Language of document : ECLI:EU:C:2014:2350

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

6 novembre 2014 (*)

«Impugnazione – Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) – Programma operativo regionale (POR) 2000‑2006 per la regione Campania – Regolamento (CE) n. 1260/1999 – Articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f) – Procedura d’infrazione contro la Repubblica italiana riguardante la gestione dei rifiuti nella regione Campania – Decisione di non procedere ai pagamenti intermedi attinenti alla misura del POR relativa alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti»

Nella causa C‑385/13 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 4 luglio 2013,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da D. Recchia e A. Steiblytė, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da S. Rodin, presidente di sezione, A. Borg Barthet e F. Biltgen (relatore), giudici,

avvocato generale: P. Cruz Villalón

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione la Repubblica italiana chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea Italia/Commissione (T‑99/09 e T‑308/09, EU:T:2013:200; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto i ricorsi di annullamento delle decisioni contenute nelle lettere della Commissione europea datate 22 dicembre 2008, 2 e 6 febbraio 2009 (causa T‑99/09) e 20 maggio 2009 (causa T‑308/99) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti controversi»), le quali dichiaravano inammissibili, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU L 161, pag. 1), le domande di pagamenti intermedi delle autorità italiane dirette ad ottenere il rimborso delle spese effettuate, dopo il 29 giugno 2007, relativamente alla misura 1.7 del programma operativo «Campania» (in prosieguo, rispettivamente: la «misura 1.7» e il «PO Campania»).

 Contesto normativo

2        Conformemente all’articolo 9, lettere j) e k), del regolamento n. 1260/1999, la nozione di «misura» è definita come lo strumento tramite il quale un asse prioritario trova attuazione su un arco di tempo pluriennale e che consente il finanziamento delle operazioni, mentre quella di «operazione» indica ogni progetto o azione realizzato dai beneficiari finali degli interventi.

3        L’articolo 31, paragrafo 2, secondo e terzo comma, del regolamento n. 1260/1999 così dispone:

«La quota di un impegno che non è stata liquidata mediante acconto o per la quale non è stata presentata alla Commissione una domanda di pagamento ammissibile, quale definita nell’articolo 32, paragrafo 3, alla scadenza del secondo anno successivo a quello dell’impegno o, eventualmente e per gli importi in questione, alla data di una successiva decisione della Commissione necessaria per autorizzare una misura o un’operazione o alla scadenza del termine di presentazione del rapporto finale di cui all’articolo 37, paragrafo 1, è disimpegnata automaticamente dalla Commissione; la partecipazione dei Fondi all’intervento in questione viene ridotta in misura corrispondente.

Il termine di disimpegno automatico di cui al secondo comma è sospeso per la parte dell’impegno corrispondente alle operazioni oggetto, alla data prevista del disimpegno, di una procedura giudiziaria, o di un ricorso amministrativo con effetti sospensivi, fatti salvi il ricevimento da parte della Commissione di un’informazione preliminare e motivata dello Stato membro interessato, con l’esposizione dei motivi, e la sua diffusione da parte della Commissione».

4        L’articolo 32 del citato regolamento, intitolato «Pagamenti», ai paragrafi da 3 a 5 prevede quanto segue:

«3.      I pagamenti intermedi sono effettuati da parte della Commissione per rimborsare le spese effettivamente sostenute a titolo dei Fondi e certificate dall’autorità di pagamento. Essi sono eseguiti per ogni singolo intervento e calcolati per le misure contenute nel piano di finanziamento del complemento di programmazione. Essi devono rispettare le seguenti condizioni:

(...)

f)      assenza di sospensione di pagamenti, a norma dell’articolo 39, paragrafo 2, primo comma, e assenza di decisione della Commissione di avviare un procedimento d’infrazione in forza dell’articolo 226 del trattato, riguardo alla misura o alle misure oggetto della domanda di cui trattasi.

Se una delle condizioni non è rispettata e la domanda di pagamento non è pertanto ammissibile, lo Stato membro e l’autorità di pagamento ne sono informati senza indugio dalla Commissione e adottano le disposizioni necessarie per porre rimedio alla situazione.

(...)

4.      Il pagamento del saldo dell’intervento viene eseguito in presenza delle seguenti condizioni:

a)      se l’autorità di pagamento ha presentato alla Commissione, entro sei mesi dal termine fissato per il pagamento nella decisione relativa alla partecipazione dei Fondi, una dichiarazione certificata delle spese effettivamente pagate;

(...)

5.      Il pagamento definitivo del saldo non può più essere rettificato, a richiesta dello Stato membro, se l’autorità di pagamento non ne ha fatto domanda alla Commissione entro nove mesi a decorrere dalla data di versamento del saldo di cui trattasi».

5        L’articolo 39, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1260/1999 è così formulato:

«2.      Se dopo le necessarie verifiche, la Commissione conclude:

(...)

c)      che esistono gravi insufficienze nei sistemi di gestione o di controllo che potrebbero condurre ad irregolarità a carattere sistematico,

sospende i pagamenti intermedi e, motivando la sua domanda, chiede allo Stato membro di presentare le sue osservazioni e apportare, se del caso, eventuali rettifiche entro un termine stabilito.

Se lo Stato membro contesta le osservazioni della Commissione, viene da questa convocato ad un’audizione, nella quale entrambe le parti, in uno spirito di cooperazione fondato sul partenariato, si adoperano per raggiungere un accordo sulle osservazioni e sulle conclusioni da trarsi.

3.      Alla scadenza del termine stabilito dalla Commissione, se non è stato raggiunto un accordo e se lo Stato membro non ha effettuato le rettifiche, la Commissione, tenendo conto delle osservazioni di quest’ultimo può decidere, entro tre mesi:

a)      di ridurre l’acconto di cui all’articolo 32, paragrafo 2 o

b)      di procedere alle necessarie rettifiche finanziarie, sopprimendo in tutto o in parte la partecipazione dei Fondi all’intervento in questione.

Nello stabilire l’importo della rettifica la Commissione, tiene conto, conformemente al principio di proporzionalità, della natura dell’irregolarità o della modificazione, nonché dell’ampiezza e delle implicazioni finanziarie delle insufficienze constatate nei sistemi di gestione o di controllo degli Stati membri.

In mancanza di una decisione di agire a norma delle lettere a) o b) la sospensione dei pagamenti intermedi cessa con effetto immediato».

 Fatti

6        I fatti all’origine della controversia sono stati esposti ai punti da 1 a 21 della sentenza impugnata e possono essere sintetizzati come segue.

 La procedura di approvazione del sostegno al PO Campania

7        Con decisione C(2000) 2347, dell’8 agosto 2000, la Commissione ha approvato il PO Campania, che si integra nel quadro del sostegno per gli interventi strutturali comunitari nelle regioni interessate dall’obiettivo n. 1 in Italia. L’articolo 5 di tale decisione stabiliva come data di inizio e termine ultimo dell’ammissibilità delle spese, rispettivamente, il 5 ottobre 1999 e il 31 dicembre 2008.

8        Il 23 maggio 2006 la Commissione ha adottato la decisione C(2006) 2165, recante modifica della decisione C(2000) 2347, cui era allegata una versione modificata del PO Campania che descriveva la misura 1.7.

