Language of document : ECLI:EU:C:2018:44

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

30 gennaio 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Servizi nel mercato interno – Direttiva 2006/123/CE – Ambito di applicazione – Articolo 2, paragrafo 2, lettera c) – Esclusione dei servizi e delle reti di comunicazione elettronica – Articolo 4, punto 1 – Nozione di “servizio” – Vendita al dettaglio di prodotti – Capo III – Libertà di stabilimento dei prestatori – Applicabilità a situazioni puramente interne – Articolo 15 – Requisiti da valutare – Restrizione territoriale – Piano regolatore che vieta l’attività di vendita al dettaglio di prodotti non voluminosi in aree geografiche situate al di fuori del centro cittadino – Protezione dell’ambiente urbano – Autorizzazione per le reti e i servizi di comunicazione elettronica – Direttiva 2002/20/CE – Oneri pecuniari connessi ai diritti di installare strutture destinate a una rete pubblica di comunicazione elettronica»

Nelle cause riunite C‑360/15 e C‑31/16,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) (C‑360/15) e dal Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi) (C‑31/16), con decisioni del 5 giugno 2015 e del 13 gennaio 2016, pervenute in cancelleria, rispettivamente, il 13 luglio 2015 e il 18 gennaio 2016, nei procedimenti

College van Burgemeester en Wethouders van de gemeente Amersfoort

contro

X BV (C‑360/15),

e

Visser Vastgoed Beleggingen BV

contro

Raad van de gemeente Appingedam (C‑31/16),

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, T. von Danwitz, J.L. da Cruz Vilaça (relatore), C.G. Fernlund e C. Vajda, presidenti di sezione, A. Arabadjiev, C. Toader, M. Safjan, D. Šváby, M. Berger, A. Prechal, E. Jarašiūnas e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 febbraio 2017,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il College van Burgemeester en Wethouders van de gemeente Amersfoort, da J. de Groot e P. Fruytier, advocaten;

–        per la Visser Vastgoed Beleggingen BV, da I. Haverkate, advocaat;

–        per la X BV, da M. Robichon-Lindenkamp, advocaat;

–        per il Raad van de gemeente Appingedam, da H. Wessels, H. Mulder, J. Seerden, R. Louwes e H. Pot, in qualità di agenti;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.H.S. Gijzen, K. Bulterman e J. Langer, in qualità di agenti;

–        per il governo ceco, da T. Müller, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da T. Henze e K. Stranz, in qualità di agenti;

–        per l’Irlanda, da E. Creedon, M. Browne, G. Hodge e A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da N. Butler, SC, e da C. Keeling, BL;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Colelli e P. Gentili, avvocati dello Stato;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da H. Tserepa‑Lacombe, L. Malferrari e F. Wilman, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 maggio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), nonché degli articoli da 34 TFUE a 36 TFUE e da 49 TFUE a 55 TFUE.

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie, la prima tra il College van Burgemeester en Wethouders van de gemeente Amersfoort (il sindaco e la giunta del comune di Amersfoort, Paesi Bassi) (in prosieguo: la «giunta») e la X BV in merito al pagamento di tasse (leges) relative all’installazione di cavi in fibra ottica per una rete pubblica di comunicazione elettronica, la seconda tra la Visser Vastgoed Beleggingen BV (in prosieguo: la «Visser») e il Raad van de gemeente Appingedam (giunta comunale di Appingedam, Paesi Bassi) in merito a norme contenute in un piano regolatore in base alle quali determinate aree geografiche esterne al centro cittadino sono riservate esclusivamente alla vendita al dettaglio di merci voluminose.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 2002/21/CE

3        L’articolo 1 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU 2002, L 108, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU 2009, L 337, pag. 37) (in prosieguo: la «direttiva “quadro”»), articolo intitolato «Campo d’applicazione e finalità», al suo paragrafo 1 dispone quanto segue:

«La presente direttiva istituisce un quadro normativo armonizzato per la disciplina dei servizi di comunicazione elettronica, delle reti di comunicazione elettronica, delle risorse e dei servizi correlati e per taluni aspetti delle apparecchiature terminali onde facilitare l’accesso agli utenti disabili; definisce le funzioni delle autorità nazionali di regolamentazione ed istituisce le procedure atte a garantire l’applicazione armonizzata del quadro normativo [nell’Unione]».

4        L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(…)

g)      “autorità nazionale di regolamentazione”, l’organismo o gli organismi incaricati da uno Stato membro di svolgere le funzioni di regolamentazione fissate dalla presente direttiva e dalle direttive particolari;

(…)».

5        Ai sensi dell’articolo 11 della stessa direttiva, intitolato «Diritti di passaggio»:

«1.      Gli Stati membri assicurano che, nell’esaminare:

–        una domanda per la concessione del diritto di installare strutture su proprietà pubbliche o private ovvero al di sopra o al di sotto di esse a un’impresa autorizzata a fornire reti pubbliche di comunicazione,

–        una domanda per la concessione del diritto di installare strutture su proprietà pubbliche ovvero al disopra o al di sotto di esse a un’impresa autorizzata a fornire reti di comunicazione elettronica diverse da quelle fornite al pubblico;

l’autorità competente:

–        agisca in base a procedure semplici, efficaci, trasparenti e pubbliche, applicate senza discriminazioni né ritardi, e in ogni caso adotti la propria decisione entro sei mesi dalla richiesta, salvo per i casi di espropriazione, e

–        rispetti i principi di trasparenza e non discriminazione nel prevedere condizioni per l’esercizio di tali diritti.

(…)

2.      Gli Stati membri provvedono affinché, laddove le autorità pubbliche o locali mantengano la proprietà o il controllo di imprese che gestiscono reti pubbliche di comunicazione elettronica e/o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, vi sia un’effettiva separazione strutturale della funzione attinente alla concessione dei diritti di cui al paragrafo 1 dalle funzioni attinenti alla proprietà o al controllo.

(…)».

6        L’articolo 12 della medesima direttiva, intitolato «Coubicazione e condivisione di elementi della rete e risorse correlate per i fornitori di reti di comunicazione elettronica», ai suoi paragrafi 1 e 4 dispone quanto segue:

«1.      Quando un’impresa che fornisce reti di comunicazione elettronica ha il diritto, in forza della legislazione nazionale, di installare strutture su proprietà pubbliche o private ovvero al di sopra o al di sotto di esse, oppure può avvalersi di una procedura per l’espropriazione o per l’uso di una proprietà, le autorità nazionali di regolamentazione hanno la facoltà di imporre la condivisione di tali strutture o proprietà, nel pieno rispetto del principio di proporzionalità, ivi compresi tra l’altro edifici o accesso a edifici, cablaggio degli edifici, piloni, antenne, torri e altre strutture di supporto, condotti, guaine, pozzetti e armadi di distribuzione.

(…)

4.      Gli Stati membri provvedono affinché le autorità nazionali di regolamentazione possano richiedere alle imprese di fornire le informazioni necessarie, su richiesta delle autorità competenti, per consentire a queste ultime, di concerto con le autorità nazionali di regolamentazione, di elaborare un inventario dettagliato della natura, disponibilità e ubicazione geografica delle strutture di cui al paragrafo 1, e metterlo a disposizione delle parti interessate».

 Direttiva 2002/20/CE

7        Il considerando 1 della direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni) (GU 2002, L 108, pag. 21), come modificata dalla direttiva 2009/140 (in prosieguo: la «direttiva “autorizzazioni”»), prevede quanto segue:

«L’esito della consultazione pubblica sull’esame del 1999 del quadro normativo in materia di comunicazioni elettroniche, riferito nella comunicazione della Commissione del 26 aprile 2000, e le constatazioni della Commissione di cui alle sue comunicazioni sulla quinta e sesta relazione concernenti l’attuazione del pacchetto normativo “telecomunicazioni” hanno confermato la necessità di una normativa [dell’Unione] più armonizzata e meno onerosa sull’accesso al mercato delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica».

8        L’articolo 1 della direttiva «autorizzazioni», intitolato «Finalità e ambito di applicazione», dispone quanto segue:

«1.      Obiettivo della presente direttiva è la realizzazione di un mercato interno delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica mediante l’armonizzazione e la semplificazione delle norme e delle condizioni di autorizzazione al fine di agevolarne la fornitura in tutta [l’Unione].

2.      La presente direttiva si applica alle autorizzazioni per la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica».

9        L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», al suo paragrafo 1 così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni della direttiva [“quadro”]».

