Language of document : ECLI:EU:C:2008:233

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JÁN MAZÁK

presentate il 17 aprile 2008 1(1)

Cause riunite C‑101/07 P e C‑110/07 P

Coop de France Bétail et Viande, già Fédération nationale de la coopération bétail et viande (FNCBV)

e

Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles (FNSEA) e altri

contro

Commissione delle Comunità europee

«Impugnazione – Concorrenza – Art. 81, n. 1, CE – Cartello – Carni bovine – Sospensione delle importazioni – Fissazione di una tabella di prezzi sindacale – Ammende – Determinazione del tetto massimo legale dell’ammenda – Art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 – Presa in considerazione del fatturato dei membri di un’associazione di imprese»





I –    Introduzione

1.        Nelle presenti cause riunite la Coop de France Bétail et Viande, già Fédération Nationale de la Coopération Bétail et Viande (in prosieguo: la «FNCBV») (causa C‑101/07 P) e la Fédération Nationale des Syndicats d’Exploitants Agricoles (in prosieguo: la «FNSEA»), la Fédération Nationale Bovine (in prosieguo: la «FNB»), la Fédération Nationale des Producteurs de Lait (in prosieguo: la «FNPL») e i Jeunes Agriculteurs (in prosieguo: i «JA») (causa C‑110/07 P) (in prosieguo: le «federazioni ricorrenti») impugnano la sentenza del Tribunale (Prima Sezione) 13 dicembre 2006, FNCBV e FNSEA e a./Commissione (2) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), nella quale è stata in gran parte confermata la decisione della Commissione 2 aprile 2003, 2003/600/CE, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 81 del trattato CE (Caso COMP/C.38.279/F3 – Carni bovine francesi) (3) (in prosieguo: la «decisione contestata»), con cui sono state inflitte ammende, fra l’altro, alle federazioni ricorrenti per violazione dell’art. 81, n. 1, CE, per avere concluso accordi intesi a sospendere le importazioni di carne bovina in Francia e a fissare un prezzo minimo per alcune categorie di bovini.

II – Ambito dell’impugnazione

A –    Contesto normativo

2.        L’art. 15, n. 2, del regolamento del Consiglio n. 17 (4) dispone:

«La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille [EUR] ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest’ultimo importo fino al 10 per cento del volume d’affari realizzato durante l’esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all’infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza:

a) commettano una infrazione alle disposizioni dell’articolo [81], paragrafo 1 o dell’articolo [86] [CE]; (…)

Per determinare l’ammontare dell’ammenda, occorre tener conto oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

3.        Gli orientamenti della Commissione per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 del trattato CECA (5) (in prosieguo: gli «orientamenti») stabiliscono un metodo per determinare l’ammontare di tali ammende. Conformemente al punto 5, lett. c), degli orientamenti, «[q]uando le infrazioni siano commesse da associazioni di imprese, destinatarie delle decisioni dovrebbero essere, per quanto possibile, le imprese aderenti a tali associazioni e le ammende dovrebbero essere inflitte alle singole imprese. Qualora tale procedura risulti impossibile (ad esempio se le imprese aderenti sono parecchie migliaia) (…) l’associazione deve vedersi infliggere un’ammenda globale calcolata secondo i principi esposti in precedenza, ma equivalente alla totalità delle ammende individuali che avrebbero potuto essere inflitte a ciascuno dei membri di tale associazione».

B –    Fatti e procedimento

4.        La ricorrente nella causa C‑101/07 P, la FNCBV, riunisce 300 raggruppamenti di cooperative di produttori nei settori dell’allevamento bovino, suino e ovino e una trentina di gruppi o di imprese operanti nel settore della macellazione e della trasformazione di carni in Francia. Le ricorrenti nella causa C‑100/07 P, vale a dire la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA sono sindacati di diritto francese. La FNSEA è il principale sindacato agricolo francese. La FNSEA raggruppa anche associazioni specializzate, che rappresentano gli interessi di ciascuna produzione, comprese la FNB e la FNPL. I JA rappresentano gli agricoltori di età inferiore a 35 anni.

5.        Il caso in materia di concorrenza all’origine delle presenti impugnazioni è conseguito alla cosiddetta seconda crisi della «mucca pazza». A partire dall’ottobre 2000 sono stati scoperti in vari Stati membri nuovi casi di encefalopatia spongiforme bovina, detta «malattia della mucca pazza». Parallelamente, l’afta epizootica ha colpito gli ovini nel Regno Unito. Questa situazione ha avuto un impatto sul consumo di carne in generale in Europa e ha determinato una crisi nel settore della carne bovina. Benché le istituzioni comunitarie abbiano adottato vari provvedimenti per fronteggiare la crisi, tali provvedimenti sono stati ritenuti insufficienti dagli agricoltori francesi. Nei mesi di settembre e ottobre del 2001 i rapporti fra allevatori e macellatori in Francia erano particolarmente tesi. Infatti, gruppi di allevatori hanno illegalmente fermato alcuni mezzi pesanti per verificare l’origine della carne trasportata e hanno attuato il blocco di alcuni macelli. A volte tali azioni hanno condotto alla distruzione di materiali e di carni. Per togliere il blocco i manifestanti esigevano che i macellatori si impegnassero a sospendere le importazioni e ad applicare una cosiddetta tabella di prezzi «sindacale».

6.        Nell’ottobre 2001 si sono tenute varie riunioni tra le federazioni che rappresentano gli allevatori di bovini (6) e le federazioni che rappresentano i macellatori (7). In seguito a una riunione del 24 ottobre 2001, organizzata su richiesta del Ministro francese dell’Agricoltura, è stato concluso un accordo tra queste sei federazioni, ossia la FNSEA, la FNB, la FNPL, i JA, la FNCBV e la FNICGV.

7.        Tale accordo era composto da due parti. La prima era un «impegno provvisorio di sospensione delle importazioni». La seconda consisteva in un «impegno ad applicare la tabella dei prezzi di acquisto delle vacche di riforma all’entrata del macello». L’accordo conteneva, fra l’altro, un elenco di prezzi al chilo per le carcasse di determinate categorie di vacche. L’accordo doveva entrare in vigore il 29 ottobre 2001 ed essere applicato fino alla fine del mese di novembre dello stesso anno.

8.        Il 30 ottobre 2001, la Commissione ha inviato una lettera alle autorità francesi per chiedere informazioni sull’accordo del 24 ottobre 2001. Il 9 novembre 2001, le autorità francesi hanno risposto alla richiesta di informazioni della Commissione del 30 ottobre 2001. Il 9 novembre 2001, la Commissione ha inviato alla FNSEA, alla FNB, alla FNPL, ai JA e alla FNICGV una richiesta di informazioni a norma dell’art. 11 del regolamento n. 17. Le cinque federazioni in questione hanno risposto il 15 e il 23 novembre 2001. Il 26 novembre 2001, la Commissione ha inviato una lettera di monito alla FNSEA, alla FNB, alla FNPL, ai JA e alla FNICGV, in cui rilevava che i fatti di cui era a conoscenza rivelavano l’esistenza di un’infrazione alle regole comunitarie di concorrenza e invitava tali federazioni a presentare le loro osservazioni e proposte entro e non oltre il 30 novembre 2001. Il 17 dicembre 2001, la Commissione ha proceduto ad accertamenti nei locali di varie federazioni conformemente all’art. 14, n. 2, del regolamento n. 17. Il 24 giugno 2002, la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti indirizzata alla FNSEA, alla FNB, alla FNPL, ai JA e alla FNICGV, che hanno presentato le loro osservazioni fra il 23 settembre e il 4 ottobre 2002. L’audizione delle federazioni ha avuto luogo il 31 ottobre 2002.

C –    La decisione contestata

9.        Il 2 aprile 2003, la Commissione ha adottato la decisione contestata. Secondo tale decisione, le federazioni ricorrenti e la FNICGV hanno violato l’art. 81, n. 1, CE, per avere concluso, il 24 ottobre 2001, un accordo scritto allo scopo di fissare un prezzo minimo di acquisto di alcune categorie di bovini e di sospendere le importazioni di carni bovine in Francia, e per avere concluso, tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre 2001, un accordo verbale finalizzato al perseguimento dello stesso obiettivo, applicabile dalla scadenza dell’accordo scritto.

10.      Vista la natura e l’estensione geografica del mercato rilevante, l’infrazione è stata giudicata molto grave. Per stabilire il grado di responsabilità di ciascuna federazione, la Commissione ha tenuto conto del rapporto fra l’ammontare delle quote annue riscosse dalla principale federazione agricola, ossia la FNSEA, e quello di ognuna delle altre federazioni. Poiché l’infrazione è stata di breve durata, la Commissione non ha aumentato l’importo di base per tale motivo. La Commissione ha inoltre tenuto conto di varie circostanze aggravanti e attenuanti in relazione alle sei federazioni e ha modificato di conseguenza l’ammenda loro inflitta.

11.      L’art. 1 del dispositivo della decisione enuncia:

«La [FNSEA], la [FNB], la [FNPL], i [JA], la [FNICGV] e la [FNCBV] hanno commesso un’infrazione all’articolo 81, paragrafo 1, [CE] concludendo il 24 ottobre 2001 un accordo che aveva per oggetto di sospendere le importazioni di carni bovine in Francia e di fissare un prezzo minimo per talune categorie di animali e concordando oralmente a fine novembre e inizio dicembre 2001 un accordo avente un oggetto analogo.

L’infrazione ha avuto inizio il 24 ottobre 2001 e ha prodotto i suoi effetti almeno fino all’11 gennaio 2002».