9        Il 22 aprile 2008 le autorità italiane hanno notificato alla Commissione una versione modificata del complemento di programmazione contenente una descrizione modificata della misura 1.7, che la Commissione ha approvato con lettera del 30 maggio 2008.

10      Tale versione conteneva, in particolare, i seguenti interventi relativi alla misura 1.7:

a)      realizzazione di impianti di compostaggio di qualità e isole ecologiche;

b)      interventi di realizzazione di discariche per lo smaltimento del rifiuto residuale rispetto alla raccolta differenziata, in condizioni di sicurezza e di sistemazione finale e/o ripristino ambientale delle discariche autorizzate e non più attive;

c)      attivazione degli Ambiti Territoriali Ottimali e dei relativi piani di gestione e di trattamento (assistenza tecnica per la redazione di piani e programmi, acquisto di attrezzature tecniche e assistenza per il monitoraggio dei sistemi e lo sviluppo della conoscenza del settore, seminari di aggiornamento del personale, azioni di comunicazione e informazione);

d)      sostegno ai Comuni associati per la gestione del sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani;

e)      regime di aiuto alle imprese per l’adeguamento degli impianti destinati al recupero di materia derivata dai rifiuti (trattamento di inerti, autoveicoli, beni durevoli, ingombranti, compostaggio di qualità, recupero di materie plastiche) sulla base di strategie pubbliche mirate a implementare le attività di recupero e a migliorare gli standard di qualità;

f)      attività su scala regionale, di coordinamento, logistica e supporto alle imprese di raccolta e recupero di rifiuti provenienti da particolari categorie produttive, e

g)      regimi di aiuto alle imprese per la realizzazione di impianti destinati al recupero di materia da rifiuti provenienti da particolari categorie produttive e per la realizzazione di impianti di recupero energetico per quei rifiuti non altrimenti recuperabili.

11      Le azioni effettuate e destinate a migliorare e a promuovere il sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti conformemente alla misura 1.7 hanno dato luogo a esborsi pari a EUR 93 268 731,59, il cui 50% – vale a dire EUR 46 634 365,80 – è stato cofinanziato dai Fondi strutturali.

12      Con decisione C(2009) 1112 definitivo, del 18 febbraio 2009, la Commissione ha esteso il periodo di ammissibilità delle spese fino al 30 giugno 2009.

 Il procedimento d’infrazione nei confronti della Repubblica italiana

13      Nell’ambito del procedimento d’infrazione 2007/2195 avviato nei confronti della Repubblica italiana, il 29 giugno 2007 la Commissione ha inviato alle autorità italiane una lettera di costituzione in mora con l’addebito di una violazione degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9), per non aver adottato, in relazione alla regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, per non aver creato una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento.

14      Il 23 ottobre 2007 la Commissione ha inviato alle autorità italiane una lettera di costituzione in mora complementare, diretta ad ampliare gli addebiti oggetto del procedimento d’infrazione 2007/2195. Detto ampliamento degli addebiti verteva su di un’asserita inefficacia del piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania adottato nel 1997 per raggiungere gli obiettivi di cui agli articoli da 3 a 5 e 7 della direttiva 2006/12.

15      Stante l’approvazione, in data 28 dicembre 2007, di un nuovo piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania, la Commissione ha emesso, il 1° febbraio 2008, un parere motivato relativo alle violazioni presunte soltanto degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12.

16      Con atto introduttivo registrato presso la cancelleria della Corte il 4 luglio 2008, la Commissione ha proposto un ricorso ex articolo 226 CE e ha chiesto alla Corte di constatare che, non avendo adottato, in relazione alla regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati e smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, non avendo creato una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento, la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12.

17      Con sentenza del 4 marzo 2010, Commissione/Italia (C‑297/08, EU:C:2010:115), la Corte ha accolto detto ricorso, constatando l’inadempimento della Repubblica italiana.

 L’incidenza della procedura d’infrazione sull’attuazione del PO Campania

18      Con lettera del 31 marzo 2008 la Commissione ha informato le autorità italiane delle conseguenze che intendeva trarre dal procedimento d’infrazione 2007/2195 rispetto al finanziamento della misura 1.7 nell’ambito dell’attuazione del PO Campania. In considerazione dell’avvio di detto procedimento e del contenuto del parere motivato, la Commissione, conformemente all’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento n. 1260/1999, ha ritenuto di non poter ulteriormente procedere a pagamenti intermedi concernenti i rimborsi di spese relative alla misura 1.7. Infatti, tale misura avrebbe per oggetto il sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti, cui si riferisce la procedura d’infrazione 2007/2195, la quale metterebbe in evidenza l’inefficacia nella messa in opera di una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento. Secondo la Commissione, sarebbe risultato che era la gestione dei rifiuti nel suo complesso a risultare non soddisfacente con riferimento alla necessità di assicurare una raccolta e uno smaltimento corretti dei rifiuti e, quindi, non era neppure soddisfacente la gestione delle azioni previste dalla misura 1.7, che include azioni inerenti gli impianti di stoccaggio, trattamento e smaltimento rifiuti, gli impianti di valorizzazione frazione secca ed umida, la sistemazione finale di discariche, oltre che la raccolta differenziata, nonché i piani e programmi settoriali. Essa ne ha concluso, in sostanza, l’inammissibilità delle domande di pagamento delle spese relative alla misura 1.7 presentate successivamente alla data in cui la regione Campania si sarebbe resa inadempiente rispetto agli obblighi a suo carico derivanti dalla direttiva 2006/12, che è entrata in vigore il 17 maggio 2006. La Commissione ha quindi chiesto alle autorità italiane di dedurre, a partire dalla successiva domanda di pagamento, tutte le spese afferenti alla misura 1.7 sostenute posteriormente al 17 maggio 2006, salvo qualora la Repubblica italiana avesse adottato le disposizioni necessarie per porre rimedio alla situazione.

19      Con lettera del 9 giugno 2008 le autorità italiane hanno contestato la valutazione della Commissione e hanno invitato quest’ultima a riconsiderare la sua posizione.

20      Con lettera del 20 ottobre 2008 la Commissione ha manifestato alle autorità italiane le proprie preoccupazioni relativamente al piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania quale adottato il 28 dicembre 2007. In sostanza, la Commissione ha esortato dette autorità a provvedere all’aggiornamento di tale piano alla luce delle disposizioni legislative di recente adozione, nonché alla realizzazione di uno studio d’impatto strategico. Riguardo all’aggiornamento del piano in discussione, la Commissione ha chiesto l’inclusione di misure idonee a creare una gestione valida e sostenibile dei rifiuti, in grado di sostituire l’attuale gestione straordinaria. Infine, la Commissione ha ricordato che, a causa del procedimento d’infrazione 2007/2195 in corso, le domande di pagamenti intermedi relative alla misura 1.7 non sarebbero più state ammissibili.

