Language of document : ECLI:EU:T:2012:673

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

12 dicembre 2012 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato del carburo di calcio e del magnesio destinati ai settori siderurgico e del gas nel SEE, ad eccezione dell’Irlanda, della Spagna, del Portogallo e del Regno Unito – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 81 CE – Fissazione dei prezzi e ripartizione del mercato – Ammende – Obbligo di motivazione – Proporzionalità – Parità di trattamento – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende del 2006 – Capacità contributiva»

Nella causa T‑352/09,

Novácke chemické závody a.s., con sede in Nováky (Slovacchia), rappresentata inizialmente da A. Černejová, successivamente da M. Bol’oš e L. Bányaiová, avvocati,

ricorrente,

sostenuta da:

Repubblica slovacca, rappresentata da B. Ricziová, in qualità di agente,

interveniente,

contro

Commissione Europea, rappresentata da F. Castillo de la Torre, N. von Lingen e A. Tokár, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione C (2009) 5791 def. della Commissione, del 22 luglio 2009, relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (Caso COMP/39.396 − Reagenti a base di carburo di calcio e di magnesio destinati ai settori siderurgici e del gas), nella parte in cui riguarda la ricorrente, nonché, in subordine, una domanda di annullamento o di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente dalla suddetta decisione,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto dal sig. O. Czúcz, presidente, dalla sig.ra I. Labucka e dal sig. D. Gratsias (relatore), giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 aprile 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La Commissione delle Comunità europee, con decisione C (2009) 5791 def., del 22 luglio 2009, relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (Caso COMP/39.396 − Reagenti a base di carburo di calcio e di magnesio destinati ai settori siderurgici e del gas) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), ha constatato che i principali fornitori di carburo di calcio e magnesio destinati ai settori siderurgici e del gas avevano violato l’articolo 81, paragrafo 1, CE e l’articolo 53 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) prendendo parte, dal 7 aprile 2004 al 16 gennaio 2007, ad un’infrazione unica e continuata. Quest’ultima si traduceva in una ripartizione dei mercati, in una fissazione di quote, in una ripartizione della clientela, in una fissazione dei prezzi ed in uno scambio di informazioni commerciali sensibili relative ai prezzi, ai clienti e ai volumi di vendita nel SEE, ad eccezione dell’Irlanda, della Spagna, del Portogallo e del Regno Unito.

2        Il procedimento è stato avviato a seguito di una domanda di immunità ai sensi della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3), depositata dall’Akzo Nobel NV.

3        La Novácke chemické závody a.s., ricorrente, produce, in particolare, carburo di calcio. All’articolo 1, lettera e), della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che la ricorrente aveva preso parte all’infrazione per tutta la sua durata e, all’articolo 2, primo comma, lettera e), della medesima decisione, le ha inflitto un’ammenda di EUR 19,6 milioni, congiuntamente ed in solido con 1. garantovaná a.s., la sua società madre all’epoca dell’infrazione.

 Procedimento e conclusioni delle parti

4        Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 14 settembre 2009, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

5        Con atto separato, depositato presso la cancelleria in pari data e iscritto a ruolo con il numero T‑352/09 R, la ricorrente ha anche presentato una domanda di provvedimenti provvisori ai sensi degli articoli 242 CE e 243 CE e degli articoli 104 e seguenti del regolamento di procedura del Tribunale. Con ordinanza del presidente del Tribunale del 29 ottobre 2009, Novácke chemické závody/Commissione (T‑352/09 R, non pubblicata nella Raccolta), la suddetta domanda di provvedimenti provvisori è stata respinta.

6        Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 7 ottobre 2009, la ricorrente informava il Tribunale di essere stata dichiarata fallita. Con un’ulteriore lettera, depositata presso la cancelleria del Tribunale il 6 novembre 2009, informava il Tribunale della designazione di un nuovo rappresentante da parte del curatore del fallimento. Ha aggiunto che, conformemente alle disposizioni di diritto slovacco applicabili in caso di fallimento di una parte in un procedimento giudiziario, il procedimento nella presente causa avrebbe dovuto essere sospeso. Considerando che tale lettera conteneva, in sostanza, una domanda di sospensione del procedimento della presente causa, il Tribunale ha chiesto alla Commissione di presentare osservazioni in merito a tale domanda. Nelle osservazioni depositate presso la cancelleria del Tribunale il 7 dicembre 2009, la Commissione si è opposta alla prevista sospensione del procedimento.

7        Con ordinanza del presidente della Quinta Sezione del Tribunale del 21 gennaio 2010, il procedimento nella presente causa è stato sospeso, in applicazione dell’articolo 77, lettera d), del regolamento di procedura, fino al 31 ottobre 2010, al fine di consentire al curatore del fallimento della ricorrente di decidere se intendesse continuare a nome della ricorrente il procedimento nella presente causa, o rinunciare agli atti.

8        Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 16 marzo 2010, la Commissione ha chiesto che il procedimento nella presente causa fosse ripreso. Non avendo la ricorrente depositato osservazioni sulla predetta domanda entro il termine impartito, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale, con ordinanza dell’11 maggio 2010, ha deciso di riprendere il procedimento nella presente causa.

9        Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 novembre 2009, la Repubblica slovacca ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della ricorrente. Con ordinanza del 24 giugno 2010, rettificata con ordinanza del 26 luglio 2010, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. La Repubblica slovacca ha depositato la sua memoria di intervento il 14 settembre 2010.

10      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore inizialmente designato è stato assegnato alla Terza Sezione, alla quale è stata di conseguenza attribuita la causa in esame. A seguito del rinnovo parziale del Tribunale, la presente causa è stata attribuita ad un nuovo giudice relatore, facente parte della stessa sezione.

11      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di aprire la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64 del regolamento di procedura, ha invitato, in primo luogo, la ricorrente e la Commissione a produrre taluni documenti, in secondo luogo, la ricorrente a rispondere ad un quesito e, in terzo luogo, tutte le parti a rispondere ad un altro quesito. Le parti hanno ottemperato a tali domande, fatta eccezione per un documento la cui produzione era stata richiesta alla Commissione.

12      Con ordinanza del 27 marzo 2012, il Tribunale ha ordinato alla Commissione, nell’ambito di un mezzo istruttorio, previsto dall’articolo 65 del regolamento di procedura, la produzione del documento che quest’ultima non aveva prodotto nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento menzionate al punto precedente. La Commissione ha dato seguito a tale invito nei termini impartiti.

13      Le parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti formulati dal Tribunale nell’udienza del 25 aprile 2012.

14      Nel corso dell’udienza, la Repubblica slovacca ha chiesto di poter depositare un nuovo documento. Poiché le altre parti non vi si sono opposte, il Tribunale ha autorizzato il deposito del documento di cui trattasi e ha impartito alle altre parti un termine per presentare le loro osservazioni scritte relative al suddetto documento. La fase orale del procedimento è stata chiusa il 15 maggio 2012, a seguito del deposito delle osservazioni delle altre parti sul documento depositato dalla Repubblica slovacca.

15      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda e, di conseguenza, annullare l’ammenda inflittale;

–        in subordine, annullare o ridurre in misura significativa l’importo dell’ammenda inflittale;

–        condannare la Commissione alle spese del procedimento.

16      La Repubblica slovacca sostiene la domanda della ricorrente intesa a sentire annullare o a ridurre sostanzialmente l’importo dell’ammenda inflittale.

17      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

18      A sostegno del ricorso, la ricorrente invoca tre motivi che deducono, in primo luogo, la violazione dei principi generali di proporzionalità e di parità di trattamento nella determinazione dell’importo dell’ammenda, in secondo luogo, la violazione di forme sostanziali, un errore di fatto nonché un errore manifesto di valutazione, in quanto la Commissione ha rifiutato di tener conto dell’assenza di capacità contributiva ai sensi del paragrafo 35 dei suoi orientamenti per la fissazione delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti») e, in terzo luogo, la violazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera g), CE.

 Sul primo motivo, che deduce la violazione dei principi generali di proporzionalità e di parità di trattamento nella determinazione dell’importo dell’ammenda

 Orientamenti

19      Come risulta dal punto 285 della decisione impugnata, l’importo delle ammende inflitte alla ricorrente ed agli altri partecipanti al cartello controverso è stato fissato in applicazione degli orientamenti pubblicati dalla Commissione.

20      Come risulta dai paragrafi 9-11 degli orientamenti, la fissazione dell’importo dell’ammenda è effettuata seguendo un metodo che comporta due tappe.

21      In primo luogo, la Commissione determina un importo di base per ciascuna impresa o associazione di imprese. La Commissione utilizza a questo riguardo il valore delle vendite di beni o di servizi realizzati dall’impresa interessata, aventi un rapporto diretto o indiretto con l’infrazione, nell’area geografica interessata (paragrafo 13). L’importo di base dell’ammenda è legato ad una proporzione del valore delle vendite determinato in base al grado di gravità dell’infrazione moltiplicata per il numero di anni di infrazione (paragrafo 19). I periodi di più di sei mesi ma di meno di un anno non sono computati come anno intero (paragrafo 24). La proporzione del valore delle vendite presa in considerazione può, in linea generale, essere fissata ad un livello che può raggiungere il 30% (paragrafo 21).

22      Il paragrafo 22 degli orientamenti stabilisce che, «per decidere se la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione in un determinato caso debba situarsi sui valori minimi o massimi all’interno della forcella prevista, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, quali la natura dell’infrazione, la quota del mercato aggregato di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite».

23      Il paragrafo 25 degli orientamenti prevede, inoltre, che, «a prescindere dalla durata della partecipazione di un’impresa all’infrazione, la Commissione inserirà nell’importo di base una somma compresa tra il 15 e il 25% del valore delle vendite (…), al fine di dissuadere ulteriormente le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione del mercato e di limitazione della produzione».

24      In secondo luogo, la Commissione può adeguare l’importo di base dell’ammenda, fissato al momento della prima tappa, al rialzo o al ribasso. Il paragrafo 28 degli orientamenti prevede così l’aumento del suddetto importo qualora la Commissione rilevi l’esistenza di circostanze aggravanti, quali quelle menzionate al medesimo paragrafo. La recidiva, cioè il fatto che un’«impresa continua o ripete la stessa infrazione o un’infrazione simile dopo che la Commissione o un’autorità nazionale garante della concorrenza abbiano constatato che tale impresa ha violato le disposizioni dell’articolo 81 [CE] o dell’articolo 82 [CE]», figura tra le circostanze aggravanti menzionate in tale paragrafo e giustifica un aumento che può raggiungere il 100% dell’importo di base dell’ammenda (v. paragrafo 28, primo trattino, degli orientamenti). Aver giocato il ruolo di capofila ovvero istigare a commettere l’infrazione costituisce pure una circostanza aggravante a tenore del terzo trattino del punto 28 degli orientamenti.

25      Inoltre, un aumento specifico dell’importo dell’ammenda in attuazione dell’esigenza di garantire l’effetto dissuasivo è previsto in particolare al paragrafo 30 degli orientamenti, a tenore del quale «[la] Commissione presterà particolare attenzione all’esigenza di garantire l’effetto sufficientemente dissuasivo delle ammende; a tal fine essa può aumentare l’ammenda da infliggere alle imprese che abbiano un fatturato particolarmente grande al di là delle vendite dei beni e servizi ai quali l’infrazione si riferisce».

26      Peraltro, il paragrafo 29 degli orientamenti dispone che l’importo di base dell’ammenda può essere ridotto qualora la Commissione constati l’esistenza di circostanze attenuanti come quelle menzionate al medesimo paragrafo. Ai sensi del secondo trattino di tale paragrafo, la Commissione constata l’esistenza di circostanze attenuanti quando l’impresa interessata fornisce la prova che l’infrazione è stata commessa per negligenza. Inoltre, secondo il quarto trattino del medesimo punto, la Commissione constata l’esistenza di circostanze attenuanti «quando l’impresa collabora efficacemente con la Commissione al di fuori del campo di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole e oltre quanto richiesto dagli obblighi di collaborazione previsti dalla legge».

27      A tale titolo, come risulta dal punto 339 della decisione impugnata, la cooperazione delle imprese con la Commissione era regolata, a partire dal 14 febbraio 2002, dalla comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione sul trattamento favorevole del 2002») che, a partire dall’8 dicembre 2006, è stata sostituita da una nuova comunicazione della Commissione (GU 2006, C 298, pag. 17; in prosieguo: la «comunicazione sul trattamento favorevole del 2006»). Poiché l’Akzo Nobel ha contattato la Commissione a titolo di una domanda di trattamento favorevole a partire dal 20 novembre 2006, cioè prima dell’entrata in vigore della comunicazione sul trattamento favorevole del 2006, nella presente fattispecie va pertanto applicata la comunicazione sul trattamento favorevole del 2002 nonché, in via di eccezione, ai sensi del paragrafo 37 della comunicazione sul trattamento favorevole del 2006, i paragrafi 31‑35 di quest’ultima comunicazione.

28      Infine, il paragrafo 35 degli orientamenti prevede che sia tenuto conto della mancanza di capacità contributiva di un’impresa in un contesto sociale ed economico particolare, ai fini di un’eventuale riduzione dell’importo dell’ammenda.

 Decisione impugnata

29      Il valore delle vendite di ciascun partecipante al cartello, nel corso dell’ultimo anno intero della sua partecipazione all’infrazione, utilizzato dalla Commissione ai fini della fissazione dell’importo dell’ammenda è indicato in una tabella figurante al punto 288 della decisione impugnata. Da essa risulta che il valore delle vendite di carburo di calcio in polvere effettuate dalla ricorrente, nel 2006, si collocava tra i 5 e i 10 milioni di EUR. Il valore delle vendite di carburo di calcio in granulato da essa realizzata si collocava tra i 20 e i 25 milioni di EUR.

30      Dal punto 294 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha considerato che l’infrazione controversa rientrava, per la sua stessa natura, tra le più gravi restrizioni della concorrenza.

31      Inoltre, al punto 299 della decisione impugnata, la Commissione ha considerato che il cartello di cui trattasi riguardava clienti all’interno del SEE, ad eccezione della Spagna, del Portogallo, del Regno Unito e dell’Irlanda.

32      Al punto 301 della decisione impugnata, la Commissione ha fissato la proporzione del valore delle vendite di cui tenere conto per tutti i partecipanti al cartello nel 17%, con riguardo alle «circostanze particolari del caso di specie» e tenendo conto dei «criteri esaminati ai punti 294 e 299».

33      Tenendo conto delle considerazioni relative alla durata dell’infrazione, esposte ai punti 302 e 303 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato, in una tabella figurante al punto 304 della medesima decisione, il moltiplicatore determinato in funzione degli anni di partecipazione all’infrazione considerati per ciascuna impresa contemplata da tale decisione. Nel caso della ricorrente, la Commissione ha fissato un moltiplicatore di 2,5 per il carburo di calcio in polvere e di 3 per il carburo di calcio in granulato.

34      Inoltre, al punto 306 della decisione impugnata, la Commissione ha fissato la percentuale del valore delle vendite che corrisponde all’importo aggiuntivo da inserire nell’ammenda conformemente al punto 25 degli orientamenti, nella specie il 17%, «date le circostanze particolari della presente fattispecie e tenuto conto dei criteri qui sopra esaminati circa la natura dell’infrazione e la sua portata geografica».

35      Il punto 308 della decisione impugnata contiene una tabella che indica l’importo di base dell’ammenda calcolata per ciascun partecipante. Nel caso della ricorrente, tale importo ammonta a EUR 19,6 milioni.

36      Ai punti 309-312 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato se occorresse adeguare l’importo di base dell’ammenda aumentandolo in ragione di circostanze aggravanti. Ha considerato l’esistenza di tali circostanze nei confronti di due altri partecipanti al cartello, l’Akzo Nobel e la Degussa AG, divenuta quest’ultima, nella fase dell’adozione della decisione impugnata, la Evonik Degussa GmbH, in quanto esse erano recidive. Alla ricorrente non è stata applicata alcuna circostanza aggravante.

37      Ai punti 313-333 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato se occorresse constatare l’esistenza di circostanze attenuanti nei confronti di uno o più partecipanti al cartello. In particolare, ha successivamente esaminato gli argomenti che deducono una limitata partecipazione al cartello, fatti valere da tutti i partecipanti (punti 313-316), gli argomenti fatti valere da taluni partecipanti e che deducono l’assenza di attuazione degli accordi di cui trattasi da parte del cartello e l’assenza di profitto da essi realizzato in ragione della loro partecipazione al cartello (punti 317-320), gli argomenti di taluni partecipanti, tra cui la ricorrente, che deducono la loro efficace collaborazione con la Commissione al di fuori dell’ambito di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole del 2006 (punti 321-327 della decisione impugnata) e gli argomenti dedotti da più partecipanti che fanno valere la difficile situazione economica dei fornitori di carburo di calcio e di magnesio prima e durante il periodo del cartello (punti 328-331). In tutti i casi, la Commissione ha concluso che non occorreva considerare l’esistenza di circostanze attenuanti (punti 314, 320, 327 e 331 della decisione impugnata).

38      Ai punti 335-360 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato se occorresse applicare la comunicazione sul trattamento favorevole del 2002 nei confronti di uno o più partecipanti al cartello. Dal punto 358 della decisione impugnata risulta che la ricorrente aveva presentato una domanda in tal senso il 6 febbraio 2008 (in prosieguo: la «domanda sul trattamento favorevole»). La Commissione ha considerato, al medesimo punto, che la domanda era stata presentata più di un anno dopo le ispezioni e quando la ricorrente aveva ricevuto domanda di informazioni, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003. La domanda non avrebbe fornito un valore aggiunto significativo dal momento che la ricorrente avrebbe segnalato solo fatti relativi al carburo di calcio in polvere, nei confronti del quale la Commissione sarebbe già stata all’epoca in possesso di elementi di prova sufficienti. La Commissione ha così considerato che le informazioni fornite dalla ricorrente non potevano più, per loro stessa natura o per il loro livello di precisione, rafforzare la sua capacità di provare i fatti. Per tali motivi, ha concluso che la ricorrente non poteva beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda.

39      Per contro, la Commissione ha concesso un’immunità dalle ammende all’Akzo Nobel (punti 335 e 336 della decisione impugnata), una riduzione dell’importo dell’ammenda del 35% alla Donau Chemie AG (punto 346 della decisione impugnata) nonché una riduzione dell’importo dell’ammenda del 20% alla Evonik Degussa (punto 356 della decisione impugnata). Ha respinto la domanda di immunità o di riduzione dell’importo dell’ammenda presentata dall’Almamet GmbH (punto 349) e ha, inoltre, considerato che la SKW Stahl‑Metallurgie GmbH, la SKW Stahl‑Metallurgie AG e l’Arques Industries AG non potevano profittare della riduzione dell’importo dell’ammenda concessa alla Evonik Degussa, poiché quest’ultima ha presentato la sua domanda di trattamento favorevole unicamente a suo proprio nome (punto 357 della decisione impugnata).

40      Gli importi delle ammende da infliggere figurano al punto 361 della decisione impugnata. L’importo indicato per la ricorrente è di EUR 19,6 milioni.

41      Infine, ai punti 362-378 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato le domande di più partecipanti al cartello di fruire delle disposizioni di cui al punto 35 degli orientamenti. La Commissione ha respinto la domanda in tal senso della ricorrente (punto 377 della decisione impugnata) nonché quelle presentate da altri partecipanti al cartello, ma ha concesso una riduzione dell’importo dell’ammenda del 20% all’Almamet (punto 372 della decisione impugnata).

 Sulle censure invocate dalla ricorrente

42      La ricorrente sostiene che la fissazione dell’importo dell’ammenda inflittale dalla Commissione è inficiata dalla violazione dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento. Deduce a questo riguardo cinque censure, con le quali fa valere, in primo luogo, il carattere dissuasivo dell’ammenda, in secondo luogo, le circostanze aggravanti, in terzo luogo, le circostanze attenuanti, in quarto luogo, la riduzione dell’importo dell’ammenda concessa all’Almamet e, in quinto luogo, l’ammenda in quanto calcolata in proporzione del fatturato globale dei destinatari della decisione impugnata. Tali censure saranno esaminate in seguito, dopo l’esposizione di talune considerazioni in limine. Nel corso dell’udienza la ricorrente ha invocato una censura circa il valore delle vendite di cui tenere conto al fine del calcolo dell’importo di base dell’ammenda. A suo avviso, tale censura già figurava nel ricorso. Da parte sua, la Commissione ha sostenuto che si trattava di una nuova censura, non fondata su elementi emersi nel corso del procedimento e, quindi, irricevibile. Tale censura sarà esaminata per ultima.