10      L’articolo 4 della direttiva «autorizzazioni», intitolato «Elenco minimo dei diritti derivanti dall’autorizzazione generale», al suo paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«Le imprese autorizzate ai sensi dell’articolo 3 hanno il diritto di:

a)      fornire reti e servizi di comunicazione elettronica;

b)      far sì che si esamini la loro domanda per la concessione dei necessari diritti di installare strutture in conformità dell’articolo 11 della direttiva [“quadro”]».

11      Ai sensi dell’articolo 12 della direttiva «autorizzazioni», intitolato «Diritti amministrativi»:

«1.      I diritti amministrativi imposti alle imprese che prestano servizi o reti ai sensi dell’autorizzazione generale o che hanno ricevuto una concessione dei diritti d’uso:

a)      coprono complessivamente i soli costi amministrativi che saranno sostenuti per la gestione, il controllo e l’applicazione del regime di autorizzazione generale, dei diritti d’uso e degli obblighi specifici di cui all’articolo 6, paragrafo 2, che possono comprendere i costi di cooperazione internazionale, di armonizzazione e di standardizzazione, di analisi di mercato, di sorveglianza del rispetto delle disposizioni e di altri controlli di mercato, nonché di preparazione e di applicazione del diritto derivato e delle decisioni amministrative, quali decisioni in materia di accesso e interconnessione;

b)      sono imposti alle singole imprese in modo proporzionato, obiettivo e trasparente che minimizzi i costi amministrativi aggiuntivi e gli oneri accessori.

2.      Le autorità nazionali di regolamentazione che impongono il pagamento di diritti amministrativi sono tenute a pubblicare un rendiconto annuo dei propri costi amministrativi e dell’importo complessivo dei diritti riscossi. Alla luce delle differenze tra l’importo totale dei diritti e i costi amministrativi, vengono apportate opportune rettifiche».

12      Conformemente all’articolo 13 della medesima direttiva, intitolato «Contributi per la concessione di diritti d’uso e di diritti di installare strutture»:

«Gli Stati membri possono consentire all’autorità competente di riscuotere contributi sui diritti d’uso delle frequenze radio o dei numeri o sui diritti di installare strutture su proprietà pubbliche o private, al di sopra o sotto di esse al fine di garantire l’impiego ottimale di tali risorse. Gli Stati membri fanno sì che tali contributi siano trasparenti, obiettivamente giustificati, proporzionati allo scopo perseguito e non discriminatori e tengano conto degli obiettivi dell’articolo 8 della direttiva [“quadro”]».

 Direttiva 2006/123

13      I considerando 2, 5, 7, 9, 19, 20, 33, 40 e 76 della direttiva 2006/123 sono così redatti:

«(2)      Una maggiore competitività del mercato dei servizi è essenziale per promuovere la crescita economica e creare posti di lavoro nell’Unione europea. (…) Un libero mercato che induca gli Stati membri ad eliminare le restrizioni alla circolazione transfrontaliera dei servizi, incrementando al tempo stesso la trasparenza e l’informazione dei consumatori, consentirebbe agli stessi una più ampia facoltà di scelta e migliori servizi a prezzi inferiori.

(…)

(5)      È necessario quindi eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri nonché garantire ai destinatari e ai prestatori la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del trattato. Poiché gli ostacoli al mercato interno dei servizi riguardano tanto gli operatori che intendono stabilirsi in altri Stati membri quanto quelli che prestano un servizio in un altro Stato membro senza stabilirvisi, occorre permettere ai prestatori di sviluppare le proprie attività nel mercato interno stabilendosi in uno Stato membro o avvalendosi della libera circolazione dei servizi. I prestatori devono poter scegliere tra queste due libertà, in funzione della loro strategia di sviluppo in ciascuno Stato membro.

(…)

(7)      La presente direttiva istituisce un quadro giuridico generale a vantaggio di un’ampia varietà di servizi pur tenendo conto nel contempo delle specificità di ogni tipo d’attività o di professione e del loro sistema di regolamentazione. Tale quadro giuridico si basa su un approccio dinamico e selettivo che consiste nell’eliminare in via prioritaria gli ostacoli che possono essere rimossi rapidamente e, per quanto riguarda gli altri ostacoli, nell’avviare un processo di valutazione, consultazione e armonizzazione complementare in merito a questioni specifiche grazie al quale sarà possibile modernizzare progressivamente ed in maniera coordinata i sistemi nazionali che disciplinano le attività di servizi, operazione indispensabile per realizzare un vero mercato interno dei servizi entro il 2010. È opportuno prevedere una combinazione equilibrata di misure che riguardano l’armonizzazione mirata, la cooperazione amministrativa, la disposizione sulla libera prestazione di servizi e che promuovono l’elaborazione di codici di condotta su determinate questioni. Questo coordinamento delle legislazioni nazionali dovrebbe garantire un grado elevato d’integrazione giuridica comunitaria ed un livello elevato di tutela degli obiettivi d’interesse generale, in particolare la tutela dei consumatori, che è fondamentale per stabilire la fiducia reciproca tra Stati membri.

(…)

(9)      La presente direttiva si applica unicamente ai requisiti che influenzano l’accesso all’attività di servizi o il suo esercizio. Pertanto essa non si applica a requisiti come le norme del codice stradale, le norme riguardanti lo sviluppo e l’uso delle terre, la pianificazione urbana e rurale, le regolamentazioni edilizie nonché le sanzioni amministrative comminate per inosservanza di tali norme che non disciplinano o non influenzano specificatamente l’attività di servizi, ma devono essere rispettate dai prestatori nello svolgimento della loro attività economica, alla stessa stregua dei singoli che agiscono a titolo privato.

(…)

(19)      Poiché nel 2002 è stata adottata una serie di atti normativi relativi ai servizi e alle reti di comunicazione elettronica nonché alle risorse e ai servizi associati, che ha istituito una disciplina volta ad agevolare l’accesso a tali attività nel mercato interno grazie, in particolare, all’eliminazione della maggior parte dei regimi di autorizzazione individuale, è necessario escludere le questioni disciplinate da tali atti dal campo di applicazione della presente direttiva.

(20)      Le esclusioni dal campo di applicazione riguardanti le materie attinenti ai servizi di comunicazione elettronica oggetto [della direttiva “quadro” e della direttiva “autorizzazioni”] si applicano non solo a questioni specificamente trattate in dette direttive, ma anche a questioni per le quali le direttive lasciano esplicitamente agli Stati membri la facoltà di adottare talune misure a livello nazionale.

(…)

(33)      Tra i servizi oggetto della presente direttiva rientrano numerose attività in costante evoluzione, fra le quali figurano: (…) i servizi prestati sia alle imprese sia ai consumatori, quali (…) la distribuzione (…).

(…)

(40)      La nozione di “motivi imperativi di interesse generale” cui fanno riferimento alcune disposizioni della presente direttiva (…) copre almeno i seguenti motivi: (…) la protezione dell’ambiente e dell’ambiente urbano, compreso l’assetto territoriale (…).

(…)

(76)      La presente direttiva non riguarda l’applicazione degli articoli [da 34 TFUE a 36 TFUE] relativi alla libera circolazione delle merci. Le restrizioni vietate in forza della disposizione sulla libera prestazione di servizi riguardano i requisiti applicabili all’accesso alle attività di servizi o al loro esercizio e non quelli applicabili alle merci in quanto tali».

14      L’articolo 1 della direttiva 2006/123, intitolato «Oggetto», al suo paragrafo 1 così dispone:

«La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi».

15      Ai sensi dell’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Campo di applicazione»:

«1.      La presente direttiva si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro.

2.      La presente direttiva non si applica alle attività seguenti:

(…)

c)      i servizi e le reti di comunicazione elettronica nonché le risorse e i servizi associati in relazione alle materie disciplinate dalle direttive [“quadro” e “autorizzazioni”];

(…)

j)       servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all’infanzia e il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato;

(…)

3.      La presente direttiva non si applica al settore fiscale».

16      L’articolo 3 della direttiva 2006/123, intitolato «Relazione con le altre disposizioni del diritto [dell’Unione]», al suo paragrafo 3 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri applicano le disposizioni della presente direttiva nel rispetto delle norme del trattato [FUE] che disciplinano il diritto di stabilimento e la libera circolazione dei servizi».

