Language of document : ECLI:EU:C:2011:205

PRESA DI POSIZIONE DELL’AVVOCATO GENERALE

JÁN MAZÁK

del 1° aprile 2011 1(1)

Causa C‑61/11 PPU

El Dridi

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte d’appello di Trento]

«Direttiva 2008/115/CE – Ambito di applicazione – Misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio – Inottemperanza all’ordine dell’autorità pubblica di lasciare il territorio nazionale nel termine prescritto – Privazione della libertà individuale di uno straniero in soggiorno irregolare nel territorio di uno Stato membro – Effetto utile della direttiva – Diretta applicabilità della direttiva»





1.        La Corte d’appello di Trento ha proposto alla Corte due questioni pregiudiziali riguardanti la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (2), così formulate:

«Se alla luce dei principi di leale collaborazione all’effetto utile di conseguimento degli scopi della direttiva e di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza della pena, gli artt. 15 e 16 della direttiva 2008/115/CE ostino:

1)      alla possibilità che venga sanzionata penalmente la violazione di un passaggio intermedio della procedura amministrativa di rimpatrio, prima che essa sia completata[,] con il ricorso al massimo rigore coercitivo ancora possibile amministrativamente;

2)      alla possibilità che venga punita con la reclusione sino a quattro anni la mera mancata cooperazione dell’interessato alla procedura di espulsione, ed in particolare l’ipotesi di inosservanza al primo ordine di allontanamento emanato dall’autorità amministrativa».

2.        Il giudice del rinvio ritiene necessario che la Corte risolva le questioni sottopostele al fine di poter statuire sull’appello interposto dal sig. El Dridi, cittadino di un paese terzo che soggiorna irregolarmente in Italia, contro la sentenza emessa dal Tribunale di Trento che lo condanna alla pena di un anno di reclusione per il reato, accertato il 29 settembre 2010, consistente nel non aver ottemperato all’ordine emesso dal questore (3) di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni.

3.        Si tratta per la precisione di un ordine di allontanamento emesso dal questore di Udine il 21 maggio 2010 in applicazione di un decreto di espulsione del prefetto di Torino in data 8 maggio 2004 e che è stato notificato al sig. El Dridi contestualmente alla sua scarcerazione per fine pena, dopo aver espiato una grave condanna per reati in materia di stupefacenti. Il questore ha motivato tale ordine di allontanamento con l’impossibilità di accompagnare alla frontiera il sig. El Dridi, per indisponibilità del vettore o di altri mezzi di trasporto e per mancanza di documenti di identificazione, e con l’impossibilità di ospitarlo in un centro di permanenza temporanea per mancanza di posti.

4.        Dal rinvio pregiudiziale risulta che il sig. El Dridi è detenuto perché accusato del reato summenzionato. Per tale ragione, la Corte ha deciso, in conformità dell’art. 267, quarto comma, TFUE, su richiesta del giudice del rinvio, di trattare la presente domanda pregiudiziale secondo il procedimento pregiudiziale d’urgenza.

5.        Sono state presentate alla Corte osservazioni scritte dal sig. El Dridi, dal governo italiano e dalla Commissione europea. Tutti sono stati rappresentati all’udienza svoltasi il 30 marzo 2011.

6.        Il sig. El Dridi ha proposto alla Corte di risolvere le questioni sollevate dichiarando che gli artt. 15 e 16 della direttiva 2008/115, che hanno effetto diretto nell’ordinamento giuridico degli Stati membri, ostano alla possibilità per lo Stato membro di sanzionare con una pena detentiva l’inottemperanza ad un ordine di allontanamento emanato nei confronti di un cittadino di un paese terzo nel quadro di una procedura amministrativa di rimpatrio.

7.        La Commissione ha proposto una risposta pressoché identica, aggiungendo che non solo gli artt. 15 e 16 della direttiva 2008/115, ma anche gli artt. 7, n. 1, e 8, n. 1, della medesima sono contrari alla normativa nazionale di cui trattasi.