–       Considerazioni preliminari

43      Va ricordato che la Commissione dispone di un margine di discrezionalità nella fissazione dell’importo delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza (v. sentenza del Tribunale del 29 aprile 2004, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Racc. pag. II‑1181, punto 216 e la giurisprudenza ivi citata).

44      Tuttavia, come sostenuto dalla ricorrente, tutte le volte che la Commissione decide di imporre ammende ai sensi del diritto della concorrenza, essa è tenuta a rispettare i principi generali del diritto, tra i quali figurano i principi di parità di trattamento e di proporzionalità, quali interpretati dai giudici dell’Unione (sentenza del Tribunale del 13 luglio 2011, Schindler Holding e a./Commissione, T‑138/07, Racc. pag. II‑4819, punto 105).

45      Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, per stabilire l’importo dell’ammenda, la Commissione tiene conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata. Dalla giurisprudenza risulta altresì che, in questo contesto, la Commissione deve in particolare curare che la sua azione abbia carattere dissuasivo (sentenza della Corte del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione, 100/80‑103/80, Racc. pag. 1825, punto 106, e sentenza del Tribunale del 5 aprile 2006, Degussa/Commissione, T‑279/02, Racc. pag. II‑897, punto 272).

46      La necessità di garantire un sufficiente effetto dissuasivo all’ammenda, sebbene non giustifichi l’innalzamento del livello generale delle ammende nell’ambito della realizzazione di una politica di concorrenza, esige che l’importo dell’ammenda sia modulato al fine di tener conto dell’effetto voluto sull’impresa cui essa è inflitta, e ciò affinché l’ammenda non sia resa insignificante, o al contrario eccessiva, segnatamente in rapporto alla capacità finanziaria dell’impresa in parola, conformemente agli obblighi derivantile, da un lato, dalla necessità di assicurare l’effettività dell’ammenda e, dall’altro, dal rispetto del principio di proporzionalità (sentenze del Tribunale Degussa/Commissione, punto 45 supra, punto 283, e del 18 giugno 2008, Hoechst/Commissione, T‑410/03, Racc. pag. II‑881, punto 379).

47      Per quanto riguarda gli orientamenti, secondo la costante giurisprudenza, la Commissione, adottando siffatte norme di comportamento e annunciando, con la loro pubblicazione, che essa da quel momento in poi le applicherà alle fattispecie cui si riferiscono, si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme sotto pena di sanzione, eventualmente, a titolo di una violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (sentenza della Corte del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 211; sentenze del Tribunale dell’8 ottobre 2008, Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, T‑69/04, Racc. pag. II‑2567, punto 44, e del 28 aprile 2010, Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, T‑446/05, Racc. pag. II‑1255, punto 146).

48      Come peraltro riconosciuto dalla ricorrente, da ciò consegue che, all’atto della fissazione dell’ammenda da infliggere ad un’impresa conformemente all’articolo 23 del regolamento n. 1/2003, il fatto che vengano tenuti in considerazione gli orientamenti non costituisce di per sé una violazione dei principi di proporzionalità e parità di trattamento, bensì, al contrario, può imporsi, in particolare, per rispettare il secondo dei suddetti principi. Tuttavia, al contrario, il solo rispetto del metodo per la fissazione dell’importo delle ammende sancito negli orientamenti non esonera la Commissione dall’obbligo di assicurarsi che l’ammenda inflitta in un caso specifico sia conforme ai principi di proporzionalità e di parità di trattamento. Peraltro, al paragrafo 37 degli orientamenti, la Commissione stessa si è riservata il diritto di discostarsi dai metodi o dai limiti fissati in detti orientamenti quando le particolarità di un determinato caso specifico o la necessità di raggiungere un livello dissuasivo dell’ammenda lo giustifichino.

49      Peraltro, si deve sottolineare che, per quanto riguarda i ricorsi contro decisioni della Commissione che infliggono ammende ad imprese per violazione delle regole di concorrenza, il Tribunale è competente ad un duplice titolo (sentenza della Corte del 16 novembre 2000, SCA Holding/Commissione, C‑297/98 P, Racc. pag. I‑10101, punto 53).

50      Da un lato, esso è incaricato di controllare la legittimità delle suddette decisioni e, in questo contesto, deve controllare il rispetto dell’obbligo di motivazione (sentenza SCA Holding/Commissione, punto 49 supra, punto 54) ed è inoltre chiamato ad effettuare, sulla base degli elementi forniti dalla ricorrente a sostegno dei motivi invocati, un controllo approfondito sia di diritto che di merito (sentenza della Corte dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑389/10 P, Racc. pag. I‑13125, punto 129).

51      Dall’altro lato, tale controllo di legittimità è completato dalla competenza estesa al merito che è riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE (sentenza KME Germany e a./Commissione, punto 50 supra, punto 130). Al di là del semplice controllo di legittimità, che consente solo di respingere il ricorso di annullamento o di annullare in tutto in parte l’atto impugnato, la competenza estesa al merito di cui dispone consente al giudice di riformare l’atto impugnato, anche in assenza di annullamento, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto (sentenze della Corte del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Racc. pag. I‑I‑8375, punto 692, e del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, Racc. pag. I‑7415, punto 86). Egli può così sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità inflitta (sentenza KME Germany e a./Commissione, punto 50 supra, punto 130).

52      È pertanto necessario esaminare gli argomenti sollevati dalla ricorrente nell’ambito del presente motivo alla luce di tali considerazioni.

–       Sulla prima censura, che deduce il carattere dissuasivo dell’ammenda

53      La ricorrente sostiene che la Commissione non ha adeguatamente tenuto conto della decisione impugnata e del fatto che l’ammenda imposta ad un’impresa che ha partecipato ad un cartello deve presentare un carattere dissuasivo specifico per l’impresa interessata. La ricorrente sottolinea che un approccio individualizzato è necessario a tal proposito dal momento che un’ammenda di un certo importo può produrre un effetto dissuasivo nei confronti di un’impresa, ma non nei confronti di un’altra. Da ciò risulta, secondo la ricorrente, che l’importo previsto al paragrafo 25 degli orientamenti non deve essere fissata allo stesso livello per tutti i partecipanti al cartello. La necessità dell’uso di moltiplicatori di dissuasione differenti per ciascun partecipante sarebbe stata confermata dal Tribunale nella sentenza Degussa/Commissione, punto 45 supra.

54      Inoltre, la ricorrente rileva che la Commissione non si è avvalsa nella presente fattispecie della facoltà, prevista al paragrafo 30 degli orientamenti, di aumentare l’importo dell’ammenda per assicurare un effetto sufficientemente dissuasivo. Secondo la ricorrente, un siffatto aumento avrebbe potuto essere stato previsto nei confronti dei partecipanti al cartello i cui fatturati globali erano più importanti, cioè l’Akzo Nobel, la Ecka Granulate GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Ecka») e la Evonik Degussa. Infine, i recidivi, Akzo Nobel e Evonik Degusa, sarebbero stati sanzionati con ammende più elevate di quella imposta alla ricorrente, la quale avrebbe avuto soltanto un ruolo minore nell’infrazione. Il fatto che sia stata presa in considerazione solo la recidiva, in quanto circostanza aggravante prevista al paragrafo 28 degli orientamenti, non è sufficiente.

55      In limine, per quanto riguarda l’operatività dell’argomento riassunto al punto precedente, si deve rilevare che, certamente, la competenza estesa al merito attribuita al giudice dell’Unione comprende espressamente il potere di aumentare, se del caso, l’importo dell’ammenda inflitta. Quindi, nell’ipotesi di una disparità di trattamento tra più partecipanti ad un’infrazione in relazione al fatto che la gravità del comportamento illecito degli uni è stata sottovalutata rispetto alla gravità del comportamento illecito degli altri, la soluzione più appropriata per ristabilire un giusto equilibrio sarebbe quella di aumentare l’importo dell’ammenda inflitta ai primi (v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, JFE Engineering e a./Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, Racc. pag. II‑2501, punto 576).

56      Tuttavia, un siffatto aumento può intervenire soltanto nell’ipotesi in cui i partecipanti all’infrazione la cui ammenda deve essere aumentata abbiano contestato tale ammenda dinanzi al Tribunale e siano stati messi in grado di presentare le loro osservazioni in merito in tale aumento (v., in tal senso, sentenza JFE Engineering e a./Commissione, punto 55 supra, punti 577 e 578). Se tali condizioni non sono riunite, il sistema più idoneo per porre rimedio alla disparità di trattamento rilevata consiste in una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta agli altri partecipanti all’infrazione (v., in tal senso, sentenza JFE Engineering e a./Commissione, punto 55 supra, punto 579). Quindi, l’argomento riassunto supra al punto 54 non può essere di primo acchito disatteso in quanto inoperante.

57      Si deve in seguito rilevare che la Commissione è cosciente della necessità di curare non solo il carattere dissuasivo, sul piano generale, della sua azione in materia di infrazioni al diritto della concorrenza, ma, in particolare, l’effetto dissuasivo specifico dell’ammenda che impone ad un’impresa che è incorsa in una siffatta infrazione. Ciò è confermato dal paragrafo 4 degli orientamenti, il quale tra l’altro recita: «Le ammende devono avere un effetto sufficientemente dissuasivo, allo scopo non solo di sanzionare le imprese in causa (effetto dissuasivo specifico)».

58      Premesso quanto sopra, si deve ricordare che l’importo contemplato al paragrafo 25 degli orientamenti fa parte dell’importo di base dell’ammenda che, come risulta dal paragrafo 19 dei medesimi orientamenti (v. punto 21 supra), deve riflettere la gravità dell’infrazione e non la gravità relativa della partecipazione all’infrazione di ciascuna delle imprese interessate. Secondo la giurisprudenza, quest’ultima questione dev’essere esaminata nell’ambito dell’eventuale applicazione di circostanze aggravanti o attenuanti (v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’8 ottobre 2008, Carbone‑Lorraine/Commissione, T‑73/04, Racc. pag. II‑2661, punto 100). Di conseguenza come giustamente rilevato dalla Commissione, quest’ultima può senz’altro fissare la percentuale del valore delle vendite contemplate al paragrafo 25 degli orientamenti, come peraltro quello contemplato al paragrafo 21 dei medesimi orientamenti, allo stesso livello per tutti i partecipanti al cartello. La fissazione di una medesima percentuale per tutti i partecipanti al cartello non implica, al contrario di quanto sembra sostenere la ricorrente, la fissazione, ai sensi del paragrafo 25 degli orientamenti, di una medesima somma per tutti i partecipanti al cartello. Dal momento che tale somma consiste in una percentuale del valore delle vendite realizzate in relazione con l’infrazione da ciascun partecipante al cartello, essa sarà differente per ciascuno di essi, in funzione delle differenze nel valore delle vendite da essi realizzate.

59      La sentenza Degussa/Commissione, punto 45 supra, invocata dalla ricorrente, non può portare ad una diversa conclusione. È vero che, al punto 335 di tale sentenza, il Tribunale ha concluso che la Commissione non poteva, senza violare il principio di parità di trattamento, aumentare l’importo dell’ammenda determinato in funzione della gravità dell’infrazione, in applicazione della medesima percentuale ai due partecipanti al cartello che hanno realizzato fatturati sostanzialmente differenti.

60      Tuttavia, come risulta dai punti 20, 21, 326 e 327 della medesima sentenza, l’importo dell’ammenda imposta ai vari partecipanti al cartello oggetto di tale causa era stata determinata secondo un metodo diverso da quello sancito dagli orientamenti e applicato nella specie dalla Commissione. Nella causa che ha dato luogo alla sentenza Degussa/Commissione, punto 45 supra, la Commissione aveva suddiviso i partecipanti al cartello in vari gruppi in funzione del loro fatturato e aveva fissato, nei confronti di tutti i membri di ciascun gruppo, lo stesso importo di base dell’ammenda. La ricorrente in tale causa era stata collocata nel medesimo gruppo di un’altra impresa che aveva realizzato un fatturato più elevato e, quindi, per tali due imprese era stato determinato lo stesso importo di base. Poi, al fine di assicurare un sufficiente effetto dissuasivo, la Commissione ha aumentato tale importo della medesima percentuale, nella specie il 100%, per ciascuna di tali due imprese. È quest’ultimo aspetto che è stato censurato dal Tribunale (sentenza Degussa/Commissione, punto 45 supra, punti 328-335).

61      Orbene, nella specie, da un lato, com’è già stato rilevato, l’importo di base dell’ammenda è diverso per i vari partecipanti al cartello in funzione della differenza di fatturato che essi hanno realizzato. Dall’altro lato, come giustamente rilevato dalla Commissione, quest’ultima non ha proceduto ad un aumento specifico dell’importo di base al fine di assicurare all’ammenda un carattere sufficientemente dissuasivo. Da ciò consegue che le circostanze della presente fattispecie non sono assolutamente comparabili a quelle della causa che ha dato luogo alla sentenza Degussa/Commissione, punto 45 supra.

62      La ricorrente censura altresì il fatto che la Commissione non ha proceduto, in forza del paragrafo 30 degli orientamenti, ad un aumento dell’importo dell’ammenda imposta ai partecipanti al cartello che hanno realizzato i fatturati globali più importanti. A tale proposito si deve rilevare che, se effettivamente da detto paragrafo degli orientamenti risulta che un aumento dell’ammenda da imporre ad un’impresa il cui fatturato, al di là dei beni e servizi cui l’infrazione si riferisce, è particolarmente considerevole può rivelarsi necessario al fine di assicurare a tale ammenda un effetto sufficientemente dissuasivo, per contro da ciò non consegue che un’ammenda la quale non rappresenta una percentuale significativa del fatturato globale dell’impresa interessata non eserciti un effetto sufficientemente dissuasivo nei confronti di tale impresa.

63      Infatti, un’ammenda fissata secondo il metodo definito negli orientamenti rappresenta, in linea di principio, una percentuale considerevole del valore delle vendite che l’impresa sanzionata ha realizzato nel settore interessato dall’infrazione. Quindi, in ragione dell’ammenda, l’impresa di cui trattasi vedrà diminuire significativamente i suoi utili in tale settore, se non addirittura registrerà perdite. Quand’anche il fatturato realizzato dalla suddetta impresa in tale settore rappresentasse soltanto una piccola frazione del suo fatturato globale, non può a priori escludersi che la diminuzione degli utili realizzati in tale settore, ovvero la loro trasformazione in perdite, avrebbe un effetto dissuasivo nella misura in cui, in linea di principio, un’impresa commerciale si impegna in un determinato settore al fine di realizzare utili.

64      Quindi, il paragrafo 30 degli orientamenti prevede la facoltà e non l’obbligo per la Commissione di aumentare l’ammenda imposta ad un’impresa il cui fatturato, al di là dei beni e servizi interessati dall’infrazione, è particolarmente importante. Orbene, oltre ad un vago riferimento al fatturato globale che si presume rilevante di taluni partecipanti al cartello, riferimento che non fa che riflettere l’argomento dedotto nell’ambito del quinto motivo di censura qui di seguito esaminato, la ricorrente non ha invocato alcun elemento concreto che dimostri che la Commissione avrebbe dovuto avvalersi di tale facoltà nella specie. Di conseguenza, per tale motivo non può esserle addebitata rimproverata alcuna violazione dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità.

65      Per quanto riguarda, infine, la presa in considerazione della recidiva, si deve rilevare che, come riconosciuto dalla ricorrente stessa, la recidiva è presa in considerazione nella fase dell’adeguamento dell’importo di base dell’ammenda a titolo di circostanze aggravanti, conformemente al paragrafo 28, primo trattino, degli orientamenti, e può portare ad un significativo aumento di tale importo, che può arrivare fino al raddoppio. Per contro, la determinazione dell’importo di base, nel quale si inserisce la fissazione della percentuale prevista al paragrafo 25 degli orientamenti, è effettuata, come è già stato rilevato (v. punto 58 supra), tenendo conto della gravità dell’infrazione. Il fatto che non sia stata presa in considerazione, in tale fase, una circostanza aggravante di cui si terrà conto in una fase successiva non è costitutivo di alcun errore di diritto (v., in tal senso, ordinanza della Corte dell’11 settembre 2008, Coats Holdings e Coats/Commissione, C‑468/07 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 28).

66      Emerge dalle considerazioni precedenti che la prima censura è infondata e deve essere pertanto respinta.

–       Sulla seconda censura, relativa alle circostanze aggravanti

67      La ricorrente rimprovera alla Commissione di non avere esaminato, nella decisione impugnata, la questione circa i membri del cartello che avevano il ruolo di capofila dell’infrazione e precisa che essa stessa era un membro passivo. La ricorrente riconosce che non è possibile in tutti i casi di concorrenza identificare uno o più capofila. Tuttavia, in un cartello complesso come quello di cui alla presente fattispecie, sarebbe difficilmente concepibile che il cartello abbia potuto funzionare senza che una o più imprese ne lanciassero l’idea ed effettuassero la necessaria preparazione. La ricorrente considera che la Commissione non si è data sufficientemente da fare per identificare tali imprese. A questo proposito menziona, come esempio di ciò che avrebbe dovuto essere stato esaminato dalla Commissione, la questione relativa a chi ha organizzato le prime riunioni e vi ha invitato i membri passivi del cartello o quella relativa a qual è l’impresa nei cui locali tali riunioni hanno avuto luogo. Da ciò consegue, secondo la ricorrente, che la Commissione ha violato i principi di parità di trattamento e di proporzionalità, nella misura in cui i membri passivi del cartello sono stati trattati allo stesso modo di coloro che hanno svolto il ruolo di capofila ovvero hanno istigato a commettere l’infrazione.

68      Da parte sua, la Commissione deduce l’inoperatività di tale censura. Considera che, quand’anche dovesse constatarsi che uno o più altre imprese abbiano svolto il ruolo di capofila dell’infrazione, una siffatta constatazione sarebbe priva di incidenza sull’ammenda inflitta alla ricorrente e potrebbe al massimo comportare solo una maggiorazione delle ammende inflitte a tali altre imprese.

69      Per i motivi esposti supra ai punti 55 e 56, la presente censura non può essere di primo acchito disattesa in quanto inoperante. Peraltro, senza che si renda necessario esaminare se le condizioni per un aumento dell’importo dell’ammenda enunciate supra al punto 56 siano, nella specie, soddisfatti, essa va comunque respinta in quanto infondata.

70      Si deve a questo proposito precisare, in limine, che l’affermazione della ricorrente secondo la quale essa avrebbe adottato un comportamento passivo nel cartello non è nell’ambito della presente censura pertinente, ma deve essere esaminata nel contesto dell’analisi della terza censura relativa alle circostanze attenuanti tanto più che, con l’argomento da essa avanzato a sostegno di tale censura, la ricorrente reitera e amplifica tale affermazione.

71      Si deve inoltre rilevare che le questioni menzionate negli argomenti della ricorrente sono state essenzialmente esaminate nella decisione impugnata. Come risulta dal punto 177 di tale decisione, l’infrazione controversa riguardava tre prodotti, cioè il carburo di calcio in polvere, il magnesio di granulato e il carburo di calcio in granulato, e due mercati, quello dei due primi prodotti, tra loro sostituibili e destinati all’industria siderurgica, e quello del terzo, destinato all’industria del gas. La Commissione fa riferimento ad accordi distinti relativi a ciascuno di tali prodotti (v., rispettivamente, punti 54‑91, 113‑135 e 92‑112 della decisione impugnata), ma, al punto 177 della sua decisione, conclude che tali tre accordi si iscrivevano nell’ambito di un’infrazione unica e continuata.

72      Per quanto riguarda, in particolare, il carburo di calcio in polvere, la Commissione, al punto 56 della decisione impugnata, ha rilevato che «le due prime riunioni sono state organizzate nei locali dell’Almamet». A sostegno di tale constatazione ha peraltro fatto rinvio, con la nota a piè di pagina n. 106, in particolare, alla domanda di trattamento favorevole. Lo svolgimento della prima riunione è descritto con più dettagli ai punti 64-66 della decisione impugnata. Da tale descrizione può dedursi che era l’Almamet quella che aveva invitato gli altri partecipanti alla riunione, dal momento che non soltanto tale riunione ha avuto luogo nei suoi locali, ma anche che era il suo rappresentante colui che aveva avviato la discussione (v. punto 65 della decisione impugnata).