12.      Secondo l’art. 2 del dispositivo della decisione contestata, le federazioni di cui all’art. 1 erano tenute, fra l’altro, a porre immediatamente fine all’infrazione. Conformemente all’art. 3 del dispositivo della decisione contestata, alla FNSEA, alla FNB, ai JA, alla FNPL, alla FNICGV e alla FNCBV sono state inflitte ammende pari, rispettivamente, a EUR 12 milioni, EUR 1,44 milioni, EUR 600 000, EUR 1,44 milioni, EUR 720 000 ed EUR 480 000.

D –    Procedimento dinanzi al Tribunale di primo grado

13.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 giugno 2003 e registrato con il numero di ruolo T‑217/03, la FNCBV ha proposto un ricorso contro la decisione contestata. Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 20 giugno 2003 e registrato con il numero di ruolo T‑245/03, la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA hanno impugnato a loro volta la decisione contestata. Le ricorrenti nelle cause T‑217/03 e T‑245/03 chiedevano, fra l’altro, l’annullamento della decisione contestata, in subordine, l’annullamento delle ammende loro inflitte o, in ulteriore subordine, la riduzione delle stesse. La Repubblica francese ha proposto, in ciascuna causa, una domanda di intervento a sostegno delle conclusioni delle ricorrenti nelle cause T‑217/03 e T‑245/03. Con ordinanza 6 novembre 2003, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento. Il 3 aprile 2006, il presidente della Prima Sezione del Tribunale, dopo avere sentito le parti, ha disposto la riunione dei procedimenti T‑217/03 e T‑245/03.

14.      Il Tribunale (Prima Sezione) si è pronunciato con sentenza 13 dicembre 2006 nelle cause riunite T‑217/03 e T‑245/03. Esso ha respinto tutti i motivi, tranne due, dedotti dalle ricorrenti in dette cause riunite. In proposito, il Tribunale ha concluso, in primo luogo, che la Commissione aveva violato l’obbligo di motivazione che le incombeva, in quanto non aveva indicato nella decisione impugnata di avere utilizzato il volume d’affari dei membri di base delle ricorrenti per verificare che nelle ammende non fosse stato superato il massimale del 10% previsto all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, e non aveva indicato quali circostanze le consentissero di tenere conto della somma di tali fatturati. Tuttavia, il Tribunale ha rilevato che la Commissione poteva tenere conto del volume d’affari dei membri di base delle ricorrenti al fine di calcolare il suddetto massimale, purché si trattasse di membri attivi sui mercati interessati dalle infrazioni sanzionate nella decisione contestata e ha ritenuto che, in tali condizioni, il difetto di motivazione non dovesse comportare né l’annullamento della decisione contestata, in quanto quest’ultimo avrebbe solo potuto dare luogo alla pronuncia di una nuova decisione, identica, nel merito, alla decisione annullata, né una modifica dell’importo delle ammende. In secondo luogo, il Tribunale ha concluso che le ammende inflitte alle ricorrenti dovevano essere ridotte del 70% ai sensi del punto 5, lett. b), degli orientamenti, anziché della percentuale del 60% applicata dalla Commissione.

15.      Il Tribunale ha quindi fissato gli importi delle ammende in EUR 360 000 per la FNCBV, EUR 9 000 000 per la FNSEA, EUR 1 080 000 per la FNB, EUR 1 080 000 per la FNPL ed EUR 450 000 per i JA, e ha respinto i ricorsi per il resto.

III – Procedimento di impugnazione

16.      Il 19 febbraio 2007, la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA hanno proposto un ricorso contro la sentenza contestata, registrato con il numero di ruolo C‑110/07 P. Il 20 febbraio 2007, la FNCBV ha proposto un ricorso contro la medesima sentenza, che è stato registrato con il numero di ruolo C‑101/07 P. Il 18 aprile 2007, il presidente della Corte, dopo avere sentito le parti, ha disposto la riunione delle cause C‑101/01 P e C‑110/07 P.

17.      Nelle cause riunite C‑101/07 P e C‑110/07 P, le federazioni ricorrenti chiedono alla Corte di:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        annullare le ammende loro inflitte;

–        in subordine, ridurre le ammende loro inflitte;

–        condannare la Commissione alle spese del procedimento sommario, del procedimento dinanzi al Tribunale e del procedimento dinanzi alla Corte.

18.      Il governo francese chiede che la Corte voglia:

–        annullare la decisione contestata;

–        condannare la Commissione alle spese.

19.      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere integralmente i ricorsi;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

20.      Non è stata richiesta, né si è svolta, alcuna udienza.

IV – Osservazioni preliminari

21.      La ricorrente nella causa C‑101/07 P, la FNCBV, deduce cinque motivi a sostegno della propria domanda di annullamento della sentenza impugnata e un sesto motivo diretto a ottenere la riduzione dell’ammenda inflittale. Col primo motivo deduce che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per non avere ammesso che la Commissione ha leso i diritti della difesa della ricorrente attraverso la comunicazione degli addebiti. Col secondo motivo deduce che il Tribunale ha travisato alcuni fatti, ossia le note manoscritte del direttore della FNB relative alla riunione del 29 novembre 2001 (punti 169‑174 della sentenza impugnata), l’intervista concessa il 4 dicembre 2001 dal vicepresidente della FNB alla Vendée Agricole (punto 176 della sentenza impugnata), un comunicato della federazione vandeana del 5 dicembre 2001 (punti 175‑177 della sentenza impugnata), un bollettino informativo elaborato dalla FNPL e inviato tramite fax il 10 dicembre 2001 (punto 179 della sentenza impugnata), e note manoscritte del direttore della FNB relative alla riunione del 5 dicembre 2001 (punto 180 della sentenza impugnata). Col terzo motivo deduce che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per avere basato su una presunzione la sua conclusione secondo cui la FNCBV aveva partecipato alla stesura dell’accordo del 24 ottobre 2001. Con il quarto motivo, la FNCBV sostiene in subordine che, qualora la Corte ritenesse che la FNCBV ha partecipato alla stesura dell’accordo del 24 ottobre 2001, il Tribunale è incorso in un errore di diritto, in primo luogo, per avere qualificato l’accordo come anticoncorrenziale e, in secondo luogo, per non avere esaminato gli effetti dell’accordo. Con il quinto motivo, la FNCBV deduce che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nell’applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, per avere omesso, in primo luogo, di adempiere l’obbligo di motivazione che le incombeva per quanto riguarda l’uso del fatturato dei membri della FNCBV al fine di verificare se fosse stato superato il massimale del 10% previsto da tale disposizione e, in secondo luogo, per avere applicato un ragionamento contraddittorio, sottolineando il ruolo attivo e diretto delle federazioni delle ricorrenti nella pretesa pratica e dichiarando al contempo che esse erano state semplicemente il tramite delle azioni dei loro membri. Con il sesto motivo, diretto a ottenere la riduzione dell’ammenda inflitta, la FNCBV sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per avere violato l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, infliggendo alla FNCBV un’ammenda superiore al 10% del suo fatturato.

22.      Le ricorrenti nella causa C‑110/07 P, la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA adducono quattro motivi a sostegno della loro domanda diretta a ottenere l’annullamento della sentenza contestata e la riduzione delle ammende. Il primo motivo deduce un travisamento dei fatti, in quanto il Tribunale non avrebbe tenuto conto di due prove fondamentali atte a dimostrare che l’accordo del 24 ottobre 2001 non era stato prorogato oltre il 30 novembre 2001. Il secondo motivo deduce la violazione dei diritti della difesa, in quanto il Tribunale ha ritenuto che la comunicazione degli addebiti della Commissione fosse sufficientemente chiara e precisa (punti 210‑225 della decisione impugnata). Il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, in quanto il Tribunale ha tenuto conto del fatturato dei membri delle federazioni ricorrenti per verificare che le ammende non superassero il tetto massimo legale. Il quarto motivo deduce la violazione del divieto del cumulo di sanzioni e del principio di proporzionalità delle sanzioni, in quanto il Tribunale ha inflitto un’ammenda a ciascuna delle federazioni ricorrenti tenendo conto del fatturato di membri comuni a più associazioni.

23.      A mio parere, solo il quinto e il sesto motivo della FNCBV e il terzo motivo della FNSEA, della FNB, della FNPL e dei JA sollevano una nuova questione di diritto. Pertanto, esaminerò dettagliatamente solo tali motivi, analizzando brevemente i restanti motivi delle ricorrenti.

24.      Poiché vari motivi delle federazioni ricorrenti nel presente procedimento sono in larga misura coincidenti, li esaminerò congiuntamente.

V –    Sulla violazione dei diritti della difesa

25.      Con il primo e il secondo motivo, le federazioni ricorrenti rispettivamente nelle cause C‑101/07 P e C‑110/07 P affermano che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per non avere ritenuto che la Commissione avesse leso i loro diritti della difesa. Secondo le federazioni ricorrenti, la violazione dei diritti della difesa deriverebbe dal fatto che la Commissione non ha indicato nella comunicazione degli addebiti che intendeva tenere conto del fatturato dei membri di tali federazioni ai fini del calcolo del massimale del 10% ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Le federazioni ricorrenti sostengono che l’obbligo della Commissione di indicare che intendeva tenere conto del fatturato dei loro membri era particolarmente importante nel caso di specie, dato che, nella decisione contestata, la Commissione non ha applicato il suo consueto metodo di calcolo delle ammende.

26.      La Commissione rileva che è tenuta a specificare nella comunicazione degli addebiti che intende infliggere un’ammenda alle imprese o associazioni di imprese interessate e a indicare le principali considerazioni di fatto e di diritto che possono implicare l’irrogazione di un’ammenda. La Commissione afferma di non essere obbligata a indicare nella comunicazione degli addebiti il metodo di calcolo dell’ammenda che potrebbe successivamente adottare nella propria decisione. La Commissione rileva inoltre che la possibilità di tenere conto del fatturato dei membri di un’associazione di imprese per calcolare il massimale del 10% ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 è prevista dalla giurisprudenza e dal punto 5, lett. c), degli orientamenti.

