Language of document : ECLI:EU:C:2013:90

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 21 febbraio 2013 (1)

Cause riunite C‑523/11 e C‑585/11

Laurence Prinz

contro

Region Hannover

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Verwaltungsgericht Hannover (Germania)]


Philipp Seeberger

contro

Studentenwerk Heidelberg

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Verwaltungsgericht Karlsruhe (Germania)]

«Libertà di circolazione dei cittadini dell’Unione – Finanziamento degli studi superiori effettuati all’estero – Requisito della residenza – “Regola dei tre anni” – Proporzionalità»





1.        La Germania è uno degli Stati membri in cui i cittadini dell’Unione europea («UE») possono richiedere un sussidio per compiere studi superiori e di formazione presso istituzioni situate all’estero, all’interno dell’Unione europea. La sig. ra Prinz ed il sig. Seeberger, entrambi cittadini tedeschi, hanno fatto domanda per tali sussidi. Dette domande sono state respinte poiché i richiedenti non hanno dimostrato di aver avuto la residenza in Germania per un periodo ininterrotto di tre anni, immediatamente prima di intraprendere gli studi all’estero (la «regola dei tre anni»). Secondo quanto afferma il governo tedesco, la regola dei tre anni viene imposta al fine di evitare il rischio di creare un onere finanziario eccessivo che potrebbe ripercuotersi sul livello complessivo degli aiuti disponibili (l’«obiettivo economico»), per identificare le persone che sono integrate nella società tedesca e per garantire che il sussidio di studio venga concesso agli studenti che presentano le maggiori probabilità di far ritorno in Germania dopo aver terminato gli studi e che potranno contribuire alla società tedesca (l’«obiettivo sociale»). Gli studenti che non possono provare la residenza ininterrotta per tre anni non hanno diritto a ricevere il sussidio in questione per l’intera durata degli studi all’estero. Essi possono tuttavia ricevere detto sussidio per il primo anno di studi effettuati all’estero o per l’intero ciclo di studi compiuti in Germania.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

2.        L’articolo 20 TFUE stabilisce quanto segue:

«1.      È istituita una cittadinanza dell’Unione. È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non sostituisce quest’ultima.

2.      I cittadini dell’Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati. Essi hanno, tra l’altro:

a)      il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;

(…)

Tali diritti sono esercitati secondo le condizioni e i limiti definiti dai trattati e dalle misure adottate in applicazione degli stessi».

3.        Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, ogni cittadino dell’Unione «ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi».

4.        Ai sensi dell’articolo 165, paragrafo 1, TFUE, gli Stati membri sono responsabili «per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione». Lo stesso articolo 165, paragrafo 1, dispone che «[l]’Unione contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione». A tenore dell’articolo 165, paragrafo 2, secondo trattino, TFUE, l’azione dell’Unione è anche intesa a «favorire la mobilità degli studenti».

 Direttiva 2004/38/CE

5.        L’articolo 24 della direttiva 2004/38 (2) così recita:

«1.      Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal trattato e dal diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base alla presente direttiva, nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del trattato. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.

2.      In deroga al paragrafo 1, lo Stato membro ospitante non è tenuto (…) a concedere prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente [(3)] aiuti di mantenimento agli studi, compresa la formazione professionale, consistenti in borse di studio o prestiti per studenti, a persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi, che non mantengano tale status o loro familiari».

 Diritto nazionale

6.        Il Bundesausbildungsförderungsgesetz (Bundesgesetz über individuelle Förderung der Ausbildung – Bundesausbildungsförderungsgesetz, legge federale sul diritto allo studio; in prosieguo: il «BAföG» o la «legge sui sussidi per gli studenti») è la legge tedesca che stabilisce i requisiti per ottenere un finanziamento per gli studi o per la formazione. Tale provvedimento è stato modificato più volte (4), anche al fine di dare esecuzione alla sentenza della Corte nella causa Morgan e Bucher (5). In tale occasione la Corte ha statuito che gli attuali articoli 20 e 21 TFUE ostano ad un requisito come quello di cui all’articolo 5, paragrafo 2, punto 3, della (vecchia) legge sui sussidi per gli studenti, in base al quale il beneficio di un sussidio per studi effettuati presso un istituto di istruzione situato all’estero è subordinato alla condizione che tali studi costituiscano la prosecuzione di una formazione seguita per un periodo di almeno un anno nel territorio dello Stato membro d’origine (il «requisito della prima fase»).

7.        Ai sensi della versione modificata dell’articolo 5, paragrafo 1, per «residenza stabile» s’intende il luogo in cui si trova, non solo temporaneamente, il centro degli interessi di una determinata persona, a prescindere dalla volontà di stabilirvisi a titolo permanente. Tale disposizione precisa poi che non si considera una residenza stabile il soggiorno effettuato unicamente a fini di formazione.

8.        L’articolo 5, paragrafo 2, punto 3, della medesima disposizione stabilisce che agli studenti che hanno la propria residenza stabile in Germania viene garantito un sussidio di studio per frequentare un istituto d’insegnamento o di formazione situato in uno Stato membro dell’Unione europea o in Svizzera, per cominciare o proseguire gli studi o la formazione in tale paese.

9.        Ai sensi dell’articolo 6, intitolato «Sostegno per i cittadini tedeschi all’estero», i cittadini tedeschi che abbiano la residenza stabile fuori dalla Germania possono beneficiare di un sussidio per gli studi o per la formazione qualora risiedano in uno Stato confinante, se tale concessione si giustifica in base alle particolari circostanze del caso specifico.

10.      L’articolo 8, paragrafo 1, precisa che i cittadini tedeschi ed altri cittadini UE che godono di un diritto di soggiorno permanente possono far domanda per ottenere un sussidio.

11.      L’articolo 16 stabilisce i tempi durante i quali può essere concesso il sussidio di studio o di formazione. L’articolo 16, paragrafo 3, contiene la regola dei tre anni ed è così formulato:

«(…) il sussidio di studio o di formazione è concesso (…) nei casi di cui all’articolo 5, paragrafo 2, punto 3, per un periodo superiore ad un anno soltanto se, all’inizio del soggiorno all’estero cominciato dopo il 31 dicembre 2007, lo studente ha risieduto stabilmente in Germania almeno negli ultimi tre anni».

12.      Nella motivazione della proposta di legge che ha introdotto la regola dei tre anni, elaborata dal governo federale, si leggeva che tale regola mirava ad evitare che fossero concessi sussidi per l’intera durata dei corsi di studio o di formazione seguiti all’estero a studenti che non avevano praticamente mai soggiornato in Germania. È un principio tedesco di politica dell’istruzione quello in base al quale per poter ricevere un sussidio di studio o di formazione occorre, di regola, il compimento degli studi o della formazione in Germania, o almeno l’esistenza di un particolare collegamento con questo paese. Nella motivazione si indica che anche altri Stati membri impongono un obbligo di residenza quale requisito supplementare per ottenere all’estero un sussidio di studio a lungo termine. Tale requisito concretizza il legittimo interesse dello Stato che concede prestazioni sociali a limitare le prestazioni finanziarie che attingono al bilancio pubblico, ad una cerchia di persone che siano in grado di dimostrare di avere un legame abbastanza stretto con tale Stato.

 Fatti, procedimento e questione pregiudiziale

 Prinz

13.      Laurence Prinz è nata a Colonia nel 1991 ed è cittadina tedesca. Ha vissuto per circa dieci anni con la famiglia in Tunisia, dove suo padre lavorava per un’impresa tedesca. Dal gennaio 2007 vive con la famiglia in Germania.

14.      Dal febbraio 2007 la sig.ra Prinz ha frequentato una scuola in Germania e vi ha terminato gli studi secondari nel giugno 2009. Il 1º settembre 2009 la ricorrente ha iniziato un corso di studi in scienze di gestione aziendale presso l’Università Erasmus, nei Paesi Bassi.

15.      Prima di iniziare gli studi nei Paesi Bassi, il 18 agosto 2009 la ricorrente ha presentato alle autorità tedesche competenti una domanda per ottenere un sussidio di studio. Con decisione del 30 aprile 2010 le è stato concesso un sussidio per l’anno accademico 2009/2010.

16.      La sig.ra Prinz ha presentato una domanda di sussidio integrativa per il successivo anno accademico. La sua domanda è stata respinta con decisione del 4 maggio 2010 per il motivo che la ricorrente aveva mantenuto stabilmente la propria residenza in Germania solo a partire dal gennaio 2007 e quindi non soddisfaceva il requisito della residenza triennale.