73      La seconda riunione relativa al medesimo prodotto ha avuto egualmente luogo, secondo la decisione impugnata (v. punto 67), nei locali dell’Almamet. Tuttavia, come risulta dal punto 69 della decisione impugnata, nel corso di tale seconda riunione, i partecipanti, tra cui la ricorrente, hanno deciso di organizzare regolarmente analoghe riunioni e di assumere a turno la responsabilità della loro organizzazione. La decisione impugnata fa in seguito riferimento, ai punti 70-89, a nove altre riunioni organizzate da altri partecipanti al cartello, due delle quali, nella specie quelle del 7 aprile 2005 e del 25 aprile 2006, si sono tenute in Slovacchia e sono state organizzate dalla ricorrente (v., rispettivamente, punti 74‑83 della decisione impugnata).

74      Per quanto riguarda il carburo di calcio in granulato, la Commissione, al punto 98 della decisione impugnata, ha rilevato che la prima riunione si è tenuta il 7 aprile 2004, in un albergo in Slovenia, e che essa è stata organizzata dalla TDR‑Metalurgija d.d. La ricorrente e la Donau Chemie erano le sole altre due imprese ad aver partecipato a tale riunione. Al punto 99 della decisione impugnata, la Commissione fa riferimento a due altre riunioni a Bratislava (Slovacchia) tra gli stessi tre produttori di tale prodotto. Aggiunge tuttavia che le questioni relative al carburo di calcio in granulato erano state altresì affrontate sia nell’ambito delle riunioni relative al carburo di calcio in polvere sia nel corso delle riunioni speciali che s’inscrivevano nel prolungamento delle prime (v. punti 101 e 108 della decisione impugnata).

75      Infine, soltanto l’Almamet, la Donau Chemie e la Ecka erano riguardate dall’accordo relativo al magnesio. Gli altri destinatari della decisione impugnata, ivi compresa la ricorrente, non producevano magnesio. Dal punto 125 della decisione impugnata consegue che la prima riunione tra le tre imprese interessate dal magnesio si è tenuta verso la fine del 2004 o all’inizio del 2005, ma che non è stato possibile accertarne la data esatta. La decisione impugnata fa riferimento a cinque altre riunioni relative a tale prodotto. Ad eccezione di quella del 2 maggio 2006, organizzata dalla Ecka che ne ha altresì assunto le spese (v. punto 129 della decisione impugnata), non viene precisato quale impresa abbia organizzato le riunioni. Tuttavia, il punto 115 della decisione impugnata rileva che le tre imprese che partecipavano a tale riunione assumevano a turno la responsabilità della loro organizzazione nonché le corrispondenti spese.

76      Tali circostanze depongono tutte contro la tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo la quale, in sostanza, l’infrazione controversa, per la sua stessa natura, necessitava l’esistenza di uno o di più capofila. Infatti, dalle considerazioni della decisione impugnata menzionata supra ai punti 71-73 risulta che tutti i partecipanti al cartello si trovavano su un piano paritario. Il fatto che l’Almamet abbia organizzato la prima riunione relativa al carburo di calcio in polvere e che la TDR‑Metalurgija abbia agito allo stesso modo per quanto riguarda il carburo di calcio in granulato non sembra rivestire un particolare significato. Nessun indizio nella decisione impugnata fa pensare che il ruolo di tali due imprese del cartello fosse stato più importante di quello delle altre.

77      Al contrario, dal punto 54 della decisione impugnata risulta che, secondo la Commissione, l’accordo relativo al carburo di calcio in polvere ha trovato la sua origine nella tendenza negativa manifestata dai prezzi di tale prodotto dall’inizio del XXI° secolo, unitamente ad un aumento del prezzo di produzione ed a un calo della domanda.

78      Secondo il punto 104 della decisione impugnata, un’analoga sensazione era diffusa sul mercato del carburo di calcio in granulato. Tale punto cita un «impiegato dell’Akzo Nobel» che avrebbe asserito che per tutti i fornitori del prodotto di cui trattasi «sembravano necessari aumenti di prezzo». Per quanto riguarda il magnesio, pure esso destinato all’industria siderurgica e sostituibile al carburo di calcio in polvere, la Commissione riconosce, al punto 113 della decisione impugnata, che la domanda di tale prodotto progrediva, ma aggiunge, senza essere contraddetta dalla ricorrente, che «i fornitori erano pure coscienti dell’aumento della forza dei loro clienti sul mercato» ed erano, inoltre, sotto una pressione sempre maggiore a seguito dell’arrivo, sul mercato, di nuovi concorrenti cinesi.

79      In un contesto siffatto, poco rileva chi abbia assunto l’iniziativa di organizzare una prima riunione, in quanto, così facendo, tale iniziativa non faceva che tradurre le sensazioni comuni di più produttori del prodotto di cui trattasi. Del resto, la ricorrente non ha esplicitato la sua affermazione secondo la quale un’infrazione quale quella nella specie considerata sarebbe difficilmente concepibile senza uno o più capifila, né ha invocato elementi concreti a suo sostegno. Inoltre, le sole questioni concrete evocate dalla ricorrente nei suoi argomenti, a prescindere dalla loro pertinenza ai fini della constatazione di eventuali circostanze aggravanti, sono state comunque affrontate essenzialmente nella decisione impugnata, come è stato rilevato supra al punto 71.

80      Da ciò consegue che l’affermazione della ricorrente secondo cui la Commissione avrebbe omesso di esaminare l’esistenza di eventuali circostanze aggravanti nei confronti di taluni altri partecipanti al cartello e con tale omissione avrebbe violato il principio di parità di trattamento non può essere condiviso. Di conseguenza, la seconda censura è infondata e dev’essere disattesa.

–       Sulla terza censura, relativa alle circostanze attenuanti

81      La ricorrente rimprovera alla Commissione di non aver riconosciuto l’esistenza di circostanze attenuanti che giustifichino una riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale, conformemente al punto 29 degli orientamenti. Invoca in questo contesto, in primo luogo, il carattere asseritamente negligente della sua partecipazione al cartello, in secondo luogo, il carattere passivo e limitato di tale partecipazione e, in terzo luogo, la sua asserita collaborazione con la Commissione, non presa in considerazione da quest’ultima, al di fuori dell’ambito di applicazione della «comunicazione sul trattamento favorevole del 2002/2006» e al di là dei suoi obblighi giuridici di cooperare.

82      In primo luogo, la ricorrente sostiene che, all’epoca dei fatti controversi, i membri della sua direzione erano persone che erano state educate e che hanno fatto carriera nelle condizioni di un’economia rigidamente regolata dal regime comunista anteriore al 1989. Quindi, almeno all’inizio del cartello, i dirigenti della ricorrente non sarebbero stati neppure coscienti dell’illiceità del loro comportamento anticoncorrenziale. Essi avrebbero considerato le riunioni del cartello come riunioni abituali di affari e avrebbero costituito oggetto di critiche dagli altri partecipanti in ragione dell’assenza di discrezione da parte loro. La ricorrente aggiunge che non aveva mai costituito prima l’oggetto di un’inchiesta o di una sanzione da parte di una qualsiasi autorità di concorrenza e considera che il carattere negligente della sua partecipazione al cartello avrebbe dovuto essere stata presa in considerazione quale circostanza attenuante.

83      La Commissione risponde che l’asserita infrazione è stata commessa più di quattordici anni dopo la fine del regime comunista cecoslovacco e che la Repubblica slovacca aveva adottato una legislazione che vieta accordi analoghi anche prima della sua adesione all’Unione europea. La ricorrente ribatte nella replica che tale argomento non tiene sufficientemente conto delle conseguenze, per i suoi dirigenti all’epoca dell’infrazione, del fatto che essi avevano passato una parte sostanziale e formatrice della loro carriera sotto un sistema differente da quello dell’economia di mercato.

84      Senza che si renda necessario entrare nei dettagli di tale dibattito tra le parti, si deve ricordare che l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 autorizza la Commissione a infliggere ammende alle imprese che hanno commesso un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 CE sia nel caso in cui tale infrazione sia stata deliberatamente commessa sia nel caso in cui essa sia stata commessa per negligenza.

85      Secondo costante giurisprudenza, affinché una violazione delle regole di concorrenza possa considerarsi dolosamente commessa non è necessario che l’impresa abbia avuto consapevolezza di contravvenire alle suddette regole, ma è sufficiente che essa non potesse ignorare che il suo comportamento aveva per oggetto di restringere la concorrenza nel mercato comune (v. sentenza della Corte dell’11 luglio 1989, Belasco e a./Commissione, 246/86, Racc. pag. 2117, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata, e sentenza del Tribunale del 14 dicembre 2006, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Racc. pag. II‑5169, punto 205 e la giurisprudenza ivi citata).

86      Nella specie, la ricorrente non nega di aver preso parte all’infrazione, ma, al contrario, nei suoi argomenti relativi alla presente censura «riconosce e non contesta [la sua responsabilità per il] comportamento anticoncorrenziale della sua precedente direzione». Orbene, dati i fatti che hanno costituito l’infrazione controversa, quali riassunti supra al punto 1, è chiaro che i membri della direzione della ricorrente che hanno partecipato per suo conto alle varie riunioni organizzate nell’ambito del cartello e, successivamente, hanno dato attuazione alle decisioni adottate nel corso di tali riunioni non potevano ignorare che il loro comportamento aveva per oggetto di restringere la concorrenza nel mercato comune. Tale è, infatti, la conseguenza diretta e immediata di una ripartizione dei mercati, di una fissazione di quote, di una ripartizione della clientela e di una fissazione dei prezzi tra più partecipanti nei medesimi mercati, poiché tutti tali comportamenti rientrano sotto l’oggetto dell’infrazione sanzionata dalla decisione impugnata.

87      Per contro, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 85 supra, è in questo contesto indifferente che i membri della direzione della ricorrente abbiano ignorato, in ragione della loro pregressa esperienza sotto l’ex regime comunista cecoslovacco o per qualsivoglia altra ragione, che un siffatto comportamento violava le regole di concorrenza nazionali o quelle previste dal diritto dell’Unione.

88      Come giustamente rilevato dalla Commissione, la conclusione secondo la quale i membri della direzione della ricorrente erano consapevoli dell’oggetto anticoncorrenziale del loro comportamento è corroborata dalle affermazioni della ricorrente contenute nella domanda di trattamento favorevole. La ricorrente ha ivi spiegato che i membri della sua direzione che hanno partecipato alle riunioni del cartello non avevano menzionato le informazioni ad esse relative nelle «relazioni di viaggio all’estero» che avevano redatto e di talune delle quali la Commissione era venuta in possesso nel corso di un’ispezione nei locali della ricorrente. Per evitare di lasciare una traccia scritta, i suddetti membri avrebbero presentato tali informazioni oralmente al direttore generale e al presidente del consiglio di amministrazione della ricorrente. Tale comportamento dei membri della direzione della ricorrente interessati può solo indicare che essi erano coscienti del carattere anticoncorrenziale, cioè illecito della loro partecipazione alle riunioni di cui trattasi, altrimenti risulterebbe difficile capire le ragioni per le quali essi volevano evitare ogni traccia scritta.

89      Da ciò consegue che non può essere rimproverato alla Commissione nessun errore per il fatto di non aver concesso alla ricorrente una riduzione dell’importo dell’ammenda per il motivo che quest’ultima avrebbe commesso l’infrazione per negligenza.

90      In secondo luogo, la ricorrente rimprovera alla Commissione di non aver tenuto conto, a titolo di circostanze attenuanti, del carattere passivo della sua partecipazione all’infrazione. Sostiene a questo proposito che i membri della sua direzione che l’avevano rappresentata nel corso delle varie riunioni del cartello non parlavano correntemente nessuna lingua straniera e dovevano fare ricorso ai servizi di un interprete. Peraltro, gli altri membri del cartello avrebbero fatto notare che il rappresentante della ricorrente, nel corso delle varie riunioni, adottava un comportamento passivo e non comunicava con gli altri partecipanti. La Commissione avrebbe riconosciuto essa stessa, nella comunicazione degli addebiti, che la ricorrente era il membro meno attivo del cartello, dal momento che non redigeva mai tabelle né raccoglieva dati relativi a membri del cartello assenti in una determinata riunione né comunicava siffatti dati agli altri membri. La ricorrente aggiunge che il cartello rivestiva ben maggiore importanza per l’Almamet, distributore dei suoi prodotti, e, di conseguenza, quest’ultima avrebbe potuto trarne profitto senza neppure parteciparvi. Sarebbe pertanto l’Almamet quella che avrebbe invitato la ricorrente a partecipare al cartello. Prima di tale invito, la ricorrente non avrebbe avuto alcun regolare contatto con gli altri membri del cartello.

91      Alla luce di tali argomenti, si deve rilevare che, secondo una costante giurisprudenza, qualora un’infrazione sia stata commessa da più imprese, ai fini della fissazione dell’importo delle ammende occorre determinare la gravità relativa della partecipazione di ciascuna di esse, il che implica, in particolare, l’accertamento dei ruoli rispettivamente svolti nell’infrazione durante il periodo della loro partecipazione. Tale conclusione costituisce la conseguenza logica del principio della personalità delle pene e delle sanzioni, secondo il quale un’impresa può essere sanzionata esclusivamente per fatti ad essa individualmente ascritti, principio applicabile in qualsiasi procedimento amministrativo che possa concludersi in sanzioni in forza delle regole di concorrenza del diritto dell’Unione (v. sentenza del Tribunale del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, Racc. pag. II‑4407, punti 277 e 278 nonché la giurisprudenza ivi citata).

92      Conformemente a tali principi, gli orientamenti prevedono, al paragrafo 29, una modulazione dell’importo di base dell’ammenda in funzione di determinate circostanze attenuanti che sono proprie a ciascuna impresa interessata. Tale paragrafo stabilisce, in particolare, un elenco indicativo delle circostanze attenuanti che possono essere prese in considerazione. Si deve tuttavia constatare che il «ruolo esclusivamente passivo o emulativo» di un’impresa nella realizzazione dell’infrazione non figura in tale elenco indicativo, mentre esso era espressamente previsto come circostanza attenuante al paragrafo 3, primo trattino, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA (GU 998, C 9, pag. 3), sostituiti dagli orientamenti.

93      A questo proposito si deve rilevare che, se come rilevato supra al punto 47, la Commissione non può discostarsi dalle regole che essa stessa si è imposta, essa è per contro libera di modificare tali regole o di sostituirle. In una fattispecie rientrante nell’ambito di applicazione delle nuove regole, quale il caso dell’infrazione controversa e, ratione temporis, nell’ambito di applicazione degli orientamenti quale risulta dal paragrafo 38 dei medesimi, non può rimproverarsi alla Commissione di non aver tenuto conto di una circostanza attenuante non prevista da tali nuove regole per il solo motivo che essa era prevista nelle regole precedenti. Infatti, il solo fatto che la Commissione abbia ritenuto, nella sua prassi decisionale precedente, che taluni elementi costituissero circostanze attenuanti ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda non implica che essa sia costretta a effettuare la medesima valutazione in una decisione successiva (sentenze del Tribunale del 14 maggio 1998, Mayr‑Melnhof/Commissione, T‑347/94, Racc. pag. II‑1751, punto 368, e del 20 marzo 2002, LR AF 1998/Commissione, T‑23/99, Racc. pag. II‑1705, punto 337).

94      Resta nondimeno che, come già rilevato al punto 92 supra, l’enumerazione delle circostanze attenuanti che possono essere prese in considerazione dalla Commissione al paragrafo 29 degli orientamenti non è tassativa. Di conseguenza, il fatto che gli orientamenti non enumerino, tra le circostanze attenuanti, il ruolo passivo di un’impresa che ha partecipato ad un’infrazione non osta a che sia presa a tal titolo in considerazione detta circostanza se è tale da dimostrare che la gravità relativa della partecipazione della suddetta impresa all’infrazione è meno importante.

95      Orbene, senza che si renda necessario determinare se quest’ultima condizione sia nella specie soddisfatta, è giocoforza constatare comunque che da nessuno degli elementi e argomenti invocati dalla ricorrente risulta che il suo ruolo nell’infrazione controversa fosse stato passivo o emulativo.

96      A questo proposito si deve ricordare, come giudicato dal Tribunale nella sentenza del 9 luglio 2003, Cheil Jedang/Commissione (T‑220/00, Racc. pag. II‑2473, punti 167 e 168), invocata dalla ricorrente stessa a sostegno dei suoi argomenti, che un siffatto ruolo passivo implica l’adozione da parte dell’impresa interessata di un «basso profilo», cioè un’assenza di partecipazione attiva all’elaborazione dell’accordo o degli accordi anticoncorrenziali. Tra gli elementi atti a evidenziare il ruolo passivo di un’impresa all’interno di un cartello possono annoverarsi il carattere notevolmente più sporadico delle sue partecipazioni alle riunioni rispetto ai membri ordinari dell’intesa, come pure il suo ingresso tardivo sul mercato che ha costituito oggetto dell’infrazione, indipendentemente dalla durata della sua partecipazione ad essa, o anche l’esistenza di dichiarazioni espresse in tal senso provenienti da rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all’infrazione.

97      Orbene, nella specie, in primo luogo, come rilevato giustamente dalla Commissione, la ricorrente ha partecipato a dieci delle undici riunioni relative al carburo di calcio in polvere (v. punti 64-88 della decisione impugnata) ed ha perfino organizzato due di esse. Ha altresì partecipato a tutte le riunioni relative al carburo di calcio in granulato menzionate nella decisione impugnata (v. punti 98 e 99 della decisione impugnata).

98      In secondo luogo, dalla decisione impugnata risulta che il contributo della ricorrente alle riunioni alle quali essa era presente era comparabile a quello degli altri partecipanti. Infatti, i summenzionati punti della decisione impugnata rilevano che i partecipanti alle varie riunioni comunicavano informazioni sui loro volumi di vendita e che, in seguito, veniva aggiornata la tabella della ripartizione del mercato. Inoltre, i prezzi da applicare erano discussi e occasionalmente erano decisi aumenti di prezzo (v., ad esempio, punti 67 e 68 della decisione impugnata). Nulla in tali indicazioni consente di concludere che il comportamento della ricorrente fosse stato passivo o più generalmente diverso da quello adottato dagli altri partecipanti. Al contrario, dal punto 73 della decisione impugnata risulta che, nella sua relazione interna sulla riunione del 24 gennaio 2005, la ricorrente aveva rilevato che era riuscita a compensare un aumento del prezzo del coke aumentando il prezzo del carburo di calcio. Peraltro, secondo il punto 110 della decisione impugnata, la ricorrente avrebbe espresso il suo accordo per concedere compensazioni alla Donau Chemie per le sue perdite di volume in Austria, dandole volumi aggiuntivi in Germania. Si tratta a tal riguardo di indicazioni univoche della partecipazione della ricorrente alle riunioni quantomeno tanto attiva quanto quella degli altri membri del cartello.

99      In terzo luogo, l’affermazione della ricorrente secondo la quale essa non avrebbe mai comunicato, nel corso di una riunione, i dati forniti da un altro membro dell’intesa assente in tale riunione appare certamente esatta alla lettura della decisione impugnata, ma non consente di concludere che la sua partecipazione al cartello fosse stata passiva. Infatti, dalla decisione impugnata risulta che la maggior parte dei membri del cartello erano presenti in occasione delle riunioni. Il fatto che, occasionalmente, un membro non poteva partecipare ad una determinata riunione e trasmetteva i dati che lo interessavano ad un altro membro che, successivamente, li presentava nel corso della riunione di cui trattasi (v., a titolo di esempio, il punto 83 della decisione impugnata, secondo cui l’Akzo Nobel non poteva partecipare alla riunione del 25 aprile 2006, ma aveva previamente comunicato le cifre che la riguardavano alla Donau Chemie) non pare aver rivestito particolare importanza e non costituisce di per sé un’indicazione di una partecipazione più attiva del membro dell’accordo che ha fornito un siffatto servizio ad un altro membro assente.

100    In quarto luogo, l’affermazione della ricorrente secondo la quale gli altri membri del cartello avrebbero fatto allusione al comportamento passivo del suo rappresentante nel corso delle riunioni non è suffragata da alcuna prova.

