Language of document : ECLI:EU:C:2011:215

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 7 aprile 2011 (1)

Cause riunite C‑106/09 P e C‑107/09 P

Commissione europea (C-106/09 P),

Regno di Spagna (C-107/09 P)

contro

Government of Gibraltar e Regno Unito

«Impugnazioni – Regime di aiuti di Stato – Riforma del sistema di tassazione delle imprese di Gibilterra – Competenze degli Stati membri in materia di fiscalità diretta – Nozione di vantaggio – Selettività regionale e materiale – Paradiso fiscale – Società off‑shore»






I –          Introduzione

1.        Con le impugnazioni, la Commissione europea e il Regno di Spagna chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 18 dicembre 2008, cause riunite T‑211/04 e T‑215/04, Government of Gibraltar e Regno Unito/Commissione (Racc. pag. II‑3745; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui detto giudice ha annullato la decisione della Commissione 30 marzo 2004, 2005/261/CE, sul regime di aiuti che il Regno Unito sta progettando di applicare in relazione alla riforma del sistema di tassazione delle imprese del Government of Gibraltar (2). In detta decisione, la Commissione ha concluso che la riforma in questione costituisce un regime di aiuto incompatibile con il mercato comune.

2.        Le presenti impugnazioni vertono sulla problematica dell’esistenza del vantaggio ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE e della selettività sul piano regionale e materiale, a norma della detta disposizione. Da una parte, la questione è di sapere se un territorio ai sensi dell’art. 299, n. 4, CE (3), che non fa parte del territorio di uno Stato membro, possa essere considerato come ambito di riferimento ai fini dell’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE. In particolare, la presente causa esige l’esame dell’applicabilità a Gibilterra della giurisprudenza esistente relativa alla selettività regionale.

3.        D’altra parte, la Corte è chiamata ad effettuare una scelta con effetti trasversali per quanto riguarda la metodologia da applicare nel contesto delle misure indirette che possono costituire aiuti di Stato. Si tratta di determinare il metodo che consente di valutare la selettività materiale di una misura indiretta adottata nell’ambito di un regime fiscale nazionale, rispettando la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e l’Unione europea in materia di fiscalità diretta.

4.        Infatti, la Commissione propone alla Corte di consacrare una nuova nozione di sistema tributario «intrinsecamente discriminatorio» (4) nonché un metodo d’analisi che si discosta da quello figurante nella sua comunicazione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese (5) (in prosieguo: il «metodo ad hoc»).

5.        Orbene, la misura che, in base a questa nozione, può essere qualificata, nella fattispecie, un vantaggio selettivo è una misura tributaria che si applica a più del 99% delle imprese di Gibilterra (6).

6.        La questione principale sollevata nella presente causa concerne dunque la selettività materiale e la precisazione della nozione di aiuto di Stato rispetto al fenomeno della concorrenza fiscale dannosa.

7.        Nell’ambito della mia analisi intendo esaminare successivamente la selettività regionale, quindi la selettività materiale, discostandomi tuttavia dall’ordine dei motivi sollevati dai ricorrenti nelle impugnazioni.

II –       Fatti all’origine della controversia e sentenza impugnata

A –          La riforma del sistema di tassazione delle imprese da parte del Government of Gibraltar

8.        Con lettera del 12 agosto 2002, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord notificava alla Commissione, in applicazione dell’art. 88, n. 3, CE, la riforma del sistema di tassazione delle imprese che il Government of Gibraltar intendeva attuare (7).

9.        Il sistema di tassazione introdotto dalla riforma fiscale e applicabile a tutte le società stabilite a Gibilterra è costituito da un’imposta sul monte salari («payroll tax»), da un’imposta sull’occupazione di beni immobili a uso commerciale («business property occupation tax»; in prosieguo: la «BPOT») e da una tassa di registro («registration fee»):

–        l’imposta sul monte salari: tutte le società stabilite a Gibilterra saranno soggette a una siffatta imposta pari a GBP 3 000 per dipendente e per singolo anno;

–        la BPOT: tutte le società che occupano immobili a Gibilterra a fini commerciali pagheranno un’imposta sull’occupazione di detti beni immobili a una determinata percentuale delle aliquote generali applicate sulla proprietà immobiliare cui le dette società sono sottoposte a Gibilterra;

–        la tassa di registro: tutte le società di Gibilterra dovranno versare una tassa di registro annua pari a GBP 150, per le società non aventi come obiettivo la generazione di utili, e a GBP 300, per le società aventi come obiettivo la generazione di utili.

10.      L’importo dell’imposta sul monte salari, insieme a quello della BPOT, sarà limitato al 15% degli utili. Dall’introduzione di tale limite consegue che le società pagheranno l’imposta sul monte salari e la BPOT solo se producono utili.

11.      Alcune attività determinate, ossia i servizi finanziari e i pubblici servizi, saranno soggette ad un’imposta addizionale sugli utili derivanti dalle stesse.

12.      L’imposizione totale delle società di servizi finanziari (imposta sul monte salari, BPOT e imposta addizionale sugli utili generati dalle attività di servizi finanziari ad un’aliquota compresa tra il 4% e il 6% degli utili) è limitata al 15% degli utili. Le imprese di pubblici servizi saranno soggette ad un’imposta addizionale sugli utili generati dalle loro attività alla percentuale del 35% degli utili. A tali società sarà consentito di detrarre l’imposta sul monte salari e la BPOT dall’importo dovuto per l’imposta addizionale (8).

B –          La decisione controversa

13.      Dopo aver esaminato la notifica conformemente alla procedura prevista all’art. 88, n. 2, CE, la Commissione ha considerato che la riforma del sistema di tassazione delle imprese a Gibilterra, come notificata dal Regno Unito, costituiva un regime di aiuti di Stato incompatibile con il mercato comune che pertanto non poteva essere attuato.

14.      In sostanza, la Commissione ha enunciato, ai punti 98‑152 della decisione controversa, che la detta riforma era selettiva sia sul piano regionale sia sul piano materiale. Da una parte, in quanto prevede un sistema di tassazione delle imprese in forza del quale le imprese di Gibilterra sono soggette, in generale, a un’aliquota inferiore a quella applicata alle imprese del Regno Unito, la riforma, a giudizio della Commissione, conferisce un vantaggio selettivo alle imprese di Gibilterra.

15.      D’altra parte, a giudizio della Commissione i seguenti aspetti della riforma fiscale, concernente l’imposta sul monte salari e la BPOT, sono selettivi sul piano materiale. In primo luogo, la condizione che subordina alla realizzazione di utili l’applicazione delle imposte favorirebbe le imprese che non conseguono utili; in secondo luogo, il limite del 15% degli utili applicato all’imposizione favorirebbe le imprese che, per l’anno fiscale in questione, hanno bassi utili in relazione al numero dei loro dipendenti e all’occupazione di strutture immobiliari a uso commerciale; in terzo luogo, l’imposta sul monte salari e la BPOT favorirebbero, per loro natura, le imprese che non hanno una reale presenza fisica a Gibilterra e, quindi, non sono soggette al sistema di tassazione delle imprese.

16.      Infine, la Commissione ha concluso che la concessione di esenzioni e riduzioni fiscali di cui sopra comporterebbe una perdita di gettito fiscale equivalente al consumo di risorse dello Stato sotto forma di spese fiscali. Le misure in causa sono dunque state qualificate come vantaggi accordati dallo Stato e mediante risorse di Stato.

C –          Il procedimento dinanzi al Tribunale concernente la sentenza impugnata

17.      Con atti introduttivi depositati nella cancelleria del Tribunale il 9 giugno 2004, il Government of Gibraltar, ricorrente nella causa T‑211/04, e il Regno Unito, ricorrente nella causa T‑215/04, hanno proposto i presenti ricorsi di annullamento della decisione controversa. Con ordinanza del presidente della Terza Sezione del Tribunale in data 14 dicembre 2004, il Regno di Spagna è stato ammesso ad intervenire in giudizio a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con ordinanza 18 dicembre 2006 le cause sono state riunite ai fini della trattazione orale.

18.      Il Tribunale ha accolto due dei tre motivi sollevati dalle ricorrenti in primo grado relativi, rispettivamente, alla selettività regionale e alla selettività materiale, motivo per il quale si è astenuto dall’esaminare il terzo motivo, vertente sulla violazione di forme sostanziali. Di conseguenza, il Tribunale ha annullato la decisione controversa.

III –       Sulle impugnazioni

A –          Il procedimento dinanzi alla Corte

19.      Con ordinanza del presidente della Corte 26 giugno 2009, le cause C‑106/09 P e C‑107/09 P sono state riunite ai fini della fase scritta, della fase orale e della sentenza. Con ordinanza del presidente della Corte 25 settembre 2009 nelle cause riunite C‑106/09 P e C‑107/09 P, l’Irlanda è stata ammessa ad intervenire nelle presenti cause a sostegno delle conclusioni del Regno Unito e del Government of Gibraltar.

20.      Nella sua impugnazione, la Commissione invoca un unico motivo suddiviso in sei parti, vertente sull’esame effettuato dal Tribunale per quanto concerne la selettività materiale e relativo ad una violazione dell’art. 87, n. 1, CE. Nella sua impugnazione, il Regno di Spagna invoca undici motivi vertenti sull’esame effettuato dal Tribunale riguardo alla selettività tanto regionale quanto materiale. Esso invoca anche motivi relativi a irregolarità procedurali.

21.      Nella memoria di risposta relativa alle impugnazioni proposte dalla Commissione e dal Regno di Spagna, il Government of Gibraltar e il Regno Unito chiedono il rigetto delle impugnazioni. L’Irlanda è intervenuta a sostegno delle conclusioni del Regno Unito solo nella causa C‑106/09 P.

22.      La Commissione, il Government of Gibraltar, il governo del Regno Unito, l’Irlanda e il governo spagnolo hanno depositato osservazioni in udienza, che si è tenuta il 16 novembre 2010.

B –          Osservazioni preliminari sugli aspetti procedurali delle impugnazioni – sulle conseguenze di un annullamento parziale della sentenza impugnata

23.      Nella sua impugnazione la Commissione critica soltanto la parte della sentenza del Tribunale che riguarda la selettività materiale. Secondo la Commissione, la decisione controversa avrebbe dichiarato il carattere selettivo della riforma sul piano sia regionale che materiale. Il suo annullamento potrebbe dunque essere accolto soltanto se la sentenza che la censura avesse debitamente stabilito che entrambe le conclusioni erano erronee. Di conseguenza, nell’ipotesi in cui la Corte accogliesse l’impugnazione della Commissione, l’annullamento della decisione controversa perderebbe la sua giustificazione e la sentenza dovrebbe essere cassata.

24.      A questo riguardo, sono dell’avviso che accogliere l’impugnazione della Commissione non basterebbe per annullare integralmente la sentenza impugnata. Per contro, se la sentenza impugnata fosse annullata nella parte relativa alla selettività materiale, il dispositivo della sentenza impugnata resterebbe immutato, il che basterebbe a giustificare l’annullamento della decisione controversa in quanto la soluzione giuridica che vi figura concernente la selettività regionale sarebbe errata.

25.      Infatti, nell’ipotesi di un territorio ai sensi dell’art. 299, n. 4, CE, o di collettività infrastatali, l’analisi della selettività regionale nella decisione controversa è un elemento costitutivo della valutazione dell’esistenza di un aiuto di Stato, ai sensi dell’art. 87 CE. Al fine di completare l’aspetto concernente la selettività regionale, la Commissione dovrà dunque adottare una nuova decisione relativa alla legittimità del regime in causa alla luce dell’art. 87 CE.

26.      Peraltro, nell’ipotesi in cui il ragionamento del Tribunale relativo alla selettività materiale fosse respinto dalla Corte, ne conseguirebbe l’annullamento della motivazione corrispondente della sentenza impugnata e non la conferma del dispositivo della decisione controversa. Infatti, da una parte il Tribunale non ha esaminato il terzo motivo dei ricorrenti sollevato dinanzi ad esso in primo grado e, d’altra parte, non ha potuto esaminare le conclusioni della Commissione concernenti la compatibilità delle misure in causa con il mercato comune in una situazione in cui l’ambito di riferimento geografico era diverso da quello figurante nella decisione controversa (ossia Gibilterra, invece dell’insieme formato dal Regno Unito e Gibilterra).

27.      Alla luce di quanto precede, mi sembra dunque che la Corte possa o respingere entrambe le impugnazioni nella loro interezza, o accogliere le impugnazioni rinviando al Tribunale l’esame del terzo motivo sollevato in primo grado. In ogni caso, considero che la controversia non sia in una fase che consenta alla Corte di pronunciarsi definitivamente su tutti i suoi aspetti.

IV –       Sulla selettività regionale (9)

A –          Sulla ricevibilità dell’impugnazione del Regno di Spagna

28.      Nelle sue memorie il Government of Gibraltar fa valere che gli argomenti avanzati dal Regno di Spagna e dalla Commissione vertenti sulla selettività regionale si limitano a ripetere sostanzialmente gli argomenti invocati dinanzi al Tribunale.

29.      A questo riguardo, osservo che il Regno di Spagna dinanzi al Tribunale beneficiava della qualità di parte interveniente, mentre la Commissione difendeva in quella sede la decisione controversa. In linea di principio, l’ambito della controversia dinanzi al Tribunale non è stato delimitato dalle loro difese orali, ma dai motivi invocati nelle domande presentate dal Government of Gibraltar e dal governo del Regno Unito.

30.      Conformemente ad una giurisprudenza costante, dall’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea discende che gli intervenienti dinanzi al Tribunale sono considerati quali parti dinanzi al detto giudice. Così l’art. 40, quarto comma, dello Statuto della Corte non osta a che l’interveniente presenti argomenti diversi da quelli della parte che esso sostiene, sempre che miri a sostenere le conclusioni di questa parte (10).

31.      Osservo che, se il Regno di Spagna nella fattispecie avesse presentato la sua impugnazione senza essere previamente intervenuto dinanzi al Tribunale, esso sarebbe stato assoggettato alla sola restrizione del legame con l’oggetto della controversia, come definito dalle ricorrenti dinanzi al Tribunale. Ciò avverrebbe anche se il Regno di Spagna non avesse presentato un’impugnazione contro la sentenza impugnata, ma si fosse limitato a presentare osservazioni a sostegno delle conclusioni della Commissione. Infatti, una parte interveniente che si avvale del diritto di presentare una comparsa di risposta, in forza dell’art. 115 del regolamento di procedura, deve poter sollevare, in mancanza di una limitazione esplicita, motivi relativi ad ogni punto di diritto che costituisce il fondamento della sentenza impugnata (11). Tenuto conto di questi elementi, la posizione procedurale di una parte privilegiata come uno Stato membro avente la qualità di parte interveniente dinanzi al Tribunale implica necessariamente che la portata materiale dell’impugnazione presentata da una siffatta parte può essere limitata solo dall’oggetto della controversia e non dalla portata delle osservazioni che aveva depositato dinanzi al Tribunale.

32.      In aggiunta, dagli artt. 225 CE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della stessa risulta che un ricorso d’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi censurati della sentenza di cui si chiede l’annullamento, nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda. Non risponde a questa esigenza l’impugnazione che si limita a riprodurre i mezzi e gli argomenti presentati dinanzi al Tribunale, che costituisce in realtà una domanda volta ad ottenere un riesame della richiesta presentata dinanzi al Tribunale, che esula dalla competenza della Corte (12).

33.      Tuttavia, ove un ricorrente contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere di nuovo discussi nel corso di un’impugnazione. In caso contrario, il procedimento di rinvio sarebbe privato del suo senso (13).

34.      Di conseguenza, occorre respingere nel suo insieme la motivazione relativa all’irricevibilità dell’impugnazione del Regno di Spagna.

35.      Inoltre, è stato rimproverato al Regno di Spagna di aver sollevato tardivamente la violazione degli artt. 5 CE e 307 CE, ossia nella fase della replica. Infatti, prendendo posizione sulle memorie di risposta del Government of Gibraltar e del governo del Regno Unito, il Regno di Spagna afferma nella sua replica che l’approccio del Tribunale finirebbe per riconoscere a Gibilterra una sovranità fiscale ad onta del suo status di «territorio non autonomo», il che sarebbe contrario agli artt. 5 CE e 307 CE.

36.      È vero che dinanzi alla Corte vige la regola dell’inammissibilità di qualsiasi motivo dedotto per la prima volta nella replica, salvo una delle tre ipotesi eccezionali che seguono: deve risultare che il motivo di cui trattasi costituisce soltanto un’estensione di un mezzo precedentemente dedotto (14), ovvero che tale motivo è un motivo di ordine pubblico che deve essere sollevato d’ufficio (15), ovvero che esso si fonda su un elemento nuovo emerso nel corso del giudizio (16).

37.      Nella fattispecie, il richiamo alla violazione degli artt. 5 CE e 307 CE potrebbe essere considerato come un’estensione del primo motivo del Regno di Spagna precedentemente enunciato nel ricorso e che presenta con questo uno stretto legame. Tuttavia, posto che siffatta problematica non è ricollegata dal governo spagnolo a tale motivo nel suo ricorso, non spetta alla Corte sostituirsi alla ricorrente nell’impugnazione per stabilire tale nesso. Di conseguenza, propongo di considerarlo come irricevibile.

B –          Sulla portata del controllo della Corte effettuato nell’ambito dell’impugnazione in merito alla valutazione del diritto nazionale operata dal Tribunale

38.      Tenuto conto della rilevanza della domanda sollevata nell’ambito del sesto motivo del Regno di Spagna, propongo di esaminarla in uno stadio preliminare. La Corte deve perciò pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi di diritto nazionale che sono stati esaminati nella fattispecie dal Tribunale.

39.      Occorre innanzitutto sottolineare che la questione presentata concerne un ricorso diretto (17).

40.      Osservo che nella sua giurisprudenza più risalente, la Corte ha dichiarato di non doversi pronunciare su norme di diritto interno e, pertanto, che essa non può esaminare la censura secondo la quale, adottando la sua decisione, l’Alta Autorità avrebbe violato principi o disposizioni del diritto costituzionale nazionale (18).

41.      Tuttavia, è incontestabile che, nell’esercizio delle proprie competenze giurisdizionali, il Tribunale, nel contesto dei ricorsi diretti, deve fondarsi su una certa concezione o interpretazione, che chiamerò «ricostruzione interpretativa», delle disposizioni dell’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato. A questo riguardo mi sembra necessario distinguere tre diverse fattispecie.

42.      In primo luogo, il Tribunale può essere chiamato ad applicare e ad interpretare direttamente le norme di diritto interno di uno Stato membro. Questa situazione può configurarsi mediante un rinvio al diritto nazionale figurante in una disposizione di diritto dell’Unione o mediante una clausola compromissoria (19). In tal caso, il Tribunale applica il diritto nazionale come un giudice competente. Una disposizione di diritto nazionale equivale dunque per il Tribunale a una norma giuridica che ricollega determinati effetti ai fatti giuridicamente rilevanti. Spetta dunque al Tribunale trarne le conclusioni giuridiche (20) nonostante le apparenti difficoltà per quanto concerne la verifica del contenuto del diritto nazionale.

43.      La seconda situazione riguarda l’applicazione indiretta del diritto nazionale ad opera del Tribunale. In un caso siffatto, esso applica le norme di diritto nazionale come norme giuridiche, ma non agisce in qualità di giudice competente per quanto concerne la loro interpretazione. Siffatta ipotesi può essere illustrata con la qualificazione, ad opera del Tribunale, di un rapporto giuridico che rientra in una nozione che non costituisce una nozione autonoma di diritto dell’Unione, come il matrimonio o il contratto (21). Possono rientrare in questa categoria anche le situazioni nelle quali il Tribunale deve risolvere una questione preliminare, sia a carattere procedurale, sia concernente il merito, relativa, ad esempio alla qualità di avvocato del rappresentante di una parte ai sensi dello Statuto della Corte di giustizia (22) o all’esistenza di un valido trasferimento del diritto di proprietà con riguardo ad un’impresa.