17.      Avverso tale decisione, la sig.ra Prinz ha proposto un ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht Hannover (tribunale amministrativo di Hannover). La ricorrente ha sostenuto, in primo luogo, di essere stata residente in Germania, complessivamente, per tre anni e quattro mesi, ossia dal settembre 1993 all’aprile 1994 (6) e dal gennaio 2007 all’agosto 2009. In secondo luogo, essa ha dedotto che un requisito di residenza come quello imposto dalla regola dei tre anni è contrario al diritto alla libera circolazione sancito dall’articolo 21 TFUE.

18.      La terza sezione del Verwaltungsgericht ha sospeso il procedimento e ha sollevato la seguente questione pregiudiziale:

«Se sussista una limitazione al diritto alla libertà di circolazione e di soggiorno per i cittadini dell’[UE] conferito dagli articoli 20 e 21 TFUE, non giustificata dal diritto dell’[UE], qualora, in base alla [legge sul sussidio per gli studenti] ad una cittadina tedesca, che ha la propria residenza stabile nel territorio tedesco e frequenta un istituto d’insegnamento in uno Stato membro dell’Unione europea, sia concesso un sussidio di studio per frequentare tale istituto d’insegnamento straniero solamente per un anno, poiché all’inizio del soggiorno all’estero la cittadina non aveva la propria residenza stabile in Germania da almeno tre anni».

19.      Hanno presentato osservazioni scritte i governi austriaco, danese, finlandese, tedesco, ellenico, dei Paesi Bassi e svedese, nonché la Commissione. All’udienza del 29 novembre 2012 hanno svolto osservazioni orali le stesse parti, con l’eccezione dei Paesi Bassi.

 Seeberger

20.      Philipp Seeberger, cittadino tedesco, è nato in Germania nel 1983 e, fino al 1994, ha vissuto in tale paese con i genitori, anch’essi cittadini tedeschi. Dal 1989 al 1994 ha frequentato la scuola primaria e secondaria in Germania.

21.      Tra il 1994 ed il dicembre 2005 il sig. Seeberger ha vissuto con i suoi genitori in Spagna, dove suo padre svolgeva attività di consulente aziendale indipendente. Il giudice del rinvio dichiara che, essendosi trasferito per quel motivo, il padre del sig. Seeberger ha esercitato i diritti riconosciutigli dagli attuali articoli 45 e 49 TFUE. Il sig. Seeberger ha completato gli studi secondari in Spagna, lasciando la scuola superiore nel 2000 dopo aver superato l’esame di maturità. Nell’aprile 2005 ha ottenuto la qualifica di agente immobiliare dopo aver frequentato un corso di formazione professionale dal 2004 al 2005, sempre in Spagna. Nel gennaio 2006, i genitori del sig. Seeberger hanno fatto ritorno in Germania. Sebbene il sig. Seeberger affermi di avere a sua volta risieduto stabilmente in Germania dal gennaio 2006, il sig. Seeberger non è stato iscritto all’anagrafe di Monaco fino all’ottobre 2009. Da una dichiarazione di un suo ex datore di lavoro emergerebbe che egli aveva effettuato un tirocinio come progettista web a Colonia, tra il 2 aprile 2007 ed il 27 giugno dello stesso anno.

22.      Nell’aprile 2009 il sig. Seeberger ha superato l’esame esterno per l’ammissione ad un corso di studi presso l’Università delle Baleari a Palma di Maiorca. Nel settembre 2009 egli ha iniziato un corso di economia presso detta Università e ha presentato in Germania domanda di sussidio per tale corso di studi.

23.      L’autorità tedesca competente ha respinto tale domanda sostenendo che non esistevano prove sufficienti a dimostrare che il sig. Seeberger avesse effettivamente avuto la residenza stabile in Germania nei tre anni immediatamente precedenti l’inizio del corso di studi.

24.      Il sig. Seeberger ha proposto reclamo avverso tale decisione, sostenendo che la regola dei tre anni violava il suo diritto alla libera circolazione quale cittadino dell’Unione. In seguito al rigetto di tale reclamo, il sig. Seeberger ha proposto ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht Karlsruhe (tribunale amministrativo di Karlsruhe). Nel ricorso, egli ha fatto valere una restrizione della sua libertà di circolazione, in quanto la regola dei tre anni lo costringeva a lasciare la residenza in un altro Stato membro per ristabilirsi permanentemente in Germania con largo anticipo, al fine di poter beneficiare di un sussidio per il compimento di studi all’estero.

25.      La quinta sezione del Verwaltungsgericht Karlsruhe ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il diritto [dell’UE] osti ad una normativa nazionale che nega la concessione di sussidi alla formazione per il compimento di studi in un altro Stato membro per il solo motivo che lo studente, che si è avvalso del diritto alla libera circolazione, non possiede, alla data di inizio degli studi, la residenza stabile da almeno tre anni nel proprio Stato membro di origine».

26.      Sono state presentate osservazioni scritte dal sig. Seeberger, dai governi austriaco, danese, finlandese, tedesco, dei Paesi Bassi e svedese, nonché dalla Commissione. All’udienza del 29 novembre 2012 sono state svolte osservazioni orali dalle stesse parti, con l’eccezione del governo dei Paesi Bassi. Anche il governo ellenico era presente all’udienza e ha svolto osservazioni orali.

 Valutazione

 Osservazioni preliminari

27.      In entrambi i casi, si chiede alla Corte di stabilire se gli articoli 20 e 21 TFUE precludano ad uno Stato membro di subordinare la concessione di sussidi per il compimento di studi all’estero ad un requisito di residenza come la regola dei tre anni.

28.      A differenza del giudice del rinvio nella causa Prinz, quello investito della causa Seeberger ha formulato la sua questione senza specificare se lo studente interessato sia un cittadino dello Stato membro che concede il sussidio. Tuttavia, dal resto dell’ordinanza di rinvio in tale causa si evince chiaramente che si chiedono delucidazioni con riferimento alla posizione di un cittadino tedesco.

29.      Prima di esercitare la loro libertà di compiere studi in un paese qualsiasi dell’Unione europea, la sig.ra Prinz ed il sig. Seeberger hanno entrambi lasciato la Germania per ragioni diverse. La sig.ra Prinz si è trasferita in un paese esterno all’Unione europea quando il padre ha accettato un impiego in Tunisia. Il sig. Seeberger si è trasferito in Spagna quando il padre ha esercitato il proprio diritto alla libertà di stabilimento per intraprendere un’attività autonoma in tale paese.

30.      Diversamente dalla sig.ra Prinz, sembra che il sig. Seeberger abbia esercitato in precedenza il proprio diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto UE. Tale circostanza non incide sull’analisi delle questioni deferite alla Corte poiché entrambi i ricorrenti, in quanto cittadini dell’Unione, possono avvalersi nei confronti del loro Stato membro dei diritti afferenti a tale status (7), come la libertà di spostarsi per studiare in un altro paese dell’UE. Ciononostante, la Commissione si domanda se la situazione del sig. Seeberger debba essere esaminata anche alla luce delle disposizioni sul diritto di stabilimento. Devo analizzare tale punto come una questione afferente al diritto applicabile (8).

31.      Già in numerose occasioni la Corte ha esaminato se gli Stati membri possano subordinare la concessione di finanziamenti allo studio ad un requisito di residenza di natura generica come quello in questione nel presente procedimento. Tali cause sono apparse dinanzi alla Corte in modi diversi. Esse hanno coinvolto lavoratori migranti e i familiari a loro carico (9), ma anche studenti che non basavano la loro richiesta di finanziamento su un loro legame con un cittadino dell’UE che svolgeva un’attività economica redditizia (10). Tali cause hanno riguardato richieste di finanziamento rivolte allo Stato membro di origine (11), allo Stato membro di occupazione (12) o allo Stato membro in cui lo studente interessato sperava di poter studiare (13). Alcune cause sono anteriori all’entrata in vigore della direttiva 2004/38, mentre altre si riferiscono direttamente o indirettamente all’articolo 24, paragrafo 2, di quest’ultima. In molti di queste cause, si è sostenuto che la misura in questione era giustificata poiché, tra le varie ragioni esposte, evitava un onere finanziario irragionevole a carico del bilancio dello Stato membro della prestazione e/o consentiva di individuare coloro che presentavano un legame sufficientemente stretto con quello Stato membro e coloro che, terminati gli studi, sarebbero probabilmente rientrati nello Stato membro che erogava la prestazione.