101    Per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo la quale nella comunicazione degli addebiti sarebbe stato riconosciuto che essa era il membro meno attivo del cartello, il Tribunale le ha chiesto, nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, di produrre l’estratto della predetta comunicazione cui essa faceva riferimento. Rispondendo a tale richiesta, la ricorrente ha fatto presente, in sostanza, che il riferimento, nella comunicazione degli addebiti, al fatto che l’Almamet aveva assunto l’iniziativa per l’organizzazione delle riunioni del cartello, al fatto che le successive riunioni erano presiedute dai rappresentanti della SKW Stahl‑Metallurgie e al fatto che il rappresentante della Donau Chemie era sovente incaricato di aggiornare e di distribuire le tabelle scambiate tra i partecipanti, mentre la ricorrente stessa non era sovente specificamente evocata nel corso della descrizione delle differenti riunioni, costituirebbe un indizio del suo ruolo passivo nel cartello.

102    È giocoforza constatare che la ricorrente non invoca nessun espresso riconoscimento, figurante nella comunicazione degli addebiti, del suo ruolo che si presume passivo nel cartello. Infatti, la ricorrente riconosce implicitamente che l’affermazione di cui trattasi al punto precedente non si ritrova, in quanto tale, da nessuna parte nella comunicazione degli addebiti, ma ne costituisce la sua propria interpretazione. Orbene, tale interpretazione non può essere condivisa. Come rilevato supra al punto 99, il solo fatto che taluni partecipanti al cartello abbiano assunto taluni compiti amministrativi in occasione delle differenti riunioni del cartello non è sufficiente per concludere che il ruolo di altri partecipanti fosse stato passivo. Tale è a maggior ragione il caso dal momento che la ricorrente non ha contestato di avere essa stessa organizzato due riunioni per la parte del cartello relativa al carburo di calcio in polvere (v. punto 73 supra).

103    In quinto luogo, la questione del livello di conoscenza delle lingue straniere dei due membri della direzione della ricorrente che l’hanno rappresentata nel corso della riunione del cartello è priva di pertinenza. Infatti, quali che possano essere state tali conoscenze, ciò che conta è il fatto che, come già rilevato supra al punto 98, la ricorrente ha preso parte alle suddette riunioni in modo attivo tanto quanto gli altri membri del cartello, cioè che essa ha comunicato i dati relativi alle sue vendite, ha avuto conoscenza degli analoghi dati degli altri membri del cartello e ha preso impegni circa la ripartizione dei pertinenti mercati, la fissazione delle quote, la ripartizione della clientela nonché la fissazione dei prezzi. Il fatto, ammesso che risulti accertato, che, in ragione di una mancanza di conoscenze linguistiche, l’interazione sociale tra i rappresentanti della ricorrente e quella degli altri membri del cartello fosse stata ristretta è, a tal proposito, indifferente.

104    In sesto luogo, il fatto che la ricorrente avrebbe tratto profitto dal cartello senza parteciparvi, in ragione della partecipazione dell’Almamet, ammesso che fosse dimostrato, non costituisce né una giustificazione per la sua partecipazione al cartello né una circostanza attenuante.

105    Comunque, tale affermazione della ricorrente smentisce le sue stesse dichiarazioni contenute nella domanda di trattamento favorevole, come giustamente rilevato dalla Commissione. Da tale domanda risulta infatti che la ricorrente si proponeva di aumentare il prezzo di vendita dei suoi prodotti all’Almamet. Quest’ultima avrebbe risposto, in sostanza, che un siffatto aumento l’avrebbe obbligata ad aumentare i prezzi di vendita che praticava ai suoi clienti finali e che questi ultimi si sarebbero opposti ad un siffatto aumento. L’Almamet avrebbe allora rilevato che la sola soluzione sarebbe consistita nell’organizzazione di una riunione dei produttori e dei fornitori interessati, in vista di un aumento dei prezzi. La ricorrente avrebbe risposto che, a prescindere dal modo in cui l’Almamet avrebbe deciso di affrontare il problema, quest’ultimaa doveva accettare un aumento dei prezzi di acquisto presso di essa. Tali affermazioni della ricorrente stanno ad indicare che l’Almamet ha preso l’iniziativa di organizzare la prima riunione relativa al carburo di calcio in polvere a seguito della pressione esercitata dalla ricorrente e che quest’ultima, la quale era al corrente di tale iniziativa, non solo non l’ha scoraggiata e non se ne è dissociata, ma al contrario ha mantenuto la pressione insistendo su un aumento dei prezzi. Tali affermazioni non confermano la tesi secondo la quale la partecipazione della ricorrente era passiva, ma al contrario la indeboliscono considerevolmente.

106    Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve concludere che la Commissione giustamente non ha preso in considerazione in quanto circostanza attenuante il carattere che si presume passivo della partecipazione della ricorrente all’infrazione.

107    In terzo luogo, la ricorrente considera che la sua effettiva collaborazione con la Commissione avrebbe dovuto essere presa in considerazione da quest’ultima in quanto circostanza attenuante. Sostiene a questo proposito che ha accettato la sua parte di responsabilità dell’infrazione pur esprimendo il suo dissenso con il carattere eccessivo della valutazione della gravità relativa della sua partecipazione all’infrazione e dell’ammenda inflittale. Considera che le sue ammissioni circa la partecipazione dei membri della sua direzione alle riunioni del cartello e il fatto di aver confermato l’esistenza stessa di un’intesa orizzontale volta alla fissazione dei prezzi non costituiscono una semplice assenza di contestazione dei fatti accertati dalla Commissione, come lascia intendere al punto 327 della decisione impugnata. Aggiunge di non aver tentato di contestare ognuna delle conclusioni della Commissione circa la controversa infrazione, ma che aveva piuttosto l’intenzione di assistere la Commissione nella sua inchiesta. Rileva a questo proposito che più punti della decisione impugnata rinviano alle sue dichiarazioni quali elementi di prova. In particolare, la ricorrente menziona, a titolo di esempio, le note a piè di pagina nn. 100, 104, 106, 111, 118, 146-150, 158, 161, 174, 180, 182-185, 188, 190, 194 e 617 della decisione impugnata.

108    Nella replica, la ricorrente rileva che i suoi argomenti sono confermati altresì dal controricorso della Commissione il quale contiene, a suo avviso, numerosi rinvii alla domanda di trattamento favorevole. Sostiene peraltro che, sanzionando un’impresa per la sua cooperazione invece di compensarla, la Commissione capovolge l’obiettivo dei dispositivi di cooperazione quali risultano dalla «comunicazione sul trattamento favorevole del 2002/2006» e viola i principi di buona amministrazione della giustizia e del divieto dell’autoincriminazione. Considera che, in tali condizioni, gli argomenti della Commissione suffragati da riferimenti alla domanda di trattamento favorevole e dalle relative prove debbono essere disattesi in quanto privi di pertinenza.

109    Per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente riassunti al punto precedente, si deve rilevare che certamente, come giustamente sostenuto dalla Commissione, l’uso da parte di quest’ultima, nelle sue memorie dinanzi al Tribunale, della domanda di trattamento favorevole della ricorrente non può né incidere sulla validità della decisione impugnata, dal momento che essa è intervenuta successivamente, né costituire un utile indizio del valore aggiunto di tale dichiarazione rispetto agli altri elementi di prova di cui la Commissione disponeva. Resta cionondimeno che gli argomenti della ricorrente pongono la questione della liceità dell’utilizzo della domanda di trattamento favorevole nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale. Occorre pertanto esaminare innanzitutto tale questione, tenuto conto dei numerosi riferimenti alla domanda di trattamento favorevole figuranti negli argomenti dedotti dalla Commissione.

110    A questo proposito occorre constatare che la cooperazione a titolo della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002 riveste carattere puramente volontario da parte dell’impresa interessata. Questa non è infatti in alcun modo costretta a fornire elementi di prova circa il presunto cartello. Il grado di cooperazione che l’impresa auspica fornire nel corso del procedimento amministrativo rientra pertanto esclusivamente nella sua libera scelta e non è in alcun modo imposto dalla suddetta comunicazione (v., in tal senso, sentenza della Corte del 14 luglio 2005, ThyssenKrupp/Commissione, C‑65/02 P e C‑73/02 P, Racc. pag. I‑6773, punto 52, e conclusioni dell’avvocato generale Léger presentate in tale causa, Racc. pag. I‑6777, punto 140).

111    Peraltro, il paragrafo 31 della comunicazione sul trattamento favorevole del 2006, che trova nella specie applicazione (v. punto 27 supra), mette, tra l’altro, in evidenza che «ogni dichiarazione presentata alla Commissione ai sensi della presente comunicazione entra a far parte del fascicolo istruttorio della Commissione e può quindi essere utilizzata come prova». Da ciò consegue che, dopo la pubblicazione della comunicazione sul trattamento favorevole del 2006, un’impresa che, come la ricorrente nella specie, decide di presentare una dichiarazione al fine di ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda è consapevole del fatto che, dal momento che una riduzione le sarà concessa solo se, a parere della Commissione, sono soddisfatte le condizioni previste nella comunicazione per una riduzione, la dichiarazione costituirà comunque parte del fascicolo e potrà essere invocata a titolo di prova, anche contro il suo autore.

112    Avendo pertanto liberamente e con piena cognizione di causa scelto di presentare una siffatta dichiarazione, l’impresa interessata non può utilmente avvalersi della giurisprudenza relativa al divieto dell’autoincriminazione. Da tale giurisprudenza risulta in particolare che la Commissione non può imporre ad un’impresa l’obbligo di apportare risposte in forza delle quali questa sarà indotta a riconoscere l’esistenza dell’infrazione di cui spetta alla Commissione fornire la prova (sentenze della Corte del 18 ottobre 1989, Orkem/Commissione, 374/87, Racc. pag. 3283, punti 34 e 35; del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punti 61 e 65, e ThyssenKrupp/Commissione, punto 110 supra, punto 49). Orbene, nella specie, la ricorrente, dal momento che ha presentato la domanda di trattamento favorevole di sua propria volontà e senza esservi obbligata, non può utilmente avvalersi del suo diritto di non essere costretta dalla Commissione a confessare la sua partecipazione ad un’infrazione (v., in tale senso, sentenza della Corte del 25 gennaio 2007, Dalmine/Commissione, C‑407/04 P, Racc. pag. I‑829, punto 35).

113    Di conseguenza, la ricorrente non può rimproverare alla Commissione di essersi avvalsa della domanda di trattamento favorevole nelle sue memorie dinanzi al Tribunale.

114    Per quanto, poi, riguarda la questione se la suddetta domanda sia costitutiva di un’effettiva cooperazione idonea ad essere presa in considerazione in quanto circostanza attenuante ai sensi del paragrafo 29, quarto trattino, degli orientamenti, va rilevato che l’applicazione di tale disposizione degli orientamenti non può produrre la conseguenza di privare la comunicazione sul trattamento favorevole del 2002 del suo effetto utile. Infatti, si deve constatare che la comunicazione sul trattamento favorevole del 2002 stabilisce le linee generali per ricompensare la cooperazione all’indagine della Commissione fornite da imprese che sanno che hanno fatto parte di cartelli segreti aventi ripercussioni negative sull’Unione. Dalla formulazione e dalla ratio della suddetta comunicazione risulta che le imprese possono, in linea di principio, ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo della loro cooperazione solo quando soddisfano alle rigide condizioni in essa previste (sentenze del Tribunale del 17 maggio 2011, Arkema Francia/Commissione, T‑343/08, Racc. pag. II‑2287, punto 169; del 5 ottobre 2011, Transcatab/Commissione, T‑39/06, Racc. pag. II‑6831, punto 329, e del 30 novembre 2011, Quinn Barlo e a./Commissione, T‑208/06, Racc. pag. II‑7953, punto 271).

115    Pertanto, al fine di preservare l’effetto utile della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, ad un’impresa va concessa una riduzione dell’importo dell’ammenda sulla base del paragrafo 29, quarto trattino, degli orientamenti solo in situazioni eccezionali. Tale caso si presenta in particolare allorché la cooperazione di un’impresa, pur andando al di là del suo obbligo legale di cooperare senza tuttavia conferirle il diritto ad una riduzione dell’ammenda ai sensi della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, riveste un’utilità obiettiva per la Commissione. Una siffatta utilità deve essere constatata allorché la Commissione si avvale, nella sua decisione finale, di elementi di prova che un’impresa le ha fornito nell’ambito della sua cooperazione ed in assenza dei quali la Commissione non sarebbe stata in grado di sanzionare in tutto o in parte l’infrazione di cui trattasi (sentenze Arkema Francia/Commissione, punto 114 supra, punto 170; Transcatab/Commissione, punto 114 supra, punto 330, e Quinn Barlo e a./Commissione, punto 114 supra, punto 270).

116    Nella specie, come risulta dal punto 358 della decisione impugnata, la Commissione ha considerato che le informazioni contenute nella domanda di trattamento favorevole non fornivano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi che aveva già in suo possesso ed ha pertanto deciso di non concedere una riduzione dell’importo dell’ammenda alla ricorrente (v., altresì, punto 38 supra).

117    Spetta alla ricorrente identificare gli elementi contestati della decisione impugnata e apportare prove, che possono essere costituite da indizi seri volti a dimostrare che le sue censure sono fondate (v., in tal senso, sentenza KME Germany e a./Commissione, punto 50 supra, punto 132). Orbene, come risulta dal riassunto degli argomenti della ricorrente di cui supra al punto 107, il solo concreto argomento da essa invocato per inficiare la valutazione della decisione impugnata, quale riassunto al punto precedente, attiene al fatto che tale decisione rinvia in più punti alle sue dichiarazioni contenute, in particolare, nella domanda di trattamento favorevole.

118    Si deve rilevare che, nel corso della fase amministrativa del procedimento, la ricorrente e la sua società madre avevano invocato un analogo argomento che deduce l’utilizzo da parte della Commissione di informazioni fornite dalla ricorrente. Tale argomento è stato respinto dalla Commissione al punto 359 della decisione impugnata. La Commissione ha spiegato che il criterio pertinente non era l’uso che essa faceva dell’informazione fornita da un partecipante al cartello, ma piuttosto l’eventuale valore aggiunto significativo di tale informazione. Il fatto di fornire ulteriori informazioni su ciò che è già noto non costituirebbe un’aggiunta significativa di valore. La Commissione ha altresì fatto presente, al medesimo punto, che la ricorrente non aveva menzionato, nelle informazioni da essa fornite, il fatto che il comportamento anticoncorrenziale si estendeva al carburo di calcio in granulato mentre la sua implicazione, anche per questa parte dell’infrazione, era chiaramente documentata.

119    La considerazione secondo la quale informazioni fornite da un partecipante all’infrazione non presentano un’utilità obiettiva quando vertono su fatti noti alla Commissione e per i quali quest’ultima già dispone di sufficienti prove è conforme alla giurisprudenza menzionata supra al punto 115 e dev’essere pertanto condivisa.

120    Si pone in tal caso la questione se tale fosse stato effettivamente il caso per quanto riguarda le informazioni fornite dalla ricorrente, in particolare nella domanda di trattamento favorevole. Orbene, la ricorrente a tal proposito si limita a invocare i rinvii operati alle sue dichiarazioni, quali figurano nella decisione impugnata, senza spiegare quali fossero gli elementi di informazione o di prova concreti che essa ha fornito alla Commissione e dei quali quest’ultima non disponeva prima.

121    Peraltro, si deve rilevare che tra le numerose note a piè di pagina della decisione impugnata, invocate dalla ricorrente nella sua argomentazione, solo tre fanno unicamente rinvio alle dichiarazioni della ricorrente. Le altre note a piè di pagina evocate menzionano anche sia documenti ottenuti dalla Commissione nel corso delle ispezioni, sia dichiarazioni dell’Akzo Nobel e della Evonik Degussa che, come menzionato supra al punto 39, hanno beneficiato di una immunità e, rispettivamente, di una riduzione dell’importo dell’ammenda proprio a titolo della loro cooperazione. Queste altre note a piè di pagina confermano pertanto la tesi della Commissione secondo la quale le informazioni fornite dalla ricorrente avevano ad oggetto fatti già noti e sufficientemente suffragati da elementi di prova.

122    Le tre note a piè di pagina che menzionano soltanto le dichiarazioni della ricorrente sono quelle recanti i numeri 111, 118 e 617. La nota a piè di pagina n. 111 fa riferimento alla domanda di trattamento favorevole per suffragare l’affermazione figurante al punto 56, ultima frase, della decisione impugnata, secondo la quale nel corso di ciascuna riunione del cartello i partecipanti si accordavano in linea generale sulla data e sul luogo della prossima riunione. Ammesso che tale informazione fosse stata messa a conoscenza della Commissione solo dalla ricorrente, non si tratta chiaramente di un elemento significativo di obiettiva utilità, ma piuttosto di un elemento del tutto secondario.

123    La nota a piè di pagina n. 118 fa riferimento ad una dichiarazione della ricorrente, resa il 18 febbraio 2008, per suffragare le informazioni, figuranti al punto 57, quinto trattino, della decisione impugnata, relativa alle funzioni esercitate dalle persone che hanno rappresentato la ricorrente nel corso delle riunioni relative al carburo di calcio in polvere. Dal momento che tali indicazioni riguardavano specificamente la ricorrente, è comprensibile che, a loro proposito, fosse stato fatto riferimento solo al documento da essa fornito. Ad ogni modo, le funzioni esercitate dalle persone che hanno rappresentato la ricorrente nel corso delle riunioni di cui trattasi erano per la Commissione solo di utilità marginale, e questo tanto più che la ricorrente non aveva contestato né contesta di aver preso parte a dette riunioni o più generalmente a tale parte dell’infrazione.

124    Infine, la nota a piè di pagina n. 617 integra l’affermazione, figurante al punto 294 della decisione impugnata, secondo la quale l’infrazione controversa rientrava tra le restrizioni della concorrenza più gravi con riferimento ad un’analoga affermazione contenuta nella risposta della ricorrente alla comunicazione degli addebiti. Quindi, in tal caso il riferimento agli scritti della ricorrente nel corso della fase amministrativa del procedimento non riguarda neppure un elemento di fatto o di prova, bensì una mera valutazione della gravità dell’infrazione. Con tutta evidenza, neppure in questo caso può esservi questione di un elemento di obiettiva utilità.

125    Da ciò consegue che l’affermazione della ricorrente secondo cui vari riferimenti alle sue dichiarazioni nella decisione impugnata stanno a dimostrare la loro utilità per l’inchiesta della Commissione non può essere condivisa.

126    Si deve altresì rilevare che la ricorrente non ha contestato l’affermazione figurante al punto 359 della decisione impugnata secondo cui essa aveva evitato di menzionare, nella domanda di trattamento favorevole, il fatto che il comportamento anticoncorrenziale controverso riguardava anche il carburo di calcio in granulato. Infatti, i punti 92-112 della decisione impugnata, che vertono sulle riunioni relative al carburo di calcio in granulato, contengono solo tre rinvii alla domanda di trattamento favorevole (note a piè di pagina nn. 241, 249 e 276) dei quali nessuno pare essere stato di obiettiva utilità ai fini dell’inchiesta della Commissione relativa a tale aspetto dell’infrazione. In particolare, il rinvio alla nota a piè di pagina n. 249 riguarda un’informazione insignificante, nella specie il fatto che la riunione del 7 aprile 2004 è stata preceduta alla vigilia da una colazione, mentre le informazioni figuranti alle note a piè di pagina nn. 241 e 276 fanno riferimento al fatto che, in due occasioni, taluni partecipanti al cartello, tra cui la ricorrente, hanno rifiutato una proposta della Donau Chemie di discutere il prezzo del carburo di calcio in granulato (v., rispettivamente, punti 95 e 108 della decisione impugnata).

127    Da ciò consegue che la ricorrente, quand’anche non contestasse la sua partecipazione all’aspetto dell’infrazione relativa al carburo di calcio in granulato, si è ben guardata dal rilevare, nella domanda di trattamento favorevole, gli elementi di fatto e di prova che avrebbero potuto presentare una certa utilità per l’inchiesta della Commissione relativa a tale aspetto dell’infrazione. Si tratta di un elemento aggiuntivo che depone egualmente contro il riconoscimento del carattere obiettivamente utile dell’asserita cooperazione della ricorrente.

128    Da tutto quanto sopra considerato consegue che gli argomenti della ricorrente secondo i quali la sua asserita effettiva cooperazione con la Commissione avrebbe dovuto essere stata presa in considerazione a titolo di circostanza attenuante non possono essere condivisi.

129    Poiché nessuno degli argomenti invocati dalla ricorrente per dimostrare che avrebbero dovuto essere state prese in considerazione nei suoi confronti circostanze attenuanti è stato accolto, si deve concludere che la terza censura della ricorrente è infondata e dev’essere respinta.

