Language of document : ECLI:EU:T:2011:419

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

6 settembre 2011 (*)

«Ricorso di annullamento – Regolamento (CE) n. 1007/2009 – Commercio dei prodotti derivati dalla foca – Divieto di importazione e di vendita – Eccezione a vantaggio delle comunità Inuit – Applicazione dell’art. 263, quarto comma, TFUE – Nozione di “atto regolamentare” – Mancanza di incidenza diretta o individuale – Irricevibilità»

Nel procedimento T‑18/10,

Inuit Tapiriit Kanatami, con sede in Ottawa (Canada),

Nattivak Hunters and Trappers Association, con sede in Qikiqtarjuaq (Canada),

Pangnirtung Hunters’ and Trappers’ Association, con sede in Pangnirtung (Canada),

Jaypootie Moesesie, residente in Qikiqtarjuaq,

Allen Kooneeliusie, residente in Qikiqtarjuaq,

Toomasie Newkingnak, residente in Qikiqtarjuaq,

David Kuptana, residente in Ulukhaktok (Canada),

Karliin Aariak, residente in Iqaluit (Canada),

Efstathios Andreas Agathos, residente in Atene (Grecia),

Canadian Seal Marketing Group, con sede in Québec (Canada),

Ta Ma Su Seal Products, Inc., con sede in Cap-aux-Meules (Canada),

Fur Institute of Canada, con sede in Ottawa,

NuTan Furs, Inc., con sede in Catalina (Canada),

GC Rieber Skinn AS, con sede in Bergen (Norvegia),

Inuit Circumpolar Conference Greenland (ICC), con sede in Nuuk, Groenlandia (Danimarca),

Johannes Egede, residente in Nuuk,

Kalaallit Nunaanni Aalisartut Piniartullu Kattuffiat (KNAPK), con sede in Nuuk,

rappresentati inizialmente dagli avv.ti J. Bouckaert, M. van der Woude e H. Viaene, successivamente dagli avv.ti Bouckaert e Viaene,

ricorrenti,

contro

Parlamento europeo, rappresentato dalla sig.ra I. Anagnostopoulou e dal sig. L. Visaggio, in qualità di agenti,

e

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dal sig. M. Moore e dalla sig.ra K. Michoel, in qualità di agenti,

convenuti,

sostenuti da

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato dalla sig.ra C. Wissels, dai sigg. Y. de Vries e J. Langer e dalla sig.ra M. Noort, in qualità di agenti,

e da

Commissione europea, rappresentata inizialmente dai sigg. É. White, P. Oliver e J.-B. Laignelot, successivamente dai sigg. White, Oliver e K. Mifsud‑Bonnici, in qualità di agenti,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda di annullamento del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 16 settembre 2009, n. 1007, sul commercio dei prodotti derivati dalla foca (GU L 286, pag. 36),

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata),

composto dai sigg. A. Dittrich, presidente, F. Dehousse, dalla sig.ra I. Wiszniewska-Białecka e dai sigg. M. Prek (relatore) e A. Popescu, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

 Fatti, procedimento e conclusioni delle parti

1        Il 16 settembre 2009 il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno adottato il regolamento (CE) n. 1007/2009, sul commercio dei prodotti derivati dalla foca (GU L 286, pag. 36; in prosieguo: il «regolamento impugnato»), che è inteso, secondo il suo art. 1, a fissare norme armonizzate in materia di immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca.

2        Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale l’11 gennaio 2010, l’Inuit Tapiriit Kanatami, la Nattivak Hunters and Trappers Association, la Pangnirtung Hunters’ and Trappers’ Association, i sigg. Jaypootie Moesesie, Allen Kooneeliusie, Toomasie Newkingnak e David Kuptana, la sig.ra Karliin Aariak, il sig. Efstathios Andreas Agathos, il Canadian Seal Marketing Group, la Ta Ma Su Seal Products, Inc., il Fur Institute of Canada, la NuTan Furs, Inc., la GC Rieber Skinn AS, l’Inuit Circumpolar Conference Greenland (ICC), il sig. Johannes Egede e la Kalaallit Nunaanni Aalisartut Piniartullu Kattuffiat (KNAPK), ricorrenti, hanno proposto il presente ricorso, diretto all’annullamento del regolamento impugnato.

3        Con atto separato, depositato nella cancelleria del Tribunale l’11 febbraio 2010, i ricorrenti hanno presentato una domanda di provvedimenti provvisori chiedendo al presidente del Tribunale di disporre la sospensione dell’esecuzione del regolamento impugnato.

4        Il Parlamento e il Consiglio hanno presentato le loro osservazioni su tale domanda entro i termini impartiti.

5        Con ordinanza 30 aprile 2010, causa T‑18/10 R, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (non pubblicata nella Raccolta), il presidente del Tribunale ha respinto la domanda di provvedimenti provvisori.

6        Con atti separati, depositati nella cancelleria del Tribunale rispettivamente il 20 e il 21 maggio 2010, il Parlamento e il Consiglio hanno sollevato alcune eccezioni di irricevibilità a titolo dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

7        Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 31 e il 21 maggio 2010 il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione europea hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni del Parlamento e del Consiglio. I ricorrenti e il Parlamento hanno presentato le loro osservazioni su tali domande entro i termini impartiti. Il Consiglio non ha presentato osservazioni.