44.      Risulta quindi che, in talune ipotesi di applicazione del diritto nazionale ad opera del Tribunale, la Corte sarà indotta, nell’ambito dell’impugnazione, a controllare il tenore delle disposizioni di diritto nazionale in quanto questione di diritto e non come questione di fatto.

45.      In terzo luogo, il Tribunale può essere chiamato a fondarsi su una disposizione di diritto nazionale al fine di stabilire una determinata situazione di fatto. L’applicazione delle disposizioni del diritto dell’Unione relative agli aiuti di Stato ne fornisce numerosi esempi, in particolare per quanto concerne le nozioni di vantaggio e di selettività. In siffatte situazioni, l’analisi del diritto nazionale è dunque necessaria al fine di stabilire una situazione di fatto che sia rilevante nell’ambito dell’applicazione del diritto dell’Unione (23).

46.      Nella fattispecie, occorre evidenziare che la questione dello status di Gibilterra, come disciplinato dal diritto dell’Unione, costituisce indubbiamente una questione di diritto soggetta al controllo della Corte.

47.      Come emerge dal fascicolo, lo status di Gibilterra è retto anche, a livello nazionale, dalle disposizioni costituzionali che sono state oggetto di esame da parte del Tribunale (24). Infatti, le considerazioni del Tribunale relativamente allo status di Gibilterra sul piano politico ed amministrativo costituiscono una ricostruzione interpretativa del diritto nazionale, volta a stabilire la situazione di fatto di Gibilterra alla luce dei criteri elaborati dalla giurisprudenza Azzorre (25). Il Tribunale dunque non applica, nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, le disposizioni costituzionali relative allo status giuridico di Gibilterra in quanto norme giuridiche. Per contro, esso si fonda su siffatte disposizioni al fine di valutare la situazione di Gibilterra alla luce del diritto dell’Unione.

48.      Di conseguenza, al fine di preservare l’equilibrio strutturale stabilito tra l’ordinamento giuridico nazionale e il diritto dell’Unione, propongo alla Corte di considerare che, nell’ambito della presente causa, allorché il Tribunale procede ad una ricostruzione interpretativa delle disposizioni di diritto nazionale, ivi comprese quelle aventi valore costituzionale, al fine di poter applicare la giurisprudenza Azzorre, si tratta, ai fini del presente ricorso, di constatazioni di fatto operate dal Tribunale, di cui solo l’eventuale snaturamento rientrerebbe nell’ambito del controllo operato dalla Corte.

C –          Sullo status unico di Gibilterra

49.      È pacifico che Gibilterra (26) è un territorio europeo di cui uno Stato membro assume la rappresentanza nei rapporti con l’estero, ai sensi dell’art. 299, n. 4, CE, e a cui si applicano le disposizioni del Trattato CE (27). L’atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e agli adattamenti dei Trattati prevede tuttavia che talune parti del Trattato non si applichino a Gibilterra (28).

50.      In virtù della dichiarazione n. 55 allegata al Trattato di Lisbona, i Trattati si applicano a Gibilterra in quanto territorio europeo di cui uno Stato membro assume le relazioni esterne. Ciò non implica modifiche delle rispettive posizioni degli Stati membri interessati.

51.      Inoltre, come riepilogato dalla Corte (29), Gibilterra è stata ceduta dal Re di Spagna alla Corona britannica con il Trattato di Utrecht, concluso fra il primo e la Regina di Gran Bretagna il 13 luglio 1713, nell’ambito dei trattati che hanno posto fine alla guerra di successione di Spagna. L’art. X, ultima frase, di tale trattato precisa che, qualora la Corona britannica intendesse cedere, vendere o disporre in qualunque altro modo della proprietà della città di Gibilterra, essa dovrebbe riconoscere alla Corona di Spagna un diritto di prelazione rispetto a qualunque altro interessato.

52.      La Corte ha anche indicato che Gibilterra è attualmente una colonia della Corona britannica, pur non facendo parte del Regno Unito. Il potere esecutivo vi è esercitato da un governatore nominato dalla Regina e, per determinate materie interne, da un Chief Minister e da ministri eletti a livello locale. Questi ultimi sono responsabili dinanzi all’assemblea legislativa (House of Assembly), eletta ogni cinque anni. L’assemblea legislativa vota le leggi relative a determinate materie interne. Il governatore può tuttavia rifiutarsi di promulgare una legge. Anche il Parlamento del Regno Unito e la Regina nell’ambito del suo Consiglio privato (Queen in Council) hanno il potere di emanare leggi applicabili a Gibilterra. Gibilterra è dotata di propri organi giurisdizionali. Sussiste tuttavia la possibilità di ricorrere, contro le sentenze della massima autorità giurisdizionale di Gibilterra, dinanzi alla sezione giudiziaria del Consiglio privato (Judicial Committee of the Privy Council) (30).

53.      Infine, è d’uopo menzionare la risoluzione n. 1514 delle Nazioni Unite e il diritto ad un’autodeterminazione (self‑determination) rivendicato dalle autorità di Gibilterra (31). In occasione di una sessione straordinaria tenuta il 4 agosto 2004, il Parlamento di Gibilterra ha adottato all’unanimità una mozione che proclamava il «diritto inalienabile all’autodeterminazione del popolo di Gibilterra». Una nuova costituzione, la «Gibraltar Constitution Order» (32), è entrata in vigore dopo essere stata approvata con un referendum (33), ed ha accordato a Gibilterra un’autonomia molto ampia riaffermando la sovranità del Regno Unito su questo territorio (34).

D –          L’applicabilità delle norme sugli aiuti di Stato ai territori di cui all’art. 299, n. 4, CE

54.      In via preliminare, occorre ricordare che la selettività regionale di una misura fiscale si valuta in rapporto all’aliquota d’imposizione normale, ossia l’aliquota in vigore nella zona geografica che costituisce la zona di riferimento. La difficoltà che ha dovuto affrontare il Tribunale nel caso di specie è consistita nel determinare se si potesse argomentare come aveva fatto la Commissione, considerando il Regno Unito e Gibilterra come un’unità, oppure se si dovesse ammettere che Gibilterra costituiva il quadro di riferimento appropriato.

55.      Questa questione solleva, a mio avviso, una questione di interpretazione autonoma dal diritto dell’Unione. Infatti, il diritto primario ha conferito a Gibilterra uno status particolare nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Gli effetti giuridici di siffatto status con riguardo all’applicazione delle norme di diritto dell’Unione relative agli aiuti di Stato non dipendono dunque dallo status di Gibilterra come definito in diritto internazionale o, ancor meno, da quello definito nel diritto costituzionale del Regno Unito, ma derivano esclusivamente da un’interpretazione del Trattato. È vero che il diritto internazionale e il diritto costituzionale di uno Stato membro interessato possono definire gli elementi che costituiscono i fatti giuridici ai quali si applica il diritto dell’Unione. Tuttavia, siffatti elementi non hanno alcuna incidenza sulla natura esclusivamente comunitaria delle questioni giuridiche sulle quali la Corte è chiamata a pronunciarsi nell’ambito dei presenti ricorsi d’impugnazione.

56.      Nella sentenza Azzorre (35) la questione fondamentale era se le riduzioni fiscali in causa potessero essere considerate come una misura di applicazione generale alle Azzorre oppure se si trattasse piuttosto di una misura selettiva, che conferiva un vantaggio unicamente agli operatori stabiliti nelle Azzorre, rispetto a quelli aventi sede nel Portogallo.

57.      Come proposto dall’avvocato generale Geelhoed, la regione deve essere autonoma sotto il profilo istituzionale, procedurale e finanziario per poter considerare che la misura non riveste carattere selettivo (36). Infatti, nella sentenza Azzorre, la Corte ha dichiarato che affinché una decisione possa essere considerata come adottata nell’esercizio di poteri sufficientemente autonomi, è innanzitutto necessario che essa sia stata adottata da un’autorità regionale o locale dotata, sul piano costituzionale, di uno status politico e amministrativo distinto da quello del governo centrale. Inoltre, la decisione in questione deve essere stata presa senza possibilità di un intervento diretto da parte del governo centrale in merito al suo contenuto. Infine, le conseguenze economiche di una riduzione dell’aliquota d’imposta nazionale applicabile alle imprese presenti nella regione non devono essere compensate da sovvenzioni o contributi provenienti da altre regioni o dal governo centrale (37). La Corte ha ribadito questi principi, precisandoli ulteriormente, nella causa UGT‑Rioja. Con riguardo alla terza condizione, essa ha precisato, segnatamente, che si trattava «dell’autonomia economica e finanziaria» (38).

58.      L’importanza della sentenza Azzorre risiede incontestabilmente nel fatto che, anche se non concerneva uno Stato federale con una ripartizione simmetrica delle competenze fiscali, la Corte non ha giudicato che l’ambito di riferimento doveva necessariamente corrispondere all’integralità del territorio di uno Stato membro (39). Per contro, essa ha ammesso che per una normativa fiscale di una collettività regionale il contesto di riferimento possa corrispondere al territorio della medesima, laddove tale entità sia sufficientemente autonoma rispetto al governo centrale dello Stato membro in questione.

59.      Tenuto conto del suo status, di cui all’art. 299, n. 4, CE, le norme del Trattato, e segnatamente quelle relative agli aiuti di Stato, si applicano a Gibilterra. Peraltro, l’adesione del Regno Unito alle Comunità europee è stata possibile senza che esistesse un sistema fiscale comune tra questo Stato membro e Gibilterra, che appartiene ad una categoria di territori che hanno una relazione particolare con l’Unione europea.

60.      Alla luce delle considerazioni che precedono, mi sembra escluso che un’interpretazione conforme all’obiettivo del Trattato consenta di esigere dal Regno Unito che esso applichi il proprio sistema fiscale al territorio di Gibilterra. Per contro, atteso che i Trattati non prevedono deroghe concernenti l’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato sul territorio in questione, mi sembra logico che le condizioni della selettività regionale siano valutate secondo gli stessi principi che si applicano alle altre entità interne di uno Stato (40) che dispongono di competenze fiscali proprie. Siffatta interpretazione è a mio avviso la sola che garantisca l’effetto utile dell’art. 299, n. 4, CE, in combinato disposto con il principio di applicabilità delle norme di diritto dell’Unione che disciplinano gli aiuti di Stato a Gibilterra.

61.      Peraltro, il fatto che la Corte non sia mai stata interpellata in precedenza su un caso di un territorio le cui relazioni sono assicurate da uno Stato membro non può bastare ad escludere a priori l’applicabilità della giurisprudenza Azzorre a Gibilterra, contrariamente a quanto sostiene il Regno di Spagna.

62.      Di conseguenza, è giocoforza constatare che il Tribunale ha potuto applicare tale giurisprudenza alla fattispecie di Gibilterra senza che questo approccio sia, di per sé, costitutivo di una violazione di uno dei criteri della nozione di aiuto di Stato, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. È alla luce di queste osservazioni generali che affronto ora l’analisi dei diversi motivi invocati dal Regno di Spagna.

E –          Primo motivo dell’impugnazione del Regno di Spagna relativo alla violazione dello status di Gibilterra

1.            Argomentazione

63.      Con il suo primo motivo, il Regno di Spagna sostiene che il Tribunale ha violato l’art. 299, n. 4, CE, per aver violato lo status giuridico di Gibilterra alla luce del diritto internazionale, non avendo rispettato l’art. 74 della Carta delle Nazioni Unite, e del diritto dell’Unione, in quanto ha considerato Gibilterra come un nuovo Stato membro dell’Unione europea in materia tributaria. Dall’approccio del Tribunale conseguirebbe che Gibilterra potrebbe adottare misure fiscali dannose senza che si possa esercitare un controllo effettivo.

2.            Sulla ricevibilità

64.      Il Government of Gibraltar eccepisce l’irricevibilità dell’argomentazione del Regno di Spagna, secondo la quale il Tribunale avrebbe dovuto far riferimento all’art. 74 della Carta delle Nazioni Unite. Tenuto conto delle considerazioni esposte ai paragrafi 35 e 36 delle presenti conclusioni, propongo di dichiarare ricevibile questa parte del primo motivo.

3.            Sul merito

65.      Ritengo che l’aspetto fondamentale e l’unico rilevante in considerazione della soluzione dell’impugnazione del Regno di Spagna in generale sia se il Tribunale abbia applicato correttamente lo status di Gibilterra previsto dal diritto dell’Unione.

66.      A questo riguardo, basta rilevare che ai punti 5‑10 della sentenza impugnata il Tribunale ha esposto lo status di Gibilterra in termini analoghi a quelli impiegati dalla Corte nella sentenza Spagna/Regno Unito, sopra citata. Al punto 10 della sentenza impugnata, esso ha anche ricordato, correttamente, la situazione di Gibilterra alla luce dell’art. 299, n. 4, CE.

67.      Con riguardo ai punti 98‑100 della sentenza impugnata consacrati all’analisi del diritto nazionale, come ho già esposto sopra, il controllo della Corte si limita a quello dello snaturamento dei fatti, che non è stato dedotto e, in ogni caso, risulta escluso stando al contenuto dei punti rilevanti.

68.      Inoltre, osservo che il ragionamento del Tribunale, che comprende un richiamo al tenore dell’art. 73 della Carta delle Nazioni Unite, si inserisce in un’argomentazione che mira a verificare se Gibilterra soddisfacesse la seconda condizione posta dalla citata sentenza Azzorre, ossia quella relativa all’autonomia legislativa.

69.      In questo contesto, basta ricordare che la Corte ha ripetutamente sottolineato che le competenze comunitarie si devono esercitare in maniera conforme al diritto internazionale (41); l’esempio più recente di questa giurisprudenza è la sentenza Racke (42). Il Tribunale poteva dunque validamente richiamare la Carta delle Nazioni Unite nella sua analisi dell’applicazione dei requisiti della sentenza Azzorre a Gibilterra. Da ciò non consegue tuttavia, che il Tribunale fosse tenuto ad estendere la sua analisi alle altre disposizioni della suddetta Carta, come l’art. 74, che mi sembra del resto riferirsi ad aspetti che, da un lato, non sono stati risolti nella decisione controversa e, dall’altro lato, non figuravano nei ricorsi presentati dinanzi al Tribunale.

70.      Infatti, con riguardo alla questione se la riforma tributaria in causa sia stata concepita senza che il governo centrale del Regno Unito potesse direttamente intervenire sul suo contenuto, la problematica del rispetto del buon vicinato, prevista all’art. 74 della Carta, mi pare distinta dall’analisi effettuata dal Tribunale ai punti 90‑100 della sentenza impugnata. Di conseguenza, ammesso che si possa interpretare l’argomentazione del Regno di Spagna come relativa ad un difetto di motivazione della sentenza impugnata, essa non può essere accolta.

71.      Infine, non emerge da alcun punto della sentenza impugnata che il Tribunale avrebbe assimilato Gibilterra ad un nuovo Stato membro. Segnatamente, non si possono interpretare in questo senso le considerazioni del Tribunale con riguardo alla selettività regionale, laddove, dopo aver esaminato la situazione di Gibilterra alla luce dei criteri della giurisprudenza Azzorre, il Tribunale, al punto 115 della sentenza impugnata, ha dichiarato che l’ambito di riferimento corrispondeva esclusivamente a Gibilterra.

72.      In questo modo, esso non ha fatto che applicare la giurisprudenza della Corte, in virtù della quale, nella valutazione della selettività della misura, l’ambito di riferimento non deve essere necessariamente definito nei limiti del territorio dello Stato membro in questione (43).

73.      In considerazione dell’insieme degli elementi che precedono, propongo di respingere il primo motivo del Regno di Spagna in quanto infondato.

F –          Quarto motivo di impugnazione del Regno di Spagna, relativo alla violazione della condizione secondo cui un aiuto di Stato deve esser accordato da uno Stato o mediante risorse dello Stato

1.            Argomentazione

74.      Con il suo quarto motivo, il Regno di Spagna fa valere che l’ambito di riferimento geografico per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE deve necessariamente essere il territorio di Gibilterra nonché quello del Regno Unito o del Regno di Spagna. Infatti, la nozione di aiuto ai sensi di questo articolo implicherebbe che i vantaggi siano accordati direttamente o indirettamente mediante le risorse di uno Stato membro. Orbene, Gibilterra non sarebbe uno Stato membro, ma soltanto un territorio che non fa parte di alcuno Stato membro, conformemente all’art. 299, n. 4, CE.

2.            Valutazione

75.      Come già sopra constatato, l’unica interpretazione conforme allo spirito dell’art. 299, n. 4, CE, in combinato disposto con il principio dell’applicabilità a Gibilterra delle norme relative agli aiuti di Stato, è quella consistente nell’applicare alla fattispecie i principi enunciati nella giurisprudenza relativa alle regioni e ai territori dotati di poteri impositivi propri.

76.      Di conseguenza, propongo di respingere il quarto motivo del Regno di Spagna in quanto infondato.

G –          Quinto motivo del ricorso del Regno di Spagna, relativo alla violazione del principio di non-discriminazione

1.            Argomentazione

77.      Con il suo quinto motivo, il Regno di Spagna fa valere che il Tribunale ha violato il principio di non-discriminazione, avendo applicato la giurisprudenza Azzorre alla fattispecie, che rientrerebbe invece in una situazione del tutto diversa. Da una parte il Tribunale applicherebbe i criteri enunciati nella sentenza Azzorre, concepiti dalla Corte per la situazione di una regione di uno Stato membro, alla fattispecie di Gibilterra, che avrebbe uno status di colonia. D’altra parte, la causa Azzorre avrebbe riguardato unicamente una riduzione dell’aliquota dell’imposta sulle società, e non l’instaurazione di un sistema completo di imposizione delle società.

2.            Sulla ricevibilità

78.      Il Government of Gibraltar rileva che il quinto motivo dovrebbe essere considerato come un nuovo motivo, che dovrebbe pertanto essere dichiarato irricevibile.

79.      Ai sensi dell’art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, l’impugnazione non può modificare l’oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale. La competenza della Corte, nell’ambito dell’impugnazione, è infatti limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado. Una parte non può dunque sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo che essa non aveva dedotto dinanzi al Tribunale, atteso che ciò equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di ricorsi è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale (44). 

80.      Tuttavia, osservo che un’interpretazione restrittiva della giurisprudenza rischia di privare una parte privilegiata, come uno Stato membro, della possibilità di invocare dinanzi alla Corte motivi distinti da quelli sollevati dinanzi al Tribunale. Orbene, atteso che questi ultimi sono rivolti avverso la decisione controversa, mi sembra ovvio che essi si sviluppino nella fase dell’impugnazione, se sono rivolti avverso una sentenza pronunciata in risposta ai primi ricorsi. Ritengo che i motivi che possono essere invocati da uno Stato membro avverso una sentenza del Tribunale non dovrebbero essere limitati per il solo fatto che esso ha partecipato al procedimento in primo grado, anche se unicamente come parte interveniente.

81.      Se Gibilterra intende dunque rimproverare al Regno di Spagna di aver modificato la controversia, siffatta censura non può essere accolta, posto che nessuna modifica della controversia può risultare dall’invocazione della violazione del principio di non-discriminazione in relazione all’applicazione della giurisprudenza Azzorre. La citata giurisprudenza si trova invece al centro del ragionamento del Tribunale, cosicché propongo di considerare il quinto motivo come ricevibile.

3.            Sul merito

82.      In via preliminare, ricordo che il principio generale della parità di trattamento e di non-discriminazione richiede che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo esista un’obiettiva necessità (45).

83.      Nella fattispecie, il Regno di Spagna solleva la questione se, tenuto conto delle differenze tra lo status delle Azzorre e quello di Gibilterra, fosse giuridicamente fondato applicare direttamente la giurisprudenza Azzorre a Gibilterra.

84.      A questo riguardo, occorre osservare innanzitutto che, nei limiti in cui il Tribunale ha fatto riferimento alla citata giurisprudenza, esso non ha operato alcun raffronto tra questi due territori. Ritengo pertanto che la questione sollevata dal Regno di Spagna sia priva di pertinenza quanto all’applicazione delle disposizioni che disciplinano gli aiuti di Stato.