–       Sulla quarta censura, relativa alla riduzione dell’importo dell’ammenda concessa all’Almamet

130    Nel ricorso, la ricorrente rileva che, nella decisione impugnata, la Commissione ha concesso una riduzione dell’importo dell’ammenda all’Almamet (v. punto 41 supra) in ragione della sua asserita incapacità contributiva, senza il minimo ragionevole motivo, mentre è stata respinta un’analoga domanda della ricorrente, il che è del resto da quest’ultima contestato con il suo secondo motivo. La riduzione concessa all’Almamet costituirebbe una grave violazione dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento, e questo tanto più che l’Almamet sarebbe uno dei capofila dell’infrazione.

131    La Commissione ha precisato dinanzi al Tribunale che la riduzione dell’importo dell’ammenda concessa all’Almamet era fondata sul paragrafo 37 degli orientamenti e non sul paragrafo 35. La ricorrente ha replicato che tale precisazione rendeva a maggior ragione convincente la sua censura con la quale deduce la violazione dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento. Dalle spiegazioni figuranti ai punti 369-371 della decisione impugnata risulterebbe che il rischio di fallimento dell’Almamet sarebbe debole e che persino una siffatta eventualità non comporterebbe la perdita totale del valore degli attivi di tale impresa. La ricorrente considera di aver dimostrato che la sua situazione finanziaria era peggiore di quella dell’Almamet. Peraltro, le caratteristiche dell’Almamet, enumerate al punto 372 della decisione impugnata per motivare la riduzione dell’importo dell’ammenda concessale, sarebbero comparabili a quelle della ricorrente, di modo che, salvo violare in modo chiaro e manifesto il principio di parità di trattamento, la Commissione sarebbe tenuta a concederle una riduzione analoga dell’importo dell’ammenda.

132    Si deve di primo acchito constatare, dalla lettura dei punti 369-371 della decisione impugnata che la Commissione è giunta alla conclusione che la domanda dell’Almamet, fondata sul paragrafo 35 degli orientamenti, non poteva essere accolta.

133    Tuttavia, al punto 372 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato che, «senza pregiudizio della precedente analisi», si deve tener conto del fatto che l’Almamet era un commerciante indipendente di dimensioni molto modeste che non apparteneva ad alcun grande gruppo di società. L’Almamet sarebbe attiva nel commercio di materiali di valore elevato con un margine di profitto piuttosto ridotto e avrebbe un «portafoglio di prodotti relativamente centralizzato». La Commissione ha aggiunto che era stato egualmente tenuto conto «del fatto che l’ammenda imposta avrebbe avuto un impatto relativamente elevato sulla situazione finanziaria di tale tipo di società». La Commissione ha concluso che, in considerazione di tali «speciali caratteristiche» dell’Almamet, considerava che una riduzione dell’importo dell’ammenda del 20% era appropriata, dal momento che l’Almamet sarebbe stata comunque sufficientemente dissuasa da un’ammenda di tale livello. La Commissione ha fatto rinvio alla nota a piè di pagina n. 685, al paragrafo 37 degli orientamenti. Ha altresì sottolineato, all’ultima frase del punto 372 della decisione impugnata, che, tenuto conto dell’adattamento dell’ammenda da infliggere all’Almamet, la «conclusione [enunciata] al punto (371) [secondo la quale] l’ammenda imposta [aveva] scarse possibilità di pregiudicare irrimediabilmente l’efficienza economica dell’Almamet, resta egualmente valida».

134    Da ciò consegue che la ricorrente non può invocare una qualsiasi disparità di trattamento rispetto all’Almamet, per quanto riguarda le sue domande di riduzione dell’importo dell’ammenda fondate sul paragrafo 35 degli orientamenti, dal momento che tali domande sono state entrambe respinte. Come precisato dalla Commissione nel controricorso, concedendo una riduzione del 20% all’Almamet, si è avvalsa della facoltà riservatale al paragrafo 37 degli orientamenti di discostarsi, in tutto o in parte, dalla metodologia per la fissazione delle ammende esposta in tali orientamenti, al fine di tener conto delle specificità di un determinato caso. Il rinvio alla nota a piè di pagina n. 685, al suddetto paragrafo 37, conferma tale conclusione, la quale è egualmente confermata dal punto 361 della decisione impugnata, in cui l’importo dell’ammenda da imporre all’Almamet è indicato in EUR 3,8 milioni «prima della riduzione [conformemente al paragrafo] 37» degli orientamenti.

135    Orbene, dalla giurisprudenza menzionata supra al punto 47 risulta che la Commissione potrebbe discostarsi dai propri orientamenti solo nell’ipotesi in cui la differenziazione di trattamento tra più partecipanti ad un’infrazione che ne risulterebbe fosse compatibile con il principio di parità di trattamento. Secondo una costante giurisprudenza, infatti, tale principio richiede che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo che ciò non risulti obiettivamente giustificato (v. sentenza della Corte del 29 aprile 2004, Novartis Pharmaceuticals, C‑106/01, Racc. pag. I‑4403, punto 69 e la giurisprudenza ivi citata).

136    Ciò considerato, la presente censura della ricorrente può essere intesa solo nel senso che deduce che la Commissione avrebbe dovuto discostarsi dagli orientamenti anche nel suo caso per concederle la stessa riduzione di ammenda che ha concesso all’Almamet. Una siffatta censura potrebbe avere esito positivo solo nell’ipotesi in cui la disparità di trattamento apparente tra l’Almamet, alla quale l’ammenda è stata ridotta del 20%, e la ricorrente, che non ha beneficiato di una siffatta riduzione, non risultasse compatibile con il principio di parità di trattamento. Dalla giurisprudenza citata al punto precedente risulta che, affinché tale sia il caso, tali due società dovrebbero trovarsi in una situazione comparabile.

137    Com’è stato rilevato supra (punto 133), la decisione impugnata ha enumerato talune «specificità» dell’Almamet per giustificare la riduzione dell’importo dell’ammenda concessale. Si deve rilevare che, infatti, un’impresa che presenta tali caratteristiche si trova, dal punto di vista di un’eventuale riduzione dell’ammenda al di fuori dei casi specificamente previsti negli orientamenti, in una situazione diversa da quella di un’impresa che non presenta le suddette caratteristiche.

138    In primo luogo, si deve ricordare che l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 dispone che, per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio precedente. Secondo la giurisprudenza, il massimale relativo al fatturato è inteso ad evitare che le ammende inflitte dalla Commissione siano sproporzionate rispetto all’importanza dell’impresa interessata (sentenze della Corte Musique Diffusion française e a./Commissione, punto 45 supra, punto 119, e del 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, C‑76/06 P, Racc. pag. I‑4405, punto 24).

139    Orbene, tale massimale non è sufficiente per evitare il carattere eventualmente sproporzionato dell’ammenda inflitta nel caso di un operatore attivo nel commercio di materiali di valore elevato con un margine di profitto ridotto come l’Almamet. Infatti, in ragione del valore elevato dei materiali di cui trattasi, una siffatta impresa può presentare un fatturato sproporzionatamente elevato rispetto ai suoi profitti e ai suoi attivi, che saranno destinati al pagamento dell’ammenda.

140    In secondo luogo, dal momento che, secondo la metodologia degli orientamenti, l’ammenda è fissata prendendo come punto di partenza una proporzione del valore delle vendite realizzate dall’impresa in considerazione sul mercato interessato dall’infrazione (v. punto 21 supra), il rischio di un’ammenda sproporzionata, dal momento che rappresenta una parte molto significativa del fatturato globale della suddetta impresa, è, a maggior ragione, più elevato nel caso di un’impresa la quale, come l’Almamet, dispone di un «portafoglio di prodotti relativamente centralizzato».

141    In terzo luogo, il fatto che l’Almamet fosse un’impresa di dimensioni molto piccole che non apparteneva ad alcun grande gruppo è pure pertinente, dal momento che dovrebbe fare fronte all’ammenda da sola e nessun’altra società è con essa responsabile in solido per il pagamento di tale ammenda o, più in generale, in grado di fornirle il suo sostegno a tal fine.

142    La ricorrente non ha contestato il fatto che l’Almamet presentava effettivamente le specificità enumerate al punto 372 della decisione impugnata per giustificare la riduzione dell’importo dell’ammenda concessole. Al fine di rispondere alla presente censura della ricorrente, si deve, di conseguenza, esaminare solo se quest’ultima presentasse egualmente tali medesime specificità.

143    La ricorrente sostiene che tale sia il caso, ma deduce a tal proposito argomenti vaghi e generici, senza procedere ad una comparazione dettagliata tra la sua situazione e quella dell’Almamet, dal punto di vista delle specificità di quest’ultima evocate al punto 372 della decisione impugnata. Inoltre, come giustamente rilevato dalla Commissione, la ricorrente riconosce essa stessa che il suo portafoglio di prodotti non è così concentrato quanto quello dell’Almamet. Del resto, se afferma di vendere i suoi prodotti ottenendo un margine molto debole, non ha né dettagliato tale affermazione né l’ha suffragata con un qualsiasi elemento di prova. Inoltre, si deve constatare che la ricorrente è un produttore e non un commerciante, come l’Almamet, e che, contrariamente a quest’ultima, apparteneva all’epoca dell’infrazione ad un gruppo di società e ad essa è stata inflitta l’ammenda in solido con la sua società madre.

144    Peraltro, la Commissione ha fatto altresì rilevare, giustamente, che il fatturato globale della ricorrente nel corso dell’ultimo completo esercizio prima della decisione impugnata ammontava a EUR 205 milioni (punto 24 della decisione impugnata), mentre quello dell’Almamet oscillava tra i 45 e i 50 milioni di EUR (punto 15 della decisione impugnata). In altre parole, esisteva una differenza considerevole di dimensioni tra tali due imprese. Da queste medesime considerazioni della decisione impugnata risulta altresì che, nel caso dell’Almamet, circa il 50% del suo fatturato globale era realizzato con prodotti interessati dall’infrazione, mentre per la ricorrente, tale proporzione era del 10%, cioè di gran lunga meno elevata.

145    Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente rispondendo ad un quesito rivoltogli per iscritto dal Tribunale, il fatturato globale, considerevolmente meno elevato dell’Almamet non ha costituito il criterio determinante sul quale la Commissione si è fondata per concedere una riduzione dell’importo dell’ammenda all’Almamet. Come è stato rilevato supra al punto 133, tale decisione è giustificata dal riferimento a talune specificità dell’Almamet, le quali non trovano applicazione per la ricorrente. La differenza tra i fatturati globali e, quindi, di dimensione tra tali due imprese costituisce un elemento aggiuntivo, invocato dalla Commissione dinanzi al Tribunale, per dimostrare che le due imprese non si trovavano nella medesima situazione. Si deve inoltre aggiungere che, contrariamente a quanto sembra sostenere la ricorrente, dalla decisione impugnata non risulta che le difficoltà finanziarie nelle quali versava l’Almamet avrebbero avuto un ruolo determinante per quanto riguarda la decisione della Commissione di concederle una riduzione dell’importo dell’ammenda in forza del paragrafo 37 degli orientamenti.

146    La Commissione nelle sue memorie ha altresì fatto valere le relazioni annuali della ricorrente a titolo degli esercizi 2007 e 2008 e, su richiesta del Tribunale nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, le ha prodotte. Dalle suddette relazioni risulta che, nel 2007, il carburo di calcio e i gas tecnici hanno costituito il 30,63% delle vendite della ricorrente e che i medesimi prodotti avevano contribuito per il 28,95% alle sue esportazioni. Tali informazioni corroborano la conclusione secondo la quale il portafoglio di prodotti della ricorrente era significativamente meno concentrato di quello dell’Almamet.

147    Per quanto, infine, riguarda l’affermazione della ricorrente secondo la quale l’Almamet era uno dei capofila dell’infrazione controversa, basta ricordare che, come risulta dai punti 76-79 supra, la Commissione non ha considerato una siffatta circostanza aggravante nei confronti dell’Almamet o di un altro partecipante all’infrazione e nulla negli argomenti della ricorrente consente di constatare che tale conclusione sia errata.

148    Alla luce di tutto quanto sopra considerato, la quarta censura della ricorrente è infondata e dev’essere disattesa.

–       Sulla quinta censura, relativa all’ammenda in quanto calcolata in proporzione dei fatturati globali dei destinatari della decisione impugnata

149    A sostegno della quinta censura dedotta nell’ambito del primo motivo, la ricorrente ricorda nel suo atto introduttivo, in primo luogo, la giurisprudenza secondo la quale la fissazione di un’ammenda appropriata per un’infrazione alle regole di concorrenza non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato globale dell’impresa interessata, facendo riferimento alla sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, punto 45 supra (punto 121) e, in secondo luogo, la giurisprudenza secondo la quale la Commissione non è tenuta, all’atto della determinazione dell’importo delle ammende in funzione della gravità e della durata dell’infrazione in considerazione, ad assicurare, nel caso in cui vengano inflitte ammende a più imprese implicate in una medesima infrazione, che gli importi finali delle ammende cui porta il suo calcolo per le imprese interessate riflettano ogni differenza tra di esse per quanto riguarda il loro fatturato globale e il loro fatturato pertinente, facendo riferimento alla sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 47 supra (punto 312). Fa altresì riferimento ai paragrafi 6 e 27 degli orientamenti dai quali risulta, a suo avviso, che la fissazione dell’importo dell’ammenda non può risultare da un metodo di calcolo automatico e aritmetico, ma deve essere fatto nell’ambito di una valutazione globale tenendo conto dell’insieme delle circostanze pertinenti e quindi, in definitiva, nel rispetto del principio di proporzionalità.

150    La ricorrente considera che nella specie le ammende imposte ai partecipanti all’infrazione controversa riflettono il fatturato pertinente e non gli altri fattori più rilevanti, il che porta al risultato «iniquo e assurdo» per cui le è stata inflitta l’ammenda di gran lunga più elevata sia in valore assoluto che in proporzione del fatturato globale. La ricorrente fa riferimento, a sostegno di tali affermazioni, ad una tabella di comparazione degli importi delle ammende imposte ai vari partecipanti all’infrazione. Sostiene che, benché la Commissione si sia conformata apparentemente agli orientamenti in termini di calcolo aritmetico dell’ammenda che le ha inflitto e l’importo elevato di tale ammenda rispetto a quelle inflitte agli altri partecipanti all’infrazione rifletta il fatto che i prodotti interessati costituiscono il perno delle sue vendite, non può essere contestata una manifesta violazione del principio di proporzionalità.

151    La ricorrente deduce, a tale riguardo, il fatto che, come risulta dalla tabella da essa esibita, anche un «colosso di società come l’Akzo Nobel» sarebbe stata sanzionata, se la sua domanda di trattamento favorevole non fosse stata accolta, con un’ammenda inferiore in termini assoluti rispetto alla sua e che rappresenta solo lo 0,113% del suo fatturato mondiale, e questo nonostante il fatto che fosse uno dei membri più attivi del cartello e che fosse recidiva. La ricorrente aggiunge che membri del cartello con fatturati globali ben più elevati del suo sono stati sanzionati con ammende che hanno un impatto solo simbolico sul loro bilancio, mentre l’ammenda che le è stata inflitta, se pagata, la obbligherebbe a porre termine alle sue attività.

152    La ricorrente sottolinea altresì in questo contesto che la fissazione al 17% del valore delle vendite da prendere in considerazione nell’ambito dell’applicazione dei paragrafi 21 e 25 degli orientamenti può apparire come un approccio clemente da parte della Commissione, ma non lo è per quanto la riguarda, dal momento che una percentuale più elevata avrebbe portato al superamento nel suo caso del tetto del 10% del suo fatturato globale. Al contrario, tale apparente clemenza sottolineerebbe soltanto il carattere sproporzionato dell’ammenda inflittale rispetto a quella inflitta ad altri partecipanti.

153    Aggiunge che «la struttura e l’importo delle ammende imposte» dalla Commissione nella decisione impugnata danno l’erronea impressione che essa fosse l’impresa la cui partecipazione all’infrazione era la più grave, che essa avesse il fatturato più rilevante e fosse stata perfino il capofila del cartello e il suo membro più attivo. Si domanda quale sarebbe stata l’ammenda che le sarebbe stata inflitta se tutte le suddette ipotesi corrispondessero alla realtà, dato che l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta è già prossima al tetto del 10% del suo fatturato globale.

154    Alla luce di tali argomenti della ricorrente, si deve rilevare che questa forniva due dei tre prodotti considerati dall’infrazione, cioè carburo di calcio in polvere e carburo di calcio in granulato. Come risulta dalla tabella figurante al punto 288 della decisione impugnata, il valore delle vendite dei suddetti prodotti da parte della ricorrente nel corso dell’ultimo anno completo della sua partecipazione all’infrazione ammontava, per il primo di tali due prodotti, ad una somma oscillante tra i 5 e i 10 milioni di EUR e, per il secondo, ad una somma oscillante tra i 20 e i 25 milioni di EUR. Per quanto riguarda il primo prodotto, il valore delle vendite della ricorrente era comparabile a quello di tre altri partecipanti al cartello, nella specie la Donau Chemie, la Evonik Degussa e la Holding Slovenske elektrarne d.o.o., ed era superato solo dal valore delle vendite di due altri partecipanti. Per quanto riguarda il secondo prodotto, il valore delle vendite della ricorrente era di gran lunga superiore a quello delle vendite degli altri partecipanti all’infrazione. Solo tre altri partecipanti all’infrazione fornivano questo prodotto e il valore delle loro vendite si collocava tra i 3 e i 5 milioni di EUR, nel caso dell’Akzo Nobel, e tra i 5 e i 10 milioni di EUR, nel caso della Donau Chemie e della Holding Slovenske elektrarne. Peraltro, come risulta dalla tabella figurante al punto 304 della decisione impugnata, alla ricorrente per tali due prodotti sono stati applicati moltiplicatori determinati in funzione di anni di partecipazione all’infrazione che erano i più elevati tra quelli applicati ai partecipanti all’infrazione, vale a dire 2,5 per il carburo di calcio in polvere e 3 per il carburo di calcio in granulato (v. punto 33 supra).

155    Tenuto conto di tali elementi, per nulla contestati dalla ricorrente, non è sorprendente che ad essa sia stata inflitta l’ammenda più elevata in valore assoluto tra quelle imposte dalla decisione impugnata. Si deve altresì rilevare che la seconda ammenda più elevata, ovvero EUR 13,3 milioni, è stata inflitta in solido alla SKW Stahl‑Metallurgie GmbH, alla SKW Stahl‑Metallurgie AG e alla Arques Industries, cioè a un gruppo di imprese il cui valore delle vendite per il carburo di calcio era il più elevato tra tutti i partecipanti all’infrazione. Tuttavia, il suddetto gruppo non forniva carburo di calcio in granulato, ma magnesio in granulato, per un valore di vendita oscillante tra i 5 e i 10 milioni di EUR. Il moltiplicatore applicatogli per quest’ultimo prodotto era stato fissato in 1,5, cioè di gran lunga minore del moltiplicatore applicato alla ricorrente per le sue vendite di carburo di calcio in granulato. Tali divari spiegano la differenza tra l’importo dell’ammenda imposta a tale impresa e quello dell’ammenda imposta alla ricorrente.

156    Per quanto riguarda l’Akzo Nobel, se non avesse ottenuto un’immunità dall’ammenda in ragione della sua cooperazione con la Commissione, ad essa sarebbe stata inflitta un’ammenda di EUR 8,7 milioni, come risulta dal punto 308 della decisione impugnata. L’importo minore di tale ammenda rispetto a quella inflitta alla ricorrente si spiega col fatto che, mentre il valore delle vendite di carburo di calcio in polvere da parte dell’Akzo Nobel, cioè tra i 10 e i 15 milioni di EUR, era certamente superiore a quello delle vendite del medesimo prodotto da parte della ricorrente, il valore delle vendite di carburo di calcio in granulato da parte dell’Akzo Nobel era, per contro, di gran lunga inferiore a quello delle vendite di tale prodotto da parte della ricorrente (v. punto 154 supra). Inoltre, la durata della partecipazione dell’Akzo Nobel all’infrazione era inferiore a quella della ricorrente ed all’Akzo Nobel è stato applicato soltanto un moltiplicatore di 2 per ciascuno dei due prodotti che forniva.

