esecutori e i produttori del fonogramma in questione. In caso di mancato accordo tra artisti interpreti o esecutori e produttori di fonogrammi, gli Stati membri possono stabilire le condizioni della ripartizione tra i medesimi di questa remunerazione».


53 – Parte da queste premesse Falcón Tella, R., «El llamado ‘canon por derechos de autor’ (Copyright Levy) o compensación equitativa por copia privada (II): antecedentes y configuración en la Ley 23/2006, de 7 julio (RCL 2006, 1386)», Quincena Fiscal Aranzadi, n. 17/2006, pag. 1, il quale fa presente che la ratio del prelievo consiste, a suo avviso, nel far contribuire all’equo compenso i commercianti e – attraverso questi – gli acquirenti di apparecchi, dispositivi e materiali collegati alla riproduzione digitale. V. anche Carbajo Cascón, F., cit. alla nota 49, pag. 26, il quale sottolinea che i produttori, gli importatori e i commercianti obbligati al pagamento trasferirebbero detto prelievo sui clienti attraverso il prezzo di vendita e, così facendo, realizzerebbero il contemperamento degli interessi di autori ed utenti. Analogamente anche Bércovitz Rodríguez-Cano, R., «Compensación equitativa por copia privada», Aranzadi Civil, n. 16/2007, pag. 2, e Id., cit. alla nota 16, pag. 1.


54 – V. pag. 11 (paragrafo 26) della memoria del governo tedesco.


55 – In tal senso Carbajo Cascón, F., cit. alla nota 49, pag. 31, che non vede nella riproduzione illegale di materiali protetti (ad esempio nell’ambito della pirateria musicale on line) una «copia privata» ai sensi della norma spagnola di cui all’art. 31, n. 2, del TRLPI. Egli indica, a tal proposito, il tenore univoco di questa disposizione: «… a partir de obras a las que haya accedido legalmente …».


56 – Philapitsch, F., op. cit. alla nota 14, pag. 91, sostiene che sia previsto un «equo compenso» ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE esclusivamente per la riproduzione legittima ad uso privato, come descritta nella direttiva. Il danno derivante dalle copie illegali in senso ampio non dovrebbe essere in tal modo compensato e non costituirebbe, dunque, un criterio ammissibile per la definizione di modelli di remunerazione.


57 – In questo senso Hugenholtz, B./Guibault, L./van Geffen, S., cit. alla nota 16, pag. 32, i quali ritengono che gli atti di riproduzione che eccedano l’uso privato (ad esempio, la pirateria musicale) non siano compresi nell’ambito di applicazione di questa deroga.


58 – Philapitsch, F., op. cit. alla nota 14, pag. 90, parla, in relazione alla deroga di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, di una «remunerazione della riproduzione». Carbajo Cascón, F., cit. alla nota 49, pag. 26, fa riferimento, a proposito della copia privata, ad un «concetto di remunerazione».


59 – Il diritto di proprietà, in cui rientra il diritto di proprietà intellettuale, è, ai sensi della giurisprudenza della Corte, un diritto fondamentale protetto nell’ordinamento comunitario come un principio generale del diritto comunitario [v., in questo senso, sentenze 12 settembre 2006, causa C‑479/04, Laserdisken (Racc. pag. I‑8089, punto 65), e Promusicae (cit. supra, nota 19, punto 62)]. Anche il nono ‘considerando’ della direttiva 2001/29/CE precisa che la proprietà intellettuale costituisce parte integrante del diritto di proprietà.