32.      Sebbene la Corte abbia riconosciuto che gli Stati membri godono di un ampio potere discrezionale nel decidere se e come finanziare gli studi nonché nella scelta dei beneficiari del finanziamento, non è stata altrettanto chiara, secondo me, nell’indicare precisamente quali elementi debbano essere presi in considerazione al momento di esaminare se una particolare restrizione possa essere giustificata. È sufficiente che uno Stato membro invochi un obiettivo economico oppure deve anche provare che esiste il rischio di un onere finanziario irragionevole? Uno Stato membro può giustificare una restrizione come quella costituita dalla regola dei tre anni in base all’obiettivo di garantire la concessione del sussidio a studenti che mostrano di avere un determinato grado di integrazione, indipendentemente dalle preoccupazioni relative ai costi finanziari di tale sistema di prestazioni? È appropriato valutare la proporzionalità di una restrizione come quella costituita dal criterio dei tre anni in relazione all’obiettivo economico, verificando se tale criterio non sia più restrittivo del necessario per stabilire il livello di integrazione richiesto?

33.      Questi e probabilmente altri dubbi possono spiegare come mai gli Stati membri continuano ad utilizzare il requisito della residenza come l’unica misura in grado di raggiungere obiettivi che sono indubbiamente complessi, e come mai sei Stati membri sono intervenuti nel presente procedimento a sostegno della Germania e, ancora, perché viene spesso chiesto alla Corte di stabilire se alcune varianti del requisito della residenza siano conformi al diritto dell’Unione.

 Diritto applicabile

34.      I giudici del rinvio hanno chiesto alla Corte di interpretare soltanto le disposizioni del Trattato sulla cittadinanza dell’Unione.

35.      Detti giudici hanno fatto bene a non chiedere alla Corte di esaminare l’articolo 24 della direttiva 2004/38. Siffatta disposizione si applica quando uno Stato ospitante deve garantire ai cittadini UE che risiedono nel suo territorio sulla base della direttiva lo stesso trattamento conferito ai suoi cittadini, anche in relazione agli aiuti di mantenimento agli studi. Infatti, nulla indica che la sig.ra Prinz ed il sig. Seeberger abbiano presentato domanda per ottenere un finanziamento, rispettivamente, nei Paesi Bassi ed in Spagna. Invece, hanno presentato domanda per ottenere un finanziamento nel loro Stato membro di origine.

36.      Che dire, poi, del suggerimento della Commissione secondo cui la posizione del sig. Seeberger dovrebbe essere esaminata con riferimento alle disposizioni relative alla libertà di stabilimento?

37.      La regola dei tre anni non era applicabile quando il sig. Seeberger e la sua famiglia hanno esercitato il loro diritto di trasferirsi in Spagna e, pertanto, non può avere influito sul loro trasferimento iniziale.

38.      Tuttavia, poiché adesso la regola è in vigore, essa può potenzialmente avere un «effetto dissuasivo» su qualsiasi cittadino UE che abbia l’idea di esercitare i diritti di libera circolazione all’interno dell’UE quale lavoratore subordinato, lavoratore autonomo o semplicemente come cittadino. Tale regola pone in posizione di svantaggio anche le persone che hanno esercitato tali diritti e non rientrano in Germania con sufficiente anticipo per soddisfare la regola dei tre anni.

39.      Al giudice del rinvio è stato chiesto di esaminare la legittimità della decisione che ha negato al sig. Seeberger la concessione del sussidio in parola. Il giudice nazionale non precisa se il sig. Seeberger sia tuttora a carico di (entrambi) i suoi genitori o, in caso contrario, quando abbia smesso di esserlo. Pertanto la Corte di giustizia non dispone di elementi sufficienti per capire se il giudice a quo debba esaminare la causa dinanzi ad esso pendente partendo dalla base che il sig. Seeberger ha esercitato i propri diritti di libera circolazione in concomitanza i) dell’esercizio del diritto alla libertà di stabilimento da parte di suo padre, e ii) della successiva decisione del padre di far rientro nello Stato membro di origine.

40.      Aggiungo che nell’ordinanza di rinvio non vi è alcun cenno al fatto che la sig.ra Prinz o il sig. Seeberger facciano leva sul loro status di cittadini UE economicamente attivi o su stretti legami familiari, per esempio, con un lavoratore migrante in Germania. Pertanto, al pari dei giudici del rinvio, devo impostare la mia analisi esclusivamente sugli articoli 20 e 21 TFUE.

 Definizione di residenza

41.      Stabilire dove una persona risiede fisicamente è una questione di fatto. Tuttavia, il luogo in cui una persona effettivamente vive o è iscritta come residente non necessariamente coincide con il luogo che l’ordinamento giuridico di uno Stato membro definisce come residenza stabile o domicilio di una persona.

42.      La regola dei tre anni è definita con riferimento ad un soggiorno stabile e ininterrotto in Germania. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della legge sui sussidi per gli studenti, la residenza stabile è definita come «il luogo in cui si trova, non solo temporaneamente, il centro degli interessi di una determinata persona, a prescindere dalla volontà di stabilirvisi a titolo permanente».

43.      Eppure, almeno nel caso del sig. Seeberger, sembrerebbe che la decisione con cui è stato negato a quest’ultimo il sussidio di studio si sia basata su una diversa nozione di residenza. Il sig. Seeberger sostiene di aver avuto la residenza in Germania fin dal gennaio 2006, ma risulta iscritto come residente a Monaco solo a partire dal 26 ottobre 2009.

44.      All’udienza, il governo tedesco ha confermato che le autorità competenti usano talvolta la data di iscrizione come un elemento indicativo al fine di stabilire se sia soddisfatta la regola dei tre anni. Se il sussidio viene rifiutato perché il periodo intercorso tra la data di iscrizione e l’inizio degli studi all’estero è minore di tre anni, il richiedente può contestare tale decisione e provare dinanzi ai giudici tedeschi di aver risieduto in Germania prima di iscriversi. Il governo tedesco sottolinea che tutti i fatti e le circostanze devono essere presi in considerazione al momento di valutare se il richiedente possieda la residenza in Germania ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della legge sul sussidio per gli studenti.

 Restrizione del diritto alla libera circolazione dei cittadini UE

45.      Il diritto dell’UE non obbliga gli Stati membri a concedere finanziamenti per gli studi compiuti nel territorio nazionale o altrove. Tuttavia, se è pur vero che gli Stati membri sono competenti in quest’area, è altrettanto vero che tale competenza deve essere esercitata nel rispetto del diritto comunitario (14).

46.      I giudici remittenti nelle cause Prinz e Seeberger ritengono che la regola dei tre anni possa avere l’effetto di limitare i diritti dei cittadini UE alla libera circolazione, garantiti dagli articoli 20 e 21 TFUE. Per motivi simili a quelli esposti dalla Corte nella sentenza Morgan e Bucher (15), detti giudici considerano che la regola dei tre anni possa dissuadere un cittadino UE dall’idea di spostarsi in un altro Stato membro per iniziare un corso di studi o di formazione in tale paese, o che, qualora tale corso di studi o di formazione sia già iniziato, possa indurre lo studente interessato ad interrompere gli studi e far ritorno in Germania.

47.      Concordo sul fatto che la regola dei tre anni costituisce una restrizione.

48.      Una misura che subordina il beneficio di un vantaggio sociale alla residenza nello Stato membro erogante è idonea ad ostacolare la libertà di circolazione. Essa penalizza qualsiasi cittadino UE che abbia già esercitato i propri diritti alla libera circolazione (ossia, un qualsiasi cittadino che abbia o abbia avuto la residenza in un altro Stato membro dell’UE) prima di richiedere la prestazione in parola. Per sua stessa natura, un requisito di residenza come quello di cui trattasi è idoneo a dissuadere un cittadino UE dall’esercizio del suo diritto di spostarsi in un altro Stato membro (16) e compiervi gli studi secondari prima di chiedere un finanziamento per l’istruzione superiore (il cosiddetto «chilling effect» o effetto dissuasivo).

49.      Nelle presenti cause il sig. Seeberger si trova in una situazione svantaggiata, quando intende seguire gli studi fuori dalla Germania, per il solo motivo che, prima di iniziare tali studi, aveva esercitato il proprio diritto alla libera circolazione insieme ai suoi genitori e non si considera che sia rientrato in Germania con sufficiente anticipo prima di iniziare gli studi. Anche la sig.ra Prinz è soggetta ad una pressione finanziaria che la induce a studiare in Germania piuttosto che a seguire il suo corso preferito nei Paesi Bassi, perché non può ottenere il sussidio di studio nei Paesi Bassi dopo il primo anno accademico.