157    Tali considerazioni inficiano la tesi della ricorrente secondo la quale l’importo dell’ammenda inflittale era sproporzionata. Dimostrano che il carattere elevato dell’importo dell’ammenda inflittale non è l’effetto del caso, ma si spiega con il fatto che essa era di gran lunga il fornitore più importante di uno dei tre prodotti riguardati dall’infrazione, nonché un fornitore importante di un altro di tali prodotti e che, del resto, la durata della sua partecipazione all’infrazione era la più rilevante tra tutti i partecipanti. In altre parole, il carattere elevato dell’ammenda che è stata inflitta alla ricorrente si spiega con la relativa gravità della sua partecipazione all’infrazione, ivi compresa la durata, rispetto agli altri partecipanti. Si deve a questo proposito constatare che, ad eccezione della società madre della ricorrente, 1. garantovaná, soltanto ad un’altra società, nella specie la Donau Chemie, sono stati applicati gli stessi moltiplicatori. Tuttavia, mentre il valore delle vendite di carburo di calcio in polvere da parte di tale società era comparabile a quello della ricorrente, il valore delle vendite di carburo di calcio in granulato da parte di tale società era di gran lunga meno elevato, cioè tra i 5 e i 10 milioni di EUR. Inoltre, alla Donau Chemie è stata concessa una riduzione dell’ammenda del 35% a titolo della sua cooperazione con la Commissione (v. punto 346 della decisione impugnata), il che ha avuto la conseguenza che ad essa è stata inflitta un’ammenda di EUR 5 milioni di EUR anziché EUR 7,7 milioni (v. punto 308 della decisione impugnata).

158    Da tutto quanto sopra considerato consegue che gli argomenti della ricorrente secondo i quali l’importo dell’ammenda inflitta era sproporzionato riposano, in definitiva, solo su una comparazione tra gli importi delle ammende inflitte ai vari partecipanti all’infrazione, tradotte in percentuali dei loro rispettivi fatturati globali. Orbene, nulla nella giurisprudenza consente di concludere che si possa senz’altro procedere ad una siffatta comparazione, come operata dalla ricorrente, per determinare il carattere proporzionale o meno dell’importo dell’ammenda inflitta.

159    Da un lato, la giurisprudenza invocata dalla ricorrente stessa e richiamata supra al punto 149 osta chiaramente ad una siffatta comparazione.

160    Dall’altro lato, dalla costante giurisprudenza risulta altresì che l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 non richiede che, nel caso in cui vengano inflitte ammende a più imprese implicate nella medesima infrazione, l’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa di piccola o media dimensione non sia superiore, in percentuale del fatturato, a quello delle ammende inflitte alle imprese di maggiori dimensioni. Infatti, da tale disposizione risulta che, tanto per le imprese di dimensioni piccole o medie quanto per le imprese di dimensioni superiori, per determinare l’importo dell’ammenda occorre prendere in considerazione la gravità e la durata dell’infrazione. Qualora la Commissione infligga alle imprese implicate in una medesima infrazione ammende giustificate, per ciascuna di esse, in rapporto alla gravità e alla durata dell’infrazione, non può addebitarsi alla suddetta istituzione il fatto che per talune di queste imprese l’importo dell’ammenda sia superiore, in proporzione al fatturato, a quello delle altre imprese (sentenze del Tribunale del 5 dicembre 2006, Westfalen Gassen Nederland/Commissione, T‑303/02, Racc. pag. II‑4567, punto 174, e del 28 aprile 2010, Gütermann e Zwicky/Commissione, T‑456/05 e T‑457/05, Racc. pag. II‑1443, punto 280).

161    Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente che deduce che l’importo dell’ammenda inflittale era molto vicino al tetto massimo del 10% del fatturato globale (v. punti 152 e 153 supra), si deve rilevare che esso non tiene conto della natura di tale massimale. Infatti, la somma corrispondente al 10% del fatturato globale di un partecipante ad un’infrazione alle regole di concorrenza non costituisce, contrariamente a quanto sembra credere la ricorrente, un’ammenda massima, da imporre solo nel caso delle infrazioni più gravi. Come risulta dalla giurisprudenza, si tratta piuttosto di una soglia di contenimento che ha come unica possibile conseguenza che l’importo dell’ammenda calcolato sulla base dei criteri della gravità e della durata dell’infrazione è ridotto fino a un livello massimo autorizzato. La sua applicazione implica che l’impresa interessata non paghi l’ammenda che, in linea di principio, sarebbe dovuta a titolo di una valutazione fondata sui suddetti criteri (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 47 supra, punto 283).

162    La Corte ha così giudicato che tale limite non vietava alla Commissione di far riferimento, ai fini del calcolo dell’ammenda, ad un importo intermedio che eccede il suddetto limite. Esso non osta neppure a che le operazioni di calcolo intermedie, che tengono conto della gravità e della durata dell’infrazione, siano effettuate su un importo superiore a detto limite. Se al termine del calcolo si verifica che l’importo finale dell’ammenda deve essere ridotto nella misura in cui esso supera tale limite massimo, il fatto che alcuni fattori quali la gravità e la durata dell’infrazione non si ripercuotano realmente sull’importo dell’ammenda inflitta è solo una mera conseguenza dell’adeguamento di detto importo finale a tale limite massimo (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 47 supra, punti 278 e 279).

163    Da ciò consegue che il semplice fatto che l’ammenda inflitta alla ricorrente arrivi al 10% del suo fatturato globale, mentre siffatta percentuale è inferiore per altri partecipanti al cartello, non può costituire una violazione del principio di parità di trattamento o di proporzionalità. Infatti, tale conseguenza è inerente all’interpretazione del massimale del 10% come semplice soglia di contenimento che è applicata dopo un’eventuale riduzione dell’importo dell’ammenda in forza di circostanze attenuanti o del principio di proporzionalità (sentenza del Tribunale del 16 giugno 2011, Putters International/Commissione, T‑211/08, Racc. pag. II‑3729, punto 74).

164    Per lo stesso motivo, il semplice fatto che, in ragione dell’applicazione di tale limite, anche nell’ipotesi di un’infrazione ancora più grave, alla ricorrente non sia stata inflitta un’ammenda significativamente più elevata non dimostra che l’importo dell’ammenda inflittale con la decisione impugnata sia sproporzionato. Comunque, si deve rilevare in linea più generale che la valutazione del carattere proporzionato o meno dell’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa per un’infrazione alle regole di concorrenza può essere effettuata solo sulla base di un confronto tra l’ammenda effettivamente inflitta e quella che avrebbe dovuto essere stata inflitta per un’infrazione ipotetica ancora più grave, dal momento che si ritiene che le imprese rispettino le regole di concorrenza e non le violino. Si deve constatare inoltre che, per sostenere la tesi secondo la quale la gravità dell’infrazione da essa commessa non era così grave come avrebbe potuto esserlo, la ricorrente ripete affermazioni che, come risulta supra dai punti 86‑89 e 97‑106, debbono essere disattese in quanto infondate.

165    Da ciò consegue che la quinta censura non può sortire esito positivo.

–       Sulla sesta censura, evocata nel corso dell’udienza e vertente sul valore delle vendite da prendere in considerazione ai fini del calcolo dell’importo di base dell’ammenda

166    Nel corso dell’udienza, la ricorrente ha, in particolare, sostenuto di aver subito un trattamento discriminatorio in ragione del fatto che, nel corso del calcolo del valore delle vendite dell’Almamet da prendere in considerazione ai fini della fissazione dell’importo di base dell’ammenda da infliggerle, la Commissione aveva dedotto il valore del carburo di calcio acquistato da tale società presso la ricorrente e, quindi, rivenduto ai propri clienti. Secondo la ricorrente, un’analoga deduzione avrebbe dovuto essere stata applicata al valore delle sue vendite, il che avrebbe portato ad una significativa riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale.

167    La Commissione, come già rilevato (v. punto 42 supra), sostiene che tale censura era irricevibile, dal momento che era stata invocata per la prima volta nel corso dell’udienza, senza essere fondata su elementi emersi nel corso del procedimento. Invitata a presentare le sue osservazioni su tale punto, la ricorrente ha fatto presente che la censura riassunta al punto precedente era già stata evocata al punto 17 del suo ricorso. Si è preso atto di tale dichiarazione verbale dell’udienza.

168    Si deve ricordare che dal combinato disposto degli articoli 44, paragrafo 1, lettera c), e 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura risulta che il ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti e che è vietata la produzione di motivi nuovi in corso di causa a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Tuttavia, dev’essere dichiarato ricevibile un motivo che costituisca l’ampliamento di un motivo enunciato precedentemente, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del ricorso (sentenze del Tribunale del 20 settembre 1990, Hanning/Parlamento, T‑37/89, Racc. pag. II‑463, punto 38, e del 15 ottobre 2008, Mote/Parlamento, T‑345/05, Racc. pag. II‑2849, punto 85). Un’analoga soluzione va adottata quando viene formulata una censura a sostegno di un motivo dedotto (sentenze del Tribunale del 21 marzo 2002, Joynson/Commissione, T‑231/99, Racc. pag. II‑2085, punto 156, e Mote/Parlamento, cit., punto 85).

169    Nella specie, non risulta e la ricorrente neanche sostiene che la sesta censura sia fondata su elementi di diritto e di fatto emersi nel corso del procedimento. Infatti, tale censura deduce il modo con il quale la Commissione ha calcolato l’importo di base dell’ammenda che ha inflitto all’Almamet. Orbene, gli elementi di tale calcolo sono chiaramente descritti al punto 288, secondo trattino, della decisione impugnata e erano pertanto conosciuti dalla ricorrente al momento della presentazione del ricorso.

170    Ciò considerato, al fine di pronunciarsi sulla ricevibilità della sesta censura, occorre verificare se, come sostenuto dalla ricorrente, tale censura sia già stata enunciata nel ricorso.

171    Orbene, ciò non si verifica nel caso di specie. Il punto 17 del ricorso, evocato dalla ricorrente in tale contesto, non è pertinente. Tale punto inizia con una dichiarazione secondo la quale «il calcolo del valore delle vendite, la determinazione dell’importo di base dell’ammenda legato ad una percentuale del valore delle vendite e la moltiplicazione per il numero degli anni effettuati dalla Commissione non sono in linea di principio qui contestati». Tale punto continua presentando l’affermazione della ricorrente riassunta supra al punto 152. Tale affermazione non presenta alcun nesso con la sesta censura quale evocata nel corso dell’udienza.

172    Del resto, soltanto la quarta censura esaminata e respinta, ai punti 130‑148 supra, deduce una discriminazione a danno della ricorrente rispetto al trattamento riservato all’Almamet. Tuttavia, tale censura verte su una questione del tutto differente da quella del calcolo dell’importo di base dell’ammenda. In effetti, la quarta censura verte sulla riduzione dell’importo dell’ammenda concessa all’Almamet in forza del paragrafo 37 degli orientamenti di cui la sesta censura non può essere considerata un mero ampliamento. Inoltre, l’affermazione della ricorrente, quale figura nel suo ricorso e quale riprodotta al punto precedente, sembra poter essere intesa solo nel senso che la ricorrente non intendeva invocare nel ricorso una censura relativa all’importo di base dell’ammenda e alla sua determinazione in funzione del valore delle vendite effettuate in relazione con l’infrazione.

173    Da ciò consegue che la sesta censura dev’essere dichiarata irricevibile. Tutte le censure evocate nell’ambito del primo motivo sono state disattese, di conseguenza tale motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo, che deduce violazione delle forme sostanziali, errore di fatto nonché errore manifesto di valutazione, in quanto la Commissione ha rifiutato di tenere conto dell’assenza di capacità contributiva della ricorrente

 Orientamenti

174    Il paragrafo 35 degli orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende è così formulato:

«In circostanze eccezionali, la Commissione può, a richiesta, tener conto della mancanza di capacità contributiva di un’impresa in un contesto sociale e economico particolare. La Commissione non concederà alcuna riduzione di ammenda basata unicamente sulla constatazione di una situazione finanziaria sfavorevole o deficitaria. Una riduzione potrebbe essere concessa soltanto su presentazione di prove oggettive dalle quali risulti che l’imposizione di un’ammenda, alle condizioni fissate dai presenti orientamenti, pregiudicherebbe immediatamente la redditività economica dell’impresa e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore».

 Decisione impugnata

175    La ricorrente ha presentato alla Commissione una domanda affinché fosse tenuto conto, all’atto della fissazione dell’importo dell’ammenda, della sua mancanza di capacità contributiva, che è stata respinta per i motivi enunciati al punto 377 della decisione impugnata. Tale punto è così formulato:

«Dopo aver esaminato i dati comunicati dalla NCHZ [(Novácke chemické závody)] (…), la Commissione ha concluso che essi non dimostrano che l’ammenda inflitta con la presente decisione pregiudicherebbe irrimediabilmente l’efficienza economica della NCHZ e priverebbe i suoi attivi di ogni valore. Di conseguenza, la domanda di NCHZ relativa all’incapacità contributiva è respinta».

 Giudizio del Tribunale

176    Per contestare tale rigetto, la ricorrente espone, in limite, talune considerazioni generali relative all’obiettivo e all’interpretazione del paragrafo 35 degli orientamenti. Passa poi ad esporre la sua situazione economica prima dell’imposizione dell’ammenda e afferma di essersi trovata da un certo tempo «sull’orlo del fallimento». L’anno 2004 sarebbe stato a questo proposito particolarmente critico dal momento che più creditori avrebbero considerato che essa si trovava in una situazione di cessazione di pagamenti. Nonostante la persistenza di tale situazione critica, un nuovo azionista, che sarebbe entrato nella società nel 2008, e una nuova direzione avrebbero adottato provvedimenti per stabilizzare la produzione e migliorare l’efficienza della direzione. Quest’ultima sarebbe riuscita a concordare talune condizioni con i partner commerciali della ricorrente per consentirle di tutelare il delicato periodo che attraversava, di rigenerarsi e di progredire sul mercato. La ricorrente sottolinea che i suoi problemi finanziari non sono legati alla sua competitività sul mercato del carburo di calcio, nel quale essa è un concorrente rispettato, ma sono relativi all’onere ereditato dalla direzione precedente in termini di inquinamento dell’ambiente e di cattive decisioni strategiche di investimento.

177    La ricorrente prosegue facendo presente di avere descritto la sua difficile situazione finanziaria nella risposta alla comunicazione degli addebiti del 3 ottobre 2008, alla quale aveva aggiunto una relazione peritale. Tale relazione avrebbe concluso, sulla base di un’analisi, in particolare dei suoi conti finanziari, che essa si trovava in una cattiva situazione economica e finanziaria e che poteva sopravvivere quale impresa attiva solo se fossero state soddisfatte tre condizioni relative, rispettivamente, all’aumento del suo capitale sociale di almeno 400 milioni di corone slovacche (SKK), all’esito favorevole di un procedimento che la contrapponeva ad un ente statale slovacco e alla rinuncia da parte della Commissione all’imposizione di un’ammenda per l’infrazione controversa. Se tali condizioni non fossero state soddisfatte, la cattiva situazione della ricorrente si sarebbe considerevolmente aggravata, secondo l’esperto, e sarebbe potuto sopravvenire un fallimento relativamente presto.

178    La ricorrente analizza, successivamente, le pertinenti disposizioni della normativa slovacca in materia di fallimento. Descrive, inoltre, il peggioramento della sua situazione finanziaria dopo l’adozione della decisione impugnata, in ragione del «nervosismo» dei suoi creditori e della revoca delle facilitazioni di credito da parte delle banche e di altri istituti finanziari. Da tale analisi risulterebbe che sarebbe obbligata a presentare una domanda di apertura di un procedimento fallimentare una volta che l’ammenda sarà stata iscritta nei suoi libri contabili e sarà diventata esigibile.

179    Una siffatta domanda è stata effettivamente presentata successivamente alla presentazione del ricorso (v. punto 6 supra) e tra le parti è controversa la questione se l’imposizione dell’ammenda sia stata la causa del fallimento della ricorrente. La Commissione contesta tale tesi rilevando, in particolare, che la domanda di dichiarazione di fallimento è stata presentata anche prima che l’ammenda diventasse esigibile. Essa addebita parimenti alla ricorrente di non aver chiesto di beneficiare di un pagamento dell’ammenda a rate o di non aver tentato di ottenere una garanzia bancaria. La ricorrente risponde a tale affermazione nella replica, facendo valere che, a seguito del «nervosismo» e della perdita di fiducia dei suoi creditori e fornitori dopo l’imposizione dell’ammenda, i membri della sua direzione erano obbligati, secondo la legislazione slovacca applicabile, a presentare una domanda di dichiarazione di fallimento. Rileva inoltre che una domanda di pagamento a rate non sarebbe stata probabilmente accolta e, anche in caso contrario, una siffatta agevolazione non sarebbe stata sufficiente ad impedirle il suo fallimento. Aggiunge che versava nell’impossibilità di ottenere una garanzia bancaria.

180    La ricorrente sostiene altresì che il suo fallimento avrà effetti pregiudizievoli nei contesti sociale e regionale di cui si deve tener conto secondo il paragrafo 35 degli orientamenti. Rileva a questo proposito di essere uno dei principali datori di lavoro in Slovacchia e di essere di strategica importanza per la vita economica per la vita economica della regione slovacca dell’Alta Nitra, dove si trovano i suoi stabilimenti di produzione. La loro eventuale chiusura avrebbe come conseguenza non solo il licenziamento dei suoi 2 000 dipendenti, ma anche la chiusura o la riduzione sostanziale dell’attività di diverse altre imprese della medesima regione, in particolare dei suoi fornitori.

181    Tali affermazioni della ricorrente sono suffragate dalla Repubblica slovacca, la quale ha dedicato tutta la sua memoria di intervento alla dimostrazione delle conseguenze negative per la situazione sociale nel distretto di Prievidza, che fa parte della regione dell’Alta Nitra, dove si trovano gli impianti della ricorrente, di un’eventuale cessazione dell’attività della ricorrente. Tale eventualità comporterebbe un aumento della disoccupazione risultante sia direttamente, dal licenziamento dei lavoratori salariati della ricorrente, che indirettamente, da una «reazione a catena» che metterebbe a repentaglio gli impieghi presso i fornitori della ricorrente. La Repubblica slovacca sottolinea che molti di tali disoccupati non avrebbero effettive prospettive di trovare una nuova occupazione. Nel corso dell’udienza, la Repubblica slovacca ha depositato nuovi documenti che consentono di attualizzare le informazioni presentate nella sua memoria di intervento.

182    La ricorrente si dice convinta di aver dimostrato, con gli argomenti riassunti supra, che nel suo caso ricorrevano le condizioni di applicazione del paragrafo 35 degli orientamenti. Rimprovera pertanto alla Commissione una violazione «di forme sostanziali», per non avere spiegato né nel corso del procedimento né nella decisione impugnata perché gli elementi forniti a sostegno della sua domanda di applicazione del paragrafo 35 degli orientamenti non dimostravano che l’ammenda avrebbe irrimediabilmente pregiudicato la sua efficienza economica e avrebbe privato i suoi attivi di ogni valore. Considera che la breve dichiarazione contenuta al punto 377 della decisione impugnata non può essere considerata a tal proposito sufficiente.

183    La ricorrente considera altresì che la Commissione non ha esaminato adeguatamente gli elementi di prova da essa forniti a sostegno della sua domanda di applicazione del paragrafo 35 degli orientamenti e che, comunque, la valutazione dei suddetti elementi da parte della Commissione è inficiata da errore manifesto, in quanto non ha considerato che il suo fallimento era imminente e non ha applicato tale paragrafo degli orientamenti. La ricorrente invita, inoltre, il Tribunale, nell’ambito dell’esercizio della sua competenza estesa al merito, a esaminare esso stesso gli elementi di prova di cui trattasi, se del caso ordinando una perizia al fine di valutare in quale misura l’ammenda imposta alla ricorrente provocherà una dichiarazione di fallimento e la chiusura dell’impresa, misura che, se necessario, potrà essere completata con l’audizione di un esperto in diritto slovacco, in particolare in materia di legge fallimentare.