85.      Per contro, atteso che la soluzione adottata dalla Corte nella sentenza Azzorre costituisce una griglia di interpretazione dell’art. 87, n. 1, CE, che può essere applicata a diversi territori e collettività, sembra indispensabile definire in via preliminare il campo di applicazione del diritto nell’Unione in siffatte ipotesi.

86.      Pertanto, per quanto concerne i territori e le regioni che beneficiano di legami particolari con taluni Stati membri in ragione del loro comune passato o di una recente evoluzione in termini di autonomia regionale, ritengo che occorra applicare un ragionamento in due fasi.

87.      In primo luogo, si deve verificare se il Trattato CE si applichi a questo territorio. In caso affermativo, ed indipendentemente dalla questione se si tratti di un ente infrastatale, di un territorio autonomo o di un territorio esterno a quello di uno Stato membro, la seconda fase consiste nell’identificazione dell’ambito di riferimento adeguato alla luce della giurisprudenza Azzorre.

88.      Per questo motivo, considero che il Tribunale a buon diritto, dopo aver stabilito lo status di Gibilterra alla luce del Trattato CE, ha applicato i criteri definiti dalla Corte nella sentenza Azzorre, senza correre il rischio di violare il principio di non-discriminazione.

89.      Infine, un’eventuale differenza al livello della portata della riforma fiscale che può essere attuata nelle Azzorre e a Gibilterra a mio avviso non ha alcuna incidenza al riguardo.

90.      Conseguentemente, il quinto motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

H –          Sul sesto motivo dell’impugnazione del Regno di Spagna, relativo ad una violazione delle condizioni imposte nella sentenza Azzorre

1.            Argomentazione

91.      Con il suo sesto motivo, il Regno di Spagna fa valere che il Tribunale ha violato l’art. 87, n. 1, CE, in quanto avrebbe a torto considerato che ricorrevano tutte le condizioni stabilite nella sentenza Azzorre per dichiarare l’assenza di selettività regionale. Esso critica i punti 76‑117 della sentenza impugnata.

2.            Valutazione

92.      Come già sopra esposto, propongo alla Corte di limitare il suo controllo delle affermazioni relative all’interpretazione del diritto nazionale ad opera del Tribunale al solo snaturamento degli elementi di siffatto diritto nella valutazione delle condizioni poste dalla giurisprudenza Azzorre.

93.      Conformemente a questa giurisprudenza, perché una decisione adottata da un’autorità regionale o locale possa essere considerata come adottata nell’esercizio di poteri sufficientemente autonomi di detta autorità, devono essere soddisfatti i tre criteri dell’autonomia istituzionale, procedurale e economico-finanziaria (46).

94.      In primo luogo, per quanto concerne l’autonomia istituzionale, il Tribunale si è limitato a constatare, al punto 89 della sentenza impugnata, che «le parti nelle cause principali» riconoscono che le autorità di Gibilterra dispongono, sul piano costituzionale, di uno status distinto. Tuttavia, il Regno di Spagna mette in discussione l’esistenza di un siffatto accordo, impiegando i termini «accordo tra tutte le parti» e fa valere, da parte sua, di non avere mai aderito ad una tesi dell’autonomia politica ed amministrativa di Gibilterra.

95.      A questo riguardo, osservo che l’accordo di cui al punto 89 della sentenza impugnata si riferisce alle «parti nelle cause principali». Orbene, il Regno di Spagna ha partecipato al procedimento dinanzi al Tribunale in qualità di interveniente, il che esclude che esso sia preso in considerazione a motivo dell’esistenza di siffatto accordo. Il punto 89 della sentenza non è dunque inficiato da alcun difetto, in quanto si fonda sull’esistenza di una convergenza di vedute tra le parti di cui alle cause principali, elemento che, del resto, non è contestato dalle altre parti del procedimento d’impugnazione dinanzi alla Corte.

96.      Peraltro, devo sottolineare il carattere contraddittorio dell’impugnazione del Regno di Spagna, in quanto esso sostiene nel suo quarto motivo che Gibilterra non farebbe parte del Regno Unito facendo tuttavia valere, nell’ambito del suo sesto motivo, che Gibilterra non disporrebbe di uno status politico e amministrativo distinto da quello del governo del Regno Unito.

97.      In secondo luogo, con riguardo all’autonomia procedurale, il Tribunale, dopo aver ricordato le rilevanti disposizioni della Costituzione di Gibilterra, ha concluso che i poteri concessi al governatore dagli artt. 33 e 34 di detta Costituzione, che non sono mai stati esercitati in materia fiscale, non dimostrano una capacità di intervento diretto del governo centrale del Regno Unito sul contenuto della riforma fiscale.

98.      A questo riguardo, ricordo che gli artt. 225 CE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e 112, n. 1, primo comma, lett. c), del regolamento di procedura della Corte impongono al ricorrente, in particolare, che alleghi uno snaturamento di elementi di prova da parte del Tribunale, di indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati da quest’ultimo e di dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a tale snaturamento (47). Infatti, quest’ultimo sussiste quando, senza che occorra assumere nuove prove, la valutazione dei mezzi di prova disponibili risulta, in modo evidente, inesatta (48).

99.      Orbene, alla luce degli argomenti del Regno di Spagna, volti sostanzialmente a mettere in discussione il senso delle disposizioni nazionali in causa, e, segnatamente, a sottolineare l’esistenza ipotetica del potere d’intervento del Regno Unito, non si può constatare alcuno snaturamento ad opera del Tribunale del senso preciso della Costituzione di Gibilterra.

100. Con riguardo, infine, all’autonomia economica e finanziaria, osservo che dalla giurisprudenza emerge chiaramente che, perché non risulti soddisfatta la terza condizione della giurisprudenza Azzorre, deve esistere una compensazione, ovvero un nesso di causa-effetto tra una misura fiscale controversa adottata dalle autorità e gli importi posti a carico dello Stato (49). Di conseguenza, è a buon diritto che il Tribunale si è fondato, al punto 106 della sentenza impugnata, su questa interpretazione della sentenza Azzorre.

101. Peraltro, nel suo motivo, il Regno di Spagna non invoca alcun elemento idoneo a stabilire uno snaturamento degli elementi esaminati dal Tribunale ai punti 108‑113 della sentenza impugnata e che gli sono serviti da fondamento per giungere alla conclusione secondo la quale, in mancanza di prova contraria addotta dalla Commissione, Gibilterra non riceverebbe alcun sostegno finanziario dal Regno Unito al fine di compensare le conseguenze finanziarie della riforma fiscale.

102. Alla luce di quanto precede, propongo di dichiarare il sesto motivo integralmente infondato.

I –          Sul settimo e nono motivo del Regno di Spagna, relativi alla pretesa esistenza di una quarta condizione nell’ambito della giurisprudenza Azzorre

1.            Argomentazione

103. Con il suo settimo motivo, il Regno di Spagna fa valere che il Tribunale ha dato un’interpretazione errata alla sentenza Azzorre, in quanto non avrebbe applicato la quarta condizione, di cui il Regno di Spagna sostiene l’esistenza. Infatti, secondo quest’ultimo, l’autonomia dovrebbe essere inquadrata da talune esigenze minime al fine di evitare l’esistenza, a livello regionale, di regimi tributari profondamente diversi, idonei a mettere a rischio il mercato comune.

104. Con il suo nono motivo, il Regno di Spagna fa valere un difetto di motivazione della sentenza impugnata, in quanto essa ha respinto l’esistenza di questa quarta condizione limitandosi ad indicare, al punto 88 della sentenza impugnata, che detta condizione non trova alcun sostegno nella sentenza Azzorre.

2.            Valutazione

105. Con il suo settimo motivo, il Regno di Spagna cerca di dimostrare un errore di diritto che sarebbe stato commesso dal Tribunale al punto 88 della sentenza impugnata. A questo riguardo, il Regno di Spagna intende desumere al riguardo dal punto 47 della sentenza Azzorre l’esistenza di una quarta condizione che si aggiunge alle tre stabilite dalla Corte nella sentenza di cui trattasi.

106. Nella sentenza UGT‑Rioja la Corte ha respinto l’esistenza di una quarta condizione, nella fattispecie preliminare all’attuazione dei tre criteri stabiliti nella sentenza Azzore (50). La Corte ha dichiarato che «le uniche condizioni che devono ricorrere affinché il territorio rientrante nella competenza di un ente infrastatale sia il contesto pertinente per valutare se una decisione adottata da tale ente abbia natura selettiva sono le condizioni di autonomia istituzionale, di autonomia procedurale nonché di autonomia economica e finanziaria, quali precisate al punto 67 della sentenza Portogallo/Commissione».

107. Da ciò si deve desumere che la quarta condizione che il Regno di Spagna ritiene di poter ricavare dalla sentenza Azzorre non è mai stata istituita dalla Corte. Di conseguenza, propongo di respingere il settimo motivo in quanto infondato.

108. Tenuto conto della soluzione di cui sopra, non occorre esaminare il nono motivo.

J –          Sul secondo e sul terzo motivo dell’impugnazione del Regno di Spagna

109. Posto che questi due motivi presentano un carattere simile, propongo di esaminarli congiuntamente.

1.            Argomentazione

110. Nel suo secondo motivo, il Regno di Spagna afferma che il Tribunale, considerando che non si può effettuare alcun raffronto tra il regime fiscale applicabile alle imprese stabilite a Gibilterra e quello applicabile alle imprese stabilite nel Regno Unito, renderebbe inoperante l’art. 87, n. 1, CE. L’interpretazione di questa disposizione dovrebbe tenere conto del fatto che Gibilterra è considerata come un «paradiso fiscale» dall’Organizzazione di cooperazione e di sviluppo economici (OCSE) e come un «centro finanziario extraterritoriale» dal Fondo monetario internazionale (FMI).

111. Con il suo terzo motivo, il Regno di Spagna sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto interpretare l’art. 87 CE alla luce dell’indirizzo della Banca centrale europea (BCE) risalente al 16 luglio 2004. Da questo documento, che costituisce una norma vincolante del diritto dell’Unione, si evincerebbe che Gibilterra rientra nella nozione di «centro finanziario extraterritoriale». Nella sua replica il Regno di Spagna fa valere, segnatamente, che il Regno Unito fa parte del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) e che l’art. 5 dello statuto del medesimo costituirebbe il fondamento giuridico dell’indirizzo della BCE sopra menzionato.

2.            Valutazione

112. Con questi due motivi, il Regno di Spagna addebita al Tribunale, in sintesi, di non aver tenuto conto, nella sua valutazione della riforma tributaria di Gibilterra alla luce dell’art. 87, n. 1, CE, degli aspetti relativi alla qualificazione di Gibilterra ad opera delle organizzazioni e delle istituzioni finanziarie a livello internazionale.

113. Pertanto, questi motivi possono essere considerati come relativi ad un difetto di motivazione della sentenza impugnata, il che costituisce una questione di diritto che può essere, in quanto tale, invocata nell’ambito di un’impugnazione (51).

114. Tuttavia, senza che occorra esaminare il secondo e il terzo motivo sotto il profilo di un difetto di motivazione, è giocoforza constatare che tali motivi sono inoperanti, di modo che, anche se fossero fondati, non consentirebbero di ottenere l’annullamento della sentenza impugnata.

115. Infatti, nell’ambito di un giudizio di impugnazione, il compito della Corte si limita ad esaminare se il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nell’esercizio del suo controllo giurisdizionale. La sola questione consiste dunque nella verifica relativa a se il Tribunale abbia potuto legittimamente dichiarare che il progetto di riforma fiscale a Gibilterra rispettava le norme applicabili in materia di aiuti di Stato e, di conseguenza, se potesse validamente annullare la decisione controversa. Orbene, gli studi internazionali in materia di lotta contro la fiscalità dannosa non possono inficiare la conclusione alla quale è pervenuto il Tribunale.

116. Pertanto, il secondo e il terzo motivo devono essere respinti in quanto inoperanti.

V –          La fiscalità diretta e gli aiuti di Stato (52)

A –          Osservazioni preliminari relative alla struttura dell’impugnazione della Commissione

117. A sostegno della sua impugnazione, la Commissione invoca un motivo relativo alla violazione ad opera del Tribunale dell’art. 87, n. 1, CE. Anche se la Commissione ha suddiviso il suo motivo in sei parti, mi sembra che la stessa ponga in discussione principalmente tre elementi del ragionamento del Tribunale.

118. Il primo aspetto, che costituisce l’oggetto della prima parte, concerne la valutazione ad opera del Tribunale della relazione tra le norme comunitarie relative agli aiuti di Stato e le competenze degli Stati membri in materia di fiscalità diretta. Il secondo aspetto, affrontato dalla seconda, terza, quarta e quinta parte, concerne essenzialmente la valutazione, ritenuta errata, del criterio della selettività. Infine, la sesta parte dell’unico motivo della Commissione affronta un terzo aspetto, strettamente legato al secondo, ovvero un asserito difetto di motivazione per quanto concerne l’esame dei tre elementi della selettività rilevati nella decisione controversa.

119. Di conseguenza, propongo di analizzare il ricorso sotto il profilo di queste tre principali affermazioni della Commissione.

120. Sottolineo innanzitutto che, con la sua impugnazione, la Commissione invita la Corte ad abbandonare un sistema vigente sino ad oggi, relativo all’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE a misure di sostegno indiretto che possono costituire aiuti di Stato ai sensi della citata disposizione, come le deroghe, le esenzioni fiscali, o altre forme di sostegno indiretto.

121. La valutazione di siffatte misure implica un raffronto tra, da una parte, la situazione delle imprese interessate dall’eventuale applicazione di dette misure e, dall’altra parte, un criterio di riferimento, vale a dire un criterio oggettivo come il regime fiscale di applicazione generale o il test di comportamento di un investitore privato. Infatti, la valutazione delle misure di sostegno fiscale riposa su un raffronto tra, da un lato, la situazione di fatto dei beneficiari delle misure adottate dagli Stati membri nell’esercizio delle loro competenze fiscali e, dall’altro lato, il regime tributario di diritto applicabile sul medesimo territorio di riferimento.

B –          Sulla nozione di concorrenza fiscale dannosa

122. La globalizzazione dell’attività economica, degli scambi e degli investimenti, nonché la moltiplicazione delle imprese che operano oltre le frontiere nazionali sono fenomeni che pongono sfide importanti alla fiscalità e ai sistemi tributari. Infatti, molti enti imponibili al giorno d’oggi varcano le frontiere per stabilirsi negli Stati che offrono le migliori condizioni globali. Tra queste, la fiscalità svolge un ruolo molto importante, quantunque sia difficile, in pratica, stabilire con precisione il suo impatto effettivo (53).

123. Un elevato numero di territori fiscalmente sovrani e di Stati utilizzano incentivi fiscali e non fiscali per attirare attività finanziarie ed altre prestazioni di servizi. Questi territori offrono generalmente all’investitore estero un ambiente dove ad un’imposizione nulla o minima si aggiunge frequentemente un alleggerimento dei vincoli normativi o amministrativi (54). Siffatte «amministrazioni» sono generalmente definite come paradisi fiscali e costituiscono uno degli aspetti cruciali della nozione di fiscalità dannosa (55).

124. Secondo una definizione dottrinale, la «concorrenza fiscale» si traduce in una riduzione globale delle aliquote della pressione fiscale al fine di migliorare la situazione macroeconomica del paese rafforzando la competitività dell’industria nazionale e/o attirando gli investimenti esteri (56). Questa nozione svolge un ruolo importante sia a livello delle relazioni economiche internazionali sia all’interno del mercato comune dell’Unione.

125. Dal canto suo, la Commissione ammette che un certo livello di concorrenza fiscale in seno all’Unione è senza dubbio inevitabile e può contribuire ad una riduzione della pressione fiscale (57). Per quanto concerne la fiscalità diretta, essa sottolinea che, salvo il rispetto delle norme comunitarie, gli Stati membri possono liberamente scegliere i regimi fiscali che preferiscono e che ritengono più opportuni (58).

126. L’Unione europea adotta dunque misure miranti a controllare la concorrenza fiscale, atteso che quest’ultima può falsare la concorrenza economica e industriale. L’obiettivo non è quello di porre fine ad ogni concorrenza fiscale, ma di contenerla (59).

127. Per quanto concerne, segnatamente, la fiscalità diretta, la Commissione, dopo diversi tentativi volti ad armonizzare la fiscalità delle imprese (60), falliti a causa del timore degli Stati membri di perdere parte del loro gettito tributario, ha deciso di adottare un approccio nuovo, proponendo ciò che si è convenuto definire un «pacchetto fiscale» (61), che comprende un insieme di misure destinate a lottare contro la concorrenza fiscale dannosa nell’Unione.

128. Tra queste misure figurava il codice di condotta in materia di tassazione delle imprese che aveva l’obiettivo di migliorare la trasparenza in materia di fiscalità, grazie all’instaurazione di un sistema di informazione reciproca tra gli Stati membri (62).

129. Nell’ambito del dibattito sulla politica fiscale dannosa, la dottrina ha criticato una mancanza di chiarezza per quanto concerne l’identificazione delle condizioni eque o della situazione paragonabile («level playing field») in materia di fiscalità internazionale (63). È tuttavia pacifico che non si tratta di applicare un’aliquota uguale ed una base contributiva uguale in tutti i paesi, posto che, segnatamente, gli Stati piccoli sono posti a confronto con difficoltà proprie legate all’entità delle loro amministrazioni fiscali (64).

130. Con riguardo alla lotta contro la fiscalità dannosa, alla luce degli elementi che precedono, può sembrare che la Commissione abbia fatto ricorso al solo strumento che si trovava alla sua portata, ovvero l’art. 87, n. 1, CE (65). La questione che si pone è dunque se questa disposizione costituisca uno strumento idoneo a questo fine e, in tal caso, quali debbano essere i limiti alla sua utilizzazione, in considerazione della ripartizione delle competenze in materia di fiscalità diretta.

131. Come risulta dal suo preambolo, il codice di condotta costituisce un impegno politico che non pregiudica i diritti e gli obblighi degli Stati membri, né le rispettive competenze degli Stati membri e della Comunità derivanti dal Trattato. Le pratiche pregiudizievoli che rientrano nel codice riguardano le misure che hanno o possono avere un’incidenza sensibile sulla localizzazione delle attività economiche all’interno della Comunità. Sono parimenti considerate dannose, e pertanto contemplate dal codice, le misure fiscali che stabiliscono un livello d’imposizione effettiva nettamente inferiore, ivi compresa un’imposizione pari a zero, rispetto a quelle che si applicano di norma nello Stato membro interessato.

132. Il codice riguarda dunque la concorrenza che gli Stati membri si farebbero reciprocamente per attirare gli investimenti o i capitali esteri mediante lo strumento fiscale. L’intenzione del codice è pertanto quella di colpire le misure degli Stati destinate a favorire imprese o capitali esteri, e non a proteggere le imprese o i capitali nazionali, il che significa che il codice intende applicarsi alla discriminazione alla rovescia, ovvero quella che sfavorisce i residenti degli Stati membri (66).

133. Per contro, il regime degli aiuti di Stato mira a proteggere la concorrenza tra le imprese dalle distorsioni della concorrenza o degli scambi intracomunitari generate dagli Stati membri mediante la concessione di misure che favoriscono talune imprese o taluni prodotti a detrimento di altri. Peraltro, esso ha l’obiettivo di proteggere il mercato interno contro la sua segmentazione mediante gli aiuti di Stato, garantendo che non si configurino discriminazioni ingiustificate nei confronti degli stranieri o dei non residenti o forme di protezionismo in favore di imprese o di capitali nazionali (67).

134. Ne consegue che la concorrenza istituzionale o fiscale dannosa tra gli Stati non rientra, evidentemente, nel meccanismo del controllo degli aiuti di Stato instaurato dal Trattato (68), anche se esistono casi che possono costituire sia misure di concorrenza fiscale dannosa, sia aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune. Tuttavia, il legittimo obiettivo di lottare contro la concorrenza fiscale dannosa non può giustificare uno snaturamento dell’ambito giuridico dell’Unione, stabilito in materia di diritto della concorrenza applicabile agli aiuti di Stato, o addirittura l’adozione di soluzioni ad hoc, che entrano in contraddizione con il principio dello Stato di diritto consacrato all’art. 2 TUE.