50.      Sono pertanto d’accordo nel ritenere che la regola dei tre anni costituisca una restrizione dei diritti dei cittadini dell’UE alla libera circolazione conferiti dagli articoli 20 e 21 TFUE.

51.      Siffatta restrizione può essere giustificata solamente qualora sia basata su considerazioni oggettive di interesse generale, adeguata all’obiettivo perseguito e proporzionata, vale a dire se non è più restrittiva di quanto risulti necessario per realizzare l’obiettivo perseguito.

52.      Il governo tedesco identifica due obiettivi in base ai quali la regola dei tre anni può essere giustificata. Esaminiamoli una alla volta.

 La giustificazione basata sull’obiettivo economico

 Legittimità dell’obiettivo

53.      Il governo tedesco si fonda sulle sentenza della Corte nelle cause Bidar e Morgan e Bucher per giustificare la regola dei tre anni. Tale approccio è coerente con la motivazione della proposta di legge che ha approvato tale regola (17).

54.      Nella sentenza Bidar, con riferimento ai cittadini UE economicamente inattivi, la Corte ha dichiarato che «(…) è ammissibile che ciascuno Stato membro vigili affinché la concessione di aiuti a copertura delle spese di mantenimento di studenti provenienti da altri Stati membri non diventi un onere irragionevole che potrebbe produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto che può essere concesso da tale Stato» (18). Di conseguenza, era legittimo concedere un finanziamento «solo agli studenti che [avessero] dato prova di un certo grado di integrazione nella società di tale Stato» (19). Nella sentenza Morgan e Bucher, la Corte aveva applicato lo stesso ragionamento relativamente alla concessione di sussidi da parte di uno Stato membro ai propri cittadini che volessero studiare in un altro Stato membro (20), prima di concludere nel senso che il requisito della prima fase di studi, di cui si discuteva in tale causa, era troppo generico ed esclusivo per poter superare l’esame di proporzionalità (21).

55.      La Corte ha quindi riconosciuto che l’obiettivo di evitare un onere finanziario irragionevole che potrebbe produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto erogabile può, in linea di principio, giustificare una restrizione alla libertà di circolazione come la regola dei tre anni.

56.      Ci si chiede però se sia sufficiente che uno Stato membro asserisca, senza aggiungere nient’altro, che tale obiettivo economico esiste.

57.      Ritengo di no.

58.      Nella sentenza Morgan e Bucher la Corte ha statuito che, in linea di principio, considerazioni analoghe a quelle addotte nella causa Bidar possono applicarsi ai sussidi per gli studenti che intendono compiere studi all’estero «se esiste un rischio di un siffatto onere irragionevole» (22). La Commissione osserva che, nel caso presente, la Germania non ha dimostrato l’esistenza di un rischio che sta tentando di evitare o di limitare.

59.      Spetta chiaramente a ciascuno Stato membro decidere quale parte del bilancio pubblico vuole accantonare per il finanziamento degli studi da compiere nel suo territorio o all’estero e altresì valutare fino a che punto consideri ragionevole l’onere finanziario globale (23). Alcuni Stati membri possono decidere di mettere a disposizione soltanto un importo modesto. Altri potrebbero scegliere di destinare a tale obiettivo una parte del loro bilancio considerevolmente maggiore. Se è vero che non è compito della Corte sindacare la decisione di uno Stato membro sul livello di detto onere finanziario considerato «ragionevole», la Corte può comunque fornire orientamenti ai giudici nazionali per stabilire se, data tale decisione, la copertura dei costi di mantenimento (ed altri costi eventuali) degli studenti provenienti da altri Stati membri possa creare il rischio di un onere irragionevole.

60.      Qualsiasi condizione che accompagni il beneficio di un vantaggio sociale è suscettibile di limitare il numero di persone che possono validamente candidarsi per ottenere tale vantaggio e quindi di ridurre i costi di bilancio complessivi connessi all’offerta di quest’ultimo. Tale fatto non può di per sé giustificare una restrizione dei diritti alla libera circolazione garantiti dagli articoli 20 e 21 TFUE. Ritengo piuttosto che uno Stato membro debba valutare i rischi reali e potenziali connessi alla decisione di mettere a disposizione particolari tipi di finanziamento. Sulla base di tale valutazione, lo Stato interessato può successivamente stabilire il livello di onere finanziario che consideri irragionevole e definire le misure volte ad evitare o a limitare il rischio che tale onere si produca.

61.      Nelle presenti cause, il governo tedesco si basa su dati statistici forniti dall’istituto federale di statistica («Statistisches Bundesamt»); tali dati dimostrano che nel 2008 circa un milione di cittadini tedeschi viveva in un altro Stato membro, di cui mezzo milione abitava negli Stati membri confinanti. Il governo tedesco sostiene che, se venisse abolito il requisito di residenza, tale gruppo di cittadini, unitamente ad un altro gruppo di non cittadini, diventerebbe ammissibile al finanziamento per l’intera durata degli studi compiuti fuori dalla Germania.

62.      Anche se non vedo alcuna ragione per dubitare dell’esattezza di tali dati, tuttavia mi pare che essi oggettivamente non dicano nulla circa l’esistenza di un rischio reale o potenziale di un onere finanziario irragionevole. È legittimo dubitare che tutti i cittadini tedeschi residenti in altri paesi dell’UE, dai neonati in fasce ai pensionati, desiderino compiere studi supplementari (e, in particolare, fuori dalla Germania). E non è detto neppure che quelli che vogliono studiare facciano domanda alle autorità tedesche per ottenere finanziamenti.

63.      All’udienza, il governo tedesco ha confermato di non avere informazioni ulteriori o più dettagliate da sottoporre alla Corte.

64.      Secondo il mio parere, è necessaria una valutazione più attendibile della probabilità che si crei il rischio di «un onere irragionevole che potrebbe produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto che può essere concesso» (24), per poter affermare che una restrizione come la regola dei tre anni è giustificata in base all’obiettivo economico. Nell’ambito di tale valutazione si dovrebbe altresì tenere conto dell’adeguatezza di una restrizione come mezzo per evitare o limitare il rischio che tale onere si produca.

65.      Poiché l’obiettivo legittimo riconosciuto nelle sentenze Bidar e Morgan e Bucher consiste nell’evitare un onere finanziario irragionevole che potrebbe produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto che viene concesso, l’adeguatezza e la proporzionalità della restrizione in parola devono essere valutate in relazione a siffatto obiettivo.

66.      Tuttavia, se, da un lato, nelle presenti cause la Germania invoca giustamente l’obiettivo economico, dall’altro, tale paese aggiunge che la restrizione controversa è proporzionata rispetto alla necessità di concedere il sussidio di studio unicamente agli studenti che mostrano di possedere un determinato livello di integrazione nella sua società.

67.      Tale posizione suggerisce che detto Stato membro interpreta la giurisprudenza della Corte nel senso che una restrizione come la regola dei tre anni possa essere giustificata in base all’esigenza della prova di un determinato livello di integrazione (l’«obiettivo dell’integrazione»), indipendentemente dalle preoccupazioni relative ai costi finanziari del regime di cui trattasi (l’obiettivo economico).

68.      È vero che la Corte ha ammesso che l’obiettivo economico può essere conseguito concedendo i finanziamenti unicamente agli studenti che dimostrino di possedere un determinato livello di integrazione nello Stato membro che concede l’aiuto – che si tratti dello Stato membro ospitante oppure dello Stato membro di origine. Quando il sussidio viene richiesto nello Stato membro ospitante, la solidarietà economica deve essere mostrata nei confronti degli studenti che sono cittadini di altri Stati membri soltanto dopo un periodo iniziale di soggiorno (25).

69.      Nelle mie conclusioni relative alla causa Commissione/Paesi Bassi ho descritto quella che, secondo la mia interpretazione, è stata la decisione della Corte nella causa Bidar. Secondo la mia lettura di tale sentenza, la Corte non ha ammesso un obiettivo di integrazione autonomo. La prova del livello di integrazione era stata considerata piuttosto come un mezzo per limitare i potenziali beneficiari e quindi evitare un irragionevole onere finanziario (26). Un requisito della residenza risponde a tale obiettivo. Nella causa Commissione/Paesi Bassi la Corte non ha statuito su questo punto. Essa ha ritenuto che l’obiettivo economico non potesse giustificare una disparità di trattamento nei confronti dei lavoratori migranti, ma, nell’ambito della stessa analisi, ha riconosciuto il diritto degli Stati membri di esigere dai cittadini di altri Stati membri la prova di un determinato livello di integrazione nelle loro società, al fine di poter beneficiare di vantaggi sociali (27).