17      L’articolo 4 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

1)      “servizio”: qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo [57 TFUE] fornita normalmente dietro retribuzione;

2)      “prestatore”: qualsiasi persona fisica, avente la cittadinanza di uno Stato membro, o qualsiasi persona giuridica di cui all’articolo [54 TFUE], stabilita in uno Stato membro, che offre o fornisce un servizio;

(…)

5)      “stabilimento”: l’esercizio effettivo di un’attività economica di cui all’articolo [49 TFUE] a tempo indeterminato da parte del prestatore, con un’infrastruttura stabile a partire dalla quale viene effettivamente svolta l’attività di prestazione di servizi;

6)      “regime di autorizzazione”: qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio;

7)      “requisito”: qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri o derivante dalla giurisprudenza, dalle prassi amministrative, dalle regole degli organismi e ordini professionali o dalle regole collettive di associazioni o organizzazioni professionali adottate nell’esercizio della propria autonomia giuridica; le norme stabilite dai contratti collettivi negoziati dalle parti sociali non sono considerate di per sé come requisiti ai sensi della presente direttiva;

8)      “motivi imperativi d’interesse generale”: motivi riconosciuti come tali dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, tra i quali: (…) la tutela dell’ambiente, incluso l’ambiente urbano (…);

(…)».

18      Il capo III della direttiva 2006/123, intitolato «Libertà di stabilimento dei prestatori», raggruppa gli articoli da 9 a 15 di tale direttiva.

19      L’articolo 9 della suddetta direttiva, dal titolo «Regimi di autorizzazione», al paragrafo 1 così recita:

«Gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

a)      il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore;

b)      la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia».

20      L’articolo 10 della medesima direttiva, intitolato «Condizioni di rilascio dell’autorizzazione», al suo paragrafo 1 così recita:

«I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario».

21      L’articolo 13 della direttiva 2006/123, intitolato «Procedure di autorizzazione», al suo paragrafo 2 dispone quanto segue:

«Le procedure e le formalità di autorizzazione non sono dissuasive e non complicano o ritardano indebitamente la prestazione del servizio. Esse devono essere facilmente accessibili e gli oneri che ne possono derivare per i richiedenti devono essere ragionevoli e commisurati ai costi delle procedure di autorizzazione e non essere superiori ai costi delle procedure».

22      Conformemente all’articolo 14 della direttiva 2006/123, intitolato «Requisiti vietati»:

«Gli Stati membri non subordinano l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio sul loro territorio al rispetto dei requisiti seguenti:

(…)

5)      l’applicazione caso per caso di una verifica di natura economica che subordina il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell’attività o alla valutazione dell’adeguatezza dell’attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti dall’autorità competente; tale divieto non concerne i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d’interesse generale».

23      Ai sensi dell’articolo 15 di tale direttiva, intitolato «Requisiti da valutare»:

«1.      Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico prevede i requisiti di cui al paragrafo 2 e provvedono affinché tali requisiti siano conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3. Gli Stati membri adattano le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative per renderle conformi a tali condizioni.

2.      Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico subordina l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori seguenti:

a)      restrizioni quantitative o territoriali sotto forma, in particolare, di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra prestatori;

(…)

3.      Gli Stati membri verificano che i requisiti di cui al paragrafo 2 soddisfino le condizioni seguenti:

a)      non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell’ubicazione della sede legale;

b)      necessità: i requisiti sono giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      proporzionalità: i requisiti devono essere tali da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito; essi non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo; inoltre non deve essere possibile sostituire questi requisiti con altre misure meno restrittive che permettono di conseguire lo stesso risultato.

(…)».

24      Il capo IV della direttiva 2006/123, intitolato «Libera circolazione dei servizi», raggruppa gli articoli da 16 a 21 di tale direttiva.

25      L’articolo 16 della suddetta direttiva, intitolato «Libera prestazione dei servizi», al suo paragrafo 1, primo comma, prevede quanto segue:

«Gli Stati membri rispettano il diritto dei prestatori di fornire un servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti».

26      L’articolo 18 della medesima direttiva, intitolato «Deroghe per casi individuali», al suo paragrafo 1 così recita:

«In deroga all’articolo 16 e a titolo eccezionale, uno Stato membro può prendere nei confronti di un prestatore stabilito in un altro Stato membro misure relative alla sicurezza dei servizi».

 Diritto dei Paesi Bassi

 Causa C360/15

27      L’articolo 5.2, paragrafo 1, del Telecommunicatiewet (legge sulle telecomunicazioni), del 19 ottobre 1998 (Stb. 1998, n. 610), prevede che «[i]l titolare o l’amministratore di terreni pubblici è tenuto a tollerare che in tali terreni o sopra di essi vengano posati, mantenuti o eliminati cavi per una rete pubblica di comunicazione elettronica».

28      L’articolo 5.4 di tale legge dispone quanto segue:

«1.      Il fornitore di una rete pubblica di comunicazione elettronica che intende effettuare lavori in o sopra terreni pubblici per la posa, la manutenzione o l’eliminazione di cavi procede all’esecuzione di tali lavori solo se:

a.      ha previamente comunicato per iscritto il suo proposito al sindaco e alla giunta del comune nel cui territorio avranno luogo i lavori, e

b.      ha ricevuto dal sindaco e dalla giunta l’autorizzazione relativa al luogo, al momento e alle modalità di esecuzione dei lavori.

2.      Il sindaco e la giunta possono includere nella decisione di autorizzazione particolari disposizioni per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza, prevenzione o limitazione di inconvenienti, accessibilità di terreni o edifici oppure disciplina del sottosuolo.

3.      Tali disposizioni possono riguardare unicamente:

a.      il luogo di espletamento dei lavori;

b.      il momento in cui svolgere i lavori, fermo restando che il momento di inizio autorizzato, salvo in caso dei gravi motivi di interesse pubblico di cui al secondo paragrafo, non può essere posteriore a 12 mesi dopo la data di rilascio della decisione di autorizzazione;

c.      le modalità di esecuzione dei lavori;

d.      la facilitazione dell’uso congiunto delle strutture;

e.      il coordinamento dei lavori previsti con i gestori di altre opere presenti nel terreno».

29      Ai sensi dell’articolo 229, paragrafo 1, lettera b), del Gemeentewet (legge sui comuni), possono essere riscosse tasse per i servizi forniti dall’amministrazione comunale o a suo nome.

30      Secondo l’articolo 1 del Verordering leges 2010 (regolamento del 2010 sulle tasse), adottato dal comune di Amersfoort, «[c]on il nome “leges” vengono riscosse tasse relative al godimento di servizi prestati dalla giunta o per suo tramite, indicati nel presente regolamento e nel relativo tariffario».

31      L’articolo 19.1 di tale regolamento prevede la tariffa praticata per il trattamento delle domande di autorizzazione di cui all’articolo 5.4 della legge sulle telecomunicazioni.

 Causa C31/16

32      Conformemente all’articolo 3.1, paragrafo 1, del Wet ruimtelijke ordening (legge sulla pianificazione territoriale), del 20 ottobre 2006 (Stb. 2006, n. 566), la giunta comunale stabilisce, per l’intero territorio del comune, uno o più piani regolatori che stabiliscono la destinazione dei terreni interessati e stabiliscono le relative norme nell’interesse di un buon assetto territoriale.

33      Secondo l’articolo 18, paragrafo 18.1, del piano regolatore stabilito dalla giunta comunale di Appingedam con decisione del 19 giugno 2013, i terreni assegnati alla «vendita al dettaglio – 2» sono destinati unicamente alla vendita al dettaglio di merci voluminose.

34      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1.128, punto 2, di tale piano regolatore, per «vendita al dettaglio di merci voluminose» si intende «la vendita che, data la natura voluminosa delle merci vendute, non può più integrarsi facilmente nei centri commerciali esistenti, e in particolare (…) la vendita al dettaglio di automobili, di barche, di roulotte e di tende, di cucine, di bagni, di mobili, di materiale da costruzione, di macchinari agricoli, di articoli da giardino, di articoli per l’equitazione, di biciclette e di accessori per auto».

35      L’articolo 18, paragrafo 18.1, del suddetto piano regolatore non prevede la possibilità di derogare alle norme da esso stabilite. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 2.12, paragrafo 1, del Wet algemene bepalingen omgevingsrecht (legge recante le disposizioni generali del diritto ambientale), del 6 novembre 2008 (Stb. 2008, n. 496), qualsiasi interessato può richiedere un «permesso ambientale» in deroga al piano regolatore.

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

 Causa C360/15

36      Come risulta dalla decisione di rinvio, in forza di un contratto concluso nel mese di dicembre 2009 con il comune di Amersfoort, X è stata incaricata di costruire una rete di fibre ottiche in tale comune.

37      A tal fine, X ha chiesto alla giunta, per ogni parte del tracciato della rete, un’autorizzazione relativa al luogo, al momento e alle modalità di esecuzione dei lavori di scavo per l’installazione di cavi in fibra ottica, conformemente all’articolo 5.4, paragrafo 1, lettera b), della legge sulle telecomunicazioni.

38      Ai fini del trattamento di tali domande di autorizzazione, il comune di Amersfoort, in applicazione del regolamento del 2010 sulle tasse, ha invitato X a versare tasse per un importo totale di EUR 149 949.