8.        La Repubblica italiana, di parere contrario, ha proposto alla Corte di risolvere le questioni poste dichiarando che la direttiva 2008/115 e il principio comunitario della leale collaborazione all’effetto utile non ostano alla normativa nazionale in esame, qualora l’ordine di allontanamento, alla luce di una concreta valutazione del giudice, risulti conforme alle disposizioni di detta direttiva.

 Contesto normativo

 La direttiva 2008/115

9.        La direttiva 2008/115 ha lo scopo, risultante sia dal secondo e ventesimo ‘considerando’, sia dall’art. 1 della medesima, di stabilire norme comuni applicabili al rimpatrio, all’allontanamento, all’uso di misure coercitive, al trattenimento e ai divieti d’ingresso, per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro sia irregolare, norme che dovrebbero costituire il fondamento di un’efficace politica in materia di allontanamento.

10.      L’art. 2, n. 2, lett. b), della direttiva 2008/115 attribuisce agli Stati membri la possibilità di decidere di non applicare detta direttiva ai cittadini di paesi terzi sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale, in conformità della legislazione nazionale, o sottoposti a procedure di estradizione.

11.      In conformità del decimo ‘considerando’ della direttiva 2008/115, secondo cui si dovrebbe preferire il rimpatrio volontario al rimpatrio forzato dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro sia irregolare, l’art. 7 di detta direttiva, rubricato «Partenza volontaria», prevede quanto segue:

«1.      La decisione di rimpatrio fissa per la partenza volontaria un periodo congruo di durata compresa tra sette e trenta giorni, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4. (…)

(…)

4.      Se sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, gli Stati membri possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a sette giorni».

12.      L’art. 8 della direttiva 2008/115, rubricato «Allontanamento», è formulato come segue:

«1.      Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell’articolo 7.

(…)

4.      Ove gli Stati membri ricorrano – in ultima istanza – a misure coercitive per allontanare un cittadino di un paese terzo che oppone resistenza, tali misure sono proporzionate e non ecced[o]no un uso ragionevole della forza. Le misure coercitive sono attuate conformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale in osservanza dei diritti fondamentali e nel debito rispetto della dignità e dell’integrità fisica del cittadino di un paese terzo interessato.

(…)».

13.      L’art. 15 della direttiva 2008/115, contenuto nel capitolo relativo al trattenimento ai fini dell’allontanamento e rubricato «Trattenimento», è redatto nei seguenti termini:

«1.      Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare quando:

a)     sussiste un rischio di fuga o

b)     il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento.

Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.

(…)

4.      Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata.

5.      Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi.

6.      Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa:

a)     della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o

b)     dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi».

14.      L’art. 16, n. 1, della direttiva 2008/115 prevede che il trattenimento si effettui, di regola, in appositi centri di permanenza temporanea. Qualora uno Stato membro non possa ospitare il cittadino di un paese terzo interessato in un apposito centro di permanenza temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, i cittadini di paesi terzi trattenuti sono tenuti separati dai detenuti ordinari.

15.       Ai sensi dell’art. 20 della direttiva 2008/115, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi ad essa, fatto salvo l’art. 13, n. 4, entro il 24 dicembre 2010.

 La normativa nazionale

16.      Alla data del 24 dicembre 2010 la Repubblica italiana non aveva adottato le disposizioni legislative previste dalla direttiva 2008/115.

17.      La materia dell’immigrazione è disciplinata dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 286/1998»).

18.      L’art. 13 del decreto legislativo n. 286/1998, rubricato «Espulsione amministrativa», prevede quanto segue:

«1.      Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell’Interno può disporre l’espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato (…).

2.      L’espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero:

a)      è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell’articolo 10;

b)      si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all’articolo 27, comma 1‑bis, o senza aver richiesto il permesso di soggiorno nei termini prescritti, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non è stato chiesto il rinnovo. (…)

(…)

4.      L’espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5.

5.       Nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto di validità da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo, l’espulsione contiene l’intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni. Il questore dispone l’accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero, qualora il prefetto rilevi il concreto pericolo che quest’ultimo si sottragga all’esecuzione del provvedimento».