70.       Allo stato attuale del diritto dell’UE, sarebbe illogico chiedere ad uno Stato membro di accollarsi la responsabilità economica per uno studente che non ha un collegamento con il suo territorio. La tesi opposta presupporrebbe un accordo tra gli Stati membri sulla piena solidarietà economica nel concedere finanziamenti agli studenti, nonché la «completa» mobilità di tale vantaggio sociale, il che non è chiaramente il caso. Gli Stati membri sono quindi legittimati a rifiutare il finanziamento a studenti con i quali non abbiano un collegamento significativo, al fine di evitare un onere finanziario irragionevole che potrebbe produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto che può essere concesso. Detto in altri termini, gli Stati membri possono limitare la cerchia dei beneficiari al fine di conseguire l’obiettivo economico; e a tale proposito è ammissibile l’utilizzo di un criterio che richiede la prova di un determinato livello di integrazione.

71.      Nelle mie conclusioni relative alla causa Commissione/Paesi Bassi, ho lasciato aperta la possibilità di interpretare la giurisprudenza della Corte in modo diverso, nel senso di ammettere che gli Stati membri possano imporre un certo grado di collegamento indipendentemente dai timori relativi al costo economico della concessione di un sussidio di studio (28). In base a tale approccio, l’obiettivo dell’integrazione (adeguatamente definito) risulterebbe di per sé sufficiente per giustificare una restrizione dei diritti alla libertà di circolazione. Stabilire poi se un requisito di residenza come la regola dei tre anni risulti proporzionato implicherebbe a sua volta stabilire se tale criterio sia più restrittivo del necessario per l’individuazione dei richiedenti che presentino il livello di collegamento richiesto (29).

72.      Secondo me, sarebbe utile per i giudici del rinvio nelle presenti cause se la Corte chiarisse la sua posizione circa il rapporto tra l’obiettivo economico e l’obiettivo dell’integrazione: ossia, se l’obiettivo dell’integrazione sia un legittimo obiettivo autonomo, idoneo a giustificare una restrizione dei diritti alla libera circolazione (30), anche nel caso in cui la restrizione sia applicata da uno Stato membro nei confronti dei propri cittadini; o se, invece, i suddetti due obiettivi rappresentino interessi che sono interconnessi e debbano quindi essere considerati parti di un singolo obiettivo, o, infine, se il criterio del livello di integrazione significhi semplicemente conseguire l’obiettivo economico.

73.      Nelle rimanenti parti della mia analisi esamino l’adeguatezza e la proporzionalità di una misura come la regola dei tre anni in relazione a ciascuno dei detti obiettivi.

 Adeguatezza della restrizione

–       Obiettivo economico

74.      È chiaro che ogni misura che limita la cerchia dei beneficiari riduce i costi di un determinato sistema rispetto a quelli di un sistema che eroghi aiuti a tutti i cittadini UE senza distinzioni. Indubbiamente la regola dei tre anni limita in tal modo la cerchia dei potenziali beneficiari del sussidio in questione.

75.      Tuttavia, il giudice nazionale deve anche stabilire se la regola dei tre anni sia ragionevolmente connessa con l’obiettivo di evitare un onere irragionevole che potrebbe produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto che può essere erogato. Ciò presuppone che l’applicazione del criterio dei tre anni riesca a ridurre il rischio dell’onere finanziario entro limiti ragionevoli.

–       Obiettivo dell’integrazione

76.      Il paese di residenza di una persona normalmente rivela il luogo di integrazione sociale di quest’ultima. Pertanto un requisito basato sulla residenza appare prima facie un mezzo adeguato al conseguimento dell’obiettivo dell’integrazione.

 Proporzionalità della restrizione

77.      Il dubbio se una restrizione come il requisito della residenza contenuto nella regola dei tre anni possa essere giustificata in base all’obiettivo economico o all’obiettivo dell’integrazione sembra approdare ad una falsa logica quando arriva il momento di valutare la proporzionalità di tale restrizione. Gli Stati membri sembrano invocare l’obiettivo economico per giustificare una restrizione, ma poi sostengono che detta misura è proporzionata in rapporto all’obiettivo dell’integrazione.

78.       Perciò, nelle presenti cause, il governo tedesco afferma sostanzialmente che la regola dei tre anni identifica i richiedenti che presentano un collegamento con la società tedesca abbastanza stretto da poter ottenere un sussidio finanziato attraverso il bilancio pubblico. Detto governo sostiene che è importante verificare l’esistenza di tale collegamento tra i suoi cittadini perché il tipo di solidarietà alla base dell’erogazione di sussidi di studio finanziati con il bilancio pubblico è una solidarietà che esiste tra gli abitanti di uno Stato membro e non necessariamente tra i suoi cittadini (31). Come argomento a sé stante, il governo tedesco sostiene che la regola dei tre anni opera in modo trasparente, garantisce la certezza del diritto e l’efficienza amministrativa.

79.      Passo ora ad esaminare la proporzionalità della regola dei tre anni in relazione sia all’obiettivo economico sia all’obiettivo dell’integrazione.

–       Obiettivo economico

80.      Una misura come la regola dei tre anni risulta proporzionata se impone una restrizione che non sia più rigida di quanto necessario a contenere l’onere finanziario entro limiti ragionevoli. Per compiere tale valutazione bisogna considerare se siano disponibili misure alternative meno restrittive. I motivi legati all’efficienza amministrativa, alla certezza del diritto ed alla trasparenza entrano nell’equazione al momento di comparare la misura attuale (o preferita) con le misure alternative.

81.      Il giudice nazionale non può compiere tale valutazione senza conoscere i) cosa s’intende per «onere irragionevole», e ii) la valutazione quantitativa dell’impatto della regola dei tre anni su tale onere.

82.      Supponiamo, per esempio, che uno Stato membro stabilisca di poter stanziare 800 milioni di euro per finanziare gli studi di istruzione superiore. Esso riesamina le nuove misure che propone di attuare e si accorge che, a meno che non imponga qualche criterio supplementare, esiste il rischio che la spesa superi 1 miliardo di euro. Considera tale rischio inaccettabile. Dopo aver esaminato la storia pregressa della residenza di un gruppo rappresentativo di studenti che beneficiano attualmente del sussidio (un campione sufficientemente ampio da essere statisticamente rilevante), perviene alla conclusione che, se imponesse il requisito che il richiedente deve avere avuto la residenza nel suo territorio per quattro anni, si escluderebbe un numero di possibili candidati abbastanza alto da limitare il rischio di produrre una grave eccedenza di bilancio. Il criterio unico integrativo viene scelto per conseguire l’obiettivo economico. Sempreché l’analisi costi‑benefici sia effettuata correttamente, trovo che siffatta misura non sia di per sé censurabile, anche se può ben comportare una restrizione dei diritti alla libera circolazione dei cittadini UE. Inoltre, quando si compara con le misure alternative, detto criterio deve risultare proporzionato. Sottolineo, tuttavia, che un’analisi di tal genere sarebbe puramente economica. Il requisito della residenza non potrebbe essere invocato come una misura che riflette «un determinato livello di integrazione».

–       Obiettivo dell’integrazione

83.      Il governo tedesco sostiene che il fatto di limitare la cerchia dei beneficiari, indipendentemente dalla loro nazionalità, a coloro che soddisfano la regola dei tre anni costituisce una misura proporzionata rispetto all’obiettivo di assicurare che solo gli studenti che provano di avere un certo grado di connessione con la società tedesca ottengano un sussidio finanziato a carico del bilancio pubblico. A sostegno della sua posizione, detto governo invoca in particolare le sentenze Bidar e Förster.

84.      Come ho rilevato nelle mie conclusioni relative alla causa Commissione/Paesi Bassi, nella sentenza Bidar la Corte non ha avuto bisogno di effettuare l’esame di proporzionalità (32), e nella sentenza Förster ha richiamato la direttiva 2004/38 per pervenire alla conclusione che la restrizione derivante dal requisito della residenza di cui si discuteva in tale causa era giustificata. Ciò facendo, la Corte si è basata sul fatto che tale direttiva stabilisce requisiti specifici rispetto al livello di integrazione degli stranieri nello Stato membro ospitante (33).