39      X ha presentato ricorso dinanzi al Rechtbank te Utrecht (tribunale di Utrecht, Paesi Bassi) per contestare il suddetto importo.

40      Dopo il rigetto di tale ricorso, X ha interposto appello dinanzi al Gerechtshof Arnhem‑Leeuwarden (Corte d’appello di Arnhem‑Leeuwarden, Paesi Bassi). Con sentenza del 2 luglio 2013, tale giudice ha anzitutto ritenuto che la controversia rientrasse nell’ambito dell’articolo 12 della direttiva «autorizzazioni» poiché, da un lato, le tasse chieste a X riguardavano servizi di comunicazione elettronica e, dall’altro, il comune di Amersfoort rappresentava un’autorità nazionale di regolamentazione (in prosieguo: «ANR»), ai sensi delle direttive «quadro» e «autorizzazioni». In seguito esso è giunto alla conclusione che l’importo di tali tasse oltrepassava il limite massimo di cui all’articolo 12 della direttiva «autorizzazioni», di modo che la fattura relativa alle tasse inviata a X era illegittima.

41      Contro tale sentenza, la giunta ha presentato ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi). Dal canto suo, X ha proposto un ricorso incidentale.

42      Nell’impugnazione principale si censura il fatto che il Gerechtshof Arnhem‑Leeuwarden (Corte d’appello di Arnhem‑Leeuwarden) abbia ritenuto che la controversia rientrasse nell’ambito dell’articolo 12 della direttiva «autorizzazioni», mentre il comune di Amersfoort non era mai stato designato quale ANR ai sensi delle direttive «quadro» e «autorizzazioni».

43      Il giudice del rinvio è del parere che tale censura sia fondata, dal momento che, nei Paesi Bassi, possono essere qualificati quali ANR solo il legislatore nazionale, la Kroon (Corona, Paesi Bassi), il Minister van Economische Zaken (Ministro dell’Economia, Paesi Bassi) e l’Onafhankelijke Post en Telecommunicatie Autoriteit (Autorità indipendente delle poste e telecomunicazioni, Paesi Bassi), divenuta, il 1o aprile 2013, l’Autoriteit Consument en Markt (Autorità di vigilanza sui consumi e sui mercati, Paesi Bassi). Tale giudice ritiene pertanto che l’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123 non possa essere invocato in relazione con l’articolo 12 della direttiva «autorizzazioni».

44      Peraltro, nell’ambito dell’impugnazione incidentale, si contesta al Gerechtshof Arnhem‑Leeuwarden (Corte d’appello di Arnhem‑Leeuwarden) di non aver preso in considerazione l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/123.

45      A tale riguardo, il giudice del rinvio nutre tuttavia dubbi sul fatto che la riscossione delle tasse di cui al procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123, dato che, in primo luogo, l’articolo 2, paragrafo 3, di tale direttiva precisa che essa non si applica al settore fiscale, in secondo luogo, la situazione di cui al procedimento principale è una situazione puramente interna al Regno dei Paesi Bassi e non presenta alcun elemento di carattere estero e, in terzo luogo, l’autorizzazione dei lavori di scavo sembra rientrare nella normativa riguardante la pianificazione urbana e rurale, vale a dire un tipo di normativa alla cui disciplina la direttiva in questione, ai sensi del suo stesso considerando 9, non si applica.

46      Alla luce delle suesposte considerazioni, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 2006/123 (…) debba essere interpretato nel senso che tale disposizione si applica all’imposizione di tasse (“leges”) ad opera di un organo di uno Stato membro per procedere all’esame di una domanda di autorizzazione circa il momento, il luogo e le modalità di esecuzione di lavori di scavo finalizzati alla posa di cavi per una rete pubblica di telecomunicazione elettronica.

2)      Se il capo III della direttiva 2006/123 (…) debba essere interpretato nel senso che esso si applica anche a situazioni puramente interne.

3)      Se la direttiva 2006/123 (…), alla luce del suo considerando 9, debba essere interpretata nel senso che essa non si applica ad una normativa nazionale che impone che il proposito di effettuare lavori di scavo per la posa, la manutenzione e l’eliminazione di cavi per una rete pubblica di telecomunicazione elettronica venga comunicato al sindaco e alla giunta e che questi ultimi non abbiano il potere di vietare tali lavori, bensì quello di fissare norme relative al luogo, al momento e alle modalità di esecuzione dei lavori nonché alla promozione dell’utilizzo congiunto delle strutture e al coordinamento dei lavori con i gestori delle altre opere presenti nel terreno.

4)      Se l’articolo 4, [punto] 6, della direttiva 2006/123 (…) debba essere interpretato nel senso che tale disposizione si applica ad una delibera di autorizzazione relativa al luogo, al momento e alle modalità dei lavori di scavo per la posa di cavi per una rete pubblica di telecomunicazione elettronica, senza che l’organo interessato dello Stato membro abbia il potere di vietare siffatti lavori come tali.

5)      a)      Qualora esso sia applicabile alla luce della risposta alle questioni che precedono, se l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/123 (…) abbia efficacia diretta.

b)      In caso di risposta affermativa alla quinta questione, lettera a), se dall’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/123 (…) risulti che i costi da addebitare [ai richiedenti] possono essere calcolati sulla base dei costi previsti per tutte le procedure di domanda, o sulla base dei costi di tutte le procedure come quella di cui trattasi, oppure sulla base dei costi di ciascuna domanda.

c)      In caso di risposta affermativa alla quinta questione, lettera a), con quali criteri debbano essere attribuiti alle singole domande di autorizzazione i costi indiretti e fissi ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/123 (…)».

 Causa C31/16

47      Come risulta dalla decisione di rinvio, nel territorio del comune di Appingedam, al di fuori della tradizionale zona commerciale del centro cittadino, si trova una zona commerciale denominata Woonplein, che comprende esercizi di vendita al dettaglio di merci voluminose. In tale zona commerciale sono stabiliti, in particolare, esercizi di vendita al dettaglio di mobili, cucine, decorazioni, articoli per il fai da te, materiali edili, articoli da giardino, biciclette, articoli per l’equitazione, automobili e accessori per auto.

48      In forza dell’articolo 18 del piano regolatore del comune di Appingedam, la Woonplein è stata destinata esclusivamente alla vendita al dettaglio di merci voluminose.

49      La Visser, proprietaria di aree commerciali nella Woonplein, intende concederne una in locazione alla Bristol BV, che gestisce una catena di grandi magazzini self service di calzature e abbigliamento a buon mercato.

50      La Visser ha proposto dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi) un ricorso contro la decisione della giunta comunale di Appingedam recante il piano regolatore, in quanto quest’ultimo non consente lo stabilimento nella Woonplein di esercizi di vendita al dettaglio di calzature e di abbigliamento. A sostegno del ricorso, essa invoca altresì la violazione, da parte di detto piano regolatore, degli articoli 9 e 10 della direttiva 2006/123.

51      La giunta comunale di Appingedam replica che il fatto che un esercizio di vendita al dettaglio di calzature e di abbigliamento possa stabilirsi solamente nel centro cittadino è giustificato da considerazioni riguardanti l’assetto del territorio. Essa precisa che tale norma è intesa a conservare la vitalità del centro cittadino, a garantire il buon funzionamento della zona commerciale di quest’ultimo e a evitare per quanto possibile che locali del centro cittadino restino strutturalmente vuoti.

52      Alla luce delle suesposte considerazioni, il Raad van State (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la nozione di “servizio”, ai sensi dell’articolo 4, punto 1, della direttiva [2006/123], debba essere interpretata nel senso che il commercio al dettaglio consistente nella vendita di merci come calzature e abbigliamento ai consumatori, è un servizio al quale sono applicabili le disposizioni della [citata] direttiva in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, della medesima.

2)      Posto che il regime di cui [trattasi], per garantire la conservazione della vitalità del centro cittadino e per evitare che nelle zone centrali i negozi restino vuoti, mira a vietare talune forme di commercio al dettaglio, come la vendita di calzature e abbigliamento, in zone esterne al centro cittadino: se, alla luce del considerando 9 della direttiva [2006/123], una disposizione che prevede un siffatto regime esuli dalla portata della direttiva medesima, dato che siffatte disposizioni devono essere considerate “norme riguardanti (…) la pianificazione urbana e rurale (…) che non disciplinano o non influenzano specificatamente l’attività di servizi, ma devono essere rispettate dai prestatori nello svolgimento della loro attività economica, alla stessa stregua dei singoli che agiscono a titolo privato”.