60 – In tal senso anche Ullrich, J. N., cit. alla nota 13, pag. 291. L’autore afferma che il legislatore comunitario, indicando il «danno» come criterio, avrebbe inteso tener conto della tradizione giuridica anglosassone, che attribuirebbe al danno cagionato attraverso la copia privata un ruolo centrale nella determinazione dell’importo del compenso economico garantito. Poiché, per contro, la rilevanza del danno sarebbe estranea al diritto d’autore dell’Europa continentale ai fini della fissazione di una remunerazione adeguata, il legislatore comunitario avrebbe deciso di conciliare entrambe le tradizioni giuridiche, da un lato ammettendo l’orientamento al danno ovvero al pregiudizio, dall’altro non rendendolo un criterio vincolante. Il trentacinquesimo ‘considerando’ fisserebbe, tuttavia, in maniera cogente che, laddove un titolare del diritto subisca per effetto della copia privata un pregiudizio che superi la soglia minima, debba essergli riconosciuto, secondo tutte le tradizioni giuridiche, un compenso economico.


61 – V. paragrafo 35 delle conclusioni dell’avvocato generale Tizzano presentate il 26 settembre 2002 nella causa C‑245/00, SENA (Racc. pag. I‑1251).


62 – Anche Lehmann, M., in Handbuch des Urheberrechts (a cura di Ulrich Loewenheim), I ed., München 2003, pag. 878, paragrafo 46, ritiene che resti riservato alla libera discrezionalità degli Stati membri, il modo in cui calcolare ed organizzare in concreto l’«equo compenso» di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE.


63 – V. Dreier, T., «Die Umsetzung der Urheberrechtsrichtlinie 2001/29/EG in deutsches Recht», Zeitschrift für Urheber- und Medienrecht, 2002, pag. 28, per cui la direttiva 2001/29/CE è, per sua natura, vincolante solo per quanto riguarda il risultato da raggiungere, lasciando libera scelta agli Stati membri in merito alla forma e ai mezzi. L’autore constata, a tal proposito, che la direttiva lascia al legislatore nazionale un margine operativo talvolta considerevole, ricordando le venti disposizioni restrittive facoltative sul totale di ventuno. Carbajo Cascón, F., cit. alla nota 49, pag. 26, lamenta che l’assenza di specificità nelle disposizioni della direttiva vanifica, a suo avviso, l’obiettivo di armonizzazione. Ullrich, J. N., cit. alla nota 13, pag. 291, fa notare come il legislatore comunitario abbia delineato l’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE, dopo un’accurata ricognizione delle norme pertinenti applicate negli Stati membri. In tale occasione, avrebbe accertato che, laddove sia stato previsto un compenso, questo abbia avuto, per concorde tradizione giuridica di tutti gli Stati membri, la forma di una compensazione economica, la quale si sarebbe differenziata solo quanto a forma, modalità ed entità. Ad avviso dell’autore, il legislatore comunitario ha inteso allora fissare questo minimo comune denominatore nell’art. 5, n. 2, lett. b), dovendo poi gli Stati membri regolare la forma e i dettagli del pagamento. L’autore si richiama a tal riguardo al tenore testuale del secondo periodo del trentacinquesimo ‘considerando’.


64 – La nozione di «Ziel» (obiettivo) nella versione in lingua tedesca dell’art. 249, n. 3, CE viene intesa anche dalla dottrina di lingua tedesca nel senso di un «Ergebnis» (risultato) previsto dalla direttiva. Quest’opinione si basa sulla formulazione nelle altre versioni linguistiche («résultat», «result», «resultado», «risultato», «resultaat»). Gli Stati membri devono pertanto instaurare la situazione giuridica auspicata dalla direttiva [v. sul punto Schroeder, W., in EUV/EGV – Kommentar (a cura di Rudolf Streinz), München 2003, Art. 249 EGV, paragrafo 77, pag. 2178 e Biervert, B., EU-Kommentar (a cura di Jürgen Schwarze), Baden-Baden 2000, Art. 249 EGV, paragrafo 25, pag. 2089]. Per questo motivo è diventata d’uso comune nella dottrina la nozione francese di «obligation de résultat» (v. Lenaerts, K./Van Nuffel, P., Constitutional Law of the European Union, II ed., London 2006, paragrafi 17‑123, pag. 768).