A –    Valutazione

27.      Il Tribunale ha ritenuto che la Commissione non avesse violato i diritti della difesa delle federazioni ricorrenti per non avere indicato, nella comunicazione degli addebiti, che prevedeva di prendere in considerazione il volume d’affari dei loro membri ai fini del calcolo dell’importo di base delle ammende e della verifica del massimale del 10% fissato dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (8). Il Tribunale ha rilevato che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, dare indicazioni nella comunicazione degli addebiti circa l’entità delle ammende previste, compreso il massimale del 10%, prima che le imprese siano state poste in grado di esporre le loro difese circa gli addebiti mossi contro di loro, equivarrebbe ad anticipare in modo inopportuno la decisione della Commissione (9).

28.      Secondo una giurisprudenza costante, il rispetto dei diritti della difesa è garantito quando la Commissione dichiari nella comunicazione degli addebiti che vaglierà se sia il caso di infliggere ammende e indichi le principali considerazioni di fatto e di diritto che possono implicare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione e il fatto di averla commessa intenzionalmente o per negligenza. Tali elementi sono considerati sufficienti per consentire alle imprese o associazioni di imprese di difendersi contro la constatazione dell’infrazione e contro l’inflizione di ammende (10).

29.      A mio parere, la determinazione, fra l’altro, dell’importo di base delle ammende, l’adeguamento di tale importo di base in considerazione delle eventuali circostanze aggravanti o attenuanti e la successiva verifica che le ammende non superino il massimale del 10% fissato dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, sono parti di un procedimento di calcolo dell’ammenda da infliggere e garantiscono il rispetto di tale limite legale dell’ammenda. Dalla giurisprudenza della Corte emerge che la Commissione non è tenuta a fornire, nella comunicazione degli addebiti, tale livello di precisione per quanto riguarda il calcolo effettivo e la verifica delle ammende per consentire alle imprese o associazioni di imprese di difendere i loro interessi. Inoltre, nel caso delle ammende inflitte ad associazioni di imprese, la possibilità di verificare, sulla base del fatturato dei membri di tali associazioni, che non sia stato superato il massimale del 10% previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, è stata ammessa sia dal Tribunale che dalla Corte (11). Pertanto, la possibilità che la Commissione avesse verificato il rispetto del tetto massimo legale delle ammende inflitte alle federazioni ricorrenti sulla base del fatturato dei loro membri poteva essere prevista da tali associazioni di imprese.

30.      Ritengo pertanto che occorra dichiarare infondati il primo e il secondo motivo addotti dalle federazioni ricorrenti rispettivamente nelle cause C‑101/07 P e C‑110/07 P.

VI – Errore di diritto del Tribunale di primo grado nell’applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17

A –    Sentenza impugnata

31.      In primo grado, le federazioni ricorrenti hanno sostenuto che la Commissione ha violato l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, per avere fissato l’ammenda a un livello superiore al limite del 10% del loro fatturato (12). Le federazioni delle ricorrenti hanno affermato che dalla giurisprudenza emerge che il fatturato dei membri di associazioni di imprese può essere preso in considerazione per calcolare il massimale dell’ammenda solo quando l’associazione di cui trattasi possa, in forza delle sue regole interne, impegnare i propri membri. A tale riguardo, le federazioni delle ricorrenti fanno valere che non disponevano del potere di impegnare i rispettivi membri.

32.      Ai punti 317‑319 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che:

«317      (…) secondo costante giurisprudenza, il tetto massimo del 10% del volume d’affari va calcolato in rapporto al volume d’affari realizzato da ciascuna impresa che partecipi ai suddetti accordi e pratiche concordate o da tutte le imprese aderenti alle dette associazioni di imprese, quanto meno qualora, in forza delle sue regole interne, l’associazione possa impegnare i suoi membri. La possibilità di tenere conto, a tal fine, del volume d’affari di tutti i membri di un’associazione si giustifica per il fatto che, nel fissare l’importo dell’ammenda, si può tener conto, tra l’altro, dell’influenza che l’impresa ha potuto esercitare sul mercato, segnatamente in considerazione delle sue dimensioni e della sua potenza economica, sulle quali il volume d’affari fornisce alcune indicazioni, nonché dell’effetto dissuasivo che tali ammende devono esercitare. Orbene, l’influenza che un’associazione d’imprese ha potuto esercitare sul mercato non dipende dal volume d’affari suo proprio, il quale non rivela la sua dimensione né la sua potenza economica, bensì dal volume d’affari dei suoi membri, il quale costituisce un’indicazione della sua dimensione e della sua potenza economica (…).

318      Tale giurisprudenza non esclude tuttavia che, in casi particolari, tale presa in considerazione del volume d’affari dei membri di un’associazione possa essere possibile anche se quest’ultima non dispone formalmente del potere di impegnare i suoi membri, data la mancanza di regole interne che le conferiscano tale potere (…).

319      (…) il Tribunale ritiene che altre circostanze specifiche, oltre all’esistenza di regole interne che consentano all’associazione di impegnare i suoi membri, possano giustificare la presa in considerazione della somma dei fatturati dei membri dell’associazione in questione. Si tratta, in particolare, dei casi in cui l’infrazione commessa da un’associazione riguardi le attività dei suoi membri e in cui le pratiche anticoncorrenziali in questione vengano attuate dall’associazione direttamente a vantaggio di questi ultimi e in collaborazione con essi, dato che l’associazione non ha interessi obiettivi che presentino un carattere autonomo rispetto a quelli dei suoi membri. Benché, in alcuni di questi casi, la Commissione possa eventualmente, oltre a sanzionare l’associazione di cui trattasi, infliggere ammende individuali a ognuna delle imprese aderenti, ciò può rivelarsi particolarmente difficile, se non impossibile, quando il numero di tali imprese è molto elevato».

33.      Il Tribunale ha poi rilevato, ai punti 320 e 324 della sentenza impugnata, che, alla luce delle circostanze del caso di specie, era giustificato prendere in considerazione il fatturato dei membri di base delle federazioni per calcolare il massimale dell’ammenda ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (13), dato che, in primo luogo, le federazioni ricorrenti hanno principalmente lo scopo di difendere e rappresentare gli interessi dei loro membri di base, ossia le aziende agricole, i gruppi cooperativi e le imprese di macellazione (14). In secondo luogo, l’accordo controverso non riguardava l’attività delle stesse ricorrenti, bensì quella dei loro membri di base, dato che le prime non vendono, né acquistano, né importano carne bovina (15). In terzo luogo, l’accordo controverso era stato concluso direttamente a vantaggio dei membri di base delle federazioni ricorrenti (16). In quarto luogo, l’accordo controverso era stato attuato in particolare concludendo accordi locali tra i membri delle federazioni ricorrenti (17).

B –    Argomenti delle parti

34.      Rispettivamente con il loro quinto e terzo motivo, le ricorrenti nelle cause C‑101/07 P e C‑110/07 P sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per avere applicato in modo non corretto l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Il quinto motivo della FNCBV è suddiviso in due parti.

35.      La FNSEA, la FNB, la FNPL, i JA (terzo motivo), il governo francese e la FNCBV (prima parte del quinto motivo) fanno valere in sostanza che, secondo la giurisprudenza del Tribunale (18), confermata dalla Corte nella causa C‑298/98 P, Finnboard/Commissione (19), il fatturato dei membri di un’associazione può essere preso in considerazione per calcolare il massimale del 10% di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 solo qualora, in forza delle proprie regole interne, l’associazione possa impegnare i suoi membri. In proposito, le federazioni ricorrenti sostengono che il Tribunale, nella sentenza impugnata, abbia quindi invertito la giurisprudenza costante in materia, calcolando il massimale del 10% in base al fatturato dei membri delle federazioni ricorrenti, nonostante esse non potessero impegnare i loro membri. Nella replica, la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA affermano che, se pure alcune pronunce meno recenti (20) possono risultare in qualche modo ambigue, laddove enunciano che il massimale del 10% può essere calcolato in base al fatturato dei membri di un’associazione «quanto meno qualora», in forza delle sue regole interne, l’associazione possa impegnare i suoi membri, tale ambiguità è stata eliminata dalla Corte nella sentenza Finnboard/Commissione. Dal tenore letterale del punto 66 di tale sentenza, secondo cui «[n]on è necessario, a tal fine, che i membri dell’associazione abbiano effettivamente partecipato all’infrazione, bensì che l’associazione possa, in forza delle sue regole interne, impegnare i suoi membri», emergerebbe che il potere delle associazioni di impegnare i loro membri costituisce una condizione necessaria per poter prendere in considerazione il fatturato di tali membri ai fini del calcolo del massimale del 10%. La FNCBV osserva inoltre che il Tribunale non ha minimamente motivato l’inversione della precedente giurisprudenza e che tale inversione è in contrasto con il principio della certezza del diritto.

36.      La FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA sostengono che le prime tre delle quattro condizioni «specifiche» descritte dal Tribunale ai punti 320‑323 della sentenza impugnata non sono condizioni specifiche, bensì sussistono «naturalmente» nel caso delle associazioni, dato che tutte le associazioni hanno principalmente lo scopo di difendere e rappresentare gli interessi dei loro membri. Inoltre, per quanto riguarda la quarta condizione, relativa alla partecipazione all’infrazione dei membri di un’associazione, la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA sostengono che il fatto che alcuni membri delle federazioni ricorrenti possano avere partecipato all’attuazione dell’accordo controverso non dimostra che tutti i membri delle federazioni abbiano partecipato indirettamente all’infrazione.