184    Si deve rilevare altresì che, come rilevato dalla Repubblica slovacca e dalla ricorrente, quest’ultima ha potuto beneficiare della zákon o niektorých opatreniach týkajúcich sa strategických spoločností a o zmene a doplnení niektorých zákonov (legge su talune misure relative alle imprese strategiche) n. 493/2009 Z.z., del 5 novembre 2009. Tale legge prevedrebbe che il curatore fallimentare di un’impresa considerata «strategica» sarebbe obbligato per legge a mantenerla in attività e lo Stato slovacco potrebbe esercitare un diritto di prelazione sugli attivi di tale impresa. La ricorrente sarebbe stata designata come impresa strategica ai sensi di tale legge con decisione della competente autorità slovacca del 2 dicembre 2009. Secondo la Repubblica slovacca, la ricorrente ha potuto così continuare le sue attività dopo la dichiarazione di fallimento e ha potuto essere evitato il licenziamento collettivo dei suoi effettivi. Risulta però che tali sviluppi successivi alla decisione impugnata e assolutamente non prevedibili al momento della sua adozione. Essi rendono così priva di oggetto la misura della perizia richiesta dalla ricorrente dato che la dichiarazione di fallimento è già intervenuta, e non possono essere pertanto presi in considerazione ai fini dell’esame del presente motivo.

185    Prima di esaminare le censure dedotte dalla ricorrente a sostegno del suo secondo motivo, occorre analizzare lo scopo e l’interpretazione del paragrafo 35 degli orientamenti.

186    È consolidata giurisprudenza che la Commissione non è obbligata, in linea di principio, a tener conto della situazione deficitaria di un’impresa ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, considerato che ammettere un obbligo del genere si risolverebbe nel procurare un ingiustificato vantaggio concorrenziale alle imprese meno adeguate alle condizioni del mercato (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 47 supra, punto 327; sentenze del Tribunale del 19 marzo 2003, CMA CGM e a./Commissione, T‑213/00, Racc. pag. II‑913, punto 351, e Tokai Carbon e a./Commissione, punto 43 supra, punto 370).

187    Del resto, dalla costante giurisprudenza risulta che il fatto che un provvedimento adottato da un’autorità dell’Unione provoca il fallimento o la liquidazione di una determinata impresa non è vietato, in quanto tale, dal diritto dell’Unione. Infatti, la liquidazione di un’impresa nella sua forma giuridica attuale, pur potendo pregiudicare gli interessi finanziari dei proprietari, degli azionisti o dei detentori di quote, non significa che gli elementi personali, materiali e immateriali da cui l’impresa è costituita perdano anch’essi il loro valore (sentenze del Tribunale Tokai Carbon e a./Commissione, punto 43 supra, punto 372; del 29 novembre 2005, Heubach/Commissione, T‑64/02, Racc. pag. II‑5137, punto 163, e del 28 aprile 2010, BST/Commissione, T‑452/05, Racc. pag. II‑1373, punto 96).

188    Non può ammettersi che, adottando il paragrafo 35 degli orientamenti, la Commissione si sia imposta un qualsiasi obbligo che fosse in contrasto con tale giurisprudenza. Ne fornisce testimonianza il fatto che il suddetto punto non fa riferimento al fallimento di un’impresa, ma contempla una situazione sopravvenuta «in un contesto sociale e economico particolare», in cui l’imposizione di un’ammenda «pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica dell’impresa e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore».

189    Da ciò consegue che il solo fatto che l’imposizione di un’ammenda per infrazione alle regole di concorrenza rischia di provocare il fallimento dell’impresa di cui trattasi non è sufficiente, per quanto riguarda l’applicazione del paragrafo 35 degli orientamenti. Infatti, dalla giurisprudenza citata supra al punto 187 risulta che, se un fallimento pregiudica gli interessi finanziari dei proprietari o degli azionisti interessati, esso non implica necessariamente la scomparsa dell’impresa di cui trattasi. Quest’ultima può continuare a esistere in quanto tale, sia in caso di ricapitalizzazione della società dichiarata in fallimento, in quanto persona giuridica che assicura l’esercizio della suddetta impresa, sia in caso di acquisizione globale degli elementi del suo attivo e, quindi, dell’impresa in quanto entità che svolge un’attività economica da parte di un’altra entità. Una siffatta acquisizione globale può intervenire sia mediante un riscatto volontario sia mediante vendita forzata degli attivi della società in fallimento con continuazione della gestione.

190    Di conseguenza, il paragrafo 35 degli orientamenti va inteso, in particolare alla luce dei riferimenti alla privazione degli attivi dell’impresa di cui trattasi di ogni valore, nel senso che contempla la situazione in cui l’acquisizione dell’impresa, o quantomeno dei suoi attivi, contemplata al punto precedente appare improbabile se non impossibile. In una siffatta ipotesi, gli elementi che compongono l’attivo dell’impresa in fallimento sarebbero offerti in vendita ad uno ad uno ed è possibile che molti di essi non troveranno alcun acquirente o, al massimo, saranno venduti ad un prezzo fortemente ridotto, con la conseguenza che appare legittimo parlare, come fa il paragrafo 35 degli orientamenti, di una perdita totale del loro valore.

191    I chiarimenti forniti dalla Commissione stessa nel corso dell’udienza suffragano tale conclusione. Infatti, la Commissione ha fatto presente di non aver applicato alla lettera la condizione, prevista al paragrafo 35 degli orientamenti, secondo la quale doveva esservi un rischio che gli attivi dell’impresa interessata fossero privati di ogni valore, ma di aver cercato di accertare se i suddetti attivi avrebbero continuato ad essere utilizzati nella fabbricazione di prodotti. Si è preso atto di tali dichiarazioni nel verbale d’udienza. Da ciò risulta che l’interpretazione del paragrafo 35 degli orientamenti, adottata dalla Commissione, è in sostanza la stessa di quella esposta al punto precedente.

192    Si deve inoltre ricordare che l’applicazione del suddetto paragrafo degli orientamenti richiede altresì, secondo la sua formulazione, un «contesto sociale ed economico particolare». Secondo la giurisprudenza, un siffatto contesto è costituito dalle conseguenze che il pagamento dell’ammenda potrebbe avere, in particolare sul piano di un aumento della disoccupazione o di un deterioramento dei settori economici a monte e a valle dell’impresa interessata (sentenza della Corte del 29 giugno 2006, SGL Carbon/Commissione, C‑308/04 P, Racc. pag. I‑5977, punto 106).

193    Se le condizioni contemplate nei tre punti precedenti sono soddisfatte, può effettivamente sostenersi che l’imposizione di un’ammenda, che rischierebbe di provocare la scomparsa dell’impresa di cui trattasi, è in contrasto con il principio di proporzionalità che la Commissione deve rispettare ogni volta che decide di imporre ammende in forza del diritto della concorrenza (v. punto 44 supra).

194    È tenendo conto di tali considerazioni di ordine generale che occorre procedere all’esame degli argomenti dedotti dalla ricorrente nell’ambito del suo secondo motivo.

195    A questo proposito si deve constatare di primo acchito che la ricorrente solleva, con tali argomenti, sia una censura di forma, relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione (v. punto 182 supra), che censure di merito, cioè un errore di fatto ed un errore manifesto di valutazione della Commissione (v. punto 183 supra). La ricorrente invita, inoltre, il Tribunale a esercitare la sua competenza estesa al merito in materia di ammende al fine di annullare o di ridurre l’importo dell’ammenda inflittale.

196    È giocoforza constatare che la domanda della ricorrente intesa a far applicare, nel suo caso, il paragrafo 35 degli orientamenti nonché gli argomenti da essa dedotti dinanzi al Tribunale per contestare il rigetto di tale domanda sono fondati su un’erronea percezione delle condizioni di applicazione del suddetto punto.

197    Certamente, all’atto della presentazione della domanda affinché fosse presa in considerazione la sua asserita mancanza di capacità contributiva, la ricorrente era consapevole della necessità di dimostrare l’esistenza di un «contesto sociale ed economico particolare», ai sensi della giurisprudenza sopracitata (v. punto 192), ed ha dedicato a tale questione una parte della sua lettera del 27 marzo 2009 contenente tale domanda. La ricorrente vi espone, in sostanza, i medesimi argomenti dedotti dinanzi al Tribunale da essa e dalla Repubblica slovacca (v. punti 180 e 181 supra). Tale argomento, del resto per nulla contestato dalla Commissione, dimostra sufficientemente, dal punto di vista giuridico, l’esistenza di un contesto particolare quale previsto dal paragrafo 35 degli orientamenti, di modo che tale condizione di applicazione del suddetto paragrafo deve considerarsi soddisfatta.

198    Per contro, all’atto della presentazione della domanda intesa a far prendere in considerazione la sua asserita mancanza di capacità contributiva, la ricorrente sembra essere partita dall’erronea premessa secondo cui basta a tal proposito dimostrare che l’imposizione di un’ammenda provocherebbe il proprio fallimento. Quindi, la relazione peritale prodotta dalla ricorrente in allegato alla sua risposta alla comunicazione degli addebiti evocata supra al punto 177 è dedicata alla «continuazione dell’esistenza economica della società NCHZ».

199    Si deve a tale titolo rilevare che la ricorrente snatura alquanto i termini di tale relazione quando afferma che questa concluderebbe che dovrebbero essere soddisfatte tre condizioni affinché potesse «sopravvivere in quanto impresa attiva». Dalla formulazione della relazione risulta chiaramente che tali condizioni riguardano la continuazione dell’esistenza economica della ricorrente in quanto società commerciale. La relazione prosegue facendo presente che, se tali condizioni non sono soddisfatte, «possiamo attenderci un approfondimento significativo della depressione della società con un’evoluzione verso lo stadio di un fallimento relativamente precoce». La relazione tuttavia non affronta le conseguenze di un eventuale fallimento sulla continuazione dell’impresa della ricorrente e non si pronuncia in particolare sulla probabilità di un trasferimento, volontario o no, dell’insieme dei suoi attivi ad un’altra società con continuazione dell’attività.

200    La ricorrente non ha neppure affrontato tale questione nella lettera del 27 marzo 2009, citata supra al punto 197, nella quale, oltre al riferimento al contesto sociale ed economico particolare del caso di specie, ha soltanto fornito nuovi dati al fine di dimostrare la sua «situazione finanziaria critica». Tale questione non viene neppure affrontata nel ricorso. Solo nella fase della replica la ricorrente ha dedotto argomenti specifici per rispondere all’affermazione della Commissione secondo la quale gli elementi di prova forniti non dimostravano, in particolare, che i suoi attivi avrebbero perso tutto il loro valore.

201    Orbene, come già rilevato (v. punti 189 e 190 supra), ai fini dell’applicazione del paragrafo 35 degli orientamenti, non basta dimostrare che l’impresa interessata sarà dichiarata in fallimento in caso di imposizione di un’ammenda. Secondo la formulazione stessa di tale paragrafo, devono esistere «prove oggettive dalle quali risulta che l’imposizione di un’ammenda (...) pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica dell’impresa e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore», il che non avviene automaticamente nell’ipotesi di fallimento della società che gestisce l’impresa di cui trattasi. La ricorrente può pertanto pretendere l’applicazione di tale paragrafo degli orientamenti solo nell’ipotesi in cui venissero fornite prove obiettive di tale eventualità, il che costituisce una condizione essenziale dell’applicazione del suddetto punto.

202    Occorre tener conto di tale errata percezione da parte della ricorrente delle condizioni di applicazione del paragrafo 35 degli orientamenti, al momento della valutazione delle censure da essa dedotte nell’ambito del presente motivo.

203    A questo proposito, per quanto riguarda l’asserita violazione dell’obbligo di motivazione da parte della Commissione, va notato che, secondo consolidata giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo colpite direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento della conformità della motivazione di un atto ai requisiti di cui all’art. 253 CE dev’essere effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia interessata (v. sentenza del Tribunale del 6 dicembre 2005, Brouwerij Haacht/Commissione, T‑48/02, Racc. pag. II‑5259, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).

204    Per quanto più specificamente riguarda la portata dell’obbligo di motivazione circa il calcolo dell’importo di un’ammenda inflitta per violazione delle regole di concorrenza, risulta pure da costante giurisprudenza che i requisiti della forma sostanziale che tale obbligo di motivazione costituisce sono soddisfatti quando la Commissione, nella sua decisione, indica gli elementi di valutazione che le hanno consentito di commisurare la gravità e la durata dell’infrazione, nonché gli elementi di valutazione di cui ha tenuto a tali fini conto in applicazione delle regole indicative contenute nei suoi orientamenti (v. sentenza Brouwerij Haacht/Commissione, punto 203 supra, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata).

205    Tenendo conto di tale giurisprudenza, si deve constatare che la motivazione fornita dalla Commissione nella decisione impugnata per respingere la domanda della ricorrente fondata sul paragrafo 35 degli orientamenti è abbastanza succinta, in quanto si limita alla semplice affermazione che le informazioni da quest’ultima presentate non dimostrano che l’ammenda imposta avrebbe irrimediabilmente pregiudicato la sua redditività economica e avrebbe privato i suoi attivi di qualsiasi valore.

206    Se, come erroneamente considerato dalla ricorrente, la probabilità che venisse dichiarata fallita a seguito dell’imposizione di un’ammenda fosse sufficiente per dimostrare che la condizione di applicazione del paragrafo 35 degli orientamenti relativa al pregiudizio della sua redditività economica e alla privazione per i suoi attivi di qualsiasi valore era soddisfatta, è certamente dato di concludere che il punto 377 della decisione impugnata, relativo al rigetto della domanda della ricorrente intesa a far applicare il suddetto paragrafo degli orientamenti, è inficiato da insufficienza di motivazione.

207    Infatti, dalla giurisprudenza risulta che il contesto che fa da spiè di all’adozione della decisione, che è, tra l’altro, caratterizzato dal carteggio tra l’autore di quest’ultima e la parte interessata, può, in talune circostanze, aggravare le esigenze di motivazione [sentenze del Tribunale del 6 aprile 2000, Kuijer/Consiglio, T‑188/98, Racc. pag. II‑1959, punti 44 e 45, e del 3 dicembre 2003, Audi/UAMI (TDI), T‑16/02, Racc. pag. II‑5167, punto 89]. Poiché la ricorrente ha presentato informazioni dettagliate, ivi compresa una relazione peritale la quale dimostra che, a suo avviso, in caso di imposizione di un’ammenda, la sua dichiarazione di fallimento sarebbe molto probabile, se non addirittura ineluttabile, la Commissione, qualora intendesse pervenire ad una diversa conclusione, avrebbe dovuto quantomeno fornire un breve riassunto degli elementi e delle valutazioni che suffragavano la sua conclusione.

208    Questo è a maggior ragione il caso dal momento che, nel controricorso, la Commissione afferma di aver attentamente esaminato la situazione finanziaria della ricorrente, procedendo in particolare ad un’analisi basata sul modello «Z‑score d’Altman», e di aver calcolato, sulla base dei dati forniti dalla ricorrente, l’indicatore di probabilità di fallimento previsto da tale modello. Il valore di tale indicatore si situerebbe, per la ricorrente, al di sopra del valore limite che indica un’elevata probabilità di fallimento. Ne è derivato un dibattimento tra le parti in merito all’esattezza del calcolo di tale indicatore, pure esso calcolato nella relazione peritale presentata dalla ricorrente, ma in modo errato secondo la Commissione, e più in generale in merito alla valutazione, da parte di quest’ultima, del rapporto peritale presentato dalla ricorrente nel corso della fase amministrativa del procedimento. In questo contesto la ricorrente ha altresì presentato una nuova relazione peritale sulla sua situazione finanziaria.

209    Tuttavia, l’ipotesi enunciata dalla ricorrente al punto 206 supra non è esatta. Come già rilevato (v. punto 201 supra), ai fini dell’applicazione del paragrafo 35 degli orientamenti, la ricorrente non può limitarsi ad affermare che l’imposizione di un’ammenda provocherebbe la sua dichiarazione di fallimento, ma avrebbe dovuto egualmente spiegare e dimostrare in qual modo tale eventualità pregiudicherebbe la sua redditività economica in quanto impresa e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore.

210    Orbene, quest’ultima questione non è stata espressamente affrontata nella domanda della ricorrente intesa a far applicare il suddetto paragrafo degli orientamenti (v. punti 198-200 supra). Non esisteva pertanto su tale questione alcun carteggio tra la ricorrente e la Commissione, per quanto la giurisprudenza menzionata supra al punto 207 non fosse applicabile. In tali condizioni, la Commissione poteva, senza violare l’obbligo di motivazione, limitarsi alla constatazione, figurante al punto 377 della decisione impugnata, secondo cui la condizione essenziale per l’applicazione del paragrafo 35 degli orientamenti, relativo al pregiudizio della redditività economica dell’impresa interessata ed alla privazione dei suoi attivi di qualsiasi valore, non era soddisfatta. Ne consegue che la censura della ricorrente che deduce la violazione dell’obbligo di motivazione dev’essere respinta.

211    Ad ogni modo, dalla giurisprudenza citata supra ai punti 49-51 risulta che, nella specie, il Tribunale è chiamato non solo a controllare la legittimità della decisione impugnata, per quanto riguarda sia la forma sia il contenuto, ma anche ad esercitare la sua competenza estesa al merito, il che implica la sostituzione della sua propria valutazione a quella della Commissione.

212    L’esercizio, da parte del giudice dell’Unione, della sua competenza estesa al merito può giustificare che siano prodotti e presi in considerazione elementi aggiuntivi di informazione, la cui menzione nella decisione non è, in quanto tale, prescritta in forza dell’obbligo di motivazione (sentenza della Corte del 16 novembre 2000, KNP BT/Commissione, C‑248/98 P, Racc. pag. I‑9641, punto 40; sentenze SCA Holding/Commissione, punto 49 supra, punto 55, e Cheil Jedang/Commissione, punto 96 supra, punto 215). Tenendo conto, se del caso, anche di tali elementi aggiuntivi non menzionati nella decisione della Commissione, il giudice dell’Unione può tra l’altro concludere, nell’esercizio delle sue competenze estese al merito, che l’importo dell’ammenda inflitta è appropriato (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 12 dicembre 2007, BASF e UCB/Commissione, T‑101/05 e T‑111/05, Racc. pag. II‑4949, punti 71 e 72), e questo anche se la decisione della Commissione è inficiata da insufficienza di motivazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 12 settembre 2007, Prym e Prym Consumer/Commissione, T‑30/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 190).

213    Nella specie, la ricorrente contesta, nel merito, la valutazione della Commissione che ha portato quest’ultima a respingere la domanda affinché fosse presa in considerazione la sua mancanza di capacità contributiva. Essa non si limita, a tal proposito, a far valere un errore di fatto o un errore manifesto di valutazione, ma chiede altresì al Tribunale di esercitare la sua competenza estesa al merito. Da parte sua, la Commissione nel controricorso chiede al Tribunale, nell’ipotesi in cui dovesse considerare che la motivazione della decisione impugnata fosse insufficiente, di mantenere allo stato l’importo dell’ammenda esercitando la sua competenza estesa al merito.

214    Ciò considerato, ammesso che la decisione impugnata sia inficiata da insufficienza di motivazione in quanto ha respinto la sopra menzionata domanda della ricorrente, occorre, prima di annullarla se del caso per tale motivo, procedere all’esame degli argomenti con i quali la ricorrente contesta nel merito il rigetto di tale domanda, al fine di determinare non solo se tale rigetto sia inficiato dagli errori di merito asseriti dalla ricorrente, ma anche se occorra, nell’ambito dell’esercizio della sua competenza estesa al merito di cui dispone in materia il Tribunale, sopprimere l’ammenda o ridurre il suo importo, oppure mantenerla tal quale, come richiesto dalla Commissione.

215    A questo proposito si deve, in primo luogo, rilevare che sia la relazione peritale allegata dalla ricorrente alla sua risposta alla comunicazione degli addebiti sia la lettera del 27 marzo 2009 non solo non affrontano espressamente la questione della redditività dell’impresa della ricorrente e dell’eventuale perdita di ogni valore dei suoi attivi in ragione dell’imposizione dell’ammenda (v. punti 199 e 200 supra), ma non contengono alcun elemento che deponga a favore di una siffatta eventualità.

216    In secondo luogo, gli argomenti dedotti dalla ricorrente nel ricorso non depongono neppure a favore di una siffatta eventualità, ma fanno pensare al contrario che, anche nell’ipotesi di un fallimento, la continuazione dell’impresa a seguito di una ricapitalizzazione della ricorrente o della acquisizione dell’insieme dei suoi elementi dell’attivo da parte di un’altra entità con continuazione nella gestione era probabile. Infatti, nonostante il fatto che la ricorrente si trovasse, stando alle sue stesse affermazioni, «da un certo tempo sull’orlo del fallimento», nel 2008 un nuovo azionista aveva fatto ingresso nella società, il che sta a dimostrare che esistevano investitori interessati a assumere partecipazioni nella ricorrente. Ciò può spiegarsi con il fatto che, come affermato dalla ricorrente stessa, essa era un concorrente rispettato sul mercato del carburo di calcio e i problemi finanziari di fronte ai quali veniva a trovarsi non erano collegati alla sua competitività su tale mercato.