85.      La direttiva 2004/38/CE non è applicabile nel presente procedimento (34). Pertanto, non è il momento opportuno per tornare sulla sentenza Förster o per approfondire il rapporto tra l’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva ed il principio di proporzionalità. D’altra parte, ritengo che l’analisi contenuta nella sentenza Förster, riguardante un requisito di residenza quinquennale richiesto come prova dell’integrazione al fine di ottenere un sussidio di studio nello Stato ospitante, non sia di grande aiuto per risolvere i casi in esame.

86.      In assenza di armonizzazione, ritengo che si debba riconoscere agli Stati membri un certo grado di libertà nel definire il livello di integrazione da esigere da parte dei candidati al sussidio di studi o di formazione, e altresì per scegliere la misura principale e adeguata per dimostrare tale integrazione.

87.      Il legame tra un cittadino UE e la società di un particolare Stato membro è una questione complessa, considerata dalla prospettiva tanto del cittadino quanto dello Stato interessato. Tale legame può esistere per nascita (e quindi essere involontario) o acquisito. Detto legame è destinato ad evolversi nel tempo, con intensità variabile. La sua valutazione può essere soggettiva o oggettiva. Mi sembra ragionevole supporre che, in qualsiasi contesto, esso implichi l’appartenenza ad una determinata comunità.

88.      Tuttavia, se è vero che gli Stati membri devono godere di un certo grado di libertà nel definire tale comunità, non è tuttavia sufficiente, da parte loro, sostenere che il grado di collegamento sia sistematicamente dimostrato da un certo numero di anni di residenza. Tale argomento è circolare, perché suggerisce che, nel contesto delle cause a quibus, la regola dei tre anni risulterebbe proporzionata perché non è più restrittiva di quanto necessario per provare un soggiorno ininterrotto di tre anni nel periodo immediatamente precedente l’inizio di un corso di studi all’estero.

89.      Se uno Stato membro sceglie di esigere la prova dell’integrazione attraverso una misura restrittiva del diritto alla libertà di circolazione, deve accettare che l’esercizio del suo potere discrezionale in quest’area sia assoggettato, inter alia, ai principi di proporzionalità e di non discriminazione. Così, nella sentenza Bidar, la Corte ha riconosciuto espressamente che il requisito secondo cui il richiedente un prestito sovvenzionato per studenti debba avere la residenza stabile nel Regno Unito ai sensi della legge nazionale e soddisfare un requisito di residenza triennale comportava una discriminazione indiretta nei confronti degli stranieri: tale disparità di trattamento poteva pertanto essere giustificata solo se era basata su considerazioni oggettive indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate e proporzionate allo scopo legittimamente perseguito dall’ordinamento nazionale (35).

90.      Sembra che la Corte abbia già respinto l’idea che, rispetto all’obiettivo dell’integrazione, l’utilizzo di un solo criterio possa risultare proporzionato.

91.      Per esempio, nella sentenza Morgan e Bucher, la Corte ha concluso nel senso che il requisito della prima fase (36) non era proporzionato perché «il grado di integrazione nella società che uno Stato membro potrebbe legittimamente esigere deve, in ogni caso, essere considerato dimostrato dal fatto che le ricorrenti (…) sono cresciute in Germania e hanno ivi frequentato le scuole». Anche se il requisito della prima fase di studi veniva imposto per verificare il grado di integrazione, la Corte (al pari del giudice nazionale) ha considerato che il grado necessario di integrazione era dimostrato «in ogni caso» con riferimento alle ricorrenti (che erano cittadine tedesche), in base ad altri fattori, come per esempio il luogo in cui erano cresciute e in cui avevano frequentato le scuole (37).

92.      Più recentemente, nella sentenza Commissione/Austria, la Corte ha affermato in termini generali che «la prova richiesta per poter far valere l’esistenza di tale collegamento effettivo non deve avere carattere troppo preclusivo, privilegiando indebitamente un elemento non necessariamente rappresentativo del grado reale ed effettivo di collegamento tra il richiedente (…) e lo Stato membro (…), restando escluso qualsiasi altro elemento rappresentativo» (38). Il reale collegamento richiesto «dovrebbe essere stabilito in funzione degli elementi costitutivi della prestazione de qua, in particolare la sua natura e le sue finalità» (39).

93.      Tali considerazioni mi portano a concludere che la regola dei tre anni qui in discussione è più restrittiva del necessario.

94.      All’udienza, la Commissione ha citato l’esempio di due cittadini tedeschi: il primo, che ha vissuto 17 anni fuori dalla Germania, fa ritorno in tale paese per tre anni prima di iniziare gli studi all’estero; il secondo, che ha vissuto in Germania per dodici anni, lascia tale paese tre anni prima di iniziare gli studi altrove nell’Unione europea. In base alla regola dei tre anni, il primo può ottenere il sussidio, mentre il secondo no. Ma quale dei due è più integrato nella società tedesca?

95.      Detto esempio dimostra che la regola dei tre anni è troppo rigida, e rischia di escludere dal finanziamento studenti che, sebbene non abbiano avuto la residenza ininterrotta in Germania negli ultimi tre anni prima di studiare all’estero, presentano nondimeno un collegamento abbastanza forte con la società tedesca, dovuto alla cittadinanza o alla residenza, all’istruzione scolastica o all’occupazione in tale paese, ovvero alle conoscenze linguistiche, ai familiari o ad altri legami sociali o economici, oppure ad altri elementi idonei a provare siffatto collegamento.

96.      In base alla legge sui sussidi per gli studenti, è assolutamente irrilevante la circostanza che, per esempio, uno studente tedesco che desidera studiare in Francia in passato abbia vissuto e studiato in Germania, o che la sua famiglia abiti in una zona confinante e/o i suoi genitori lavorino in Germania. Per contro, se tale studente fosse, per esempio, cittadino bulgaro e si fosse trasferito in Germania soltanto tre anni prima di iniziare gli studi in Polonia o nel suo Stato membro di origine, egli avrebbe diritto a ricevere un sussidio finanziato con il bilancio pubblico tedesco, senza che occorra prendere in considerazione altri fattori per decidere se egli appartenga al gruppo selezionato dei beneficiari «integrati».

97.      La questione da risolvere non è ovviamente se gli studenti bulgari o tedeschi abbiano il diritto di ricevere un sussidio dal governo tedesco. Ciò che importa è il rapporto tra la regola dei tre anni, l’obiettivo da essa perseguito e il criterio in base al quale viene deciso (nel nostro esempio) che lo studente bulgaro riceverà il sussidio mentre lo studente tedesco non lo riceverà.

98.      In base alla regola dei tre anni è irrilevante che il richiedente sia o meno un cittadino tedesco. Tuttavia, come la Corte ha rilevato nella sentenza Rottman, la cittadinanza è un «particolare rapporto di solidarietà e di lealtà» che, unitamente «alla reciprocità dei diritti e dei doveri (…), sta (..) alla base del vincolo di cittadinanza» (40). Trovo difficile pensare che si tratti di un collegamento che può essere completamente ignorato al momento di valutare la proporzionalità di una misura adottata da uno Stato membro per conseguire l’obiettivo dell’integrazione.

99.      Sono pertanto del parere che una misura come la regola dei tre anni sia troppo rigida e non consenta alle autorità nazionali di stabilire un reale ed effettivo grado di integrazione.

100. Si pone ora la questione se siano disponibili misure alternative meno restrittive.

101. Ritengo di sì.

102. Il giudice nazionale può ritenere possibile che la regola in questione venga concepita in un modo meno restrittivo senza perdere la capacità di identificare gli studenti che possiedono un sufficiente grado di integrazione in Germania. Eventuali regole alternative potrebbero essere meno restrittive, ma pur sempre efficaci. Un diverso approccio potrebbe prevedere una maggiore flessibilità. Voglio evidenziare che non sto raccomandando alcuna regola in particolare – questione di competenza degli Stati membri. Mi limito ad osservare che sarebbe possibile concepire regolamentazioni meno rigide e quindi più proporzionate.

103. Quando si comparano misure alternative, è ovviamente importante valutare se l’applicazione di una misura «[si fondi] su criteri chiari e conosciuti in anticipo e [se sia] prevista la possibilità di rimedi giurisdizionali» (41).