8        Con atto separato, depositato nella cancelleria del Tribunale l’8 giugno 2010, il Consiglio ha presentato una domanda diretta alla rimozione dal fascicolo dell’allegato A 7 del ricorso, costituito dal parere del servizio giuridico del Consiglio 18 febbraio 2009, relativo alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul commercio dei prodotti derivati dalla foca, presentata dalla Commissione [COM (2008) 469 def. del 23 luglio 2008], nonché della citazione di una parte di detto parere figurante al punto 46 del ricorso.

9        Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 2 luglio 2010 il Parlamento ha presentato osservazioni sulla domanda di rimozione dal fascicolo proposta dal Consiglio.

10      Con ordinanza 6 luglio 2010 il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha ammesso gli interventi del Regno dei Paesi Bassi e della Commissione.

11      Il 13 luglio 2010 i ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dal Parlamento e dal Consiglio.

12      Il 19 e il 20 agosto 2010 il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione hanno presentato le proprie memorie di intervento limitate alle eccezioni di irricevibilità.

13      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 28 luglio 2010 i ricorrenti, ad eccezione di uno di loro, hanno presentato una nuova domanda di provvedimenti provvisori, fondata sugli artt. 278 TFUE e 279 TFUE, nonché sull’art. 109 del regolamento di procedura, con cui hanno chiesto al presidente del Tribunale di disporre la sospensione dell’esecuzione del regolamento impugnato fino a quando il Tribunale non abbia statuito sul ricorso di annullamento proposto contro il medesimo regolamento.

14      Con ordinanza 19 agosto 2010, causa T‑18/10 R II, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (non pubblicata nella Raccolta), il presidente del Tribunale ha sospeso l’applicazione nei confronti dei ricorrenti delle condizioni cui è subordinata, ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento impugnato, l’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca, fino all’adozione dell’ordinanza che concluderà il presente procedimento sommario.

15      Il Parlamento e il Consiglio, nonché la Commissione, hanno presentato le proprie osservazioni sulla seconda domanda di provvedimenti provvisori il 7 settembre 2010. Il Regno dei Paesi Bassi non ha presentato osservazioni.

16      Il 5 ottobre 2010 i ricorrenti hanno presentato una domanda a norma dell’art. 129 del regolamento di procedura concernente l’interpretazione dell’ordinanza del presidente del Tribunale 19 agosto 2010, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, citata supra, al punto 14.

17      Rispettivamente il 14, 18 e 13 ottobre 2010 il Parlamento, il Consiglio e la Commissione hanno presentato le loro osservazioni su tale domanda.

18      Con ordinanza del Tribunale 19 ottobre 2010, causa T‑18/10 RII‑INTP, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (non pubblicata nella Raccolta), la domanda di interpretazione è stata dichiarata irricevibile.

19      Con ordinanza 25 ottobre 2005, causa T‑18/10 R II, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (non pubblicata nella Raccolta, attualmente in fase di impugnazione), il presidente del Tribunale ha respinto la seconda domanda di provvedimenti provvisori.

20      Con atti separati, depositati nella cancelleria del Tribunale rispettivamente il 6 e il 14 ottobre 2010, il Consiglio e la Commissione hanno proposto una domanda di rinvio della presente causa dinanzi alla Grande Sezione. In subordine e per quanto riguarda il merito, la Commissione ha chiesto il rinvio della causa dinanzi ad una sezione composta di cinque giudici.

21      Il 26 ottobre 2010 il Tribunale ha deciso, a seguito di tali domande e alla luce del tenore letterale dell’art. 51, n. 1, secondo comma, del regolamento di procedura, di rinviare la causa dinanzi alla Settima Sezione ampliata.

22      Il 19 ottobre 2010 i ricorrenti e il Parlamento hanno presentato le loro rispettive osservazioni sulle memorie di intervento limitatamente alle eccezioni di irricevibilità presentate dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Commissione.

23      Con lettera dell’8 febbraio 2011 il Tribunale ha invitato le parti a rispondere ad un quesito relativo all’incidenza diretta del regolamento impugnato nei confronti dei ricorrenti. Questi ultimi, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione hanno risposto a tale quesito entro il termine impartito. Il Regno dei Paesi Bassi non ha depositato alcuna risposta al quesito del Tribunale.

24      Nell’atto introduttivo, i ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso ricevibile;

–        annullare il regolamento impugnato;

–        condannare il Parlamento e il Consiglio alle spese.

25      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        in subordine, nel caso in cui respingesse l’eccezione di irricevibilità o riservasse la propria decisione al riguardo, concedere al Parlamento e al Consiglio un termine per il deposito di una memoria difensiva, ai sensi dell’art. 114, n. 4, del regolamento di procedura;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

26      Il Regno dei Paesi Bassi e il Consiglio chiedono che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

27      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso manifestamente irricevibile;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

28      Nelle osservazioni sulle eccezioni di irricevibilità, i ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        esaminare le eccezioni di irricevibilità unitamente al merito;

–        in subordine, dichiarare il ricorso ricevibile;

–        in ogni caso, condannare il Parlamento e il Consiglio alle spese;

–        condannare il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione a sopportare le loro spese.