19.      L’art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998 riguarda l’esecuzione della decisione di espulsione dello straniero in soggiorno irregolare in Italia. Esso così recita:

«1.      Quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, [ad] accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l’indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino (…).

(…)

5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di identificazione ed espulsione, ovvero la permanenza in tale struttura non abbia consentito l’esecuzione con l’accompagnamento alla frontiera dell’espulsione o del respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L’ordine è dato con provvedimento scritto, recante l’indicazione delle conseguenze sanzionatorie della permanenza illegale, anche reiterata, nel territorio dello Stato. (…)

5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione dell’ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5‑bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l’espulsione o il respingimento sono stati disposti per ingresso illegale nel territorio nazionale ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno o non aver dichiarato la propria presenza nel territorio dello Stato nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato. Si applica la pena della reclusione da sei mesi ad un anno se l’espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo, ovvero se la richiesta del titolo di soggiorno è stata rifiutata, ovvero se lo straniero si è trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dell’articolo 1, comma 3, della legge 28 maggio 2007, n. 68. In ogni caso, salvo che lo straniero si trovi in stato di detenzione in carcere, si procede all’adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica per violazione all’ordine di allontanamento adottato dal questore ai sensi del comma 5‑bis. Qualora non sia possibile procedere all’accompagnamento alla frontiera, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 5‑bis del presente articolo nonché, ricorrendone i presupposti, quelle di cui all’articolo 13, comma 3.

5-quater. Lo straniero destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5‑ter e di un nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5‑bis, che continua a permanere illegalmente nel territorio dello Stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui al comma 5‑ter, terzo e ultimo periodo.

5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5‑ter, primo periodo, e 5‑quater si procede con rito direttissimo ed è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto (…)».

 Valutazione

20.      Ritengo che le due questioni, a cui, a mio parere, occorre rispondere congiuntamente, offrano alla Corte l’occasione di esaminare se gli artt. 15 e 16 della direttiva 2008/115, che disciplinano il trattenimento a fini di allontanamento dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare, ostino ad una disposizione nazionale che prevede che l’inottemperanza da parte di uno straniero in soggiorno irregolare alla decisione dell’autorità nazionale che gli ordina di lasciare il territorio dello Stato nel termine prescritto costituisca un reato punito con la pena della reclusione fino a quattro anni.

21.      Affinché la risposta alle questioni poste sia utilizzabile e utile, a prescindere dal fatto che una persona come il sig. El Dridi, cioè una persona perseguita per il reato consistente nell’inottemperanza alla decisione dell’autorità nazionale che ordina di lasciare il territorio dello Stato entro il termine prescritto, sia stata o meno arrestata o detenuta al momento del procedimento penale e dal fatto che detta persona sia stata o meno alla fine condannata alla pena della reclusione, occorre, a mio giudizio, analizzare non solo gli artt. 15 e 16 della direttiva 2008/115, ma anche l’art. 8, n. 1, di tale direttiva nonché la procedura di rimpatrio in quanto tale da essa prevista.

22.      Tuttavia, occorre anzitutto precisare se, tenuto conto dell’art. 2, n. 2, lett. b), della direttiva 2008/115, detta direttiva sia applicabile in una situazione come quella in cui si trova il sig. El Dridi, cioè la situazione di uno straniero in soggiorno irregolare nel territorio di uno Stato membro sottoposto a un procedimento penale per non aver ottemperato all’ordine dell’autorità pubblica di lasciare il territorio dello Stato entro il termine prescritto.

23.      L’art. 2, n. 2, lett. b), della direttiva 2008/115 offre agli Stati membri la possibilità di decidere di escludere dal campo di applicazione di tale direttiva i cittadini di paesi terzi sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o in conseguenza di una sanzione penale, o sottoposti a procedure di estradizione.