104. Su questo punto concordo con il governo tedesco nel ritenere che la regola dei tre anni sia trasparente, garantisca l’efficienza amministrativa ed offra certezza del diritto. Le informazioni rilevanti sono facilmente reperibili e la decisione è meccanica: sì o no. È probabile che i costi di tale sistema amministrativo siano relativamente ridotti, specialmente in rapporto alla dotazione finanziaria globale destinata al sussidio per gli studenti. Si tratta di aspetti importanti, da tenere in considerazione al momento di comparare la regola dei tre anni con altre misure possibili.

105. Tuttavia, la misura più trasparente ed efficiente non è necessariamente una misura proporzionata. Che lo sia o meno dipende da altri elementi, come la finalità e la struttura del sistema nel quale si inserisce, tenuto conto della coerenza complessiva del sistema e dell’obiettivo perseguito.

106. Una misura come la regola dei tre anni è probabilmente più trasparente ed efficiente rispetto ad una regola che imponga di esaminare le circostanze specifiche di ciascun caso. Quest’ultima regola sarebbe forse meno restrittiva e più inclusiva. Un terzo tipo di misure potrebbe considerare la residenza come la prova principale o abituale del grado di integrazione richiesto, senza precludere al richiedente o all’autorità competente la possibilità di fornire elementi che dimostrino l’esistenza (o l’assenza) di un collegamento reale ed effettivo. Tale misura sembrerebbe più trasparente ed efficiente di quella del secondo tipo che ho appena descritto, e meno restrittiva di una misura come la regola dei tre anni.

107. I vantaggi di una misura come la regola dei tre anni devono essere valutati anche in rapporto al contesto della regolamentazione complessiva in cui si inscrive. In proposito, il giudice nazionale potrebbe voler tenere presente che, nell’ambito di altre questioni – come valutare se uno studente abbia la residenza in Germania (42) o se esistano «circostanze particolari» che giustifichino la concessione di un sussidio ai sensi dell’articolo 6 della legge sul sussidio per gli studenti  (43) –, è possibile conciliare un’attenta valutazione delle circostanze specifiche di ciascun caso con la necessità di garantire la certezza del diritto, la trasparenza e l’efficienza amministrativa.

 Giustificazione basata sull’obiettivo sociale

108. Dalle osservazioni scritte del governo tedesco non si deduce chiaramente se tale Stato membro abbia addotto un ulteriore motivo di giustificazione per la regola dei tre anni, nel senso che intendeva concedere il sussidio unicamente agli studenti che, dopo aver terminato gli studi all’estero, diventino effettivamente membri della forza lavoro tedesca o vengano assorbiti in altro modo dall’economia o dalla società di tale paese.

109. Tuttavia, alcuni degli Stati membri che hanno presentato osservazioni hanno sostenuto che il successo della decisione di erogare finanziamenti per studiare all’estero dipende in parte dalla circostanza che gli studenti facciano ritorno nello Stato membro che ha erogato i finanziamenti dopo aver completato gli studi. Gli Stati membri spesso erogano tali finanziamenti in considerazione del presumibile impatto positivo sul loro mercato del lavoro, basandosi sulla previsione che uno studente finanziato in tal modo farà probabilmente ritorno in tale Stato membro e contribuirà alla società di quest’ultimo.

110. All’udienza, il governo tedesco ha confermato di ritenere che la regola dei tre anni sia giustificata anche in base all’obiettivo sociale.

 Legittimità dell’obiettivo

111. Tale obiettivo coincide parzialmente con l’obiettivo sociale invocato nella sentenza Commissione/Paesi Bassi per giustificare la regola dei tre anni su sei di cui si discuteva in tale procedimento (44). In tale causa, la Corte ha ammesso che la promozione della mobilità degli studenti costituiva un obiettivo di interesse generale idoneo a giustificare una restrizione (45). Essa ha altresì ammesso la duplice premessa secondo cui i) detto sistema mirava ad incoraggiare gli studenti residenti nei Paesi Bassi a studiare all’estero piuttosto che nel paese di origine, e ii) il Regno dei Paesi Bassi si attendeva che gli studenti beneficiari di tale sistema ritornassero nei Paesi Bassi dopo aver terminato gli studi, per risiedere e lavorare in tale paese (46).

112. Ritengo che questo stesso obiettivo sia idoneo a giustificare la regola dei tre anni.

 Adeguatezza della restrizione

113. Nella sentenza Commissione/Paesi Bassi la Corte ha ammesso che la regola dei tre anni su sei è adeguata ai fini del conseguimento dell’obiettivo sociale, perché, altrimenti, gli studenti di solito studiano nello Stato membro di residenza e gli studi compiuti all’estero arricchiscono non soltanto gli studenti, ma anche la società e il mercato del lavoro degli Stati membri (47).

114. Nelle mie conclusioni relative a tale causa ho sostento una tesi diversa, basandomi su una considerazione che non è stata discussa dalla sentenza della Corte. Non ero convinta che esistesse un rapporto evidente tra il luogo in cui gli studenti risiedevano prima di compiere gli studi all’estero ed il luogo in cui si sarebbero stabiliti ed avrebbero lavorato dopo aver completato gli studi (48).

115. Non ho cambiato opinione, e la regola dei tre anni aiuta a capirne il perché.

116. In primo luogo, tale regola esclude dal sussidio per gli studi all’estero tutti gli studenti che non possono dimostrare di aver avuto tre anni di residenza ininterrotta in Germania. Viene argomentato che una regola del genere è in grado di identificare coloro che faranno ritorno in Germania. Ma mi chiedo se la stessa logica non porti a sostenere ugualmente che, dopo aver studiato e soggiornato all’estero per tre anni o per un periodo più lungo, uno studente, una volta conseguito il diploma, rimarrà a lavorare e vivere nello Stato membro in cui ha studiato.

117. In secondo luogo, la scelta del paese in cui un diplomato, che abbia compiuto gli studi all’estero, svolgerà un’attività lavorativa sarà verosimilmente determinata almeno in parte da questioni pratiche, come il luogo in cui sono disponibili posti di lavoro, le conoscenze linguistiche dell’interessato e la situazione generale del mercato del lavoro nell’UE. Ovviamente egli può far ritorno nel precedente Stato membro di residenza, ma può ugualmente rimanere dove ha studiato o trasferirsi in un altro paese. Si può realmente supporre che il collegamento con lo Stato membro in cui detto studente ha soggiornato ininterrottamente negli ultimi tre anni prima di iniziare gli studi prevarrà automaticamente su ogni altra considerazione?

118. Per tali ragioni, ritengo che il nesso tra la regola dei tre anni e l’obiettivo sociale sia tutt’altro che evidente.

119. Per esigenze di completezza, devo nondimeno prendere brevemente in esame la proporzionalità della regola dei tre anni in relazione all’obiettivo sociale.

 Proporzionalità della restrizione

120. Su questo punto, le osservazioni scritte e orali del governo tedesco sono apparse assai meno elaborate rispetto a quelle esposte in relazione all’obiettivo economico e all’obiettivo dell’integrazione.

121. Se il governo tedesco ha sottolineato l’attrattiva della regola dei tre anni in termini di certezza del diritto, di trasparenza e di efficienza amministrativa nel contesto dell’obiettivo economico, esso non ha espressamente precisato se tali argomenti valgano anche in relazione all’obiettivo sociale. Assumendo che questa fosse la sua intenzione, per le ragioni già esposte nei precedenti paragrafi (49), ritengo che tali elementi siano insufficienti per dimostrare che la regola dei tre anni non risulta più restrittiva del necessario rispetto all’obiettivo sociale.

122. In circostanze analoghe, nella causa Commissione/Paesi Bassi, la Corte ha dichiarato che era compito dello Stato membro chiarire per quale motivo avesse optato per il requisito della residenza, escludendo ogni altro elemento rappresentativo. La Corte ha considerato tale requisito «eccessivamente esclusivo», poiché «privilegia un elemento che non è necessariamente l’unico rappresentativo del grado reale di collegamento tra l’interessato e [lo Stato membro che eroga il finanziamento]» (50).

123. Pervengo alla stessa conclusione rispetto alla regola dei tre anni. Nono sono convinta che la residenza pregressa in uno Stato membro possa essere utilizzata come unico criterio per prevedere la residenza futura, dopo che l’interessato, nel frattempo, abbia soggiornato in un altro Stato (51). Piuttosto, come ha dichiarato la Commissione nel suo Libro verde, «[g]li Europei che sperimentano la mobilità da giovani studenti hanno maggiori possibilità di essere mobili anche più tardi nella vita, sul mercato del lavoro» (52).