 In diritto

29      In forza dell’art. 114, nn. 1 e 4, del regolamento di procedura, se una parte lo chiede, il Tribunale può statuire sull’eccezione di irricevibilità senza impegnare la discussione nel merito.

30      Inoltre, ai sensi dell’art. 113 del regolamento di procedura, il Tribunale può in qualsiasi momento, d’ufficio, pronunciarsi, sentite le parti, sui motivi di irricevibilità di ordine pubblico. Tale decisione è adottata nelle forme previste dall’art. 114, nn. 3 e 4, del medesimo regolamento.

31      Ai sensi dell’art. 114, n. 3, del regolamento di procedura, salvo contraria decisione del Tribunale, il procedimento prosegue oralmente. Nella fattispecie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente informato sulla base dei documenti del fascicolo e decide che non vi è motivo di aprire la fase orale del procedimento.

 Sull’applicabilità dell’art. 263, quarto comma, TFUE

32      Si deve osservare che il regolamento impugnato è stato adottato sul fondamento del Trattato CE (art. 95 CE), mentre il ricorso è stato proposto dopo l’entrata in vigore del Trattato FUE.

33      Le parti ritengono che la ricevibilità del presente ricorso debba essere esaminata alla luce dell’art. 263, quarto comma, TFUE.

34      A tale proposito occorre rammentare che, per quanto riguarda la questione dell’applicabilità nel tempo delle norme che stabiliscono le condizioni di ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da un singolo dinanzi al giudice dell’Unione europea, da una costante giurisprudenza risulta che, da un lato, conformemente al detto «tempus regit actum», la questione della ricevibilità di un ricorso va risolta in base alle norme vigenti all’epoca in cui esso è stato proposto e, dall’altro, le condizioni di ricevibilità del ricorso devono essere valutate riferendosi al momento in cui esso viene proposto, ossia quello del deposito dell’atto introduttivo (v. ordinanze del Tribunale 7 settembre 2010, causa T‑532/08, Norilsk Nickel Harjavalta e Umicore/Commissione, Racc. pag. II‑3959, punto 70, e causa T‑539/08, Etimine e Etiproducts/Commissione, Racc. pag. II‑4017, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

35      Nella specie, al momento della presentazione del ricorso, le condizioni della sua ricevibilità erano disciplinate dall’art. 263 TFUE. Pertanto, alla luce della giurisprudenza richiamata al punto precedente, la questione della ricevibilità del presente ricorso deve essere risolta sulla base del suddetto articolo.

 Sulla ricevibilità del presente ricorso

36      Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Commissione, sollevano tre eccezioni di irricevibilità fondate, rispettivamente, sul fatto che il regolamento impugnato non sarebbe un atto regolamentare, che esso comporterebbe misure di esecuzione e che non riguarderebbe individualmente i ricorrenti.

37      I ricorrenti contestano le conclusioni del Parlamento e del Consiglio, sostenuti dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Commissione.

 Sulla nozione di «atto regolamentare» ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE

38      Ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE, «[q]ualsiasi persona fisica o giuridica può proporre‚ alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione».

39      Si deve osservare che, sebbene tale disposizione abbia introdotto una novità rispetto al Trattato CE in materia di accesso al giudice dell’Unione, vale a dire che attualmente qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre un ricorso contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e non comportano alcuna misura di esecuzione, il Trattato FUE non definisce la nozione di «atto regolamentare».

40      Pertanto, per potersi pronunciare sulla ricevibilità del ricorso in esame, occorre procedere ad un’interpretazione letterale, storica e teleologica di detta disposizione.

41      In primo luogo, occorre rammentare che l’art. 230, quarto comma, CE consentiva a qualsiasi persona fisica o giuridica di proporre un ricorso contro le decisioni, in quanto atti di portata individuale, e contro gli atti di portata generale, quale un regolamento, che riguardassero direttamente tale persona e la pregiudicassero a causa di determinate sue peculiari qualità, o di una circostanza di fatto che la distinguesse da chiunque altro e la identificasse in modo analogo al destinatario (v., in tal senso, sentenze della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 195, in particolare pag. 220, e 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punto 36).

42      L’art. 263, quarto comma, TFUE, pur omettendo il termine «decisione», riprende queste due possibilità aggiungendovene una terza. Esso consente di proporre un ricorso contro gli atti individuali, contro gli atti di portata generale che riguardano una persona fisica o giuridica direttamente e individualmente nonché contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e non comportano alcuna misura d’esecuzione. Dal senso comune del termine «regolamentare» discende che anche gli atti del terzo gruppo sono di portata generale.

43      In tale contesto, è giocoforza constatare che tale possibilità non include tutti gli atti di portata generale, bensì una loro categoria più ristretta, vale a dire gli atti regolamentari.

44      Infatti, l’art. 263, primo comma, TFUE prevede varie categorie di atti dell’Unione che possono formare oggetto di un controllo di legittimità, vale a dire, da un lato, gli atti legislativi e, dall’altro, gli altri atti vincolanti, destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi, che possono essere atti individuali o di portata generale.