3)      Se, per poter presumere il carattere transfrontaliero di una situazione, sia sufficiente che non si possa escludere che un commerciante al dettaglio di un altro Stato membro si possa stabilire sul luogo ovvero che i clienti del commerciante al dettaglio possano provenire da un altro Stato membro, oppure se debbano esistere indicazioni concrete in tal senso.

4)      Se il capo III della direttiva [2006/123] (libertà di stabilimento) sia applicabile a situazioni puramente interne o se, al fine di valutare l’applicabilità di detto capo, sia rilevante la giurisprudenza della Corte relativa alle disposizioni del Trattato sulla libertà di stabilimento e sulla libera circolazione dei servizi in situazioni puramente interne.

5)      a)      Se un regime compreso in un piano regolatore ai sensi [della disciplina di cui trattasi] rientri nell’ambito di applicazione della nozione di “requisito”, ai sensi degli articoli 4, punto 7, e 14, parte iniziale e punto 5, della direttiva [2006/123], e non in quello della nozione di “regime di autorizzazione”, di cui agli articoli 4, punto 6, 9 e 10 della direttiva [2006/123].

b)      Se l’articolo 14, punto 5, della direttiva [2006/123] – qualora un regime come quello di cui [trattasi] rientri nella portata della nozione di “requisito” – o gli articoli 9 e 10 della direttiva [2006/123] – qualora un regime come quello di cui [trattasi] rientri nella portata della nozione di “autorizzazione” – ostino a che una giunta comunale adotti un regime come quello di cui [trattasi].

6)      Se un regime come quello di cui [trattasi] rientri nell’ambito di applicazione degli articoli da 34 TFUE a 36 TFUE, oppure da 49 TFUE a 55 TFUE, e, in tal caso, se siano applicabili le deroghe riconosciute dalla Corte di giustizia, purché adeguatamente giustificate».

53      Con decisione del presidente della Corte del 23 febbraio 2016, le cause C‑360/15 e C‑31/16 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Causa C360/15

 Sulla prima e sulla terza questione

54      Con le questioni prima e terza, che è opportuno esaminare congiuntamente, si chiede sostanzialmente se, tenuto conto dell’articolo 2, paragrafo 3, e del considerando 9 della direttiva 2006/123, quest’ultima si applichi alla controversia principale oggetto di tale causa.

55      In via preliminare, occorre rilevare che, conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, la circostanza che il giudice del rinvio abbia limitato la propria questione all’interpretazione di determinate disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per definire la controversia di cui è investito (v., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2017, Lounes, C‑165/16, EU:C:2017:862, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

56      La Corte inoltre, chiamata a fornire al giudice del rinvio una risposta utile, è competente a dare indicazioni attinenti agli atti del procedimento principale nonché alle osservazioni scritte ed orali sottopostele (sentenza del 1o ottobre 2015, Trijber e Harmsen, C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:641, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

57      Nel caso di specie, dalle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che i dubbi del giudice del rinvio che sono alla base delle questioni prima e terza riguardano la portata dell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123.

58      A tale riguardo, a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, essa si applica ai servizi forniti dai prestatori stabiliti in uno Stato membro. L’articolo 2, paragrafo 2, di tale direttiva esclude tuttavia dal suo ambito di applicazione una serie di attività. L’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva in questione precisa poi che essa non si applica al settore fiscale.

59      Occorre pertanto verificare preliminarmente se la controversia di cui al procedimento principale non rientri in una delle esclusioni di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2006/123.

60      A tale riguardo, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123 prevede che essa non si applica né ai servizi e alle reti di comunicazione elettronica né alle risorse e ai servizi associati in relazione alle materie disciplinate, in particolare, dalle direttive «quadro» e «autorizzazioni».

61      Inoltre, dal considerando 19 della direttiva 2006/123 risulta che, «poiché nel 2002 è stata adottata una serie di atti normativi relativi ai servizi e alle reti di comunicazione elettronica nonché alle risorse e ai servizi associati, che ha istituito una disciplina volta ad agevolare l’accesso a tali attività nel mercato interno», il legislatore dell’Unione ha inteso «escludere le questioni disciplinate da tali atti dal campo di applicazione [di tale] direttiva».

62      Il considerando 20 della suddetta direttiva precisa, dal canto suo, che le esclusioni dal campo di applicazione riguardanti le materie attinenti ai servizi di comunicazione elettronica oggetto della direttiva «quadro» e della direttiva «autorizzazioni» si applicano non solo a questioni specificamente trattate in dette direttive, ma anche a questioni per le quali le direttive lasciano esplicitamente agli Stati membri la facoltà di adottare determinate misure a livello nazionale.

63      Nel caso di specie, è pacifico che X installa reti di comunicazione elettronica ai sensi della direttiva «autorizzazioni». Il giudice del rinvio muove tuttavia dalla premessa secondo cui la controversia di cui al procedimento principale non rientra in uno dei settori disciplinati da tale direttiva, più precisamente dal suo articolo 12, cosicché l’esclusione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123 non è, a suo avviso, applicabile. Esso ritiene infatti che i diritti amministrativi menzionati all’articolo 12 della direttiva «autorizzazioni» siano quelli imposti da una ANR. Orbene, il comune di Amersfoort non avrebbe tale qualità.

64      A tale riguardo, occorre ricordare che i diritti amministrativi che gli Stati membri possono imporre, in forza dell’articolo 12 della direttiva «autorizzazioni», alle imprese che forniscono reti o servizi di comunicazione elettronica ai sensi dell’autorizzazione generale o che hanno ricevuto una concessione dei diritti d’uso, al fine di finanziare le attività della ANR, devono essere destinati a coprire complessivamente i soli costi amministrativi relativi alle attività menzionate all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva (sentenza del 28 luglio 2016, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, C‑240/15, EU:C:2016:608, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

65      Orbene, dal fascicolo di cui dispone la Corte non risulta che le tasse richieste a X dal comune di Amersfoort nel procedimento principale siano destinate a coprire complessivamente i costi amministrativi relativi a una o più delle attività suddette.

66      Si deve tuttavia sottolineare che l’articolo 12 della direttiva «autorizzazioni» non è l’unica disposizione di tale direttiva riguardante gli oneri pecuniari che gli Stati membri possono imporre alle imprese che forniscono reti o servizi di comunicazione elettronica nell’ambito della direttiva in questione (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, Proximus, C‑454/13, EU:C:2015:819, punti da 19 a 24 e giurisprudenza ivi citata).

67      Infatti, in forza dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», gli Stati membri possono consentire all’autorità competente di riscuotere canoni sui diritti d’uso delle frequenze radio o dei numeri o sui diritti di installare strutture su proprietà pubbliche o private, al di sopra o sotto di esse al fine di garantire l’impiego ottimale di tali risorse.

68      Dalla giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» risulta che i termini «strutture» e «installare» ivi impiegati rinviano, rispettivamente, alle infrastrutture materiali che consentono la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica e alla loro installazione materiale sulla proprietà pubblica o privata interessata (sentenza del 6 ottobre 2015, Base Company, C‑346/13, EU:C:2015:649, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

69      Nel caso di specie, dal fascicolo a disposizione della Corte risulta che, ai sensi dell’articolo 5.2, paragrafo 1, della legge sulle telecomunicazioni, il titolare o l’amministratore di terreni pubblici è tenuto a tollerare che in tali terreni o sopra di essi vengano posati, mantenuti o eliminati cavi per una rete pubblica di comunicazione elettronica.

70      Al fine di poter esercitare il diritto di installare cavi destinati a una rete pubblica di comunicazione elettronica, diritto riconosciuto loro dal suddetto articolo 5.2, paragrafo 1, i fornitori di reti di comunicazione elettronica possono essere tenuti a versare alle autorità pubbliche tasse del tipo di quelle il cui pagamento è stato chiesto a X da parte del comune di Amersfoort nel contesto del procedimento principale, in forza dell’articolo 229, paragrafo 1, lettera b), della legge sui comuni e del regolamento del 2010 sulle tasse, in modo da ottenere le autorizzazioni necessarie relative al luogo, al momento e alle modalità di esecuzione dei lavori, conformemente all’articolo 5.4, paragrafo 1, lettera b), della legge sulle telecomunicazioni.

71      In tale contesto, occorre considerare che il fatto generatore di tali tasse è legato al diritto, in capo alle imprese autorizzate a fornire reti di comunicazione elettronica, di installare strutture ai sensi dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni».

72      Il fatto che il comune di Amersfoort non costituisca una ANR né ai sensi dell’articolo 2, lettera g), della direttiva «quadro» né, in forza del rinvio operato dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva «autorizzazioni», ai sensi di quest’ultima direttiva non osta a che le tasse il cui pagamento è stato chiesto a X debbano essere esaminate alla luce dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni».