135. È alla luce dei detti principi che occorre esaminare l’impugnazione della Commissione.

VI –       Sulle competenze degli Stati membri in materia di fiscalità diretta e il loro rapporto con la disciplina degli aiuti di Stato (69)

A –          Argomentazione nel quadro della prima parte del motivo unico della Commissione

136. Con la prima parte del suo motivo unico, la Commissione fa valere che il Tribunale avrebbe erroneamente valutato la relazione tra l’art. 87, n. 1, CE e la competenza degli Stati membri in materia fiscale. La Commissione ritiene, al riguardo, che alle competenze degli Stati membri in materia tributaria sia fornito un inquadramento dai limiti imposti dal diritto dell’Unione, segnatamente dall’art. 87, n. 1, CE, e che la sola circostanza che una norma nazionale rientri nel diritto tributario non può sottrarre detta norma al rispetto di tale articolo, atteso che esso definisce le misure statali non secondo la loro causa o i loro obiettivi, ma secondo i loro effetti. Il Regno di Spagna condivide l’analisi della Commissione, ma solo nei limiti in cui essa si riferisce alle facoltà del Regno Unito in quanto Stato membro in materia di fiscalità diretta.

B –          Osservazioni generali

137. Sebbene, conformemente alla ripartizione dei poteri stabilita dal Trattato, la fiscalità diretta rientri nella competenza esclusiva degli Stati membri, è pacifico che nell’esercizio dei loro poteri gli Stati membri devono rispettare il Trattato stesso. È costante giurisprudenza della Corte che, se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (70).

138. In aggiunta, il fatto che una misura che può costituire un aiuto di Stato, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, sia stata adottata in forza dell’esercizio di una competenza esclusiva degli Stati membri, ciò che mi sembra sovente avvenire, non può di per sé incidere sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato.

139. Tuttavia, in materia di fiscalità diretta, gli Stati membri beneficiano di un alto grado di sovranità legislativa, regolamentare ed amministrativa. Il potere di imposizione fiscale resta una prerogativa interna dei governi che possono scegliere i sistemi tributari più adeguati in funzione delle loro preferenze, salvo il rispetto del diritto dell’Unione.

140. È pacifico che le disposizioni del diritto dell’Unione relative agli aiuti di Stato intendono solo porre rimedio alle distorsioni della concorrenza che risultano dalla volontà di uno Stato membro di concedere, derogando ai suoi orientamenti politici generali, un vantaggio particolare a talune imprese o produzioni. Di conseguenza, atteso che riveste un carattere generale, il sistema di tassazione sfugge all’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE (71). Infatti, dato che le misure adottate dallo Stato membro interessato concernono l’insieme del sistema fiscale, esse costituiscono modifiche alla politica fiscale generale e non aiuti di Stato (72).

141. Lo stesso principio si applica alle misure fiscali dannose, se non soddisfano il criterio del vantaggio selettivo: l’unico strumento applicabile nei loro confronti è il citato codice di condotta (73). Infatti, una parte importante delle misure fiscali dannose è costituita dalle misure fiscali generali alle quali, secondo la dottrina prevalente, non si applica l’art. 87, n. 1, CE (74).

142. Le esenzioni fiscali o altre forme di sostegno indiretto concesse su un fondamento settoriale o regionale costituiscono invece aiuti di Stato (75). Pertanto, una misura che non si applica a tutti gli operatori non può essere considerata, in linea di principio, una misura generale di politica economica (76).

143. Osservo, a questo riguardo, che la dottrina ha rilevato che, mediante la nozione di selettività, l’art. 87 CE ha aperto la strada ad una vera e propria armonizzazione delle norme fiscali, sebbene questo non sia il suo obiettivo (77). Infatti, l’applicazione alla politica fiscale nazionale dei principi che sovraintendono agli aiuti di Stato è considerata risolversi in una disciplina della concorrenza dei sistemi fiscali, atteso che gli Stati sono soggetti ad un obbligo indiretto di neutralità fiscale (78).

144. Nondimeno, ritengo che sia impossibile giungere ad una neutralità fiscale in senso economico stretto in materia di fiscalità diretta (79). Sono invece dell’avviso che ogni sistema fiscale sia fondato su una certa selettività in funzione degli obiettivi perseguiti dal legislatore nazionale. La questione fondamentale è dunque quella dell’esistenza del vantaggio ai sensi del diritto dell’Unione che potrebbe derivare da una configurazione stabilita nel sistema di tassazione nazionale (80).

145. Di conseguenza, è essenziale mantenere la distinzione tra misure fiscali che costituiscono un aiuto di Stato e quelle corrispondenti alla configurazione normale che il legislatore nazionale ha voluto dare al suo sistema tributario e che può dare luogo a differenziazioni necessarie al perseguimento di obiettivi generali di interesse pubblico stabiliti dallo Stato nell’esercizio dei suoi diritti sovrani (81).

C –          Sul ragionamento del Tribunale relativo alle competenze degli Stati membri in materia di fiscalità diretta

146. Al punto 146 della sentenza impugnata il Tribunale ha correttamente citato la giurisprudenza secondo la quale la fiscalità diretta rientra nella competenza degli Stati membri, sottolineando che l’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato non pregiudica il potere degli Stati membri di definire la propria politica economica e, pertanto, il sistema di tassazione e il relativo regime comune o «normale». Esso ha quindi esaminato se la Commissione si sia conformata a tali principi allorché ha esaminato il carattere selettivo della misura controversa.

147. La citazione di cui al punto 146 della sentenza impugnata suffraga il ragionamento del Tribunale secondo il quale la Commissione avrebbe dovuto seguire un’analisi in tre fasi al fine di poter qualificare una misura fiscale come selettiva. Segnatamente, come si evince dal punto 145 della sentenza impugnata, il Tribunale ha voluto sottolineare che l’omissione delle due prime fasi porterebbe la Commissione ad oltrepassare i limiti delle sue competenze, in quanto essa si sostituirebbe allo Stato membro nella definizione del suo sistema tributario. Inoltre, siffatto approccio, a giudizio del Tribunale, finirebbe per impedire allo Stato membro di giustificare le differenziazioni in questione con la natura e la struttura del sistema di tassazione notificato.

148. Considerata sotto questo profilo e indipendentemente dalla questione se l’approccio adottato dal Tribunale costituisca un ambito di riferimento giuridicamente corretto che esso avrebbe potuto imporre alla Commissione, la constatazione relativa all’esistenza della competenza fiscale degli Stati membri è certamente incompleta, ma non costituisce un errore di diritto, alla luce della giurisprudenza citata ai precedenti paragrafi 137‑145 delle presenti conclusioni.

149. Di conseguenza, si deve respingere la prima parte dell’unico motivo della Commissione, in quanto infondata.

VII –       Discussione sul metodo che consente di identificare la selettività di un sostegno fiscale che può costituire un aiuto di Stato

A –          Elementi della decisione controversa della Commissione

150. Secondo le dichiarazioni formulate dalla Commissione in udienza, il nuovo sistema di tassazione a Gibilterra è composto da una combinazione di imposte sul monte salari e da un’imposta sull’occupazione di beni immobili a uso professionale, limitata al 15% degli utili, nonché da due tipi di imposte supplementari per alcuni tipi di società. La Commissione fa valere che il sistema presentato come un sistema unico è di fatto una combinazione di regimi tributari diversi e reciprocamente incompatibili, di sorta che è impossibile ricavare un regime di riferimento ed individuare un regime speciale. Per contro, il regime che viene presentato come un sistema tributario opererebbe esso stesso differenziazioni tra categorie di società, in modo da presentare vantaggi per talune società, segnatamente per quelle dell’economia off‑shore.

151. La Commissione lamenta che la sentenza impugnata abbia seguito un approccio formale, ispirato alla sua comunicazione del 1998, approccio che sarebbe estraneo alla realtà economica, mentre, secondo la giurisprudenza della Corte, le misure di Stato devono essere valutate in base ai loro effetti.

152. Alla luce della decisione controversa, desidero attirare l’attenzione della Corte su un aspetto che mi pare fondamentale ai fini della trattazione della presente causa e che è strettamente connesso al rigetto, ad opera della Commissione, del metodo derogatorio indicato nella sua comunicazione del 1998.

153. Infatti, la valutazione, ad opera della Commissione, della riforma del sistema fiscale di Gibilterra riposa innanzitutto sull’analisi della selettività regionale e materiale del regime. Per contro, l’esistenza del vantaggio viene desunta, al punto 153 della decisione, dalla dimostrazione relativa alla natura selettiva della riforma. La Commissione esamina il sistema tributario di Gibilterra nel suo complesso, attribuendo ad esso una natura intrinsecamente discriminatoria, il che equivarrebbe, secondo quest’ultima, all’esistenza di un vantaggio selettivo e, pertanto, all’esistenza di un aiuto di Stato.

154. Orbene, indipendentemente dalla questione di quale debba essere l’ambito di riferimento nella fattispecie, siffatta scelta metodologica mi sembra errata per motivi relativi alla struttura della valutazione di una misura indiretta che può costituire un aiuto di Stato, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. La motivazione di questo approccio riposa sugli elementi espliciti sopra citati.

B –          Sul ruolo fondamentale dell’identificazione del vantaggio nell’esame della nozione della selettività nell’ipotesi di misure indirette

155. Secondo la giurisprudenza della Corte, la qualificazione di una misura quale aiuto ai sensi del Trattato presuppone che sia soddisfatto ognuno dei quattro criteri cumulativi sui quali si fonda l’art. 87, n. 1, CE (82). A norma di tale disposizione, costituiscono pertanto aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, quelli che, favorendo alcune imprese o determinate produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza, nella misura in cui incidano sugli scambi fra Stati membri. La nozione di aiuto, ai sensi di questa disposizione, è più ampia di quella di sovvenzione, poiché essa comprende non solo prestazioni positive, quali appunto le sovvenzioni, ma anche interventi che, in forme diverse, riducono i costi che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa rispetto ad un’impresa che si trova in una situazione paragonabile (83).

156. Per valutare se un siffatto vantaggio costituisca un aiuto ai sensi dell’art. 87 CE, si deve determinare se l’impresa beneficiaria riceva un vantaggio economico che non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (84). Alla luce della specificità delle misure fiscali, è stato suggerito di dichiarare l’esistenza di un aiuto di Stato in presenza di una perdita o di una rinuncia a gettiti fiscali da parte delle autorità tributarie o del governo (85).

157. A questo riguardo, sono convinto che la nozione chiave nel contesto della presente impugnazione della Commissione sia la nozione di vantaggio.

158. Infatti, sono dell’avviso che una misura che possa costituire un aiuto di Stato attribuito in forma indiretta, come una misura fiscale, non possa essere definita senza ambito di riferimento (86). Un approccio diverso creerebbe una confusione tra la nozione di selettività e quella di vantaggio in quanto la selettività di una misura significa, a mio parere, una distribuzione ineguale dei vantaggi tra le imprese che si trovano in una situazione paragonabile. Orbene, l’esame del criterio della selettività è distinto da quello del criterio del vantaggio (87).

159. Nella fattispecie, se la struttura del sistema tributario che porta, in definitiva, a non tassare le società off-shore a Gibilterra dovesse essere considerata come una misura configurante un aiuto di Stato, resterebbe la questione di come quantificare il presunto ammontare dell’aiuto senza avere previamente stabilito quale sia il regime di applicazione generale, ovvero l’ambito di riferimento generale. Pertanto, segnatamente, i limiti del 15% e del 35% non sono rivelatori dell’importo dell’aiuto, in quanto, nel sistema di tassazione di Gibilterra, mancano disposizioni di riferimento che consentano di comprendere come avrebbero dovuto essere tassate le società off-shore.

160. Infatti, occorre osservare che una misura che può essere considerata come un aiuto fiscale deve corrispondere ad un costo fiscale (88). La Commissione deve essere in grado di identificare il valore della tassa effettivamente o potenzialmente «perduta» che rappresenta l’ammontare dell’aiuto presunto. Il solo mezzo di cui la Commissione dispone al fine di stimare il valore «perduto» è riferirsi ad un regime generale applicabile nell’ambito di riferimento che costituisce l’oggetto dell’esame.

161. A questo riguardo, rammento la giurisprudenza secondo la quale anche un vantaggio concesso mediante un onere potenziale supplementare per lo Stato può costituire un aiuto di Stato (89). Ciò si configura più di frequente con garanzie, che sono di norma connesse a un prestito o a un’altra obbligazione pecuniaria, convenuta tra un mutuatario ed un mutuante (90). Grazie alla garanzia statale il mutuatario ha di norma la possibilità di ottenere tassi ridotti o di offrire coperture minori. Per stabilire l’esistenza di un aiuto di Stato, occorre valutare le possibilità per un’impresa beneficiaria di ottenere il prestito sul mercato dei capitali in mancanza di detta garanzia (91). Una semplice dichiarazione di un rappresentante delle autorità pubbliche può tuttavia avere un impatto considerevole, nel senso che l’impresa riguadagna la fiducia dei mercati finanziari per poter accedere a crediti nuovi (92).

162. Orbene, per quanto riguarda le misure a carattere fiscale, sarebbe errato considerare che una soluzione fiscale condurrebbe automaticamente a conferire un vantaggio all’impresa in questione. È per questo motivo che la Commissione deve disporre di una visione d’insieme del sistema «normalmente» applicabile.

163. Il punto di partenza dell’analisi delle misure fiscali deve dunque essere un raffronto effettivo, ossia, quale sarebbe la situazione senza l’adozione della misura che può costituire un aiuto di Stato.

164. Nella sentenza Belgio e Forum 187 (93) la Corte ha dichiarato che per verificare se la determinazione del reddito imponibile, come prevista nel regime dei centri di coordinamento, procuri a questi ultimi un vantaggio, è necessario confrontare tale regime con quello di applicazione generale, basato sulla differenza tra ricavi e costi, per un’impresa che svolge le proprie attività in condizioni di libera concorrenza.

165. Occorre dunque considerare in un primo tempo se un soggetto doveva essere tassato e, in caso affermativo, se l’assenza di imposizione costituisca un vantaggio. Quindi, occorre esaminare se le altre imprese che si trovano in una situazione analoga beneficino dello stesso vantaggio. In caso contrario, è probabile che si tratti di un vantaggio selettivo. Il vantaggio può pertanto essere identificato soltanto mediante siffatto raffronto effettivo.

166. A titolo di esempio, se in una determinata amministrazione tributaria l’introduzione di una soglia fiscale implica la mancata tassazione di metà delle imprese, mentre l’altra metà paga un’imposta pari al 10% degli utili, la prima categoria di imprese non può assolutamente essere considerata come beneficiaria di un vantaggio. Infatti, se uno Stato membro sceglie di non tassare un certo bene, fattore o attività, ciò non implica l’esistenza di un vantaggio, in quanto questo rappresenterebbe l’esenzione dall’imposizione inesistente o inapplicabile (94).

167. Un altro esempio potrebbe ricavarsi da una misura di politica economica, applicabile a tutte le imprese, che conceda un ammortamento accelerato agli investimenti realizzati nel corso degli esercizi A e B. Siffatta misura implica un vantaggio, mentre la sua selettività a prima vista è incerta. Infatti, le imprese che non hanno scelto di investire nel corso del periodo di riferimento non ne beneficiano. Quindi, la misura mi sembra economicamente selettiva, ma siffatta selettività è giustificata dalla logica inerente al sistema tributario, cosicché l’esistenza di un aiuto può essere esclusa. Per contro, se la misura continua ad applicarsi nell’anno C in un settore determinato, in tal caso si configura un aiuto di Stato.

168. Inoltre, è pacifico che taluni settori o taluni tipi di imprese possono esigere un trattamento fiscale distinto a motivo della loro natura o del loro obiettivo. Un buon esempio mi sembra essere un’organizzazione senza scopo di lucro o una società cooperativa (95).

169. Come già indicato in precedenza, l’approccio seguito dalla Commissione nella decisione controversa non mi pare fondato. L’Irlanda ha giustamente osservato che sembra si tratti di un approccio ad hoc, che la Commissione giustifica con le dimensioni ridotte di Gibilterra. Orbene, ritengo che siffatto criterio non possa fondare l’analisi cui deve procedere la Commissione in sede di esame delle misure fiscali che potrebbero rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE. Se la Corte optasse in favore dell’approccio proposto dalla Commissione, ciò significherebbe introdurre nel campo di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE un criterio supplementare legato alle dimensioni dell’amministrazione tributaria che ha emanato la misura controversa.

170. Accogliere la tesi della Commissione fondata sulla nozione di un sistema intrinsecamente discriminatorio porterebbe allo stesso modo ad abbandonare la metodologia dell’esame delle misure accordate in forma indiretta in una fattispecie isolata che rientra, a mio avviso, non nel regime degli aiuti di Stato, ma nella problematica della concorrenza fiscale dannosa. Infatti, non ignoro che Gibilterra è stata identificata dall’OCSE come un paradiso fiscale. La Corte è dunque chiamata a decidere se essa sia disposta a discostarsi dall’analisi classica della nozione di aiuto di Stato in forma indiretta al fine di stigmatizzare il regime fiscale di Gibilterra (96).

171. Pur condividendo pienamente la volontà della Commissione di rafforzare la lotta contro la fiscalità dannosa in seno all’Unione, sono del parere che non si possa utilizzare a tal fine un’interpretazione innovativa dell’art. 87, n. 1, CE. La creazione di un metodo ad hoc è destinata a consentire alla Commissione di combattere pratiche fiscali ed economiche scorrette, senza che ciò si ricolleghi al regime degli aiuti di Stato in senso stretto (97).

172. Infine, mi sembra anche essenziale sottolineare che, anche se il sistema tributario in causa porta a non tassare le imprese off‑shore, le società la cui attività a Gibilterra non esige né l’impiego di dipendenti né l’occupazione di locali a Gibilterra si trovano esattamente nella stessa situazione. Ad esempio, le società holding che sembrano costituire, sotto il profilo quantitativo, la categoria più importante delle imprese di Gibilterra (98), si trovano nella stessa situazione fiscale in quanto questa non dipende dal fatto che i valori mobiliari o i beni immobiliari appartenenti a dette società siano localizzati a Gibilterra o al di fuori dal suo territorio. Il sistema non è dunque selettivo nel senso che i suoi effetti sarebbero diversi a seconda del luogo dell’esercizio delle attività. Inoltre, un’analoga esclusione delle attività off‑shore potrebbe essere realizzata mediante un sistema di tassazione delle imprese che ricomprenda nella base impositiva soltanto criteri relativi al consumo di energia o alla produzione di rifiuti.

173. Nel caso di Gibilterra, il sistema tributario ha adottato come approccio generale un’imposizione quasi pari a zero, ammettendo che gli enti che si avvalgono di fattori di produzione locali, come la manodopera e i locali, siano maggiormente tassati. Paradossalmente, siffatto sistema presenta, ai miei occhi, essenzialmente svantaggi, di sorta che potrebbe essere caratterizzato come costitutivo di un sistema «anti‑aiuto di Stato».

174. Per contro, come ho spiegato supra, a mio avviso non vi è dubbio che il legislatore di Gibilterra abbia voluto dotarsi di un sistema di concorrenza fiscale sleale rispetto agli Stati membri (99).

175. Atteso che il diritto dell’Unione non comporta alcun sistema fiscale standard, l’ambito di riferimento deve restare l’ambito di riferimento nazionale o quello identificato conformemente alla giurisprudenza Azzorre. Di conseguenza, se la Corte considera che Gibilterra può costituire, di per sé, un ambito di riferimento appropriato, occorre attenersi all’analisi classica del vantaggio e della selettività.

C –          La selettività materiale in materia di fiscalità diretta

176. L’art. 87, n. 1, CE vieta gli aiuti di Stato che favoriscano «talune imprese o talune produzioni», vale a dire gli aiuti selettivi. Il requisito della selettività è un elemento costitutivo della nozione di aiuto di Stato (100). Nonostante la copiosa giurisprudenza al riguardo, la nozione di selettività risulta difficile da definire, segnatamente per quanto concerne le misure fiscali.