45      Se ne deve dedurre che l’art. 263, quarto comma, TFUE, in combinato disposto con il primo comma dello stesso articolo, prevede che qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre un ricorso contro gli atti di cui è destinataria, nonché, da un lato, contro gli atti di portata generale, legislativi o regolamentari, che la riguardano direttamente e individualmente e, dall’altro, contro taluni atti di portata generale, vale a dire gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e non comportano alcuna misura di esecuzione.

46      Peraltro, tale interpretazione del termine «regolamentare» e del termine equivalente nelle varie versioni linguistiche del Trattato FUE, in opposizione al termine «legislativo», risulta anche da varie altre disposizioni del Trattato FUE, segnatamente dall’art. 114 TFUE, che fa riferimento al ravvicinamento delle «disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri».

47      A tale riguardo, dev’essere respinto l’argomento dei ricorrenti secondo cui la distinzione tra gli atti legislativi e quelli regolamentari, quale proposta dal Parlamento e dal Consiglio ed accolta supra, ai punti 42‑45, consisterebbe nell’aggiungere l’aggettivo qualificativo «legislativi» dopo il termine «atti» riferito alle prime due possibilità previste dall’art. 263, quarto comma, TFUE. Infatti, come risulta dalla conclusione raggiunta supra, al punto 45, il termine «atti» riferito a queste prime due possibilità indica, oltre agli atti di cui la persona fisica o giuridica è destinataria, tutti gli atti, legislativi o regolamentari, che la riguardano direttamente e individualmente. In particolare, gli atti legislativi e gli atti regolamentari che comportano misure di esecuzione rientrano nell’ambito di quest’ultima possibilità.

48      Occorre inoltre precisare che, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, dal tenore letterale dell’ultima parte di frase dell’art. 263, quarto comma, TFUE, risulta che l’obiettivo degli Stati membri non era limitare la portata di tale disposizione ai soli atti delegati ai sensi dell’art. 290 TFUE, bensì, più in generale, agli atti regolamentari.

49      In secondo luogo, l’interpretazione dell’art. 263, quarto comma, TFUE accolta supra, ai punti 42‑45, è suffragata dalla genesi del procedimento conclusosi con l’adozione di detta disposizione, che era stata inizialmente proposta come art. III‑365, quarto comma, del progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa. Infatti, risulta in particolare dalla nota di trasmissione del Praesidium della Convenzione (segretariato della Convenzione europea, CONV 734/03), del 12 maggio 2003, che, malgrado la proposta di modifica dell’art. 230, quarto comma, CE in questione, che menzionava gli «atti di portata generale», il Praesidium ha preferito un’opzione diversa, ossia menzionare gli «atti regolamentari». Come si evince dalla suddetta nota di trasmissione, tale formulazione consentiva «di operare una distinzione tra gli atti legislativi e gli atti regolamentari, adottando un’impostazione restrittiva per i ricorsi proposti dai privati contro gli atti legislativi (per i quali la condizione di riguardare direttamente e individualmente il ricorrente resta d’applicazione)».

50      In terzo luogo, considerata la scelta di riprendere tale formulazione nell’art. 263, quarto comma, TFUE, si deve ritenere che lo scopo di tale disposizione sia consentire ad una persona fisica o giuridica di proporre un ricorso contro quegli atti di portata generale, diversi dagli atti legislativi, che la riguardano direttamente e non comportano alcuna misura d’esecuzione, evitando così che essa debba violare il diritto per avere accesso ad un giudice (v. nota di trasmissione del Praesidium della Convenzione, cit. supra). Come emerge dall’analisi esposta nei punti precedenti, la formulazione dell’art. 263, quarto comma, TFUE non consente di proporre un ricorso contro tutti gli atti rispondenti ai criteri dell’incidenza diretta e dell’assenza di misure di esecuzione, né contro tutti gli atti di portata generale rispondenti a tali criteri, ma unicamente contro una specifica categoria di questi ultimi, vale a dire gli atti regolamentari. Di conseguenza, i presupposti per la ricevibilità di un ricorso di annullamento contro un atto legislativo rimangono più restrittivi di quanto non lo siano nel caso di un ricorso contro un atto regolamentare.

51      Tale conclusione non può essere rimessa in dubbio dall’argomento dei ricorrenti relativo al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, in particolare alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2007, C 303, pag. 1). Infatti, secondo costante giurisprudenza, il giudice dell’Unione non può, senza eccedere le proprie competenze, interpretare i requisiti cui è subordinata la possibilità di un singolo di proporre ricorso contro un regolamento in modo da indurre ad escludere i requisiti medesimi, che sono espressamente previsti dal Trattato, e ciò neppure alla luce del principio della tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza della Corte 1° aprile 2004, causa C‑263/02 P, Commissione/Jégo‑Quéré, Racc. pag. I‑3425, punto 36, e ordinanza del Tribunale 9 gennaio 2007, causa T‑127/05, Lootus Teine Osaühing/Consiglio, non pubblicata nella Raccolta, punto 50).