37.      Il governo francese rileva inoltre che, poiché due delle condizioni richieste dal Tribunale per basare il calcolo del massimale del 10% di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, sul fatturato dei membri di un’associazione sussistono quasi sempre, ciò porta a utilizzare sistematicamente il fatturato dei membri delle associazioni ai fini del calcolo del massimale in questione. Secondo il governo francese, le due condizioni quasi sempre soddisfatte sono, in primo luogo, quella in base alla quale la violazione da parte dell’associazione deve riguardare l’attività dei suoi membri e, in secondo luogo, quella in base alla quale le pratiche anticoncorrenziali in questione devono essere attuate dall’associazione direttamente a vantaggio dei suoi membri e in collaborazione con essi.

38.      La FNCBV sostiene inoltre che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per avere applicato in modo non corretto nel caso in esame il suo nuovo approccio all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. La FNCBV afferma che, nella specie, non sussistevano due delle quattro condizioni cumulative e specifiche descritte da detto giudice ai punti 320‑323 della sentenza impugnata. In primo luogo, l’accordo del 24 ottobre 2001 era contrario agli interessi dei membri della FNCBV, in quanto fissava un prezzo minimo di acquisto per i bovini. Inoltre, l’accordo non aveva portato alla rimozione dei blocchi ai macelli. In secondo luogo, il fatto che gli interessi della FNCBV siano indipendenti da quelli dei suoi membri sarebbe dimostrato non solo dalla circostanza che essa non può impegnare questi ultimi, ma anche dal numero limitato di accordi locali conclusi dopo l’accordo del 24 ottobre 2001. La FNCBV afferma inoltre che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per non avere dimostrato che era impossibile indirizzare la decisione contestata ai membri della FNCBV e infliggere loro ammende individuali. Secondo la FNCBV, conformemente al punto 5, lett. c), degli orientamenti, la Commissione può infliggere a un’associazione di imprese solo un’ammenda pari alla somma di tutte le ammende che sarebbero state inflitte ai membri dell’associazione qualora la Commissione dimostri che era impossibile irrogare ammende ai singoli membri dell’associazione.

39.      Nella seconda parte del suo quinto motivo, la FNCBV osserva che ai punti 320 e segg. della sentenza impugnata si sottolinea che l’accordo del 24 ottobre 2001 non riguardava le attività delle federazioni delle ricorrenti, mentre al punto 341 della medesima sentenza si evidenzia che le stesse avevano firmato l’accordo, vi avevano partecipato, erano responsabili per esso, vi avevano avuto un ruolo individuale e l’avevano anche attuato. Il Tribunale avrebbe quindi addotto una motivazione contraddittoria nella sentenza impugnata. Infatti, dichiarando, al punto 341 della sentenza impugnata, che le federazioni ricorrenti hanno partecipato all’accordo, il Tribunale avrebbe implicitamente ammesso che la presa in considerazione del fatturato dei membri delle federazioni non si giustificava in forza dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Le federazioni ricorrenti sostengono che occorrerebbe quindi annullare la sentenza impugnata.

40.      La Commissione fa valere che, secondo la giurisprudenza del Tribunale, «il massimale del 10% del fatturato va calcolato tenendo conto del fatturato realizzato da ciascuna delle imprese partecipanti agli accordi e alle pratiche concertate di cui trattasi o dall’insieme delle imprese aderenti alle associazioni di imprese, quanto meno quando le regole interne consentono all’associazione di vincolare i propri aderenti» (21). La Commissione sostiene tuttavia che il fatto che un’associazione di imprese non abbia necessariamente il potere di impegnare i propri membri non significa che il fatturato dei suoi membri non possa essere preso in considerazione nel calcolo del massimale, ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, dell’ammenda inflitta all’associazione.

41.      Per garantire l’efficacia delle ammende inflitte alle associazioni di imprese con fatturati molto modesti ma che riuniscono un gran numero di imprese, il Tribunale ha rilevato nella sentenza impugnata che, se sussistono quattro condizioni specifiche, si può tenere conto del fatturato dei membri dell’associazione per calcolare il massimale dell’ammenda in questione. La Commissione sostiene quindi che occorre respingere la pretesa delle federazioni ricorrenti secondo cui il Tribunale, nella sentenza impugnata, non si sarebbe conformato o avrebbe invertito la giurisprudenza in materia, dato che anche la precedente giurisprudenza mira a garantire l’efficacia delle ammende. La Commissione osserva che quand’anche la soluzione adottata dal Tribunale chiarisse o ampliasse la giurisprudenza esistente, tale chiarimento o ampliamento non costituirebbe un errore di diritto, purché la soluzione adottata sia motivata e fondata. Infatti, la precedente giurisprudenza in materia non esclude la possibilità di tenere conto del fatturato dei membri di un’associazione nel caso in cui quest’ultima non possa impegnare i suoi membri in forza delle proprie regole interne. Ciò emergerebbe dall’impiego dell’espressione «quanto meno quando» in tale giurisprudenza (22), la quale sembra indicare che la possibilità di impegnare i propri membri è solo un esempio di situazione nella quale si può tenere conto del fatturato dei membri di un’associazione ai fini del calcolo del massimale di un’ammenda ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Nella controreplica, la Commissione afferma che la Corte, nella causa C‑298/98 P, Finnboard/Commissione (23), ha dichiarato che non occorre dimostrare che i membri di un’associazione hanno partecipato a un’infrazione per tenere conto del loro fatturato, purché l’associazione possa vincolare i propri aderenti. Il Tribunale poteva quindi concludere, senza contraddire tale giurisprudenza, che, qualora i membri di un’associazione abbiano partecipato attivamente a un’infrazione, si può tenere conto del loro fatturato ai fini del calcolo del massimale del 10%.

42.      La Commissione ritiene che, se si accogliessero gli argomenti delle federazioni ricorrenti, si incoraggerebbero tutte le imprese che tentino di costituire un cartello sul mercato a farlo attraverso un’associazione che non sia formalmente in grado di impegnare i propri membri. La Commissione afferma inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla FNCBV, che il Tribunale non ha precisato che le quattro condizioni specifiche da esso applicate per calcolare il massimale del 10% in base al fatturato dei membri di un’associazione erano cumulative. Semmai, il Tribunale si sarebbe limitato ad elencare le circostanze che giustificavano tale approccio nel caso in esame. Inoltre, la FNCBV affermerebbe a torto che l’accordo controverso non favoriva gli interessi dei suoi membri. La fissazione dei prezzi e la sospensione delle importazioni erano state concordate in cambio della rimozione dei blocchi ai macelli. Peraltro, il fatto che alcuni blocchi siano stati mantenuti non contrasterebbe con tale conclusione. La Commissione rileva che la FNCBV non può dimostrare che i suoi interessi sono diversi da quelli dei suoi membri. Inoltre, la FNCBV non avrebbe definito i suoi diversi interessi né spiegato perché un’associazione di imprese di macellazione abbia firmato un accordo sui prezzi e sull’importazione di carne bovina nonostante essa non svolga tali attività. In realtà, come il Tribunale ha ribadito al punto 321 della sentenza impugnata, l’accordo controverso non riguardava l’attività della FNCBV, bensì quella dei suoi membri. La Commissione afferma inoltre che il fatto, menzionato dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA, che tre delle quattro condizioni indicate dal Tribunale siano necessariamente soddisfatte da tutte le associazioni non induce a concludere che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto alla luce dell’esigenza di garantire che tutte le ammende siano sufficientemente dissuasive.

43.      La Commissione fa valere, in risposta all’argomento della FNCBV secondo cui la Commissione e il Tribunale non avrebbero adeguatamente indicato i motivi per cui si sono discostati dal punto 5, lett. c), degli orientamenti, che detto giudice, nella sentenza impugnata, non si è basato su tale disposizione, anche se avrebbe facilmente potuto farlo, dato l’elevatissimo numero di membri delle ricorrenti.

44.      La Commissione sostiene inoltre che è infondato l’argomento della FNCBV secondo cui il Tribunale non avrebbe minimamente indicato i motivi per cui ha invertito la propria precedente giurisprudenza relativa all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. La decisione contestata spiega dettagliatamente ai punti 312‑334 l’analisi svolta dal Tribunale a tale riguardo. Inoltre, la Commissione rileva che il punto 320 e seguenti e 341 della sentenza impugnata non sono contraddittori. Il fatto che le federazioni ricorrenti abbiano commesso l’infrazione non è in contraddizione con la circostanza che lo abbiano fatto a vantaggio dei loro membri.

45.      La Commissione osserva che le ricorrenti non hanno contestato la conclusione formulata dal Tribunale ai punti 325 e 327‑333 della sentenza impugnata, secondo cui il massimale del 10% del fatturato dei loro membri di base non era stato superato.

C –    Valutazione

46.      Secondo l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, la Commissione può infliggere alle imprese o alle associazioni di imprese ammende che non superino, fra l’altro, il 10% del fatturato dell’esercizio precedente di ciascuna delle imprese partecipanti all’infrazione. L’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, prevede inoltre che, per determinare l’importo dell’ammenda, occorre tenere conto della gravità e della durata dell’infrazione.

47.      Il Tribunale ha dichiarato a più riprese che il calcolo del massimale di un’ammenda inflitta a un’associazione di imprese ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 può basarsi sul fatturato dei membri di detta associazione, anziché sul fatturato dell’associazione stessa, quando quest’ultima possa impegnare i suoi membri (24).

48.      Pertanto, conformemente alla giurisprudenza costante del Tribunale, secondo cui il termine «infrazione» di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, comprende indistintamente gli accordi, le pratiche concordate e le decisioni di associazioni di imprese, «il massimo del 10% del giro d’affari deve calcolarsi rispetto al giro d’affari realizzato da ciascuna delle imprese aderenti a detti accordi e pratiche concordate o dal complesso delle imprese aderenti a dette associazioni di imprese, quanto meno allorché, in virtù delle norme interne, l’associazione può rendere corresponsabili i propri membri» (25).

49.      Il Tribunale ha giustificato tale impostazione con il fatto che l’«influenza che un’associazione di imprese ha potuto esercitare sul mercato non dipende (…) dal “volume d’affari” suo proprio, il quale non rivela la sua dimensione né la sua potenza economica, bensì dal volume di affari dei suoi membri, il quale costituisce un’indicazione della sua dimensione e della sua potenza economica» (26).