65 – Ad avviso di Häuser, M., «Pauschalvergütung und digitale Privatkopie», Computer und Recht, 2004, pag. 830, la direttiva precisa, senza possibilità di equivoci, che il legislatore nazionale, laddove ammetta la copia privata, è tenuto a garantire un equo compenso ai titolari dei diritti. Ciò evidenzierebbe come il limite costituito dalla copia privata ed il sistema dell’obbligo di remunerazione rappresentino due facce inseparabili della stessa medaglia.


66 – V., in particolare, sentenze 15 luglio 1964, causa 6/64, Costa (Racc. pagg. 1251 e 1268); Enka, cit. alla nota 17 (punto 22); 15 dicembre 1993, causa C‑292/92, Hünermund (Racc. pag. I‑6787, punto 8); 29 novembre 2001, causa C‑17/00, De Coster (Racc. pag. I‑9445, punto 23), nonché 16 gennaio 2003, causa C‑265/01, Pansard e a. (Racc. pag. I‑683, punto 18).


67 – V. paragrafo 80 delle presenti conclusioni.


68 – Sentenza SGAE, cit. alla nota 29.


69 – Ibid., punti 37 e 38, nonché 43 e segg.


70 – Ibid., punto 43.


71 – V. paragrafo 67 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston presentate all’udienza del 13 luglio 2006, nella causa C‑306/05, SGAE, nelle quali ella rinvia, a sua volta, alle dichiarazioni dell’avvocato generale La Pergola nelle sue conclusioni presentate all’udienza del 9 settembre 1999, causa C‑293/98, Egeda (Racc. pag. I‑629, paragrafo 22), il quale si era espresso nel modo seguente: «[La] deduzione [che la sussistenza di una comunicazione al pubblico andrebbe, per altro verso, esclusa in ragione del fatto che la ricezione effettiva dell’opera radiodiffusa dipende da un atto individuale dell’ospite] è inconciliabile con uno dei principi fondamentali del diritto d’autore (…), secondo il quale il titolare del diritto viene remunerato non per il godimento effettivo dell’opera, bensì per la semplice possibilità giuridica di tale godimento. Si pensi, per esempio, all’editore, che è tenuto a corrispondere all’autore le royalties convenute sulle copie vendute di una novella, indipendentemente dal fatto che queste vengano effettivamente lette dagli acquirenti. In termini del tutto analoghi, un albergo responsabile della distribuzione interna via cavo – in forma simultanea, integrale e non modificata – di un’emissione primaria trasmessa via satellite non potrebbe rifiutarsi di corrispondere all’autore la remunerazione a questo spettante sostenendo che l’opera radiodiffusa non è stata in concreto ricevuta dai telespettatori potenziali che hanno accesso ai televisori installati nelle singole stanze».


72 – V., sul punto, il rapporto della Commissione «Fair compensation for acts of private copying» del 14 febbraio 2008, disponibile in Internet (http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/levy_reform/background_en.pdf), in cui il prelievo per la realizzazione di una copia privata viene definito come una sorta di indennizzo per i titolari del diritto che si basa sulla considerazione che l’atto di realizzazione di una copia privata non può essere, per ragioni pratiche, oggetto di licenza e, conseguentemente, produce un pregiudizio economico al titolare. Inoltre, viene fatto presente che il sistema del prelievo per copia privata a livello nazionale sarebbe stato introdotto perché non ci sarebbe stata alcuna possibilità di controllare effettivamente la riproduzione di opere ad uso privato ed eventualmente di autorizzarla.


73 – In questo senso Geerlings, J., «Das Urheberrecht in der Informationsgesellschaft und pauschale Geräteabgaben im Lichte verfassungs- und europarechtlicher Vorgaben», Gewerblicher Rechtsschutz und Urheberrecht, 2004, fascicolo 3, pag. 208, il quale esamina il sistema di prelievo forfettario in vigore in Germania già dal 1965 [art. 53, quinto comma, della precedente versione dell’Urheberrechtsgesetz (legge sul diritto d’autore) (artt. 54 e 54a della nuova versione)], che, a tal riguardo, presenta analogie con il sistema spagnolo. Il sistema tedesco si basa ugualmente sulla considerazione che l’applicazione diretta di un onere all’utente non sembra praticabile, con la conseguenza che l’onere non sorge per effetto dell’atto di riproduzione, ma dell’alienazione di dispositivi che consentono di realizzare copie private.