52      Inoltre, si deve respingere l’argomento dei ricorrenti secondo cui l’obbligo di interpretare in maniera «ampia» l’art. 263, quarto comma, TFUE deriverebbe anche da due convenzioni internazionali adottate nell’ambito delle Nazioni Unite, vale a dire la Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998, e la Convenzione sulla diversità biologica, firmata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992.

53      Innanzi tutto, sebbene i ricorrenti concludano che l’art. 263, quarto comma, TFUE dev’essere interpretato conformemente a queste due convenzioni, essi non indicano affatto in quale modo, concretamente, le varie condizioni di ricevibilità ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE andrebbero interpretate alla luce delle norme internazionali invocate, dato che i loro argomenti sono molto generici e privi di incidenza sulle suddette condizioni di ricevibilità.

54      Inoltre, la giurisprudenza richiamata dai ricorrenti in tal senso (sentenze della Corte 14 luglio 1998, causa C‑341/95, Bettati, Racc. pag. I‑4355, punto 20, e 1° aprile 2004, causa C‑286/02, Bellio F.lli, Racc. pag. I‑3465, punto 33) riguarda l’obbligo del giudice dell’Unione, adito con una questione concernente la validità di un testo di diritto dell’Unione derivato, di esaminare tale validità anche alla luce del diritto internazionale.

55      In ogni caso, occorre rammentare che il Trattato ha istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni, affidandolo al giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit. al punto 41 supra, punto 40). Le disposizioni delle convenzioni internazionali invocate non possono essere in contrasto con tali norme di diritto primario dell’Unione (v., in tal senso, sentenza della Corte 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑6351, punti 306‑308, e sentenza del Tribunale 17 settembre 2007, causa T‑201/04, Microsoft/Commissione, Racc. pag. II‑3601, punto 798).

56      Alla luce di quanto sopra, si deve concludere che la nozione di «atto regolamentare» ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE deve essere interpretata nel senso che include qualsiasi atto di portata generale ad eccezione degli atti legislativi. Di conseguenza, un atto legislativo può formare oggetto di un ricorso di annullamento da parte di una persona fisica o giuridica unicamente se la riguarda direttamente e individualmente.

 Sulla qualificazione del regolamento impugnato

57      In base alla conclusione raggiunta supra, al punto 56, relativamente all’interpretazione dell’art. 263, quarto comma, TFUE, occorre stabilire se, nella specie, il regolamento impugnato debba essere qualificato come atto legislativo o come atto regolamentare.

58      Si deve quindi qualificare il regolamento impugnato tenendo conto delle categorie di atti previste dal Trattato FUE.

59      Il regolamento impugnato è stato adottato sul fondamento dell’art. 95 CE secondo la procedura di codecisione di cui all’art. 251 CE.

60      A tale riguardo, dall’art. 289, nn. 1 e 3, TFUE risulta che gli atti giuridici adottati mediante la procedura definita all’art. 294 TFUE, denominata «procedura legislativa ordinaria», sono atti legislativi.

61      Orbene, poiché la procedura definita all’art. 294 TFUE riprende sostanzialmente quella definita all’art. 251 CE, è giocoforza concludere che, nell’ambito delle categorie di atti giuridici previste dal Trattato FUE, il regolamento impugnato dev’essere qualificato come atto legislativo.

62      A tale proposito, i ricorrenti fanno valere che non è il modo in cui un atto è stato adottato, bensì la portata, individuale o generale, del provvedimento a determinare la sua natura. Un regolamento potrebbe essere qualificato o meno come atto regolamentare in base alla sua portata. Inoltre, l’aggettivo «regolamentare» dovrebbe essere interpretato secondo il suo significato comune, cioè nel senso che esso fa riferimento ad un atto inteso a definire le norme applicabili in generale.

63      Secondo costante giurisprudenza, il criterio distintivo fra un regolamento e una decisione va ricercato nella portata generale o meno dell’atto di cui trattasi. Infatti, un atto ha portata generale se si applica a situazioni determinate obiettivamente e se produce i suoi effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in maniera generale e astratta (v. ordinanza del Tribunale 30 novembre 2009, causa T‑313/08, Veromar di Tudisco Alfio & Salvatore/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

64      Tale giurisprudenza faceva riferimento in particolare alla seconda parte dell’art. 230, quarto comma, CE, concernente i ricorsi contro gli atti che riguardano una persona fisica o giuridica direttamente e individualmente. Scopo di tale disposizione, quale interpretata dalla giurisprudenza, era in particolare quello di evitare che, ricorrendo alla forma del regolamento, le istituzioni dell’Unione potessero impedire che il singolo impugnasse una decisione che lo toccava direttamente e individualmente e, quindi, di precisare che la scelta di una determinata forma non poteva modificare la natura di un atto (v. ordinanza Veromar di Tudisco Alfio & Salvatore/Commissione, cit. al punto 63 supra, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

65      Orbene, nella specie non è in discussione la portata generale del regolamento impugnato, bensì la sua asserita qualificazione come atto regolamentare. Mentre il criterio di distinzione tra un atto di portata generale e un atto individuale va cercato nell’eventuale portata generale dell’atto di cui trattasi, la sua qualificazione come atto legislativo o regolamentare ai sensi del Trattato FUE è basata sul criterio della procedura, legislativa o meno, che ha portato alla sua adozione.