50.      Inoltre, al punto 66 della sentenza nella causa C‑298/98 P, Finnboard/Commissione, la Corte ha rilevato che «qualora si tratti di infliggere un’ammenda ad un’associazione di imprese, il cui fatturato non è, il più delle volte, proporzionato alla sua entità o alla sua potenza sul mercato, solo la presa in considerazione del fatturato delle imprese aderenti a tale associazione consente di determinare una sanzione dissuasiva (v., in tal senso, sentenza 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punti 120-121). Non è necessario, a tal fine, che i membri dell’associazione abbiano effettivamente partecipato all’infrazione, bensì che l’associazione possa, in forza delle sue regole interne, impegnare i suoi membri».

51.      Dalla giurisprudenza del Tribunale e della Corte emerge che la capacità giuridica di un’associazione di imprese di impegnare i propri membri è sufficiente per prendere in considerazione il fatturato degli aderenti all’associazione al fine di verificare che non sia stato superato il tetto massimo legale dell’ammenda inflitta a detta associazione.

52.      Sorge tuttavia la questione se tale capacità giuridica costituisca un requisito preliminare indispensabile per calcolare il limite massimo legale dell’ammenda inflitta a un’associazione di imprese previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, in base al fatturato dei suoi membri. A tale riguardo, le ricorrenti e il governo francese sostengono in sostanza che l’uso dei termini «must, by virtue of its internal rules, have been able to bind its members» al punto 66 della sentenza pronunciata dalla Corte nella causa C-298/98 P sottolinea il carattere imperativo del potere di un’associazione di imprese di impegnare i suoi membri. Ritengo che gli argomenti dedotti su questo punto dalle federazioni ricorrenti e dal governo francese debbano essere respinti.

53.      Occorre osservare preliminarmente che la Corte, nel punto 66 della sentenza pronunciata nella causa C‑298/98 P, ha rilevato che il fatturato di un’associazione di imprese non è, il più delle volte, proporzionato alla sua entità o alla sua potenza sul mercato. Ritengo inoltre che dal tenore letterale del punto 66 di detta sentenza emerga che, quando i membri di un’associazione non hanno partecipato a un’infrazione, perché si possa tenere conto del loro fatturato occorre che l’associazione abbia il potere di vincolarli. A mio parere, la condizione introdotta dalla Corte, secondo cui l’associazione deve poter impegnare i propri membri, si basa quindi sul presupposto che tali membri non abbiano partecipato all’infrazione.

54.      Ritengo quindi che dalla motivazione della sentenza della Corte nella causa C‑298/98 P risulti che, quando i membri di un’associazione abbiano effettivamente partecipato all’infrazione, non si può escludere che il massimale dell’ammenda inflitta a un’associazione di imprese possa essere basato sul fatturato dei suoi membri, anche nel caso in cui detta associazione non possa vincolarli.

55.      A mio avviso, l’applicazione corretta dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 nel caso delle associazioni di imprese deve garantire che il livello dell’ammenda inflitta a un’associazione sia proporzionato alla sua influenza economica sul mercato, salvaguardando così l’efficacia delle ammende in quanto strumenti intesi a reprimere le attività illecite e a prevenirne la reiterazione.

56.      Infatti, in una causa molto recente in materia di concorrenza, vertente sul livello di un’ammenda, la Corte ha sottolineato l’esigenza di valutare la realtà economica delle circostanze in cui opera l’impresa e quindi l’effettiva influenza da questa esercitata sul mercato. Così, nella sentenza Britannia Alloys/Commissione (27), la Corte ha rilevato che l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 mira ad evitare che le ammende inflitte dalla Commissione siano sproporzionate rispetto all’importanza dell’impresa di cui trattasi (28). La Corte ha inoltre sottolineato il fatto che l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 conferisce alla Commissione il potere di infliggere ammende al fine di consentirle di adempiere il compito di sorveglianza attribuitole dal diritto comunitario. Questo compito comprende, in particolare, le mansioni di reprimere comportamenti illeciti, come pure di prevenire il loro ripetersi. La Corte ha quindi ritenuto in quella causa che, quando l’impresa in questione non abbia realizzato alcun fatturato nel corso dell’esercizio sociale precedente all’adozione della decisione della Commissione, quest’ultima sia legittimata a riferirsi a un altro esercizio sociale al fine di poter valutare correttamente le risorse finanziarie di tale impresa e garantire che l’ammenda abbia un carattere sufficientemente dissuasivo.

57.      La finalità dissuasiva delle ammende inflitte per violazione delle regole comunitarie di concorrenza e l’esigenza di garantire che tale finalità non venga messa a rischio o non venga compromessa dalla ristrutturazione delle imprese è stata inoltre sottolineata recentemente dalla Corte nella sentenza Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato/ETI SpA e a. (29)

58.      Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, quando l’infrazione commessa da un’associazione riguardi le attività dei suoi membri e le pratiche anticoncorrenziali in questione vengano attuate dall’associazione direttamente a vantaggio di questi ultimi e in collaborazione con essi, dato che l’associazione non ha interessi obiettivi che presentino un carattere autonomo rispetto a quelli dei suoi membri, si può prendere in considerazione il fatturato dei membri dell’associazione ai fini dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (30).

59.      A mio parere, le condizioni o i criteri individuati dal Tribunale, se soddisfatti, dimostrano che la violazione delle regole di concorrenza da parte di un’associazione di imprese era intrinsecamente connessa alle attività e agli interessi dei suoi membri ed era approvata da questi ultimi. Ritengo pertanto che i criteri scelti dal Tribunale siano adeguati allo scopo di accertare la reale potenza economica o la reale influenza esercitata dalle associazioni di imprese sul mercato. L’approccio adottato dal Tribunale consente, a mio parere, di garantire l’efficacia delle sanzioni inflitte alle associazioni di imprese per violazione delle regole comunitarie di concorrenza anche nei casi in cui il fatturato di tali associazioni non sia proporzionato all’influenza economica da esse esercitata sul mercato. Le associazioni di imprese non possono quindi eludere in larga misura tali sanzioni solo perché formalmente non possono impegnare i loro membri, pur potendo, di fatto, sfruttare ove necessario l’influenza economica di tali membri sul mercato per contravvenire alle regole comunitarie di concorrenza.

60.      Tale conclusione non risulta inficiata dagli argomenti della FNSEA, della FNB, della FNPL, dei JA e del governo francese (31), secondo cui le condizioni o i criteri «specifici» individuati dal Tribunale sono soddisfatti in molti casi concernenti associazioni di imprese. A mio parere, i criteri scelti dal Tribunale sono corretti e coerenti, in quanto mirano ad accertare la reale influenza di un’associazione di imprese sul mercato. Il fatto che probabilmente in molti casi, o addirittura nella maggior parte dei casi, il fatturato di un’associazione di imprese non sia proporzionato alla sua influenza sul mercato non inficia la validità dei criteri individuati dal Tribunale.

61.      Ritengo inoltre che l’argomento sollevato dalla FNCBV, secondo cui l’accordo, di fatto, non era nell’interesse dei suoi membri, riguardi una valutazione di fatto che non può essere contestata in sede di impugnazione. In ogni caso, dal fascicolo emerge, come ha fatto valere la Commissione, che la FNCBV ha concordato la fissazione dei prezzi e la sospensione delle importazioni in cambio della rimozione dei blocchi messi in atto, fra l’altro, contro i macelli dei suoi aderenti. Osserverei incidentalmente che il fatto che tali accordi non siano «normalmente» nell’interesse dei macelli non inficia la suddetta conclusione, visto il contesto particolare in cui è stata commessa l’infrazione. Inoltre, in tale contesto è del tutto irrilevante la circostanza, addotta dalla FNCBV, che l’accordo non abbia portato alla rimozione dei blocchi.

62.      Anche la conclusione del Tribunale secondo cui l’accordo non riguardava l’attività delle federazioni ricorrenti, bensì quella dei loro membri di base, in quanto le prime non vendono, né acquistano, né importano carne bovina (32), costituisce una valutazione di fatto che non può essere contestata in sede di impugnazione. In ogni caso, la FNCBV non ha dedotto argomenti atti a inficiare tale valutazione.

63.      Per quanto riguarda la tesi addotta dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA, secondo cui una delle condizioni specifiche indicate dal Tribunale non sussisteva, non essendo stato provato che tutti i membri delle federazioni ricorrenti hanno collaborato all’infrazione (33), ritengo che tale requisito non sia ammissibile (34). Per poter basare il calcolo del massimale del 10% di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, con riferimento a un’ammenda inflitta a dette federazioni, sul fatturato dei loro membri, è sufficiente dimostrare, in relazione a tale criterio, che i membri di un’associazione di imprese hanno collaborato nella violazione del diritto della concorrenza (35). Dalla sentenza impugnata emerge chiaramente che le federazioni ricorrenti hanno incoraggiato loro membri, tra i vari aderenti, ad attuare l’accordo (36).

64.      Quanto all’argomento della FNCBV secondo cui il Tribunale non avrebbe applicato correttamente il punto 5, lett. c), degli orientamenti (37), ritengo che tale disposizione non sia pertinente ai fini del caso in esame, atteso che dalla decisione contestata risulta chiaramente che la violazione dell’art. 81, n. 1, CE, è stata imputata alle stesse federazioni ricorrenti, più che ai loro singoli membri. Inoltre, sono dell’avviso che la motivazione fornita dal Tribunale ai punti 320 e seguenti e 341 della sentenza impugnata non sia contraddittoria, dato che il Tribunale ha effettivamente dichiarato in tali punti che l’accordo era stato concluso dalle federazioni ricorrenti a vantaggio dei loro membri ed era stato attuato da questi ultimi a livello locale.