73      A tale riguardo, conformemente al tenore letterale dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», e a differenza dell’articolo 12 di tale direttiva, la possibilità di riscuotere canoni sui diritti di installare strutture su proprietà pubbliche o private, al di sopra o sotto di esse spetta all’«autorità competente» e non alla ANR.

74      Quanto al contesto normativo di cui fa parte l’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», si deve rilevare che il testo di tale disposizione corrisponde, per quanto concerne l’autorità di cui trattasi, a quello dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva «quadro», il quale rinvia alla situazione in cui l’«autorità competente» esamina una domanda al fine della concessione di diritti per consentire l’installazione di strutture su proprietà pubbliche o private, al di sopra o sotto di esse.

75      L’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva «quadro» prevede, dal canto suo, che gli Stati membri provvedono affinché, qualora «le autorità pubbliche o locali» mantengano la proprietà o il controllo di imprese che gestiscono reti pubbliche di comunicazione elettronica e/o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, vi sia un’effettiva separazione strutturale tra la «funzione attinente alla concessione dei diritti di cui [all’articolo 11, paragrafo 1, di tale direttiva]» e le funzioni attinenti alla proprietà o al controllo.

76      Inoltre, l’articolo 12, paragrafo 4, della direttiva «quadro» dispone che «le autorità nazionali di regolamentazione» devono poter richiedere alle imprese di fornire le informazioni necessarie per consentire alle suddette autorità di elaborare, «di concerto con [la ANR]», un inventario dettagliato della natura, disponibilità e ubicazione geografica delle strutture su proprietà pubbliche o private, al di sopra o sotto di esse.

77      Per quanto riguarda la finalità della direttiva «autorizzazioni», si deve rilevare che, come risulta dal suo articolo 1, paragrafo 1, letto alla luce del suo considerando 1, tale direttiva mira a rendere meno oneroso l’accesso al mercato, al fine di agevolare la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica in tutta l’Unione.

78      In tal senso, non risulta né dal tenore letterale dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» né dal contesto normativo in cui tale articolo si inserisce, e nemmeno dalla finalità di tale direttiva che il termine «autorità competente» debba essere inteso nel senso che designa solamente la ANR, di modo che gli oneri finanziari imposti da un’autorità nazionale competente, diversa da una siffatta ANR, non dovrebbero essere esaminati alla luce di detto articolo 13.

79      In ogni caso, come risulta da una giurisprudenza costante della Corte, nell’ambito della direttiva «autorizzazioni» gli Stati membri non possono riscuotere tasse o canoni sulla fornitura di reti e di servizi di comunicazione elettronica diversi da quelli previsti da tale direttiva (sentenza del 4 settembre 2014, Belgacom e Mobistar, C‑256/13 e C‑264/13, EU:C:2014:2149, punto 30 e giurisprudenza ivi citata). È quindi tenendo conto della direttiva in questione che occorre determinare gli oneri pecuniari che le autorità nazionali competenti possono, o meno, riscuotere sulla fornitura di reti e servizi siffatti.

80      Da quanto precede risulta che l’imposizione di tasse il cui fatto generatore è legato ai diritti, in capo alle imprese autorizzate a fornire reti e servizi di comunicazione elettronica, di installare cavi per una rete pubblica di comunicazione elettronica costituisce un settore disciplinato dalla direttiva «autorizzazioni» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123.

81      In simili circostanze, non è più necessario pronunciarsi sull’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 3, e del considerando 9 della direttiva 2006/123 nella presente causa.

82      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni prima e terza dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che quest’ultima non si applica a tasse il cui fatto generatore è legato ai diritti, in capo alle imprese autorizzate a fornire reti e servizi di comunicazione elettronica, di installare cavi per una rete pubblica di comunicazione elettronica.

 Sulla seconda, sulla quarta e sulla quinta questione

83      Dalla risposta fornita alle questioni prima e terza risulta che la direttiva 2006/123 non è applicabile nel procedimento principale. Alla luce di ciò, non occorre rispondere alle questioni seconda, quarta e quinta.

 Causa C31/16

 Sulla prima questione

84      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123 debba essere interpretato nel senso che l’attività di vendita al dettaglio di prodotti quali calzature e abbigliamento costituisce un «servizio» ai fini dell’applicazione di tale direttiva.

85      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che i dubbi del giudice del rinvio a tale riguardo sono legati principalmente al fatto che la Corte ha ritenuto, nella sentenza del 26 maggio 2005, Burmanjer e a. (C‑20/03, EU:C:2005:307, punti da 33 a 35), che una disciplina nazionale della vendita ambulante riguardante le condizioni richieste per la commercializzazione di un certo tipo di merci era soggetta alle disposizioni del Trattato FUE sulla libera circolazione delle merci e non a quelle sulla libera prestazione dei servizi.

86      Come rilevato al punto 58 della presente sentenza, la direttiva 2006/123 si applica, conformemente al suo articolo 2, paragrafo 1, ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro, esclusi le attività e i settori di cui al suo articolo 2, paragrafi 2 e 3.

87      Inoltre, conformemente all’articolo 4, punto 1, di tale direttiva, ai fini di quest’ultima si intende per «servizio» qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo 57 TFUE, fornita normalmente dietro retribuzione.

88      Nel caso di specie, non vi sono dubbi che l’attività di vendita al dettaglio di cui al procedimento principale, da un lato, costituisce un’attività economica non salariata fornita dietro retribuzione e, dall’altro, non fa parte delle esclusioni dall’ambito di applicazione della direttiva 2006/123 previste all’articolo 2, paragrafi 2 e 3, della medesima. Inoltre, le attività di carattere commerciale sono espressamente menzionate all’articolo 57 TFUE nell’elenco esemplificativo delle prestazioni che tale articolo definisce come servizi.

89      Peraltro, il considerando 33 della direttiva 2006/123 pone in evidenza il fatto che, tra i servizi oggetto della medesima, rientrano numerose attività in costante evoluzione e indica espressamente che tra tali attività figurano i servizi prestati sia alle imprese sia ai consumatori, quali la distribuzione.

90      Dal momento che il procedimento principale riguarda la vendita di merci, si deve ancora rilevare che il considerando 76 della direttiva 2006/123, pur facendo riferimento al legame tra quest’ultima e gli articoli da 34 TFUE a 36 TFUE, relativi alla libera circolazione delle merci, si limita a precisare che le restrizioni cui essa si riferisce riguardano i requisiti applicabili all’accesso alle attività di servizi o al loro esercizio e non quelli applicabili alle merci in quanto tali. Orbene, come sottolineato dalla Commissione, le norme del piano regolatore di cui al procedimento principale riguardano non le merci in quanto tali, bensì le condizioni di ubicazione geografica di attività relative alla vendita di determinate merci e, pertanto, le condizioni di accesso a dette attività.

91      In simili circostanze, si deve ritenere che l’attività di vendita al dettaglio di prodotti quali calzature e abbigliamento rientri nella nozioni di «servizio», ai sensi dell’articolo 4, punto 1, di tale direttiva.

92      Tale interpretazione non può essere messa in discussione dalla giurisprudenza della Corte, citata dal giudice del rinvio, che tratta del legame tra, da un lato, le disposizioni del Trattato FUE relative alla libera prestazione dei servizi e, dall’altro, quelle che disciplinano le altre libertà fondamentali garantite da detto Trattato, giurisprudenza che non può essere applicata alla determinazione dell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123.

93      Infatti, ammettere che tale direttiva non si applica quando le circostanze del caso di specie riguardino la libertà di stabilimento, come proposto dal governo dei Paesi Bassi, rischierebbe di privare, come rileva l’avvocato generale al paragrafo 76 delle conclusioni, il capo III della direttiva medesima, relativo alla libertà di stabilimento dei prestatori, del suo ambito di applicazione e, pertanto, la direttiva stessa, nei limiti in cui è intesa a eliminare gli ostacoli all’esercizio della libertà di stabilimento, della sua efficacia pratica.

94      Più in generale, il fatto che l’applicabilità della direttiva 2006/123 non dipenda da una previa analisi dell’importanza dell’aspetto relativo alla libera prestazione dei servizi, tenendo conto delle circostanze specifiche di ciascun caso, è tale da contribuire alla realizzazione dell’obiettivo di certezza del diritto che tale direttiva mira a garantire, come risulta dal suo considerando 5.

95      Un’analisi siffatta presenterebbe inoltre una complessità assai particolare per quanto riguarda la vendita al dettaglio di prodotti, dato che quest’ultima comprende attualmente, oltre all’atto giuridico di vendita, una gamma crescente di attività o di servizi strettamente interconnessi, aventi lo scopo di portare il consumatore a concludere tale atto con un determinato operatore economico piuttosto che con un altro, di consigliarlo e di assisterlo in occasione di tale atto o ancora di offrire servizi di assistenza, e che possono variare molto a seconda del commerciante di cui trattasi.