 Conclusione

124. Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale nel seguente modo:

«Gli articoli 20 e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che ad uno Stato membro è vietato subordinare la concessione di un sussidio di studio per frequentare un istituto d’insegnamento straniero, per l’intera durata degli studi, ad una condizione che richieda ad ogni cittadino UE, compresi i cittadini dello Stato membro interessato, di aver avuto la residenza nel territorio di quest’ultimo per un periodo ininterrotto di tre anni, immediatamente prima di iniziare detti studi all’estero».


1 – Lingua originale: l’inglese.


2–      Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e – rettifiche – GU 2004, L 229, pag. 35, e GU 2007, L 204, pag. 28).


3 –      Di norma, il diritto di soggiorno permanente si acquista dopo un soggiorno legale e continuativo di cinque anni; v. articolo 16 della direttiva 2004/38.


4 – Dalle osservazioni del governo tedesco emergerebbe che la versione presentata alla Corte è quella pubblicata il 7 dicembre 2007.


5–      Sentenza del 23 ottobre 2007 (C‑11/06 e C‑12/06, Racc. pag. I‑9161).


6 – Dall’ordinanza di rinvio non si capisce chiaramente quanto tempo dopo la nascita la sig.ra Prinz si è trasferita con i familiari in Tunisia né si chiarisce perché essa sia tornata in Germania dalla Tunisia per un breve periodo, nel settembre 1993, per poi, apparentemente, trasferirsi di nuovo nell’aprile 1994.


7 – Sentenza Morgan e Bucher, cit. supra alla nota 5 (punti 22 e 23 nonché giurisprudenza ivi citata).


8–      V. anche infra, paragrafi 36-39.


9–      V., ad esempio, sentenza del 14 giugno 2012, Commissione/Paesi Bassi (C‑542/09).


10–      V., ad esempio, sentenza del 15 marzo 2005, Bidar (C‑209/03, Racc. pag. I‑2119).


11 – V., ad esempio, sentenza Morgan e Bucher, cit. alla nota 5.


12 – V., ad esempio, sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit. supra alla nota 9.


13–      V., ad esempio, sentenza Bidar, cit. supra alla nota 10.


14 – Sentenza Morgan e Bucher, cit. supra alla nota 5 (punto 24 e giurisprudenza ivi citata).


15 – Ibidem (punti 25 e 26).


16 – V., per esempio, nel contesto di una pensione di invalidità, sentenza del 22 maggio 2008, Nerkowska (C‑499/06, Racc. pag. I‑3993, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


17–      V. precedente paragrafo 12.


18–      Sentenza Bidar, cit. supra alla nota 10 (punto 56).


19–      Ibidem (punto 57).


20–      V. sentenza Morgan e Bucher, cit. supra alla nota 5 (punti 43 e 44).


21–      Ibidem (punto 46).


22–      Sentenza Morgan e Bucher, cit. supra alla nota 5 (punto 44); il corsivo è mio.


23 – V., ad esempio, le mie conclusioni nella causa Commissione/Paesi Bassi, cit. supra alla nota 9 (paragrafo 103).


24–      Sentenza Bidar, cit. supra alla nota 10 (punto 56).


25–      V. decimo considerando della direttiva 2004/38; v., anche, sentenza del 4 ottobre 2012, Commissione/Austria (C‑75/11, punto 60).


26–      V. conclusioni da me presentate nella causa Commissione/Paesi Bassi (cit. alla nota 9, paragrafo 84).


27– Sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit. supra alla nota 9 (punti 63 e 69).


28–      V. mie conclusioni nella causa Commissione/Paesi Bassi, cit. supra alla nota 9 (paragrafo 120).


29–      V. infra, paragrafi 80-82.


30 – Anche se la causa Stewart non riguardava lo stesso tipo di vantaggio sociale di cui si discute nelle cause in esame, in tale occasione la Corte ha considerato legittimo il desiderio di i) assicurare l’esistenza di un nesso reale tra il richiedente la prestazione e lo Stato membro competente, e ii) garantire l’equilibrio finanziario del sistema di previdenza sociale. La Corte ha poi ritenuto opportuno esaminare l’adeguatezza e la proporzionalità della misura controversa in tale causa, in relazione al primo obiettivo, prima di pervenire alla conclusione che «[l]e suesposte considerazioni possono essere altresì trasposte per quanto attiene [al secondo obiettivo]» e che «(…) la necessità di dimostrare un nesso di collegamento reale e sufficiente tra il richiedente e lo Stato membro competente consente a detto Stato di assicurarsi che l’onere economico associato all’erogazione della prestazione (…) non diventi irragionevole». V. sentenza del 21 luglio 2011, Stewart (C‑503/09, Racc. pag. I-6497, punti 89 e 103).


31 – Anche se tali argomenti potrebbero suggerire che il governo tedesco subordini il beneficio dei sussidi per gli studi compiuti all’estero all’esistenza di un collegamento con il suo sistema fiscale, all’udienza detto governo ha affermato che non è così. Esso ha dichiarato espressamente di non avere l’intenzione di erogare i sussidi in questione solamente ai cittadini UE che abbiano precedentemente contribuito al bilancio pubblico dal quale si attinge per pagare detti sussidi. Quando, all’udienza, gli è stato chiesto di definire la solidarietà cui si riferisce nelle osservazioni scritte, il governo tedesco ha risposto che i beneficiari dovrebbero essere le persone che presentano qualche legame con la società tedesca.


32 – V. sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit. supra alla nota 9 (paragrafo 113 delle conclusioni).


33–      Sentenza del 18 novembre 2008, C‑158/07, Förster (Racc. pag. I‑8507, punti 54 e 55).


34–      V. precedente paragrafo 35.


35–      Sentenza Bidar, cit. supra alla nota 10 (punti 51‑54 e giurisprudenza ivi citata).


36–      V. supra, paragrafo 6..


37–      V. sentenza Morgan e Bucher, cit. supra alla nota 5 (punti 45 e 46).


38–      Cit. supra alla nota 25 (punto 62).


39–      Cit. supra, alla nota 24 (punto 63).


40–      Sentenza del 2 marzo 2010, Rottman (C‑135/08, Racc. pag. I‑1449, punto 51).


41–      Sentenza del 23 marzo 2004, Collins (C‑138/02, Racc. pag. I‑2703, punto 72). In tale causa il requisito della residenza era una condizione applicata per limitare l’accesso ad un tipo di vantaggio sociale che, secondo la precedente giurisprudenza della Corte, poteva richiedere l’esistenza di un nesso con il mercato geografico del lavoro interessato (v. punto 67 della sentenza).


42–      V. supra, paragrafo 44.


43–      V. supra, paragrafo 9. All’udienza non c’è stata unanimità circa l’ambito di applicazione di tale regola. Il governo tedesco l’ha descritta come una «clausola di salvaguardia», applicabile in circostanze eccezionali in cui uno studente non sia in grado di tornare in Germania per compiervi gli studi (per esempio, perché lo studente è un portatore di handicap o un minore). Il legale del sig. Seeberger ha segnalato che tale disposizione è stata applicata per agevolare i figli dei diplomatici tedeschi che abitano all’estero. La Corte avrà l’opportunità di pronunciarsi sull’articolo 6 del BAföG nell’ambito della causa C‑220/12, Thiele Meneses, attualmente in attesa di sentenza.


44 – In base a tale regola, il richiedente un finanziamento per gli studi «portabile» doveva non solo possedere i requisiti per ottenere un sussidio di studio nei Paesi Bassi, ma anche avere risieduto regolarmente in tale paese per almeno tre degli ultimi sei anni.


45 – Sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit. supra alla nota 9 (punto 77); v., inoltre, paragrafi 135‑140 delle mie conclusioni in tale causa.


46–      Sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit. supra alla nota 9 (punto 77).


47–      Commissione/Paesi Bassi, cit. supra alla nota 9 (punti 76‑79).


48–      V.  paragrafo 147 delle mie conclusioni nella causa Commissione/Paesi Bassi, cit. supra alla nota 9.


49–      V. supra, paragrafi 103‑106.


50–      Sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit. alla nota 9 (punto 86).


51–      V. inoltre supra, paragrafo 117 delle presenti conclusioni.


52 – Libro verde della Commissione, intitolato «Promuovere la mobilità dei giovani per l’apprendimento», COM(2009) 329 def. (pag. 2).