66      Tenuto conto dell’interpretazione della nozione di «atto regolamentare» ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE, accolta supra, ai punti 41‑56, e della conclusione secondo cui il regolamento impugnato non è un atto regolamentare ai sensi di detta disposizione, si deve concludere che il ricorso in esame non può essere dichiarato ricevibile sul fondamento dell’ultima parte di frase dell’art. 263, quarto comma, TFUE. Pertanto, non occorre stabilire se il regolamento impugnato comporti misure di esecuzione.

67      Si deve quindi esaminare se i ricorrenti siano direttamente e individualmente interessati dal regolamento impugnato.

 Sull’incidenza diretta nei confronti dei ricorrenti

68      Nelle eccezioni di irricevibilità, il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Commissione, non hanno sollevato motivi basati sull’assenza di incidenza diretta, ad eccezione di un unico riferimento in tal senso, non sviluppato e contenuto nell’eccezione di irricevibilità del Parlamento.

69      Poiché le condizioni attinenti alla ricevibilità di un ricorso rientrano tra i motivi di irricevibilità di ordine pubblico (ordinanza della Corte 7 ottobre 1987, causa 108/86, G. d. M./Consiglio e CES, Racc. pag. 3933, punto 10; v. anche sentenza del Tribunale 22 ottobre 2008, cause riunite T‑309/04, T‑317/04, T‑329/04 e T‑336/04, TV 2/Danmark e a./Commissione, Racc. pag. II‑2935, punto 62 e giurisprudenza ivi citata), spetta al Tribunale verificare d’ufficio se sussista la condizione dell’incidenza diretta di cui all’art. 263, quarto comma, TFUE.

70      I ricorrenti, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione si sono espressi al riguardo in seguito ad un quesito posto dal Tribunale l’8 febbraio 2011 (v. supra, punto 23).

71      Secondo costante giurisprudenza, l’incidenza diretta nei confronti di un singolo presuppone, in primo luogo, che il provvedimento dell’Unione contestato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica di tale singolo e, in secondo luogo, che esso non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua applicazione, la quale abbia carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa dell’Unione senza intervento di altre norme intermedie (v. ordinanza Lootus Teine Osaühing/Consiglio, cit. al punto 51 supra, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

72      Da tale giurisprudenza si evince chiaramente che devono sussistere due condizioni cumulative affinché possa ritenersi che un atto riguardi direttamente una persona fisica o giuridica (ordinanza del Tribunale 21 maggio 2010, causa T‑441/08, ICO Services/Parlamento e Consiglio, non pubblicata nella Raccolta, punto 56).

73      A tale riguardo, si deve ritenere che le norme intermedie cui fa riferimento la giurisprudenza citata supra, al punto 71, corrispondano a quelle che devono essere adottate a livello nazionale o a livello dell’Unione.

74      Nella specie, in primo luogo, occorre rammentare che l’art. 3, n. 1, del regolamento impugnato, che ne costituisce la disposizione centrale, così recita «[l]’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca è autorizzata solo quando i prodotti derivati dalla foca provengono dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e contribuiscono alla loro sussistenza».

75      Di conseguenza, il regolamento impugnato produce effetti diretti unicamente sulla situazione giuridica dei ricorrenti che siano attivi sul mercato dell’Unione dei prodotti derivati dalla foca. Infatti, detto regolamento non vieta affatto la caccia alle foche, che peraltro si colloca al di fuori del mercato dell’Unione, né l’utilizzo o il consumo dei prodotti derivati dalle stesse che non sono oggetto di commercializzazione. Pertanto, si deve rilevare che, sebbene non possa escludersi che il divieto generale di immissione in commercio di cui al regolamento impugnato possa avere ripercussioni sull’attività delle persone che intervengono a monte o a valle di detta immissione, tuttavia tali ripercussioni non possono essere considerate una conseguenza diretta del suddetto divieto (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 11 luglio 2005, causa T‑40/04, Bonino e a./Parlamento e Consiglio, Racc. pag. II‑2685, punto 56). Inoltre, per quanto riguarda le eventuali conseguenze economiche del divieto in questione, occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza, queste ultime non riguardano la situazione giuridica, ma unicamente la situazione di fatto dei ricorrenti (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 27 giugno 2000, cause riunite T‑172/98 e da T‑175/98 a T‑177/98, Salamander e a./Parlamento e Consiglio, Racc. pag. II‑2487, punto 62).

76      In secondo luogo, dall’art. 3, n. 4, del regolamento impugnato, in combinato disposto con l’art. 5, n. 3, del medesimo regolamento, risulta che «le misure per l’attuazione [dell’art. 3], intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo» di cui all’art. 5 bis della decisione del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/468/CE, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23). Inoltre, dal diciassettesimo ‘considerando’ del regolamento impugnato risulta che, in particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di «definire le condizioni per l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca, provenienti dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono alla loro sussistenza».