217    In terzo luogo, la formulazione di una dichiarazione del consiglio di amministrazione della ricorrente, del 17 settembre 2009, indirizzata ai «partner commerciali» e prodotta dalla Commissione in allegato al controricorso, confermano tale impressione. Ivi viene indicato che la domanda intesa a far dichiarare la ricorrente in fallimento aveva come obiettivo quello di proteggere i suoi attivi al fine di mantenere la produzione. Il consiglio di amministrazione dichiara che la ricorrente è in grado di mantenere la sua posizione sul mercato, il che sarebbe un «segno di efficienza e di forza interna», ed evoca un «procedimento di rivitalizzazione della società» che non metterebbe in alcun modo in discussione la sua «capacità operativa e contributiva».

218    In quarto luogo, neanche l’argomento dedotto dalla ricorrente nella replica per dimostrare che la sua liquidazione sarebbe stata inevitabile e che i suoi attivi avrebbero perso ogni valore risulta convincente. In questo contesto, la ricorrente risponde innanzitutto ad un argomento dedotto dalla Commissione nel controricorso, secondo il quale essa aveva già costituito un accantonamento di circa EUR 11 milioni per fare fronte all’ammenda. Orbene, questo argomento è privo di pertinenza dal momento che non riguarda l’eventuale continuazione dell’impresa dopo la sua dichiarazione di fallimento, ma la questione se tale fallimento fosse un’inevitabile conseguenza dell’imposizione dell’ammenda.

219    La ricorrente tratta anche due altre questioni in questa parte della sua argomentazione. Da un lato, risponde alle affermazioni della Commissione circa l’eventuale acquisizione dei suoi attivi da parte di un’altra impresa. Dall’altro, replica all’argomento della Commissione secondo il quale non aveva chiesto l’apertura di un procedimento di amministrazione controllata.

220    Per quanto riguarda la prima delle due questioni menzionate al punto precedente, la ricorrente afferma che è «difficile fornire la prova che un evento non si sarebbe mai prodotto», ma che comunque non è a conoscenza di una qualche impresa «interessata ad acquisire i suoi attivi (ivi compreso il passivo)». Orbene, tale risposta è fondata su un’erronea premessa. Infatti, la vendita dell’insieme degli attivi di una società in fallimento in vista della continuazione della sua attività, quale prevista al punto 189 supra, non implica, contrariamente a quanto considerato dalla ricorrente, la trasmissione all’acquirente anche del passivo di tale società. I debiti inclusi nel passivo saranno soddisfatti dal prodotto della vendita. È probabile che tale soddisfazione sarà solo parziale, altrimenti la società non sarebbe stata dichiarata in fallimento. Resta cionondimeno che, in linea generale, la vendita globale dell’insieme degli attivi di una società in fallimento in vista della continuazione dell’attività può portare ad un migliore risultato della vendita individuale di ciascun elemento dell’attivo, dal momento che una vendita globale dell’insieme dell’attivo di un’impresa in fallimento consente la realizzazione di elementi incorporei come la sua reputazione sul mercato e consente, del resto, all’acquirente interessato di sviluppare un’attività nel settore interessato, nonché di evitare gli sforzi, i costi e le complicazioni che la creazione di un’impresa completamente nuova comporta.

221    Ciò considerato, sono ragionevolmente attendibili le spiegazioni della ricorrente circa le ragioni per cui l’acquisizione della sua impresa da parte di un’altra entità era esclusa nelle circostanze di specie, tanto più che essa stessa aveva affermato di essere una concorrente rispettata sul mercato. Orbene, la ricorrente si limita a far rilevare che la continuazione della sua attività dipende dal parere di un «comitato dei creditori» e che, se questi ultimi consideravano «che [era] più redditizio vendere gli attivi della società piuttosto che mantenerla in attività (…), gli impianti di produzione [sarebbero stati] chiusi (…) e il riavvio dell’attività avrebbe costituito un onere eccezionalmente pesante, sia sul piano finanziario che tecnico», anche se «sarebbe ragionevole aspettarsi che una parte almeno degli attivi e degli impianti di produzione non siano di alcun interesse e perdano in tal modo la totalità del loro attuale valore».

222    La ricorrente produce a tal proposito anche una relazione peritale, la quale conclude che potrebbe essere posto termine alle sue attività di produzione entro un termine di 10-18 settimane senza rischio per la sicurezza dei suoi dipendenti, ma che le sostanze che resteranno nei suoi impianti avranno un «impatto maggiore» sull’ambiente, che lo smantellamento dei suddetti impianti dovrebbe essere realizzato da esperti e che la relativa durata nonché i relativi costi sarebbero di difficile valutazione.

223    È giocoforza constatare che l’argomentazione della ricorrente, riassunta nei due punti precedenti, è lacunosa, se non contraddittoria. Gli argomenti dedotti nonché la relazione peritale da essa prodotta fanno pensare che la vendita dell’insieme degli attivi, ai fini della continuazione dell’attività, sarebbe la soluzione preferibile, anche per i suoi creditori. Orbene, la ricorrente non spiega sulla base di quali motivi il comitato dei creditori potrebbe concludere, nonostante tali elementi, che sarebbe più redditizio vendere i suoi attivi e mettere fine alla sua produzione.

224    Per quanto riguarda la procedura di amministrazione controllata, si deve rilevare che la Commissione, nel controricorso, ha ripreso un argomento già evocato nell’ambito del procedimento sommario. Risulta tuttavia dall’ordinanza Novácke chemické závody/Commissione, punto 5 supra (punti 25 e 49), che il procedimento di amministrazione controllata doveva essere avviato prima della dichiarazione di fallimento. Da ciò consegue che tale argomento riguarda la questione come una dichiarazione di fallimento avrebbe potuto essere evitata e non le conseguenze di una siffatta dichiarazione. Quindi, pure esso è privo di pertinenza (v., altresì, punto 218 supra). Comunque, la ricorrente si limita a sostenere, rispondendo a tale argomento, che taluni dei suoi creditori potevano dare il loro accordo a un piano di amministrazione controllata solo se fosse stato conforme alle regole in materia di aiuti di Stato, senza spiegare perché l’ipotesi di una siffatta conformità sarebbe stata esclusa. Del resto, la ricorrente reitera le affermazioni vaghe e non suffragate secondo le quali l’acquisizione delle sue azioni o dell’impresa da parte di un terzo «non presentava interesse sostanziale».

225    Alla luce dell’insieme di quanto supra considerato, va constatato che la ricorrente non è arrivata a dimostrare che il rifiuto della Commissione di tener conto nella decisione impugnata della mancanza della sua capacità contributiva ai sensi del paragrafo 35 degli orientamenti è inficiato da errore.

226    La risposta della ricorrente al quesito del Tribunale rivolto alle parti nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento e che le invita a completare i loro argomenti relativi al presente motivo, in particolare circa le prospettive di vendita dell’insieme degli attivi della ricorrente con continuazione dell’attività, corrobora tale conclusione.

227    Infatti, la ricorrente ha confermato che, il 16 gennaio 2012, nell’ambito del procedimento di fallimento, l’insieme dei suoi attivi era stato venduto libero da ogni obbligazione, ad eccezione di quelle contratte dopo la dichiarazione di fallimento per un prezzo di EUR 2,2 milioni, da essa qualificato «trascurabile». Secondo la ricorrente, il fatto che tale prezzo rappresenta solo una frazione dell’ammenda impostale conferma la perdita totale del valore dei suoi attivi.

228    Orbene, a prescindere dalla questione se l’insieme degli attivi della ricorrente avrebbe potuto essere stato venduto ad un prezzo superiore a quello effettivamente realizzato, va constatato, con riferimento a quest’ultimo prezzo, che comunque non può esservi questione di una perdita totale del valore dei suddetti attivi. Infatti, lungi dal dimostrare che la vendita dell’insieme dei suoi attivi con proseguimento dell’attività dell’impresa era improbabile, se non impossibile, la ricorrente ha, al contrario, confermato che una tale vendita aveva effettivamente avuto luogo.

229    Si deve quindi concludere che giustamente la Commissione ha considerato che nel caso della ricorrente non erano soddisfatte le previe condizioni per un’eventuale applicazione del paragrafo 35 degli orientamenti e si deve comunque considerare che, nell’esercizio della competenza estesa al merito di cui dispone il Tribunale, gli argomenti dedotti dalla ricorrente nell’ambito del presente motivo non giustificano la soppressione o la riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale, ma che, al contrario, ne giustificano il mantenimento allo stato. Di conseguenza, il secondo motivo dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo, che deduce la violazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera g), CE

230    Con il terzo motivo, la ricorrente sostiene che, infliggendole un’ammenda eccessiva, la decisione impugnata può provocare un’alterazione o un’eliminazione della concorrenza sul mercato del carburo di calcio e quindi violare l’articolo 3, paragrafo 1, lettera g), CE. Basandosi sulla sentenza della Corte del 21 febbraio 1973, Europemballage e Continental Can/Commissione (6/72, Racc. pag. 215, punti 23 e 24), la ricorrente sostiene che da tale disposizione consegue che l’attuazione delle disposizioni del diritto della concorrenza, in quanto approderebbe ad un’alterazione o ad un’eliminazione della concorrenza, pur non essendo direttamente sanzionata dal diritto dell’Unione, è vietata. Considera che tale disposizione vincola non solo l’impresa, ma anche le istituzioni dell’Unione e che, di conseguenza, se una siffatta istituzione adotta un provvedimento che falsa o elimina la concorrenza, essa viola la suddetta disposizione quand’anche non violasse nessun’altra norma del diritto dell’Unione.

231    La ricorrente ripete, nell’ambito del presente motivo, l’affermazione già sostenuta nell’ambito del secondo motivo secondo cui l’ammenda inflittale avrebbe come conseguenza la sua dichiarazione di fallimento e la sua uscita dal mercato di cui trattasi. Rileva, inoltre, con riferimento a dati concreti estratti dalla decisione impugnata e basandosi sull’indice Herfindahl‑Hirschman utilizzato dalle autorità di concorrenza, compresa la Commissione, per valutare il livello di concentrazione su uno specifico mercato, che i mercati del carburo di calcio in polvere e in granulato di cui trattasi nella specie erano già altamente concentrati. Sostiene pertanto che, poiché è uno dei concorrenti più importanti su tali mercati, la sua eliminazione avrebbe come conseguenza una maggiore probabilità di coordinamento tra gli altri concorrenti nonostante le sanzioni loro imposte. Le sue quote di mercato sarebbero probabilmente ripartite tra gli altri partecipanti al cartello, il che porterebbe ad un aumento della concentrazione e, in ultima analisi, all’eliminazione della concorrenza sui suddetti mercati.

232    La ricorrente fa in particolare riferimento all’eventualità che le sue quote di mercato di cui trattasi vengano rilevate dall’Akzo Nobel e sostiene che l’indice Herfindahl‑Hirschman presenterebbe in tale ipotesi un aumento significativo. Tale ipotesi sottolinea, a suo avviso, il «risultato assurdo e iniquo» al quale potrebbe portare l’applicazione «meccanica e incompetente delle regole del diritto della concorrenza». L’Akzo Nobel, un «gigante economico» che deterrebbe quote significative sul mercato considerato, che sarebbe già stata sanzionata per la sua partecipazione ad altri cartelli e che sarebbe membro attivo del cartello controverso, trarrebbe, in ultima analisi, un profitto dalla decisione impugnata, dal momento che non solo avrebbe ottenuto un’immunità dalle ammende, ma avrebbe altresì acquisito i clienti della ricorrente. Secondo la ricorrente, un siffatto risultato è manifestamente in contrasto non solo con gli obiettivi del diritto della concorrenza, ma anche con i principi elementari di equità.

233    Tale argomento non può sortire esito favorevole.

234    In primo luogo, l’argomento che deduce la violazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera g), CE deve essere respinto.

235    Certamente, come giudicato dalla Corte nella sentenza Europemballage e Continental Can/Commissione, punto 230 supra (punti 23 e 24), invocata dalla ricorrente, tale disposizione sancisce un obiettivo che trova la sua applicazione in più disposizioni del Trattato CE, di cui guida l’interpretazione. Nel prevedere l’istituzione di un regime che assicura una concorrenza non alterata nel mercato comune, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera g), CE esige, a maggior ragione, che la concorrenza non sia eliminata. Tale esigenza è talmente essenziale che, senza di essa, numerose disposizioni del Trattato CE sarebbero prive di oggetto. Quindi, le restrizioni della concorrenza che tale Trattato consente in talune condizioni, per ragioni relative alla necessità di conciliare i diversi obiettivi da perseguire, trovano in questo requisito un limite oltre il quale l’indebolimento del gioco della concorrenza rischierebbe di pregiudicare gli obiettivi del mercato comune.

236    Tuttavia, tali considerazioni, di per sé corrette, sono prive di pertinenza per quanto riguarda l’imposizione di una sanzione ad un’impresa che ha violato le regole di concorrenza con la sua partecipazione ad un accordo tra imprese o ad una pratica concertata avente ad oggetto quello di impedire o di restringere o di falsare il gioco della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE. Infatti, nei suoi argomenti la ricorrente fa totale astrazione dal fatto che, a seguito del cartello sanzionato dalla decisione impugnata, il gioco della concorrenza sui mercati nella specie in considerazione era stato falsato, se non addirittura eliminato. La decisione impugnata è esattamente intesa a ripristinare tale situazione anche mediante l’imposizione di sanzioni appropriate.

237    Si deve rilevare che l’imposizione di sanzioni da parte della Commissione, quando rileva un’infrazione alle regole di concorrenza, costituisce uno strumento inteso esattamente a raggiungere l’obiettivo enunciato all’articolo 3, paragrafo 1, lettera g), CE e, con tutta evidenza, non può essere considerato una violazione di tale disposizione. Resta cionondimeno che, nel rispetto del principio di proporzionalità che deve guidare l’azione della Commissione in materia (v. punti 44 e 46 supra), le sanzioni eccessive non necessarie per la realizzazione dell’obiettivo perseguito devono essere evitate. Pertanto solo dal punto di vista di un’eventuale violazione del principio di proporzionalità occorre esaminare l’argomento dedotto dalla ricorrente nell’ambito del presente motivo.

238    In secondo luogo, al fine dell’esame di tale motivo sotto tale prospettiva, si deve rilevare che la costante giurisprudenza, citata supra al punto 186, secondo la quale la Commissione non è obbligata, all’atto della determinazione dell’importo dell’ammenda, a tener conto della situazione finanziaria deficitaria di un’impresa interessata non vuol significare che essa sia impedita a farlo (sentenza Carbone‑Lorraine/Commissione, punto 58 supra, punto 314). La necessità di rispettare il principio di proporzionalità può infatti ostare all’imposizione di un’ammenda che eccederebbe ciò che costituisce una sanzione appropriata al titolo dell’infrazione rilevata e rischierebbe di rimettere in forse l’esistenza stessa dell’impresa interessata. Questo è a maggior ragione il caso quando la scomparsa di un’impresa dal mercato di cui trattasi avrà necessariamente un effetto nocivo sulla concorrenza.

239    Ciò premesso, nulla negli argomenti prodotti dalla ricorrente consente di concludere che l’ammenda imposta rientra nel caso ipotetico contemplato nel punto precedente e che la determinazione del suo importo si rivela, di conseguenza, contraria al principio di proporzionalità.

240    Da un lato, gli argomenti della ricorrente riposano sulla premessa che l’imposizione di tale ammenda porterebbe alla sua uscita dal mercato di cui trattasi, premessa che si rivela errata per i motivi esposti nell’ambito dell’esame del secondo motivo (v. punti 215-228 supra).

241    Dall’altro lato, quand’anche si ammettesse l’ipotesi di un’uscita della ricorrente dai mercati qui considerati, nulla negli argomenti da essa dedotti consentono di concludere che, in una siffatta eventualità, la concorrenza su tali mercati verrebbe eliminata o significativamente ridotta.

242    Si deve a questo proposito rilevare che, dal punto 44 della decisione impugnata, non contestato in alcun modo dalla ricorrente, risulta che il carburo di calcio è un esplosivo e, per questa ragione, è relativamente difficile da trasportare. Di conseguenza, la creazione di una posizione dominante o di un monopolio su tale mercato presenta una difficoltà addizionale, in quanto un produttore dovrebbe disporre di più siti di produzione sparsi sul territorio rilevante al fine di poter dominare il mercato.

243    Inoltre, a sostegno della sua tesi secondo la quale la sua uscita dai mercati qui considerati provocherebbe su questi ultimi una restrizione, se non addirittura un’eliminazione della concorrenza, la ricorrente evoca l’eventualità che l’Akzo Nobel rilevi la sua clientela. Tuttavia, non spiega in alcun modo perché sarebbe probabile che la sua clientela sarebbe rilevata dall’Akzo Nobel e non da un altro operatore sui medesimi mercati.

244    Peraltro, dalla tabella figurante al punto 46 della decisione impugnata risulta che l’Akzo Nobel deteneva una percentuale tra il 20% e il 25% del mercato del carburo di calcio in polvere e tra il 5% e il 10% del mercato del carburo di calcio in granulato. Di conseguenza, nell’ipotesi in cui la clientela della ricorrente fosse rilevata dall’Akzo Nobel, quest’ultima non acquisirebbe in alcun caso un monopolio su tali due mercati. Inoltre, si deve rilevare che, secondo la nota a piè di pagina n. 80, cui il punto 44 della decisione impugnata fa rinvio, l’Akzo Nobel non era il fornitore principale «sul mercato continentale», al quale partecipava la ricorrente. Inoltre, una grande parte della quota di mercato dell’Akzo Nobel sembra derivare dal fatto che, secondo la medesima nota, essa era l’unico produttore stabilito «nella regione nordica». Tali elementi, non contestati dalla ricorrente, depongono sia contro l’ipotesi secondo cui l’Akzo Nobel rileverebbe la clientela della ricorrente qualora quest’ultima uscisse dai suddetti mercati, sia contro l’eventualità che la stessa Akzo Nobel acquisirebbe una posizione dominante su tali mercati qualora riuscisse a rilevare la clientela della ricorrente.

245    Tenuto conto di tutto quanto sopra considerato, si deve concludere che il secondo motivo è infondato e dev’essere respinto. Inoltre, il Tribunale, nell’esercizio del suo potere giurisdizionale esteso al merito in relazione all’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, considera comunque che tale importo è appropriato alle circostanze di specie alla luce della gravità e della durata dell’infrazione constatata dalla Commissione nonché delle risorse economiche della ricorrente. Il ricorso va, pertanto, respinto in toto.

 Sulle spese

246    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi del paragrafo 4, primo comma, dello stesso articolo, gli Stati membri che sono intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.

247    La ricorrente, essendo rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda in tal senso della Commissione. La Repubblica slovacca sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Novácke chemické závody a.s. sopporterà, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      La Repubblica slovacca sopporterà le proprie spese.

Czúcz

Labucka

Gratsias

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 dicembre 2012.

Firme














Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo motivo, che deduce la violazione dei principi generali di proporzionalità e di parità di trattamento nella determinazione dell’importo dell’ammenda

Orientamenti

Decisione impugnata

Sulle censure invocate dalla ricorrente

– Considerazioni preliminari

– Sulla prima censura, che deduce il carattere dissuasivo dell’ammenda

– Sulla seconda censura, relativa alle circostanze aggravanti

– Sulla terza censura, relativa alle circostanze attenuanti

– Sulla quarta censura, relativa alla riduzione dell’importo dell’ammenda concessa all’Almamet

– Sulla quinta censura, relativa all’ammenda in quanto calcolata in proporzione dei fatturati globali dei destinatari della decisione impugnata

– Sulla sesta censura, evocata nel corso dell’udienza e vertente sul valore delle vendite da prendere in considerazione ai fini del calcolo dell’importo di base dell’ammenda

Sul secondo motivo, che deduce violazione delle forme sostanziali, errore di fatto nonché errore manifesto di valutazione, in quanto la Commissione ha rifiutato di tenere conto dell’assenza di capacità contributiva della ricorrente

Orientamenti

Decisione impugnata

Giudizio del Tribunale

Sul terzo motivo, che deduce la violazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera g), CE

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.