24.      Risulta chiaramente dalla formulazione di tale disposizione che l’esclusione dall’ambito di applicazione ratione personae della direttiva 2008/115 può applicarsi solo se l’obbligo di rimpatrio di uno straniero è inflitto come sanzione penale o è una conseguenza di tale sanzione.

25.      Sebbene, secondo costante giurisprudenza, la Corte non sia competente ad interpretare il diritto nazionale (4), nel caso di specie dagli artt. 13 e 14 del decreto legislativo n. 286/1998 sembra discendere che l’obbligo di lasciare il territorio di uno Stato membro, o, per utilizzare la terminologia della direttiva 2008/115, l’obbligo di rimpatrio, non costituisce una sanzione penale o una conseguenza di siffatta sanzione. Tanto il decreto di espulsione del prefetto quanto l’ordine di allontanamento del questore costituiscono decisioni amministrative adottate a causa del soggiorno irregolare della persona interessata e non collegate alla condanna penale di tale persona.

26.      Infatti, il procedimento penale in cui il sig. El Dridi è coinvolto e che può concludersi con la pena della reclusione da uno a quattro anni non è la causa dell’obbligo di rimpatrio, ma al contrario la conseguenza della mancata esecuzione di detto obbligo.

27.      A mio parere, risulta da quanto precede che l’esclusione dal campo di applicazione della direttiva 2008/115, prevista all’art. 2, n. 2, lett. b), di detta direttiva, non è applicabile nel caso di specie e, di conseguenza, che la situazione in cui si trova il sig. El Dridi rientra nell’ambito di applicazione della medesima.

28.      Inoltre, a mio parere, lo Stato membro che non ha adottato le norme di trasposizione di una direttiva (come è appunto il caso della Repubblica italiana rispetto alla direttiva 2008/115) non può avvalersi dell’applicazione di un diritto che deriva da tale direttiva, nel caso specifico il diritto dello Stato membro di limitare il campo di applicazione ratione personae della direttiva. Se si ammettesse il contrario, ciò significherebbe che lo Stato membro può beneficiare di diritti derivanti dalla direttiva senza adempiere gli obblighi corrispondenti, in particolare l’obbligo di adottare le disposizioni necessarie per la sua trasposizione.

29.      Operata tale constatazione riguardo all’ambito di applicazione ratione personae della direttiva 2008/115, che si propone di assicurare l’equilibrio tra, da un lato, il diritto dello Stato membro di controllare l’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento degli stranieri (5) e, dall’altro, il rispetto dei diritti fondamentali degli stranieri e della loro dignità, si può procedere all’analisi della procedura di rimpatrio prevista da detta direttiva.

30.      La direttiva 2008/115 privilegia la partenza volontaria del cittadino di un paese terzo che soggiorna irregolarmente nel territorio di uno Stato membro. Perciò la decisione di rimpatrio, cioè, ai sensi dell’art. 3, punto 4, della direttiva 2008/115, una decisione che dichiara illegittimo il soggiorno di un cittadino di un paese terzo e che impone o enuncia l’obbligo di rimpatrio, deve prevedere, in linea di principio, un termine adeguato per la partenza volontaria.

31.      Dopo la scadenza di detto termine senza che si sia ottemperato all’obbligo di rimpatrio, ossia in seguito all’inosservanza da parte di uno straniero in soggiorno irregolare della decisione dell’autorità nazionale che gli ordina di lasciare il territorio dello Stato entro il termine prescritto, l’art. 8, n. 1, della direttiva 2008/115 impone agli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, comprese in ultima istanza talune misure coercitive.

32.      Vero è che la direttiva 2008/115 non enuncia in maniera esaustiva le misure che possono essere adottate per eseguire la decisione di rimpatrio. Tuttavia, data l’individualità (singolarità) di ciascuna procedura di rimpatrio, ciò non sarebbe neppure possibile.