21      Con lettera del 22 dicembre 2008 la Commissione ha risposto alla lettera delle autorità italiane del 9 giugno 2008, ribadendo la posizione espressa nella lettera del 31 marzo 2008, ossia che l’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento n. 1260/1999 costituisce la base giuridica pertinente nella fattispecie, poiché l’ammissibilità dei pagamenti intermedi è subordinata a svariate condizioni, fra cui «l’assenza di decisione della Commissione di avviare un procedimento di infrazione in forza dell’articolo 226 [CE]». La Commissione ha rilevato che la procedura d’infrazione 2007/2195 in corso rimetteva in discussione l’intero sistema di gestione dei rifiuti nella regione Campania alla luce degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12, ricordando parimenti le preoccupazioni e le riserve espresse mediante la lettera del 20 ottobre 2008. La Commissione ne ha concluso che non vi fossero garanzie sufficienti quanto alla corretta realizzazione delle operazioni cofinanziate dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) nell’ambito della misura 1.7, che, stante l’enunciato della misura stessa, afferivano all’intero sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti, la cui efficacia e idoneità erano oggetto della procedura di infrazione in parola. Infine, la Commissione ha precisato che la data a partire dalla quale essa considerava inammissibili le spese relative alla misura 1.7 era il 29 giugno 2007 e non il 17 maggio 2006.

22      Con lettera del 2 febbraio 2009 la Commissione, richiamando le proprie lettere del 31 marzo e del 22 dicembre 2008, ha dichiarato inammissibile una domanda di pagamento delle autorità italiane del 18 novembre 2008 afferente ad un importo pari a EUR 12 700 931,62, perché si riferiva a spese sostenute nell’ambito della misura 1.7 successivamente al 17 maggio 2006 e relative ad azioni connesse alla procedura d’infrazione 2007/2195. La Commissione ha tuttavia precisato, come risulta dalla lettera del 22 dicembre 2008, che la data a partire dalla quale le spese erano inammissibili era il 29 giugno 2007 e non il 17 maggio 2006. Qualora fosse risultato un saldo positivo rispetto all’importo indicato, le autorità italiane avrebbero potuto tenerne conto nella successiva domanda di pagamento.

23      Il 14 gennaio 2009 le autorità italiane hanno presentato una nuova domanda di pagamento per un importo di EUR 18 544 968,76, a titolo di spese effettuate nell’ambito della misura 1.7.

24      Con lettera del 6 febbraio 2009, ribadendo che la data a partire dalla quale considerava inammissibili le spese effettuate nell’ambito della misura 1.7 era il 29 giugno 2007, la Commissione ha invitato le autorità italiane a correggere di conseguenza la domanda di pagamento in questione.

25      Con lettera del 20 maggio 2009 la Commissione ha riaffermato, con riferimento alle lettere del 31 marzo e del 22 dicembre 2008, che l’importo di EUR 18 544 968,76 afferente alle spese effettuate nell’ambito della misura 1.7 e relative al sistema regionale di gestione e smaltimento di rifiuti era inammissibile.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

26      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 marzo 2009 la Repubblica italiana ha proposto il ricorso registrato con il numero di ruolo T‑99/09 contro le decisioni contenute nelle lettere del 22 dicembre 2008, del 2 e del 6 febbraio 2009.

27      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 giugno 2009 la Repubblica italiana ha proposto il ricorso registrato con il numero di ruolo T‑308/09 contro la decisione contenuta nella lettera del 20 maggio 2009.

28      Le due cause sono state riunite a motivo della loro connessione.

29      A sostegno dei suoi ricorsi la Repubblica italiana ha dedotto sette motivi.

30      In considerazione dell’ampia coincidenza dei primi quattro motivi, in quanto basati sulla censura relativa alla presunta violazione da parte della Commissione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, il Tribunale li ha analizzati congiuntamente.

31      Nell’ambito della valutazione dei criteri di applicazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, ai sensi del quale una domanda di pagamento intermedio può essere dichiarata inammissibile in due ipotesi, fra le quali quella in cui la Commissione ha deciso di avviare un procedimento d’infrazione riguardo alla misura o alle misure oggetto della domanda di cui trattasi (in prosieguo: la «seconda ipotesi»), il Tribunale, ai punti da 42 a 52 della sentenza impugnata, ha proceduto a un’interpretazione letterale, contestuale, teleologica e storica della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999.

32      Il Tribunale ha dichiarato, ai punti da 44 a 46 della sentenza impugnata, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, si deve paragonare l’oggetto della procedura d’infrazione con la misura del programma operativo e non con l’operazione, dal momento che la prima di tali due nozioni assume una portata più ampia e comprende pertanto svariate operazioni.

33      Il Tribunale ha altresì respinto, al punto 49 della sentenza impugnata, la tesi della Repubblica italiana secondo la quale la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 impone un rapporto specifico, se non una perfetta coincidenza tra la procedura d’infrazione e l’operazione. Per contro, esso ha dichiarato che la Commissione deve dimostrare un nesso sufficientemente diretto fra la misura di cui trattasi e l’oggetto della procedura d’infrazione in questione.

34      Dopo aver rilevato, al punto 50 della sentenza impugnata, che tale interpretazione corrisponde alla finalità delle pertinenti disposizioni del regolamento n. 1260/1999, il Tribunale ha precisato, al punto 51 della citata sentenza, che essa non è rimessa in discussione neppure dalla sussistenza della prima ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999.

35      Il Tribunale ha da ciò dedotto, al punto 53 della medesima sentenza, che, per dichiarare inammissibile una domanda di pagamenti intermedi a causa del fatto che è in corso una procedura d’infrazione, è sufficiente che la Commissione dimostri che l’oggetto di tale procedura presenta un nesso sufficientemente diretto con la misura cui si riferiscono le operazioni di cui alle domande di pagamento in questione.

36      Riguardo alla questione se la Commissione avesse correttamente valutato la sussistenza di un nesso sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione e quello della misura 1.7, da cui dipendevano le domande di pagamento dichiarate inammissibili, il Tribunale ha rilevato, da un lato, al punto 58 della sentenza impugnata, che l’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195 riguardava l’intero sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, inclusi quindi tanto il recupero o la raccolta quanto l’inefficacia della raccolta differenziata.

37      Dall’altro lato, il Tribunale ha precisato, al punto 59 della sentenza impugnata, che gli interventi previsti sulla base della misura 1.7 includevano non solo interventi relativi ad aiuti per la creazione di un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, ma anche interventi a sostegno del recupero dei rifiuti in correlazione alla raccolta differenziata nonché della realizzazione di discariche per lo smaltimento del rifiuto residuale in seguito alla raccolta differenziata.

38      Il Tribunale ne ha inferito che sussisteva un nesso sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195 e quello della misura 1.7 e, quindi, le domande di pagamento che sono state dichiarate inammissibili.

39      Data la sussistenza di un nesso sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione e quello delle domande di pagamento dichiarate inammissibili, il Tribunale, al punto 62 della sentenza impugnata, ha respinto i motivi dedotti dalla Repubblica italiana vertenti su un travisamento dei fatti e su uno sviamento di potere.

40      Inoltre, al punto 65 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto i motivi della Repubblica italiana vertenti sulla violazione del principio del contraddittorio e su uno sviamento di potere, dal momento che non può addebitarsi alla Commissione né uno sviamento della procedura di sospensione ex articolo 39, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1260/1999, né di avere ignorato i diritti della difesa.

41      Quanto al motivo dedotto dalla Repubblica italiana vertente su un difetto di motivazione ex articolo 253 CE, il Tribunale, ai punti da 69 a 72 della sentenza impugnata, ha constatato che la Commissione in tutti gli atti controversi aveva fatto riferimento alla lettera del 31 marzo 2008, nella quale erano esposti i motivi di inammissibilità delle domande di pagamento, cosicché doveva considerarsi che tale motivazione facesse parte integrante dei motivi degli atti controversi. Dopo aver rilevato che la Repubblica italiana, conformemente alla giurisprudenza, ha potuto contestare utilmente la legittimità nel merito degli atti controversi e che esso stesso era stato perfettamente in grado di svolgere il proprio controllo, il Tribunale ha concluso che detto motivo era infondato.