65.      La FNCBV ha anche sostenuto che il Tribunale non ha motivato l’inversione della precedente giurisprudenza relativa all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e alle associazioni di imprese (38). A mio parere, nelle sue memorie la FNCBV contesta sostanzialmente la correttezza delle conclusioni formulate dal Tribunale in ordine all’applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, più che una carenza della motivazione addotta. Osserverei in ogni caso che il Tribunale ha ampiamente indicato nella sentenza impugnata i motivi per cui ha basato il massimale del 10% previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, sul fatturato dei membri di base delle federazioni ricorrenti. A mio parere, inoltre, non può accogliersi l’argomento della FNCBV secondo cui l’inversione, da parte del Tribunale, della giurisprudenza precedente sarebbe in contrasto con il principio della certezza del diritto. Ritengo che quanto ha dichiarato il Tribunale nella sentenza impugnata sia perfettamente in linea con la precedente giurisprudenza di tale giudice e della Corte (39). È il caso di sottolineare che la Corte ha precisato, al punto 66 della sentenza nella causa Finnboard/Commissione, che il fatturato di un’associazione di imprese non è, il più delle volte, proporzionato alla sua entità o alla sua potenza sul mercato.

66.      Propongo quindi alla Corte di dichiarare infondati il quinto e il terzo motivo dedotti dalle federazioni ricorrenti rispettivamente nelle cause C‑101/07 P e C‑110/07 P.

VII – Sulla violazione del divieto di cumulo delle sanzioni e sul principio di proporzionalità delle sanzioni

67.      Con il quarto motivo, le ricorrenti nella causa C‑110/07 P, sostenute dal governo francese, sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per avere violato il divieto di cumulo delle sanzioni e il principio di proporzionalità delle sanzioni, in quanto detto giudice avrebbe inflitto ammende separate a ciascuna di tali federazioni, anziché tenere conto del fatturato globale dei loro membri comuni per verificare il livello delle ammende inflitte alle federazioni ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. In proposito, le ricorrenti nella causa C‑110/07 P osservano, fra l’altro, che la FBN, la FNPL e i JA sono tutti membri della FNSEA e che i loro membri sono quindi comuni.

68.      La Commissione afferma che le ammende inflitte nella decisione contestata non si basavano sul fatturato globale dei membri delle federazioni ricorrenti. L’ammenda è stata calcolata in base, da un lato, alla gravità dell’infrazione, che è stata valutata a sua volta con riferimento alla natura dell’infrazione, alla sua portata geografica e al suo impatto determinabile, e, dall’altro, alla durata dell’infrazione. Il fatturato dei membri delle federazioni è stato preso in considerazione solo per verificare che non fosse stato superato il massimale di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

A –    Valutazione

69.      Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che:

«340 [r]isulta dalla giurisprudenza che il principio ne bis in idem costituisce un principio generale del diritto comunitario di cui il giudice garantisce il rispetto. Nell’ambito del diritto comunitario della concorrenza, il detto principio vieta che un’impresa venga condannata o perseguita di nuovo dalla Commissione per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione della Commissione non più suscettibile di impugnazione (…). L’applicazione di tale principio è soggetta ad una triplice condizione di identità dei fatti, di unità del contravventore e di unità dell’interesse giuridico tutelato. Tale principio vieta quindi di sanzionare lo stesso soggetto più di una volta per un medesimo comportamento illecito, al fine di tutelare lo stesso bene giuridico (...).

341      (…) la Commissione poteva legittimamente sanzionare ciascuna delle federazioni che hanno preso parte all’accordo controverso basandosi sul ruolo individuale svolto da ognuna di esse nella firma e nell’applicazione dello stesso e sulle circostanze attenuanti e aggravanti proprie di ognuna di esse.

342      Questa conclusione non può essere inficiata (…) dalla circostanza che la FNB, la FNPL e i JA sono membri della FNSEA. Infatti, tali federazioni hanno personalità giuridica autonoma, bilanci separati e obiettivi che non sempre coincidono. Infatti, esse esercitano le rispettive azioni sindacali in difesa di interessi loro propri e specifici (...). Il fatto che, nella specie, tali federazioni abbiano ampiamente coordinato la loro azione, nonché quella dei rispettivi membri, al fine di perseguire obiettivi comuni non potrebbe esentare ciascuna di esse dalla rispettiva responsabilità nell’infrazione.

343      Peraltro, contrariamente a quanto sembrano sostenere le ricorrenti, la decisione impugnata non commina sanzioni ai loro membri di base, diretti o indiretti. Il fatto di prendere in considerazione il volume d’affari dei membri di un’associazione di imprese nella determinazione del tetto massimo del 10% non significa infatti assolutamente che sia stata loro inflitta un’ammenda (...).

344      Ne consegue che, nella specie, mancava l’identità dei contravventori, in quanto la decisione impugnata non sanziona più volte le medesime entità o le stesse persone per i medesimi fatti. Pertanto, si deve concludere che non vi è stata violazione del principio ne bis in idem. Del pari, dal momento che i membri, diretti o indiretti, delle ricorrenti non sono stati colpiti due volte da ammende per un’unica e medesima infrazione, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica francese, nella fattispecie non è stato violato neanche il principio di proporzionalità» (40).

70.      A mio parere, dai passaggi sopra citati della sentenza impugnata emerge che le ammende previste dalla decisione contestata sono state inflitte a ciascuna delle federazioni ricorrenti per avere violato individualmente l’art. 81, n. 1, CE (41). I membri delle federazioni ricorrenti non sono stati ritenuti responsabili della violazione dell’art. 81, n. 1, CE, né è stata loro inflitta alcuna ammenda. Ne consegue che, evidentemente, non sono state inflitte sanzioni multiple a ciascuna delle federazioni FNSEA, FNB, FNPL e JA.

71.      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui le ammende inflitte alla FNSEA, alla FNB, alla FNPL e ai JA sarebbero sproporzionate, in quanto si è tenuto conto del fatturato dei membri comuni di tali federazioni per verificare il livello delle ammende loro inflitte, ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, ritengo che tale argomento non possa essere accolto.

72.      È pacifico che la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA hanno membri comuni.

73.      Tuttavia, il Tribunale ha sottolineato, a mio giudizio correttamente, che le federazioni ricorrenti sono dotate di personalità giuridica autonoma e hanno bilanci separati, e che i loro scopi non sempre coincidono. Il fatto che le federazioni ricorrenti abbiano scelto di allineare il proprio comportamento sul mercato non indica affatto che essi perseguissero gli stessi interessi. Inoltre, a mio avviso, il fatto che le federazioni in questione abbiano membri comuni non implica necessariamente una riduzione dell’influenza economica che ciascuna di tali federazioni può esercitare sul mercato. In ogni caso, le ricorrenti nella causa C‑110/07 P non sembrano contestare la conclusione formulata dal Tribunale al punto 331 della sentenza impugnata, secondo cui, per la verifica del rispetto del massimale del 10% del fatturato, basta che l’ammontare complessivo delle ammende inflitte alle quattro ricorrenti in questione sia inferiore al 10% del volume d’affari degli allevatori membri di base della FNSEA, la federazione che riunisce la FNB, la FNPL e i JA. Ritengo pertanto che le ricorrenti nella causa C‑110/97 non abbiano adeguatamente dimostrato che le ammende loro inflitte erano sproporzionate.

74.      Propongo quindi alla Corte di dichiarare infondato il quarto motivo dedotto dalle ricorrenti nella causa C‑110/07 P.

VIII – Sulla riduzione dell’ammenda

75.      Con il loro sesto e terzo motivo, le federazioni ricorrenti rispettivamente nelle cause C‑101/07 P e C‑110/07 P sostengono che la Corte, quand’anche non annullasse la sentenza impugnata, dovrebbe comunque dichiarare che il Tribunale ha violato l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, e quindi ridurre le ammende loro inflitte. La FNCBV rileva che l’ammenda inflittale era pari a circa il 20% del suo fatturato (calcolato in base alle quote percepite). La Corte dovrebbe quindi ridurre l’ammenda inflitta alla FNCBV a un importo non superiore a EUR 360 000, equivalenti al 10% del suo volume d’affari.

76.      La Commissione sostiene che tale motivo dev’essere respinto alla luce degli argomenti esposti ai precedenti paragrafi 40‑45. Essa afferma inoltre, in subordine, che, qualora la Corte accogliesse gli argomenti addotti dalle federazioni ricorrenti in merito alla violazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, l’ammenda da infliggere andrebbe calcolata in base agli introiti delle associazioni, e non in base alle quote versate.

A –    Valutazione

77.      Alla luce di quanto ho concluso ai precedenti paragrafi 46‑66, secondo cui il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nell’applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, propongo di respingere il sesto e il terzo motivo dedotti dalle federazioni ricorrenti nelle cause C‑101/07 P e C‑110/07 P e diretti a ottenere una riduzione delle ammende inflitte in ragione del fatto che detto giudice avrebbe violato la disposizione citata.

IX – Sul travisamento, da parte del Tribunale, di elementi di prova relativi alla proroga dell’accordo del 24 ottobre 2001 oltre il 30 novembre 2001

78.      Con il secondo motivo dedotto nella causa C‑101/07 P e il primo motivo dedotto nella causa C‑110/07 P, le federazioni ricorrenti sostengono che il Tribunale ha travisato taluni elementi di prova.