96      In aggiunta, l’esame simultaneo di una misura nazionale alla luce delle disposizioni della direttiva 2006/123 e di quelle del Trattato FUE, nel caso in cui risultasse impossibile determinare se gli aspetti relativi alla libera prestazione dei servizi prevalgano su quelli attinenti ad altre libertà fondamentali, equivarrebbe a introdurre un esame caso per caso, ai sensi del diritto primario, e rimetterebbe così in questione l’armonizzazione mirata effettuata da tale direttiva (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2015, Rina Services e a., C‑593/13, EU:C:2015:399, punti 37 e 38).

97      Tenuto conto delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che l’attività di vendita al dettaglio di prodotti costituisce un «servizio» ai fini dell’applicazione di tale direttiva.

 Sulla quarta questione

98      Con la sua quarta questione, alla quale occorre rispondere in secondo luogo, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se le disposizioni del capo III della direttiva 2006/123, relativo alla libertà di stabilimento dei prestatori, si applichino a una situazione i cui elementi rilevanti si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro.

99      A tale riguardo, occorre anzitutto rilevare che il tenore letterale di dette disposizioni non enuncia alcuna condizione relativa alla sussistenza di un elemento di carattere estero. In particolare, l’articolo 9, paragrafo 1, l’articolo 14 e l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, che vertono, rispettivamente, sui regimi di autorizzazione, sui requisiti vietati e sui requisiti da valutare, non fanno riferimento ad alcun aspetto transfrontaliero.

100    Inoltre, per quanto riguarda il contesto in cui si inserisce il capo III della direttiva 2006/123, l’articolo 2, paragrafo 1, di quest’ultima dispone, in termini generali, senza operare distinzioni tra le attività di servizio comprendenti un elemento di carattere estero e le attività di servizio prive di qualsiasi elemento di tal genere, che la direttiva in esame si applica ai «servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro».

101    Allo stesso modo, l’articolo 4, punto 2, e l’articolo 4, punto 5, della direttiva 2006/123, che definiscono le nozioni, rispettivamente, di «prestatore» e di «stabilimento», non fanno riferimento ad alcun elemento transfrontaliero. Se è pur vero che tali disposizioni fanno rinvio agli articoli 54 TFUE e 49 TFUE, un siffatto rinvio è operato solo al fine di indicare che le nozioni di «persona giuridica» e di «attività economica», menzionate all’articolo 4, punto 2, e all’articolo 4, punto 5, di tale direttiva, devono essere intese alla luce di questi stessi articoli 54 TFUE e 49 TFUE.

102    Occorre invece osservare che, per quanto concerne le disposizioni del capo IV della direttiva 2006/123, relativo alla libera circolazione dei servizi, il legislatore dell’Unione si è dato cura di precisare più volte, in particolare all’articolo 16, paragrafo 1, e all’articolo 18, paragrafo 1, di tale direttiva, che dette disposizioni riguardano il diritto dei prestatori «di fornire un servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti» e sono relative al caso «di un prestatore stabilito in un altro Stato membro».

103    Infine, l’interpretazione in base alla quale le disposizioni del capo III della direttiva 2006/123 si applicano non solo al prestatore che intende stabilirsi in un altro Stato membro, ma anche a quello che intende stabilirsi nel proprio Stato membro è conforme agli scopi perseguiti dalla suddetta direttiva.

104    A tal riguardo, si deve rilevare che la direttiva 2006/123, come emerge dal suo articolo 1, in combinato disposto con i considerando 2 e 5 della medesima, fissa disposizioni generali volte ad eliminare le restrizioni alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra i medesimi, al fine di contribuire alla realizzazione di un mercato interno dei servizi libero e concorrenziale (sentenza del 1o ottobre 2015, Trijber e Harmsen, C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:641, punto 44).

105    Orbene, la piena realizzazione del mercato interno dei servizi richiede anzitutto che vengano soppressi gli ostacoli incontrati dai prestatori per stabilirsi negli Stati membri, a prescindere dal fatto che si tratti del proprio Stato membro o di un altro, e che sono tali da pregiudicare la loro capacità di fornire servizi a destinatari che si trovano in tutta l’Unione.

106    Al fine di attuare un autentico mercato interno dei servizi, l’approccio scelto dal legislatore dell’Unione nella direttiva 2006/123 si basa, come enunciato al suo considerando 7, su un quadro giuridico generale, formato da una combinazione di misure diverse destinate a garantire un grado elevato d’integrazione giuridica nell’Unione per mezzo, in particolare, di un’armonizzazione vertente su precisi aspetti della regolamentazione delle attività di servizio.

107    Di conseguenza, a costo di pregiudicare l’efficacia pratica dello specifico ambito giuridico che il legislatore dell’Unione ha inteso istituire adottando la direttiva 2006/123, si deve ammettere, contrariamente a quanto sostenuto in udienza dal governo tedesco, che la portata di tale direttiva è tale da estendersi, se del caso, al di là di ciò che prevedono in senso stretto le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi, fatto salvo l’obbligo per gli Stati membri, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della suddetta direttiva, di applicare le disposizioni della medesima conformemente alle norme di tale Trattato (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2015, Rina Services e a., C‑593/13, EU:C:2015:399, punti 39 e 40).

108    La constatazione secondo la quale le disposizioni del capo III della direttiva 2006/123 si applicano anche in situazioni puramente interne è inoltre confermata dall’esame dei lavori preparatori di tale direttiva. Emerge infatti da detti lavori che le proposte di emendamento, depositate durante le discussioni dinanzi al Parlamento europeo e intese a far sì che l’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva fosse riformulato in modo da limitare il suo ambito di applicazione alle sole situazioni di tipo transfrontaliero, non sono state accettate.

109    Quanto alla circostanza, dedotta in udienza dal governo dei Paesi Bassi, che l’articolo 53, paragrafo 1, e l’articolo 62 TFUE costituiscono la base giuridica della direttiva 2006/123, occorre rilevare che tali disposizioni, a differenza segnatamente degli articoli 49 TFUE e 56 TFUE, che tuttavia fanno parte degli stessi capi 2 e 3 del titolo IV della terza parte del Trattato FUE, non menzionano alcun elemento di carattere estero. Non si può quindi desumere che la competenza del legislatore dell’Unione per stabilire direttive al fine di agevolare l’accesso alle attività non salariate e il loro esercizio, sulla base dell’articolo 53, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 62 TFUE, come avviene nel caso della direttiva 2006/123 per quanto concerne le attività di servizi, implichi necessariamente l’esistenza di un elemento siffatto.

110    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla quarta questione dichiarando che le disposizioni del capo III della direttiva 2006/123, relativo alla libertà di stabilimento dei prestatori, devono essere interpretate nel senso che si applicano anche a una situazione i cui elementi rilevanti si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro.

 Sulla terza questione

111    Alla luce della risposta fornita alla quarta questione, non è necessario rispondere alla terza.

 Sulla seconda e sulla quinta questione

112    Con le sue questioni seconda e quinta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se gli articoli 9 e 10, nonché l’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123, in combinato disposto con il suo articolo 4, punti 6 e 7, e alla luce del suo considerando 9, debbano essere interpretati nel senso che ostano a che norme contenute in un piano regolatore di un comune vietino l’attività di vendita al dettaglio di prodotti non voluminosi in aree geografiche situate al di fuori del centro cittadino di tale comune.

113    In via preliminare, occorre determinare se una normativa come quella di cui al procedimento principale rientri nella nozione di «regime di autorizzazione» o in quella di «requisito», definite, rispettivamente, all’articolo 4, punto 6, e all’articolo 4, punto 7, della direttiva 2006/123.

114    Conformemente all’articolo 4, punto 6, di tale direttiva, si deve intendere per «regime di autorizzazione», ai fini della direttiva medesima, «qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio».

115    Orbene, nel caso di specie, tenuto conto degli elementi di cui la Corte dispone, risulta che il piano regolatore di cui al procedimento principale non rientri in tale nozione. Infatti, sebbene detto piano offra ai prestatori la possibilità di sviluppare determinare attività di vendita al dettaglio in specifiche aree geografiche, siffatta possibilità deriva non da un atto formale ottenuto in esito a una pratica che tali prestatori sarebbero stati tenuti ad espletare a tal fine, bensì dall’approvazione da parte della giunta comunale di Appingedam di norme di applicazione generale contenute nel suddetto piano regolatore.