177. La nozione di selettività è esaminata sul piano materiale, quando si tratta di misure applicabili a determinati settori dell’economia o a determinate forme d’impresa (101) o sul piano regionale (geografico) (102). La selettività materiale può includere tanto misure fiscali limitate alle imprese caratterizzate da alcuni tipi di attività (selettività settoriale) quanto quelle applicabili in funzione di situazioni predefinite nelle quali le imprese possono trovarsi (selettività orizzontale), ad esempio nell’ipotesi di incentivi fiscali o nel caso di misure destinate a favorire un certo tipo di manodopera (103).

178. Tenuto conto della diversità delle misure fiscali, tracciare una linea divisoria tra misure generali e misure selettive si rivela sempre più difficile (104). Di conseguenza, la determinazione dell’ambito di riferimento, per quanto difficile, è dunque fondamentale per sapere se il regime in causa sia «anormale», e dunque «selettivo».

179. Emerge dalla giurisprudenza che la sussistenza del requisito di selettività deve fare l’oggetto di una valutazione caso per caso, mirata a verificare se la misura di cui trattasi, conto tenuto della sua natura, del suo ambito di applicazione, delle sue modalità di attuazione e dei suoi effetti, comporti o meno vantaggi a esclusivo profitto di talune imprese o di taluni settori di attività (105).

180. La selettività del vantaggio conferito dalla misura in questione può essere giustificata, in una fase successiva, dalla natura del sistema, sempre che la misura, da una parte, sia accordata in forza di criteri oggettivi (conformità interna della misura all’economia del sistema) e, dall’altra, sia compatibile con la natura del regime (conformità esterna della misura) (106). Risulta infatti da una costante giurisprudenza che la nozione di aiuto di Stato non riguarda le misure statali che introducono una differenziazione tra imprese, nel caso in cui questa differenziazione derivi dalla natura e dalla struttura del sistema di oneri al quale ineriscono le dette misure. In questa ipotesi, la misura in questione in linea di principio non può essere considerata come selettiva, sebbene procuri un vantaggio alle imprese che se ne possono avvalere (107).

181. Occorre dunque valutare il carattere selettivo del vantaggio conferito dalla misura in questione in due fasi successive.

182. Nell’ambito della valutazione della condizione di selettività in materia fiscale, ai sensi delle conclusioni nell’avvocato generale Darmon nella causa Sloman Neptun, il criterio adottato è quello della «deroga» al sistema generale d’imposizione (108). Secondo l’avvocato generale Darmon, «l’unico elemento fondamentale richiesto per l’applicazione dell’art. 92, n. 1, è l’intrinseco carattere derogatorio della misura rispetto alla struttura del sistema generale al quale inerisce».

183. Questo approccio è stato confermato nella comunicazione della Commissione del 1998, che s’ispira anche all’approccio dell’OCSE (109). Secondo la comunicazione del 1998, il principale criterio per applicare l’art. 86, n. 1, CE ad una misura fiscale è se tale misura instauri, a favore di talune imprese dello Stato membro, un’eccezione all’applicazione del sistema tributario (110).

184. Questo approccio derogatorio è criticato in dottrina, atteso che né la Commissione né la Corte sarebbero riuscite a determinare con precisione cosa rientri nella nozione di «deroga alla norma», né cosa costituisca la «norma» o «un sistema generale» (111). Gli autori hanno sottolineato anche la difficoltà di determinare un’aliquota d’imposizione «normalmente applicabile» al fine di stabilire l’aliquota che può essere considerata come in deroga alla norma (112).

185. Inoltre, da un’analisi della giurisprudenza si evince che diverse soluzioni sono state proposte dagli avvocati generali. Oltre ad un approccio derogatorio, è stato suggerito di considerare una misura come generale quando discende dalla logica interna del regime tributario (113) o quando mira a instaurare l’uguaglianza tra gli operatori economici (114).

186. Tra gli approcci proposti dalla dottrina, è stato suggerito, in particolare, di considerare che una misura riveste carattere generale fintantoché ogni impresa, qualsiasi sia il suo settore di attività, possa avere diritto ai benefici da essa conferiti. Si deve procedere ad un esame in due fasi, di cui la prima consiste nell’individuare gli obiettivi (target) della misura («revealed potential targets»), e la seconda, invece, nel determinare la portata della misura («revealed potential scope»). Infatti, è al livello della seconda fase che sarà possibile individuare le ragioni che sottendono la misura proposta dallo Stato membro (115).

187. Secondo un’altra proposta, un’analisi in tre fasi successive consisterebbe, innanzitutto, nel ricercare se la misura possa essere applicata a tutte le imprese che si trovano in una situazione di fatto e giuridica analoga, poi nel verificare se talune imprese beneficino di un trattamento più favorevole (discriminazione) e, infine, nell’accertarsi che la misura possa essere giustificata dalla natura o dalla struttura del regime tributario (116).

188. Ammetto che il criterio della deroga, che serve soprattutto a determinare il vantaggio, può rivelarsi incerto, quando si tratta di sapere a che norma si è derogato (117). Tuttavia, è proprio all’interno di un sistema tributario definito dall’ambito di riferimento, che è più sovente il sistema tributario nazionale, che occorre cercare un eventuale sottosistema e, di conseguenza, delle eccezioni o delle deroghe.

189. Ad onta delle critiche sopra ricordate, l’approccio derogatorio mi sembra il più conforme alla ripartizione dei poteri tra gli Stati membri e la Commissione. Infatti, pur ammettendo che gli Stati membri restano competenti a determinare il proprio regime tributario, mi sembra giustificato considerare che l’autorità conferita alla Commissione dall’art. 87, n. 1, CE debba essere circoscritta alle sole misure costitutive di una deroga al sistema di norma applicabile.

190. Inoltre, sono del parere che la giustificazione dell’approccio che mira ad identificare, in un primo tempo, un regime generale e, in un secondo momento, una deroga a siffatto regime, discenda dalla logica che sottende la nozione di aiuto di Stato, che esige l’individuazione dell’esistenza del vantaggio prima di accertare se si tratti di un vantaggio selettivo.

VIII –       Sul metodo adottato per stabilire la selettività della riforma fiscale – Analisi dei motivi

A –          Sul metodo che consente di identificare il sistema tributario «generale» di uno Stato membro (118)

1.            Argomentazione della Commissione figurante nella seconda e nella terza parte del motivo unico

191. Con la seconda parte del suo motivo unico, la Commissione sostenuta dal Regno di Spagna, addebita al Tribunale di avere erroneamente considerato che essa era tenuta ad identificare, in via preliminare, il regime tributario generale o «normale» e, successivamente, a dimostrare il carattere derogatorio delle misure in causa rispetto a detto regime. A giudizio della Commissione, siffatto approccio negherebbe la possibilità che uno Stato membro o un territorio autonomo di uno Stato membro instauri un sistema fiscale intrinsecamente discriminatorio per il fatto stesso della sua struttura. Infatti, grazie ad una selezione accurata dei criteri da applicare nel suo sistema di imposizione cosiddetto «normale», Gibilterra a suo avviso sarebbe pervenuta a riprodurre in larga misura gli effetti di un regime che implicherebbe manifestamente un aiuto di Stato in favore di talune categorie di imprese (119).

192. Secondo la Commissione, nessun principio di diritto comunitario impedirebbe di seguire l’approccio definito dal Tribunale. Inoltre, la Commissione respinge il carattere vincolante della comunicazione del 1998. In risposta all’atto di intervento della Repubblica d’Irlanda, la Commissione osserva, altresì, che la comunicazione del 1998 non verteva su un’ipotesi particolare analoga a quella del regime tributario di Gibilterra, e che, in ogni caso, essa non poteva derogare all’art. 87 CE. La particolarità della fattispecie richiederebbe un approccio innovatore al fine di evitare una lacuna nel controllo degli aiuti di Stato, in quanto siffatto approccio deve essere limitato ai casi di selettività particolarmente evidenti.

193. Con la terza parte del motivo unico, la Commissione sostenuta dal Regno di Spagna, fa valere che il Tribunale ha violato il principio secondo il quale le misure nazionali devono essere esaminate alla luce dei loro effetti e non degli obiettivi perseguiti (120). Secondo la Commissione, il Tribunale avrebbe considerato che la Commissione era tenuta a fondare la sua analisi partendo dal sistema di cui lo Stato membro o il territorio autonomo afferma che costituisce il regime comune o «normale» (121). Secondo la Commissione, sarebbe erronea la conclusione del Tribunale secondo cui la logica inerente ad un sistema tributario e il regime comune o «normale» da esso previsto possono essere identificati facendo riferimento agli obiettivi asseritamente perseguiti dalle autorità nazionali o locali.

194. In risposta agli argomenti dedotti dall’Irlanda, la Commissione fa valere che non sarebbe giustificato temere che gli Stati membri non possano più perseguire obiettivi legittimi mediante il loro regime di tassazione, laddove l’approccio sostenuto dalla Commissione non varrebbe che per casi eccezionali, senza peraltro delineare in modo più dettagliato siffatti «casi eccezionali».

2.            Valutazione

195. Osservo innanzitutto che, ai punti 143‑146 della sentenza impugnata, il Tribunale ha richiamato, senza affatto snaturarli, i termini della comunicazione del 1998, da cui si evince che la qualifica da parte della Commissione di una misura fiscale come selettiva presuppone necessariamente, anzitutto, l’individuazione e l’esame preliminari del regime comune per poter, successivamente, valutare e accertare l’eventuale selettività del vantaggio concesso. Il Tribunale ha poi correttamente richiamato, al punto 144 della sentenza impugnata, la giurisprudenza che ammette che la selettività di una misura sia giustificata con la natura o lo schema generale del sistema tributario in cui si inserisce.

196. È in considerazione di questi principi che il Tribunale, al punto 170 della sentenza impugnata, ha rimproverato alla Commissione, alla luce degli elementi dedotti dal Government of Gibraltar e dal Regno Unito, di non avere assolto correttamente il proprio compito di analizzare il sistema fiscale in causa alla luce dell’art. 87 CE.

197. A questo riguardo, in primo luogo, dato che ammetto la necessità e la legittimità dell’approccio derogatorio fondato su un’analisi comparata con riguardo alle misure di sostegno indiretto idonee a costituire aiuti di Stato, e tenuto conto delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di dichiarare che il Tribunale ha correttamente rimproverato alla Commissione di non avere seguito l’approccio prospettato nella comunicazione del 1998.

198. Osservo che, nella fattispecie, l’argomentazione del Tribunale è piuttosto fondata sulla problematica della ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Commissione in materia di fiscalità che sul semplice status della comunicazione del 1998.

199. In ogni caso, emerge chiaramente dalla giurisprudenza che la Commissione, adottando norme di comportamento e annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in poi dalla stessa applicate alle fattispecie cui si riferiscono, si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, sotto pena di sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (122). I giudici comunitari hanno precisato in numerose occasioni che la Commissione era vincolata dalle sue comunicazioni sulle questioni del diritto della concorrenza, ad esempio in materia di ammenda (123).

200. Da questa giurisprudenza emerge che, nel settore specifico degli aiuti di Stato, la Commissione è vincolata dagli inquadramenti e dalle comunicazioni che adotta, sempre che questi non deroghino alle norme del Trattato (124). Ne consegue che la Commissione non può essere vincolata in maniera definitiva dalle sue comunicazioni.

201. La problematica del carattere intrinsecamente discriminatorio del regime tributario di Gibilterra è stata affrontata implicitamente dalla Commissione nella decisione controversa. È solo in sede di udienza che la Commissione si è spiegata al riguardo.

202. A mio avviso, ammettere un siffatto approccio significherebbe realizzare una rivoluzione metodologica nell’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Seguendo tale approccio, l’esistenza di un vantaggio non sarebbe più valutata in base ad un raffronto tra la misura e il regime fiscale generalmente applicabile, ma in virtù di un raffronto tra il regime fiscale come si presenta ed un altro sistema, ipotetico ed inesistente. Orbene, siffatto approccio esigerebbe la costruzione di un tertium comparationis fiscale per l’Unione al fine di poter valutare l’effetto asseritamente discriminatorio che deriva dalle scelte operate quanto alla base imponibile (o con riguardo all’aliquota d’imposizione) in materia di tassazione delle imprese. Orbene un siffatto criterio comune non esiste e l’applicazione dell’ambito giuridico relativo agli aiuti di Stato non giustifica l’adozione de facto di una siffatta misura di armonizzazione fiscale (125).

203. L’argomento secondo il quale questo approccio sarebbe applicabile solo in casi eccezionali non può essere accolto. La metodologia giuridica stabilita sino ad oggi è direttamente fondata sull’economia dell’art. 87, n. 1, CE, ed appare conforme agli obiettivi del diritto della concorrenza dell’Unione. Essa non può essere abbandonata per la sola ragione di non portare al risultato desiderato dalla Commissione in un caso specifico.

204. Con riguardo all’asserito errore di diritto denunciato nella terza parte del motivo unico della Commissione, è pacifico che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’obiettivo perseguito dagli interventi statali non basta a sottrarli a priori alla qualifica di «aiuti» ai sensi dell’art. 87 CE. Infatti, l’art. 87, n. 1, CE non distingue a seconda delle cause o degli obiettivi di una misura statale, ma definisce tale misura in funzione dei suoi effetti (126).

205. Tuttavia, la lettura della sentenza impugnata mi induce a ritenere che le affermazioni di cui alla terza parte del motivo unico della Commissione riposino su una lettura non corretta dei punti 145, 146 e 171‑174 della sentenza impugnata.

206. Infatti, il punto 145 della sentenza s’inserisce nel ragionamento seguito dal Tribunale per motivare in che termini spettasse alla Commissione applicare le tre fasi dell’approccio derogatorio nell’ambito dell’esame della selettività dal regime in questione. Il Tribunale ha indicato che, limitandosi alla terza fase dell’approccio sopra menzionato, la Commissione rischierebbe di privare lo Stato membro interessato della possibilità di giustificare le differenziazioni del regime fiscale, posto che la Commissione non avrebbe in precedenza né individuato il regime generale o «normale», né stabilito il carattere derogatorio delle differenziazioni in esame. Peraltro, nulla consente di concludere che il Tribunale avrebbe imposto alla Commissione di seguire una posizione predefinita senza potersi avvalere delle sue prerogative di analisi conferitele dal Trattato.

207. In considerazione degli elementi che precedono, propongo di respingere in quanto infondate la seconda e la terza parte del motivo unico della Commissione.

B –          Sulla natura dell’esame di un regime tributario operato dalla Commissione (127)

1.            Argomentazione sviluppata nella quarta parte del motivo unico della Commissione

208. Con la quarta parte del motivo unico, la Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, addebita al Tribunale di avere erroneamente considerato che la logica inerente ad un sistema fiscale e il regime generale o «normale» nell’ambito di detto sistema può risultare dall’applicazione di tecniche differenti a contribuenti diversi. A suo giudizio, siffatto approccio porterebbe a dichiarare che ogni caratteristica del sistema, senza riguardo al vantaggio che essa conferisce ad alcuni beneficiari, costituisce automaticamente una parte integrante del sistema e non una deroga e sfugge, di conseguenza, dall’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato (128).

209. Peraltro, la Commissione contesta di aver sollevato la problematica dell’onere della prova. Essa rimprovera al Tribunale di aver commesso un errore di diritto, non constatando che la Commissione non aveva assolto l’onere della prova ad essa incombente, ma escludendo a priori che il regime fiscale «normale» di una collettività territoriale possa essere considerato come rientrante nella nozione di aiuto di Stato.

2.            Valutazione della quarta parte del motivo unico

210. Con questa quarta parte, la Commissione critica i punti 175‑183 della sentenza impugnata. Ai sensi del punto 175 di detta sentenza, il Tribunale ha sottolineato che né le considerazioni riportate nella decisione controversa né gli argomenti avanzati dalla Commissione e dal Regno di Spagna hanno potuto rimettere in causa la fondatezza della definizione del regime generale o «normale» del sistema fiscale notificato.

211. Dal punto 187 della sentenza impugnata emerge che la problematica in causa è connessa all’onere della prova. Orbene, a questo riguardo si deve ricordare che in linea di principio soltanto il Tribunale è competente a constatare e valutare i fatti. Inoltre, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti, una volta che le prove da esso accolte a sostegno dei fatti siano state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura applicabili in materia di onere e di assunzione della prova siano stati rispettati (129). La Corte è unicamente competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (130).

212. Con riguardo al primo elemento dell’argomentazione del Tribunale, di cui al punto 176 della sentenza impugnata, osservo che il Tribunale, al punto 177 della sentenza impugnata, ha dichiarato che la Commissione non ha sufficientemente confutato l’argomento del Government of Gibraltar secondo cui la condizione relativa alla realizzazione di utili rientrava nella logica di un sistema basato sul numero di dipendenti e sulla superficie occupata. Inoltre, il Tribunale ha indicato, al punto 178 della sentenza impugnata, che la semplice affermazione della Commissione secondo la quale, in un sistema di tassazione come quello proposto dalle autorità di Gibilterra, più dipendenti una società impiega e più immobili utilizza, maggiore sarà la sua imponibilità fiscale non basta a rimettere in discussione la fondatezza della scelta operata da tali autorità in ordine agli elementi costitutivi del regime comune o «normale» di tale sistema di tassazione.

213. Con riguardo al secondo elemento dell’argomentazione del Tribunale, di cui ai punti 179‑181 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la qualificazione del sistema di tassazione di Gibilterra come sistema ibrido non dimostra di per sé che detto sistema non possa costituire un regime fiscale comune o «normale». Il Tribunale ha anche rimproverato alla Commissione e al Regno di Spagna di aver sollevato argomenti puramente ipotetici con riguardo ai due obiettivi perseguiti dal sistema di tassazione e dal relativo regime generale o «normale» introdotti dalla riforma.

214. Per quanto concerne il terzo elemento del ragionamento del Tribunale, esposto ai punti 182‑185 della sentenza impugnata, dopo aver citato taluni punti della decisione controversa senza snaturarli, il Tribunale ha dichiarato che gli argomenti della Commissione non erano idonei a rimettere in discussione la posizione delle autorità di Gibilterra.

215. Atteso che la Commissione nella fattispecie non ha fatto valere alcuno snaturamento degli elementi sui quali si è pronunciato il Tribunale, la quarta parte del motivo unico potrebbe essere a priori qualificata come infondata.

216. Se, tuttavia, la Corte ritenesse utile pronunciarsi sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ha tratto dagli argomenti sollevati dal Government of Gibraltar, dal punto 184 della sentenza impugnata emerge chiaramente che il Tribunale ha fondato il suo rigetto degli argomenti della Commissione sull’errore metodologico che nella fattispecie sarebbe stato commesso a suo giudizio dalla Commissione.

217. A questo riguardo, pur condividendo l’analisi del Tribunale quanto all’approccio metodologico erroneo seguito dalla Commissione, osservo, sotto il profilo della ripartizione dell’onere della prova, che spettava alla Commissione individuare l’esistenza di una misura atta a conferire un vantaggio a carattere selettivo. Spettava poi allo Stato membro interessato, che ha introdotto una differenziazione tra imprese in materia di oneri fiscali, dimostrare che essa è effettivamente giustificata dalla natura e dalla struttura del sistema di cui trattasi (131). Orbene, non avendo seguito le fasi richieste al fine di stabilire la selettività del vantaggio conferito dalla riforma fiscale di Gibilterra, la Commissione ha reso impossibile l’applicazione di questo principio.

218. Pertanto, atteso che la Commissione non ha seguito il ragionamento relativo all’identificazione del regime comune o «normale» e delle deroghe al medesimo, è a buon diritto che il Tribunale ha dichiarato, al punto 184 della sentenza impugnata, che essa aveva imposto la propria logica per quanto riguarda il contenuto e il funzionamento del sistema di tassazione notificato.