79.      Nella causa C‑101/07 P, la FNCBV lamenta un travisamento da parte del Tribunale di alcuni elementi di fatto, ossia le note manoscritte del direttore della FNB relative alla riunione del 29 novembre 2001 (punti 169‑174 della sentenza impugnata), l’intervista concessa il 4 dicembre 2001 dal vicepresidente della FNB alla Vendée Agricole (punto 176 della sentenza impugnata), un comunicato della federazione vandeana del 5 dicembre 2001 (punti 175‑177 della sentenza impugnata), un bollettino informativo elaborato dalla FNPL e inviato tramite fax il 10 dicembre 2001 (punto 179 della sentenza impugnata), e note manoscritte del direttore della FNB relative alla riunione del 5 dicembre 2001 (punto 180 della sentenza impugnata). La FNCBV fa valere in sostanza che il Tribunale ha travisato il significato di tali documenti o elementi di prova e che la valutazione giuridica delle prove da parte di detto giudice era quindi errata.

80.      Nella causa C‑110/07 P, la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA lamentano un travisamento dei fatti, in quanto il Tribunale non avrebbe preso in considerazione due elementi di prova fondamentali atti a dimostrare che l’accordo del 24 ottobre 2001 non è stato prorogato oltre il 30 novembre 2001. Il primo elemento di prova è costituito da un fax dell’11 dicembre 2001 inviato da un direttore della FNB a un’associazione regionale e il secondo da una nota informativa del 12 dicembre 2001 della Fédération Régionale des Syndicats d’Exploitants Agricoles (in prosieguo: la «FRSEA»).

81.      Conformemente all’art. 225 CE e all’art. 58, primo comma, dello Statuto della Corte, l’impugnazione dev’essere limitata alle questioni di diritto. La valutazione dei fatti non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione, salvo il caso di snaturamento di tali fatti o degli elementi di prova (42). Occorre ricordare che lo snaturamento degli elementi di prova sussiste quando, senza dover assumere nuove prove, la valutazione dei mezzi di prova disponibili risulta, in modo evidente, inesatta (43).

82.      Con riferimento alla causa C‑101/07 P, ritengo che, alla luce di tale criterio, e dopo avere esaminato gli elementi di prova sopra elencati (44), il Tribunale non abbia travisato detti elementi.

83.      Nella causa C‑110/07 P, la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA sostengono che il Tribunale non ha esaminato due elementi di prova, nonostante detto giudice abbia specificamente riaperto la fase orale nelle cause riunite T‑217/03 e T‑245/03, affinché detti elementi fossero acquisiti agli atti (45). Tale argomento si fonda sostanzialmente sul fatto che il Tribunale non ha menzionato gli elementi di prova in questione nella sentenza impugnata e ha dichiarato, al punto 187, che il proseguimento dell’accordo del 24 ottobre 2001 non può essere smentito unicamente sulla base di una nota della FNICGV.

84.      Alla lue delle circostanze particolari in cui sono stati acquisiti al fascicolo delle cause T‑217/03 e T‑245/03 del Tribunale il fax dell’11 dicembre 2001 inviato da un direttore della FNB e la nota della FRSEA del 12 dicembre 2001, e del semplice fatto che tali elementi di prova non sono stati specificamente fatti valere dal Tribunale nella sentenza impugnata, ritengo che le ricorrenti nella causa C‑110/07 P non abbiano dimostrato che detto giudice non ha esaminato gli elementi di prova in questione.

85.      In ogni caso, dopo avere esaminato le prove di cui trattasi, ritengo che le ricorrenti nella causa C‑110/07 P non abbiano dimostrato che il Tribunale ha travisato le prove, o ignorato o trascurato una prova fondamentale relativa alla proroga o meno dell’accordo del 24 ottobre 2001 oltre il 30 novembre 2001.

86.      Propongo quindi alla Corte di dichiarare infondati il secondo motivo dedotto nella causa C‑101/07 P e il primo motivo dedotto nella causa C‑110/07 P.

X –    Sull’errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale per avere dichiarato che la FNCBV ha partecipato alla proroga dell’accordo del 24 ottobre 2001

87.      Con il terzo motivo, che è suddiviso in due parti, la FNCBV sostiene, in primo luogo, che il Tribunale è incorso in un errore nella valutazione di alcuni elementi di prova e nel concludere al punto 185 della sentenza impugnata che la Commissione ha provato sufficientemente, nella decisione impugnata, che la FNCBV ha continuato ad applicare l’accordo del 24 ottobre 2001, prorogato verbalmente e in segreto, oltre la fine del mese di novembre 2001. In secondo luogo, la FNCBV afferma che la sentenza impugnata è contraddittoria, in quanto ammette che gli allevatori hanno unilateralmente esercitato pressioni sulle imprese di macellazione per garantire che fosse rispettato il prezzo minimo dei bovini e che fossero bloccate le importazioni, e al contempo conclude che la FNCBV ha partecipato alla proroga dell’accordo del 24 ottobre 2001.

88.      Nella prima parte di tale motivo, la FNCBV lamenta in sostanza che il Tribunale ha interpretato erroneamente le note manoscritte del direttore della FNB relative alla riunione del 29 novembre 2001 (punto 172 della sentenza impugnata), un messaggio di posta elettronica del 6 dicembre 2001 inviato da un rappresentante della FRSEA bretone ai presidenti delle FDSEA della sua regione (punto 178 della sentenza impugnata), il bollettino informativo della FNPL inviato tramite fax il 10 dicembre 2001 (punto 179 della sentenza impugnata), le note manoscritte del direttore della FNB (punto 180 della sentenza impugnata), la «nota» della FDSEA vandeana del 18 dicembre 2001 (punto 182 della sentenza impugnata) (46) e documenti scritti concernenti azioni locali (punti 183 e 184 della sentenza impugnata).

89.      A mio parere, Il Tribunale non è incorso in un errore nella valutazione dei documenti sopra indicati e nel concludere che tali documenti, unitamente agli altri elementi di prova menzionati ai punti 164‑184 della sentenza impugnata, dimostrano la partecipazione della FNCBV alla proroga dell’accordo del 24 ottobre 2001.

90.      Per quanto riguarda la seconda parte di questo motivo, la FNCBV afferma che il Tribunale non può considerare, senza cadere in contraddizione, da un lato, che la FNCBV ha partecipato alla proroga dell’accordo del 24 ottobre 2001, ammettendo al contempo che sono stati commessi atti violenti contro le imprese di macellazione. A tale riguardo, la FNCBV sottolinea che il Tribunale ha ritenuto che la Commissione potesse imputare alla FNSEA, alla FNB e ai JA una circostanza aggravante basata sulla violenza e aumentare del 30% le ammende loro inflitte (47). Inoltre, il Tribunale ha ammesso che la Commissione ha ridotto del 60% l’ammenda della FNCBV tenendo conto come circostanze aggravanti, fra l’altro, delle operazioni illecite di blocco degli stabilimenti dei membri della FNCBV (48). La FNCBV sostiene che il Tribunale era tenuto a dimostrare che la FNCBV aveva chiaramente manifestato l’intenzione di aderire alla proroga dell’accordo proposta dagli agricoltori.

91.      La FNCBV tenta infatti di dimostrare che non ha partecipato alla proroga dell’accordo scritto del 24 ottobre 2001 e che le azioni poste in essere da gruppi di allevatori dopo la scadenza formale di tale accordo il 30 novembre 2001 erano unilaterali.

92.      È evidente che l’accordo scritto del 24 ottobre 2001 era stato concluso in un periodo di estrema tensione nel mercato francese delle carni bovine, sulla scia della seconda crisi della «mucca pazza» e che gli allevatori esercitavano forti pressioni sui macellatori attraverso, fra l’altro, il blocco dei macelli. Nonostante il contesto in cui è stato concluso, la FNCBV non ha contestato la qualificazione giuridica dell’accordo del 24 ottobre 2001 come accordo ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE. Inoltre, come ho già rilevato (49), il fatto che «normalmente» non sia economicamente vantaggioso per i macellatori concludere o prorogare accordi per la fissazione di prezzi minimi e la sospensione delle importazioni, non inficia di per sé, a mio avviso, la conclusione del Tribunale secondo cui la FNCBV ha partecipato alla proroga dell’accordo del 24 ottobre 2001. Nelle circostanze del caso di specie, sono del parere che il fatto che sia stato esercitato un certo grado di pressione o di coercizione sui macellatori non esclude che la FNCBV abbia effettivamente partecipato alla proroga in questione.

93.      Come ho detto (50), ritengo che il Tribunale abbia ampiamente dimostrato ai punti 164‑184 della sentenza impugnata che la FNCBV ha partecipato alla proroga dell’accordo del 24 ottobre 2001. Inoltre, la conclusione del Tribunale secondo cui la FNCBV ha effettivamente aderito alla proroga in questione non è inficiata dal fatto che detto giudice ha ritenuto che la Commissione potesse prendere in considerazione, per fissare il livello delle ammende da infliggere, il contesto economico e fattuale in cui è stato concluso e prorogato l’accordo del 24 ottobre 2001.

94.      A mio parere, la FNCBV non ha dimostrato che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel dichiarare che la FNCBV ha aderito alla proroga dell’accordo del 24 ottobre 2001.

95.      Propongo quindi alla Corte di dichiarare infondato il terzo motivo dedotto nella causa C‑101/07 P.

XI – Sull’errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale per avere qualificato come anticoncorrenziale l’accordo del 24 ottobre 2001 e per non avere analizzato gli effetti dell’accordo

96.      Con il quarto motivo, che è suddiviso in due parti, la FNCBV sostiene, in subordine, che la Corte, qualora ritenesse che detta federazione abbia partecipato alla proroga del 24 ottobre 2001, dovrebbe considerare che l’accordo non è anticoncorrenziale e che pertanto il Tribunale non poteva omettere di accertarne gli effetti.

97.      Nella prima parte di tale motivo, la FNCBV afferma in sostanza che l’analisi dell’accordo del 24 ottobre 2001 nel suo specifico contesto giuridico ed economico avrebbe indotto il Tribunale a ritenere che l’effetto restrittivo di tale accordo non fosse desumibile dalla semplice lettura dello stesso. L’accordo in questione è stato adottato per supplire all’inerzia delle autorità comunitarie. La FNCBV osserva inoltre che i consumatori hanno tratto vantaggio dall’accordo del 24 ottobre 2001.