33.      Tuttavia, conformemente all’intento di garantire il rispetto dei diritti fondamentali degli stranieri e della loro dignità, la direttiva 2008/115 menziona e disciplina in modo piuttosto dettagliato, agli artt. 15‑18, una delle misure previste dall’art. 8, n. 1, di detta direttiva, cioè il trattenimento a fini di allontanamento, poiché essa costituisce una limitazione notevole del diritto alla libertà garantito dall’art. 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

34.      Ai sensi dell’art. 15, n. 1, della direttiva 2008/115, il trattenimento costituisce una misura coercitiva che può essere utilizzata esclusivamente al fine di preparare il rimpatrio e/o di procedere all’allontanamento, a meno che non possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti, ma meno coercitive.

35.      Occorre altresì rammentare che dal testo degli artt. 15 e 16 della direttiva 2008/115 si evince che i suoi autori si sono sforzati di distinguere il trattenimento a fini di allontanamento dalla privazione della libertà individuale collegata ad un procedimento penale, come l’arresto, la detenzione cautelare o la reclusione.

36.      Sono dell’opinione che dall’art. 8, n. 1, della direttiva 2008/115, letto in combinato disposto con gli artt. 15 e 16 di detta direttiva, che sono incondizionati e sufficientemente precisi, emergano chiaramente, in primo luogo, un obbligo di agire a carico dello Stato membro affinché venga eseguita la decisione di rimpatrio e, in secondo luogo, per garantire l’effetto utile di tale obbligo, quello di astenersi dall’adottare misure tali da compromettere l’esecuzione di detta decisione. A tali obblighi degli Stati membri corrisponde il diritto dei cittadini di paesi terzi che soggiornano irregolarmente nel territorio degli Stati membri a che lo Stato agisca in tal modo.

37.      Per quanto riguarda il sistema di rimpatrio previsto dalla normativa italiana, occorre rilevare che la stessa Repubblica italiana ha ammesso di non aver adottato, alla data del 24 dicembre 2010, le disposizioni legislative previste dalla direttiva 2008/115. La materia dell’immigrazione è disciplinata dal decreto legislativo n. 286/1998, che prevede la procedura di rimpatrio o, secondo la terminologia del summenzionato decreto, la procedura di espulsione amministrativa, che differisce da quella prevista dalla direttiva 2008/115, prevedendo in primo luogo un decreto di espulsione emesso dal prefetto, cui il questore dà esecuzione attraverso l’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, in secondo luogo, se tale esecuzione non è immediatamente possibile, la decisione di trattenere lo straniero e, infine, se lo straniero non può essere trattenuto, l’ordine del questore di lasciare il territorio entro il termine di cinque giorni. L’inottemperanza a detto ordine integra un reato punibile con la reclusione da uno a quattro anni.

38.      Tuttavia, le due normative in esame hanno un punto in comune, in quanto sia la direttiva 2008/115, sia il decreto legislativo n. 286/1998 prevedono la possibilità che il cittadino di un paese terzo che soggiorna irregolarmente nel territorio di uno Stato membro non ottemperi all’ordine dell’autorità pubblica di lasciare il territorio nazionale nel termine prescritto. Tuttavia, le conseguenze che ne derivano sono diverse. Mentre nel sistema previsto dalla direttiva 2008/115 il comportamento descritto può determinare, ai sensi del suo art. 15, n. 1, il trattenimento del cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare in quanto misura necessaria per eseguire la decisione di rimpatrio, sempreché non possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, ai sensi del decreto legislativo n. 286/1998, detto comportamento è considerato come un reato punibile con la reclusione da uno a quattro anni.

39.      Quindi, si pone la questione se il reato costituito dall’inottemperanza ad un ordine dell’autorità pubblica di lasciare il territorio nazionale entro il termine prescritto, punito con la reclusione, possa essere considerato come una misura nazionale necessaria per eseguire la decisione di rimpatrio, ai sensi dell’art. 8, n. 1, della direttiva 2008/115, oppure, al contrario, come una misura tale da compromettere l’esecuzione di detta decisione.