77      È giocoforza rilevare che, se si può ritenere, sulla base di tale disposizione del regolamento impugnato, che sia vietata l’immissione in commercio dei prodotti derivati dalla foca di cui sia stata dimostrata la provenienza da fonti diverse dalle forme di caccia tradizionalmente praticate dalle comunità Inuit e dalle altre comunità indigene e che contribuiscono alla loro sussistenza, le condizioni per l’immissione in commercio dei prodotti che possono soddisfare tali presupposti non sono state definite.

78      Infatti, il regolamento impugnato non precisa, in particolare, cosa debba intendersi per «altre comunità indigene» ai sensi dell’art. 3, n. 1, del medesimo regolamento, né fornisce alcuna spiegazione circa le forme di caccia praticate tradizionalmente e che contribuiscono alla loro sussistenza, né su come vada accertata la provenienza dagli Inuit o da altre comunità indigene. Pertanto, per quanto riguarda i prodotti che possono essere assoggettati al regime di deroga, le autorità nazionali non sono in grado di applicare il regolamento impugnato in assenza delle misure di attuazione stabilite da un regolamento di attuazione, che devono per l’appunto definire le condizioni per l’immissione sul mercato di tali prodotti (diciassettesimo ‘considerando’ del regolamento impugnato). Perciò, la suddetta disposizione non costituisce una disciplina completa, autosufficiente e che non richiede alcuna disposizione di attuazione, e che può quindi riguardare direttamente i singoli (v., in tal senso, sentenza della Corte 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts/Parlamento, Racc. pag. 1339, punto 31). La situazione dei ricorrenti che rientrano nell’ambito della deroga in questione può essere valutata solo sulla base delle misure di attuazione del regolamento impugnato.

79      Pertanto, si deve ritenere che il regolamento impugnato riguardi unicamente la situazione giuridica dei ricorrenti attivi nell’immissione sul mercato dell’Unione dei prodotti derivati dalla foca e interessati dal divieto generale di immissione in commercio di tali prodotti. Per contro, ciò non accade nel caso dei ricorrenti la cui attività non consiste nell’immissione in commercio di detti prodotti e/o di quelli rientranti nell’eccezione prevista dal regolamento impugnato, dato che, in linea di principio, l’immissione sul mercato dell’Unione dei prodotti derivati dalla foca provenienti da forme di caccia tradizionalmente praticate dalle comunità Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono al loro sostentamento è ancora consentita.

80      Più in particolare, in primo luogo, la prima categoria di ricorrenti, vale a dire i cacciatori di foche di origine Inuit, nonché la seconda categoria di ricorrenti, che raggruppa le organizzazioni che rappresentano i loro interessi, non possono essere considerate attive nell’immissione in commercio dei prodotti derivati dalla foca.

81      Fanno parte di queste due categorie di ricorrenti i sigg. Jaypootie Moesesie, Allen Kooneeliusie, Toomasie Newkingnak, David Kuptana e Johannes Egede, nonché l’Inuit Tapiriit Kanatami, organizzazione nazionale canadese che rappresenta e promuove gli interessi degli Inuit, l’ICC, organizzazione nazionale della Groenlandia che rappresenta e promuove gli interessi di tali popolazioni, la Pangnirtung Hunters’ and Trapper’s Association, organizzazione che mira a promuovere e tutelare gli interessi degli Inuit che vivono nella regione del Pangnirtung che svolgono attività di caccia, la Nattivak Hunters e la Trappers Association, organizzazione che promuove e tutela gli interessi degli Inuit che vivono nella regione di Broughton Island e svolgono questo tipo di attività, nonché la KNAPK, che rappresenta i cacciatori e i pescatori Inuit e non Inuit della Groenlandia.

82      In secondo luogo, la sig.ra Karliin Aariak è attiva nella trasformazione dei prodotti derivati dalla foca, vale a dire nella creazione e vendita di abiti confezionati con pelle di foca. Tuttavia, dal ricorso e dalle osservazioni dei ricorrenti relative alle eccezioni di irricevibilità risulta che anch’essa appartiene alla comunità Inuit. Poiché la sig.ra Aariak non ha affermato di essere attiva nell’immissione in commercio di prodotti diversi da quelli rientranti nell’eccezione di cui trattasi, essa non può essere considerata direttamente interessata dal regolamento impugnato.

83      In terzo luogo, il sig. Efstathios Andreas Agathos è un medico che effettua prove cliniche concernenti l’impiego delle valvole cardiache delle foche per finalità mediche e, di conseguenza, non è attivo nell’immissione in commercio dei prodotti derivati dalla foca.

84      In quarto luogo, lo stesso vale per il Fur Institute of Canada, organismo nazionale senza scopo di lucro che rappresenta il settore della pellicceria canadese, comprese le autorità pubbliche di regolamentazione. Le sue attività consistono nel coordinamento, nella ricerca scientifica e nella comunicazione con gli organi di informazione, il grande pubblico e i governi per quanto attiene agli interessi economici, sociali, culturali ed ambientali connessi al commercio delle pellicce. Ne consegue che tale istituto non è direttamente interessato da un divieto di immissione in commercio di prodotti derivati dalla foca.