116    Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dal fatto, rilevato dal giudice del rinvio, che qualunque interessato può essere in grado, in forza di altre disposizioni del diritto dei Paesi Bassi che perseguono finalità proprie, di partecipare al procedimento amministrativo relativo all’adozione del piano regolatore, di proporre un ricorso giurisdizionale contro quest’ultimo, o ancora di chiedere una deroga a detto piano o un suo riesame.

117    Infatti, come rilevato dalla Commissione, simili facoltà sono conformi alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione e di tutela giuridica nei confronti delle persone che possono essere coinvolte dall’adozione di un piano regolatore.

118    Ne consegue che gli articoli 9 e 10 della direttiva 2006/123, relativi ai regimi di autorizzazione, non sono applicabili a una normativa come quella di cui al procedimento principale.

119    Per quanto riguarda la nozione di «requisito», essa deve essere intesa, ai sensi dell’articolo 4, punto 7, di tale direttiva, come riguardante, in particolare, «qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri».

120    Nel caso di specie, è pacifico che le norme del piano regolatore di cui trattasi nel procedimento principale hanno l’effetto di vietare l’attività di vendita al dettaglio di prodotti non voluminosi, quali calzature e abbigliamento, in un’area geografica situata al di fuori del centro cittadino del comune di Appingedam.

121    Il giudice del rinvio rileva tuttavia che il considerando 9 della direttiva 2006/123 precisa che quest’ultima «si applica unicamente ai requisiti che influenzano l’accesso all’attività di servizi o il suo esercizio», il che esclude, di conseguenza, «requisiti come (…) le norme riguardanti lo sviluppo e l’uso delle terre, la pianificazione urbana e rurale, (…) nonché le sanzioni amministrative comminate per inosservanza di tali norme che non disciplinano o non influenzano specificatamente l’attività di servizi, ma devono essere rispettate dai prestatori nello svolgimento della loro attività economica, alla stessa stregua dei singoli che agiscono a titolo privato».

122    Occorre rilevare che tale considerando della direttiva 2006/123 si inserisce interamente nel quadro giuridico istituito da tale direttiva la quale, come risulta dai punti da 104 a 106 della presente sentenza, mira a sopprimere le restrizioni alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra questi ultimi, al fine di contribuire alla creazione di un vero mercato interno dei servizi.

123    La direttiva 2006/123 non è dunque destinata ad applicarsi a requisiti che non possono essere considerati costitutivi di siffatte restrizioni, dal momento che essi non disciplinano o influenzano specificamente l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio, ma devono essere rispettati dai prestatori nello svolgimento della loro attività economica, così come da persone che agiscono a titolo privato.

124    Ciò precisato, occorre constatare che le norme di cui trattasi nel procedimento principale, pur mirando, come risulta dalla decisione di rinvio, a salvaguardare la vitalità del centro cittadino del comune di Appingedam e ad evitare che vi siano locali vuoti in un’area urbana, nell’ambito di una politica di assetto del territorio, hanno tuttavia l’oggetto specifico di stabilire le aree geografiche in cui determinate attività di vendita al dettaglio possono stabilirsi. Esse si applicano quindi esclusivamente alle persone che intendono sviluppare tali attività in dette aree geografiche, ad esclusione delle persone che agiscono a titolo privato.

125    La giurisprudenza risultante dalla sentenza dell’8 maggio 2013, Libert e a. (C‑197/11 e C‑203/11, EU:C:2013:288, punti da 103 a 107), menzionata nella decisione di rinvio, non osta a una conclusione siffatta. Infatti, dopo aver menzionato, al punto 104 di detta sentenza, il considerando 9 della direttiva 2006/123, la Corte ha sottolineato, nei seguenti punti 105 e 106, che i servizi interessati dalla misura nazionale di cui trattavasi rientravano espressamente nell’esclusione concernente, all’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), di tale direttiva, i servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, e ha così constatato, al punto 107 della medesima sentenza, che tale direttiva non era applicabile alla misura in questione.

126    In simili circostanze, la conformità della normativa controversa nel procedimento principale alla direttiva 2006/123 deve essere valutata alla luce degli articoli 14 e 15 di tale direttiva, relativi ai requisiti vietati o soggetti a valutazione.

127    Per quanto riguarda l’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123, cui la formulazione della quinta questione fa riferimento, tale disposizione vieta agli Stati membri di subordinare l’accesso ad un’attività di servizi, o l’esercizio della medesima nel loro territorio, all’«applicazione caso per caso di una verifica di natura economica che subordina il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell’attività o alla valutazione dell’adeguatezza dell’attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti dall’autorità competente».

128    Orbene, non risulta da nessun elemento a disposizione della Corte che la normativa in questione nel procedimento principale preveda un siffatto requisito.

129    Tuttavia, occorre ricordare che gli Stati membri sono tenuti, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2006/123, a verificare se il loro ordinamento giuridico preveda uno o più dei requisiti di cui all’articolo 15, paragrafo 2, di tale direttiva e, in caso affermativo, a provvedere affinché tali requisiti siano conformi alle condizioni di non discriminazione, necessità e proporzionalità di cui all’articolo 15, paragrafo 3, di detta direttiva. Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo periodo, della stessa direttiva, gli Stati membri adattano le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative per renderle conformi a tali condizioni.

130    A tale riguardo, occorre rilevare che detto articolo 15 ha efficacia diretta in quanto, al secondo periodo del suo paragrafo 1, pone a carico degli Stati membri un obbligo categorico e sufficientemente preciso di modificare le loro disposizioni legislative, normative o amministrative per renderle conformi alle condizioni di cui al suo paragrafo 3.

131    Nel caso di specie, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 143 delle conclusioni, nel vietare l’attività di vendita al dettaglio di prodotti non voluminosi in un’area geografica situata al di fuori del centro cittadino del comune di Appingedam, la normativa di cui trattasi nel procedimento principale contiene uno dei requisiti previsti dall’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2006/123, in quanto subordina l’accesso a un’attività di servizio o il suo esercizio al rispetto di una restrizione territoriale, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva.

132    Come risulta dal punto 129 della presente sentenza, la direttiva 2006/123 non osta a che l’accesso a un’attività di servizi o l’esercizio della stessa sia subordinato al rispetto di una tale restrizione territoriale, purché le condizioni di non discriminazione, necessità e proporzionalità di cui all’articolo 15, paragrafo 3, siano soddisfatte.

133    Spetta al giudice del rinvio valutare se ciò si verifichi nel contesto del procedimento principale.

134    Tuttavia, per quanto riguarda più in particolare il requisito di necessità, come definito all’articolo 15, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2006/123, dalla decisione di rinvio risulta che il divieto di cui trattasi nel procedimento principale mira a preservare la vitalità del centro cittadino del comune di Appingedam e ad impedire che vi siano locali vuoti in un’area urbana, nell’interesse di un buon assetto del territorio.

135    Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 147 delle conclusioni, ai sensi dell’articolo 4, punto 8, della direttiva 2006/123, letto alla luce del considerando 40 della stessa, un simile obiettivo di protezione dell’ambiente urbano può costituire un motivo imperativo di interesse generale tale da giustificare una restrizione territoriale come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

136    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla seconda e alla quinta questione dichiarando che l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che norme contenute in un piano regolatore di un comune vietino l’attività di vendita al dettaglio di prodotti non voluminosi in aree geografiche situate al di fuori del centro cittadino di tale comune, purché siano rispettate tutte le condizioni previste dall’articolo 15, paragrafo 3, di tale direttiva, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

 Sulla sesta questione

137    Tenuto conto delle risposte fornite alle questioni precedenti, non occorre rispondere alla sesta questione, che il giudice del rinvio ha formulato in via subordinata, per l’ipotesi in cui la direttiva 2006/123 non risultasse applicabile nell’ambito del procedimento principale.

 Sulle spese

138    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che quest’ultima non si applica a tasse il cui fatto generatore è legato ai diritti, in capo alle imprese autorizzate a fornire reti e servizi di comunicazione elettronica, di installare cavi per una rete pubblica di comunicazione elettronica.

2)      L’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che l’attività di vendita al dettaglio di prodotti costituisce un «servizio» ai fini dell’applicazione di tale direttiva.

3)      Le disposizioni del capo III della direttiva 2006/123, relativo alla libertà di stabilimento dei prestatori, devono essere interpretate nel senso che si applicano anche a una situazione i cui elementi rilevanti si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro.

4)      L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che norme contenute in un piano regolatore di un comune vietino l’attività di vendita al dettaglio di prodotti non voluminosi in aree geografiche situate al di fuori del centro cittadino di tale comune, purché siano rispettate tutte le condizioni previste dall’articolo 15, paragrafo 3, di tale direttiva, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Firme


*      Lingua processuale: il neerlandese.