42      Ciò considerato, il Tribunale ha respinto i ricorsi presentati dalla Repubblica italiana.

 Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

43      La Repubblica italiana chiede che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annullare gli atti controversi.

44      La Commissione chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare la Repubblica italiana alle spese.

 Sull’impugnazione

45      La Repubblica italiana deduce otto motivi a sostegno della sua impugnazione.

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

46      Con il primo motivo la Repubblica italiana addebita al Tribunale di aver violato gli articoli 9, 31, paragrafo 2, secondo comma, nonché 32, paragrafi 3, primo comma, lettera f), 4 e 5, del regolamento n. 1260/1999, per aver dichiarato, ai punti da 45 a 50 della sentenza impugnata, che l’applicazione della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del medesimo regolamento richiedeva la dimostrazione di un «nesso sufficientemente diretto» tra la misura di cui trattasi e la procedura d’infrazione in questione, mentre avrebbe dovuto constatare l’assenza di un nesso specifico tra queste ultime.

47      Con la prima parte del primo motivo la Repubblica italiana afferma che dalle definizioni di cui all’articolo 9 del regolamento n. 1260/1999 risulta che, a differenza di quanto dichiarato dal Tribunale ai punti 45 e 46 della sentenza impugnata, il rapporto tra misura e operazione non è un rapporto di genere a specie, bensì un rapporto di tipo funzionale, nel senso che la misura è lo strumento giuridico che prevede le modalità di attuazione di un asse prioritario e l’operazione costituisce l’attività concreta di attuazione di tale asse prioritario. Se la Repubblica italiana non contesta che l’applicazione della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 richiede di porre a confronto l’oggetto della procedura d’infrazione in questione con quello della misura di cui trattasi, essa ritiene tuttavia che, affinché tale confronto non sia fittizio, possa risultare necessario esaminare le operazioni in cui si traduce concretamente la misura. La circostanza che tale disposizione si riferisca alla misura non giustificherebbe in nessun caso che la Commissione, in vista dell’adozione della decisione che dichiara inammissibile una domanda di pagamento intermedio, si basi unicamente su dati generici e approssimativi.

48      Con la seconda parte del primo motivo la Repubblica italiana contesta al Tribunale di aver adottato il criterio di confronto del «nesso sufficientemente diretto» tra la procedura d’infrazione in causa e la misura di cui trattasi, il che equivarrebbe ad ammettere come sufficiente una coincidenza parziale fra l’oggetto della misura di cui trattasi e quello della procedura d’infrazione in causa.

49      A tal riguardo la Repubblica italiana sostiene che la decisione che dichiara inammissibile una domanda di pagamento intermedio, configurandosi come misura restrittiva dal punto di vista finanziario ed essendo accessoria alla procedura d’infrazione, deve rispettare il principio della certezza del diritto e che le ipotesi in cui può essere adottata devono essere chiaramente delineate.

50      Inoltre, la Repubblica italiana ritiene che il rifiuto del pagamento, che avviene in connessione con una procedura d’infrazione, possa essere invocato soltanto nell’ipotesi in cui l’ulteriore finanziamento della misura di cui trattasi equivale in realtà al finanziamento dell’infrazione perseguita e il pagamento si traduce in un aggravamento dell’infrazione stessa. Infatti, se l’unico obiettivo della norma di cui all’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), seconda ipotesi, del regolamento n. 1260/1999 fosse quello di prevenire l’impiego improduttivo delle risorse dell’Unione europea a causa di gravi irregolarità nella gestione dell’intervento, sarebbe stato sufficiente il ricorso alla prima ipotesi prevista dalla suddetta disposizione, relativa alla sospensione dei pagamenti ai sensi dell’articolo 39, paragrafi 2 e 3, di tale medesimo regolamento. Secondo la Repubblica italiana, l’interpretazione da essa proposta è l’unica che tutela il bilancio dell’Unione da pagamenti difformi in tutte le possibili ipotesi di irregolarità di gestione o di violazione del diritto dell’Unione.

51      Con la terza parte del primo motivo la Repubblica italiana sostiene che il Tribunale ha violato, al punto 50 della sentenza impugnata, gli articoli 31 e 32 del regolamento n. 1260/1999 nel giudicare che la decisione di dichiarare inammissibili le domande di pagamenti intermedi perché pende una procedura d’infrazione è una misura meramente provvisoria. Infatti, la Repubblica italiana fa valere, da un lato, che l’articolo 32 del regolamento n. 1260/1999 rientra fra le disposizioni dedicate alla gestione finanziaria e costituisce quindi una norma di carattere contabile, in base alla quale si deve stabilire quali spese possono gravare sugli impegni di spesa assunti dall’Unione con la decisione di partecipazione dei Fondi strutturali. Dall’altro, quando non sono soddisfatte le condizioni risultanti dal combinato disposto degli articoli 31, paragrafo 2, secondo comma, e 32, paragrafi 4 e 5, del regolamento n. 1260/1999, la quota di un impegno per la quale non è stata presentata alcuna domanda ammissibile entro i termini stabiliti è disimpegnata automaticamente e la domanda di pagamento intermedio non è più ammissibile. Da ciò la Repubblica italiana deduce che, in assenza di una disposizione che preveda la sospensione dei termini in attesa dell’esito della procedura d’infrazione, le decisioni di inammissibilità sulla base della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, sono definitive e irreversibili.

52      La Commissione afferma che gli argomenti addotti nell’ambito della prima parte del primo motivo sono identici a quelli addotti nell’ambito dell’atto introduttivo del giudizio dinanzi al Tribunale e devono pertanto essere respinti in quanto irricevibili. In subordine, la Commissione osserva che la stessa Repubblica italiana ammette che occorre riferirsi alla misura di cui trattasi per dimostrare il nesso con la procedura d’infrazione in causa. Inoltre, la Commissione ricorda che nel sistema dei Fondi strutturali, fino alla data della presentazione dei documenti per la chiusura e per il pagamento del saldo, essa non conosce le operazioni nelle quali lo Stato membro ha concretizzato l’assistenza finanziaria. Esigere un esame delle operazioni interessate nell’ambito delle domande di pagamenti intermedi non avrebbe quindi alcun senso.

53      Quanto alla seconda parte del primo motivo, la Commissione sostiene che il legislatore dell’Unione ha richiesto l’esistenza di una relazione tra la procedura d’infrazione in questione e la misura oggetto della domanda di pagamento intermedio, sicché non sussiste alcun ostacolo al principio della certezza del diritto. Riguardo all’argomento relativo alla necessità dell’aggravamento dell’infrazione, la Commissione fa osservare che un siffatto aggravamento sussiste nella fattispecie, dal momento che la misura in questione del PO Campania aveva già ricevuto più di EUR 40 milioni a titolo di cofinanziamento del FESR, sebbene le disfunzioni in materia di gestione dei rifiuti persistano. Inoltre, la Commissione afferma che le due ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 si riferiscono a casi distinti e che soltanto la seconda ipotesi consente di tutelare il bilancio dell’Unione in caso di procedura d’infrazione in corso.