85      Per contro, dagli atti risulta che la Ta Ma Su Seal Products, la NuTan Furs e la GC Rieber Skinn, nonché l’organismo che le raggruppa, il Canadian Seal Marketing Group, sono attivi nella trasformazione e/o nella commercializzazione dei prodotti derivati dalla foca provenienti da cacciatori Inuit e non Inuit. Di conseguenza, si deve ritenere che il divieto generale di immissione in commercio dei prodotti derivati dalla foca previsto dal regolamento impugnato incida sulla loro situazione giuridica.

86      Ne consegue che, ad eccezione della Ta Ma Su Seal Products, della NuTan Furs, della GC Rieber Skinn e del Canadian Seal Marketing Group, i ricorrenti non sono direttamente interessati dal regolamento impugnato.

87      Poiché le condizioni dell’incidenza diretta e individuale sono cumulative, rimane da esaminare se la Ta Ma Su Seal Products, la NuTan Furs, la GC Rieber Skinn ed il Canadian Seal Marketing Group siano individualmente interessati dal suddetto regolamento.

 Sull’incidenza individuale nei confronti della Ta Ma Su Seal Products, della NuTan Furs, della GC Rieber Skinn e del Canadian Seal Marketing Group

88      Come si è ricordato supra, al punto 41, perché un atto impugnato riguardi individualmente una persona fisica o giuridica diversa dal destinatario di una decisione, occorre che tale atto la pregiudichi a causa di determinate sue peculiari qualità, o di una circostanza di fatto che la distingua da chiunque altro e la identifichi in modo analogo al destinatario di una decisione.

89      Come giustamente rilevato dal Parlamento e dal Consiglio, sostenuti dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Commissione, il regolamento impugnato si applica a situazioni determinate obiettivamente e comporta effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in modo generale e astratto. In particolare, il divieto generale di immissione in commercio dei prodotti derivati dalla foca, ad eccezione di quelli provenienti da forme di caccia tradizionalmente praticate dalle comunità Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono alla loro sussistenza, è formulato in modo generale e può essere applicato indifferentemente a qualsiasi operatore economico rientrante nell’ambito del regolamento impugnato.

90      Come si è ricordato supra, al punto 85, la Ta Ma Su Seal Products, la NuTan Furs e la GC Rieber Skinn, nonché l’organismo che le raggruppa, il Canadian Seal Marketing Group, sono attivi nell’immissione in commercio dei prodotti derivati dalla foca provenienti da cacciatori Inuit e non Inuit. In quanto tali, il regolamento impugnato li riguarda al pari di qualsiasi altro operatore economico che immetta sul mercato prodotti derivati dalla foca.

91      A tal riguardo, i ricorrenti sostengono che gli organismi che rappresentano società Inuit e non Inuit attive nella catena di fabbricazione dei prodotti derivati dalla foca e le società attive nella trasformazione dei prodotti derivati dalla foca sono individualmente interessati almeno per quanto riguarda i loro membri Inuit o i prodotti di origine Inuit.

92      Tale argomento non può essere accolto. Infatti, anche ammesso che i ricorrenti interessati rientrino, oltre che nell’ambito del divieto generale, nell’eccezione relativa ai prodotti di origine Inuit, ciò non sarebbe sufficiente ad individuarli in modo analogo al destinatario di una decisione. Peraltro, i ricorrenti non spiegano affatto perché il regolamento impugnato riguarderebbe tali organismi e società a causa di determinate loro peculiari qualità, o di una circostanza di fatto che li distinguerebbe da chiunque altro.

93      Dalle suesposte considerazioni discende che la Ta Ma Su Seal Products, la NuTan Furs, la GC Rieber Skinn e il Canadian Seal Marketing Group non sono individualmente interessati dal regolamento impugnato.

94      Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare irricevibile il presente ricorso di annullamento, senza che occorra statuire sulla domanda del Consiglio diretta alla rimozione dagli atti dell’allegato A 7 del ricorso e della citazione in quest’ultimo di un estratto di tale documento.

 Sulle spese

95      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché i ricorrenti sono rimasti soccombenti, devono essere condannati a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dal Parlamento e dal Consiglio, conformemente alla domanda in tal senso di questi ultimi.

96      Inoltre, ai sensi dell’art. 87, n. 4, del regolamento di procedura, il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

così provvede:

1)      Il ricorso è irricevibile.

2)      La Inuit Tapiriit Kanatami, la Nattivak Hunters and Trappers Association, la Pangnirtung Hunters’ and Trappers’ Association, i sigg. Jaypootie Moesesie, Allen Kooneeliusie, Toomasie Newkingnak, David Kuptana, la sig.ra Karliin Aariak, il sig. Efstathios Andreas Agathos, il Canadian Seal Marketing Group, la Ta Ma Su Seal Products, il Fur Institute of Canada, la NuTan Furs, Inc., la GC Rieber Skinn AS, l’Inuit Circumpolar Conference Greenland (ICC), il sig. Johannes Egede e la Kalaallit Nunaanni Aalisartut Piniartullu Kattuffiat (KNAPK) sono condannati a sopportare le loro spese, nonché quelle sostenute dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea.

3)      Il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione europea sopporteranno le proprie spese.

Lussemburgo, 6 settembre 2011

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       A. Dittrich


* Lingua processuale: l’inglese.