219. In aggiunta, come emerge dalla sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione non aveva presentato un argomento plausibile che consentisse di comprendere perché un regime tributario come quello in causa costituirebbe un aiuto di Stato.

220. Alla luce delle considerazioni formulate ai paragrafi 122 e seguenti delle presenti conclusioni, relative alle misure destinate alla lotta contro la fiscalità dannosa nell’Unione e ai poteri degli Stati membri in materia di fiscalità diretta, ritengo che il Tribunale abbia giustamente constatato che le affermazioni della Commissione non potevano fondarsi sul regime degli aiuti di Stato del Trattato. Infatti, l’art. 87 CE mira ad evitare che gli scambi fra gli Stati membri vengano ostacolati da agevolazioni concesse da autorità statali, che in varie forme, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza (132). Non avendo stabilito l’esistenza di siffatto vantaggio, la Commissione non può criticare l’organizzazione di un regime di tassazione realizzato da uno Stato membro o da un territorio a cui si applica il Trattato CE.

221. È vero che, se lo Stato o il territorio in questione introduce un regime fiscale dannoso ed invoca l’appartenenza delle misure in causa ad un regime tributario generale a titolo di giustificazione, detto regime sfuggirà al controllo esercitato dalla Commissione in forza delle norme relative agli aiuti di Stato. Di conseguenza, siffatta ipotesi rientra nelle norme del codice di condotta, atteso che il problema posto da siffatto regime fiscale riguarda un’eventuale concorrenza fiscale dannosa e non il regime degli aiuti di Stato.

222. Per i motivi sopra esposti, propongo di respingere la quarta parte del motivo unico della Commissione, in quanto infondata.

3.            Argomentazione sviluppata nel quadro della quinta parte del motivo unico della Commissione

223. Con la quinta parte del suo motivo unico, la Commissione addebita al Tribunale di aver erroneamente considerato che la Commissione non avrebbe né individuato il regime tributario generale o «normale» né dimostrato che determinate caratteristiche della riforma costituivano deroghe a questo regime. Infatti, la Commissione avrebbe chiaramente e regolarmente identificato il sistema di tassazione notificato come fondato sull’imposizione della manodopera impiegata e dell’occupazione degli immobili ad uso professionale. Inoltre, la Commissione sottolinea che il motivo invocato per l’annullamento della decisione controversa non era un difetto di motivazione, bensì un errore di diritto (133).

224. Il Regno di Spagna considera che la Commissione ha effettuato un esame completo della riforma fiscale, cosa che le avrebbe consentito di arrivare alla conclusione secondo la quale il regime di applicazione comune sarebbe il sistema di imposizione delle società fondato sul criterio del monte salari e della superficie occupata, fatta salva l’applicazione del limite del 15% degli utili. Siffatti criteri favorirebbero diversi tipi d’imprese: quelle che non hanno utili, quelle che sarebbero maggiormente tassate in mancanza di detto limite e le imprese off-shore.

4.            Valutazione della quinta parte del motivo unico

225. Sebbene connessa alla seconda parte del motivo unico relativa all’applicazione dell’approccio metodologico, la quinta parte verte piuttosto sulla dimostrazione dell’individuazione della natura del regime tributario in causa. Tuttavia, alla luce della soluzione data alla seconda parte del motivo unico, ritengo innanzitutto che questa parte non possa essere accolta, in quanto la critica della Commissione si fonda su una lettura erronea della sentenza impugnata.

226. Infatti, rimproverando alla Commissione di non aver seguito l’approccio descritto nella comunicazione del 1998, il Tribunale non ha constatato che la Commissione aveva omesso di svolgere un’analisi approfondita del regime di tassazione in causa. Per contro, diversi punti della sentenza impugnata riproducono i passaggi della decisione controversa, confermando così che il Tribunale ha proceduto ad una valutazione dell’esame fatto dalla Commissione.

227. Ai fini dell’analisi della quinta parte del motivo unico della Commissione, occorre tuttavia soltanto stabilire se la Commissione si sia conformata ai principi di analisi della selettività richiamati dal Tribunale ai punti 143‑145 della sentenza impugnata. Atteso che la stessa Commissione nella sua impugnazione sostiene l’applicazione di un metodo ad hoc che si discosta da tali principi, la quinta parte del motivo unico appare manifestamente infondata.

IX –       I tre elementi di selettività rilevati nella decisione controversa 

A –          Argomentazione dedotta nella sesta parte del motivo unico della Commissione e nell’ottavo motivo del Regno di Spagna

228. Con la sesta parte del motivo unico, qualificata come «essenziale» dalla stessa Commissione, quest’ultima fa valere che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare i tre elementi di selettività individuati nella decisione controversa, avendo segnatamente omesso di analizzare le constatazioni della Commissione fondate sugli effetti concreti della misura, ossia che essa prevede livelli di imposizione diversi per settori diversi dell’economia di Gibilterra e che essa procura un vantaggio selettivo alle imprese dell’economia off-shore che non hanno dipendenti né occupano immobili a Gibilterra.

229. La Commissione rimprovera al Tribunale di non aver preso posizione sugli aspetti selettivi così identificati, pur avendo ripreso i punti rilevanti della decisione controversa ai punti 157‑162 della sentenza impugnata. Solo il punto 186 della sentenza impugnata conterrebbe un’osservazione a questo riguardo, ma la giurisprudenza evocata non sarebbe pertinente. A questo proposito, la Commissione ammette che un raffronto con il sistema anteriore non è di per sé rilevante ai fini della valutazione della selettività di una misura, ma ricorda che essa avrebbe sottolineato, riferendosi al sistema precedente, che il regime esaminato nella decisione controversa mirava a perpetuare la situazione precedente, producendo gli stessi effetti avvalendosi di una tecnica diversa. Insomma, l’approccio del Tribunale attribuirebbe un peso determinante a considerazioni di tecnica fiscale a scapito del contenuto mentre, secondo una giurisprudenza consolidata, un aiuto di Stato dovrebbe essere valutato in considerazione dei suoi effetti.

230. Il Government of Gibraltar e il governo del Regno Unito considerano errata la tesi sostenuta dalla Commissione secondo la quale il regime tributario dovrebbe essere considerato come selettivo per il fatto che l’economia off-shore non sarebbe tassata. Infatti, in ogni sistema di tassazione, le società che non dispongono di una base imponibile corrispondente a quella definita dal regime tributario nazionale non pagano imposte in quel territorio. Dunque, la tesi della Commissione perviene ad imporre agli Stati membri, in violazione della loro sovranità fiscale, le sue proprie tesi quanto alla scelta della base imponibile. Il fatto che tipi di società differenti sarebbero tassati in modo diverso non consentirebbe, di per sé, di constatare la selettività.

231. Con il suo ottavo motivo il Regno di Spagna rimprovera al Tribunale di aver dichiarato che le condizioni di cui all’art. 87, n. 1, CE non erano soddisfatte sotto il profilo della selettività materiale. Infatti, la grande maggioranza delle imprese stabilite a Gibilterra, ovvero 28 798 su 29 000, arriverebbe ad ottenere un’aliquota d’imposizione pari a zero. Di conseguenza, il regime che il Tribunale definisce «generale» sarebbe in realtà un regime speciale, che crea una «selettività de facto».

B –          Valutazione

232. La sesta parte del motivo unico della Commissione sembra relativa ad un difetto di motivazione della sentenza impugnata. Spetta alla Corte esercitare il suo controllo al riguardo nell’ambito dell’impugnazione.

233. Nella decisione controversa la Commissione aveva rilevato tre elementi di selettività, riassunti al paragrafo 15 delle presenti conclusioni. Per quanto riguarda il vantaggio selettivo che può essere stato conferito alle imprese rientranti nell’economia off-shore senza dipendenti e che non occupano immobili a Gibilterra, la Commissione ha sostenuto che il sistema presentava anche una selettività materiale, in quanto manteneva di fatto livelli di imposizione molto ridotti per le «società esenti» e, più in generale, prevedeva livelli di imposizione diversi a seconda dei settori, il che conferirebbe un vantaggio selettivo alle imprese appartenenti ai settori ai quali sono applicabili le aliquote meno elevate. Di conseguenza, la Commissione ha considerato che il sistema costituiva un regime di aiuti di Stato e che, non essendo applicabile alcuna delle deroghe previste dal Trattato, l’aiuto era incompatibile con il mercato comune.

234. Nella sentenza impugnata il Tribunale ha innanzitutto ricordato, ai punti 143‑146, i principi che a suo avviso concernono l’esame del carattere selettivo di una misura fiscale che può costituire un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Al fine di valutare se la Commissione si sia conformata a siffatti principi, il Tribunale, ai punti 148‑162 della sentenza impugnata, ha citato, senza snaturarli, i pertinenti passaggi della decisione controversa.

235. Ai punti 163‑168 della sentenza impugnata il Tribunale ha avviato l’analisi del vantaggio selettivo presentando l’argomento difeso principalmente dal Government of Gibraltar, secondo il quale l’insieme degli elementi sopra menzionati della riforma fiscale costituirebbe un sistema tributario a tutti gli effetti, che va considerato il regime fiscale comune o «normale» introdotto dalla riforma fiscale sul territorio di Gibilterra. Nell’ambito di tale regime non esisterebbe un’aliquota d’imposta «normale» e non vi sarebbero un’imposta «principale» e un’imposta «secondaria» o «derogatoria». L’onere fiscale di un’impresa in un determinato esercizio verrebbe determinato in funzione di due elementi che interagiscono fra loro: da un lato, il numero di dipendenti impiegati e l’area occupata dall’impresa e, dall’altro, gli utili da essa realizzati.

236. È alla luce di questa constatazione che il Tribunale ha rimproverato alla Commissione, al punto 170 della sentenza impugnata, di non aver assolto il proprio compito di individuare preliminarmente e, se del caso, di rimettere in discussione la qualifica, da parte delle autorità di Gibilterra, del regime comune o «normale» del sistema di tassazione notificato.

237. Atteso che il Tribunale si è dedicato soprattutto, a buon diritto, a confutare il metodo ad hoc della Commissione, reputo che non abbia commesso alcun errore di diritto astenendosi dall’analizzare gli aspetti considerati come selettivi dalla Commissione.

238. Posto che il Tribunale ha considerato errata la stessa metodologia applicata dalla Commissione nella decisione controversa, esso poteva limitarsi a constatare, come emerge dal punto 187 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva dimostrato l’esistenza di vantaggi selettivi derivanti dai tre aspetti controversi della riforma fiscale.

239. Peraltro, l’argomento del Regno di Spagna relativo alla «selettività de facto» del regime fiscale in causa non può essere accolto, posto che fa discendere la nozione di aiuto fiscale dalla concessione di un vantaggio, il che, per i motivi sopra esposti, è escluso in assenza di una previa determinazione di un sistema che costituisce un ambito di riferimento. Inoltre, sotto il profilo degli effetti economici, il regime di Gibilterra sembra piuttosto avere l’obiettivo di concedere «svantaggi selettivi», posto che meno dell’1% delle società sono effettivamente tassate.

240. Di conseguenza, propongo di respingere la sesta parte del motivo unico della Commissione nonché l’ottavo motivo dell’impugnazione del Regno di Spagna.

X –          Sulla violazione del termine ragionevole e la mancata sospensione del procedimento dinanzi al Tribunale (134)

A –          Argomentazione

241. Con il suo decimo motivo, il Regno di Spagna invoca la violazione del diritto di ciascuno, sancito all’art. 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU»), che si decida sul suo ricorso entro un termine ragionevole e, segnatamente, del diritto ad un processo entro un termine ragionevole. Infatti, la sentenza è stata pronunciata 54 mesi dopo la presentazione della causa dinanzi al Tribunale, sebbene dovesse essere oggetto di un trattamento prioritario. Tale circostanza avrebbe avuto incidenza sulla controversia, perché la durata eccessiva del procedimento ha consentito alla Corte di pronunciare la sua sentenza nella causa Azzorre in un momento in cui il Tribunale avrebbe dovuto già avere statuito.

242. L’undicesimo motivo dell’impugnazione del Regno di Spagna è relativo ad una violazione dell’art. 77, lett. a) e d), del regolamento di procedura del Tribunale, in quanto quest’ultimo non avrebbe formalmente ordinato la sospensione del procedimento dopo aver sentito le parti, invece di «lasciarlo in sospeso». Infatti, il Tribunale, non trattando la causa senza una sospensione formale, avrebbe privato le parti della facoltà, offerta dall’art. 78 del regolamento di procedura, di far valere le loro tesi prima che il Tribunale procedesse alla sospensione della causa.

B –          Valutazione

243. Innanzitutto, desidero precisare la portata dell’art. 6 della CEDU per poi pronunciarmi su un’eventuale violazione del diritto ad ottenere una decisione sul ricorso entro un termine ragionevole nell’ambito del procedimento giurisdizionale dinanzi al Tribunale.

244. Per quanto riguarda l’irregolarità fatta valere nell’ambito del decimo motivo, la Corte ha dichiarato che l’art. 6, n. 1, della CEDU prevede che ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti (135).

245. Tuttavia, è giocoforza constatare che, nella fattispecie, il motivo relativo ad una violazione della garanzia di cui all’art. 6, n. 1, della CEDU è sollevato da uno Stato membro. Orbene, ritengo che un soggetto di diritto pubblico, nell’esercizio delle sue prerogative e fruendo dello status di Stato contraente, non possa invocare direttamente le disposizioni della CEDU a proprio vantaggio.

246. Nel sistema della salvaguardia dei diritti dell’uomo, l’art. 34 della CEDU esclude la ricevibilità delle domande presentate da enti pubblici che difendono i loro diritti dell’uomo (136). Inoltre, considero che dall’art. 1 della CEDU consegua che gli Stati sono i garanti dei diritti enunciati nella convenzione, e non i beneficiari diretti delle sue disposizioni. Essi non trovano nella convenzione la fonte della loro tutela, ma quella dei loro obblighi.

247. Lo stesso ragionamento vale a mio avviso, mutatis mutandis, per quanto riguarda la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (137). Infatti, sia l’Unione che gli Stati membri sono vincolati dalla Carta, il che esclude che essi godano dei diritti che essa garantisce.

248. Tale constatazione di principio non esclude che una disposizione della carta possa riflettere un principio generale di diritto che tutela anche gli Stati membri. Tuttavia, da un punto di vista concettuale, è importante mantenere la distinzione tra, da una parte, i soggetti che sono vincolati dai diritti fondamentali, ossia i soggetti passivi, e, dall’altra parte, coloro che ne beneficiano, ossia i soggetti attivi, cioè le persone fisiche e giuridiche, con l’eccezione degli enti pubblici che esercitano pubblici poteri.

249. Il principio generale di diritto dell’Unione secondo il quale ogni persona ha diritto ad un processo equo, ispirato da questi diritti fondamentali, e segnatamente ad un processo entro un termine ragionevole, è applicabile nell’ambito di un ricorso giurisdizionale (138). Infatti, il principio di una tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, che è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (139) e ribadito dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

250. Risulta quindi che i diritti relativi alla tutela giurisdizionale effettiva, segnatamente il diritto ad un processo equo, il rispetto dei diritti della difesa, il diritto di essere sentito, possono essere utilmente invocati dai soggetti di diritto come gli Stati membri nell’ambito di procedimenti giurisdizionali (140).

251. Nella sentenza Der Grüne Punkt ‑ Duales System Deutschland/Commissione (141), la Corte ha indicato che risultava dall’art. 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e dalla giurisprudenza che la Corte era competente a controllare se il Tribunale fosse incorso in vizi procedurali lesivi per gli interessi della parte ricorrente e doveva verificare che fossero stati rispettati i principi generali del diritto comunitario (142). Occorre tuttavia ricordare che la ragionevolezza della durata del procedimento deve essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie, quali la complessità della controversia e il comportamento delle parti (143).

252. A tal riguardo la Corte ha precisato che l’elencazione dei criteri pertinenti non è esaustiva e la valutazione del carattere ragionevole del detto termine non richiede un esame sistematico delle circostanze del caso di cui trattasi alla luce di ciascuno dei detti criteri quando la durata del procedimento appaia giustificata alla luce di uno solo di essi. Pertanto, la complessità del caso in esame ovvero un comportamento dilatorio del ricorrente può essere considerato valida giustificazione di un termine a prima vista troppo lungo (144).

253. Nella fattispecie, la durata del procedimento ha avuto come punto di partenza il deposito, presso la cancelleria del Tribunale, dei ricorsi di annullamento del Government of Gibraltar e del governo del Regno Unito il 9 giugno 2004. Il procedimento dinanzi al Tribunale è quindi durato circa quattro anni e sei mesi.

254. Non mi sembra dunque che la durata del procedimento possa essere qualificata come particolarmente lunga per una causa che presenta un tale grado di complessità e di importanza. Peraltro, l’argomentazione del Regno di Spagna non mi sembra convincente per quanto concerne le conseguenze di siffatta durata sull’esito della controversia. Per contro, la complessità e le implicazioni della causa di cui il Tribunale è stato investito a mio avviso depongono a favore di una giustificazione della durata del procedimento.

255. Sono dunque dell’avviso che nella fattispecie in esame non possa essere constatata una violazione del principio generale del diritto dell’Unione relativo al diritto ad un processo equo entro un termine ragionevole.

256. Infine, per quanto riguarda l’undicesimo motivo, ritengo che non si possa invocare alcuna violazione dei diritti delle parti al procedimento. Infatti, siffatta violazione si sarebbe configurata se il Tribunale avesse sospeso il procedimento senza avere preventivamente sentito le parti. Orbene, il fatto di non ricorrere all’applicazione dell’art. 78 del regolamento di procedura non implica alcuna violazione di una norma procedurale che sarebbe costitutiva di un errore di diritto rientrante nel controllo della Corte nell’ambito dell’impugnazione.

XI – Conclusione

257. Alla luce di quanto sopra propongo alla Corte di:

–        dichiarare irricevibile la censura invocata dal Regno di Spagna relativa ad una violazione degli artt. 5 CE e 307 CE;

–        respingere per il resto le impugnazioni della Commissione nella causa C‑106/09 e del Regno di Spagna nella causa C‑107/09;

–        condannare ciascuna delle parti a sopportare le proprie spese.


1 – Lingua originale: il francese.


2 –      GU 2005, L 85, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa».


3 – Dal momento che la sentenza impugnata è stata emanata il 18 dicembre 2008, i riferimenti alle disposizioni del Trattato CE seguono la numerazione applicabile prima dell’entrata in vigore del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.


4 – Con questa nozione di sistema «intrinsecamente discriminatorio» la Commissione intende un regime tributario che per la sua stessa struttura procurerebbe un vantaggio ad una o più categorie di imprese mediante una selezione dei criteri applicabili nel sistema di imposizione asseritamente «normale».


5 – Comunicazione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese (GU C 384, pagg. 3‑9; in prosieguo: la «comunicazione del 1998»).


6 – Sebbene ammetta che, conformemente alla giurisprudenza, la qualificazione di una misura statale in considerazione dell’art. 87 CE deve essere fondata sui suoi effetti economici sulla concorrenza senza che il numero significativo di imprese che possono pretendere di avvalersi della misura possa metterne in causa la selettività (v. sentenza 3 marzo 2005, causa C‑172/03, Heiser, Racc. pag. I‑1627, punto 42), ciò non toglie che, se gli effetti economici sono determinanti, una misura che riguarda la quasi totalità delle imprese non mi sembra poter essere qualificata come un vantaggio selettivo.


7 – Occorre osservare che, prima di siffatta notificazione, l’11 luglio 2001, la Commissione aveva deciso di avviare un procedimento d’indagine formale, ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE, nei confronti di due normative applicate a Gibilterra relative all’imposta sulle società e riguardanti, rispettivamente, le «società esenti» (GU 2002, C 26, pag. 13) e le «società qualificate» (GU 2002, C 26, pag. 9). Con sentenza 30 aprile 2002, cause riunite T‑195/01 e T‑207/01, Government of Gibraltar/Commissione (Racc. pag. II‑2309), il Tribunale, da un lato, ha annullato la decisione di avvio del procedimento di indagine formale sulle società esenti e, dall’altro, ha respinto la domanda di annullamento diretta contro la decisione di avvio relativa alle società qualificate. Il 27 aprile 2002 il Government of Gibraltar ha annunciato la propria intenzione di introdurre un regime fiscale completamente nuovo per tutte le società di Gibilterra. Tale riforma del sistema di tassazione delle imprese da parte del Government of Gibraltar costituisce l’oggetto della controversia in esame.