98.      Nella seconda parte di tale motivo, la FNCBV sostiene che l’accordo non ha avuto effetti significativi sulle importazioni, sui prezzi al consumo né sui rapporti tra allevatori e imprese di macellazione.

99.      A mio parere, l’accordo del 24 ottobre 2001 e la sua proroga verbale miravano alla sospensione delle importazioni di carne bovina in Francia e alla fissazione di un prezzo minimo per taluni bovini. Nonostante il contesto in cui è maturato l’accordo, che è stato esaminato dal Tribunale, ritengo che tale giudice non sia incorso in un errore di diritto per avere qualificato come anticoncorrenziale l’accordo del 24 ottobre 2001.

100. Propongo quindi alla Corte di dichiarare infondato il quarto motivo in subordine dedotto nella causa C‑101/07 P.

101. Dopo avere esaminato i quattro motivi dedotti dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA, nonché i sei motivi dedotti dalla FNCBV, ritengo che nessuno di essi sia fondato e che occorra respingere i ricorsi nelle cause C‑101/07 P e C‑110/07 P.

102. Conformemente all’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna delle federazioni ricorrenti alle spese e il ricorso di queste ultime è stato respinto, a mio parere dette federazioni devono essere condannate alle spese. Ritengo che la Repubblica francese debba sopportare le proprie spese, a norma dell’art. 69, n. 4, del regolamento di procedura.

XII – Conclusione

103. Ritengo quindi che la Corte debba:

1)      respingere i ricorsi;

2)      condannare la FNCBV alle spese del procedimento C‑101/07 P e condannare la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA alle spese del procedimento C‑110/07 P;

3)      condannare la Repubblica francese a sopportare le proprie spese.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Sentenza 13 dicembre 2006, cause riunite T‑217/03 e T‑245/03 (Racc. pag. II‑4987).


3 – GU L 209, pag. 12.


4 – Regolamento 6 febbraio 1962, primo regolamento di applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU n. 13, pag. 204). La decisione contestata è anteriore alla data di entrata in vigore del regolamento (CE) 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1) e all’adozione dei nuovi Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2). Ai sensi dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, «[l]a Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza: a) commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 o dell’articolo 82 del trattato; (...). Per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente. Qualora l’infrazione di un’associazione sia relativa alle attività dei membri della stessa, l’ammenda non deve superare il 10% dell’importo del fatturato totale di ciascun membro attivo sul mercato coinvolto dall’infrazione dell’associazione» (il corsivo è mio).


5 – GU 1998, C 9, pag. 3.


6 – La FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA.


7 – La Fédération Nationale de l’Industrie et des Commerces en Gros des Viandes (in prosieguo: la «FNICGV») e la FNCBV. La FNICGV non è parte del presente procedimento e il suo ricorso dinanzi al Tribunale è stato dichiarato irricevibile con ordinanza 9 novembre 2004.


8 – V. sentenza impugnata, punto 224.


9 – Punto 222 della sentenza impugnata. V. sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite da 100/80 a 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione (Racc. pag. 1825, punto 21), e sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑31/99, ABB Asea Brown Boveri/Commissione (Racc. pag. II‑1881, punto 66).


10 – Sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit. alla nota 9 (punto 21). V. anche sentenza 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione (Racc. pag. I‑5425, punto 428).


11 – V. ad esempio, sentenze del Tribunale 23 febbraio 1994, cause riunite T‑39/92 e T‑40/92, CB e Europay/Commissione (Racc. pag. II‑49); 21 febbraio 1995, causa T‑29/92, SPO e a./Commissione (Racc. pag. II‑289); 14 maggio 1998, causa T‑338/94, Finnboard/Commissione (Racc. pag. II‑1617), e sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C‑298/98 P, Finnboard/Commissione (Racc. pag. I‑10157).


12 – V. punto 301 della sentenza impugnata. Dall’art. 1 della decisione contestata emerge che quest’ultima è indirizzata, fra l’altro, alle federazioni ricorrenti, e non ai loro membri. Inoltre, conformemente all’art. 3 della decisione contestata, sono state inflitte ammende comprese tra EUR 480 000 e EUR 12 milioni per violazione dell’art. 81, n. 1, CE, alle federazioni ricorrenti, e non ai loro membri. Le ammende inflitte alle federazioni ricorrenti dalla decisione contestata sono state ridotte nella sentenza impugnata ed erano comprese tra EUR 360 000 e EUR 9 milioni. Tuttavia, è pacifico che la Commissione, quando ha calcolato, ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, il massimale dell’ammenda da infliggere alle federazioni ricorrenti per la violazione dell’art. 81, n. 1, CE, lo ha fatto sulla base non del fatturato di tali associazioni di imprese, ma su quella del fatturato dei loro membri. Tale impostazione è stata confermata dal Tribunale di primo grado. V., in particolare, punti 312‑334 della sentenza impugnata. Le federazioni ricorrenti hanno fatto valere dinanzi al Tribunale, senza essere contraddette dalla Commissione, che le ammende inflitte dalla decisione contestata erano superiori al 10% del loro fatturato. A tale proposito, come emerge dal punto 301 della sentenza impugnata, le federazioni ricorrenti hanno sostenuto che le ammende inflitte rappresentano oltre il 25% del fatturato della FNCBV, il 200% delle quote della FNSEA, il 240% di quelle della FNB, l’80% di quelle della FNPL e il 200% di quelle dei JA. Benché il Tribunale abbia ridotto le ammende inflitte alle federazioni ricorrenti dalla decisione contestata, tali ammende «rettificate» rimarrebbero superiori al 10% del fatturato di tali associazioni di imprese. In realtà, nelle sue osservazioni alla Corte, la FNCBV afferma che l’ammenda inflittale conformemente alla sentenza impugnata corrisponde a quasi il 20% del suo fatturato in termini di quote.


13 – V. punto 324 della sentenza impugnata.


14 – V. punto 320 della sentenza impugnata.


15 – V. punto 321 della sentenza impugnata.


16 – V. punto 322 della sentenza impugnata.


17 – V. punto 323 della sentenza impugnata.


18 – V. sentenze CB e Europay/Commissione, cit. alla nota 11 (punto 136); SPO e a./Commissione, cit. alla nota 11 (punto 385), e Finnboard/Commissione, cit. alla nota 11 (punto 270).


19 – Cit. alla nota 11 (punto 66).


20 – V. sentenze citate alla nota 18.


21 – V. sentenze SPO e a./Commissione, cit. alla nota 11 (punto 385); v. anche, al riguardo, sentenza 22 ottobre 1997, cause riunite T‑213/95 e T‑18/96, SCK e FNK/Commissione (Racc. pag. II‑1739, punto 252).


22 – V. sentenze citate alla nota 18.


23 – Cit. alla nota 11.


24 – V. sentenze citate alla nota 18.


25 – Sentenza Finnboard/Commissione, causa T‑338/94, cit. alla nota 11 (punto 270).


26 – Sentenza Finnboard/Commissione, causa T‑338/94, cit. alla nota 11 (punto 270).


27 – Sentenza 7 giugno 2007, causa C‑76/06 P (Racc. pag. I‑4405, punto 22).


28 – Ibid. (punto 24).


29 – Sentenza 11 dicembre 2007, causa C‑280/06, Racc. pag.I‑10893, punti 38‑42. Tale causa non si basava sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, bensì sull’art. 81 CE e verteva sull’identificazione dell’ente da sanzionare per avere violato quest’ultima disposizione.


30 – V. punto 319 della sentenza impugnata.


31 – V. supra, rispettivamente paragrafi 36 e 37.


32 – V. supra, paragrafo 36, nonché, fra l’altro, punti 319, 321 e 323 della sentenza impugnata.


33 – V. l’argomento della FNSEA, della FNB, della FNPL e dei JA esposto supra, al paragrafo 36.


34– Tale requisito appare eccessivo e potrebbe risultare difficile se non impossibile da soddisfare nel caso, ad esempio, di associazioni di imprese con un numero di aderenti relativamente elevato.


35 – A mio parere, i criteri individuati dal Tribunale ai punti 319 e segg. della sentenza impugnata sono intesi ad accertare l’influenza delle associazioni di imprese sul mercato, più che a verificare se esse abbiano effettivamente esercitato appieno tale influenza.


36 – V. punti 112 e segg. della sentenza impugnata.


37 – V. supra, paragrafo 38.


38 – V. supra, paragrafo 35.


39 – V. giurisprudenza cit. alla nota 11.


40 –      V. punti 340‑344 della sentenza impugnata.


41 – V. supra, paragrafo 12.


42 – V. sentenza 15 settembre 2005, causa C‑37/03 P, BioID/UAMI (Racc. pag. I‑7975, punti 43 e 53).


43 – V. sentenze 18 gennaio 2007, causa C‑229/05 P, PKK e KNK/Consiglio (Racc. pag. I‑439, punto 37), e 6 aprile 2006, causa C‑551/03 P, General Motors/Commissione (Racc. pag. I‑3173, punto 54).


44 – V. supra, paragrafo 79.


45 – V. punto 40 della sentenza impugnata.


46 – La FNCBV afferma che è impossibile individuare la documentazione di cui trattasi in base alla sentenza impugnata. Ritengo che detta documentazione sia individuabile e sia stata indicata dalla Commissione al punto 93 della decisione contestata. La documentazione fatta valere dal Tribunale è stata prodotta dalla Commissione in allegato al controricorso nella causa T‑245/03 ed è stata indicata dalla stessa al punto 76 del controricorso nella medesima causa.


47 – V. punto 289 della sentenza impugnata.


48 – V. punto 294 della sentenza impugnata.


49 – V. supra, paragrafo 61.


50 – V. supra, paragrafo 89.