54      Per quanto attiene alla terza parte del primo motivo, la Commissione sostiene che essa si fonda su una lettura parziale della sentenza impugnata. Inoltre, riguardo alla qualificazione di sospensione provvisoria dei pagamenti, la Commissione ricorda, da un lato, che le procedure d’infrazione fanno parte delle procedure giudiziarie di cui all’articolo 31, paragrafo 2, del regolamento n. 1260/1999, e, dall’altro, che la Repubblica italiana ha ricevuto conferma da parte della Commissione che le domande di pagamento in questione sarebbero state esaminate nel corso della chiusura del programma.

 Giudizio della Corte

55      Per quanto riguarda la prima parte del primo motivo, occorre constatare che il Tribunale ha ricordato, al punto 44 della sentenza impugnata, le definizioni delle nozioni di «misura» e di «operazioni» quali contenute all’articolo 9, lettere j) e k), del regolamento n. 1260/1999, la prima delle quali è lo strumento tramite il quale un asse prioritario trova attuazione su un arco di tempo pluriennale e che consente il finanziamento delle operazioni, mentre le seconde sono definite come i progetti o le azioni realizzati dai beneficiari finali degli interventi.

56      Il Tribunale ne ha giustamente dedotto, al punto 45 della medesima sentenza, che la nozione di «misura», in quanto attuazione su di una base pluriennale di una priorità di strategia definita da un asse prioritario, assume una portata generale e può comprendere una pluralità di operazioni, che costituiscono i progetti e le azioni che beneficiano di un intervento strutturale.

57      Basandosi sul tenore letterale chiaro e preciso della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, il Tribunale ha dichiarato, al punto 46 della sentenza impugnata, che, nell’ambito dell’esame di una domanda di pagamento intermedio, si deve paragonare l’oggetto della procedura d’infrazione avviata dalla Commissione con quello della misura di cui trattasi, e non con le operazioni oggetto della domanda.

58      Per quanto riguarda l’affermazione della Repubblica italiana circa il rapporto funzionale che esisterebbe tra la nozione di «misura» e quella di «operazione», si deve necessariamente constatare che una siffatta affermazione non si basa su alcun argomento di diritto atto a rimettere in discussione il ragionamento seguito dal Tribunale ai punti 45 e 46 della sentenza impugnata.

59      Orbene, come ripetutamente dichiarato dalla Corte, dagli articoli 256 TFUE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e 168 del regolamento di procedura della Corte risulta che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto addotti a specifico sostegno di tale domanda, pena l’irricevibilità dell’impugnazione o del motivo di cui trattasi (v., in particolare, sentenze Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, EU:C:2000:361, punto 34, nonché Polonia/Commissione, C‑335/09 P, EU:C:2012:385, punto 25).

60      Non risponde a tale prescrizione l’impugnazione che, senza neppure contenere un argomento specificamente diretto a individuare l’errore di diritto che vizierebbe la sentenza impugnata, si limiti a ripetere o a riprodurre i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale. Infatti, un’impugnazione di tal genere costituisce in realtà una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame del ricorso proposto dinanzi al Tribunale, il che esula dalla competenza della Corte (v., in particolare, sentenza Bergaderm e Goupil/Commissione, EU:C:2000:361, punto 35, nonché ordinanza ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni e a./Commissione, da C‑448/10 P a C‑450/10 P, EU:C:2011:642, punto 62).

61      Pertanto, nei limiti in cui gli argomenti della Repubblica italiana vertenti sulle definizioni di cui all’articolo 9 del regolamento n. 1260/1999 sono stati già presentati dinanzi al Tribunale e non contengono alcun approfondimento specifico che consenta di individuare un errore di diritto commesso da quest’ultimo, essi devono essere respinti in quanto irricevibili.

62      Questa conclusione si impone a maggior ragione considerato che la Repubblica italiana non contesta che l’applicazione della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 richiede il confronto tra la procedura d’infrazione in questione e la misura di cui trattasi, ma critica piuttosto l’astrattezza del raffronto che sarebbe fondato su dati generici e approssimativi.

63      A tal proposito si deve sottolineare che il Tribunale ha analizzato, ai punti da 42 a 55 della sentenza impugnata, la portata dei criteri d’applicazione della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, per poi procedere, ai punti da 56 a 60 della suddetta sentenza, all’applicazione di tali criteri al caso di specie.

64      Ne consegue che, nell’ambito del primo motivo, diretto contro i punti da 45 a 50 della sentenza impugnata, devono essere respinti gli argomenti della Repubblica italiana relativi alla verifica da parte del Tribunale della sussistenza di un nesso sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195 e la misura 1.7, valutazione, questa, che interessa essenzialmente i punti da 58 a 60 della sentenza impugnata ed oggetto di esame nell’ambito del secondo motivo dedotto dalla Repubblica italiana.

65      Relativamente alla seconda parte del primo motivo, è d’uopo rilevare che il Tribunale ha constatato, al punto 49 della sentenza impugnata, dopo aver respinto gli argomenti della Repubblica italiana concernenti il requisito di un rapporto specifico fra l’oggetto della procedura d’infrazione e quello dell’operazione oggetto della domanda di pagamento, se non l’obbligo di una perfetta coincidenza fra le operazioni considerate e le censure dedotte nell’ambito della procedura d’infrazione, che la Commissione, in ogni caso, deve dimostrare un nesso sufficientemente diretto tra la misura di cui trattasi e l’oggetto della procedura d’infrazione in causa.

66      Al riguardo è d’uopo far presente che il Tribunale ha ricordato che in udienza le parti hanno riconosciuto la rilevanza di un tale requisito.

67      L’addebito mosso al Tribunale, nell’ambito del primo motivo, di aver adottato il criterio di confronto del nesso sufficientemente diretto è dunque contrario al principio secondo cui nessuno può contestare quanto precedentemente affermato (nemo potest venire contra factum proprium). Pertanto, tale argomento della Repubblica italiana deve essere respinto in quanto manifestamente irricevibile (v., in tal senso, ordinanza Kronoply/Commissione, C‑117/09 P, EU:C:2010:370, punto 44).

68      Inoltre, poiché l’obbligo per la Commissione di dimostrare un nesso sufficientemente diretto tra la misura di cui trattasi e l’oggetto della procedura d’infrazione scaturisce direttamente dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, la Repubblica italiana non può validamente sostenere che la decisione che dichiara inammissibile una domanda di pagamento intermedio fondata sulla seconda ipotesi di cui a tale disposizione costituirebbe una violazione del principio della certezza del diritto.

69      Relativamente all’argomento della Repubblica italiana in base al quale la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, potrebbe essere invocata soltanto nel caso in cui l’ulteriore finanziamento della misura di cui trattasi equivalga al finanziamento dell’infrazione perseguita, è opportuno ricordare che il Tribunale ha dichiarato, al punto 50 della sentenza impugnata, che se è vero che tale seconda ipotesi intende evitare che i Fondi strutturali finanzino operazioni degli Stati membri in violazione del diritto dell’Unione, non per questo il rischio di perdita di fondi dell’Unione deve essere imputato specificamente all’illegittimità delle operazioni relative alla misura di cui trattasi. Il Tribunale ha precisato che una siffatta interpretazione restrittiva ridurrebbe l’effetto utile della disposizione in questione, che attribuisce alla Commissione il potere di sospendere le domande di pagamenti intermedi presentate da uno Stato membro nei confronti del quale è avviata una procedura d’infrazione che presenta un nesso sufficientemente diretto con la misura oggetto del finanziamento considerato.