8 – Le norme relative alla riforma fiscale saranno applicate dal Government of Gibraltar una volta approvate dalla House of Assembly. Occorre osservare, per completezza, che, conformemente alle osservazioni depositate dal Government of Gibraltar nel giugno 2009, il Chief Minister of Gibraltar ha annunciato che la riforma non entrerà in vigore, ma che un nuovo sistema di imposta sulle imprese entrerà in vigore nel 2010.


9 – Primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo e nono motivo del ricorso del Regno di Spagna.


10 – Sentenza 8 luglio 1999, causa C‑245/92 P, Chemie Linz/Commissione (Racc. pag. I‑4643).


11 – Sentenza 11 febbraio 1999, causa C‑390/95 P, Antillean Rice Mills e a./Commissione (Racc. pag. I‑769, punti 21 e 22).


12 – V., segnatamente, sentenze 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione (Racc. pag. I‑5291, punti 34 e 35), e 30 settembre 2003, causa C‑76/01 P, Eurocoton e a./Consiglio (Racc. pag. I‑10091, punti 46 e 47). V. anche sentenze 19 gennaio 2006, causa C‑240/03 P, Comunità montana della Valnerina/Commissione (Racc. pag. I‑731, punti 105 e 106), e 14 ottobre 2010, causa C‑280/08 P, Deutsche Telekom/Commissione (Racc. pag. I‑9555, punto 24).


13 – V., segnatamente, sentenze 16 maggio 2002, causa C‑321/99 P, ARAP e a./Commissione (Racc. pag. I‑4287, punto 49); 22 dicembre 2008, causa C‑487/06 P, British Aggregates/Commissione (Racc. pag. I‑10505, punti 121 e segg.), e Deutsche Telekom/Commissione, cit. alla nota 12 (punto 25). V. anche sentenza Comunità montana della Valnerina/Commissione, cit. alla nota 12 (punto 107), nonché, ex multis, ordinanze 11 novembre 2003, causa C‑488/01 P, Martinez/Parlamento (Racc. pag. I‑13355, punto 39), e 13 luglio 2006, causa C‑338/05 P, Front national e a./Parlamento e Consiglio (punto 23).


14 – Sentenza 30 settembre 1982, causa 108/81, Amylum/Consiglio (Racc. pag. 3107, punto 25).


15 – Sentenza 20 febbraio 1997, causa C‑166/95 P, Commissione/Daffix (Racc. pag. I‑983, punto 24).


16 –      Sentenza 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (Racc. pag. I‑8375, punti 369‑379).


17 – Di conseguenza, gli elementi di giurisprudenza concernenti i ricorsi indiretti, come le cause pregiudiziali, non parrebbero affatto decisivi (v. sentenze 25 ottobre 2001, causa C‑475/99, Ambulanz Glöckner, C‑475/99, Racc. pag. I‑8089, punto 10; 2 giugno 2005, causa C‑136/03, Dörr e Ünal, Racc. pag. I‑4759, punto 46; 22 giugno 2006, causa C‑419/04, Conseil général de la Vienne, Racc. pag. I‑5645, punto 24, nonché 14 febbraio 2008, causa C‑244/06, Dynamic medien, Racc. pag. I‑505, punto 19).


18 – Causa 1/58 e cause riunite da 36/59 a 38/59 e 40/59.


19 – V., in materia di diritto dei marchi, sentenze del Tribunale 9 dicembre 2010, causa T‑303/08, Tresplain Investments/UAMI – Hoo Hing (Golden Elephant Brand) (Racc. pag. I‑5659); 14 maggio 2009, causa T‑165/06, Fiorucci/UAMI – Edwin (ELIO FIORUCCI) (Racc. pag. II‑1375). Questa sentenza è stata oggetto di impugnazione, iscritta a ruolo con il numero di causa C‑263/09 P; v. paragrafi 49‑78 delle conclusioni presentate dall’avvocato generale Kokott in data 27 gennaio 2011 in questa causa. V., in materia di appalti pubblici, ordinanza del Tribunale 2 luglio 2009, causa T‑279/06, Evropaïki Dynamiki/BCE. Questa ordinanza è stata oggetto dell’impugnazione iscritta a ruolo con il numero di causa C‑401/09 P; v. paragrafi 66‑76 delle conclusioni presentate dall’avvocato generale Mengozzi il 27 gennaio 2011 in questa causa. V. altresì, ancora di recente, nel settore della clausola compromissoria: sentenza del Tribunale 10 giugno 2009, cause riunite T‑396/05 e T‑397/05, ArchiMEDES/Commissione, nonché sentenza della Corte 18 novembre 2010, causa C‑317/09 P, ArchiMEDES/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta); sentenze del Tribunale 17 dicembre 2010, causa T-460/08, Commissione/Acentro Turismo (Racc. pag. I‑6351), e 16 dicembre 2010, causa T‑19/07, Systran e Systran Luxembourg/Commissione (Racc. pag. I‑6083). V. nota 10, Clausola compromissoria, Europe, gennaio 2011, pag. 19.


20 – Osservo che la differenza principale tra la prima e la seconda fattispecie si fonda sull’autorità della cosa giudicata che riveste, a mio avviso, la sentenza del Tribunale nella prima ipotesi. Nella seconda ipotesi, la sentenza gode di un’autorità considerevole con riguardo ai fatti, ma non stabilisce in maniera definitiva le conclusioni giuridiche che discendono dai fatti giuridicamente rilevanti della causa conformemente ad una norma di diritto nazionale.


21 – V. sentenza del Tribunale 21 aprile 2004, causa T‑172/01, M/Corte di giustizia (Racc. pag. II‑1075), nonché sentenza della Corte 14 aprile 2005, causa C‑243/04 P, Gaki‑Kakouri/Corte di giustizia. V., anche, con riguardo alla giurisprudenza del Tribunale della funzione pubblica, sentenza 14 ottobre 2010, causa F‑86/09, W/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta), sull’analisi della nozione di accesso al matrimonio civile e le implicazioni delle disposizioni dell’ordinamento giuridico di uno Stato terzo. In materia di aiuti di Stato, v., segnatamente, sentenza del Tribunale 3 marzo 2010, causa T‑163/05, Bundesverband deutscher Banken/Commissione (Racc. pag. I‑387), in cui il Tribunale ha dovuto esaminare le disposizioni di diritto nazionale al fine di stabilire l’esistenza di un vantaggio.


22 – Per quanto riguarda lo status di avvocato, v. ordinanza del Tribunale 28 febbraio 2005, causa T‑445/04, ET/UAMI – Aparellaje eléctrico (UNEX) (Racc. pag. II‑677, punti 7 e 9); sentenza del Tribunale 27 settembre 2005, causa T‑123/04, Cargo Partner/UAMI (CARGO PARTNER) (Racc. pag. II‑3979, punti 20 e 22); ordinanza del Tribunale 9 settembre 2004, causa T‑14/04, Alto de Casablanca/UAMI – Bodegas Chivite (VERAMONTE) (Racc. pag. II‑3077, punto 11); sentenze del Tribunale 8 giugno 2005, causa T‑315/03, Wilfer/UAMI (ROCKBASS) (Racc. pag. II‑1981, punto 11); e 3 febbraio 2010, causa T‑472/07, Enercon/UAMI – Hasbro (ENERCON) (punti 12‑15), nonché ordinanza 10 luglio 2009, causa C‑59/09 P, Hasbro.


23 – Ad esempio, al punto 82 della sentenza 11 settembre 2008, cause riunite da C‑428/06 a C‑434/06, Unión General de Trabajadores de la Rioja (Racc. pag. I‑6747; in prosieguo: la «sentenza UGT‑Rioja»), la Corte ha constatato che «sono le norme applicabili, quali interpretate dai giudici nazionali, a determinare i limiti delle competenze di un ente infrastatale e a dover essere prese in considerazione per verificare se quest’ultimo disponga di un’autonomia sufficiente».


24 – Ai punti 98‑100 della sentenza impugnata il Tribunale ha proceduto all’interpretazione di siffatte disposizioni nazionali in relazione alle disposizioni della Carta delle Nazioni Unite. Non spetta al giudice dell’Unione, nell’ambito della competenza esclusiva prevista dall’art. 220 CE, controllare la legittimità di siffatto atto adottato dall’organo internazionale. V. sentenza 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (Racc. pag. I‑6351, punto 287). Peraltro, per quanto concerne la qualificazione di Gibilterra come «territorio d’oltremare» in diritto costituzionale britannico, adottata dal Tribunale al punto 5 della sentenza impugnata, è giocoforza constatare che il Ministero degli esteri spagnolo utilizza la medesima qualificazione. V., a questo riguardo, «The Question of Gibraltar», Gobierno de España, Ministerio de asuntos exteriores y de cooperación, Madrid 2008, pag. 15.


25 – Sentenza 6 settembre 2006, causa C‑88/03, Portogallo/Commissione (Racc. pag. I‑7115; in prosieguo: la «sentenza Azzorre»).


26 – Occorre sottolineare che l’estensione geografica di Gibilterra è oggetto di una contestazione tra il Regno Unito e il Regno di Spagna, atteso che quest’ultimo non riconosce l’appartenenza dell’istmo che unisce la rocca di Gibilterra alla penisola iberica al territorio ceduto alla corona britannica dal Regno di Spagna in forza del Trattato di Utrecht del 1713.


27 – In occasione della creazione della Comunità economica europea nel 1957, la disposizione del menzionato paragrafo 4 non riguardava alcuna ipotesi concreta, ma confermava piuttosto una forma di petizione di principio, retaggio del trattato CECA, che conteneva una precisazione identica al suo art. 79, precisazione che, nel 1951, era destinata a coprire la fattispecie della Sarre. È l’adesione del Regno Unito alle Comunità che le ha consentito di acquisire una portata utile. V., al riguardo, Ziller, J., «Champ d’application du droit communautaire», Juris Classeur, ed. 1991, n. 36.


28 – GU 1972, L 73, pag. 14. Gibilterra beneficia pertanto di un trattamento derogatorio. V. anche la relazione speciale n. 2/93 della Corte dei conti sul territorio doganale comunitario (GU 1993, C 347). Occorre sottolineare che, sebbene non sia prevista alcuna deroga esplicita per quanto concerne le regole di concorrenza, l’esclusione di Gibilterra dell’Unione doganale comporta restrizioni ratione materiae in questo settore. V. al riguardo, le conclusioni presentate dall’avvocato generale Tizzano nella causa C‑30/01, Commissione/Regno Unito (sentenza 23 settembre 2003, Racc. pag. I‑9481).


29 – V. sentenza 12 settembre 2006, causa C‑145/04, Spagna/Regno Unito (Racc. pag. I‑7917, punti 14‑19).


30 – V. sentenza Spagna/Regno Unito, cit. (punti 14‑19).


31 – Lincoln, S., «The Legal Status of Gibraltar, Whose Rock is it anyway ?», Fordham International Law Journal, 1994‑1995, volume 18, n. 1‑5, pagg. 285‑330, in particolare pag. 319.


32 – Nel preambolo si legge «la presente Costituzione (…) dà al popolo di Gibilterra quel livello di autonomia che è compatibile con la sovranità britannica su Gibilterra e con il fatto che il Regno Unito resta completamente responsabile per le relazioni esterne di Gibilterra».


33 – Gli altri due referendum hanno avuto luogo nel 1967 e nel 2002. Rilevo che la Costituzione del 2007 non è applicabile alla fattispecie.


34 – Lombart, L., «Gibraltar et le droit à autodétermination – perspectives actuelles», Annuaire français du droit international, LIII‑2007, pag. 157.


35 – Sentenza cit. supra, alla nota 25.


36 – Conclusioni presentate nella causa Azzorre, cit. alla nota 25 (paragrafo 54).


37 – Sentenza Azzorre, cit. (punti 67 e 68).


38 – Sentenza UGT-Rioja, cit. (punto 51).


39 – Osservo che negli Stati con una decentralizzazione simmetrica, che costituisce un modello della sovranità fiscale condivisa, non esiste un sistema di riferimento comune a livello nazionale. Infatti, in un sistema di decentralizzazione simmetrico, quale uno Stato federale, i poteri sono ripartiti in modo uniforme. La decentralizzazione asimmetrica riguarda, per contro, un modello dove non esistono entità infrastatali che beneficiano di poteri autonomi, e il resto del territorio dello Stato è assoggettato ad un regime generale. V. gli argomenti dedotti dalla Commissione, riportati ai punti 22‑24 della sentenza Azzorre, cit., nonché l’argomentazione della Corte, di cui ai punti 64‑65 della stessa sentenza.


40 – Ritengo che la nozione di entità intra- o infrastatali nel contesto degli aiuti di Stato riguardi i soggetti di diritto pubblico diversi dagli Stati sovrani.


41 – Sentenze 24 novembre 1992, causa C‑286/90, Poulsen e Diva Navigation (Racc. pag. I‑6019); 5 luglio 1994, causa C‑432/92, Anastasiou e a. (Racc. pag. I‑3087, punto 43); 2 agosto 1993, causa C‑158/91, Levy (Racc. pag. I‑4287, punto 19); 9 agosto 1994, causa C‑327/91, Francia/Commissione (Racc. pag. I‑3641, punto 25). V. anche sentenza del Tribunale 22 gennaio 1997, causa T‑115/94, Opel Austria/Consiglio (Racc. pag. II‑39, punti 79, 90‑93).


42 – Sentenza 16 giugno 1998, causa C‑162/96 (Racc. pag. I‑3655). Il principio del rispetto del diritto internazionale è stato recentemente riaffermato nella sentenza 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P, Kadi et Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (Racc. pag. I‑6351, punto 291).


43 – V. sentenza Azzorre, cit. (punto 57).


44 – V. in questo senso, segnatamente, sentenze 1° giugno 1994, causa C‑136/92 P, Commissione/Brazzelli Lualdi e a. (Racc. pag. I‑1981, punto 59); 26 ottobre 2006, causa C‑68/05 P, Koninklijke Coöperatie Cosun/Commissione (Racc. pag. I‑10367, punto 96), e 12 novembre 2009, causa C‑564/08 P, SGL Carbon/Commissione (punto 22).


45 – Sentenza 17 dicembre 1959, causa 14/59, Société des fonderies de Pont‑à‑Mousson/Alta Autorità (Racc. pag. 445). V. anche, ex multis, sentenze 9 settembre 2004, causa C‑304/01, Spagna/Commissione (Racc. pag. I‑7655, punto 31); 14 dicembre 2004, causa C‑210/03, Swedish Match (Racc. pag. I‑11893, punto 70), e 14 aprile 2005, causa C‑110/03, Belgio/Commissione (Racc. pag. I‑2801, punto 71).


46 – Sentenze Azzorre, cit. (punto 67), e UGT-Rioja, cit. (punto 51).


47 – Sentenza 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione (Racc. pag. I‑123, punto 50).


48 – Sentenza 6 aprile 2006, causa C‑551/03 P, General Motors/Commissione (Racc. pag. I‑3173, punto 54).


49 – Sentenza UGT‑Rioja, cit. (punto 129).


50 – Sentenza UGT‑Rioja, cit. (punti 53‑60): «Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, i punti 58 e 66 della citata sentenza Portogallo/Commissione non istituiscono alcuna condizione preliminare all’applicazione dei tre criteri precisati al punto 67 della medesima sentenza».


51 – V., segnatamente, sentenza 9 settembre 2008, cause riunite C‑120/06 P e C‑121/06 P, FIAMM e FIAMM Technologies/Consiglio e Commissione (Racc. pag. I‑6513, punto 90).


52 – Sei parti del motivo unico dell’impugnazione della Commissione e ottavo motivo del ricorso del Regno di Spagna.


53 – Carlos dos Santos, A., «Aides d’État, Code de conduite et concurrence fiscale dans l’Union européenne», Revue internationale de Droit Économique, 2004, pagg. 9‑45.


54 – Rapporto OCSE – concorrenza fiscale dannosa, punto 47.


55 – Ai sensi del rapporto OCSE, quattro fattori essenziali aiutano ad identificare i regimi fiscali preferenziali dannosi: a) l’aliquota d’imposizione effettiva imposta dal regime sui redditi considerati è ridotta o nulla; b) il regime è «circoscritto»; c) il funzionamento del regime non è trasparente; d) il paese che applica questo regime non procede ad un effettivo scambio di inforrmazioni con gli altri paesi.


56 – Pinto, C., Tax Competition and EU Law, pag. 1.


57 – Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale – La politica fiscale dell’Unione europea – Priorità per gli anni a venire, COM(2001) 260 def., punto 2.3.


58 – Comunicazione COM(2001) 260 def.,, punto 2.4. Tuttavia, in occasione dei negoziati d’adesione, la Finlandia ha preso l’impegno nei confronti degli Stati membri che non avrebbe consentito che le isole d’Åland divenissero un paradiso fiscale. V., Kuosmanen, A., Finland’s Journey to the European Union, Maastricht 2001, pagg. 262 e 264.


59 – In occasione dell’adozione della risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti di governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio del 1° dicembre 1997, su un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese (GU 1998, C 2, pag. 2; in prosieguo: il «codice di condotta»), il Consiglio ha riconosciuto che una concorrenza leale poteva avere effetti benefici. Per questo motivo il codice è stato specificamente concepito per depistare soltanto le misure che falsano la localizzazione delle attività economiche nella Comunità perché riguardano unicamente i non residenti e accordano loro un trattamento fiscale più favorevole rispetto a quello normalmente applicabile nello Stato membro in causa. Il codice definisce criteri per individuare nel dettaglio queste misure potenzialmente dannose. In occasione della riunione del Consiglio ECOFIN del 14 marzo 2008, i Ministri delle Finanze hanno definito la «buona governance» in materia tributaria come fondata su principi di trasparenza, di scambio di informazioni e della concorrenza fiscale leale. Anche la Commissione ha adottato nel 2008 una comunicazione a questo riguardo. V. Lambert, Th., «Réflexions sur la concurrence fiscale», Recueil Dalloz, 2010, pag. 1733.


60 – Schön, W., «The European Commission Report», European Taxation, 2002.


61 – Conclusioni del Consiglio ECOFIN 1° dicembre 1997, in materia di politica fiscale (GU 1998, C 2, pag. 1). Il pacchetto comprendeva un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese, una proposta di direttiva relativa alla tassazione del risparmio e una proposta di direttiva concernente un regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di royalties tra imprese associate di Stati membri diversi.


62 – Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti di governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio del 1° dicembre 1997, su un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese (GU 1998, C 2, pag. 2). È in virtù del codice di condotta che la Commissione ha preso l’impegno di pubblicare gli orientamenti per l’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta. V. comunicazione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese (GU 1998, C 384, pag. 3).


63 – Queste condizioni sono garantite in materia di tassazione delle imprese se tutti i paesi applicano la medesima aliquota marginale effettiva d’imposizione (marginal effective tax rate, METR) ai fini dell’imposizione dell’ultima unità dell’investimento transfrontaliero.


64 – Vording, H., «A Level Playing Field for Business Taxation in Europe», European Taxation, novembre 1999.


65 – Come constatato dal Consiglio al punto J del codice di condotta, «una parte delle misure fiscali contemplate dal codice rientra nel campo di applicazione delle disposizioni sugli aiuti di Stato di cui (…) al trattato CE».


66 – Carlos dos Santos, A., «Aides d’État, Code de conduite et concurrence fiscale», op. cit., pag. 29.


67 – V., Carlos dos Santos, A., L’Union européenne et la régulation de la concurrence fiscale, Bruxelles, 2009, pag. 428.


68 – V., in merito alle differenze e ai punti comuni tra il regime del codice di condotta e quello degli aiuti di Stato, Carlos dos Santos, A., «Aides d’État, code de conduite et concurrence fiscale», op. cit., pagg. 30 e segg.