74 – V. paragrafo 76 delle presenti conclusioni.      


75 – V. pag. 19 (paragrafo 44) della memoria del governo spagnolo.


76 – V. Bescovitz Rodríguez-Cano, R. cit. alla nota 16, pag. 2, la cui opinione si fonda, con riguardo all’imposizione di un prelievo in base all’art. 25 del TRLPI, su una presunzione confutabile (iuris tantum), per la quale i dispositivi e i supporti di memorizzazione sarebbero destinati alla realizzazione di copie private.


77 – Della stessa opinione è anche la Commissione nel suo rapporto «Fair compensation for acts of private copying» del 14 febbraio 2008, con rinvio alle osservazioni di molte società di autori ed editori, cit. alla nota 72, punto 4.2, pag. 12.


78 – Nel trentacinquesimo ‘considerando’ così si legge: «Nel determinare la forma, le modalità e l’eventuale entità di detto equo compenso si dovrebbe tener conto delle peculiarità di ciascun caso».


79 – V. Plaza Penadés, J., cit. alla nota 16, pag. 152, il quale ritiene che la copia realizzata da una persona fisica per l’uso da parte di una persona giuridica (di diritto pubblico o privato), nella misura in cui con ciò si intenda l’utilizzazione della copia da parte di una pluralità di persone, non sia disciplinata dalla norma di cui all’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE. L’autore è, invece, evidentemente del parere che anche una persona giuridica possa beneficiare della disciplina della copia privata, a condizione che la copia venga destinata esclusivamente ad uso privato della persona giuridica.


80 – V. Plaza Penadés, J., cit. alla nota 16, pag. 152, che non considera ricompresa nell’ambito di applicazione dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE l’utilizzazione della copia da parte di una persona giuridica per fini commerciali.


81 – V., in questo contesto, la risposta 19 settembre 2007 del commissario per il mercato interno e i servizi Mc Creevy all’interrogazione 5 giugno 2007 del deputato del Parlamento europeo Romeva i Rueda concernente l’applicazione in Spagna del prelievo in materia di diritto d’autore sui supporti digitali (E-2864/07). Il commissario esprime così l’opinione della Commissione per cui il prelievo deve essere imposto solo sui supporti e sugli apparecchi idonei ad essere utilizzati e che in concreto siano utilizzati per la realizzazione di copie destinate ad uso privato. La Commissione ritiene, del pari, che gli apparecchi utilizzati per scopi commerciali (ad esempio in imprese o pubbliche amministrazioni) non dovrebbero essere assoggettati al prelievo, in quanto ciò andrebbe chiaramente al di là del necessario compenso richiesto per gli atti consentiti (ossia la copia privata) a norma della direttiva.


82 – In questo senso, Herrnfeld, H.-H., EU-Kommentar (a cura di Jürgen Schwarze), II ed., Baden-Baden 2009, Art. 94, pag. 1127, paragrafo 42.


83 – V. sentenze 22 giugno 1993, causa C‑11/92, Gallagher (Racc. pag. I‑3545, punti 11 e segg.), e 5 ottobre 1994, causa C‑323/93, Crespelle (Racc. pag. I‑5077, punti 33 e segg.).


84 – V. supra, paragrafi 75‑78.


85 – Un siffatto prelievo non relativo al compenso per copia privata ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE e presumibilmente non ricompreso nell’ambito di applicazione di questa direttiva, lascerebbe impregiudicata la competenza normativa degli Stati membri, salvi altri limiti di diritto comunitario [v. sentenza 4 giugno 2009, causa C‑285/08, Moteurs Leroy Somer (Racc. pag. I‑4733, punto 31)].


86 – V., supra, paragrafo 94.