70      Tale argomento è basato su una lettura erronea della sentenza impugnata ed è, pertanto, infondato. Dal punto 50 della sentenza impugnata risulta infatti che il Tribunale non ha circoscritto la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 ai soli casi di impiego improduttivo di risorse dovuto a irregolarità nella gestione, ma ha ricordato l’effetto utile di tale disposizione che attribuisce alla Commissione il potere di sospendere domande di pagamenti intermedi qualora riscontri una presunta infrazione al diritto dell’Unione da parte dello Stato membro in questione.

71      Inoltre, poiché la Repubblica italiana non ha fornito alcun elemento idoneo a dimostrare che l’interpretazione del Tribunale non consentirebbe di tutelare il bilancio dell’Unione escludendo i pagamenti in tutte le ipotesi di irregolarità di gestione o di violazione del diritto dell’Unione, la seconda parte del primo motivo deve essere integralmente respinta.

72      Per quanto attiene alla terza parte del primo motivo, la Repubblica italiana contesta, in sostanza, la qualificazione come «provvisoria» che il Tribunale ha attribuito, al punto 50 della sentenza impugnata, alla decisione che dichiara inammissibili le domande di pagamento adottata sulla base della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, essendo una siffatta decisione, in realtà, definitiva.

73      Tale argomento deve essere respinto in quanto manifestamente infondato. Infatti, come posto in evidenza dalla Commissione nella sua comparsa di risposta, dall’articolo 31, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1260/1999, risulta che il termine di disimpegno automatico è sospeso per la parte dell’impegno corrispondente alle operazioni oggetto, alla data prevista del disimpegno, di una procedura giudiziaria o di un ricorso amministrativo con effetti sospensivi.

74      Poiché la procedura d’infrazione rientra tra tali eventi a carattere sospensivo, il Tribunale non è incorso in errore di diritto nel constatare che le disposizioni in questione attribuiscono un potere provvisorio alla Commissione.

75      Da quanto precede risulta che il primo motivo deve essere respinto.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

76      Con il secondo motivo la Repubblica italiana addebita al Tribunale di aver violato l’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, per aver dichiarato, ai punti da 55 a 60 della sentenza impugnata, che la Commissione era riuscita a dimostrare la sussistenza di un nesso sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione e la misura 1.7, mentre avrebbe dovuto dichiarare che i fatti accertati potevano essere interpretati in modi diametralmente opposti e quindi non erano idonei ad istituire alcun nesso.

77      La Repubblica italiana afferma che la mera circostanza che taluni elementi di fatto ricorrano sia nella misura di cui trattasi sia nell’oggetto della procedura d’infrazione non è sufficiente a istituire un nesso tra gli stessi. Essa sostiene che, alla luce degli elementi di fatto, non è facile comprendere se l’attuazione della misura 1.7 contribuisse a superare l’insufficienza delle discariche sotto il particolare aspetto censurato dalla Commissione nella procedura d’infrazione in questione, vale a dire il basso livello della raccolta differenziata, o se, invece, proprio l’attuazione di tale misura concorresse a causare il livello insoddisfacente della raccolta differenziata. Poiché il Tribunale non sarebbe riuscito a spiegare se la citata misura si rapportasse all’infrazione nel senso di attenuarla o nel senso di aggravarla, non può sussistere un nesso sufficientemente diretto.

78      La Commissione osserva che il secondo motivo si limita ad affermare che il Tribunale è incorso in un errore di diritto semplicemente perché ha respinto la tesi proposta dalla Repubblica italiana in primo grado. Essa afferma che il motivo è basato su una lettura parziale dei documenti e intende, in realtà, addebitare al Tribunale un travisamento dei fatti. Così facendo, la Repubblica italiana non terrebbe conto delle affermazioni del Tribunale ai punti da 58 a 60 della sentenza impugnata che dimostrano che l’oggetto della misura 1.7 coincide ampiamente con quello della procedura d’infrazione, in particolare in materia di raccolta differenziata.

 Giudizio della Corte

79      Occorre ricordare che il Tribunale ha rilevato, al punto 58 della sentenza impugnata, che l’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195 riguardava l’intero sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, inclusi quindi, da un lato, il recupero o la raccolta e, dall’altro, l’inefficacia della raccolta differenziata, costituendo tale insufficienza un elemento a monte che aggravava le carenze del sistema di gestione dei rifiuti nel complesso. Il Tribunale ha altresì constatato, al punto 59 della suddetta sentenza, che gli interventi previsti sulla base della misura 1.7 includevano non soltanto interventi relativi ad aiuti per la creazione di un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, come risulta dal paragrafo 5, lettera d), della descrizione di tale misura, ma anche interventi a sostegno del recupero dei rifiuti in correlazione alla raccolta differenziata, come risulta dal paragrafo 5, lettere da e) a f), della descrizione della suddetta misura, nonché interventi concernenti la realizzazione di discariche per lo smaltimento del rifiuto residuale in seguito alla raccolta differenziata, come risulta dal paragrafo 5, lettera b), della descrizione della medesima misura.

80      Poiché la procedura d’infrazione 2007/2195 concerneva espressamente inadempimenti riguardanti sia il recupero che l’inefficacia della raccolta differenziata, il Tribunale ne ha dedotto la sussistenza di un nesso sufficiente fra l’oggetto della misura 1.7 e quello della procedura d’infrazione.

81      Dalle considerazioni sin qui svolte risulta che il Tribunale, ai punti 58 e 59 della sentenza impugnata, ha effettuato una valutazione degli elementi di fatto che costituiscono l’oggetto delle critiche mosse dalla Repubblica italiana nell’ambito del secondo motivo.

82      Orbene, in forza di una costante giurisprudenza, il Tribunale è il solo competente ad accertare i fatti, salvo nel caso in cui un’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e a valutare gli elementi di prova fatti valere. La constatazione di tali fatti e la valutazione di tali elementi, salvo il caso di un loro snaturamento, non costituiscono una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte (v. in tal senso, in particolare, sentenze BEI/Hautem, C‑449/99 P, EU:C:2001:502, punto 44, nonché Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C‑105/04 P, EU:C:2006:592, punti 69 e 70).

83      Poiché, tuttavia, la Repubblica italiana non sostiene che un siffatto travisamento sarebbe avvenuto, l’argomento attinente all’asserita incoerenza del contesto fattuale deve essere respinto in quanto irricevibile.

84      In ogni caso, avendo il Tribunale ricordato, giustamente, al punto 60 della sentenza impugnata, che è sufficiente che la Commissione dimostri un nesso sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione e quello delle domande di pagamento dichiarate inammissibili, non è rilevante sapere se la misura 1.7 si rapporti all’infrazione attenuandola o aggravandola.