69 – Prima parte del motivo unico della Commissione.


70 – V., segnatamente, sentenze 7 settembre 2004, causa C‑319/02, Manninen (Racc. pag. I‑7477, pounto 19); 6 marzo 2007, causa C‑292/04, Meilicke e a. (Racc. pag. I‑1835, punto 19); 24 maggio 2007, causa C‑157/05, Holböck (Racc. pag. I‑4051, punto 21), e 11 ottobre 2007, causa C‑451/05, ELISA (Racc. pag. I‑8251, punto 68). V. anche sentenze 8 marzo 2001, cause riunite C‑397/98 e C‑410/98, Metallgesellschaft e a. (Racc. pag. I‑1727, punto 37); 13 dicembre 2005, causa C‑446/03, Marks & Spencer (Racc. pag. I‑10837, punto 29); 12 settembre 2006, causa C‑196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (Racc. pag. I‑7995, punto 40), e 13 marzo 2007, causa C‑524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (Racc. pag. I‑2107, punto 25).


71 – V., in dottrina: Schön, W., «Taxation and State aid Law in the European Union», CMLR, 36(1999), pag. 911; O’Brien, M., «Company taxation, State aid and fundamental freedoms», ELRev, 2005, pag. 209, e Quigley, C., European State Aid Law, 2009, pag. 65.


72 – A contrario, se gli Stati membri dispongono di un potere discrezionale, si tratta di misure «specifiche». V. sentenza 26 settembre 1996, causa C‑241/94, Francia/Commissione (Racc. pag. I‑4551).


73 – La dottrina ha rilevato la reticenza della Commissione ad applicare il codice alle misure fiscali generali classiche, come nel caso dell’Irlanda, che ha introdotto un’aliquota d’imposizione del 12,5%, nettamente inferiore a quella degli altri Stati membri, ma che, tuttavia, non sembra rientrare nell’ambito di applicazione del codice, salvo dimostrarne il carattere dannoso. V., Carlos dos Santos, A., «Aides d’État, Code de conduite et concurrence fiscale», op. cit., pag. 35.


74 – V., Carlos dos Santos, A., L’Union européenne et la régulation de la concurrence fiscale, op. cit., pag. 501.


75 – Sentenza 12 luglio 1973, causa 70/72, Commissione/Germania (Racc. pag. 813). V. anche Nicolaides, Ph., «Fiscal Aid in the EC, A Critical Review of Current Practice», World Competition, 24(3) 2001, pagg. 319‑342.


76 – Sentenze 15 dicembre 2005, causa C‑66/02, Italia/Commissione (Racc. pag. I‑10901, punto 10); 15 dicembre 2005, causa C‑148/04, Unicredito Italiano (Racc. pag. I‑11137, punto 49), e 10 gennaio 2006, causa C‑222/04, Cassa di Risparmio di Firenze e a. (Racc. pag. I‑289, punto 135). La definizione pertanto adottata dalla giurisprudenza mi sembra troppo ampia in quanto, in modo generale, le misure fiscali non si applicano a tutte le imprese, ma solo a quelle che soddisfano talune condizioni. Pertanto, ad esempio, una riforma della tassazione delle società di capitali non può essere qualificata come misura non generale per il solo fatto che non avvantaggia le società di persone o le imprese individuali. V., Schön, W., «Auswirkungen des gemeinschaftsrechtlichen Beihilferechts auf das Steuerrecht», Österreichischer Juristentag (Hrsg.): Verhandlungen des Siebzehnten Österreichischen Juristentages Wien 2009, IV/2 Steuerrecht, Wien, Manzsche Verlags‑ und Universitätsbuchhandlung, 2010, pagg. 21‑46.


77 – Waelbroeck, D., «La condition de sélectivité de la mesure», Aides d’État, 2005, pag. 90.


78 – «Les aides d’État sous forme fiscale», Revue de droit fiscal, n. 48, 2008. Inoltre, occorre rilevare che l’agente della Commissione ha affermato in udienza che, in materia di fiscalità diretta, gli Stati membri devono seguire una politica di neutralità fiscale.


79 – V., Nicolaides, Ph., «Fiscal Aid in the EC», op. cit., pagg. 332-333. Secondo l’autore, da un punto di vista economico nessuna misura fiscale statale è neutra, in quanto modifica le condizioni del comportamento economico degli operatori del mercato. Inoltre, gli effetti di una misura fiscale dipendono dalle circostanze specifiche proprie ai soggetti interessati. Ne consegue che ogni sistema di fiscalità diretta è necessariamente fondato su scelte politiche discrezionali, aventi effetti economici a seconda delle imprese interessate. V. anche Carlos dos Santos, A., L’Union européenne et la régulation de la concurrence fiscale, op. cit., pag. 47, il quale ricorda che la neutralità fiscale è sempre relativa.


80 – Osservo che, a meno che il sistema non sia del tutto uniforme, una differenza di trattamento tra le imprese fondata su criteri non settoriali o regionali può nondimeno configurare la violazione di altre disposizioni del Trattato. V. sentenza 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 273).


81 – Merola, M., Capelletti, L., «Une analyse des dernières développements en matière d’aides d’États fiscales», Fiscalité européenne, Bruylant, pag. 87.


82 – V., segnatamente, sentenza 23 marzo 2006, causa C‑237/04, Enirisorse (Racc. pag. I‑2843, punti 38‑39, e giurisprudenza ivi citata). V. anche sentenza 17 novembre 2009, causa C‑169/08, Presidente del Consiglio dei Ministri (Racc. pag. I‑10821, punto 52).


83 – Sentenze 15 marzo 1994, causa C‑387/92, Banco Exterior de España (Racc. pag. I‑877, punto 13); 29 giugno 1999, causa C‑256/97, DM Transport (Racc. pag. I‑3913, punto 19); 14 settembre 2004, causa C‑276/02, Spagna/Commissione (Racc. pag. I‑8091, punto 24); 8 novembre 2001, causa C‑143/99, Adria‑Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke (Racc. pag. I‑8365, punto 38), e 15 giugno 2006, cause riunite C‑393/04 e C‑41/05, Air Liquide Industries Belgium (Racc. pag. I‑5293, punto 29).


84 – Sulla rilevanza della constatazione del vantaggio nell’esame della selettività: v. sentenze 8 novembre 2001, Adria‑Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke, cit. (punto 41); 13 febbraio 2003, causa C-409/00, Spagna/Commissione (Racc. pag. I‑1487, punto 47); Azzorre, cit. (punti 54‑56); UGT‑Rioja, cit. (punto 46), nonché British Aggregates/Commissione, cit. (punto 82).


85 – Nicolaides, Ph., «Fiscal Aid in the EC», op. cit., pag. 325.


86 – V. anche, Carlos dos Santos, A., L’Union européenne et la régulation, op. cit., pag. 506.


87 – L’esame del criterio della selettività è distinto da quello del vantaggio, sebbene secondo la giurisprudenza «al fine di valutare la selettività, occorre esaminare se nell’ambito di un determinato regime giuridico una misura costituisca un vantaggio per talune imprese rispetto alle altre» (v. sentenza British Aggregates/Commissione, cit., punto 82). Come emerge dal punto 12 della comunicazione della Commissione del 1998, la possibilità di giustificare la selettività sulla base della natura generale del regime fa parte della valutazione della selettività.


88 – Ciò è rilevante segnatamente nella prospettiva di un eventuale rimborso di un aiuto presunto illegittimo.


89 – Sentenza 1° dicembre 1998, causa C-200/97, Ecotrade (Racc. pag. I‑7907, punto 43), e sentenza del Tribunale 13 giugno 2000, cause riunite T‑204/97 e T‑270/97, EPAC/Commissione (Racc. pag. II‑2267, punto 80).


90 – V. comunicazione della Commissione sull’applicazione degli artt. 87 e 88 CE agli aiuti di Stato sotto forma di garanzia (GU 2000, C 71, pag. 14). Secondo la Commissione, una garanzia di Stato presenta il vantaggio di porre a carico dello Stato il rischio associato alla garanzia che normalmente dovrebbe essere remunerata con un adeguato corrispettivo. L’eventuale rinuncia dello Stato comporta una perdita di risorse per lo Stato e nel contempo un beneficio per l’impresa. V. punto 2.1.2. della comunicazione.


91 – Sentenza 5 ottobre 2000, causa C‑288/96, Germania/Commissione (Racc. pag. I‑8237), punti 30 e segg.


92 – Sentenza del Tribunale 21 maggio 2010, cause riunite T‑425/04, T‑444/04, T‑450/04 e T‑456/04, Francia/Commissione (Racc. pag. I‑2099). Tuttavia, le dichiarazioni devono essere sufficientemente chiare, precise e ferme per manifestare l’esistenza di un impegno credibile dello Stato. Occorre notare che la sentenza Francia/Commissione, cit., è stata oggetto di un’impugnazione iscritta a ruolo con il numero di causa C‑399/10 P.


93 – Sentenza 22 giugno 2006, cause riunite C‑182/03 e C‑217/03 (Racc. pag. I‑5479, punto 95).


94 – Per quanto concerne l’imposizione delle persone fisiche, la medesima constatazione vale per le amministrazioni ficali che conoscono l’imposizione sul patrimonio dei contribuenti più abbienti. Non è possibile ritenere che i contribuenti non tassabili beneficino di un qualsivoglia vantaggio a causa della soglia stabilita.


95 – Sentenza del Tribunale 27 gennaio 1998, causa T‑67/94, Ladbroke Racing/Commissione (Racc. pag. II‑1). V. anche le mie conclusioni presentate nelle cause riunite da C‑78/08 a C‑80/08, Paint Graphos e a.


96 – Del resto, come ho già rilevato supra, è probabile che il regime in causa non entri mai in vigore.


97 – Occorre osservare che, nel suo rapporto sull’attuazione della comunicazione della Commissione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese [C(2004) 434], la Commissione ha indicato che è senz’altro possibile che una misura qualificata come dannosa alla luce del codice di condotta non rientri nella nozione di aiuto di Stato (v. punto 66 del citato rapporto).


98 – In udienza, il rappresentante del Government of Gibraltar ha confermato che una gran parte delle imprese registrate a Gibilterra si limita a tenervi attivi consistenti in seconde case, yacht o imbarcazioni. Atteso che non si configurano né attività commerciali né utili, esse non sono soggetti imponibili, qualunque sia il sistema fiscale applicato. La loro situazione non rientra dunque nel diritto della concorrenza.


99 – Pertanto, occorre riconoscere allo stesso tempo che un territorio di circa 5 km² con una popolazione di circa 27 500 dispone di pochissime opzioni quanto alla sua strategia di sviluppo economico.


100 – Sentenza Azzorre, cit. (punto 54).


101 – Sentenza Adria-Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke, cit.


102 – Sentenza UGT‑Rioja, cit.


103 – Le misure possono tuttavia rivelarsi selettive anche senza essere formalmente limitate a determinati settori. V. decisione della Commissione 17 febbraio 2003, relativa al regime di aiuti al quale il Belgio ha dato esecuzione a favore dei centri di coordinamento stabiliti in Belgio (GU L 282). Secondo la giurisprudenza, né il numero rilevante delle imprese beneficiarie né la diversificazione e l’importanza dei settori industriali ai quali dette imprese appartengono garantisce il carattere generale di una misura. V., al riguardo, Rossi‑Maccanico, P., «Community Review of direct Business Tax Measures», EStAL, 4/2009, pag. 497. La dottrina sottolinea che un sistema che si applica alla quasi totalità degli operatori non può essere considerato selettivo. V., Schön, W., «Auswirkungen des gemeinschaftsrechtlichen Beihilferechts auf das Steuerrecht», op. cit., pag. 29.


104 – Per considerazioni sulla selettività, v., ex multis, Waelbroeck, D., «La condition de sélectivité de la mesure», op. cit.


105 – Conclusioni presentate dall’avvocato generale Mengozzi nella causa che ha dato luogo alla sentenza British Aggregates/Commissione, cit. (paragrafo 82).


106 –      V., Rossi‑Maccanico, P., «Community Review of direct Business Tax Measures», op. cit., pag. 497.


107 – In questo senso, sentenza 17 marzo 1993, cause riunite C‑72/91 e C‑73/91, Sloman Neptun (Racc. pag. I‑887, punto 21). V. sentenza 13 febbraio 2003, causa C‑409/00, Spagna/Commissione (Racc. pag. I‑1487, punto 52). Una parte della dottrina ha addirittura suggerito che non può configurarsi un vantaggio, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, se la misura discende dall’economia generale del sistema: v., in questo senso, Schön, W., «Auswirkungen des gemeinschaftsrechtlichen Beihilferechts auf das Steuerrecht», op. cit.


108 – Conclusioni presentate nella causa C‑72/91, Sloman Neptun, cit. (paragrafo 50).


109 – Sull’approccio dell’OCSE, v. First Survey on State Aids in the European Community, Commission of the European Communities, Luxembourg, Office of Official Publications, 1989, pagg. 6‑8 e 13: «tax expenditure is usually defined as a departure from the generally accepted or benchmark tax structure, which produces a favourable tax treatment of particular types of activities or groups of payers».


110 – Comunicazione del 1998, punto 16.


111 – Bacon, K., «State Aids and General Measures», YEL, 1997, Vol. 17 (ed. Barav and Wyatt) Clarendon Press, Oxford, pagg. 269‑321; Schön, W., «Taxation and State aid Law in the European Union», op. cit., pagg. 911‑936.


112 – Schön, W., «Taxation and State aid Law in the European Union», op. cit., pagg. 911‑936.


113 – Conclusioni dell’avvocato generale Colomer presentate nella causa C‑6/97, Italia/Commissione (sentenza 9 maggio 1999, Racc. pag. I‑2981, paragrafo 27).


114 – Conclusioni dell’avvocato generale La Pergola presentate nella causa C‑75/97, Belgio/Commissione (sentenza 17 giugno 1999, detta. «Maribel», Racc. pag. I‑3671).


115 – Nicolaides, Ph., «Fiscal Aid in the EC. A Critical Review of Current Practice», op. cit., pagg. 319‑342.


116 – V. Bousin, J., e Piernas, J., «Developments in the Notion of Selectivity», EStAL, 4/2008, pagg. 634 e segg.


117 – V. anche, al riguardo, Aldestam, M., EC State aid rules applied to taxes, Uppsala, 2005, pag. 182.


118 – Seconda e terza parte del motivo unico dell’impugnazione della Commissione.


119 – La Commissione si riferisce ai punti 170‑174 della sentenza impugnata, nonché ai punti 143‑146.


120 – V., segnatamente, sentenza British Aggregates/Commissione, cit.


121 – La Commissione si riferisce ai punti 145 e 146, nonché ai punti 171‑174 della sentenza impugnata.


122 – V., segnatamente, sentenze 11 settembre 2008, cause riunite C‑75/05 P e C‑80/05 P, Germania/Kronofrance (Racc. pag. I‑6619, punto 60), e 2 dicembre 2010, causa C‑464/09 P, Holland Malt/Commissione (Racc. pag. I‑12443, punto 46).


123 – Sentenza della Corte 28 giugno 2005, causa C-189/02 P, Dansk Rørindustri (Racc. pag. I‑5425, punti 211-213). V. anche sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T-220/00, Cheil Jedang (Racc. pag. II‑2473, punto 77). In materia di aiuti di Stato, v. sentenze della Corte 13 febbraio 2003, causa C‑409/00, Spagna/Commissione (Racc. pag. I‑1487, punto 95); 29 aprile 2004, causa C‑91/01, Italia/Commissione (Racc. pag. I‑4355, punto 45), e 26 settembre 2002, causa C-351/98, Spagna/Commissione (Racc. pag. I‑8031, punto 53). V. anche sentenze del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑198/01, Technische Glaswerke (Racc. pag. II‑2717, punto 149); 18 novembre 2004, causa T‑176/01, Ferriere Nord (Racc. pag. II‑3931, punto 134), e 14 ottobre 2004, causa T‑137/02, Pollmeier Malchow (Racc. pag. II‑3541, punto 54).


124 – Sentenze 5 ottobre 2000, causa C‑288/96, Germania/Commissione (Racc. pag. I‑8237, punto 62); Germania e a./Kronofrance, cit. (punto 61), e Holland Malt/Commissione, cit. (punto 47).


125 – Un tale approccio è stato talvolta proposto dalla dottrina. L’argomento decisivo ai fini del suo rigetto è relativo alla sua incompatibilità con la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e l’Unione in materia di fiscalità diretta. V., Carlos dos Santos, A., L’Union européenne et la régulation, op. cit., pagg. 505‑508 e 522‑528.


126 – Sentenza British Aggregates/Commissione, cit. (punti 84 e 85, nonché giurisprudenza ivi citata).


127 – Quarta e quinta parte del motivo unico della Commissione.


128 – La Commissione si riferisce ai punti 175‑183 della sentenza impugnata.


129 – Sentenze 21 settembre 2006, causa C‑167/04 P, JCB Service/Commissione (Racc. pag. I‑8935, punto 107 e giurisprudenza citata), e 10 maggio 2007, causa C‑328/05 P, SGL Carbon/Commissione (Racc. pag. I‑3921, punto 41 e giurisprudenza citata).


130 – V., segnatamente, sentenze JCB Service/Commissione, cit. (punto 106 e giurisprudenza citata), nonché SGL Carbon/Commissione, cit. (punto 41 e giurisprudenza citata).


131 – Sentenza 29 aprile 2004, causa C‑159/01, Paesi Bassi/Commissione (Racc. pag. I‑4461, punto 43).


132 – Sentenza 2 luglio 1974, causa 173/73, Italia/Commissione (Racc. pag. 709).


133 – La Commissione si riferisce ai punti 170‑174 della sentenza impugnata.


134 – Decimo ed undicesimo motivo dell’impugnazione del Regno di Spagna.


135 – Sentenza 16 luglio 2009, causa C-385/07 P, Der Grüne Punkt ‑ Duales System Deutschland/Commissione (Racc. pag. I‑6155, punto 177).


136 – V., segnatamente, decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla ricevibilità del ricorso n. 55346/00, presentata da Ayuntamiento de Mula contro la Spagna; la decisione parziale sulla ricevibilità del ricorso n. 48391/99 e 48392/99, presentata da Christos Hatzitakis e le Mairies de Thermaikos et Mikra contro la Grecia.


137 – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364, pag. 1; in prosieguo: la «Carta»).


138 – V., in questo senso, sentenze 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione (Racc. pag. I‑8417, punto 21), e 1° luglio 2008, cause riunite C‑341/06 P e C‑342/06 P, Chronopost e La Poste/UFEX e a. (Racc. pag. I‑4777, punto 45).


139 – Sentenze 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston (Racc. pag. 1651, punti 18 e 19); 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens e a. (Racc. pag. 4097, punto 14); 27 novembre 2001, causa C‑424/99, Commissione/Austria (Racc. pag. I‑9285, punto 45); 25 luglio 2002, causa C-50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio (Racc. pag. I‑6677, punto 39), e 19 giugno 2003, causa C‑467/01, Eribrand (Racc. pag. I‑6471, punto 61).


140 – V., al riguardo, la giurisprudenza relativa ai procedimenti di infrazione avverso gli Stati membri, in virtù degli artt. 226 CE e 228 CE e le garanzie procedurali applicabili.


141 – Cit. (punti 176‑179).


142 – Sentenze Baustahlgewebe/Commissione, cit. (punto 19), e 15 giugno 2000, causa C‑13/99 P, TEAM/Commissione (Racc. pag. I‑4671, punto 36).


143 – V., in questo senso, sentenza 25 gennaio 2007, cause riunite C‑403/04 P e C‑405/04 P, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione (Racc. pag. I‑729, punto 116 e giurisprudenza citata), nonché ordinanza 26 marzo 2009, causa C‑146/08 P, Efkon/Parlamento e Consiglio (punto 54).


144 – Sentenze Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. (punto 188), e 2 ottobre 2003, causa C‑194/99 P, Thyssen Stahl/Commissione (Racc. pag. I‑10821, punto 156).