40.      Per quanto riguarda la pena della reclusione come misura nazionale necessaria per eseguire la decisione di rimpatrio, si rivelano utili i chiarimenti forniti dalla Repubblica italiana nelle sue osservazioni scritte. Secondo la Repubblica italiana, la pena della reclusione rappresenta una sanzione inflitta per punire la violazione di un ordine dell’autorità pubblica che costituisce una grave lesione dell’ordine pubblico e, di conseguenza, tale pena non è una misura coercitiva destinata a dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, ma costituisce una reazione repressiva dell’ordinamento giuridico, subordinata alla verifica della mancanza di un giustificato motivo per la violazione di un ordine dell’autorità.

41.      A tale proposito, non posso che constatare di trovarmi assolutamente d’accordo su tale caratterizzazione della pena della reclusione, da cui risulta che detta pena non può essere considerata una misura nazionale necessaria per eseguire la decisione di rimpatrio, ai sensi dell’art. 8, n. 1, della direttiva 2008/115 e, di conseguenza, neppure un trattenimento, ai sensi dell’art. 15 di detta direttiva.

42.      Al contrario, la pena della reclusione prevista in caso di inottemperanza ad un ordine dell’autorità pubblica di lasciare il territorio nazionale nel termine prescritto impedisce obiettivamente, anche se solo temporaneamente, di eseguire tale decisione di rimpatrio. Ciò non è certamente compatibile con la politica di rimpatrio efficace prevista dalla direttiva 2008/115. Infatti, la normativa che prevede la pena in esame priva l’art. 8, n. 1, della direttiva 2008/115, letto in combinato disposto con l’art. 15 di detta direttiva, del suo effetto utile.

43.      Il rilievo appena esposto è valido non solo rispetto alla pena della reclusione prevista in caso di inottemperanza ad un ordine dell’autorità pubblica di lasciare il territorio nazionale nel termine prescritto, ma anche rispetto alla previsione in sé di una sanzione penale per l’inottemperanza ad un siffatto ordine.

44.      La previsione di un reato come quello di cui al caso di specie, cioè l’inottemperanza alla decisione dell’autorità pubblica, è diretta a tutelare e a rafforzare l’autorità dei pubblici poteri, attraverso l’utilizzo di misure di diritto penale. Tuttavia, risulta che gli autori della direttiva 2008/115 hanno posto l’obiettivo di una politica di rimpatrio efficace al di sopra della tutela dell’autorità dei pubblici poteri, prevedendo in tale situazione, ai sensi dell’art. 15 di detta direttiva, il trattenimento a fini di allontanamento. La normativa italiana, al contrario, privilegia la tutela dell’autorità dei pubblici poteri rispetto ad una politica di rimpatrio efficace, prevedendo nella stessa situazione la pena della reclusione e privando quindi l’art. 15 della direttiva 2008/115 del suo effetto utile.

45.      Pertanto, è giocoforza concludere che la direttiva 2008/115, e in particolare l’art. 8, n. 1, della medesima, letto in combinato disposto con l’art. 15, osta ad una normativa nazionale che prevede che l’inottemperanza ad un ordine dell’autorità pubblica di lasciare il territorio nazionale nel termine prescritto costituisce un reato punito con la reclusione fino a quattro anni (6), poiché tale normativa priva gli articoli citati della direttiva 2008/115 del loro effetto utile.

46.      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento secondo cui la legislazione penale rientra nella competenza degli Stati membri e non in quella dell’Unione europea (7).

47.      Risulta da giurisprudenza costante che il diritto dell’Unione impone limiti a tale competenza (8). Essa dovrebbe essere esercitata dagli Stati membri in modo tale che essi possano soddisfare gli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, compreso l’obbligo di conseguire il risultato previsto dalla direttiva derivante dall’art. 288, terzo comma, TFUE. La legislazione penale non può compromettere l’effetto utile di disposizioni del diritto dell’Unione, come avviene, a mio parere, nel caso della normativa nazionale – che prevede il reato di inottemperanza ad un ordine dell’autorità pubblica di lasciare il territorio nazionale nel termine prescritto, punito con la reclusione fino a quattro anni – rispetto all’art. 8, n. 1, della direttiva 2008/115, letto in combinato disposto con l’art. 15 di detta direttiva, che impone agli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie, incluso il trattenimento, per eseguire la decisione di rimpatrio, nonché di astenersi dall’adottare misure tali da compromettere l’esecuzione di detta decisione.