 Sul terzo motivo

 Argomenti delle parti

85      Il terzo motivo verte su un difetto di motivazione, in quanto il Tribunale non avrebbe preso in esame, ai punti da 55 a 60 della sentenza impugnata, gli elementi di fatto addotti dalla Repubblica italiana dai quali emergerebbe che la raccolta differenziata e il recupero erano circostanze esterne al fatto costitutivo dell’infrazione, ossia l’insufficienza degli impianti di smaltimento. Più precisamente, la Repubblica italiana addebita al Tribunale di aver citato, al punto 58 della sentenza impugnata, la sentenza Commissione/Italia (EU:C:2010:115), senza aver preso in considerazione il fatto che la Commissione non aveva sollevato alcuna obiezione sul modo in cui venivano effettuate raccolta differenziata e recupero, ma si limitava a chiedere un aumento del livello della raccolta.

86      La Commissione sostiene che la Repubblica italiana intende ottenere una seconda sentenza di merito, procedendo ad una ricostruzione parziale dei documenti e senza dimostrare in che modo il Tribunale avrebbe viziato la sentenza impugnata per carenza di motivazione.

 Giudizio della Corte

87      Conformemente alla giurisprudenza della Corte, l’obbligo di motivazione gravante sul Tribunale non impone a quest’ultimo di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia, sicché la motivazione può essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale ha respinto i loro argomenti ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (v. in tal senso, in particolare, sentenze Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 372, nonché FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 96).

88      Nella fattispecie, risulta dal punto 58 della sentenza impugnata, come dichiarato al punto 79 della presente sentenza, che il Tribunale ha considerato che la procedura d’infrazione riguardava l’intero sistema di gestione e smaltimento e che l’insufficienza della raccolta differenziata costituiva un elemento a monte che aggravava le carenze del sistema di gestione dei rifiuti nel complesso, respingendo di conseguenza l’argomento della Repubblica italiana secondo il quale il recupero e la raccolta differenziata erano estranei all’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195. A tal proposito il Tribunale ha peraltro rilevato che la stessa Repubblica italiana ha indirettamente riconosciuto, nella sua memoria di replica, che l’oggetto della procedura d’infrazione e quello delle domande di pagamenti intermedi in discussione si sovrapponevano, a tutto concedere, quanto al recupero.

89      Da quanto precede discende che il Tribunale ha debitamente analizzato gli argomenti addotti dalla Repubblica italiana e che, pertanto, la motivazione della sentenza impugnata non è viziata da alcun errore di diritto.

 Sul quarto motivo

 Argomenti delle parti

90      Il quarto motivo verte sulla violazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, e su un difetto di motivazione, in quanto il Tribunale ha respinto, al punto 62 della sentenza impugnata, l’argomento secondo il quale la Commissione non aveva contestato fatti illeciti direttamente riferibili alle azioni oggetto della misura 1.7. La Repubblica italiana sostiene che il Tribunale ha viziato la sentenza impugnata con un difetto di motivazione, essendosi limitato ad affermare che la Repubblica italiana non aveva dimostrato in che modo la Commissione avrebbe scorrettamente interpretato i fatti o avrebbe utilizzato la procedura prevista dalla seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, per uno scopo diverso da quello considerato da tale disposizione.

91      La Commissione replica che la Repubblica italiana mira ad ottenere una nuova sentenza di merito. In ogni caso, la Commissione ritiene che il motivo dedotto dalla Repubblica italiana si basi su una lettura parziale dei fatti e non spieghi in cosa consisterebbe l’asserito errore del Tribunale.

 Giudizio della Corte

92      Al riguardo occorre rilevare che il Tribunale ha respinto, al punto 62 della sentenza impugnata, due motivi vertenti su una violazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, del regolamento n. 1260/1999, da un lato, e su un travisamento dei fatti e uno sviamento di potere, dall’altro.

93      Per giungere a tale risultato, esso ha fatto riferimento alle considerazioni e ai ragionamenti svolti ai punti da 56 a 60 della sentenza impugnata, concludendo che la Repubblica italiana non aveva dimostrato che la Commissione avesse snaturato i fatti o fatto valere la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, per uno scopo diverso da quello previsto da tale disposizione.

94      Orbene, dato che la Repubblica italiana, nell’ambito della presente impugnazione e, più precisamente, con il suo secondo e terzo motivo, non è stata in grado di rimettere in discussione il ragionamento seguito dal Tribunale ai punti da 56 a 60 della sentenza impugnata, il quarto motivo deve essere respinto in quanto manifestamente irricevibile.

95      Infatti, giacché l’argomentazione della Repubblica italiana si limita ad addurre una violazione da parte del Tribunale dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, per non aver questi accolto la sua domanda, occorre respingere il quarto motivo con la stessa motivazione contenuta ai punti 59 e 60 della presente sentenza.

 Sul quinto motivo

 Argomenti delle parti

96      Il quinto motivo verte su una motivazione insufficiente, se non del tutto assente, in quanto il Tribunale ha respinto, al punto 62 della sentenza impugnata, l’argomento della Repubblica italiana secondo il quale la Commissione avrebbe erroneamente incluso, nella valutazione alla base degli atti controversi, la mancanza di un piano generale di gestione dei rifiuti.

97      La Repubblica italiana ricorda che dal suo atto introduttivo del giudizio risulta, in sostanza, che la lettera del 22 dicembre 2008 conteneva un rinvio alla lettera della Commissione del 20 ottobre 2008, relativa alla mancanza di un piano generale di gestione dei rifiuti. Orbene, secondo la Repubblica italiana il contenuto di tale lettera sarebbe estraneo alla procedura d’infrazione e non potrebbe giustificare l’adozione di una misura ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), seconda ipotesi, del regolamento n. 1260/1999.

98      La Commissione ritiene che tale motivo sia irricevibile e, in ogni caso, infondato.

 Giudizio della Corte

99      Va anzitutto rilevato che da una mera lettura del punto 62 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha dichiarato inoperante l’argomento formulato dalla Repubblica italiana secondo il quale la Commissione avrebbe erroneamente incluso, nella valutazione dei fatti alla base degli atti controversi, la mancanza di un piano generale di gestione dei rifiuti.

100    Dopo aver ricordato che la mancanza di un piano generale di gestione dei rifiuti rivestiva, a parere della Commissione, un carattere trascurabile ai fini della soluzione della controversia in causa, il Tribunale ha precisato che l’argomento della Repubblica italiana, in ogni caso, non è idoneo a rimettere in discussione la dimostrazione da parte della Commissione della sussistenza di un nesso sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione 2001/2195 e quello delle domande di pagamento dichiarate inammissibili, giustificando detto nesso di per sé l’applicazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, del regolamento n. 1260/1999.

101    Ebbene, la Repubblica italiana, anziché contestare la qualificazione di argomento inoperante accolta dal Tribunale, ripropone, in realtà, l’argomento da essa addotto in primo grado, di modo che anche il quinto motivo, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 60 della presente sentenza, deve essere respinto in quanto irricevibile.

 Sui motivi sesto e settimo

 Argomenti delle parti

102    Con il sesto motivo la Repubblica italiana addebita al Tribunale di aver violato l’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, per aver il Tribunale statuito, al punto 65 della sentenza impugnata, che la lettera del 20 ottobre 2008, costituente il nucleo essenziale della motivazione degli atti controversi, era estranea alla procedura d’infrazione, senza tuttavia pronunciare l’annullamento di tali medesimi atti.