48.      Occorre poi riesaminare la natura dell’art. 8, n. 1, della direttiva 2008/115, letto in combinato disposto con l’art. 15 della medesima. Gli obblighi imposti agli Stati membri da dette disposizioni, descritti al paragrafo precedente della presente presa di posizione, sono formulati in modo chiaro e incondizionato e non necessitano di alcuna misura particolare di attuazione. A tali obblighi degli Stati membri corrisponde un diritto dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano irregolarmente nel territorio di tali Stati. Secondo la costante giurisprudenza della Corte, si tratta quindi di una di quelle disposizioni della direttiva che possono avere un effetto diretto, che autorizza il singolo a invocarla contro lo Stato che abbia omesso di trasporre la direttiva nel termine impartito, per far disapplicare la normativa nazionale che fosse incompatibile con tali disposizioni (9). In una situazione del genere, il giudice nazionale è tenuto a far prevalere le norme della direttiva su quelle della normativa nazionale contraria (10).

49.      In conformità di quanto precede, ritengo che la Corte dovrebbe risolvere le questioni pregiudiziali dichiarando che la direttiva 2008/115, e in particolare l’art. 8, n. 1, di quest’ultima, letto in combinato disposto con l’art. 15, deve essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale ai sensi della quale l’inottemperanza ad un ordine dell’autorità pubblica di lasciare il territorio nazionale nel termine prescritto costituisce reato punito con la reclusione fino a quattro anni.

 Conclusione

50.      Sulla scorta delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte d’appello di Trento nei seguenti termini:

«La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, e, in particolare, l’art. 8, n. 1, di quest’ultima, letto in combinato disposto con l’art. 15, deve essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale ai sensi della quale l’inottemperanza ad un ordine dell’autorità pubblica di lasciare il territorio nazionale nel termine prescritto costituisce reato punito con la reclusione fino a quattro anni».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU L 348, pag. 98.


3 – (Nota non rilevante ai fini della traduzione italiana).


4 – V., in tal senso, sentenze 10 gennaio 2006, causa C‑222/04, Cassa di risparmio di Firenze e a. (Racc. pag. I‑289, punto 63), nonché 17 marzo 2001, cause riunite C‑128/10 e C‑129/10, Naftiliaki Etaireia Thasou e Amaltheia I Naftiki, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 40).


5 – La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ripetutamente dichiarato che si tratta di un principio di diritto internazionale consolidato, v., ad esempio, Corte eur. D.U, sentenze Moustaquim c. Belgio del 18 febbraio 1991, serie A n. 193, § 43, nonché Riad e Idiab c. Belgio del 24 gennaio 2008, § 94.


6 – Ciò non significa, beninteso, che nel corso della procedura di rimpatrio, un cittadino di un paese terzo non possa essere arrestato o condannato per la commissione di un altro reato previsto dalla normativa nazionale.


7 – V., in tal senso, sentenza 23 ottobre 2007, causa C‑440/05, Commissione/Consiglio (Racc. pag. I‑9097, punto 66, e giurisprudenza ivi citata).


8 – V., in tal senso, sentenza 6 marzo 2007, cause riunite C‑338/04, C‑359/04 e C‑360/04, Placanica e a. (Racc. pag. I‑1891, punto 68).


9 – V., in tal senso, sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84 (Racc. pag. 723, punto 46), e 3 marzo 2011, causa C‑203/10, Auto Nikolovi (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 64).


10 – V., in tal senso, sentenza 20 settembre 1988, causa 190/87, Moormann (Racc. pag. 4689, punto 23).