103    Con il settimo motivo la Repubblica italiana addebita al Tribunale di aver violato gli articoli 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e 39, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1260/1999, in quanto ha respinto, al punto 65 della sentenza impugnata, l’argomento addotto dalla Repubblica italiana relativo allo sviamento di potere in cui sarebbe incorsa la Commissione. La Repubblica italiana ricorda che, poiché gli atti controversi erano motivati dall’assenza di garanzie sufficienti, tale istituzione non ha proceduto alla sospensione dei pagamenti intermedi sulla base della procedura d’infrazione, ma, in realtà, ha esercitato il potere di sospensione cautelativa dei pagamenti previsto dall’articolo 39, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1260/1999, violando la procedura in contraddittorio ivi prevista.

104    La Commissione ritiene che tali due motivi siano irricevibili e, in ogni caso, infondati, segnatamente in quanto essi costituiscono o una lettura parziale dei fatti, o una ripetizione identica degli argomenti presentati dinanzi al Tribunale.

 Giudizio della Corte

105    Riguardo ai motivi sesto e settimo, che occorre analizzare congiuntamente, va osservato che il Tribunale ha preso posizione, al punto 65 della sentenza impugnata, sugli argomenti della Repubblica italiana vertenti sulla violazione degli articoli 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), seconda ipotesi, e 39, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1260/1999, nonché sulla violazione del principio del contradittorio e su uno sviamento di potere. Al riguardo il Tribunale ha constatato, al menzionato punto 65, che dalle considerazioni e dai ragionamenti svolti ai punti da 43 a 60 della sentenza impugnata risulta che la prima di tali disposizioni costituiva una base normativa adeguata per l’adozione degli atti controversi e che la Repubblica italiana non può addebitare alla Commissione né uno sviamento della procedura di sospensione ex articolo 39, paragrafi 2 e 3, del medesimo regolamento, né di avere ignorato i diritti della difesa relativamente ai motivi esposti nella lettera del 31 marzo 2008 e ribaditi negli atti controversi. Il Tribunale ha precisato, al suddetto punto 65, che talune delle preoccupazioni e delle riserve attinenti al piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania del 28 dicembre 2007, riportate nella lettera del 20 ottobre 2008 e ripetute nella lettera del 22 dicembre 2008, non costituivano, a differenza dei motivi di inammissibilità controversi, l’oggetto di una contestazione formale, né nell’ambito della procedura d’infrazione 2007/2195 né in quello della procedura di attuazione del PO Campania che ha condotto all’adozione degli atti controversi.

106    Orbene, si deve rilevare, in primo luogo, che il sesto motivo si fonda su una lettura erronea del punto 65 della sentenza impugnata, in quanto il Tribunale, precisando che la lettera del 20 ottobre 2008 non aveva costituito l’oggetto di una contestazione formale, ha risposto all’argomento relativo all’asserita violazione dei diritti della difesa e non si è pronunciato sulla questione se la motivazione contenuta in tale lettera costituisse il nucleo essenziale della motivazione degli atti controversi, o se la suddetta lettera fosse estranea alla procedura d’infrazione.

107    In secondo luogo, riguardo al settimo motivo, il Tribunale ha ricordato che risultava dai punti da 43 a 60 della sentenza impugnata che la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, costituiva una base normativa adeguata per l’adozione degli atti controversi e che la Repubblica italiana non può addebitare alla Commissione uno sviamento della procedura in contraddittorio di cui all’articolo 39, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1260/1999.

108    Orbene, si deve constatare che la Repubblica italiana, nell’ambito della presente impugnazione e, più precisamente, con i suoi motivi dal primo al terzo, non è stata in grado di rimettere in discussione il ragionamento seguito dal Tribunale ai punti da 43 a 60 della sentenza impugnata. Poiché il settimo motivo si limita a ribadire gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale, esso deve essere respinto in quanto irricevibile, per i motivi già enunciati al punto 60 della presente sentenza.

109    Da quanto sopra esposto risulta che il sesto e il settimo motivo devono essere respinti.

 Sull’ottavo motivo

 Argomenti delle parti

110    Con il suo ottavo motivo la Repubblica italiana addebita al Tribunale di aver violato l’articolo 296, secondo comma, TFUE, per aver respinto, ai punti 67 e 72 della sentenza impugnata, l’argomento relativo al difetto di motivazione degli atti controversi.

111    La Repubblica italiana afferma che la Commissione era tenuta ad esaminare la conclusione delle autorità italiane secondo la quale era contraddittorio negare il finanziamento di attività utili a risolvere il problema dei rifiuti. A parere di tale Stato membro la Commissione avrebbe dovuto chiarire per quali ragioni la concessione del finanziamento si sarebbe rivelata inutile e dannosa. Poiché il Tribunale non ha constatato tale omissione, avrebbe anch’esso violato l’obbligo di motivazione ad esso incombente.

112    La Commissione ritiene che l’ottavo motivo sia irricevibile in quanto la Repubblica italiana non può dedurre un difetto di motivazione della sentenza impugnata per la sola ragione che non è stato accolto l’argomento relativo al difetto di motivazione degli atti controversi. In ogni caso, essa considera che i punti da 69 a 73 della sentenza impugnata costituiscono una motivazione sufficiente della stessa per respingere l’argomento vertente sull’asserito difetto di motivazione degli atti controversi.

 Giudizio della Corte

113    Secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo (sentenza Italia/Commissione, C‑138/03, C‑324/03 e C‑431/03, EU:C:2005:714, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

114    Tale requisito dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente dall’atto possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, dal momento che la questione se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 253 CE dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenza Italia/Commissione, EU:C:2005:714, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

115    Al punto 71 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giustamente ricordato la costante giurisprudenza in materia di obbligo di motivazione derivante dell’articolo 253 CE, precisando al contempo la portata di tale obbligo nell’ambito di una decisione sull’inammissibilità di domande intermedie di pagamento. Infatti, dal momento che da una siffatta decisione della Commissione derivano conseguenze finanziarie negative sia per lo Stato membro richiedente che per i beneficiari finali dei pagamenti in questione, la motivazione di tale decisione deve fare apparire in forma chiara i motivi che giustificano la dichiarazione di inammissibilità.

116    Dopo aver esposto, ai punti 69 e 70 della sentenza impugnata, il contenuto della lettera del 31 marzo 2008 e constatato che deve considerarsi che la motivazione di quest’ultima faccia parte integrante degli atti controversi, il Tribunale ha potuto riscontrare, al punto 72 della sentenza impugnata, che gli atti controversi contenevano tutti gli elementi rilevanti che consentivano e alla Repubblica italiana di contestare utilmente la loro legittimità nel merito e al Tribunale di svolgere il proprio controllo.

117    Il Tribunale non è incorso in nessun errore di diritto quando ha aggiunto che, tenuto conto del contesto nel quale sono stati adottati gli atti controversi, una motivazione più dettagliata di quella esposta in tali atti non risultava necessaria. Il Tribunale ha precisato che il solo fatto che la Repubblica italiana abbia considerato essenziali taluni elementi, quali l’asserita perfetta coincidenza fra l’oggetto delle domande di pagamento dichiarate inammissibili e quello della procedura d’infrazione, non è idoneo a modificare la portata dell’obbligo formale di motivazione della Commissione.

118    L’ottavo motivo deve quindi anch’esso essere respinto.

119    Poiché nessuno dei motivi fatti valere dalla Repubblica italiana può essere accolto, l’impugnazione dev’essere respinta in toto.

 Sulle spese

120    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è infondata la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.